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PDL 1079

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1079



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BOBBA, CALGARO, BINETTI, NARDUCCI, PORTAS, GRASSI, CASTAGNETTI, LUCÀ, FEDI, BENAMATI, SBROLLINI, DAL MORO, FARINONE

Norme sul riconoscimento e sulla promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale

Presentata il 20 maggio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Il Consiglio europeo, tenutosi a Lisbona nel marzo del 2000, segna una tappa decisiva per l'orientamento della politica e dell'azione dell'Unione europea. Nelle sue conclusioni si afferma che l'Europa è indiscutibilmente entrata nell'era della conoscenza, con tutte le conseguenze che tale evoluzione implica sulla vita culturale, economica e sociale. I modelli di apprendimento, di vita e di lavoro sono soggetti ad una rapida trasformazione. In altre parole, non solo dovremo adattarci al cambiamento, ma i modelli di comportamento «affermati» dovranno essi stessi cambiare.
      Le conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona confermano che il buon esito della transizione ad un'economia e ad una società basate sulla conoscenza deve essere accompagnato da un orientamento verso l'istruzione e la formazione permanente.
      Pertanto, i sistemi europei di istruzione e di formazione si trovano al centro delle imminenti trasformazioni e dovranno anch'essi adeguarsi. Le conclusioni del Consiglio europeo di Santa Maria da Feira (giugno 2000) invitano «gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione (...) ciascuno nelle rispettive aree di competenza, ad individuare strategie coerenti e misure pratiche al fine di favorire la formazione permanente per tutti».
      Successivamente, con risoluzione 2002/C 163/01 del 27 giugno 2002, il Consiglio dell'Unione europea invitava gli Stati membri a:

          «1) sviluppare e attuare strategie globali e coerenti che rispecchino i princìpi e le componenti essenziali identificati nella comunicazione della Commissione e coinvolgere tutti gli attori pertinenti, in particolare le parti sociali, la società civile e le autorità locali e regionali;

          2) in correlazione con la strategia europea per l'occupazione, mobilizzare le risorse per tali strategie e promuovere l'apprendimento permanente per tutti:

              fissando obiettivi per accrescere gli investimenti in risorse umane, compreso l'apprendimento permanente, ottimizzando l'uso delle risorse disponibili;

              elaborando iniziative volte a stimolare gli investimenti privati nell'apprendimento;

              prendendo in considerazione una utilizzazione più mirata delle risorse finanziarie della Comunità, compresa la Banca europea per gli investimenti;

          3) promuovere l'apprendimento sul luogo di lavoro, in cooperazione con istituti di istruzione e formazione e con le parti sociali;

          4) migliorare l'istruzione e la formazione di docenti e formatori coinvolti nell'apprendimento permanente, cosicché acquisiscano le necessarie competenze per la società della conoscenza, promuovendo così, fra gli altri obiettivi, l'accesso generale all'apprendimento delle lingue, l'accesso per tutti alle TIC, nonché una maggiore partecipazione a studi di carattere scientifico e tecnico;

          5) incoraggiare la cooperazione ed efficaci misure per la convalida dei risultati dell'apprendimento, che è essenziale per creare passerelle fra apprendimento formale, non formale e informale e che costituisce pertanto un requisito preliminare per la creazione di una zona europea di apprendimento permanente;

          6) sviluppare informazioni specifiche per gruppi mirati, orientamento e consulenza compresa la messa a disposizione di strumenti appropriati per rendere disponibile l'informazione su formazione e istruzione e sulle opportunità di lavoro;

          7) sviluppare strategie per individuare e incrementare la partecipazione di gruppi esclusi dalla società della conoscenza a causa dei loro scarsi livelli di competenze di base;

          8) migliorare la partecipazione attiva nell'apprendimento permanente, includendo i giovani».

