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PDL 2038

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2038



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BUTTIGLIONE, CASINI, CAPITANIO SANTOLINI, PEZZOTTA, ADORNATO, ANGELI, BARBIERI, BINETTI, BOSI, BRIGANDÌ, CASTIELLO, CATONE, CERA, CICCANTI, CIOCCHETTI, COMPAGNON, DELFINO, DIONISI, DIVELLA, DRAGO, FAVIA, GALATI, GALLETTI, JANNONE, LAGANÀ FORTUGNO, LIBÈ, MANNINO, NARO, OCCHIUTO, OLIVERIO, POLI, PUGLIESE, RAO, RAZZI, ROMANO, RUVOLO, SARDELLI, TABACCI, TASSONE, NUNZIO FRANCESCO TESTA, VIETTI, ZINZI

Disposizioni in materia di consenso informato e di indicazioni anticipate di cura, di accesso alle cure palliative e di assistenza e cura dei pazienti affetti da malattie rare

Presentata il 22 dicembre 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende adeguare la legislazione vigente ai progressi recenti della medicina nel trattamento dei pazienti in pericolo di vita o nella fase terminale della malattia. La medicina contemporanea ha acquisito la capacità di prolungare quasi indefinitamente la sopravvivenza in condizioni artificiali, interrompendo in un certo senso il processo che conduce alla morte naturale. Sembra giusto riconoscere il diritto/dovere del medico di interrompere questi trattamenti quando sia venuta meno ogni possibilità di recuperare almeno parzialmente una condizione di salute. Egualmente giusto è riconoscere il diritto del paziente di chiedere l'interruzione di tali trattamenti nel momento in cui essi divenissero inutili o sproporzionati. È chiaro che esiste una differenza fondamentale fra la interruzione di un trattamento sproporzionato ed un trattamento eutanasico volto a provocare la morte del paziente. Nel primo caso la medicina riconosce il limite del proprio potere e lascia che la natura faccia il suo corso, nel secondo interviene per spegnere la vita. Opportunamente quindi il testo che viene sottoposto alla vostra attenzione ribadisce il divieto della eutanasia, sia nella forma dell'omicidio del consenziente che in quella del suicidio assistito.
      Esiste un'ampia letteratura filosofica che rivendica il diritto al suicidio come espressione massima della autodeterminazione della persona e della sua libertà. Essa ovviamente non può e non deve interessare il legislatore, perché esiste una differenza fondamentale fra suicidio ed eutanasia. Il suicidio non è considerato nell'ordinamento perché con questo atto il soggetto si pone al di fuori dell'ordinamento stesso. Nel caso della eutanasia non ci si pone fuori dell'ordinamento ma al suo interno: non si chiede rispetto per la propria decisione ma si pretende il diritto di ordinare ad un altro (in genere il medico) di eseguire la propria volontà e si chiede all'ordinamento giuridico di far valere questa volontà quanto meno esentando chi la esegua da ogni sanzione. È ovvio che il medico non è un semplice ingegnere del corpo che esegue i desideri del paziente. Egli svolge una professione ad alto contenuto umanistico ed è vincolato dai precetti dell'etica medica. È altrettanto ovvio che l'ordinamento non è tenuto a considerare come validi ed a realizzare tutti i desideri dei cittadini, ma li valuta in funzione del bene comune. Anche chi, per ipotesi, sostenesse una visione filosofica positiva del suicidio come atto di massima autodeterminazione della libertà, come atto con il quale si rivendica il possesso integrale ed assoluto su se stesso e sul proprio corpo, non è automaticamente e perciò stesso favorevole alla eutanasia che, in un certo senso, statalizza quel (supposto) atto di libertà. Naturalmente sarebbe possibile contrapporre argomentazioni opposte quanto alla natura del suicidio, visto come espressione massima dell'abbandono della persona e, se mai, come appello ad un sostegno che permetta di uscire da una situazione insostenibile. In questa visione il suicidio si configura piuttosto come espressione di una volontà non più padrona di se stessa.
      Noi non ci addentreremo in questa disputa perché essa, come già abbiamo detto, non riguarda il legislatore. Nel nostro caso non è in questione ciò che il soggetto ha diritto di fare. È in questione ciò che il soggetto ha il diritto di comandare ad altri (ed allo Stato) di fare. È in questione, soprattutto, ciò che lo Stato deve fare.
      La Costituzione italiana mette al centro la dignità della persona umana ed i suoi diritti. La persona non è semplicemente un individuo che decide per se stesso. Fin dal concepimento, e comunque dalla nascita, la persona è immersa in una serie di relazioni sociali nelle quali la personalità «si espande», nelle quali la persona trova le condizioni per crescere, maturare e diventare pienamente se stessa. Anche in questo caso è fondamentale per noi legislatori orientarci secondo la visione valoriale di fondo contenuta nella Costituzione. Siamo chiamati a realizzare un delicato bilanciamento di valori costituzionalmente protetti (l'autodeterminazione del singolo e la salvaguardia della vita), e anche di valori non esplicitamente contenuti nella Carta costituzionale ma che con essa stanno in profonda sintonia (il diritto ad essere protetti contro il dolore ed il diritto del medico ad esercitare la professione secondo scienza e coscienza). A questa delicatezza e complessità del nostro compito ci ha richiamati di recente anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
