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PDL 1004

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1004



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PECORELLA

Riforma dell'ordinamento della professione di avvocato

Presentata il 14 maggio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Nel corso della passate legislature sono stati presentati molteplici disegni di legge di riforma della professione di avvocato, taluni di carattere settoriale altri invece di carattere organico; la Presidenza della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica, consapevole della necessità ed urgenza di adeguare l'ordinamento forense, la cui legge regolatrice risale al 1933, alla mutata fisionomia del mondo dell'avvocatura e alla crescente complessità della professione di avvocato, nell'estate scorsa aveva posto in discussione dinanzi ad essa ben sei progetti di legge di riforma.
      Nel corso delle stesse legislature si è peraltro tentato di dare disciplina organica e unitaria a tutte le professioni intellettuali, istituendo Commissioni parlamentari ad hoc e presentando, anche da parte del Governo, specifici progetti di legge.
      L'avvocatura, tramite le proprie istituzioni ed associazioni, ha con chiarezza rivendicato la necessità che la professione di avvocato riceva, al pari dell'ordinamento giudiziario per i magistrati, disciplina autonoma rispetto alle altre professioni. Tale necessità fonda le proprie ragioni innanzitutto sulla natura stessa della professione forense, la quale, unica tra le altre professioni intellettuali, attraverso la tutela di diritti costituzionalmente protetti, garantisce alla stessa società «il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la sicurezza nella applicazione della legge» (Risoluzione del Parlamento europeo P6-TA (2006) 0108 del 23 marzo 2006).
      Una simile funzione rende evidentemente non sovrapponibili, così come ormai condiviso da esponenti di tutte le forze politiche, le «filosofie» che dovrebbero governare gli assetti ordinamentali, da un lato, della professione forense e, dall'altro, delle professioni intellettuali genericamente intese: mentre per queste ultime si delinea infatti una disciplina funzionale al perseguimento delle esigenze di sviluppo economico del Paese e si propone di assecondare i princìpi in materia di libertà di concorrenza e di accesso, la regolamentazione normativa della professione di avvocato deve invece assicurare «l'indipendenza, la competenza, l'integrità e la responsabilità dei membri delle professioni legali, con lo scopo di garantire la qualità dei loro servizi, a beneficio dei loro clienti e della società in generale, e per salvaguardare l'interesse pubblico» (citata risoluzione del Parlamento europeo P6-TA (2006) 0108). La qualità della prestazione professionale assume dunque, per le professioni legali, una valenza che travalica il semplice interesse del cittadino ad una prestazione adeguata, per farsi condizione imprescindibile dell'attuazione di valori costituzionali di rango prioritario e della stessa permanenza in vita di una società democratica.
      Ciò comporta, come sua naturale conseguenza, la necessità che la normativa destinata a disciplinare la professione forense sia improntata, in controtendenza rispetto all'idea ispiratrice dei progetti di legge di riforma delle professioni intellettuali, a un particolare rigore nell'accesso alla professione, nella formazione e nella specializzazione dell'avvocato, nell'abilitazione all'esercizio della professione davanti alle giurisdizioni superiori.
      A tali esigenze vuole fare fronte il progetto di riforma dell'ordinamento della professione di avvocato che le associazioni forensi specialistiche, Unione delle camere penali italiane (UCPI), Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), Associazione giuslavoristi italiani (AGI) e Unione nazionale camere avvocati tributaristi (UNCAT) hanno elaborato.
      Nel disciplinare la professione di avvocato si è infatti inteso, da un lato, porre un argine alla «dequalificazione» professionale che, unitamente al sensibilissimo aumento del numero degli iscritti agli albi, ha caratterizzato quest'ultimo decennio, e dall'altro, recuperare alla professione forense una qualità adeguata a far fronte alla complessità dell'attuale normativa e idonea a garantire la funzione costituzionale cui la stessa avvocatura è chiamata.
      In questa dimensione si collocano le più significative innovazioni rispetto ai disegni di legge di riforma organica della professione forense presentati nella passata legislatura (atto Senato n. 963, d'iniziativa dei senatori Calvi ed altri e atto Senato n. 1353, d'iniziativa del senatore Manzione), i quali hanno comunque, entrambi, avuto il pregio di voler disciplinare la professione forense con una legge di ordinamento autonoma e coerente con la funzione cruciale dell'avvocatura.
      Tuttavia tali progetti di legge, pur riconoscendo la necessità di un'alta qualificazione dell'avvocatura, presentano entrambi, seppure in varia misura, talune ambiguità e lacune che è necessario risolvere per garantire effettiva qualità nell'esercizio della professione forense.
      Quanto alla specializzazione forense, la cui necessità di disciplina è ormai riconosciuta da ampi settori di tutte le forze politiche, è necessario regolamentarla in maniera organica e il più possibile esaustiva, eliminando nel contempo la possibilità di indicare «settori di attività prevalente in numero non superiore a tre», stanti l'equivocità di una simile indicazione e l'inadeguatezza della medesima a garantire un'effettiva competenza nel settore dichiarato, con conseguente pregiudizio della qualità della giurisdizione e del diritto dei cittadini ad una scelta informata.
      È inoltre necessario ricondurre alla disciplina della specializzazione forense quel rilascio di «attestati di competenza» (previsto dal citato atto Senato n. 1353), che pure ha avuto il pregio di sottolineare la necessità di percorsi formativi specialistici e di attribuire un ruolo formativo specifico alle associazioni forensi: la contestuale presenza di avvocati muniti del «titolo di specialista» e di avvocati insigniti di un «attestato di competenza» rischia infatti di creare duplicazioni e confusione nei cittadini.
      Quanto alla regolamentazione della specializzazione forense, la semplice previsione della possibilità di ottenere «il titolo di specialista secondo modalità stabilite con apposito regolamento» rischia di vanificare completamente lo scopo e la funzione della previsione medesima. A tale fine è invero necessario dare alla specializzazione forense una disciplina organica, regolamentandone il percorso formativo, indicando i soggetti legittimati ad approntarlo e disciplinandone l'informativa al pubblico.
      Né, infine, può sottacersi la necessità di introdurre una norma transitoria che regoli la legittimazione e la spendita del titolo di specialista e l'accesso agli elenchi degli avvocati specialisti per quanti hanno già maturato un'anzianità di esercizio della professione forense in un dato settore.
      Quanto all'accesso, si è condiviso il rigore che già ha ispirato il disegno di legge atto Senato n. 963 e che è stato poi ulteriormente approfondito dal disegno di legge atto Senato n. 1353.
      Quanto all'abilitazione al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, constatata la totale inadeguatezza dell'attuale criterio di accesso (di fatto la sola anzianità professionale) a garantire la necessaria elevata qualificazione specialistica, si è introdotto quale requisito esclusivo il superamento di un esame, così come peraltro già proposto con il disegno di legge atto Senato n. 1064 (d'iniziativa dei senatori Buccico e Valentino).
      Le caratteristiche di un esame volto a valutare il possesso di una elevatissima qualificazione e dell'anzianità di esercizio professionale richiesta ai fini dell'ammissione, unitamente all'introduzione degli elenchi di specialità, impongono però di individuare percorsi di accesso al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori differenziati in ragione della specifica competenza professionale maturata nel tempo.
      Si è prevista, dunque, l'istituzione di tre diversi albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori (albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni civili; albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni penali, e al Tribunale supremo militare; albo speciale per il patrocinio davanti al Consiglio di Stato), cui si accede previo superamento di una prova di esame differenziata in ragione dello specifico percorso professionale effettuato e del corrispondente albo cui si chiede l'ammissione. Si contempla inoltre un regime transitorio per coloro che risultano già iscritti all'unico albo oggi previsto.
      Quanto al procedimento disciplinare, pur condividendo in linea di massima la regolamentazione già prevista dai citati disegni di legge atti Senato n. 963 e n. 1353, si sono da essa eliminati gli aspetti più marcatamente collidenti con i princìpi costituzionali del «giusto processo».


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PROPOSTA DI LEGGE

Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Disciplina dell'ordinamento della professione di avvocato).

      1. La professione di avvocato è disciplinata dalla presente legge nel rispetto dei princìpi costituzionali e della normativa comunitaria.
      2. L'ordinamento forense, nell'interesse pubblico, garantisce l'idoneità professionale degli iscritti.
      3. All'attuazione della presente legge si provvede mediante regolamenti, che devono essere adottati dal Ministro della giustizia o dal Consiglio nazionale forense (CNF), secondo le rispettive competenze.
      4. Il Ministro della giustizia può annullare i regolamenti emanati dal CNF per motivi di illegittimità entro sessanta giorni dalla data in cui gli siano stati notificati.

Art. 2.
(Funzioni dell'avvocato).

      1. La professione forense si esplica, in piena autonomia e libertà, attraverso la rappresentanza e la difesa in giudizio e ogni altra attività di assistenza e di consulenza giuridiche, senza limiti territoriali.
      2. Nell'esercizio delle sue funzioni, l'avvocato è soggetto soltanto alla legge.
      3. Sono funzioni esclusive dell'avvocato: la rappresentanza, l'assistenza e la difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali, negli arbitrati rituali e nei procedimenti di mediazione e di conciliazione, fatte salve le competenze delle leggi speciali per l'assistenza e la rappresentanza per la pubblica amministrazione.
      4. Sono riservate in via generale agli avvocati e, nei limiti loro consentiti da particolari disposizioni di legge, agli iscritti ad altri albi professionali, l'assistenza, la rappresentanza e la difesa in procedimenti di natura amministrativa, tributaria, disciplinare e simili.
      5. È riservata, inoltre, agli avvocati l'attività, svolta professionalmente, di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale in ogni campo del diritto, fatte salve le particolari competenze riconosciute dalla legge ad altri lavoratori per particolari settori del diritto.

Art. 3.
(Doveri e deontologia).

      1. La professione forense, tenuto conto del rilievo sociale della difesa, deve essere esercitata, sia in forma individuale, sia in forma collettiva, con indipendenza, probità, dignità, diligenza, lealtà e discrezione, nel rispetto delle regole della corretta e leale concorrenza.
      2. Il codice deontologico, la cui violazione dà luogo a responsabilità disciplinare, è redatto e aggiornato periodicamente dal CNF, sentiti gli ordini forensi circondariali e le associazioni forensi riconosciute. Esso è finalizzato a tutelare l'interesse pubblico al corretto esercizio della professione, e in particolare a:

          a) garantire la libera scelta del professionista da parte dell'utente e il suo affidamento;

          b) garantire il diritto a una qualificata, corretta e seria prestazione professionale, nonché a un'adeguata informazione sulle competenze dell'avvocato, sulle modalità di esercizio della professione e su situazioni di conflitto anche potenziale di interesse;

          c) garantire la credibilità della professione;

          d) garantire la concorrenza;

          e) individuare gli illeciti disciplinari connessi all'inadempimento dell'obbligo di formazione permanente di cui all'articolo 11, alla violazione dei princìpi in materia di pubblicità di cui all'articolo 10, nonché ai comportamenti pregiudizievoli per il cliente o contrari alla credibilità e al decoro professionali.
      3. L'avvocato è responsabile verso il cliente dei danni ingiusti cagionati, direttamente o da suoi collaboratori o ausiliari, per negligenza, imperizia o violazione di regole di condotta, ai sensi del codice civile.

Art. 4.
(Associazioni e società tra avvocati).

      1. La professione forense può essere esercitata, oltre che a titolo individuale, anche in forma associativa o societaria, purché con responsabilità illimitata dei soci. Alle società si applicano le norme del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, alle associazioni si applicano l'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e le norme vigenti relative alla società semplice, in quanto compatibili.
      2. Le associazioni e le società possono essere anche multidisciplinari, comprendendo, oltre agli iscritti all'albo forense o al registro dei praticanti, professionisti appartenenti a categorie definite compatibili dal CNF. In caso di società o associazioni multidisciplinari, esse possono comprendere nel loro oggetto l'esercizio di attività proprie della professione di avvocato solo se, e fino a quando, vi sia tra i soci o associati almeno un avvocato iscritto all'albo. Solo gli iscritti all'albo degli avvocati possono eseguire le prestazioni esclusive o riservate indicate nell'articolo 2.
      3. Ciascun socio o associato è, ad ogni effetto, solidalmente e illimitatamente obbligato con la società o con l'associazione verso i clienti. L'associazione o la società è sempre solidalmente obbligata nella responsabilità con l'associato o con il socio e lo è in modo esclusivo se non è individuato l'avvocato responsabile.
      4. Le associazioni e le società sono iscritte in un elenco speciale aggiunto all'albo forense nel cui circondario hanno sede.
      5. I soci hanno domicilio professionale nella sede dell'associazione o della società.
      6. I redditi delle associazioni e delle società sono determinati secondo i criteri di cassa, in analogia a quanto previsto per i professionisti che esercitano la professione in modo individuale. Essi sono imputati a ciascun associato o socio, indipendentemente dalla percezione, in proporzione della sua quota di partecipazione.
      7. L'attività professionale svolta dagli associati o dai soci dà luogo a tutti gli obblighi e i diritti previsti dalle norme previdenziali; i contributi indiretti e quelli di carattere oggettivo sono dovuti nella stessa misura che si applica agli atti compiuti dal professionista singolo, per la quota spettante a ciascun avvocato o praticante.
      8. Il socio o l'associato è escluso se cancellato dall'albo con provvedimento definitivo o è sospeso con provvedimento disciplinare definitivo con sospensione non inferiore a un anno e può essere escluso ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2286 del codice civile.
      9. Le norme che disciplinano l'impresa commerciale non si applicano all'avvocato, né alle associazioni e società comprendenti avvocati.
      10. L'avvocato o l'associazione o la società tra professionisti possono stipulare associazioni temporanee in partecipazione ai sensi degli articoli da 2549 a 2553 del codice civile con imprese, società, associazioni o consorzi di imprese o altre società tra professionisti, per il compimento di un determinato affare alle seguenti condizioni:

          a) l'avvocato, l'associazione o la società tra professionisti possono assumere soltanto la qualità di associato;

          b) l'avvocato, anche se facente parte di associazione o società tra professionisti, può apportare ed eseguire soltanto prestazioni rientranti tra le funzioni indicate nell'articolo 2 della presente legge;

          c) l'associazione in partecipazione può essere solo temporanea e non può avere durata superiore a cinque anni; se, entro tale termine, l'affare non è stato portato a conclusione, l'associazione può essere prorogata per non più di cinque anni con il consenso di tutti gli associanti e associati; nell'associazione o società tra professionisti, la proroga deve essere approvata all'unanimità;

          d) devono essere espressamente riconosciute dagli associanti e dagli altri associati all'avvocato, anche se facente parte di associazione o società tra professionisti, assoluta libertà e autonomia nel compimento delle sue prestazioni, nel rispetto delle norme deontologiche, con la esclusione della trattazione di affari in conflitto di interessi. È nullo ogni accordo con il quale l'associante vieta la contemporanea attività professionale dell'associato;

          e) l'avvocato o l'associazione o la società tra professionisti possono continuare a svolgere autonoma attività contemporaneamente a quella compiuta con l'associazione in partecipazione;

          f) l'avvocato o l'associazione o la società tra professionisti devono stipulare una assicurazione autonoma rispetto a quella per l'attività di carattere ordinario.