      La situazione in Italia, purtroppo, presenta diverse lacune e il principio della formazione continua, come diritto della persona, connaturato alla sua stessa natura, necessita di essere palesato attraverso un progetto di legge, seppure desumibile dalla stessa Costituzione.
      Infatti, l'articolo 4 della Carta costituzionale sancisce la promozione delle «condizioni che rendano effettivo» il diritto al lavoro e all'articolo 35, secondo comma, esplicita la cura da parte della Repubblica della «formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori». L'impegno per la formazione assume, quindi, l'aspetto di un vero e proprio obbligo sociale per consentire a tutti il raggiungimento dei più alti livelli professionali. Le iniziative di formazione costituiscono dunque un servizio di interesse pubblico a carico delle organizzazioni sovranazionali, dello Stato, degli enti territoriali, di altre strutture pubbliche e, in particolare, delle regioni. Vige, infatti, il principio di potestà legislativa esclusiva delle regioni (articolo 117, terzo comma, della Costituzione); tuttavia in virtù dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, lo Stato determina i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».
      L'importanza della formazione ha spinto il legislatore a fissare, a decorrere dall'anno 1999-2000, l'obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età. Tale obbligo può essere assolto nel sistema di istruzione scolastica, nel sistema della formazione professionale di competenza regionale e nell'esercizio dell'apprendistato (articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76). La previsione costituzionale mira soprattutto alla formazione dei giovani, attraverso la creazione degli istituti professionali di Stato o con appositi strumenti giuridici come, ad esempio, l'apprendistato (legge 19 gennaio 1955, n. 25), il contratto di formazione e lavoro (decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863), i tirocini formativi e le borse lavoro (legge 24 giugno 1997, n. 196).
      Tuttavia, come sopra accennato, il diritto alla formazione non ha un riscontro oggettivo e unitario sul territorio nazionale: esistono situazioni in cui il diritto alla formazione è effettivo, altre in cui esso è completamente disatteso, a causa delle grandi disparità territoriali del nostro Paese, soprattutto tra il centro-nord e il sud, ma anche nelle regioni settentrionali non si riscontra l'uniformità dell'offerta formativa.
      Infatti, l'offerta formativa per abitante, a seconda delle regioni, registra sbalzi rilevanti, che non possono essere valutati con certezza, a causa della mancanza di un'informazione sistematica e periodica trasmessa dalle regioni agli organi centrali.
      Un dato, poi, davvero inquietante è quello relativo all'apprendistato. Il contratto di apprendistato prevede un certo numero di ore di formazione obbligatoria, esterna al luogo di lavoro. Eppure, solo un quinto degli apprendisti, nel 2005, ha frequentato concretamente un corso di formazione. Si passa da regioni virtuose, come il Friuli Venezia Giulia (che raggiunge quasi il 100 per cento degli apprendisti formati) e il Piemonte (attorno al 70 per cento), a regioni che per anni non hanno emesso bandi per organizzare corsi per apprendisti, pur in presenza di una crescita del numero di apprendisti assunti negli stessi anni.
      Senza considerare le difficoltà che incontra un adulto, con un basso livello di scolarizzazione, a intraprendere un percorso di riqualificazione, e della limitatezza del sostegno che riceve da parte delle istituzioni pubbliche: insufficienza e scarso coordinamento delle strutture di orientamento, limitata accessibilità dell'offerta di istruzione per adulti, difficoltà a conciliare i tempi di vita, di lavoro e di formazione.
      Il 3 agosto 2007, il Consiglio dei ministri aveva avviato l'esame su un disegno di legge in materia di apprendimento permanente, affrontando responsabilmente il vuoto normativo e la disparità di offerta di formazione sul territorio. Il tema dell'educazione permanente, la cui espressione si ritiene preferibile a quella di «apprendimento», in quanto quest'ultima è limitata alla sola funzione psicologica, è importante e meritoria, e la messa a punto dei dispostivi normativi, necessari a costruire gli snodi di sistema che mancano in Italia, è un passaggio assolutamente necessario.
      Tuttavia, il tema non può essere considerato solo limitatamente a questi aspetti di regolamentazione. L'educazione permanente è un modo di considerare e di impiantare i sistemi formativi e le politiche dell'istruzione e della formazione. Non si può prescindere, nell'affrontarlo, dallo sciogliere i nodi che determinano le criticità esistenti. Nodi che insistono sia sul versante della domanda, sia sul versante dell'offerta formativa.