      L'articolo 32 della Costituzione ci dice che nessuno può essere sottoposto ad un trattamento sanitario contro la sua volontà se non per disposizione di legge. Si ripete nella struttura dell'articolo 32 la visione generale della Costituzione, che bilancia sempre l'autonomia individuale con gli obblighi che derivano alla persona dal fatto di essere membro di una comunità. Già la Costituzione non ci consegna il diritto alla autodeterminazione come un diritto assoluto, ma come un diritto bilanciato e suscettibile di regolamentazione legislativa. Qualcosa di simile ci dice anche la Convenzione di Oviedo. Essa non attribuisce al paziente un diritto assoluto di decisione, ma dice invece che questi ha diritto di formulare desideri, suggerimenti e proposte di cui il medico deve necessariamente tenere conto. In conformità sia con l'articolo 32 della Commissione che con la Convenzione di Oviedo, nella presente proposta di legge si prevede la possibilità di formulare indicazioni anticipate di cura nelle quali sono contenuti appunto desideri, suggerimenti e proposte. Tali desideri, suggerimenti e proposte devono essere rinnovati al momento del ricovero o comunque dell'inizio della terapia e devono esse inseriti nel piano di cura dal medico che ha la responsabilità della terapia. L'inizio della terapia è il momento in cui si stringe l'alleanza terapeutica fra il medico ed il paziente ed il piano di cura è la base di questa alleanza. Il medico ha il dovere di informare in modo esaustivo il paziente delle cure a cui deve essere sottoposto e delle scelte alternative che possono presentarsi nel corso della cura. Solo dopo essere stato adeguatamente informato il paziente può dare, appunto, un consenso informato. Ovviamente il medico non può inserire nel piano di cura disposizioni contrarie alla legge o all'etica medica. Sottoscrivendo il piano di cura il medico lo riconosce come base valida per la terapia.
      Che fare nel caso in cui il paziente al momento del ricovero non sia in grado di intendere e di volere? Nelle indicazioni preliminari di cura il paziente può indicare un fiduciario con il quale il medico redigerà il piano di cura recependo, nei limiti del possibile, le indicazioni del paziente. Qualora il paziente non abbia indicato nessun fiduciario, la sua funzione è svolta dal coniuge non legalmente separato e dagli altri parenti ed affini secondo la legislazione vigente. Il fiduciario verrà anche consultato quando nel corso della terapia dovessero emergere fattori non previsti che rendano necessario un aggiornamento del piano di cura. Ove non sia possibile raggiungere un accordo con il fiduciario, il medico indicherà nella cartella clinica le ragioni della propria decisione.
      È opportuno porre un limite alla possibilità di trasferire al fiduciario tutti i poteri del paziente. Il rifiuto di terapie salvavita è un atto personalissimo che non può essere delegato a nessuno. Il paziente può rifiutare terapie salvavita anche nel caso in cui esse siano chiaramente proporzionate e presentino buone probabilità di successo. Come nel caso del suicidio, lo Stato riconosce il proprio limite e si astiene dall'imporre una terapia, pur in sé ragionevole, perché non si può eseguire una terapia con la forza. Il cittadino romano aveva il diritto di opporre a qualunque autorità il «noli me tangere» (non mi toccare). Nel nostro caso abbiamo a che fare con qualcosa di simile. Il medico non riconosce la ragionevolezza della obiezione che gli viene proposta ma solo il limite del proprio potere. Nessun altro può opporre questo limite se non il paziente stesso.
      Come abbiamo già detto, in tutte queste disposizioni non è in gioco una visione metafisica della libertà ma piuttosto il contemperamento della autodeterminazione del singolo, dei doveri del medico e della responsabilità dello Stato. È in gioco, anche, la esatta determinazione della volontà. La volontà vera del soggetto non coincide con una qualunque opinione espressa in qualunque modo ed in un qualunque tempo della vita. Un valido atto di volontà presuppone la piena conoscenza dell'oggetto dell'azione e la libertà della volontà dell'agente. Se l'intelligenza non ha piena contezza dell'atto o la volontà non è libera per una situazione emozionale incontrollabile l'atto è invalido.
      È difficile prevedere quale sarà la propria volontà concreta all'interno di una situazione esistenziale (per esempio quella della malattia mortale) che non si è mai sperimentata nella vita. Si dice spesso «chi non ci è passato non può capire». È proprio così: dall'interno di una situazione esistenziale si comprendono molte cose che dall'esterno non si riesce a vedere.
      È per questo che le indicazioni anticipate di cura devono essere ripetute e convalidate dopo avere ricevuto dal medico un'informazione adeguata, che può riguardare anche possibilità di successo terapeutico non adeguatamente valutate dal paziente all'atto della stesura originaria delle indicazioni stesse.
      È, d'altro canto, difficile attribuire una validità incondizionata a dichiarazioni redatte sotto l'impatto del dolore fisico e del disagio emozionale inevitabilmente connesso con la malattia. In questo caso esiste la concreta possibilità che il soggetto non sia pienamente padrone del proprio volere. È per questo che, in conformità con l'impianto costituzionale dell'articolo 32 e con il dettato della Convenzione di Oviedo, la presente proposta di legge prevede che le indicazioni anticipate di cura vadano assoggettate ad un vaglio critico e che sia giusto porre dei limiti all'ambito del quale esse sono autorizzate a disporre. Vale qui un principio generale di ragionevolezza per cui, quanto più l'indicazione del paziente si scosta da ciò che indica la buona prassi medica, con tanto più rigore essa deve essere vagliata ed essa non può comunque legittimare comportamenti in contrasto con l'ordinamento giuridico.
      Un problema particolarmente rilevante e molto discusso riguarda la alimentazione ed idratazione artificiale. La proposta di legge prevede che la installazione con atto chirurgico di ausili tecnici per le funzioni vitali sia considerato un atto terapeutico che il paziente può rifiutare. Una volta che il sussidio sia stato installato la sua utilizzazione ordinaria non può costituire un atto terapeutico sproporzionato. Si pensi al caso di protesi dentarie artificiali. La loro installazione costituisce sicuramente un atto terapeutico. Il loro uso nella masticazione invece no. Gli ausili possono essere rimossi solo sulla base di una indicazione terapeutica (per esempio il paziente è guarito e non ne ha più bisogno, ovvero il paziente è peggiorato e non è più in grado di assimilare le sostanze nutritive, oppure l'ausilio si è infettato eccetera).