Art. 5.
(Segreto e discrezione professionali).

      1. L'avvocato è tenuto alla discussione e al segreto professionale nell'interesse del cliente.
      2. L'avvocato è inoltre tenuto all'osservanza del massimo riserbo verso i terzi in ordine agli affari in cui è stato chiamato a svolgere la sua opera.
      3. L'avvocato è tenuto ad adoperarsi per far osservare gli obblighi di cui al presente articolo anche ai suoi collaboratori e dipendenti.

Art. 6.
(Esercizio della professione).

      1. L'avvocato è iscritto all'albo del circondario del tribunale nel cui territorio ha il proprio domicilio professionale, ovvero la sede legale in caso di società o di studio associato.
      2. Ogni variazione del domicilio professionale è immediatamente comunicata al consiglio dell'ordine di appartenenza.
      3. Gli avvocati esercitano l'attività di consulenza e di rappresentanza in giudizio senza limiti territoriali; il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori è riservato agli iscritti al relativo albo speciale.

Art. 7.
(Impegno solenne).

      1. Per poter esercitare la professione l'avvocato deve assumere dinanzi al consiglio dell'ordine in pubblica seduta l'impegno di osservare i relativi doveri, secondo la seguente formula: «Consapevole dell'alta dignità della professione forense e della sua elevata funzione sociale, mi impegno solennemente ad osservare con il massimo scrupolo e con onere i doveri della professione di avvocato».

Art. 8.
(Titolo di avvocato e settori specialistici).

      1. L'uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente agli iscritti agli appositi albi o elenchi, anche se cancellati da essi.
      2. L'uso del titolo è vietato a chi è stato radiato per ragioni disciplinari.
      3. Nello svolgimento dell'attività professionale, l'avvocato indica il proprio titolo e, se lo ritiene, l'abilitazione all'esercizio davanti le giurisdizioni superiori o davanti i tribunali ecclesiastici.
      4. Gli avvocati docenti universitari in materie giuridiche possono altresì indicare il relativo titolo con le opportune specificazioni.
      5. Gli avvocati possono ottenere il titolo di specialista, secondo le modalità stabilite dall'articolo 9, nei rami del diritto individuati con apposito regolamento, approvato dal Ministro della giustizia, su proposta congiunta del CNF e delle associazioni forensi riconosciute.
      6. Il conseguimento del titolo di specialista abilita all'iscrizione nel relativo elenco degli avvocati specialisti tenuto dal consiglio dell'ordine.
      7. Il titolo di specialista non determina riserva di attività nel relativo settore di specializzazione.
      8. Il titolo di specialista obbliga coloro che lo detengono a indicarlo nella carta intestata, nei biglietti da visita, nelle comunicazioni al pubblico e nel mandato professionale.
      9. È vietato l'uso del termine «specialista» o «specializzato» da parte di coloro che non hanno conseguito il titolo di specialista secondo le modalità indicate nell'articolo 9 nell'articolo 17, comma 6.
      10. Gli incarichi professionali aventi rilevanza pubblica devono essere affidati con preferenza ad avvocati muniti del titolo di specialista nel settore proprio dell'incarico, ferma restando la facoltà di affidare incarichi ad altri avvocati ritenuti idonei.
      11. Il possesso del titolo di specialista o di titolo universitario non esonera dagli obblighi relativi alla formazione continua permanente di cui all'articolo 11.

Art. 9.
(Conseguimento del titolo di specialista).

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo l7, comma 6, l'iscrizione negli elenchi degli avvocati specialisti è subordinata alla frequenza di una scuola di alta formazione, organizzata su base regionale o interregionale dal CNF o dalle associazioni forensi riconosciute dal Ministero della giustizia, e al superamento del relativo esame finale.
      2. Possono ottenere il riconoscimento, previa registrazione presso il Ministero della giustizia, le associazioni di avvocati iscritti all'albo, prive di finalità di lucro e aventi lo scopo di tutelare la figura professionale e di favorire la preparazione e la competenza degli iscritti, se: sono costituite da almeno quattro anni; hanno ampia diffusione sull'intero territorio nazionale, con la presenza organizzata in almeno dieci regioni; sono dotate di statuti e di regolamento associativi che garantiscano la rappresentatività elettiva delle cariche interne, la trasparenza degli assetti organizzativi e dell'attività dei relativi organi, la dialettica democratica tra gli associati e l'osservanza dei princìpi deontologici; hanno una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata a garantire la formazione specialistica di base e continua, e in particolare adeguata a istituire e comunque a gestire scuole di alta formazione su base regionale o interregionale, dotate di piena autonomia gestionale e finanziaria e concernenti la materia oggetto di specializzazione.
      3. Alle scuole di alta formazione possono essere ammessi, nei limiti dei posti disponibili, soltanto gli avvocati che, alla data di presentazione della domanda di iscrizione, hanno maturato un'anzianità di iscrizione all'albo degli avvocati, ininterrottamente e senza sospensioni, per almeno due anni e che nello stesso periodo di tempo non hanno riportato sanzioni disciplinari.
      4. La scuola di alta formazione non può avere durata inferiore a due anni per un totale di almeno 200 ore di formazione complessive. All'esito della frequenza, l'avvocato deve sostenere un esame di specializzazione, il cui esito positivo è condizione necessaria per l'iscrizione negli elenchi. La commissione esaminatrice è composta da avvocati, scelti dal CNF o dall'associazione forense organizzatrice.
      5. Il mantenimento del titolo di «specialista» è subordinato alla frequenza di un programma di formazione continua specialistico organizzato annualmente dalle associazioni forensi riconosciute o dal CNF, conformemente al regolamento per l'attività forense specialistica di cui all'articolo 11, e alla prova dell'effettività dell'esercizio continuativo della professione nel settore prescelto.

Art. 10.
(Informazioni sull'esercizio della professione e certificazione di qualità).

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, è consentito all'avvocato, italiano o straniero abilitato all'esercizio della professione in Italia, di fornire informazioni sulle modalità di esercizio della professione, purché in maniera veritiera e non elogiativa, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza.
      2. Quando l'avvocato italiano svolge attività professionale all'estero, forme e contenuto dell'informazione possono adeguarsi alle norme e ai princìpi deontologici locali.
      3. Gli studi legali possono ottenere certificazioni di qualità, attestanti il possesso di determinati requisiti di organizzazione del lavoro, da parte di società e di organismi certificatori inseriti in un apposito elenco tenuto presso il CNF.
      4. È fatto divieto di pubblicizzare certificazioni di qualità rilasciate da società o da organismi non compresi nell'elenco di cui al comma 3.
      5. Il CNF, sentiti gli ordini territoriali e consultate le associazioni forensi riconosciute, emana un regolamento contenente i criteri organizzativi cui attenersi per il rilascio della certificazione di qualità.
      6. Il possesso delle certificazioni di qualità, prima del suo uso pubblico, deve essere comunicato al consiglio dell'ordine di appartenenza.

Art. 11.
(Formazione permanente).

      1. L'avvocato ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale in conformità al regolamento che il CNF approva, sentiti gli ordini territoriali e le associazioni forensi riconosciute. L'aggiornamento ha il fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali dell'avvocato e di contribuire al miglior esercizio della professione.
      2. L'aggiornamento professionale richiede la partecipazione a convegni, seminari e altri eventi formativi, secondo regole e criteri di valutazione specificati nel regolamento.
      3. Il controllo del compimento delle attività prescritte per l'aggiornamento e per l'adozione dei provvedimenti conseguenti è affidato ai consigli degli ordini.
      4. Le regioni, nell'ambito delle potestà ad esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, disciplinano l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale per avvocati, organizzati dalle università, dai consigli degli ordini, dalle associazioni forensi riconosciute, dalla Cassa nazionale di previdenza forense e da ogni altro ente autorizzato dal regolamento.

Art. 12.
(Assicurazione per la responsabilità civile).

      1. L'avvocato deve assicurarsi per la responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori, di volta in volta ricevuti in deposito dai clienti.
      2. Al momento dell'assunzione dell'incarico, se richiesto, l'avvocato rende noti al cliente la compagnia assicuratrice e gli estremi della propria polizza per la responsabilità professionale.
      3. I massimali devono essere adeguati alla natura degli incarichi e delle conseguenti possibili responsabilità.
      4. Della stipulazione della garanzia assicurativa e di ogni successiva variazione è data comunicazione al consiglio dell'ordine.
      5. La mancata osservanza di quanto previsto nel presente articolo costituisce illecito disciplinare.
      6. Gli ordini, nelle loro varie articolazioni, le associazioni e i sindacati di avvocati possono negoziare per i propri iscritti le condizioni generali delle polizze previste dal presente articolo, anche stipulando idoneo contratto operante per tutti gli iscritti, previa procedura di gara comunitaria in materia di affidamento di servizi. È fatta salva la facoltà di ogni iscritto di aderire.

Art. 13.
(Tariffe professionali).

      1. Per ogni incarico professionale, l'avvocato, a cui è equiparato il praticante abilitato, ha diritto ad una giusta retribuzione e al rimborso delle spese generali e particolari, ai sensi dell'articolo 2233 del codice civile. Egli può chiedere congrui acconti. Sono fatte salve le norme per le difese d'ufficio e per il patrocinio dei non abbienti.
      2. Le tariffe professionali sono approvate ogni quattro anni con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio di Stato, su proposta formulata dal CNF.
      3. È data la massima pubblicità alle tariffe e l'avvocato, se richiesto, ne dà notizia all'atto dell'incarico al cliente, il quale ha diritto alla preventiva indicazione dei criteri per la determinazione del compenso, con l'individuazione di limiti massimi per ciascun incarico professionale.
      4. Le tariffe possono indicare onorari minimi e massimi ed essere distinte in relazione al tipo di prestazione e al valore della pratica. I compensi sono determinati in modo da consentire all'avvocato un guadagno adeguato alla sua condizione sociale e al decoro della professione. Per le prestazioni giudiziali, possono essere mantenute e aggiornate le tariffe fisse attualmente in vigore per adempimenti processuali.
      5. Gli onorari minimi sono vincolanti:

          a) per la liquidazione giudiziaria delle spese a carico del soccombente;

          b) per la liquidazione dei compensi posti a carico dello Stato o di altri enti pubblici, per le difese d'ufficio e per il patrocinio dei non abbienti.

      6. Le tariffe minime giudiziali non sono derogabili tranne che per controversie aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, per le quali si applica il comma 7. Per le altre prestazioni, previo accordo tra avvocato e cliente, è consentita la deroga ai minimi delle tariffe alla condizione, a pena di nullità, che siano riconosciuti all'avvocato il rimborso delle spese generali e particolari e un compenso non inferiore ai minimi fissati per lo scaglione di valore più basso per il tipo di prestazione compiuta.
      7. Il compenso, nelle controversie e nelle pratiche aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, può essere concordato, anche in deroga alle tariffe minime, in misura percentuale sul risultato utile; deve essere comunque rispettata, a pena di nullità, la condizione indicata nel comma 6. La misura delle percentuali non può superare un limite massimo determinato nella tariffa.
      8. Per ogni categoria di controversie, diverse da quelle di cui al comma 7, sono nulli gli accordi che prevedono la cessione all'avvocato, in tutto o in parte, del bene oggetto della controversia o che attribuiscono all'avvocato una quota del risultato della controversia. È tuttavia consentito che sia concordato tra cliente e avvocato un compenso ulteriore rispetto a quello tariffario per il caso di esito positivo della controversia.
      9. È redatto per iscritto, a pena di nullità, ogni accordo:

          a) in deroga ai minimi di tariffa;

          b) con previsione di compensi percentuali;

          c) con previsione di un premio per l'avvocato in caso di esito positivo della controversia.

      10. Sono, in ogni caso, nulli gli accordi che coinvolgono l'interesse personale dell'avvocato in misura tale da influire sulla sua indipendenza.

Art. 14.
(Mandato professionale e procura).

      1. Fatto salvo quanto stabilito per le difese d'ufficio e il patrocinio dei meno abbienti, l'avvocato ha piena libertà di accettare o meno ogni incarico; il mandato professionale si perfeziona con l'accettazione. L'avvocato ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizio al cliente.
      2. Il cliente è libero nella scelta dell'avvocato, nel rispetto dei princìpi nazionali e comunitari a tutela della concorrenza.
      3. L'esistenza o la validità di una procura può essere contestata solo dal cliente.

Art. 15.
(Sostituzioni e collaborazioni).

