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PDL 894

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 894



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CONSOLO

Modifica dell'articolo 19 della legge 30 aprile 1962, n. 283, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande

Presentata l'8 maggio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha lo scopo di eliminare alcuni effetti distorsivi della disciplina vigente in materia di vigilanza igienica sulla genuinità e l'igiene degli alimenti e delle bevande, introducendo maggiore certezza nelle responsabilità e quindi più sicurezza per il commerciante e per il consumatore.
      La legge 30 aprile 1962, n. 283, prevede un'ipotesi di reato contravvenzionale, che consiste nel fatto oggettivo di mettere in commercio sostanze alimentari non conformi a quanto richiesto dalle norme amministrative di igiene. Si tratta di una specie di responsabilità oggettiva del commerciante, il quale può difendersi solo provando di avere impiegato tutta la diligenza dovuta: quindi una inversione dell'onere della prova, come sempre accade in caso di contravvenzioni. Praticamente il dettagliante è ritenuto comunque responsabile «a titolo di colpa se non prova la sua buona fede» (Cassazione penale, sezione VI, 29 settembre 1993) e pertanto questi viene incolpato per fatto altrui, per fatto del produttore, e a fatica riesce a provare di avere adottato tutte le misure prudenziali possibili.
      La presente proposta di legge non riguarda ovviamente le più gravi ipotesi, dove esiste una colpa cosciente ovvero un dolo consapevole del venditore ai danni del consumatore, che sono già opportunamente punite come delitti dagli articoli 442, 444 e 452 del codice penale.
      Si vuole fare chiarezza, invece, nei casi in cui la violazione della norma avviene materialmente da parte di altri soggetti, a monte del processo della distribuzione e della produzione delle sostanze alimentari, e una verifica preventiva da parte del venditore, che non si limiti a constatazioni estrinseche, appare difficilmente esigibile. Situazioni che si verificano nella vendita di alimenti di facile deperibilità.
      Viceversa, l'articolo 19 della citata legge n. 283 del 1962 prevede, con arbitraria semplificazione, che «Le sanzioni (...) non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo prodotti in confezioni originali».
      Si tratta di una norma doppiamente arbitraria, sia perché stupisce una presunzione di incolpevolezza non meglio specificata in relazione all'oggetto della condotta, sia perché lo sviluppo più recente dei modelli di distribuzione propone casi analoghi, ma non identici ai prodotti confezionati in involucri o recipienti sigillati: prodotti in cesta o imballati a reticella eccetera. È accaduto che persino la Suprema Corte non ammettesse la scusabilità del dettagliante e la riferibilità della colpa al produttore per dei limoni contenuti in pacchetti a reticella, anche se «la sostanza vietata non ne aveva mutato l'aspetto esterno» (Cassazione penale, sezione VI, 13 dicembre 1993).
      In effetti, la norma dell'articolo 19 allo stato attuale non è applicabile nel caso di prodotti non contenuti in involucri che non possiedono le caratteristiche proprie della confezione, ovvero involucri che non sono volti a garantire l'integrità originaria dei prodotti stessi, ma sono destinati soltanto a impedire lo spargimento o l'insudiciamento nelle fasi di commercializzazione.
      L'opinione del presentatore della proposta di legge è naturalmente diversa, in quanto queste forme di imballo garantiscono comunque la provenienza originale del prodotto e soprattutto perché appare assurdo determinare a priori una colpa a seconda che si tratti di prugne confezionate, limoni contenuti in reticella, fragole in cestino o banane con «bollino blu».
      Una giustizia così schematica, che a volte prescinde da responsabilità effettive dirette del venditore, pecca per eccesso ma anche per difetto di severità, dà cattiva immagine di sé, come si evince dai molti articoli di giornali sull'argomento che spesso, per fare solo qualche esempio, hanno criticato le sentenze di facile condanna di un povero verduriere o di altrettanto facile assoluzione di un supermercato che aveva messo in vendita confezioni di prodotti scaduti.
      Il tipo di confezione non può più essere un criterio valido per giudicare sulle responsabilità della commercializzazione di prodotti alimentari avariati o manipolati.
      Occorre riformulare la legge, codificando l'indirizzo più positivo espresso dalla stessa giurisprudenza della Cassazione in numerose sentenze nelle quali ha ritenuto responsabile il produttore e non il venditore al dettaglio in caso di commercio di prodotti alimentari sfusi che devono essere consumati freschi e cioè in tempi brevi, per cui non può addossarsi al venditore l'onere di effettuare ulteriori accertamenti rispetto a quelli che già il produttore e l'autorità sanitaria dovrebbero effettuare (Cassazione penale, sentenza del 13 marzo 1986 e sentenza del 28 febbraio 1990).
      Una corretta impostazione del tema della responsabilità non può ignorare i concetti di «buona fede» e di «inesigibilità»: più soggettivo il primo, più obiettivo il secondo, ma entrambi finalizzati a escludere la responsabilità penale quando non vi è colpa o non è logicamente ammissibile pretendere da un soggetto un dato comportamento. Un semplice dettagliante non può assumersi l'onere di sospendere la sua attività in attesa dell'esito delle analisi dei prodotti. Si tratta del normale limite negativo della colpevolezza.
      Inoltre, l'assunzione di responsabilità, certificata e documentata, del produttore deve garantire in ogni caso il venditore. E, viceversa, il venditore che non si conforma alle indicazioni del produttore nella conservazione della merce risponde direttamente del suo comportamento.
      Per tutti i prodotti alimentari freschi, inoltre, il venditore può rispondere esclusivamente dei vizi riconoscibili, non dei vizi occulti. Solo in questo modo si può ottenere che ogni soggetto del processo di produzione e di distribuzione risponda per fatto proprio.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 19 della legge 30 aprile 1962, n. 283, è sostituito dal seguente:

      «Art. 19. - 1. Le sanzioni previste dalla presente legge non si applicano al commerciante che vende o pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo prodotti alimentari in confezioni originali ovvero prodotti alimentari freschi, sempre che il medesimo si attenga alle norme in uso e alle istruzioni del produttore sulla conservazione delle merci e non sia a conoscenza di violazioni di norme igieniche rese individuabili dalle caratteristiche delle merci in vendita.
      2. I produttori e i fornitori dei prodotti alimentari devono consegnare agli acquirenti il prodotto con l'attestazione specifica dei trattamenti effettuati per la produzione, la conservazione e la commercializzazione, dichiarandone la conformità alle norme vigenti in materia».


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