      Molto importante, anzi centrale per l'intera proposta di legge, è il riconoscimento del diritto del paziente alla protezione contro il dolore. La medicina palliativa e della terapia del dolore è ancora troppo poco sviluppata nel nostro Paese e per questo la proposta di legge prevede una serie di disposizioni volte a incrementare la formazione di specialisti del settore, a diffondere l'uso di adeguate metodologie, a rendere più semplice l'accesso del paziente a queste terapie. È grave per molti la preoccupazione di essere condannati a passare un lungo periodo di fine vita in condizioni di insopportabile sofferenza. A questa preoccupazione la proposta di legge risponde affermando il diritto alla terapia contro il dolore. Terapie che abbattono il dolore sono non solo lecite e consentite ma in alcuni casi doverose anche nel caso che, come effetto non intenzionale anche se prevedibile della terapia, dovesse verificarsi la morte del paziente. Questa esplicita disposizione risolve molti dubbi e problemi con i quali l'anestesiologo ed il terapeuta del dolore devono fare i conti quotidianamente nella loro difficile missione.
      Contemporaneamente la proposta di legge conferma una presunzione generale a favore della vita. Quando non sia possibile raccogliere il consenso informato del paziente o del suo fiduciario il medico agisce comunque a difesa e sostegno della vita, fatti salvi naturalmente i limiti del rifiuto dell'accanimento terapeutico. Anche in caso di tentato suicidio agisce presupponendo che l'atto non sia espressione di una volontà valida ma piuttosto (come avviene nella maggioranza dei casi) una disperata richiesta di aiuto. Il primo aiuto, ovviamente, è quello sanitario che il medico è tenuto a prestare. Anche a questo fine è introdotta la norma per la quale il rifiuto di terapie salvavita è un atto personalissimo che non può in alcun modo essere delegato. Esso deve essere opposto direttamente e personalmente da una persona pienamente in possesso delle proprie facoltà di intendere e di volere.
      Se una preoccupazione fondamentale del legislatore deve essere quella di evitare l'accanimento terapeutico, altrettanto importante è la preoccupazione di evitare l'abbandono terapeutico, cioè la rinuncia a compiere tutti gli sforzi possibili per salvare la vita e salvaguardare la salute del paziente. Per sottolineare questo principio si è voluto unire alle disposizioni in materia di terapia del dolore quelle in materia di sostegno al paziente affetto da malattie rare. Accade che la rarità della malattia induca a non dedicare alla sua cura né una sufficiente attività di ricerca né un sufficiente impegno terapeutico. Qui a determinare la rinuncia alla terapia non è la sua eccessiva invasività e la sproporzione fra il disagio del paziente ed il risultato che è possibile attendersene, ma il costo eccessivo e la difficoltà di organizzare sul territorio un supporto terapeutico adeguato. La proposta di legge afferma il dovere di non abbandonare il paziente che soffre di malattie rare e di dargli tutto il sostegno possibile.
      Per quanto attiene al capo III, dedicato alle cure palliative e malattie rare, viene riproposto il contenuto del progetto di legge Bianconi, atto Senato n. 305, di questa legislatura. Sembra infatti opportuno unire al tema delle indicazioni di fine vita quello della terapia del dolore, data l'importanza del principio, riconosciuto dall'articolo 5, del diritto del paziente alla protezione contro il dolore. Il progetto di legge Bianconi viene integrato, come già abbiamo rilevato, da alcune disposizioni relative alla cura delle malattie rare. Il capo III prende le mosse dalla definizione formulata dall'Associazione internazionale per lo studio del dolore (IASP), secondo cui il dolore è una sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva, associata ad un effettivo o potenziale danno tessutale o comunque descritta come tale.
      In generale, il dolore può avere caratteristiche di tipo acuto - finalizzato ad allertare il corpo sulla presenza di stimoli pericolosi o potenzialmente tali nell'ambiente o nell'organismo stesso - e cronico - anch'esso scatenato da un evento traumatico, può continuare per fattori che, sia dal punto di vista patologico che da quello fisico, non sono direttamente correlati alla causa iniziale.
      Il dolore cronico presente nelle malattie degenerative, neurologiche, oncologiche, specie nelle fasi avanzate e terminali di malattia, assume caratteristiche di dolore globale, legato a motivazioni fisiche, psicologiche e sociali, come evidenziato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Se non curato adeguatamente, il dolore cronico ha un impatto devastante su tutti gli aspetti della salute e della qualità della vita del paziente e della sua famiglia. Il dolore cronico è uno dei problemi medici meno conosciuti e meno affrontati. Le statistiche dimostrano l'impatto negativo del dolore cronico, evidenziano le dimensioni del problema, compresi i relativi costi economici per la società, e identificano la grave riduzione della qualità della vita dei milioni di persone che ne soffrono.
      In Europa un adulto su cinque è affetto da dolore cronico; in Italia la situazione è ancora più preoccupante: secondo il Ministero della salute, le persone che soffrono di dolore cronico sono oltre 20 milioni.