      1. L'avvocato può farsi sostituire in giudizio da altro avvocato o da un praticante abilitato, restando comunque personalmente responsabile verso il cliente.
      2. L'esistenza o la validità della delega in sostituzione può essere contestata solo dal delegante.
      3. L'avvocato può nominare stabilmente uno o più sostituti presso ogni ufficio giudiziario, depositando la nomina presso la cancelleria di ciascun ufficio.
      4. L'avvocato, che si avvale della collaborazione continuativa di altri avvocati o di praticanti, corrisponde loro adeguato compenso per l'attività svolta, commisurato all'effettivo apporto dato nell'esecuzione della prestazione. Tale collaborazione, anche se continuativa e con retribuzione periodica, non dà mai luogo a rapporto di lavoro subordinato. L'avvocato stipula l'assicurazione prescritta dall'articolo 12 anche in favore di collaboratori con rapporto continuativo, ad eccezione di quelli con incarichi di domiciliazione di procuratori, di praticanti e di dipendenti, escludendo la facoltà di rivalsa.
      5. L'avvocato o l'associazione o la società tra professionisti possono avvalersi di ausiliari lavoratori dipendenti o autonomi o di società in qualsiasi forma costituite per il compimento soltanto di prestazioni esecutive, con esclusione delle funzioni proprie dell'avvocato, indicate nell'articolo 2. L'avvocato o l'associazione o la società tra professionisti rispondono del fatto degli ausiliari ai sensi dell'articolo 1218 del codice civile.

Titolo II
ALBI, ELENCHI E REGISTRI

Art. 16.
(Albi, elenchi e registri).

      1. Presso ciascun consiglio dell'ordine sono istituiti:

          a) l'albo ordinario degli esercenti la libera professione; per coloro che esercitano la professione in forma collettiva, devono essere indicate le associazioni o le società di appartenenza;

          b) l'elenco speciale degli avvocati dipendenti da enti pubblici di cui all'articolo 21;

          c) l'elenco speciale dei docenti e dei ricercatori universitari a tempo pieno;

          d) l'elenco degli avvocati sospesi dall'esercizio professionale per qualsiasi causa, che deve essere indicata, e inoltre degli avvocati cancellati per mancanza dell'esercizio continuativo della professione;

          e) il registro dei praticanti;

          f) il registro dei praticanti abilitati al patrocinio;

          g) il registro degli avvocati stabiliti, che hanno il domicilio professionale nel circondario;

          h) l'elenco delle associazioni e delle società comprendenti avvocati tra i soci, con l'indicazione di tutti i partecipanti, anche se non avvocati;

          i) gli elenchi degli avvocati specialisti nella misura di uno per ogni settore di specializzazione individuato ai sensi dell'articolo 8;

          l) ogni altro albo o registro previsto dalla legge o da un regolamento.

      2. La tenuta e l'aggiornamento dell'albo, degli elenchi e dei registri, le modalità di iscrizione e di trasferimento, i casi di cancellazione e le relative impugnazioni dei provvedimenti in materia dei consigli dell'ordine sono disciplinati con un regolamento emanato dal CNF.
      3. L'albo, gli elenchi e i registri sono a disposizione del pubblico. Almeno ogni tre anni, essi devono essere pubblicati a stampa e una copia è inviata al Ministro della giustizia, ai presidenti di tutte le corti d'appello, ai presidenti dei tribunali del distretto, al CNF, agli altri ordini forensi del distretto e alla Cassa nazionale di previdenza forense.

Art. 17.
(Iscrizione).

      1. Costituiscono requisiti per l'iscrizione all'albo:

          a) avere superato l'esame di abilitazione da non oltre cinque anni;

          b) avere il domicilio professionale nel luogo ove si esercita prevalentemente la professione;

          c) godere del pieno esercizio dei diritti civili e non essere stato dichiarato fallito, salvo che sia intervenuta la riabilitazione civile;

          d) non trovarsi in una delle condizioni di incompatibilità di cui all'articolo 18;

          e) non essere sottoposto ad esecuzione di pene detentive, di misure cautelari o interdittive;

          f) non avere riportato condanna, anche non definitiva, per taluno dei delitti non colposi tra quelli indicati dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale e dagli articoli 368, 371, 372, 374, 374-bis, 377, 380 e 381 del codice penale, per delitti di falso o altro grave delitto.

      2. Coloro che hanno superato l'esame di avvocato prima della data di entrata in vigore della presente legge possono conseguire l'iscrizione all'albo presentando domanda fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla suddetta data di entrata in vigore.
      3. È consentita l'iscrizione a un solo albo circondariale.
      4. L'avvocato che ha superato l'esame di abilitazione e non si è iscritto all'albo nei cinque anni successivi, o è rimasto cancellato per qualsiasi motivo per più di cinque anni, può essere iscritto, o reiscritto, subordinatamente alla verifica della idoneità professionale nelle forme da stabilire con il regolamento approvato dal CNF.
      5. Per l'iscrizione a un elenco degli avvocati specialisti la domanda di iscrizione con la relativa documentazione attestante il possesso dei requisiti di cui all'articolo 9 è presentata al consiglio dell'ordine, il quale delibera entro trenta giorni dalla data di ricevimento.
      6. Gli avvocati che hanno maturato, alla data di entrata in vigore della presente legge, un'anzianità di iscrizione all'albo professionale pari ad almeno sei anni, possono richiedere al consiglio dell'ordine, non oltre il termine di tre anni dalla medesima data di entrata in vigore, l'iscrizione a un elenco degli avvocati specialisti, a condizione che non abbiano riportato le sanzioni disciplinari della censura e della sospensione nei sei anni precedenti. Il richiedente presenta al consiglio dell'ordine la documentazione attestante lo svolgimento, negli ultimi tre anni, in maniera continuativa e prevalente, dell'attività forense nel settore di specializzazione oggetto della richiesta; a tale fine non si tiene conto dell'attività forense esercitata in forza di nomine d'ufficio. L'iscrizione è deliberata dal consiglio dell'ordine con atto motivato e previo parere positivo di almeno un'associazione forense riconosciuta, se esistente. L'avvocato iscritto a un elenco di avvocati specialisti ai sensi del presente comma può iscriversi a un altro elenco di avvocati specialisti solo previo conseguimento del titolo di specialista nei modi indicati dagli articoli 8 e 9.
      7. Una volta deliberata l'iscrizione a un elenco degli avvocati specialisti, il consiglio dell'ordine procede all'iscrizione dell'avvocato nel relativo elenco e all'annotazione nell'albo del titolo «specialista in» con l'indicazione del settore di specializzazione in relazione al quale è stato conseguito il titolo.
      8. Gli iscritti ad albi, elenchi e registri comunicano al consiglio dell'ordine ogni variazione dei dati di iscrizione con la massima sollecitudine.
      9. La cancellazione dagli albi, elenchi e registri è deliberata dal consiglio dell'ordine:

          a) a richiesta dell'interessato;

          b) quando viene meno uno dei requisiti indicati nel presente articolo;

          c) quando è accertata la mancanza del requisito dell'esercizio continuativo della professione ai sensi dell'articolo 20 ovvero, per quanto riguarda gli elenchi degli avvocati specialisti quando è accertata la mancanza del requisito dell'esercizio continuativo della professione ai sensi dell'articolo 9, comma 5;

          d) in caso di radiazione.

Art. 18.
(Incompatibilità).

      1. La professione di avvocato è incompatibile con:

          a) qualsiasi lavoro autonomo svolto professionalmente, esclusi quelli di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale; è consentita l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili;

          b) l'esercizio di qualunque attività di impresa, svolta in nome proprio o in nome altrui, compresi gli appalti di pubblici servizi, salvo nelle funzioni di gestione e di vigilanza nelle procedure concorsuali o relative a crisi di impresa;

          c) la qualità di socio illimitatamente responsabile di società di persone esercenti attività di impresa, in qualunque forma costituite e di presidente con poteri di gestione, di amministratore unico o di delegato di società di capitali, ad eccezione delle società professionali;

          d) qualsiasi lavoro subordinato pubblico o privato, e qualunque impiego o ufficio pubblico con stipendio posto a carico del bilancio dello Stato o degli organi costituzionali, delle regioni, delle province o dei comuni e, in generale, di qualsiasi amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o a vigilanza dello Stato, delle regioni, delle province o dei comuni fatta eccezione per i professori di università e di istituti di istruzione secondari o di secondo grado.

Art. 19.
(Sospensione dall'esercizio professionale).

      1. È sospeso dall'esercizio professionale durante il periodo della carica l'avvocato nominato Presidente della Repubblica, Presidente della Camera dei deputati, Presidente del Senato della Repubblica, Ministro o Viceministro, presidente di giunta regionale, membro della Corte costituzionale, membro del Consiglio superiore della magistratura, commissario straordinario del Governo, componente di un'autorità di garanzia, presidente di provincia con più di un milione di abitanti e sindaco di comune con più di 500.000 abitanti.
      2. L'iscrizione all'albo può essere sospesa a richiesta dell'avvocato che è stato iscritto da almeno dieci anni. L'iscrizione riacquista efficacia a richiesta dell'avvocato. La reiscrizione non può essere chiesta prima che siano trascorsi cinque anni dalla delibera di sospensione, dopo i quali il consiglio dell'ordine delibera la cancellazione.
      3. Durante la sospensione l'avvocato non può svolgere alcuna attività professionale.
      4. Della sospensione è fatta annotazione nell'albo.

Art. 20.
(Permanenza dell'iscrizione all'albo).

      1. La permanenza dell'iscrizione all'albo è subordinata all'esercizio della professione in modo effettivo e continuativo.
      2. La prova dell'esercizio effettivo e continuativo della professione è data dalla dichiarazione, ai fini delle imposte dirette, di un reddito professionale pari a quello richiesto per l'iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza forense, prendendo in considerazione la media dei redditi dichiarati nell'ultimo triennio.
      3. Mediante regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, possono essere previste forme alternative di prova dell'esercizio effettivo e continuativo della professione o cause giustificative del mancato esercizio.
      4. Il parametro di cui al comma 2 non è richiesto:

          a) per i primi cinque anni dalla prima iscrizione all'albo;

          b) dopo il compimento del settantesimo anno di età;

          c) per la donna nei sei mesi anteriori al parto e per entrambi i genitori nei due anni successivi alla nascita;

          d) in caso di malattia invalidante protrattasi per un periodo superiore a sei mesi.

      5. Per consentire la verifica dell'effettività e continuità dell'esercizio professionale, la Cassa nazionale di previdenza forense, entro novanta giorni dalla scadenza del termine per l'inoltro alla medesima Cassa della comunicazione annuale dei redditi, invia agli ordini circondariali, per ciascun iscritto all'albo, un'attestazione relativa al raggiungimento del reddito minimo necessario per l'iscrizione alla stessa Cassa. Il consiglio dell'ordine, nel caso di mancato raggiungimento del reddito minimo, compie le verifiche necessarie mediante richiesta di informazioni all'interessato.
      6. Nel caso in cui l'iscritto, nel termine di trenta giorni dalla richiesta di cui al comma 5, non fornisca i chiarimenti di cui al medesimo comma 5, il consiglio dell'ordine provvede alla sospensione dall'esercizio della professione, secondo le modalità proprie del procedimento disciplinare.
      7. La mancanza della continuità dell'esercizio professionale comporta la cancellazione dall'albo, previa audizione dell'interessato.
      8. In caso di cancellazione è ammessa la reiscrizione all'albo; tuttavia, se la domanda è presentata oltre tre anni dopo la cancellazione, la reiscrizione è subordinata alla verifica della idoneità professionale nelle forme da stabilire con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 3.

Art. 21.
(Albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori).

      1. Presso il CNF sono istituiti e conservati gli albi speciali per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione e alle altre giurisdizioni superiori.
      2. Davanti alla Corte di cassazione, sezioni civili, e al Tribunale superiore delle acque pubbliche il patrocinio può essere assunto soltanto dagli avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni civili.
      3. Davanti alla Corte di cassazione, sezioni penali, e al Tribunale supremo militare il patrocinio può essere assunto soltanto dagli avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni penali.
      4. Davanti al Consiglio di Stato e alla Corte dei conti in sede giurisdizionale il patrocinio può essere assunto soltanto dagli avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti al Consiglio di Stato.

Art. 22.
(Modalità di accesso agli albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori).

      1. Gli avvocati che aspirano all'iscrizione a uno o più albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori di cui all'articolo 21 devono farne domanda al CNF, allegando un attestato che certifichi il superamento del relativo esame o dei relativi esami.
      2. Gli esami per l'iscrizione a uno o più albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori si svolgono ogni anno in Roma presso il Ministero della giustizia, hanno carattere teorico-pratico e le relative prove sono scritte.
      3. Le prove di cui al comma 2 consistono nella compilazione di un ricorso per Cassazione, avente ad oggetto la singola materia relativa al corrispondente albo speciale al quale si richiede l'iscrizione. La prova in materia amministrativa può anche consistere in un ricorso al Consiglio di Stato o alla Corte dei conti in sede giurisdizionale. Per la compilazione dei ricorsi è consegnato ai candidati, secondo i casi, il testo di pronunce giurisdizionali o di atti amministrativi avverso i quali è ammissibile uno dei predetti ricorsi.
      4. Gli esami per l'iscrizione a uno o più albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori sono indetti con decreto del Ministro della giustizia, da pubblicare nel Bollettino Ufficiale del Ministero della giustizia e nella Gazzetta Ufficiale, nel quale sono stabiliti i giorni delle prove e il termine entro il quale devono essere presentate le domande di ammissione agli esami.
      5. Gli avvocati che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori mantengono la predetta iscrizione. Essi devono, entro sei mesi dalla medesima data di entrata in vigore, indicare al CNF l'albo, tra quelli indicati nell'articolo 21, in relazione al quale intendono mantenere l'iscrizione.

Art. 23.
(Commissioni esaminatrici).