      Infatti, una delle ragioni per cui il nostro Paese non riesce a permettere a più del 6 per cento di adulti di frequentare un corso strutturato di istruzione o di formazione sta nella difficoltà di individuare percorsi adeguati alla propria preparazione e alle proprie aspirazioni di crescita professionale e culturale e nell'onerosità dei prezzi praticati da chi eroga formazione, in assenza di dispositivi universali di finanziamento da parte della Repubblica (nelle sue varie articolazioni). I dati, infatti, non sono incoraggianti. Secondo il rapporto dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) 2007 risulta l'arretratezza del nostro Paese rispetto ai benchmark fissati a livello europeo: ancora il 20 per cento della popolazione giovanile non riesce ad andare oltre il titolo di licenza di scuola secondaria di primo grado, contro il limite massimo del 10 per cento indicato dagli obiettivi comunitari. Il tasso di diplomati è al 75,5 per cento, contro l'85 per cento del benchmark europeo, e, inoltre, solo il 51 per cento della popolazione italiana possiede un titolo di studio post-obbligo, contro il 70 per cento della media europea. Particolarmente grave la situazione dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni di età: circa 113.000 sono esclusi dai canali formativi formali. A questi si aggiungono gli oltre 40.000 minorenni che, nonostante siano stati assunti con contratto di apprendistato, non svolgono le attività formative previste dalla legge, per un totale di oltre 150.000 adolescenti formalmente soggetti a obbligo che in realtà sono fuori da ogni canale formativo. Infine luci e ombre sulle riforme intraprese, specialmente sul prolungamento da otto a dieci anni dell'obbligo di istruzione e sul nuovo assetto dei centri per l'educazione permanente.
      Dal punto di vista dell'offerta, quindi, si assiste ad una vera e propria polverizzazione dei soggetti. Una concezione troppo superficiale dell'accreditamento, basata su meccanismi di valutazione ex ante della documentazione prodotta da ciascun soggetto, ha determinato una situazione per cui può erogare formazione qualsiasi agenzia purché sia in grado di produrre talune assicurazioni formali, senza alcun riguardo per l'effettiva capacità pedagogica e didattica che quelle stesse agenzie incorporano. Ne consegue che le strutture che vantano un'effettiva capacità formativa e una ricchissima tradizione pedagogica e didattica sono spesso sacrificate in favore di micro-agenzie di formazione, che spesso non possono vantare altro che un efficace lobbying presso gli assessori o gli assessorati competenti. Questo rende la stabilità e la qualità dell'offerta troppo aleatorie per poter garantire l'effettivo esercizio del diritto alla formazione.
      Occorre dunque far diventare la formazione un diritto civile e di libertà, incentrato sulla dignità della persona e finalizzato a consentire a ciascuno di realizzare la propria vocazione professionale. Questa idea cardine ha spinto un'organizzazione come le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI), da molti anni impegnata nella formazione professionale dei giovani e nella formazione permanente degli adulti, a intraprendere nell'anno 2005 una vera e propria campagna per chiedere il riconoscimento del diritto alla formazione nell'ordinamento legislativo italiano. Tale campagna è sfociata in un disegno di legge che era approdato alla XI Commissione permanente della Camera dei deputati nella XIV legislatura.
      La presente proposta di legge raccoglie in parte le indicazioni contenute in quell'iniziativa, assumendo il principio che la tutela più importante del lavoratore, nella società della conoscenza, consisterà proprio nel diritto di accedere a delle opportunità di formazione lungo tutto il corso della vita lavorativa.
      La presente proposta di legge, quindi, si prefigge di incentrare l'attenzione prima di tutto sulla formazione professionale continua, quella che riguarda gli adulti occupati, perché è il campo sul quale occorre operare con maggiore urgenza.
      Il principio base della proposta di legge è la formazione come diritto individuale, cioè come diritto civico e di libertà, e si rafforza e agevola la domanda di formazione.
      Infatti all'articolo 1 sono sanciti i princìpi ai quali si ispira la proposta di legge, facendo riferimento alle diverse competenze, statali e regionali, nel pieno rispetto della potestà esclusiva delle regioni. In particolare il comma 5 dell'articolo 1 individua ulteriori diritti che sono sottesi a quello principale della formazione individuale: l'orientamento, la valorizzazione delle competenze acquisite, la consulenza, l'accompagnamento e il sostegno.
      All'articolo 2 si è preferito inserire una precisa disposizione che definisse e spiegasse i concetti relativi all'apprendimento, formale, non formale, informale, e gli standard, poi ripresi nel dispositivo di legge. Si è ritenuto necessario porre l'attenzione su tali definizioni, al fine di evitare fraintendimenti e interpretazioni differenti, utilizzate in altri ambiti.
      All'articolo 3 si cristallizza il diritto alla formazione professionale continua, nel rispetto della potestà regionale, garantendo, però, da parte dello Stato, il diritto e la possibilità di accesso a opportunità di formazione professionale continua. In questo articolo la formazione professionale continua ha, tra le altre, la funzione di aiutare la persona a comprendere e ad affrontare le trasformazioni del mondo del lavoro, dando un supporto a tutti coloro che affrontano un momento di stallo o di crisi lavorativa, attraverso l'affiancamento di un percorso formativo, che si traduca in termini di crescita professionale e personale.
      L'articolo 4 contempla l'orientamento professionale, inteso come valorizzazione della persona in funzione della scelta professionale o di studio, in grado di soddisfare le aspettative e le risorse peculiari della persona. A questo fine, si ritiene necessario che il servizio di orientamento sia erogato, da soggetti pubblici e privati, in corrispondenza di determinati momenti della vita formativa dei soggetti, secondo le lettere a), b), c), d), e) e f) del comma 2 dello stesso articolo.