      È evidente che il trattamento del dolore rappresenta una necessità etica; è determinante nel favorire l'outcome del paziente, riducendo significativamente morbilità e mortalità e di conseguenza i costi sociali e sanitari.
      La formazione per la lotta al dolore ha come obiettivo dichiarato quello di migliorare la qualità della vita con efficienza ed efficacia. È vero anche che ciascun paziente, a seconda del relativo livello di sofferenza e delle personali esigenze di carattere assistenziale e sociale, necessita di diversa assistenza, sicché la stessa offerta di prestazioni da parte del Servizio sanitario nazionale deve essere in grado di adattarsi a tali variabili istanze di presa in carico. All'interno del Servizio sanitario sia nazionale che regionale, le reti delle cure palliative devono essere in grado di coprire tutti i bisogni e le esigenze reali dei malati affetti da dolore severo conseguente a patologie oncologiche o degenerative, deve garantire a tali pazienti e alle loro famiglie un'assistenza più integrata e differenziata.
      Le cure palliative devono mirare alla gestione dei sintomi fisici, psicologici e della sofferenza esistenziale presenti nelle fasi terminali di malattia, ma anche fornire servizi di assistenza domiciliare atti a consentire al malato piena libertà di scelta in merito ai protocolli di assistenza ritenuti più appropriati.
      Il capo III mira al perseguimento degli obiettivi predetti, elencati all'articolo 10, e ciascuno degli articoli successivi esamina le diverse forme e tipologie di trattamento del dolore e degli altri sintomi, promuovendo la creazione di una vera e propria rete assistenziale a favore dei pazienti.
      L'articolo 11 promuove la prosecuzione del programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative, approvato con decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, prevedendo la realizzazione, in ciascuna regione, di ulteriori strutture dedicate all'assistenza palliativa e di supporto, prioritariamente per pazienti affetti da patologia neoplastica terminale o da patologia degenerativa progressiva. Per la prosecuzione dell'iniziativa, sono stanziati due milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012.
      L'articolo 12 è finalizzato al riconoscimento legislativo del progetto «Ospedale senza dolore», di cui all'accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 24 maggio 2001, con il quale sono state concordate le linee guida per la realizzazione, a livello regionale, di progetti indirizzati al miglioramento del processo assistenziale rivolto al controllo del dolore di qualsiasi origine. Per la realizzazione dell'iniziativa, è stanziato un milione di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012.
      L'articolo 13 persegue la revisione dei livelli essenziali di assistenza relativamente alle prestazioni di assistenza sanitaria e sociosanitaria ai malati terminali, da erogare sull'intero territorio nazionale, e della promozione del riconoscimento a livello regionale di ulteriori livelli di assistenza in materia di cure palliative. A tal fine, si prevede, da un lato, una revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario n. 26 alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, relativo alla definizione dei livelli essenziali di assistenza, e, dall'altro lato, l'adozione a livello regionale di uno specifico programma pluriennale sulle cure palliative, da realizzare con la cooperazione sia delle organizzazioni private senza scopo di lucro attive sul territorio che degli enti locali territorialmente competenti. L'obiettivo è quello di promuovere la creazione a livello regionale di vere e proprie reti per le cure palliative, strutturate in diversi livelli di cura, affinché sia comunque privilegiata l'assistenza domiciliare al malato e alla sua famiglia attraverso équipe multidisciplinari e, solo quando questa non risulti possibile, il paziente sia orientato al ricovero in appositi luoghi di cura (gli hospice), a bassa tecnologia, ma ad altissimo livello di prestazioni assistenziali.
      L'articolo 14 intende promuovere una revisione della normativa sul consumo delle sostanze psicotrope per favorire l'accesso agli oppiacei e alle altre sostanze utilizzate nelle cure palliative; nello specifico, si prevede che l'accesso ai farmaci elencati nell'allegato III-bis del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, di regola impiegati nella terapia del dolore, avvenga utilizzando l'ordinario ricettario del Sistema sanitario nazionale, anziché il modello della ricetta a doppio ricalco previsto dalla normativa vigente. Alla lettera b) del comma 1 si provvede a inserire una sostanza cannabinoide nella sezione B della tabella II allegata al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, la quale contiene, fra l'altro, i medicinali a base di sostanze di impiego terapeutico per le quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti da medicinali a base di oppiacei.
      L'articolo 15 affronta il problema della formazione e dell'aggiornamento dei medici sul tema delle cure palliative e della terapia del dolore, promuovendo il conseguimento, nel settore in esame, di una quota dei crediti del programma di educazione continua in medicina da parte del personale medico e sanitario impegnato nell'assistenza ai malati terminali. Si riconosce la necessità della istituzione della specialità o sub-specialità in cure palliative, già presente in numerosi Paesi europei.
      L'articolo 16 è incentrato sulla realizzazione di campagne istituzionali di comunicazione destinate ad informare i cittadini sulle modalità ed i criteri di accesso ai programmi di cure palliative, nonché sull'importanza di un corretto utilizzo dei farmaci impiegati nella terapia del dolore.
      L'articolo 17 detta disposizioni in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione del provvedimento, pari a tre milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012.