      1. Le commissioni esaminatrici per i singoli albi speciali di cui all'articolo 21 sono nominate dal Ministro della giustizia con il decreto con cui sono indetti gli esami emanato ai sensi dell'articolo 22, comma 4, o con altro successivo decreto e sono rispettivamente composte:

          a) quella per l'albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni civili, da un presidente di sezione civile della Corte di cassazione, che la presiede, da altri due magistrati che svolgono la funzione di consigliere di sezione civile della Corte di cassazione e da due avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni civili, da almeno cinque anni;

          b) quella per l'albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni penali, da un presidente di sezione penale della Corte di cassazione, che la presiede, da altri due magistrati che svolgono la funzione di consigliere di sezione penale della Corte di cassazione e da due avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, sezioni penali, da almeno cinque anni;

          c) quella per l'albo speciale per il patrocinio davanti al Consiglio di Stato, da un presidente di sezione del Consiglio di Stato, che la presiede, da altri due magistrati che svolgono la funzione di consigliere presso il Consiglio di Stato o la Corte dei conti in sede giurisdizionale e da due avvocati iscritti all'albo speciale per il patrocinio davanti al Consiglio di Stato da almeno cinque anni.

Art. 24.
(Soggetti legittimati a partecipare agli esami).

      1. Agli esami di cui all'articolo 22 possono partecipare gli avvocati che hanno esercitato per almeno dieci anni la professione forense davanti ai tribunali e alle corti d'appello prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di ammissione agli esami.
      2. I candidati devono presentare la domanda di ammissione agli esami, nel termine stabilito, al Ministro della giustizia, specificando la prova o le prove che intendono sostenere al fine dell'iscrizione ad uno o più albi speciali. La domanda deve essere corredata dall'attestazione relativa al requisito indicato nel comma 1 del presente articolo, nonché della ricevuta della tassa prevista dall'articolo 5 della legge 28 maggio 1936, n. 1003.

Art. 25.
(Avvocati degli enti pubblici).

      1. Gli avvocati degli uffici legali specificatamente istituiti presso gli enti pubblici, anche se trasformati in società per azioni, sino a quando siano partecipati esclusivamente da enti pubblici, che si occupano, con autonomia e indipendenza da ogni altro ufficio, esclusivamente della trattazione degli affari legali dell'ente, sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo, di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b).
      2. L'iscrizione nell'elenco di cui al comma 1 del presente articolo è obbligatoria per compiere le prestazioni elencate nell'articolo 2. Nel contratto di lavoro sono garantite l'autonomia e l'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica dell'avvocato.
      3. Per l'iscrizione nell'elenco gli interessati presentano la deliberazione dell'ente dalla quale risulta la stabile costituzione di un ufficio legale con specifica ed esclusiva attribuzione della trattazione e degli affari dell'ente stesso e l'appartenenza a tale ufficio del professionista incaricato in forma esclusiva di tali funzioni.
      4. Gli avvocati iscritti nell'elenco sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio dell'ordine.

Titolo III
ORGANI E FUNZIONI DEGLI ORDINI FORENSI

Capo I
ORDINI CIRCONDARIALI

Art. 26.
(Ordini forensi).

      1. Presso ciascun tribunale è costituito l'ordine degli avvocati, al quale sono iscritti tutti gli avvocati aventi il domicilio professionale nel circondario.
      2. I consigli circondariali hanno la rappresentanza istituzionale dei rispettivi ordini.
      3. Gli ordini forensi sono enti pubblici associativi non economici istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dalla presente legge e del codice deontologico di cui all'articolo 3.
      4. Gli ordini hanno prevalente finalità di tutela dell'utenza e degli interessi pubblici connessi all'esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. Sono dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria e di autoregolazione e sono soggetti alla vigilanza del Ministro della giustizia.
      5. Agli ordini non si applicano la legge 21 marzo 1958, n. 259, l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.

Art. 27.
(Ordine circondariale forense).

      1. Fanno parte dell'ordine circondariale gli avvocati iscritti all'albo e agli elenchi di cui all'articolo 16.
      2. Gli iscritti eleggono i componenti del consiglio dell'ordine e del collegio dei revisori dei conti, con le modalità stabilite dai regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 3.

Art. 28.
(Organi dell'ordine circondariale).

      1. Sono organi dell'ordine circondariale:

          a) l'assemblea degli iscritti;

          b) il consiglio;

          c) il presidente;

          d) il segretario;

          e) il tesoriere;

          f) il collegio dei revisori dei conti.

      2. Il presidente rappresenta l'ordine circondariale.

Art. 29.
(Assemblee).

      1. Le assemblee, previa delibera del consiglio, sono convocate dal presidente o, in caso di suo impedimento, da uno dei vicepresidenti, o dal consigliere più anziano per iscrizione.
      2. L'avviso di convocazione, contenente l'indicazione dell'ordine del giorno, è portato a conoscenza degli iscritti con le modalità indicate nel regolamento adottato dal CNF, almeno dieci giorni liberi prima della data fissata per l'assemblea.
      3. L'assemblea ordinaria è convocata almeno una volta l'anno per l'approvazione dei bilanci, consuntivo e preventivo; quella per l'elezione del consiglio e dei revisori dei conti si svolge, per il rinnovo normale, entro il mese di gennaio successivo alla scadenza. Nel caso di cessazione dalla carica di singoli consiglieri, se non è possibile la sostituzione ai sensi dell'articolo 30, comma 7, oppure nel caso di scioglimento dell'intero consiglio, l'assemblea si svolge entro novanta giorni dall'evento che impone il rinnovo.
      4. L'assemblea per le elezioni è valida se vota un quarto degli iscritti negli ordini con meno di cinquemila iscritti e un sesto in quelli con più di cinquemila iscritti. Nel caso in cui non sia raggiunto il numero legale, l'assemblea è riconvocata immediatamente e si tiene non oltre quindici giorni dopo la precedente. Nell'avviso della prima convocazione possono essere indicate le date delle riunioni successive eventualmente necessarie.
      5. Il consiglio delibera altresì la convocazione dell'assemblea ogni qualvolta lo ritenga necessario o qualora ne faccia richiesta almeno la metà dei suoi componenti o almeno un decimo degli iscritti all'albo oppure almeno duecento iscritti negli ordini con più di duemila iscritti.

Art. 30.
(Consiglio dell'ordine).

      1. Il consiglio ha sede presso il tribunale ed è composto:

          a) da cinque membri, qualora l'ordine conti fino a cento iscritti;

          b) da sette membri, qualora l'ordine conti fino a duecento iscritti;

          c) da nove membri, qualora l'ordine conti fino a cinquecento iscritti;

          d) da undici membri, qualora l'ordine conti fino a mille iscritti;

          e) da quindici membri, qualora l'ordine conti fino a millecinquecento iscritti;

          f) da ventuno membri, qualora l'ordine conti fino a cinquemila iscritti;

          g) da venticinque membri, qualora l'ordine conti oltre cinquemila iscritti.

      2. Per l'elezione dei consiglieri sono presentate liste di candidati contenenti un numero di nominativi non superiore a quello dei componenti del consiglio. La presentazione delle liste è fatta almeno dieci giorni prima di quello fissato per la votazione.
      3. I componenti del consiglio sono eletti dagli iscritti con voto segreto. Hanno diritto al voto tutti coloro che risultano iscritti agli albi il giorno antecedente l'inizio delle operazioni elettorali.
      4. Ciascun elettore può indicare sulla scheda un numero di voti non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondati per difetto. Il voto può essere espresso anche per candidati di liste diverse.
      5. Sono eleggibili coloro che hanno un'anzianità di iscrizione non inferiore a sei anni e che non hanno riportato, nei cinque anni precedenti, una condanna anche non definitiva ad una sanzione disciplinare più grave dell'avvertimento.
      6. Risultano eletti coloro che hanno riportato il maggior numero di voti; in caso di parità di voti risulta eletto il più anziano per iscrizione; i consiglieri possono essere rieletti consecutivamente non più di due volte. Non sono considerate le elezioni fatte nel corso di un mandato del consiglio, se l'incarico è durato meno di un anno e mezzo.
      7. In caso di morte, dimissioni, decadenza o impedimento permanente per qualsiasi causa, di uno o più consiglieri, subentra il primo dei non eletti della stessa lista e successivamente nell'ordine coloro che hanno riportato il maggior numero dei voti tra i candidati della stessa lista; in caso di parità di voti, subentra il più anziano per iscrizione; il consiglio, preso atto, provvede all'integrazione improrogabilmente nei trenta giorni successivi al verificarsi dell'evento.
      8. Il consiglio dura in carica un triennio e scade il 31 dicembre del terzo anno, cessando comunque dalle funzioni con la proclamazione dei nuovi eletti. L'elezione per il rinnovo è svolta nel mese di gennaio successivo alla scadenza.
      9. L'intero consiglio decade se cessa dalla carica oltre la metà dei suoi componenti.
      10. Se cessa dalla carica un consigliere, che non può essere sostituito ai sensi del comma 7, e se il consiglio è sciolto o decade, si procede immediatamente all'elezione in sostituzione nei termini indicati nell'articolo 29, comma 3, di un nuovo consigliere o di un nuovo consiglio, che durano in carica quanto sarebbero durati il consigliere o il consiglio cessato o sciolto o decaduto.
      11. Il consiglio elegge il presidente, il segretario e il tesoriere. Nei consigli con almeno quindici componenti, il consiglio può eleggere fino a due vicepresidenti. A ciascuna carica è eletto il consigliere che ha ricevuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è eletto presidente o vicepresidente il più anziano per iscrizione all'albo, e segretario o tesoriere il più giovane.
      12. La nomina a consigliere è incompatibile con quella di consigliere nazionale e di componente dei vari organi della Cassa nazionale di previdenza forense e con incarichi presso associazioni forensi, secondo le deliberazioni dell'assemblea generale ai sensi dell'articolo 40, comma 2. Si applica il disposto dell'articolo 39, comma 4.
      13. Per la validità delle riunioni, è necessaria la partecipazione della maggioranza dei membri. Per la validità delle deliberazioni è richiesta la maggioranza assoluta di voti dei presenti.

Art. 31.
(Compiti e prerogative del consiglio).

      1. Il consiglio:

          a) compie gli atti inerenti alla rappresentanza istituzionale e favorisce ogni attività avente lo scopo di favorire l'avvocato nella sua partecipazione ad ogni iniziativa politica che coinvolge gli interessi dell'avvocatura;

          b) provvede alla tenuta degli albi, degli elenchi e dei registri di cui all'articolo 16;

          c) approva i regolamenti;

          d) sovraintende al corretto ed efficace esercizio del tirocinio forense, organizza i corsi integrativi di formazione professionale, promuove e favorisce le iniziative atte a rendere proficuo il tirocinio e rilascia il certificato di compiuta pratica;

          e) esegue il controllo della continuità dell'esercizio professionale;

          f) tutela l'indipendenza e il decoro professionali e promuove iniziative atte a elevare la cultura e la professionalità degli iscritti e a renderli più consapevoli dei loro doveri;

          g) svolge i compiti indicati nell'articolo 11 per controllare la formazione permanente degli avvocati a garanzia verso i clienti della qualità delle prestazioni e assume, a tal fine, ogni opportuna iniziativa;

          h) dà pareri sulla liquidazione dei compensi spettanti agli iscritti;

          i) interviene, su richiesta anche di una sola delle parti, nelle contestazioni insorte tra gli iscritti o tra costoro e i clienti in dipendenza dell'esercizio professionale, adoperandosi per comporle; degli accordi sui compensi va redatto verbale che, depositato presso la cancelleria del tribunale che ne rilascia copia, ha valore di titolo esecutivo con l'apposizione della prescritta formula;

          l) nel caso di morte o di perdurante impedimento di un iscritto, a richiesta e a spese di chi vi ha interesse, dà i provvedimenti opportuni per la consegna degli atti e dei documenti;

          m) designa gli avvocati per la rappresentanza e la difesa di chi ne faccia richiesta, nei casi previsti dalla legge;

          n) può costituire camere arbitrali, di conciliazione e di risoluzione alternativa delle controversie;

          o) svolge le funzioni ad esso attribuite dalle norme previdenziali;

          p) svolge tutte le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge e dai regolamenti.

      2. La gestione finanziaria e l'amministrazione dei beni dell'ordine spettano al consiglio, che provvede annualmente a sottoporre all'assemblea ordinaria il conto consuntivo e il bilancio preventivo, redatti secondo regole di contabilità conformi alle prescrizioni del regolamento adottato dal CNF, che devono garantire l'economicità della gestione.
      3. Per provvedere alle spese di gestione, il consiglio è autorizzato:

          a) a fissare e a riscuotere un contributo annuale da tutti gli iscritti di ciascun albo, elenco o registro;

          b) a fissare contributi per l'iscrizione agli albi, negli elenchi e nei registri, per il rilascio di certificati, copie e tessere e per i pareri sui compensi.

      4. Il consiglio ha la facoltà di provvedere alla riscossione dei contributi di cui alla lettera a) del comma 3 e di quelli dovuti al CNF, ai sensi del testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1963, n. 858, e successive modificazioni, mediante iscrizione a ruolo dei contributi dovuti per l'anno di competenza.
      5. Coloro che non versano il contributo fissato nei termini stabiliti sono obbligati al pagamento di una sanzione amministrativa pari all'ammontare del contributo stesso, se il ritardo supera i trenta giorni. In caso di omissione o di ingiustificato ritardo di oltre sei mesi, gli inadempienti sono sottoposti a procedimento disciplinare. Può essere inflitta la sospensione dall'esercizio professionale fino a quando non si è provveduto al pagamento.

Art. 32.
(Collegio dei revisori dei conti).

      1. Il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi e da un supplente eletti dagli iscritti con le modalità previste dal regolamento di attuazione adottato dal CNF ai sensi dell'articolo 1, comma 3, e scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili.
      2. I revisori dei conti durano in carica tre anni e sono rieleggibili per non più di due volte consecutive.
      3. Il collegio dei revisori dei conti verifica la regolarità della gestione patrimoniale riferendo annualmente all'assemblea.

