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PDL 2250

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2250



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GARAGNANI, BARBIERI, BIASOTTI, CARLUCCI, CECCACCI RUBINO, DI CENTA, PALMIERI, PELINO, RAISI

Delega al Governo per l'abolizione del valore legale del diploma di laurea

Presentata il 27 febbraio 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - La legge italiana conferisce «valore legale», cioè il potere di produrre effetti giuridici, ai titoli di studio che rispondono agli standard nazionali normativamente previsti. Diversamente da altri Paesi, in Italia il titolo di studio non costituisce un semplice titolo accademico, che attesta il superamento di un corso di studio, bensì un vero e proprio certificato pubblico, rilasciato «in nome della legge» dall'autorità accademica nell'esercizio di una potestà pubblica. Il valore legale del titolo di studio determina una certezza legale circa il possesso, da parte dei soggetti che ne sono muniti, di una data preparazione culturale o professionale, risultante dalla conformità del corso di studi seguito agli standard fissati dall'ordinamento didattico nazionale. Tale certezza legale opera in tutto l'ordinamento giuridico nazionale consentendo, ad esempio, la partecipazione a concorsi pubblici o l'esercizio di determinate professioni, previo superamento di un esame di Stato.
      Il principio del valore legale dei titoli universitari è sintetizzato nell'articolo 167 del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore, di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, che recita: «Le Università e gli Istituti superiori conferiscono (...) le lauree e i diplomi (...) determinati dal regolamento generale universitario».
      La riforma universitaria (regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270), che ha previsto i nuovi titoli accademici di laurea e di laurea specialistica, ha voluto confermare esplicitamente il principio del valore legale affermando che: «i titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale e sono corredati dal supplemento di diploma di cui all'articolo 11, comma 8» (articolo 4, comma 3).
      Il valore legale della laurea sancisce un'eguaglianza che però non è sostanziale.
      Ciascuna università italiana, senza distinzione alcuna, può rilasciare una laurea che è un presupposto per accedere a talune professioni, in genere liberali: ingegnere, avvocato, medico, insegnante eccetera. E nei concorsi pubblici per i quali è richiesta la laurea, ciascun titolo di studio, qualunque sia l'università che lo ha rilasciato, ha lo stesso identico valore: ad esempio, la laurea in giurisprudenza conseguita nell'università X «vale» esattamente come la laurea in giurisprudenza conseguita nell'università Y. Il problema sta soprattutto nel secondo profilo. Le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale, con una forzata parificazione del titolo rilasciato dalle diverse università, a prescindere dal contenuto formativo che sta dietro quel titolo.
      Tutto ciò ha ricadute negative soprattutto per il futuro di molti giovani: infatti, gli studenti e le loro famiglie sono indotti a pensare che in qualunque università investano le loro risorse, le possibilità di impiego successivo sono le medesime. Ciò è (artificialmente) vero solo per la pubblica amministrazione (come nel caso dei concorsi pubblici, ad esempio), ma è falso per il settore privato, che mediante canali informali o ranking internazionali, conosce il valore delle diverse università. Nel privato, nazionale o straniero, chi ottiene il titolo di studio dell'università sbagliata ha possibilità di lavoro molto basse o nulle.
      Lo stesso discorso vale per le università italiane che, con la parificazione dei titoli di studio, rischiano di diventare «fabbriche» di titoli, caratterizzate da una proliferazione di cattedre e di corsi di laurea del tutto improbabili, che determinano l'assenza di una reale competizione tra una sede universitaria e l'altra, nonché il radicamento di una mentalità antiquata che concentra l'interesse agli studi superiori sull'ottenimento del fatidico «pezzo di carta».
      Una riforma seria, onesta e coraggiosa deve riportare l'università a essere fonte di sapere, luogo deputato alla diffusione della cultura e dell'istruzione.
      Abolire il valore legale della laurea significherebbe ottimizzare la gestione delle risorse, eliminare sprechi, distorsioni e «lauree facili», e porterebbe automaticamente a una concorrenza virtuosa che riguarderebbe ogni aspetto saliente del sistema formativo universitario.
      L'obiettivo è quello di un'offerta formativa di qualità e della promozione del merito, per una maggiore efficienza dell'università italiana, la cui riforma ormai avviata è diventato un fatto improcrastinabile.
      L'abolizione del valore legale del titolo di studio permetterà di accertare con maggiore rigore le competenze professionali di ciascun soggetto, che prima erano considerate comunque acquisite sulla base del diploma di laurea, e di effettuare selezioni e concorsi basati sul merito più che sul «pezzo di carta».
      Questo anche sulla base di ciò che avviene in altri Paesi europei e non: ad esempio l'esperienza statunitense, basata sull'assenza del controllo statale sui curricula, sulla competizione di qualità tra le istituzioni formative ai diversi livelli e sulla valutazione del valore dei titoli affidata al mercato e non allo Stato. C'è poi il modello fornito dalle università inglesi che, pur in assenza di norme statali, hanno ormai da tempo curricula armonizzati (sia nella durata che nei contenuti), essendo obbligate ad adottare gli standard previsti dalle società di accreditamento presenti in quei Paesi.
      La presente proposta di legge intende abolire il requisito del valore legale del diploma di laurea, in maniera specifica per la partecipazione ai concorsi pubblici, anche per raggiungere l'obiettivo di eliminare quel meccanismo contorto che non premia i meritevoli, bensì coloro che sono stati favoriti in virtù di votazioni più alte, ottenute presso istituti scolastici e università meno scrupolosi nel valutare l'effettiva preparazione degli allievi.
      La presente proposta di legge, che si compone di un articolo unico, conferisce al Governo la delega ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo volto ad abolire il valore legale del diploma di laurea, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: abrogazione delle disposizioni di legge in vigore che conferiscono valore legale al diploma di laurea e agli altri diplomi universitari; adozione delle necessarie disposizioni di coordinamento in materia di accesso alle professioni e agli impieghi pubblici.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto ad abolire il valore legale del diploma di laurea e degli altri diplomi universitari.
      2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) abrogazione delle disposizioni di legge in vigore che conferiscono valore legale al diploma di laurea e agli altri diplomi universitari;

          b) adozione delle necessarie disposizioni di coordinamento in materia di accesso alle professioni e agli impieghi pubblici.

      3. Lo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che deve essere reso entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione.


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