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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI

Art. 1.
(Tutela della vita e della salute).

      1. La Repubblica tutela la vita umana fino alla morte naturale, accertata ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578.
      2. La vita umana e l'integrità fisica sono indisponibili.
      3. La Repubblica, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce la partecipazione del paziente all'individuazione delle cure mediche per lui più appropriate.
      4. La Repubblica promuove la diffusione delle cure palliative e la cura delle malattie rare assicurando l'accesso alle relative terapie anche agli indigenti.

Art. 2.
(Divieto di eutanasia e di suicidio assistito).

      1. Ogni forma di suicidio assistito e ogni forma di eutanasia, ovvero ogni azione od omissione diretta a causare per ragioni di pietà la morte di una persona, sono perseguite ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codice penale.

Art. 3.
(Definizione di trattamento terapeutico).

      1. Ai fini della presente legge per trattamento terapeutico si intende ogni intervento medico o chirurgico finalizzato al recupero o al miglioramento della salute, al mantenimento in vita, all'eliminazione o alla riduzione dei dolore derivante da una patologia o al miglioramento estetico del corpo, nonché a rendere possibile l'uso di ausili tecnici per garantire lo svolgimento delle funzioni vitali.
      2. Non costituisce in nessun caso trattamento terapeutico l'uso di ausili tecnici che consentono l'alimentazione e l'idratazione. Tali ausili possono essere rimossi solo per comprovate esigenze sanitarie.

Art. 4.
(Divieto di accanimento terapeutico).

      1. Il medico deve astenersi dall'instaurare o proseguire trattamenti terapeutici non proporzionati, futili o inutilmente invasivi e non efficaci rispetto alle condizioni cliniche del paziente e agli obiettivi di cura. Egli non ha l'obbligo di contrastare e ritardare ad ogni costo l'esito finale della malattia, ma piuttosto, nel rispetto del miglior interesse del paziente, ha il compito di accompagnarlo e assisterlo verso la sua fine naturale.

Art. 5.
(Diritto alla protezione contro il dolore).