      L'articolo 5 definisce la valutazione e la certificazione degli apprendimenti formali, non formali e informali, secondo la definizione di cui all'articolo 2. Occorre, infatti, che gli apprendimenti e le esperienze acquisite siano non solo certificati, ma anche valorizzati e spendibili nel mercato del lavoro. A tale proposito si sono individuati quali enti certificatori le scuole pubbliche, le università e gli enti di formazione professionale. Compito dello Stato è quello di definire, in armonia con le disposizioni dell'Unione europea, e con la collaborazione tecnica dell'ISFOL e dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), i criteri scientifici, le tecniche e le procedure a cui gli enti certificatori devono attenersi, fatti salvi i princìpi deontologici che garantiscono l'impiego di corrette modalità di valutazione. La certificazione avviene attraverso la redazione di un documento personale, le cui modalità di emissione saranno stabilite dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
      All'articolo 6 si garantisce il diritto alla consulenza e all'accompagnamento durante tutto l'arco della vita attiva, attraverso informazioni particolareggiate su opportunità di lavoro, bilancio delle competenze, attività di formazione integrativa, accesso alle attività di selezione e di assistenza nella fase di ingresso al lavoro. Affinché tale diritto sia effettivo, occorre un coordinamento tra gli enti pubblici e privati accreditati, le imprese, le associazioni e le organizzazioni sindacali. I soggetti prioritari di tale offerta sono coloro che incorrono nelle maggiori difficoltà occupazionali e sociali, secondo parametri di reddito stabiliti dallo Stato.
      L'articolo 7 riconosce un bonus da spendere per la propria formazione professionale in relazione alle esigenze del mercato del lavoro locale o da spendere per la stessa finalità presso l'impresa che procede all'assunzione con contratto a tempo indeterminato.
      L'articolo 8 prevede le misure per sostenere la domanda di formazione professionale continua. A tale proposito si prevede la possibilità di dedurre gli oneri sostenuti per l'iscrizione, la frequenza, la fruizione di corsi, i servizi e le attività di formazione professionale continua, presso strutture che risultino accreditate secondo le disposizioni di cui all'articolo 10. Accanto a questo, si richiede alle regioni di introdurre meccanismi di sostegno alla domanda, basati su strategie, anche differenziate, in modo da rendere gratuita la frequenza ai corsi per i soggetti a basso reddito e a rischio di disoccupazione e, invece, prevedere costi proporzionali al reddito e alla necessità per tutti gli altri.
      Un altro strumento, previsto nello stesso articolo, è quello dei voucher o altro analogo a quello in uso nell'università: si finanzia l'offerta in relazione al numero di utenti, mentre ciascuno di essi paga una tassa d'iscrizione proporzionale al reddito. Ciascuna regione deve essere responsabile della scelta dei meccanismi e dei criteri specifici, ma deve essere riconosciuto nell'ordinamento nazionale il principio regolatore di tutti questi diversi dispositivi regionali.
      L'articolo 9 stabilisce quali tipologie di criteri, attraverso l'istituzione del sistema nazionale degli standard, devono essere adottati per il percorso formativo, la certificazione e il riconoscimento dello stesso, attraverso il decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      L'articolo 10 concerne l'accreditamento delle strutture. Infatti, gli enti che erogano servizi formativi e la valutazione della qualità, sia dei processi sia dei prodotti, intesi in termini di risultati (il profitto degli allievi al termine dei corsi) e di esiti (gli allievi occupati alcuni mesi dopo il termine dei corsi), comportano la stabilizzazione dell'offerta formativa e la sensibilizzazione alla stessa.
      L'articolo 11 istituisce, presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la Consulta nazionale degli enti di formazione accreditati, la quale ha la funzione di promozione e di tutela delle disposizioni della legge.
      L'articolo 12 prevede il Piano triennale di azione nazionale per la formazione professionale continua. Lo Stato predispone tale Piano di azione, che impegna le regioni a garantire determinati volumi d'offerta. Il Piano prevede altresì le modalità attraverso le quali lo Stato può intervenire, d'intesa con le regioni interessate, qualora nell'area territoriale di queste ultime non siano conseguiti gli obiettivi previsti, al fine di assicurare, mediante interventi di sussidiarietà verticale, livelli uniformi di godimento del diritto alla formazione in tutto il territorio nazionale. In questo Piano, oltre ai servizi formativi propriamente detti, dovranno essere compresi anche quei servizi di supporto (orientamento, consulenza e accompagnamento, certificazione delle competenze eccetera) che rendono più agevole avvalersi dei primi.
      L'articolo 13 precisa che il sistema di formazione professionale continua è «parte integrante del sistema di educazione permanente», dovendosi quindi coordinare e integrare con tutto l'apparato socio-educativo.
      Infine, l'articolo 14 prevede i cambiamenti da apportare, in base alle disposizioni della legge, alla pianta organica e alle norme statutarie dell'ISFOL.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Princìpi e finalità).

