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PDL 2138

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2138



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DI BIAGIO, BARANI, BARBARO, BARBIERI, BIAVA, CALABRIA, CATANOSO, CATONE, CIRIELLI, COLUCCI, DIMA, FEDI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, ANTONINO FOTI, FRASSINETTI, GARAVINI, GIRLANDA, LAMORTE, OLIVERIO, PAGANO, PAGLIA, PELINO, PORCU, PORTA, PUGLIESE, RAISI, RAZZI, SAMMARCO, SARDELLI, SCALERA, TORRISI, VELLA, VENTUCCI, ZACCHERA

Delega al Governo per l'istituzione dell'Albo dei mediatori interculturali

Presentata il 2 febbraio 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - La diversità culturale rappresenta una condizione consueta della società moderna e la promozione del dialogo interculturale mira a rendere la diversità una fonte di ricchezza reciproca e a favorire la comprensione, la riconciliazione e la tolleranza.
      In questo senso, il tema del dialogo interculturale è una priorità per l'Unione europea che, proclamando il 2008 l'Anno europeo del dialogo interculturale, intende valorizzare le molteplici componenti culturali europee, stimolare l'interculturalità e sottolineare l'intreccio tra cultura e sviluppo.
      Nel nostro Paese il fenomeno dell'immigrazione è largamente diffuso con, peraltro, un aumento dei minori e con almeno mezzo milione di cittadini africani che risiede in modo stabile.
      Occorre poi ricordare che, in base agli ultimi dati disponibili il numero degli alunni stranieri nelle scuole italiane è in continua crescita: nell'anno scolastico 2007/2008 esso rappresentava, infatti, il 6,4 per cento del totale degli alunni.
      Il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introduce e riconosce, per la prima volta, la figura del «mediatore culturale», «al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi» [articolo 42, comma 1, lettera d)].
      Si tratta di professionalità la cui presenza è stata fortemente richiesta alla luce del crescente numero di immigrati presenti nel nostro Paese, forieri di usi, costumi e tradizioni diversi. Resta comunque una difficoltà nel definire la platea dei mediatori interculturali, in quanto le stesse fonti statistiche divergono da un minimo di circa 2.500 addetti, con un rapporto piuttosto basso di un operatore ogni 1.250 cittadini stranieri a un massimo di 5.000 addetti. Discordanza di dati che conferma, ancora di più, la necessità di istituire l'Albo professionale dei mediatori interculturali. Di certo, in attesa del riconoscimento pieno della figura professionale e dell'equipollenza degli studi, si tratta di una professione che assicura l'inserimento socio-lavorativo, il «salto di qualità» e il riscatto sociale di molti cittadini stranieri, i quali hanno contribuito, nonostante le tante ed evidenti difficoltà, con il loro impegno a migliorare l'integrazione di migliaia di loro connazionali.
      Il riconoscimento della figura del mediatore culturale operata dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, non comporta, peraltro, ancora una definizione univoca di questa nuova figura professionale.
      Il mediatore interculturale svolge prevalentemente una funzione di assistenza nei confronti del cittadino straniero presente sul territorio nazionale, la cui formazione richiede vaste e ricche conoscenze sociali, storiche e culturali, nonché capacità e tecniche di mediazione e di conciliazione, oltre ad un'attenta conoscenza e a un continuo aggiornamento sulle tematiche concernenti l'immigrazione, la pedagogia interculturale e i diritti umani, un'ottima padronanza della lingua italiana e, almeno, di un'altra lingua straniera, una buona conoscenza della storia, della cultura e della religione sia italiane che del Paese di provenienza dell'immigrato. Quella del mediatore interculturale è dunque una figura essenziale all'interno di ogni società multietnica e multiculturale, che assiste il cittadino straniero soprattutto nei confronti delle istituzioni pubbliche (uffici pubblici, scuole, ospedali, tribunali, centri di prima accoglienza, di informazione o di consulenza).
      Le esperienze in materia e l'impiego di questi nuovi operatori culturali sono rilevabili soprattutto nelle regioni del centro-nord. I settori di impiego sono quelli della sanità, della scuola, dei servizi sociali, in particolare per le donne e per i minori, delle iniziative culturali, dei centri di accoglienza, delle questure, degli uffici per gli stranieri, degli uffici del lavoro, dei servizi giudiziari e dell'organizzazione aziendale. I rapporti di impiego sono quelli della cooperazione, della prestazione professionale, del lavoro coordinato e continuativo, del lavoro dipendente privato e dei lavori socialmente utili.
      A titolo esemplificativo si segnalano a livello locale, fra le altre, iniziative, quali quella della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, che ha approvato il regolamento per la tenuta e per la revisione dell'elenco regionale dei mediatori culturali, di cui al decreto presidenziale 22 dicembre 2006, n. 0412/Pres. determinando in tale modo le condizioni di accesso allo status di mediatore culturale e stabilendo le modalità d'iscrizione all'elenco. In particolare, il regolamento ha definito come mediatore culturale l'operatore sociale in grado di favorire i contatti delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati con le istituzioni, agevolandone i rapporti interindividuali e l'accesso ai servizi pubblici e privati e assistendoli nel collegamento con il mondo del lavoro, nel rispetto dell'autonomia degli individui stessi e con equidistanza fra le parti.
      La regione Lazio ha istituito, dal 2007, un registro dedicato ai mediatori culturali, mentre una delibera della giunta regionale del luglio 2008, sottolineando l'importanza della diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana, in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e di crescita personale offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall'associazionismo, ha approvato il profilo professionale e formativo del mediatore interculturale, definendo in 450 ore lo standard minimo di durata dei corsi di formazione per il rilascio della qualifica professionale di mediatore interculturale e in 200 ore quello del corso di specializzazione.
      Dunque, la figura del mediatore interculturale, nata dall'esigenza di creare un ponte tra l'utente straniero presente sul territorio italiano e le strutture pubbliche, è di particolare importanza per il processo d'integrazione in una società moderna in cui sono presenti moltissimi cittadini immigrati.
      Non esiste, però, un percorso formativo codificato e organico, perciò l'acquisizione delle competenze specifiche necessarie per la figura del mediatore interculturale è lasciata spesso all'iniziativa estemporanea di soggetti privati. A tale proposito il sindacato emigrati immigrati dell'Unione generale del lavoro (SEI-UGL), in collaborazione con le sue strutture locali, ha effettuato un monitoraggio in sei regioni, equamente distribuito tra nord, centro e sud Italia, focalizzando l'attenzione sulla disponibilità formativa e sull'accessibilità ai servizi sia per i mediatori interculturali che per i cittadini interessati. Da un attento confronto fra le diverse realtà regionali emerge chiaramente la necessità di arrivare a una definitiva puntualizzazione della qualifica professionale di mediatore interculturale, con la previsione di standard univoci su tutto il territorio nazionale e che tengano conto, nella programmazione degli interventi, delle peculiarità lavorative in cui sarà poi occupato il mediatore.
      Si rileva, inoltre, un notevole divario nella durata e nella qualità dei corsi di formazione erogati: si va, ad esempio, da un minimo di 50 ore per un corso interattivo via internet, a 600 ore in Campania e a 1.200 ore in Puglia, dove è stato finanziato un progetto formativo nell'ambito delle risorse del programma operativo regionale, per cui anche a livello didattico l'offerta rimane fortemente differenziata.
      In tale ottica si inserisce la presente proposta di legge che ha come principale obiettivo quello di dare un adeguato riconoscimento professionale, sulla base di criteri e di regole validi su tutto il territorio nazionale, alla figura del mediatore interculturale, attraverso l'istituzione dell'albo professionale e di un percorso formativo adeguato su base nazionale.
      La presente proposta di legge si compone di quattro articoli: l'articolo 1 conferisce una delega al Governo per l'istituzione dell'Albo dei mediatori interculturali; l'articolo 2 delinea i princìpi e criteri direttivi a cui devono informarsi i decreti legislativi adottati dal Governo; l'articolo 3 definisce i requisiti per l'esercizio della professione di mediatore interculturale; infine, l'articolo 4 reca la copertura finanziaria, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Delega al Governo per l'istituzione dell'albo dei mediatori interculturali).