Art. 33.
(Funzionamento dei consigli per commissioni).

      1. I consigli composti da nove o più membri possono svolgere la propria attività mediante commissioni di lavoro composte da almeno tre membri, che devono essere tutti presenti ad ogni riunione per la validità delle deliberazioni. Alle commissioni è conferita delega per determinate attività e deliberazioni. Contro i provvedimenti delle commissioni, può essere proposto da ogni interessato reclamo al consiglio in seduta generale.

Art. 34.
(Scioglimento del consiglio).

      1. Salvi i casi previsti dalla presente legge, il consiglio è sciolto:

          a) se non è in grado di funzionare regolarmente;

          b) se ricorrono altri gravi motivi di rilevante interesse pubblico.

      2. Lo scioglimento del consiglio e la nomina del commissario di cui al comma 3 sono disposti con decreto del Ministro della giustizia, su proposta del CNF, previa diffida.
      3. In caso di scioglimento, le funzioni del consiglio sono esercitate da un commissario straordinario il quale, improrogabilmente entro il termine indicato nell'articolo 29, comma 3, convoca l'assemblea per le elezioni in sostituzione.
      4. Il commissario di cui al comma 3, per essere coadiuvato nell'esercizio delle sue funzioni, può nominare un comitato di non più di sei componenti, scelti tra gli iscritti all'albo, di cui uno con funzioni di segretario.

Capo II
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

Art. 35.
(Rappresentanza, durata e composizione).

      1. Il CNF ha la rappresentanza istituzionale dell'ordine forense in campo nazionale. Esso ha sede presso il Ministero della giustizia, dura in carica tre anni e i suoi componenti possono essere eletti consecutivamente non più di tre volte. Per la sua elezione si applica l'articolo 30, comma 6.
      2. Il CNF è composto da avvocati aventi i requisiti di cui all'articolo 39, eletti dalle assemblee distrettuali formate dai consiglieri degli ordini circondariali, in numero di un rappresentante per ciascun distretto di corte d'appello con un numero di iscritti non superiore a cinquemila e in numero di due per ciascun distretto con più di cinquemila iscritti. Nei distretti con più di cinquemila iscritti il voto è espresso per un solo candidato; risulta eletto chi ha riportato il maggior numero di voti.
      3. Il CNF elegge il presidente, tre vicepresidenti, il segretario e il tesoriere, che formano il consiglio di presidenza; nomina inoltre i componenti della sezione giurisdizionale, delle altre sezioni e degli altri organi previsti dal regolamento.

Art. 36.
(Funzioni).

      1. Il CNF:

          a) adotta i regolamenti per l'attuazione dell'ordinamento professionale, nelle materie di propria competenza, ai sensi dell'articolo 1, comma 3;

          b) esercita la giurisdizione, nei limiti di cui all'articolo 37;

          c) compie gli atti inerenti la rappresentanza istituzionale dell'avvocatura;

          d) redige e periodicamente aggiorna il codice deontologico di cui all'articolo 3;

          e) cura la tenuta e l'aggiornamento degli albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori;

          f) coordina e controlla l'attività dei consigli circondariali, formando indirizzi per la loro attività;

          g) pubblica l'albo nazionale;

          h) propone al Ministro della giustizia le tariffe professionali e le loro modificazioni;

          i) collabora con i consigli dell'ordine circondariali alla conservazione e alla tutela dell'indipendenza e del decoro professionali;

          l) provvede agli adempimenti previsti dagli articoli 43 e 44 per i rapporti con le università e dagli articoli 51 e 52 per quanto attiene ai corsi integrativi di formazione professionale;

          m) esprime pareri in merito alla previdenza forense su richiesta del consiglio di amministrazione della Cassa nazionale di previdenza forense;

          n) approva i conti consuntivi e i bilanci preventivi delle proprie gestioni;

          o) propone al Ministro della giustizia di bandire gli esami di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato e nomina i componenti delle commissioni per gli esami e gli ispettori;

          p) può sciogliere i consigli degli ordini circondariali ai sensi dell'articolo 34;

          q) indice le elezioni ordinarie o supplettive per i membri dello stesso consiglio;

          r) cura, anche a mezzo di bollettini e di altre pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti di interesse dell'avvocatura;

          s) delibera sulle indennità e sui rimborsi delle spese per gli organi dell'ordine nazionale forense;

          t) promuove l'istituzione di borse di studio per i praticanti;

          u) esprime, su richiesta del Ministro della giustizia, pareri su proposte e su disegni di legge che, anche indirettamente, interessano la professione forense;

          v) designa gli avvocati componenti della commissione per gli esami di abilitazione al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori;

          z) designa rappresentanti di categoria presso commissioni e organi nazionali o internazionali;

          aa) svolge ogni altra funzione ad esso attribuita dalla legge e dai regolamenti.

      2. Nei limiti necessari per coprire le spese della sua gestione, il CNF è autorizzato:

          a) a imporre diritti sulle proprie decisioni, escluse quelle in materia disciplinare;

          b) a determinare la misura del contributo annuale dovuto da tutti gli iscritti agli albi ed elenchi;

          c) a stabilire diritti per il rilascio di certificati e di copie.

Art. 37.
(Competenza giurisdizionale).

      1. Il CNF decide sui ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; decide sui ricorsi relativi alle elezioni degli organi forensi; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali; esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti.
      2. Le udienze del CNF sono pubbliche; ad esse partecipa un magistrato, con grado non inferiore a consigliere di Cassazione, delegato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Art. 38.
(Funzionamento).

      1. Il CNF istituisce una sezione giurisdizionale che comprende consiglieri eletti in tutti i distretti.
      2. Immediatamente dopo la propria costituzione, il CNF nomina i componenti della sezione di cui al comma 1.
      3. La sezione giurisdizionale decide sui ricorsi indicati nell'articolo 37 con la presenza di almeno otto componenti, oltre al presidente o ad un vicepresidente allo scopo designato, che la presiede secondo turni prestabiliti o, in caso di grave impedimento, da un consigliere delegato dal presidente; decide, secondo le norme del codice di procedura civile, per il giudizio di Cassazione.
      4. Nei procedimenti di competenza delle sezioni si applicano le norme del codice di procedura civile sull'astensione e sulla ricusazione dei giudici. I provvedimenti del CNF su impugnazione di delibere dei consigli circondariali hanno natura di sentenza. Essi sono impugnabili in Cassazione ai sensi dell'articolo 75, comma 8.
      5. Per l'attività amministrativa, il CNF istituisce commissioni, presiedute da un vicepresidente o da un consigliere allo scopo delegato, composte da non più di otto membri, scelti anche tra avvocati esterni al CNF. Alle commissioni è conferita delega per determinate attività e delibere. Contro le delibere delle commissioni può essere proposto reclamo all'adunanza generale.
      6. Sono di competenza esclusiva della adunanza generale:

          a) eleggere il presidente, i vicepresidenti, il segretario e i vicesegretari;

          b) nominare i componenti delle commissioni di lavoro e i revisori dei conti;

          c) indicare i criteri generali a cui devono uniformarsi le commissioni;

          d) approvare il conto consuntivo e il bilancio preventivo;

          e) approvare i regolamenti interni per il funzionamento del CNF e quelli attribuiti dalla legge alla sua competenza;

          f) deliberare sulle materie attribuite alle commissioni quando ne faccia istanza almeno un terzo dei componenti di ciascuna commissione, con esclusione delle deliberazioni in materia giurisdizionale.

      7. Le deliberazioni dell'adunanza generale e delle commissioni sono valide se ad esse partecipa più della metà dei componenti e le relative decisioni sono prese a maggioranza semplice dei voti espressi.
      8. L'adunanza generale provvede agli adempimenti di cui alle lettere a), b) e c), del comma 6 non appena avvenuto l'insediamento del CNF.
      9. Il controllo contabile e della gestione è svolto da un collegio di tre revisori dei conti nominati dal Ministro della giustizia, che li sceglie tra gli iscritti nel registro dei revisori dei conti; il Ministro della giustizia nomina anche due revisori dei conti supplenti.

Art. 39.
(Eleggibilità e incompatibilità).

      1. Sono eleggibili al CNF gli iscritti agli albi speciali per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
      2. Non possono essere eletti coloro che hanno riportato, nei cinque anni precedenti, condanna anche non definitiva a una sanzione disciplinare più grave dell'avvertimento.
      3. La nomina a consigliere nazionale è incompatibile con quella di consigliere dell'ordine e di componente di organi della Cassa nazionale di previdenza forense.
      4. L'eletto che viene a trovarsi in condizione di incompatibilità deve optare per uno degli incarichi entro trenta giorni dalla proclamazione; nel caso in cui non vi provveda decade automaticamente dall'incarico preesistente.

Capo III
ASSEMBLEE

Art. 40.
(Assemblea generale).

      1. Il CNF convoca ogni due anni l'assemblea generale degli iscritti con le modalità previste dal proprio regolamento.
      2. L'assemblea generale determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità tra incarichi negli organi istituzionali e nelle associazioni.

Art. 41.
(Unioni regionali e assemblee distrettuali).

      1. Con statuti approvati dal CNF, possono essere costituite unioni regionali o interregionali dei consigli degli ordini forensi.
      2. A richiesta di almeno la metà dei consigli degli ordini circondariali, il presidente dell'ordine del distretto convoca i consigli stessi per deliberare su materie di comune interesse.

Titolo IV
ACCESSO ALLA PROFESSIONE

Capo I
RAPPORTI CON L'UNIVERSITÀ

Art. 42.
(Corsi di laurea specialistici).

      1. Le facoltà di giurisprudenza delle università pubbliche e private assicurano il carattere professionalmente formativo del corso di laurea magistrale.
      2. Ferme restando l'autonomia didattica degli atenei e la libertà di insegnamento dei docenti, le facoltà di giurisprudenza promuovono altresì l'orientamento pratico e casistico dei metodi didattici utilizzati nelle facoltà.

Art. 43.
(Integrazione dei consigli delle facoltà di giurisprudenza).

      1. Ai fini di cui all'articolo 42, i consigli delle facoltà di giurisprudenza sono integrati dal presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati nel cui territorio ha sede l'università, o da un avvocato da questi delegato, che partecipa alle sedute.
      2. Previo parere favorevole del CNF e della Conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza, i presidenti dei consigli dell'ordine degli avvocati nel cui territorio non esistono facoltà di giurisprudenza possono partecipare alle sedute del consiglio della facoltà di giurisprudenza dell'università più vicina.

Art. 44.
(Accordi tra università e ordini forensi).

      1. Le università e i consigli dell'ordine degli avvocati possono stipulare convenzioni-quadro per la disciplina dei rapporti reciproci, anche di carattere finanziario.
      2. Il CNF e la Conferenza dei presidi delle facoltà di giurisprudenza promuovono, anche mediante la stipulazione di un'apposita convenzione e l'istituzione di un osservatorio permanente congiunto, la piena collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza e gli ordini forensi, per il perseguimento dei fini di cui al presente articolo.

Capo II
TIROCINIO

Sezione I
Disposizioni generali

Art. 45.
(Abilitazione alla professione di avvocato e tirocinio).

      1. L'abilitazione alla professione di avvocato si consegue con il superamento del prescritto esame che deve essere preceduto da un periodo di tirocinio, secondo le norme stabilite dal presente articolo.
      2. Il tirocinio consiste:

          a) in un periodo obbligatorio di pratica professionale presso un avvocato italiano, che esercita effettivamente la professione da almeno cinque anni; la pratica presso l'avvocato italiano può essere sostituita parzialmente dalla pratica presso un avvocato che esercita in uno Stato membro dell'Unione europea; la pratica può essere compiuta anche presso l'Avvocatura dello Stato o presso un avvocato di ente pubblico iscritto nell'elenco speciale di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b), da almeno cinque anni;

          b) nella frequenza facoltativa dei corsi integrativi di formazione professionale;

          c) nella frequenza facoltativa di uffici giudiziari.

      3. Il tirocinio, nelle sue varie forme, deve garantire l'effettiva acquisizione dei fondamenti tecnici, pratici e deontologici della professione.
      4. Il periodo complessivo di tirocinio ha la durata minima di trenta mesi. Di questi, almeno dodici mesi devono essere di pratica presso un avvocato italiano. Il periodo complessivo è ridotto a ventiquattro mesi per chi ha frequentato con esito positivo un corso integrativo di formazione.
      5. Per l'efficacia del tirocinio, è necessaria l'iscrizione nel registro dei praticanti. L'iscrizione nel registro è consentita a tutti i laureati in giurisprudenza che hanno i requisiti per l'iscrizione nell'albo di avvocato indicati nelle lettere b), c), d), e) e f) del comma 1 dell'articolo 17, che non abbiano compiuto il trentasettesimo anno di età e che hanno superato durante il corso universitario i seguenti esami: diritto costituzionale, diritto civile, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto penale, diritto processuale penale, diritto amministrativo, diritto tributario.
      6. L'iscrizione è deliberata dal consiglio dell'ordine circondariale ove il praticante intende compiere il tirocinio e gli effetti di essa hanno inizio dalla data della deliberazione.
      7. Il tirocinio deve essere continuativo. Se interrotto, senza giustificato motivo, per oltre sei mesi, esso deve essere ricominciato.
      8. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo ove egli intende trasferire il domicilio professionale e proseguire il tirocinio. Il consiglio dell'ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e gli rilascia un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto.
      9. Il CNF approva il regolamento che determina le modalità della dimostrazione, da parte del praticante, delle attività di tirocinio e del controllo, da parte del consiglio dell'ordine, dell'effettivo esercizio di esse.

Art. 46.
(Norme disciplinari per i praticanti).

      1. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche degli avvocati e sono soggetti al potere disciplinare del consiglio dell'ordine.
      2. La sospensione ha per effetto l'interruzione della pratica e il divieto dell'esercizio del patrocinio.
      3. Il praticante radiato non può essere reiscritto nel registro dei praticanti, fatto salvo il disposto dell'articolo 76, comma 10.