      1. La Repubblica, in armonia con gli indirizzi dell'Unione europea, riconosce il diritto individuale alla formazione e allo sviluppo professionale, in qualsiasi momento della vita, volto a migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze della persona.
      2. La Repubblica, per le finalità di cui al comma 1, prevede sistemi di offerta istituiti e organizzati dalle regioni, secondo le normative sancite dai loro organi istituzionali. I sistemi di offerta regionali sono organizzati con il concorso degli enti di cui alla legge 14 febbraio 1987, n. 40, e successive modificazioni, nonché al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 3 marzo 1987, n. 125.
      3. Le regioni definiscono le modalità di accreditamento delle strutture che partecipano al sistema di offerta di formazione professionale, secondo le modalità previste dall'articolo 9.
      4. Lo Stato definisce gli standard di prestazione che devono essere garantiti nell'erogazione dei servizi attraverso i quali i cittadini possono esercitare il proprio diritto alla formazione e allo sviluppo professionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
      5. Il diritto individuale alla formazione e allo sviluppo professionale si concretizza in diversi servizi tecnico-specialistici, che configurano altrettanti diritti secondari. Essi sono:

          a) l'orientamento;

          b) la valorizzazione delle competenze comunque acquisite;

          c) la consulenza e l'accompagnamento;

          d) il sostegno.

Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai fini della presente legge si intende per:

          a) formazione professionale continua: una modalità specifica di esercizio del diritto di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, distinta dalla formazione iniziale, soggetta al regime di obbligo formativo di cui all'articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, e rivolta a tutti i cittadini che fanno parte o che intendono entrare a far parte delle forze di lavoro, secondo la definizione dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Essa è parte dell'educazione permanente;

          b) apprendimento in contesti formali: l'apprendimento che si realizza nei sistemi istituzionali di istruzione e di formazione: sistema scolastico, sistema della formazione superiore, sistema dell'istruzione e della formazione professionale, comprensivo dell'apprendistato e della formazione professionale continua dei lavoratori. Esso è normalmente certificato da specifici titoli di studio e professionali;

          c) apprendimento in contesti non formali: l'apprendimento che ha luogo a seguito dell'implementazione intenzionale di dispositivi e di metodologie ad esso finalizzati e messi in atto al di fuori dei sistemi istituzionali di istruzione e di formazione, in contesti quali le imprese, le organizzazioni del volontariato e del privato sociale, le associazioni culturali e delle famiglie, le infrastrutture culturali e le reti civiche degli enti locali e ogni altra associazione o organizzazione che persegue scopi educativi e formativi. Si definisce altresì apprendimento in contesti non formali quello che si realizza nell'impresa in virtù di dispositivi di affiancamento e di supervisione e in situazione di svolgimento delle funzioni produttive;

          d) apprendimento in contesti informali: l'apprendimento che costituisce l'effetto, in genere non intenzionalmente perseguito, delle attività svolte dall'individuo nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero;

          e) standard professionali: contenuto specifico delle qualifiche professionali, che garantisce la mutua traducibilità tra i sistemi di qualifiche regionali;

          f) standard di riconoscimento e di certificazione: modalità condivise e definite per descrivere, documentare e attestare le competenze acquisite nell'ambito dei percorsi di apprendimento formali, non formali e informali, e per attribuire loro valore in termini di crediti spendibili nelle transazioni e nelle transizioni tra i diversi sistemi, ovvero scuola, formazione professionale, università e lavoro. Le competenze, riconosciute e validate, sono registrate nel libretto formativo del cittadino istituito ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

          g) standard formativi: modalità condivise di definizione degli obiettivi didattici e formativi essenziali, espressi in termini tali da rendere agevole la valutazione del loro conseguimento, che devono caratterizzare i percorsi formativi finalizzati al perseguimento degli standard professionali e comunque di competenze ritenute rilevanti.

