Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 2011

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2011



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

FERRANTI, CAPANO, SAMPERI, MELIS, TENAGLIA, AMICI, TIDEI, CAVALLARO

Modifiche al codice di procedura penale, alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

Presentata il 12 dicembre 2008


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge che presentiamo trae ispirazione da un'osservazione attenta e continua della realtà carceraria e dalla ricca esperienza di assistenza a minori, figli di madri detenute, maturata sul campo da diverse associazioni di volontariato.
      La presenza di bambini innocenti in carcere appare come una pratica contraria ai diritti umani.
      D'altra parte, però, anche l'allontanamento del bambino dalla madre detenuta è dannoso, perché può provocare gravi traumi e danni psicologici permanenti al minore, rendendone ancora più dolorosa e complessa la reintegrazione all'interno del nucleo familiare.
      La presente proposta ha come punto di origine la legge n. 40 del 2001 (cosiddetta «legge Finocchiaro») che, seppur di notevole portata innovativa, ha incontrato difficoltà nell'applicazione concreta.
      In particolare il provvedimento intende eliminare quegli ostacoli che ancora non permettono alle madri e ai loro piccoli, quelli di età compresa tra zero e tre anni, di scontare la pena detentiva in un luogo diverso dal carcere, mentre per le mamme con figli di età non superiore a dieci anni prevede l'applicazione delle misure alternative al carcere, ove non sussistano ragioni impeditive di eccezionale rilevanza. Prevede, inoltre, l'istituzione delle case famiglia protette al di fuori delle strutture penitenziarie, da considerarsi una forma detentiva privilegiata quando sia indirettamente coinvolto un bambino. In tal senso la nuova normativa considera la detenzione delle madri con prole inferiore a tre anni presso case famiglia protette come una extrema ratio da attuarsi rispettivamente: nel caso di custodia cautelare, solo «se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza» (articolo 2); oppure, nel caso di espiazione della pena «qualora non possa essere disposta una detenzione con regime più favorevole» (articolo 5). È da sottolineare, di conseguenza, come l'impiego di tali strutture riguarderebbe a ben vedere un numero limitatissimo di detenute che, peraltro, potranno usufruire di strutture già esistenti nel territorio con modesti oneri a carico dello Stato. Nella prospettiva di eliminare gli ostacoli che impediscono la possibilità alle donne madri di espiare la pena presso il proprio domicilio o in altro luogo si inscrivono sia le modifiche alla disciplina inerente alla custodia cautelare sia quelle alla legge sull'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975). Nell'ipotesi di reati che hanno un basso grado di pericolosità sociale, ma la cui reiterata commissione ostacola di fatto l'applicazione della norma sulla scarcerazione, occorre consentire alle madri detenute di vivere il rapporto e la responsabilità genitoriale fuori dalle mura degli istituti penitenziari. Questo consente di privilegiare l'interesse del minore a vivere in un ambiente sicuramente più idoneo alla sua crescita psico-fisica rispetto a quello carcerario. Tali considerazioni sono alla base delle modifiche prospettate dalla presente proposta di legge: tanto in caso di custodia cautelare (articolo 2) che nell'ipotesi di espiazione della pena (articolo 5). Sono infatti da privilegiare, ove non ostino esigenze cautelari o di pericolosità sociale di eccezionale rilevanza, le strutture a tale scopo concepite ed organizzate, e quindi diverse e poste al di fuori degli istituti penitenziari, che possono conciliare le esigenze di controllo e sicurezza con gli irrinunciabili diritti connessi ad un corretto sviluppo psico-fisico dei minori. A tale scopo (articolo 6, comma 2), l'organizzazione e il funzionamento di queste strutture individuate per ospitare le case famiglie sono affidate ad un successivo atto normativo del Ministro della giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, nel rispetto dei criteri enunciati. La previsione del coinvolgimento degli enti locali nella scelta nasce dalla conoscenza da parte di questi ultimi dell'esistenza sul territorio di strutture già operanti nel campo, che con alcuni adattamenti possono essere facilmente utilizzate per lo scopo specifico con tempi e costi estremamente inferiori a quelli di una realizzazione ex novo.
      Allo stesso tempo la proposta di legge stabilisce dei limiti e delle cautele in merito all'impiego del regime detentivo, per mezzo della previsione di un «doppio binario» in caso di commissione di reati di particolare gravità ed allarme sociale, elencati espressamente nell'articolo 7.
      L'autorità giudiziaria, infatti, in caso di commissione di particolari fattispecie di reato, sarà vincolata a disporre il regime detentivo in casa famiglia protetta solo se la detenuta sia madre di prole di età non superiore a tre anni; potrà invece valutare discrezionalmente la possibilità di applicare o meno tale beneficio in caso di detenute madri di prole superiore a tre e inferiore a dieci anni. Tale meccanismo, discrezionale e non, in capo all'autorità giudiziaria, viene richiamato anche dall'articolo 5 della proposta di legge, in tema di applicazione della detenzione domiciliare speciale.
      La misura alternativa di detenzione, infatti, non potrà esser concessa alle detenute madri che abbiano commesso i reati espressamente elencati, fermo restando quanto già disciplinato dalla legge Finocchiaro, che prevede la possibilità di revocare tale misura, se il comportamento del soggetto «sia contrario alla legge o alle prescrizioni dettate».
      Inoltre, coerentemente con la logica per cui i reali destinatari della legge sono i minori a cui devono essere garantite tutte le opportunità, sia psicologiche che fisiche, a cui hanno diritto per crescere bene, è previsto che vada garantito al minore di essere accompagnato dalla madre detenuta, qualora abbia l'esigenza di essere portato al pronto soccorso o in ospedale (articoli 3 e 4): è inimmaginabile, infatti, pensare che un bambino piccolo possa affrontare da solo un'ospedalizzazione ed essere, di fatto, abbandonato a se stesso.
      Da ultimo l'articolo 8 prevede norme volte ad incidere sul testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 (come modificato dalla legge n. 189 del 2002, cosiddetta «legge Bossi-Fini»), per evitare l'automatismo del decreto di espulsione.
      L'automatismo impedisce, infatti, un eventuale positivo percorso di risocializzazione compiuto dalle detenute madri e dai loro bambini che, nati in carcere o comunque ospitati nell'istituto per gran parte della loro breve vita, conoscono solo la lingua e la cultura italiane. Si vuole pertanto introdurre il «superiore interesse del fanciullo» come elemento di valutazione anche dell'opportunità di consentire alla madre meritevole e al suo bambino di rimanere nel territorio italiano.
      Infine, per garantire l'unità familiare, principio riconosciuto non solo nella nostra Costituzione, ma affermato anche da disposizioni di trattati internazionali (quali gli articoli 8 e 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848; l'articolo 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881; gli articoli 9 e 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176), la proposta di legge prevede un permesso temporaneo di soggiorno per i figli stranieri di detenute in Italia, al fine del ricongiungimento e per assicurare la continuità di un'adeguata crescita psico-fisica del minore.

torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Misure cautelare).

      1. Il comma 4 dell'articolo 275 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «4. Quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età non superiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, riferite a delitti aggravati ai sensi dell'articolo 61, numeri 1) o 4), del codice penale, o a delitti di cui all'articolo 416-bis del medesimo codice, o a delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal citato articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo 416-bis. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputato sia persona che ha superato l'età di settanta anni».

Art. 2.
(Custodia cautelare

in casa-famiglia protetta).

      1. Dopo l'articolo 285 codice procedura penale è inserito il seguente:

      «Art. 285-bis. - (Custodia cautelare in casa-famiglia protetta). - 1. Fuori dall'ipotesi di cui all'articolo 275, comma 4, se la persona da sottoporre a custodia cautelare sia donna incinta o madre di prole di età non superiore a tre anni, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, è disposta la custodia presso una casa-famiglia protetta, ove ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
      2. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare sia madre di prole di età superiore a tre anni e inferiore a dieci anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, il giudice, laddove non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, deve disporre la custodia presso una casa-famiglia protetta in luogo della custodia cautelare presso un istituto penitenziario».

Art. 3.
(Visite al minore infermo).

      1. Dopo il secondo comma dell'articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «In caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute di figlio di età non superiore a dieci anni, anche con essa non convivente, la detenuta o l'imputata è autorizzata, con provvedimento urgente, a recarsi, con le cautele previste dal regolamento, a visitare l'infermo per il tempo stabilito dall'autorità giudiziaria. In caso di ricovero ospedaliero, la durata della visita può essere prorogata, tenuto conto della durata del ricovero e del decorso della patologia».

Art. 4.
(Ricovero ospedaliero del minore).

      1. Dopo l'articolo 30-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

      «Art. 30-quinquies. - (Ricovero ospedaliero di minore). - 1. In caso di invio al pronto soccorso o di ricovero in una struttura ospedaliera di minore affidato alla madre detenuta che stia scontando la pena in una casa-famiglia protetta, il giudice competente autorizza la madre detenuta, con provvedimento da adottare entro ventiquattro ore dalla comunicazione del ricovero, ad accompagnare il figlio nonché a soggiornare presso la struttura ospedaliera per tutto il periodo di ricovero».