      1. II paziente ha diritto a essere protetto contro il dolore. Nel caso dei malati terminali, il medico applica tutte le terapie antidolorifiche disponibili, anche nel caso in cui esse possono avere l'effetto non intenzionale di accelerare la morte del paziente.

Capo II
PIANO DI CURA E CONSENSO INFORMATO

Art. 6.
(Indicazioni anticipate di cura).

      1. Il cittadino può redigere indicazioni anticipate di cura, con atto a sottoscrizione autenticata, contenente indicazioni, richieste e desideri riguardo ai trattamenti terapeutici cui potrebbe essere sottoposto. Il medesimo atto può essere utilizzato per indicare il fiduciario di cui all'articolo 9, comma 4. Il fiduciario deve essere maggiorenne e controfirmare le indicazioni anticipate di cura. La nomina è sempre revocabile e comunque decade con la decadenza delle indicazioni anticipate di cura.
      2. Le indicazioni anticipate di cura hanno validità non superiore a due anni, sono sempre revocabili e possono essere riformulate in qualunque momento con le medesime procedure. In ogni caso devono essere riformulate alla scadenza del termine di cui al periodo precedente.
      3. Le indicazioni anticipate di cura devono essere inserite, su richiesta del paziente, nella cartella clinica e confluiscono nel piano di cura di cui all'articolo 7.
      4. Nel caso in cui il paziente, all'atto del ricovero, si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 8, comma 5, il medico, senza esserne vincolato, tiene comunque conto delle indicazioni anticipate di cura e le inserisce, ove questo corrisponda al miglior interesse del malato, nel piano di cura di cui all'articolo 7.

Art. 7.
(Piano di cura).

      1. L'alleanza terapeutica, all'interno della relazione fra il paziente e il medico, è documentata da un piano di cura redatto all'atto del ricovero in un presidio sanitario.
      2. Il piano di cura è parte integrante della cartella clinica ed è sottoscritto dal medico e dal paziente.
      3. Il piano di cura contiene la manifestazione del consenso informato di cui all'articolo 8.
      4. Il medico non può inserire nel piano di cura indicazioni in contrasto con la presente legge o con i princìpi della buona pratica clinica e della deontologia medica. In ogni caso, le indicazioni proposte dal paziente sono valutate dal medico in scienza e coscienza in applicazione del principio fondamentale della tutela e della salvaguardia della salute e della vita umana.
      5. Il rifiuto di un trattamento terapeutico essenziale per il mantenimento della vita costituisce un atto personale che non può essere delegato.
      6. Il medico che provvede a un trattamento terapeutico non consentito o non previsto dal piano di cura è tenuto a indicare espressamente la motivazione di tale decisione nella cartella clinica.
      7. Il paziente può inserire nel piano di cura indicazioni favorevoli o contrarie all'assistenza religiosa e alla donazione successiva alla morte di tutti o di alcuni suoi organi ai sensi della legge 1o aprile 1999, n. 91, nonché indicazioni di trattamento, anche successive alla morte, purché non contrarie all'ordine pubblico.
      8. Nel piano di cura il paziente può dichiarare che non intende formulare alcuna indicazione e che si rimette alle valutazioni dei medici.

Art. 8.
(Consenso informato).

      1. Nessuno può essere assoggettato a trattamento terapeutico contro la sua volontà.
      2. Ogni trattamento terapeutico è effettuato previo consenso pienamente informato del paziente espresso nell'imminenza del trattamento e inserito nel piano di cura.
      3. La manifestazione del consenso avviene dopo che al paziente è stata fornita la più adeguata informazione sullo scopo e sulla natura del trattamento, sulle sue conseguenze, sui rischi e sui benefìci che esso comporta, nonché sulle opportunità terapeutiche alternative a quelle proposte.
      4. Il paziente può, in qualsiasi momento, ritirare il proprio consenso, o sottoscrivere un diverso piano di cura.
      5. Quando il paziente non sia in grado di intendere e di volere e ci sia una situazione di urgenza, il medico agisce sulla base della propria autonoma valutazione professionale, nel miglior interesse del paziente, nel rispetto dei princìpi della deontologia medica e della legislazione vigente.

Art. 9.
(Incapacità a prestare il consenso).

      1. Se il paziente è interdetto o inabilitato ai sensi degli articoli 414 e 415 del codice civile, il consenso è prestato dal tutore o dal curatore, che appone la firma in calce al piano di cura.
      2. Qualora vi sia un amministratore di sostegno ai sensi dell'articolo 404 del codice civile e il decreto di nomina preveda l'assistenza in ordine alle situazioni di carattere sanitario, il consenso è prestato dall'amministratore di sostegno.
      3. Ove possibile, è consultato il paziente.
      4. Se sussiste l'incapacità a prestare il consenso, questo è dato dal fiduciario indicato ai sensi dell'articolo 6, comma 1. In mancanza di tale indicazione, il consenso è dato dal coniuge non legalmente separato, o dal figlio, o dal genitore, o dal più prossimo congiunto.
      5. Se il paziente è minorenne il consenso è espresso e il piano di cura è sottoscritto da chi esercita la potestà di genitore o la tutela. Ove possibile, è consultato il minore.