Art. 3.
(Diritto alla formazione professionale continua).

      1. Il diritto individuale alla formazione professionale continua, in coerenza con i princìpi costituzionali, è disciplinato dalle regioni, in relazione alle esigenze delle rispettive aree territoriali e in base alla potestà normativa delle istituzioni regionali.
      2. La formazione professionale continua è diretta a favorire l'adattamento dei cittadini alle trasformazioni del mondo del lavoro, la prevenzione e il superamento di situazioni di crisi e l'accompagnamento dei loro percorsi di crescita professionale, contribuendo alla promozione culturale, sociale e professionale della persona.
      3. La Repubblica garantisce a ogni cittadino, tramite la costruzione di sistemi territoriali di offerta formativa composti da una rete di strutture formative accreditate, comprese le imprese, il diritto e la possibilità di accesso a opportunità di formazione professionale continua. Le regioni organizzano e gestiscono i propri sistemi di offerta di formazione professionale continua in relazione ai fabbisogni di competenze e di professionalità espressi dagli attori economici del sistema produttivo regionale e locale.
      4. I cittadini fanno valere il proprio diritto alla formazione professionale continua attraverso la fruizione di specifici servizi formativi, adeguati alle proprie esigenze di sviluppo professionale.
      5. La gestione dell'offerta formativa, ferma restando la potestà normativa e regolamentare delle regioni, per garantire omogeneità di fruizione dei diritti da parte di tutti i cittadini italiani, si uniforma a standard di prestazione definiti dallo Stato; ogni regione, inoltre, adotta dispositivi di regolazione, quali sistemi di classificazione delle professionalità, sistemi delle qualifiche, procedure di certificazione delle competenze, che siano comparabili e mutuamente traducibili con quelli delle altre regioni.
      6. Le regioni articolano i propri sistemi di offerta formativa e i propri dispositivi di regolazione in conformità al principio della continuità formativa, in forza del quale ogni percorso deve poter essere aperto a sviluppi successivi, potenzialmente fino ai livelli più elevati.

Art. 4.
(Orientamento professionale).

      1. La Repubblica promuove e garantisce a ogni cittadino un servizio di orientamento in forma individuale o di gruppo. L'orientamento rappresenta una specifica modalità educativa finalizzata all'autovalorizzazione della persona in funzione di una scelta professionale o di studio soddisfacente, nonché ad assicurare l'adattamento ai mutamenti culturali, professionali, sociali ed economici.
      2. La Repubblica rende disponibili, attraverso l'iniziativa di soggetti pubblici e privati accreditati, servizi di orientamento professionale flessibili e integrati, che consentano di intervenire nella logica della prevenzione e dell'accompagnamento e operanti, in particolare, in corrispondenza dei seguenti periodi di transizione:

          a) al termine del percorso di istruzione di base;

          b) al termine del percorso di istruzione secondario;

          c) al termine del percorso di istruzione universitaria superiore;

          d) in corrispondenza di una crisi del percorso di lavoro;

          e) nel momento del rientro nel mercato del lavoro;

          f) in ogni fase, momento o situazione della sua vita in cui il cittadino senta la necessità di accrescere le proprie competenze tecnico-professionali.

Art. 5.
(Valutazione e certificazione degli apprendimenti formali, non formali e informali).