Art. 47.
(Doveri dell'avvocato).

      1. Gli avvocati assicurano che la pratica si svolga in modo proficuo e dignitoso, istruiscono i praticanti e danno loro consapevolezza del ruolo del difensore nel processo e nella società; essi rilasciano, al termine del periodo, l'attestazione del compiuto tirocinio.
      2. Ciascun avvocato può assumere sotto la propria vigilanza non più di due praticanti.
      3. Dietro specifica richiesta dell'avvocato, il consiglio dell'ordine può concedere una deroga al disposto di cui al comma 2, tenuto conto delle modalità di svolgimento dell'attività professionale, dell'organizzazione dello studio legale, della quantità e qualità delle questioni trattate e comunque nel pieno rispetto dei doveri di cui al comma 1.
      4. L'avvocato deve favorire l'accesso alla professione delle giovani generazioni accogliendo nel suo studio praticanti, se gli è possibile fornire ad essi idonea sistemazione, nel rispetto del presente articolo.
      5. Si applica l'articolo 15, comma 4, tenuto conto dell'apporto del praticante all'attività complessiva dello studio dell'avvocato.

Art. 48.
(Cancellazione dal registro).

      1. La cancellazione dal registro è deliberata, sentito l'interessato, nei casi seguenti:

          a) se il tirocinio è stato interrotto senza giustificato motivo, per oltre sei mesi;

          b) al compimento del quarantesimo anno di età; gli effetti del provvedimento sono sospesi se il praticante sta sostenendo o sta per sostenere l'esame di abilitazione, già indetto, e fino alla conclusione di questo;

          c) dopo il rilascio del certificato di compiuta pratica, se il praticante non è iscritto nel registro speciale dei praticanti abilitati;

          d) per i praticanti iscritti nel registro speciale degli abilitati, dopo la scadenza dei cinque anni dall'iscrizione a tale registro, fermo restando quanto previsto alla lettera b);

          e) nei casi previsti per la cancellazione dall'albo di avvocato, in quanto compatibili.

      2. Gli effetti della cancellazione si hanno: con effetto costituitivo, dalla data di deliberazione per i casi di cui alle lettere a), c) ed e) del comma 1; con effetto di accertamento, dall'avverarsi dell'evento per i casi di cui alle lettere b) e d) del medesimo comma.

Sezione II
PRATICA PROFESSIONALE

Art. 49.
(Pratica professionale).

      1. La pratica si svolge sotto la vigilanza del consiglio dell'ordine.
      2. La pratica consiste nel compimento, presso lo studio dell'avvocato, e sotto la sua guida e controllo, delle attività che sono proprie della professione.
      3. Gli avvocati, hanno il dovere, nei limiti delle loro possibilità, di accogliere i praticanti, di istruirli e di prepararli all'esercizio della professione, ai sensi dell'articolo 47.
      4. Il CNF approva il regolamento che disciplina la pratica e il patrocinio sostitutivo.

Art. 50.
(Abilitazione al patrocinio sostitutivo).

      1. Decorsi dodici mesi dall'inizio della pratica presso un avvocato italiano, il praticante può chiedere l'abilitazione al patrocinio sostitutivo davanti ai giudici di pace, nell'ambito del circondario del tribunale ove ha sede l'ordine presso cui è iscritto. L'abilitazione decorre dalla delibera di iscrizione nell'apposito registro; essa può durare al massimo cinque anni, alla condizione che permangano tutti i requisiti per l'iscrizione nel registro, e cessa automaticamente alla scadenza del quinto anno dall'iscrizione.
      2. L'abilitazione consente al praticante la rappresentanza e la difesa in giudizio davanti al giudice di pace sotto il controllo dell'avvocato presso il quale esercita la pratica e con la personale responsabilità di questi.
      3. Con specifico mandato scritto, il praticante abilitato al patrocinio può sostituire l'avvocato nelle udienze di trattazione davanti al tribunale civile, nel circondario ove è svolta la pratica. Il mandato è rilasciato per ogni singola udienza ed è allegato al verbale di causa.
      4. Per ottenere l'abilitazione al patrocinio, il praticante presenta dichiarazione scritta al consiglio dell'ordine di non trovarsi in alcuna delle condizioni di incompatibilità previste per l'esercizio della professione di avvocato previste dall'articolo 18.
      5. Prima dell'esercizio del patrocinio il praticante fa, davanti al consiglio dell'ordine, la dichiarazione solenne di cui all'articolo 7.

Sezione III
Corsi integrativi di formazione e di aggiornamento professionale

Art. 51.
(Norme comuni alle scuole di specializzazione per le professioni legali e alle scuole forensi).

      1. I corsi integrativi di formazione professionale possono svolgersi presso le scuole di specializzazione o presso le scuole forensi e devono essere strutturati in modo teorico-pratico. Essi sono facoltativi.
      2. L'organizzazione dei corsi deve consentirne la frequenza a tutti i praticanti con oneri limitati. Le regioni possono aiutare economicamente gli appartenenti a famiglie meno abbienti; il Ministro della giustizia ed il CNF istituiscono per essi, in modo autonomo, borse di studio.
      3. Le scuole di specializzazione per le professioni legali presso le facoltà di giurisprudenza istituite ai sensi dell'articolo 17, commi 113 e 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, e le scuole forensi istituite presso i consigli dell'ordine ai sensi e per gli effetti della presente legge tengono i corsi di formazione annuali per l'accesso alla professione di avvocato.
      4. I corsi hanno un carico didattico equivalente a 250 ore annue, in modo da consentire al praticante il contemporaneo svolgimento della pratica professionale.
      5. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere del CNF, sono definiti i criteri e le linee guida relativi all'organizzazione e al funzionamento dei corsi, con indicazione degli obiettivi formativi e dei contenuti minimi qualificanti, generali e specifici, dei corsi stessi.
      6. Il decreto di cui al comma 5 prevede:

          a) metodologie didattiche specificamente finalizzate alla formazione dell'avvocato, che valorizzano lo studio del dato casistico, l'affinamento delle tecniche di redazione degli atti e di svolgimento delle attività qualificanti l'esercizio della professione forense, con particolare riferimento alla argomentazione giuridica e alle tecniche di comunicazione e di persuasione;

          b) l'affidamento delle docenze a professori universitari di materie giuridiche, avvocati, notai, magistrati ed esperti di riconosciuta competenza;

          c) un esame conclusivo del biennio identico a livello nazionale, da svolgere presso la sede della scuola, e consistente in una prova scritta avente ad oggetto, a scelta del candidato, la redazione di atti giudiziari o la stesura di pareri concernenti il diritto civile e commerciale e la procedura civile, il diritto e la procedura penali, il diritto e la giustizia amministrativi, il diritto e il processo del lavoro, il diritto e il processo tributari; in caso di mancato superamento, l'esame finale può essere ripetuto una sola volta; in caso di ulteriore mancato superamento, il candidato è tenuto a frequentare nuovamente il secondo anno del corso di formazione;

          d) una commissione esaminatrice nominata, per le scuole forensi, dagli organi direttivi della scuola e composta da tre membri: un avvocato, che la presiede, un magistrato e un professore universitario;

          e) idonei sostegni economici a beneficio di laureati privi di mezzi e meritevoli sotto il profilo del curriculum di studi;

          f) agevolazioni fiscali per incentivare l'erogazione di provvidenze e di liberalità in favore delle scuole, da parte di privati e di enti pubblici.

      7. I diplomi rilasciati a seguito della proficua frequenza dei corsi di formazione di cui al comma 1 hanno il medesimo valore legale. Essi consentono:

          a) la riduzione del tirocinio a ventiquattro mesi;

          b) l'esonero dalla preselezione per l'esame di abilitazione;

          c) l'attribuzione di un punteggio dauno a cinque da sommare al voto complessivo dell'esame scritto e di quello orale.

Art. 52.
(Scuole forensi).

      1. Il CNF sostiene l'organizzazione dei corsi integrativi di formazione professionale delle scuole forensi da parte dei Consigli dell'ordine predisponendo linee operative e sviluppando servizi e forme di assistenza, con particolare riguardo:

          a) alla predisposizione di statuti e di modelli organizzativi per la gestione delle scuole forensi;

          b) all'adozione di protocolli didattici omogenei, quanto alle materie insegnate e alle tecniche di insegnamento;

          c) alla formazione di un corpo qualificato di avvocati-docenti da impiegare nelle scuole forensi.

      2. I corsi di formazione possono essere organizzati anche da associazioni forensi riconosciute, che operino senza fini di lucro. Tali scuole devono essere autorizzate dal CNF, che verifica l'idoneità dei programmi e dei docenti.
      3. Il CNF vigila sul corretto percorso formativo delle scuole forensi, può richiedere informazioni ai consigli dell'ordine, effettuare ispezioni e richiedere misure integrative e correttive.
      4. Nei casi più gravi di cattivo funzionamento della scuola, il CNF può proporre al Ministro della giustizia la revoca dell'approvazione.
      5. Per il compimento delle attività di cui al presente articolo, il CNF si avvale dei propri organi ed uffici, e può operare anche in collaborazione con le associazioni forensi riconosciute.
      6. Il CNF può affidare la gestione operativa totale o parziale delle attività di cui al comma 1 alla Fondazione dell'avvocatura italiana, ovvero ad altro organismo.

Sezione IV
Frequenza di uffici giudiziari

Art. 53.
(Frequenza di uffici giudiziari).

      1. Il tirocinio può svolgersi per non più di sei mesi presso gli uffici giudiziari addetti alla trattazione degli affari civili. La frequenza presso gli uffici giudiziari deve consentire al praticante di ricevere ampia informazione sullo svolgimento delle attività giurisdizionali. L'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari è disciplinata da un apposito regolamento adottato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il CNF.

Sezione V
Conclusione del tirocinio

Art. 54.
(Certificato di compiuto tirocinio).

      1. Il consiglio dell'ordine, verificate modalità e condizioni dell'utile compimento del tirocinio, rilascia al praticante il certificato di compiuto tirocinio, che costituisce titolo per l'ammissione all'esame di avvocato. Il certificato consente l'iscrizione all'esame di abilitazione per le tre sessioni successive al rilascio del certificato medesimo da parte del consiglio dell'ordine oppure alla cessazione dell'abilitazione al patrocinio, se disposta.
      2. Avverso il provvedimento di rifiuto del rilascio del certificato è ammesso ricorso al CNF, che decide nel merito nei sessanta giorni successivi al ricevimento del ricorso. In pendenza di questo, il praticante è ammesso a sostenere l'esame di avvocato sotto condizione.

Capo III
ESAME DI ABILITAZIONE

Art. 55.
(Esame di abilitazione).

      1. L'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato è unico per tutto il territorio della Repubblica ed è indetto ogni anno dal Ministro della giustizia su proposta del CNF entro il mese di settembre.
      2. L'esame si svolge entro il successivo mese di novembre presso ciascuna sede di corte d'appello.
      3. Il Ministro della giustizia, su proposta del CFN, può stabilire che l'esame si svolga presso un'unica sede in Roma oppure presso alcune sedi di corte d'appello, raggruppando in esse gli iscritti di più distretti. L'avvio delle procedure per l'esame di abilitazione è tempestivamente pubblicizzato secondo modalità contenute nel regolamento di attuazione.
      4. L'esame di abilitazione ha valore di esame di Stato.

Art. 56.
(Commissioni esaminatrici).

      1. Gli esami per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato sono sostenuti presso apposite commissioni esaminatrici:

          a) commissioni distrettuali, istituite presso ogni corte d'appello;

          b) commissione nazionale con sede in Roma.

      2. Le commissioni sono composte da cinque membri e nominate nella misura necessaria affinché ciascuna di esse non debba giudicare più di duecento candidati.
      3. Le commissioni distrettuali giudicanti sono composte da:

          a) un docente universitario ordinario, associato o ricercatore confermato di materie giuridiche attinenti l'esercizio professionale;

          b) due avvocati, con anzianità di iscrizione all'albo maggiore di sei anni;

          c) due magistrati assegnati allo stesso distretto con qualifica non inferiore a consigliere d'appello.

      4. I componenti delle commissioni distrettuali giudicanti sono designati con le seguenti modalità:

          a) i docenti universitari, di concerto tra il Ministro della giustizia e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

          b) gli avvocati, dal CNF, su congiunta proposta dei consigli dell'ordine di ciascun distretto;

          c) i magistrati, dai consigli giudiziari di ciascun distretto.

      5. La commissione nazionale giudicante è composta come la commissione distrettuale.
      6. I componenti della commissione nazionale sono designati con le seguenti modalità:

          a) i docenti universitari, di concerto tra il Ministro della giustizia e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

          b) gli avvocati, dal CNF;

          c) i magistrati, dal Consiglio superiore della magistratura.

      7. Non possono essere designati componenti di commissioni gli avvocati che sono membri del consiglio dell'ordine, del CNF, delegati o sindaci della Cassa nazionale di previdenza forense. Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti a ricoprire uno degli incarichi indicati nel periodo precedente nelle elezioni immediatamente successive all'incarico ricoperto.
      8. Le commissioni nominano nelle loro prime riunioni, a cui partecipano titolari e supplenti, il presidente e un vicepresidente scelti tra gli avvocati e i docenti universitari, sia titolari, sia supplenti.
      9. Le commissioni esaminatrici devono sempre avere la stessa composizione. Ogni commissario può sostituire commissari di altre commissioni dello stesso distretto, purché avente gli stessi requisiti.

Art. 57.
(Ammissione dei candidati).

      1. La commissione esaminatrice è competente ad ammettere i candidati, verificando la regolarità delle domande e il possesso dei titoli richiesti.
      2. Contro la deliberazione della commissione esaminatrice, che nega l'ammissione, il candidato può reclamare, nel termine di dieci giorni dalla relativa comunicazione, al CNF, che decide, con rito abbreviato, entro trenta giorni dal ricevimento del reclamo. In pendenza della decisione, il candidato è ammesso a sostenere l'esame sotto condizione.