Art. 5.
(Detenzione domiciliare).

      1. Il comma 1 dell'articolo 47-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354, è sostituito dai seguenti:

      «1. Le condannate madri di prole di età non superiore a dieci anni, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti, e purché non sussistano le ipotesi di cui all'articolo 11-bis, devono espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all'assistenza dei figli.
      1-bis. Le madri di cui al comma 1, in caso di impossibilità di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, possono espiarla in case di accoglienza allo scopo predisposte dagli enti locali».

Art. 6.
(Case-famiglia protette).

      1. All'articolo 59 della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo il numero 2) è inserito il seguente: «2-bis) case-famiglia protette».

      2. Dopo l'articolo 61 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

      «Art. 61-bis. - (Case-famiglia protette). - 1. Le case-famiglia protette devono essere realizzate fuori dagli istituti penitenziari e organizzate con caratteristiche che, nella dotazione delle misure di sicurezza da adottare, tengano conto in via preminente delle esigenze psico-fisiche dei minori».

      2. Il Ministro della giustizia, sentito il Ministro dell'interno, d'intesa con gli enti locali interessati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua le strutture idonee a ospitare le case-famiglia protette nei vari comuni nonché le modalità e i criteri per individuare il personale da destinare ad esse.

Art. 7.
(Detenzione in case-famiglia protette).

      1. Dopo l'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 11-bis. - (Detenzione in case-famiglia protette). - 1. La madre di prole di età non superiore a tre anni con lei convivente, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti della stessa specie, deve espiare la propria pena in una casa-famiglia protetta quando sia stata condannata per uno dei reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

          a) 270 (associazioni sovversive), primo comma;

          b) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

          c) 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale);

          d) 270-quinquies (arruolamento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale);

          e) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

          f) 280-bis (atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi);

          g) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

          h) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

          i) 306 (banda armata);

          l) 416 (associazione per delinquere), sesto comma;

          m) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

          n) 422 (strage);

          o) 575 (omicidio), se il fatto è stato commesso nei confronti del proprio figlio, anche se adottivo;

          p) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù);

          q) 600-bis (prostituzione minorile);

          r) 600-ter (pornografia minorile), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1;

          s) 600-quater (detenzione di materiale pornografico), anche nell'ipotesi prevista dall'articolo 600-quater.1, sempre che il delitto sia aggravato ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 600-quater;

          t) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

          u) 601 (tratta di persone);

          v) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

          z) 609-bis (violenza sessuale);

          aa) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

          bb) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

          cc) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

          dd) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), commi primo, secondo e terzo;

          ee) 644 (usura);

          ff) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope».

Art. 8.
(Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

      1. Dopo l'articolo 16 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «Art. 16-bis. - (Revoca dell'espulsione a tutela dei minori). - 1. Nell'ipotesi in cui l'espulsione sia disposta o debba essere disposta durante o al termine dell'espiazione di una pena detentiva, nei casi in cui la condanna non riguardi i delitti richiamati dall'articolo 11-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, anche come sanzione alternativa, ovvero nel corso di una misura alternativa, nei riguardi di madre di bambini di età non superiore a dieci anni, o del padre, se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, il giudice competente, su ricorso di parte o in sede di convalida, fuori dai termini previsti per l'impugnazione, può disporre la revoca del decreto di espulsione, ovvero inibirne l'adozione qualora accerti che la permanenza corrisponde all'interesse del minore, che lo stesso è inserito nel tessuto sociale nel territorio italiano e, in ogni caso, che l'espulsione pregiudicherebbe lo sviluppo psico-fisico del minore. Il provvedimento di espulsione rimane sospeso fino alla decisione del giudice adìto».

      2. All'articolo 19, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «d-bis) delle straniere in espiazione di pena detentiva o in misura alternativa madri di bambini di età non superiore a tre anni».

      3. All'articolo 30, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «d-bis) al figlio minore della madre straniera, ovvero del padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre, nei casi in cui nei confronti della stessa sia stata disposta una misura cautelare o la stessa debba espiare una pena detentiva o un misura alternativa, per potere garantire l'unità familiare. Il permesso di soggiorno è rilasciato per una durata pari a quella della misura cautelare o detentiva o alternativa».

      4. All'articolo 31, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole: «permanenza del familiare,» sono inserite le seguenti: «anche se in espiazione di pena detentiva o in misura alternativa».


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su