      1. La Repubblica promuove e garantisce a ogni cittadino servizi di valutazione e di certificazione del proprio bagaglio personale degli apprendimenti e delle esperienze acquisiti in modo formale, non formale o informale.
      2. Sono enti certificatori le scuole pubbliche e parificate di ogni ordine e grado, le università e gli enti di formazione professionale, negli ambiti delle loro specifiche competenze.
      3. Lo Stato, sentiti l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) e l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) e in coerenza con le indicazioni e con i dispositivi dell'Unione europea, definisce i criteri scientifici, le tecniche e le procedure cui devono attenersi gli enti certificatori nell'esercizio delle loro funzioni di valutazione ai fini della certificazione delle conoscenze, delle competenze, delle abilità e degli apprendimenti dei cittadini che ad essi si rivolgono. Gli enti certificatori si attengono altresì, nell'esercizio delle loro funzioni, a princìpi deontologici che garantiscono ai cittadini e alla collettività l'impiego di corrette modalità di valutazione.
      4. La certificazione di cui ai commi 2 e 3 avviene tramite il rilascio di un documento personale. Previo accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le rappresentanze delle parti sociali, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali adotta un regolamento, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, che definisce le modalità concrete per l'emissione di tali documenti.
      5. La Repubblica sostiene l'offerta di servizi, dislocati su tutto il territorio nazionale, con i requisiti necessari a svolgere l'attività di certificazione delle competenze di cui al comma 1.
      6. La valutazione e la certificazione delle competenze di cui al comma l comportano l'acquisizione di crediti formativi che possono essere utilizzati per ottenere un titolo di studio o di formazione, anche attraverso percorsi personalizzati.

Art. 6.
(Consulenza e accompagnamento).

      1. La Repubblica garantisce e promuove servizi di consulenza e di accompagnamento lungo tutto il percorso della vita attiva del cittadino. Sono a tale fine rese disponibili, mediante i servizi presenti sul territorio, informazioni particolareggiate in merito a opportunità di lavoro, bilancio delle competenze, attività di formazione integrativa, accesso alle attività di selezione e di assistenza nella fase di ingresso al lavoro. Tale funzione di accompagnamento è svolta da organismi pubblici e privati accreditati che operano in coordinamento con le imprese, con le loro associazioni e con le organizzazioni sindacali.
      2. I servizi di cui al comma 1 sono destinati prioritariamente ai cittadini che incorrono nelle maggiori difficoltà di inserimento occupazionale e sociale. Lo Stato definisce i parametri di reddito e le altre caratteristiche individuali che regolano l'accesso preferenziale a tali servizi e i conseguenti parametri di offerta, anche ai sensi dell'articolo 12.
      3. I servizi di consulenza e di accompagnamento, in tutti i casi stabiliti al comma 2, sono svolti tramite una stretta collaborazione tra servizi pubblici per l'impiego, organismi accreditati e servizi sociali e socio-sanitari operanti nella medesima area territoriale.

Art. 7.
(Bonus ai lavoratori per la formazione professionale).

      1. Ai soggetti in cerca di prima occupazione è riconosciuto un bonus da spendere per la propria formazione professionale in relazione alle esigenze del mercato del lavoro locale o da spendere per la stessa finalità presso l'impresa che procede all'assunzione con contratto a tempo indeterminato.
      2. Con regolamento del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali sono adottate le norme per l'attuazione del comma 1, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Al relativo onere si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni.

Art. 8.
(Misure per sostenere la domanda di formazione professionale continua).

      1. Al fine di promuovere la domanda di formazione professionale continua, all'articolo 10, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, relativo agli oneri deducibili, dopo la lettera d-bis) è inserita la seguente:

          «d-ter) le spese sostenute per l'iscrizione, la frequenza o la fruizione di corsi, servizi e attività di formazione professionale continua;».

      2. Le strutture presso le quali possono essere svolte le attività ed erogati i servizi i cui costi di fruizione o di partecipazione sono fiscalmente deducibili ai sensi della lettera d-ter) del comma 1 dell'articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotte dal comma 1 del presente articolo, sono quelle accreditate secondo le modalità previste all'articolo 10 della presente legge.
      3. Al fine di ridurre gli ostacoli di natura economica alla partecipazione alle attività di formazione professionale continua, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adotta, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, appositi regolamenti che prevedono misure di sostegno agli individui, differenziate a seconda della condizione economica, sociale e lavorativa, anche sotto forma di borse di studio, voucher individuali, prestiti agevolati, sostegno all'offerta pubblica di istruzione e di formazione. Le regioni definiscono le modalità concrete di articolazione di tale sistema di sovvenzioni pubbliche.
      4. Ai fini della garanzia di un'eguaglianza sostanziale di fruizione dei benefìci di cui al comma 3 tra le diverse aree del Paese, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, predispone annualmente i parametri di reddito in relazione ai quali si matura un diritto al sussidio pubblico per i costi sostenuti per l'iscrizione, la frequenza e la fruizione di corsi, servizi e attività di formazione professionale continua. Lo Stato può determinare le situazioni in virtù delle quali il cittadino perde, parzialmente o totalmente, il diritto al godimento di tali sussidi, in particolare in ragione del non positivo svolgimento delle attività per cause imputabili al cittadino stesso.