Capo III
CURE PALLIATIVE E MALATTIE RARE

Art. 10.
(Accesso alle cure palliative e promozione della cura delle malattie rare).

      1. È riconosciuto e tutelato il diritto del singolo di accedere alle cure palliative per la gestione dei sintomi psicofisici di qualsiasi origine, con particolare riguardo al dolore severo negli stati di patologia oncologica e degenerativa progressiva e nel dolore severo cronico di origine neuropatica. È altresì riconosciuto e tutelato il diritto delle persone affette da malattie rare a ricevere adeguata assistenza e cura anche domiciliare.
      2. Ai fini di cui al comma 1, il presente capo ha lo scopo di:

          a) promuovere l'adeguamento strutturale del Servizio sanitario nazionale alle esigenze assistenziali connesse al trattamento dei pazienti in fase inguaribile e progressiva di patologia cronica degenerativa;

          b) incentivare la realizzazione, a livello regionale, delle reti di cure palliative e di progetti indirizzati al miglioramento del processo assistenziale rivolto al controllo del dolore di qualsiasi origine e dei livelli di assistenza e di cura anche domiciliari per le persone affette da malattie rare;

          c) perseguire l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza nel campo delle cure palliative e in quello delle cure delle malattie rare quale strumento di adeguamento dell'offerta di servizi alle specifiche esigenze assistenziali dei pazienti in fase terminale e delle loro famiglie;

          d) promuovere la realizzazione di programmi regionali di cure domiciliari palliative integrate e di assistenza e cura delle persone affette da malattie rare;

          e) semplificare le procedure di distribuzione e accrescere la disponibilità dei medicinali utilizzati nel trattamento del dolore severo al fine di agevolare l'accesso dei pazienti alle cure palliative, mantenendo controlli adeguati volti a prevenire abusi e distorsioni;

          f) promuovere il continuo aggiornamento del personale medico e sanitario del Servizio sanitario nazionale in ordine ai protocolli diagnostico-terapeutici utilizzati nelle cure palliative e nella terapia del dolore e nell'assistenza e cura delle persone affette da malattie rare;

          g) utilizzare la comunicazione istituzionale come strumento di informazione ed educazione sulle potenzialità assistenziali delle cure palliative e della terapia del dolore e sul corretto utilizzo dei farmaci in esse impiegati, nonché sulle malattie rare e sull'assistenza e cura delle persone che ne sono affette.

Art. 11.
(Prosecuzione del programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative).

      1. Al fine di consentire la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 1 del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012.
      2. Con accordo da stipulare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è adottato il programma nazionale per la realizzazione, in ciascuna regione e provincia autonoma, in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario nazionale, di nuove strutture dedicate all'assistenza palliativa e di supporto per i pazienti la cui patologia non risponda ai trattamenti disponibili e che necessitino di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualità della loro vita e di quella dei loro familiari.
      3. Con l'accordo di cui al comma 2 sono individuati i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture dedicate all'assistenza palliativa.
      4. L'accesso alle risorse di cui al comma 1 è subordinato alla presentazione al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di appositi progetti regionali, redatti secondo i criteri e le modalità di cui all'articolo 1, commi 3 e 4, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39.

Art. 12.
(Progetto «Ospedale senza dolore»).

      1. Per la prosecuzione e attuazione del progetto «Ospedale senza dolore», di cui all'accordo tra il Ministro della sanità, le regioni e le province autonome, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 24 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2001, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012.
      2. Le risorse di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni con accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con il predetto accordo sono altresì stabilite le modalità di verifica dello stato di attuazione a livello regionale del progetto di cui al medesimo comma 1 e individuate periodiche scadenze per il monitoraggio delle azioni intraprese per l'utilizzo delle risorse disponibili.