Art. 58.
(Sede per l'esame).

      1. Ciascun candidato può sostenere l'esame scritto soltanto presso la sede di corte d'appello di cui all'articolo 55, comma 3; per l'esame orale, si applica l'articolo 60, comma 1.
      2. Se il candidato ha svolto il patrocinio presso diversi ordini, l'esame deve essere da lui sostenuto davanti alla commissione nazionale.

Art. 59.
(Prove d'esame scritte).

      1. L'esame di abilitazione è preceduto da una prova di preselezione eseguita con strumenti informatici e con assegnazione ai candidati di domande con risposte multiple. Dalla prova sono esonerati:

          a) i candidati che hanno superato l'esame conclusivo dei corsi integrativi di formazione;

          b) i candidati dichiarati idonei nei concorsi di notaio o di magistrato.

      2. La prova di preselezione è disciplinata da un regolamento adottato dal Ministro della giustizia, sentito il CNF.
      3. Se il candidato supera la prova preliminare, o ne è esonerato, egli è ammesso a sostenere l'esame, che è composto da prove scritte ed orali.
      4. Le prove scritte sono tre: esse sono svolte su temi dettati dal CNF, i quali devono consentire il controllo delle competenze anche pratiche acquisite attraverso il tirocinio e l'esperienza professionale. I temi hanno per oggetto:

          a) la redazione di un parere motivato su una questione in materia regolata dal codice civile, a scelta del candidato tra due proposte della commissione;

          b) la redazione di un parere motivato su una questione in materia regolata dal codice penale, a scelta del candidato tra due proposte della commissione;

          c) la redazione di un atto giudiziario che prevede la conoscenza di diritto sostanziale e di diritto processuale, su un quesito proposto in una materia scelta dal candidato tra il diritto privato, il diritto penale, il diritto amministrativo, il diritto del lavoro e il diritto tributario.

      5. Le prove si svolgono con il solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali.
      6. Al fine di garantire l'uniforme valutazione delle prove, la correzione dei compiti scritti avviene secondo le seguenti modalità:

          a) gli elaborati scritti sono inviati al Ministero della giustizia, che provvede a distribuirli alle varie commissioni distrettuali, mediante estrazione a sorte eseguita per ciascun elaborato, tenendo separati gli elaborati delle singole prove;

          b) a ciascuna commissione distrettuale sono assegnati tanti elaborati da correggere quanti sono stati i candidati che hanno concluso la prova scritta presso di essa;

          c) le commissioni distrettuali provvedono alla correzione e quindi rinviano al Ministero della giustizia gli elaborati con il verbale per ciascuna correzione;

          d) il Ministero della giustizia riunisce le tre prove di ogni candidato, verifica i punteggi assegnati e ne redige verbale, che invia, unitatamente agli elaborati, alla commissione distrettuale competente per la prova orale;

          e) la commissione distrettuale, sulla base dei punteggi indicati nel verbale redatto dal Ministero della giustizia e delle eventuali maggiorazioni di punteggio spettanti al candidato, accerta e proclama l'ammissione alle prove orali.

      7. Il Ministro della giustizia adotta il regolamento per la correzione delle prove scritte, sentito il CNF.
      8. La valutazione delle prove è compiuta considerando:

          a) la chiarezza e la logicità dell'esposizione;

          b) la dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;

          c) la dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;

          d) la dimostrazione della conoscenza delle tecniche di persuasione e di argomentazione.

      9. Per ciascuna prova scritta, ogni componente della commissione d'esame dispone di dieci punti di merito. Gli elaborati dei candidati sono esaminati separatamente. L'abbinamento degli elaborati con i nominativi dei candidati e l'attribuzione del punteggio relativo avviene a conclusione dalla correzione di tutte le prove scritte.
      10. Alla prova orale sono ammessi i candidati che hanno conseguito, nelle tre prove scritte, un punteggio complessivo di almeno novantacinque punti e un punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna prova. Il candidato è ammesso alla prova orale, qualunque sia il punteggio delle singole prove, se consegue complessivamente un punteggio non inferiore a centocinque punti.
      11. I punteggi complessivi comprendono il punteggio ottenuto nell'esame che conclude il corso integrativo di formazione e il punteggio per la conoscenza di una lingua straniera, secondo quanto prescritto nell'articolo 61.
      12. Su apposito spazio, da lasciare libero ai margini dell'elaborato scritto, la commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti dell'elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che è espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti.

Art. 60.
(Prove d'esame orali).

      1. La sede della prova orale è la stessa di quella in cui è stata sostenuta la prova scritta. Tuttavia, allo scopo di favorire l'uniforme valutazione delle prove di tutti i candidati la prova orale si svolge davanti alla commissione nazionale, per i candidati dei tre distretti nei quali nell'anno precedente, è stata promossa la più elevata percentuale tra coloro che hanno sostenuto la prova orale.
      2. Le prove orali consistono:

          a) in una breve discussione su argomenti trattati nelle prove scritte;

          b) nella discussione di brevi questioni relative a cinque materie, scelte preventivamente dal candidato, tra le seguenti: diritto costituzionale, diritto civile, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto penale, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto processuale civile, procedura penale, diritto comunitario ed internazionale privato;

          c) nell'illustrazione e nella discussione di una massima giurisprudenziale nell'ambito delle materie scelte;

          d) nella dimostrazione di conoscenza dell'ordinamento forense e dei diritti e doveri dell'avvocato.
      3. Dalle domande e dalle risposte deve risutlare che il candidato ha appreso, durante tirocinio, le regole principali, anche pratiche, dell'esercizio professionale.
      4. Il verbale della prova contiene l'indicazione degli argomenti oggetto delle domande o della discussione e un giudizio sintetico sulle risposte.
      5. Per la prova orale, ogni componente della commissione dispone di dieci punti di merito per ciascuna delle cinque materie di esame scelte dal candidato; nel punteggio è tenuto conto della discussione sullo svolgimento della prova scritta e dell'illustrazione e della discussione della massima giurisprudenziale. Sono inoltre assegnati fino a cinque punti per la conoscenza dell'ordinamento forense.
      6. Sono giudicati idonei i candidati che ricevono un punteggio non inferiore a trenta punti per ciascuna prova o un punteggio complessivo di centosessanta punti, comprensivo dei punti:

          a) per la conoscenza dell'ordinamento forense;

          b) per il superamento della prova a conclusione del corso integrativo di formazione;

          c) per la conoscenza della lingua straniera, di cui all'articolo 61.

Art. 61.
(Conoscenza di una lingua straniera).

      1. La conoscenza di una lingua straniera, a scelta tra l'inglese, il francese, lo spagnolo e il tedesco, può consentire di conseguire, da parte del candidato, un punteggio particolare da aggiungere al punteggio complessivo della prova scritta e della prova orale.
      2. L'esame della conoscenza di una lingua straniera è indetto annualmente presso le facoltà universitarie di lingue e letterature straniere davanti a una commissione composta da due docenti ordinari o associati o ricercatori confermati della lingua sulla quale il candidato intende sostenere l'esame, e da un avvocato che ha perfetta conoscenza della lingua oggetto dell'esame. I componenti della commissione sono designati dal CNF di concerto con le facoltà universitarie, che provvedono a indire gli esami.
      3. La prova è scritta e orale.
      4. La prova scritta consiste nella traduzione dall'italiano alla lingua straniera di un atto giudiziario, consistente in una citazione, ricorso o sentenza, e nella redazione di un parere su un quesito semplice di diritto privato, diritto penale o diritto comunitario, a scelta del candidato.
      5. La prova orale si svolge nella lingua dell'esame con domande su questioni giuridiche semplici, che implicano la conoscenza del linguaggio giuridico.
      6. L'idoneità è riconosciuta a chi dimostra una corretta conoscenza scritta e parlata della lingua. Non hanno rilievo eventuali errori o insufficienze di carattere giuridico nelle risposte al quesito e alle domande.
      7. Il punteggio è graduato da uno a cinque punti; il punteggio massimo è riconosciuto a chi ha una conoscenza perfetta della lingua straniera scritta e parlata; il punteggio minimo a chi ha una buona conoscenza scolastica, integrata dalla terminologia giuridica.

Art. 62.
(Certificato d'esame).

      1. Dopo la conclusione dell'esame di abilitazione con risultato positivo, la commissione rilascia il certificato per l'iscrizione all'albo degli avvocati. Il certificato conserva efficacia ai fini dell'iscrizione agli albi, per la prima volta, per cinque anni.

Art. 63.
(Controllo degli esami ed ispettori).

      1. I verbali degli esami sono trasmessi al CNF che, entro tre mesi, può annullarli per illegittimità, d'ufficio o su ricorso di interessati o di un consiglio dell'ordine.
      2. Il CNF può nominare, scegliendoli tra gli avvocati iscritti agli albi speciali per il patrocinio davanti alle magistrature superiori, ispettori per il controllo del regolare svolgimento delle prove d'esame scritte ed orali e dell'uniformità di giudizio tra le varie commissioni d'esame.
      3. Gli ispettori possono partecipare in ogni momento agli esami e ai lavori delle commissioni di uno o più distretti indicati nell'atto di nomina ed esaminare tutti gli atti, con facoltà di intervenire e far inserire le proprie dichiarazioni nei verbali delle prove.
      4. Gli ispettori redigono e inviano al CNF la relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte. Il Ministro della giustizia può annullare gli esami in cui siano state compiute irregolarità. La nullità può essere dichiarata per prove di singoli candidati o per tutte le prove di una commissione o per tutte le prove dell'intero distretto.
      5. Il CNF dispone l'immediata rinnovazione degli esami annullati. La nuova prova si svolge davanti alla commissione nazionale.

Titolo V
PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Capo I
REGOLE GENERALI

Art. 64.
(Consigli distrettuali di disciplina).

      1. Il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense.
      2. Il consiglio distrettuale è composto da membri eletti dai consigli dell'ordine compresi nel distretto; ciascun consiglio dell'ordine elegge un numero di membri del consiglio distrettuale pari alla metà dei suoi componenti arrotondata per difetto. Per l'elezione, ciascun consigliere dell'ordine può indicare non più di due terzi del numero dei consiglieri distrettuali da eleggere, arrotondati per difetto.
      3. Il consiglio distrettuale svolge la propria opera con sezioni composte da cinque titolari e da tre supplenti. Non possono far parte delle sezioni giudicanti membri appartenenti all'ordine a cui è iscritto il professionista nei confronti del quale si deve procedere.
      4. Quando è presentato un esposto o una denuncia a un consiglio dell'ordine, o vi è comunque una notizia di un illecito disciplinare, il consiglio dell'ordine deve darne notizia all'iscritto, invitandolo a presentare sue deduzioni entro un termine di venti giorni, e quindi trasmettere immediatamente gli atti al consiglio distrettuale che è competente, in via esclusiva, per ogni ulteriore atto procedimentale.
      5. Il regolamento per il procedimento è approvato dal CNF, sentiti gli organi circondariali.

Art. 65.
(Procedimento disciplinare e notizia del fatto).

      1. Le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta dettati dalla legge o dal codice deontologico di cui all'articolo 3 sono sottoposte al giudizio disciplinare dei consigli distrettuali.
      2. È competente il consiglio nel cui distretto è iscritto l'avvocato o il praticante oppure il distretto nel cui territorio è stato compiuto il fatto oggetto di indagine o di giudizio disciplinare. In ogni caso, si applica il principio della prevenzione, relativamente al momento dell'iscrizione della notizia nell'apposito registro, ai sensi dell'articolo 72.
      3. La notizia dei fatti suscettibili di valutazione disciplinare è comunque acquisita. L'autorità giudiziaria è tenuta a dare immediata notizia al consiglio dell'ordine competente quando nei confronti di un iscritto:

          a) è esercitata l'azione penale;

          b) è disposta l'applicazione di misure cautelari o di sicurezza;

          c) sono effettuati perquisizioni o sequestri;

          d) sono emesse sentenze che definiscono il grado di giudizio.

Art. 66.
(Contenuto della decisione).

      1. Con la decisione che definisce il procedimento disciplinare possono essere deliberati:

          a) il proscioglimento, con la formula «non esservi luogo a provvedimento disciplinare»;

          b) il richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare, nei casi di infrazioni lievi e scusabili;

          c) l'irrogazione di una delle seguenti sanzioni disciplinari: avvertimento, censura, sospensione dall'esercizio della professione da due mesi a cinque anni, radiazione.

Art. 67.
(Sanzioni).

      1. L'avvertimento può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l'incolpato non commetta altre infrazioni. L'avvertimento consiste nell'informare l'incolpato che la sua condotta non è stata conforme al codice deontologico di cui all'articolo 3 e alle norme di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni.
      2. La censura consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell'infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell'incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un'altra infrazione.
      3. La sospensione consiste nell'esclusione temporanea dall'esercizio della professione o dal praticantato e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e di responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura.
      4. La radiazione consiste nell'esclusione definitiva dall'albo, elenco o registro e impedisce l'iscrizione a qualsiasi altro albo, elenco o registro, salvo quanto stabilito nell'articolo 76. La radiazione è inflitta per violazioni molto gravi, che rendono incompatibile la permanenza nell'albo dell'incolpato.
      5. Nella determinazione della sanzione si deve tenere conto dell'eventuale reiterazione di comportamenti illeciti.

Art. 68.
(Rapporto con il processo penale).

      1. Il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti.
      2. Se, agli effetti della decisione, è indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale, il procedimento disciplinare può essere a tale scopo sospeso a tempo determinato. La durata della sospensione non può superare complessivamente i due anni; durante il suo decorso è sospeso il termine di prescrizione.
      3. Se dai fatti oggetto del procedimento disciplinare emergono estremi di un reato procedibile d'ufficio, l'organo procedente ne informa l'autorità giudiziaria.
      4. La durata della pena accessoria dell'interdizione dalla professione inflitta all'avvocato dall'autorità giudiziaria è computata in quella della corrispondente sanzione disciplinare della sospensione dalla professione.