Art. 9.
(Dispositivi nazionali di regolazione del sistema di formazione professionale continua).

      1. Al fine di cui all'articolo 3, è istituito il sistema nazionale degli standard, articolato in:

          a) standard professionali;

          b) standard di riconoscimento e di certificazione;

          c) standard formativi.

      2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le parti sociali, definisce con apposito decreto il dispositivo e le procedure per la concreta realizzazione del sistema di cui al comma 1. In particolare sono definiti e aggiornati ogni tre anni gli standard di cui al citato comma 1.
      3. Nella definizione dei dispositivi di cui al comma 2 lo Stato si avvale della collaborazione istituzionale dell'ISFOL e dell'INVALSI.

Art. 10.
(Accreditamento delle strutture).

      1. L'accreditamento delle strutture dell'offerta di formazione professionale continua assicura la qualità dei servizi formativi e la stabilità dei soggetti dell'offerta formativa, nell'intento di costruire un sistema diffuso e qualificato, cui i cittadini possono riferirsi nell'esercizio del loro diritto individuale alla formazione professionale continua.
      2. I dispositivi di accreditamento si uniformano a parametri di qualità dell'offerta di formazione e di servizio, i quali sono formulati tenendo conto:

          a) delle caratteristiche qualitative dell'offerta formativa e dei servizi erogati;

          b) dei risultati formativi ed occupazionali conseguiti.

      3. I parametri di cui al comma 2 sono stabiliti con apposito decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentiti l'ISFOL e le parti sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

Art. 11.
(Consulta nazionale degli enti di formazione accreditati).

      1. Al fine della tutela dei diritti di orientamento, formazione, certificazione e accompagnamento, è istituita presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, la Consulta nazionale degli enti di formazione accreditati; le organizzazioni aderenti, dotate di adeguata rappresentatività, svolgono attività finalizzate alla promozione e alla tutela dei diritti disciplinati dalla presente legge.

Art. 12.
(Piano triennale di azione nazionale per la formazione professionale continua).

      1. Il Governo, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite le parti sociali e acquisita l'intesa in sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, approva il Piano triennale di azione nazionale per la formazione professionale continua.
      2. Il Piano di cui al comma 1, in coerenza con le indicazioni dell'Unione europea e in attuazione della presente legge, definisce gli obiettivi del sistema nazionale di formazione professionale continua e acquisisce i piani di attività che ciascuna regione predispone per il conseguimento di tali obiettivi.
      3. Il Piano di cui al comma 1 è predisposto in modo da favorire il raccordo tra i diversi soggetti dei sistemi istituzionali di istruzione e di formazione e tra questi e gli altri contesti, nella prospettiva della costruzione di un sistema stabile e integrato di istruzione, formazione e lavoro, nonché da assicurare prestazioni e servizi rispondenti a standard e a criteri qualitativi e quantitativi omogenei sul territorio.
      4. Il Piano di cui al comma 1 comprende misure per l'osservazione continua dei livelli delle competenze dei cittadini e per il monitoraggio e per la valutazione di sistema, compresa la verifica sull'equilibrata distribuzione delle attività sull'intero territorio nazionale. Le attività di osservazione e di monitoraggio, ove di competenza dello Stato, sono affidate all'INVALSI e all'ISFOL. Tali Istituti attuano le suddette attività nel rispetto di direttive contenute in decreti adottati, rispettivamente, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e predispongono uno specifico rapporto annuale al Governo.

Art. 13.
(Formazione professionale continua ed educazione permanente).

      1. Il sistema di formazione professionale continua è parte integrante del sistema di educazione permanente. Esso si integra ed entra in relazione con tutte le altre articolazioni di tale più generale sistema: istruzione, educazione degli adulti, università, nonché altre istituzioni, pubbliche e private, che erogano attività di insegnamento, istruzione o formazione.

Art. 14.
(Disposizioni di adeguamento).

      1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono disciplinati, in ragione delle necessità connesse con lo svolgimento delle funzioni previste nella presente legge e per renderne gli organi di governo coerenti con l'assolvimento di tali funzioni, i cambiamenti da apportare alle norme statutarie dell'ISFOL, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2003.
      2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali sono previste le modifiche alla pianta organica dell'ISFOL, conseguenti a quanto disciplinato ai sensi del comma 1.


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