Art. 13.
(Livelli di assistenza in materia di cure domiciliari palliative integrate).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le procedure di cui all'articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si provvede alla revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario n. 26 alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, relativamente ai livelli essenziali di assistenza sanitaria e sociosanitaria in favore dei malati terminali, al fine di agevolare l'accesso dei pazienti affetti da sintomi severi e da dolore conseguenti a patologie oncologiche o degenerative progressive o da dolore severo cronico di origine neuropatica a cure domiciliari palliative integrate.
      2. Nell'ambito dei livelli assistenziali di cui al comma 1 e degli ulteriori livelli di assistenza eventualmente individuati a livello regionale, le regioni adottano, nell'ambito della programmazione degli interventi sanitari e sociali, uno specifico programma pluriennale che definisca l'organizzazione e il funzionamento dei servizi per il trattamento a domicilio di pazienti in fase terminale colpiti da neoplasie o da altre patologie degenerative progressive e di pazienti colpiti da dolore severo cronico di origine neuropatica nel caso di dimissione dal presidio ospedaliero pubblico o privato e di prosecuzione in sede domiciliare delle terapie necessarie.
      3. Il programma di cui al comma 2 definisce i criteri e le procedure per la stipula di convenzioni tra le regioni e le organizzazioni private senza scopo di lucro operanti sul territorio, funzionali alla migliore erogazione dei servizi di cui al presente articolo. In particolare, il predetto programma definisce i requisiti organizzativi, professionali e assistenziali che le organizzazioni private devono possedere ai fini della stipula delle convenzioni e specifica le modalità di verifica tecnica e amministrativa dell'attività svolta dalle medesime.
      4. Ai fini del coordinamento e dell'integrazione degli interventi sanitari e assistenziali nei programmi di cure domiciliari palliative, le regioni promuovono la stipula di convenzioni con gli enti locali territorialmente competenti.

Art. 14.
(Semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nelle terapie del dolore).

      1. Al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, di seguito denominato «testo unico», sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 43, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

      «4-bis. Per la prescrizione nell'ambito del Servizio sanitario nazionale di farmaci previsti dall'allegato III-bis per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, in luogo del ricettario di cui al comma 1, contenente le ricette a ricalco di cui al comma 4, può essere utilizzato il ricettario del Servizio sanitario nazionale disciplinato dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 18 maggio 2004, pubblicato nel supplemento ordinario n. 159 alla Gazzetta Ufficiale n. 251 del 25 ottobre 2004. In tal caso, ai fini della prescrizione si applicano le disposizioni di cui al citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e il farmacista conserva copia o fotocopia della ricetta sia ai fini del discarico nel registro di cui all'articolo 60, comma 1, sia ai fini della dimostrazione della liceità del possesso dei farmaci consegnati dallo stesso farmacista al paziente o alla persona che li ritira»;

          b) ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 1, secondo periodo, del testo unico, alla tabella II, sezione B, annessa al medesimo testo unico, dopo la voce: «denominazione comune: Delorazepam» è inserita la seguente: «denominazione comune: Delta-8-tetraidrocannabinolo (THC)».

Art. 15.
(Formazione e aggiornamento del personale addetto alle cure palliative e all'assistenza delle persone affette da malattie rare).

      1. Nell'attuazione dei programmi di formazione continua in medicina di cui all'articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, l'Agenzia nazionale per i servizi regionali, di cui all'articolo 2, comma 357, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, provvede affinché il personale medico e sanitario impegnato nei programmi di cure palliative domiciliari o nell'assistenza ai malati terminali e quello impegnato nell'assistenza a pazienti affetti da malattie rare consegua crediti formativi, rispettivamente, in cure palliative e terapia del dolore e in assistenza dei pazienti affetti da malattie rare.
      2. Le regioni, nell'ambito della loro competenza in materia di istruzione e formazione professionale, valutano l'opportunità di procedere all'istituzione di scuole di formazione professionale per la preparazione del personale da destinare alla realizzazione del programma di cure palliative domiciliari integrate di cui all'articolo 13, comma 2.
      3. È istituita la scuola di specializzazione in cure palliative per la formazione di medici specialisti in grado di porre in atto assistenza dei casi complessi e consulenze per i colleghi dei diversi assetti ospedalieri, residenziali e domiciliari e di effettuare ricerca e formazione continua in cure palliative.

Art. 16.
(Campagne informative).

      1. Lo Stato e le regioni, negli ambiti di rispettiva competenza, promuovono la realizzazione di campagne istituzionali di comunicazione destinate a informare i cittadini sulle modalità e sui criteri di accesso alle prestazioni e ai programmi di assistenza in materia di trattamento del dolore severo nelle patologie neoplastiche o degenerative progressive e del dolore severo cronico di origine neuropatica nonché sull'assistenza e cura delle persone affette da malattie rare. Nelle predette campagne è inclusa una specifica comunicazione sull'importanza di un corretto utilizzo dei farmaci impiegati nelle terapie del dolore e sui rischi connessi a un abuso o a un uso non appropriato delle sostanze in essi contenuti.
      2. Le regioni, le aziende sanitarie e ospedaliere e le altre strutture sanitarie di ricovero e cura garantiscono agli utenti la massima pubblicità del servizio relativo ai processi applicativi adottati in attuazione del progetto «Ospedale senza dolore» di cui all'articolo 12, attivando specifici meccanismi di misurazione del livello di soddisfazione del paziente e di registrazione di eventuali disservizi.

Art. 17.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente capo, pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, si provvede, per gli anni 2009 e 2010, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per i medesimi anni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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