Art. 69.
(Riapertura del procedimento).

      1. Il procedimento disciplinare, concluso con provvedimento definitivo, è riaperto:

          a) se è stata inflitta una sanzione disciplinare e, per gli stessi fatti, l'autorità giudiziaria ha emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'incolpato non lo ha commesso. In tale caso, il procedimento è riaperto e deve essere pronunciato il proscioglimento anche in sede disciplinare;

          b) se è stato pronunciato il proscioglimento e l'autorità giudiziaria ha emesso sentenza di condanna per reato non colposo fondata su fatti rilevanti per l'accertamento della responsabilità disciplinare, che il consiglio distrettuale di disciplina non ha potuto valutare. In tale caso, i nuovi fatti sono liberamente valutati nel procedimento disciplinare riaperto.

      2. La riapertura del procedimento disciplinare avviene a richiesta dell'interessato o d'ufficio con le forme del procedimento ordinario.
      3. Per la riapertura del procedimento e per i provvedimenti conseguenti è competente il consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione, anche se sono state emesse sentenze su ricorso. Il giudizio è affidato ad una sezione diversa da quella che ha deciso.

Art. 70.
(Prescrizione dell'azione disciplinare).

      1. L'azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto.
      2. Nel caso di condanna penale per reato non colposo, la prescrizione per la riapertura del giudizio disciplinare, ai sensi dell'articolo 69, è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
      3. Il termine della prescrizione è interrotto con la comunicazione all'iscritto della notizia dell'illecito. Il termine è interrotto anche dalla notifica della decisione del consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza pronunciata dal CNF su ricorso. Da ogni interruzione decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono più di uno, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto. Non si computa il tempo delle eventuali sospensioni.

Art. 71.
(Divieto di cancellazione).

      1. Durante lo svolgimento del procedimento, a decorrere dal giorno dell'invio degli atti al consiglio distrettuale di disciplina, non può essere deliberata la cancellazione dall'albo.

Art. 72.
(Notizia di illecito disciplinare e fase istruttoria preprocedimentale).

      1. Ricevuti gli atti di cui all'articolo 64, comma 4, il presidente del consiglio distrettuale di disciplina provvede senza ritardo a iscrivere in apposito registro riservato il ricevimento degli atti relativi ad un possibile procedimento disciplinare, indicando il nome dell'iscritto a cui gli stessi si riferiscono. Ne richiede al consiglio l'archiviazione senza formalità nel caso di manifesta infondatezza.
      2. Qualora il consiglio distrettuale di disciplina non ritenga di disporre l'archiviazione, e in ogni altro caso, il presidente designa la commissione che deve giudicare e nomina il consigliere istruttore, scelto tra i consiglieri iscritti a un ordine diverso da quello dell'incolpato. Il consigliere istruttore diviene responsabile della fase istruttoria preprocedimentale; egli comunica senza ritardo all'iscritto l'avvio di tale fase, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, fornendogli ogni elemento utile e invitandolo a formulare per iscritto le proprie osservazioni entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, e provvede ad ogni accertamento di natura istruttoria nel termine di sei mesi dall'iscrizione della notizia di illecito disciplinare nel registro di cui al comma 1.
      3. Conclusa la fase istruttoria, il consigliere istruttore propone al consiglio distrettuale di disciplina richiesta motivata di archiviazione o di approvazione del capo di incolpazione, depositando il fascicolo in segreteria. Il consiglio distrettuale di disciplina delibera senza la presenza del consigliere istruttore il quale non può far parte del collegio giudicante.
      4. Il provvedimento di archiviazione è comunicato al Consiglio dell'ordine presso il quale l'avvocato è iscritto, all'iscritto ed al soggetto dal quale è pervenuta la notizia di illecito.

Capo II
PROCEDIMENTO

Art. 73.
(Procedimento disciplinare).

      1. Il procedimento disciplinare è regolato dai seguenti princìpi fondamentali:

          a) qualora il consiglio distrettuale di disciplina approvi il capo d'incolpazione, ne dà comunicazione all'incolpato e al pubblico ministero a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento;

          b) la comunicazione diretta all'incolpato contiene:

              1) il capo di incolpazione con l'enunciazione:

          1.1) delle generalità dell'incolpato e del numero cronologico attribuito al procedimento;

          1.2) dell'addebito, con l'indicazione delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno gli stessi sono contraddistinti da lettere o da numeri;

          1.3) della data della delibera di approvazione del capo di incolpazione;

              2) l'avviso che l'incolpato, nel termine di venti giorni dal ricevimento della stessa, ha diritto di accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia integrale; ha facoltà di depositare memorie, documenti e di comparire avanti al consigliere istruttore, con l'assistenza del difensore eventualmente nominato, per essere sentito ed esporre le proprie difese; la data per l'interrogatorio è fissata subito dopo la scadenza del termine concesso per il compimento degli atti difensivi ed è indicata nella comunicazione;

          c) decorso il termine concesso per il compimento degli atti difensivi, il consigliere istruttore, qualora, per il contenuto delle difese, non ritenga di proporre l'archiviazione, chiede al consiglio distrettuale di disciplina di disporre la citazione a giudizio dell'incolpato;

          d) la citazione a giudizio deve essere notificata, a mezzo dell'ufficiale giudiziario, almeno trenta giorni liberi prima della data di comparizione all'incolpato e al pubblico ministero, il quale ha facoltà di presenziare all'udienza dibattimentale; la citazione contiene:

              1) le generalità dell'incolpato;

              2) l'enunciazione in forma chiara e precisa degli addebiti, con le indicazioni delle norme violate; se gli addebiti sono più di uno essi sono contraddistinti da lettere o da numeri;

              3) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione davanti ad consiglio distrettuale di disciplina per il dibattimento, con l'avvertimento che l'incolpato può essere assistito da un difensore, e che, in caso di mancata comparizione, non dovuta a legittimo impedimento o ad assoluta impossibilità a comparire, si procederà in sua assenza;

              4) l'avviso che l'incolpato ha diritto di produrre documenti e di indicare testimoni, con l'enunciazione sommaria delle circostanze sulle quali essi dovranno essere sentiti; tali atti devono essere compiuti entro il termine di sette giorni prima della data fissata per il dibattimento;

              5) l'elenco dei testimoni che il consiglio distrettuale di disciplina intende ascoltare;

              6) la data e la sottoscrizione del presidente e del segretario;

          e) nel corso del dibattimento l'incolpato ha diritto di produrre documenti, di interrogare o far interrogare testimoni, di rendere dichiarazioni e, ove lo chieda o vi acconsenta, di sottoporsi all'esame del consiglio distrettuale di disciplina; l'incolpato ha diritto ad avere la parola per ultimo;

          f) nel dibattimento, il consiglio distrettuale di disciplina acquisisce i documenti prodotti dall'incolpato; provvede all'esame dei testimoni e, subito dopo, all'esame dell'incolpato che ne abbia fatto richiesta o vi abbia acconsentito; procede d'ufficio, o su istanza di parte, all'ammissione e all'acquisizione di ogni eventuale ulteriore prova necessaria od utile per l'accertamento dei fatti;

          g) terminato il dibattimento, il presidente ne dichiara la chiusura, e dà la parola al pubblico ministero, se presente, all'incolpato e al suo difensore, per la discussione, che si svolge nell'ordine che precede; l'incolpato e il suo difensore hanno in ogni caso la parola per ultimi;

          h) conclusa la discussione, il consiglio delibera il provvedimento a maggioranza, senza la presenza del pubblico ministero, dell'incolpato e del suo difensore, procedendo alla votazione sui temi indicati dal presidente; in caso di parità, prevale il voto di quest'ultimo;

          i) è data immediata lettura alle parti del dispositivo del provvedimento; il dispositivo contiene anche l'indicazione del termine per l'impugnazione;

          l) la motivazione del provvedimento deve essere depositata entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla lettura del dispositivo; copia integrale del provvedimento è notificata all'incolpato, al consiglio dell'ordine presso il quale l'incolpato è iscritto, al pubblico ministero e al procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello del distretto ove ha sede il consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso il provvedimento; nel caso di decisioni complesse, il termine per il deposito della motivazione può essere aumentato fino al doppio, con provvedimento inserito nel dispositivo della decisione;

          m) per quanto non specificatamente disciplinato, si applicano le norme del codice di procedura penale, se compatibili.

Art. 74.
(Sospensione cautelare).

      1. La sospensione cautelare dall'esercizio della professione o del tirocinio può essere deliberata dal consiglio distrettuale di disciplina competente per il procedimento, previa audizione, nei seguenti casi: applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; pena accessoria di cui all'articolo 35 del codice penale, anche se è stata disposta la sospensione condizionale della pena, comminata con la sentenza penale di primo grado; applicazione di misura di sicurezza detentiva; condanna in primo grado per i reati previsti negli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640, 646, se commessi nell'ambito dell'esercizio della professione o del tirocinio, 244, 648-bis e 648-ter del codice penale; condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni.
      2. La sospensione cautelare può essere irrogata per un periodo non superiore ad un anno ed è esecutiva dalla data della notifica all'interessato.
      3. La sospensione cautelare perde efficacia qualora, nel termine di sei mesi dalla sua irrogazione, il consiglio distrettuale di disciplina non deliberi il provvedimento sanzionatorio.
      4. La sospensione cautelare perde altresì efficacia se il consiglio distrettuale di disciplina delibera non esservi luogo a provvedimento disciplinare, ovvero dispone l'irrogazione dell'avvertimento o della censura.
      5. La sospensione cautelare può essere revocata o modificata nella sua durata, d'ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per circostanze sopravvenute, non appaia adeguata ai fatti commessi.
      6. Contro la sospensione cautelare, l'interessato può proporre ricorso davanti al CNF nel termine di venti giorni dall'avvenuta notifica nei modi previsti per l'impugnazione dei provvedimenti disciplinari.
      7. Il consiglio distrettuale di disciplina dà immediata notizia del provvedimento al consiglio dell'ordine presso il quale è iscritto l'avvocato affinché gli dia esecuzione.

Art. 75.
(Impugnazioni).

      1. Avverso la decisione del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso al CNF da parte dell'incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità, e, per ogni decisione, da parte del procuratore della Repubblica e del procuratore generale, rispettivamente del circondario e del distretto ove ha sede il consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione.
      2. Il ricorso si propone con atto scritto, depositato presso la segreteria del consiglio distrettuale di disciplina che ha emanato la decisione impugnata nel termine di trenta giorni dalla notifica della stessa.
      3. Nel ricorso, a pena di inammissibilità, sono indicati il provvedimento impugnato e la data del medesimo, ed enunciati i capi o i punti del provvedimento ai quali si riferisce l'impugnazione, i motivi dell'impugnazione con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che li sorreggono, le conclusioni e le richieste.
      4. Il ricorso è notificato al pubblico ministero e al procuratore generale della corte d'appello, che possono proporre impugnazione incidentale entro venti giorni dalla notifica.
      5. La proposizione del ricorso sospende l'esecuzione del provvedimento.
      6. Il giudizio si svolge secondo le norme che disciplinano il ricorso davanti alla Corte di cassazione civile.
      7. Si applicano, per quanto non specificato nel presente articolo, per il procedimento davanti al CNF, gli articoli 59 e 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.
      8. Avverso la sentenza del CNF può essere proposto ricorso alle sezioni unite civili della Corte di cassazione, dall'incolpato, dal pubblico ministero e dal procuratore generale della corte d'appello. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, l'articolo 56 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, e gli articoli 66, 67 e 68 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.

Art. 76.
(Esecuzione).

      1. La decisione emessa dal consiglio distrettuale di disciplina non impugnata e la sentenza del CNF sono immediatamente esecutive.
      2. Le sospensioni e le radiazioni decorrono dalla scadenza del termine dell'impugnazione, per le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina, o dal giorno successivo alla notifica della sentenza del CNF all'incolpato. L'incolpato è tenuto ad astenersi dall'esercizio della professione o del tirocinio senza necessità di alcun ulteriore avviso.
      3. Per l'esecuzione della sanzione è competente il consiglio dell'ordine al cui albo o registro è iscritto l'incolpato.
      4. Il presidente del consiglio dell'ordine, avuta notizia dell'esecutività della sanzione, verifica senza indugio la data della notifica all'incolpato della decisione del consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza del CNF e gli invia, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, una comunicazione nella quale indica la decorrenza finale dell'esecuzione della sanzione.
      5. Nel caso in cui sia inflitta la sospensione, la radiazione o la sospensione cautelare, di esse è data comunicazione senza indugio ai capi degli uffici giudiziari del distretto ove ha sede il consiglio dell'ordine competente per l'esecuzione, ai presidenti dei consigli dell'ordine del relativo distretto e a tutti gli iscritti negli albi e registri tenuti dal consiglio dell'ordine stesso.
      6. Copia della comunicazione è affissa presso gli uffici del consiglio dell'ordine competente per l'esecuzione.
      7. Quando la decisione che commina una sanzione disciplinare ovvero pronuncia il proscioglimento è divenuta definitiva e riguarda un iscritto di altro ordine, il consigliere segretario ne dà comunicazione all'ordine di appartenenza, trasmettendo copia della decisione.
      8. Qualora sia stata irrogata la sanzione della sospensione a carico di un iscritto, al quale per il medesimo fatto è stata comminata la sospensione cautelare, il consiglio dell'ordine determina d'ufficio senza ritardo la durata della sospensione, detraendo il periodo di sospensione cautelare già scontato.
      9. Nei casi previsti dai commi 7 e 8, l'estratto della delibera contenente il termine finale della sanzione è immediatamente notificato all'interessato e comunicato ai soggetti di cui al comma 5.
      10. Il professionista radiato può chiedere di essere nuovamente iscritto decorsi cinque anni dall'esecutività del provvedimento sanzionatorio, ma non oltre un anno successivamente alla scadenza di tale termine.


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