      1. Il Governo, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le organizzazioni datoriali e sindacali nonché le organizzazioni non lavorative di utilità sociali (ONLUS) operanti nel settore maggiormente rappresentative a livello nazionale, è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti l'istituzione dell'Albo dei mediatori interculturali e dell'Albo delle associazioni di mediazione interculturale, secondo i princìpi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 2.
      2. Il Governo è altresì delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti l'armonizzazione della normativa vigente in materia di intermediazione culturale, secondo i princìpi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 2.
      3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 sono inviati alle competenti Commissioni parlamentari ai fini dell'espressione del loro parere. Decorso il termine di sessanta giorni senza che le competenti Commissioni parlamentari abbiano espresso il loro parere, i decreti legislativi sono comunque emanati.

Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi della delega).

      1. I decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) definizione di un percorso formativo comprendente una formazione di base comune a tutti i mediatori interculturali su comunicazione e su legislazione del lavoro, comprese salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, e una formazione specialistica relativa alle norme tecniche e specifiche di ogni settore, area socio-sanitaria, area educativa e scolastica, sicurezza e giustizia, lavoro dipendente e autonomo, emergenza e prima accoglienza, risparmio e finanze;

          b) coinvolgimento dei soggetti istituzionali, Stato, regioni, province e comuni, delle parti sociali, rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro dipendente e del lavoro autonomo, delle ONLUS, e delle organizzazioni di volontariato nel percorso formativo dei mediatori interculturali;

          c) utilizzazione dei mediatori interculturali da parte delle istituzioni pubbliche e private nonché delle organizzazioni di volontariato che si occupano di immigrati.

Art. 3.
(Requisiti per l'esercizio della professione di mediatore interculturale).

      1. L'esercizio della professione di mediatore interculturale è consentito previa iscrizione all'Albo dei mediatori culturali istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 1, la cui gestione è demandata al Ministero dell'interno.
      2. L'iscrizione all'Albo di cui al comma 1 è subordinata all'accertamento del possesso dei seguenti requisiti:

          a) laurea in discipline giuridiche, umanistiche, sociali o linguistiche o titolo equipollente riconosciuto dalla normativa vigente e dagli accordi bilaterali internazionali; in alternativa, è riconosciuta la possibilità di iscriversi all'Albo a coloro che, pur non in possesso di un titolo di studio riconosciuto in Italia, dimostrano di essere in possesso di conoscenze idonee ed equivalenti acquisite nei rispettivi Paesi di origine;

          b) conoscenza della lingua e della cultura italiane e di almeno una lingua e una cultura di un Paese di origine dei cittadini immigrati presenti regolarmente nel territorio nazionale;

          c) in via transitoria e per sei mesi dalla data di entrata in vigore dei relativi decreti legislativi, è riconosciuta la possibilità di iscriversi all'Albo di cui al comma 1, ai soggetti che hanno maturato una comprovata esperienza presso enti pubblici o privati.

Art. 4.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportate, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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