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PDL 539

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 539



PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato VITALI

Disposizioni per l'individuazione delle priorità di esercizio dell'azione penale

Presentata il 28 aprile 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi venti anni il ruolo e le funzioni del pubblico ministero sono stati spesso oggetto di riforme e di dibattito in vari Paesi democratici (Inghilterra, Francia, Olanda), nonché di autorevoli raccomandazioni da parte di organismi sopranazionali come l'Unione europea, il Consiglio d'Europa, i Congressi delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine.
      Un tale interesse si giustifica:

          a) a causa del ruolo cruciale che la magistratura requirente svolge nella repressione della criminalità. Il ruolo dei pubblici ministeri ha acquisito un'importanza via via maggiore per effetto delle crescenti complessità, pericolosità e diffusione che i fenomeni criminali di livello locale, nazionale e internazionale hanno assunto in tutti i Paesi negli ultimi decenni;

          b) a causa delle devastanti conseguenze che un uso indebito, improprio o partigiano dell'iniziativa penale può avere sulla protezione dei diritti civili, nonché sulla salvaguardia dello status sociale, economico, familiare e politico dei cittadini.

      Le soluzioni istituzionali e operative che sono adottate negli altri Paesi a consolidata tradizione democratica per soddisfare le complesse esigenze funzionali che si collegano al ruolo del pubblico ministero danno per scontato che l'esercizio dell'azione penale abbia e non possa non avere ampi margini di discrezionalità.
      Nell'affrontare o nel rivedere la posizione istituzionale del pubblico ministero i Paesi democratici devono comunque cercare di bilanciare a livello operativo due valori confliggenti, ma entrambi di grande rilievo. Da un lato, la consapevolezza che il pubblico ministero partecipa alla formulazione e all'attuazione delle politiche criminali e, dall'altro, l'esigenza di garantire che l'azione penale sia esercitata con rigore, uniformità e correttezza.
      Negli anni diverse sono le soluzioni che sono state adottate dai vari Paesi che si sono posti prima di noi questo problema.
      Nonostante il nostro legislatore costituente avesse stabilito l'obbligatorietà dell'azione penale a tutela del presidio del precetto costituzionale che sancisce l'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, oggi in Italia l'azione penale risulta essere di fatto largamente discrezionale almeno quanto lo è in altri Paesi e, per certi aspetti, anche di più. Una discrezionalità che con il tempo è divenuta sempre più visibile anche a causa delle crescenti dimensione e complessità dei fenomeni criminali.
      Da più parti, nel tempo, è stata invocata la necessità di fissare le priorità nell'esercizio dell'azione penale: dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 settembre 1987, dalla Commissione di riforma dell'ordinamento giudiziario nominata nel 1993 dall'allora Ministro della giustizia Conso e dallo stesso Consiglio superiore della magistratura sia in sede di procedimenti disciplinari che in sede di plenum (seduta del 10 giugno 1998).
      È di tutta evidenza che le scelte che si effettuano nell'esercizio dell'azione penale e nell'uso dei mezzi di indagine sono per loro natura scelte di grande rilievo politico.
      Sarebbe difficile cogliere appieno la portata dei poteri del pubblico ministero in Italia e degli ambiti di discrezionalità di cui gode senza ricordare alcuni suoi poteri e caratteristiche che si sono venuti sviluppando e consolidando nel corso degli anni. Tra questi poteri i più rilevanti sono i seguenti:

          1) i pubblici ministeri hanno acquisito progressivamente il pieno controllo sulla polizia giudiziaria nel corso dell'intera fase delle indagini;

          2) nel corso degli ultimi venticinque anni l'azione penale è via via divenuta un attributo più del singolo magistrato che dell'ufficio cui questi appartiene, a dispetto del fatto che i poteri gerarchici sono formalmente attribuiti al capo dell'ufficio.

      Nella sostanza l'obbligatorietà dell'azione penale formalmente e definitivamente trasforma qualsiasi atto discrezionale del pubblico ministero in un «atto dovuto». L'analisi delle decisioni che sono prese nella gestione del personale togato e persino nella giurisprudenza ordinaria rivelano ulteriori aspetti della discrezionalità dei magistrati inquirenti. L'elenco dei casi specifici che dimostrano questo concetto, e che sono venuti alla luce accidentalmente, sarebbe lungo. Il fatto, poi, che questi comportamenti non siano sanzionati significa che nel nostro sistema quei comportamenti sono pienamente legittimi. Di ciò occorre tenere conto non solo nel ridisegnare il ruolo del pubblico ministero ma anche nel rivedere le caratteristiche del procedimento disciplinare.
      Date queste condizioni non deve sorprendere che la piena e irresponsabile indipendenza dei pubblici ministeri sia sfociata in un uso dei loro amplissimi poteri discrezionali che si differenzia da caso a caso, in base a orientamenti, preferenze o ambizioni personali.
      Sembra giunto, quindi, il momento di razionalizzare e di coordinare l'attività del pubblico ministero, finora reso praticamente irresponsabile da una visione feticista dell'obbligatorietà dell'azione penale e dalla mancanza di efficaci controlli sulla sua attività (per citare Giovanni Falcone, in Interventi e proposte (1982-1992), Sansoni, 1994).
      Paradossalmente, pertanto, proprio l'obbligatorietà dell'azione penale, che era stata voluta dal nostro Costituente per tutelare il valore dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, è divenuta, anche per le interpretazioni che di essa sono date, il principale impedimento alla possibilità di regolare la discrezionalità dell'azione penale per rendere quella tutela effettiva.
      Per ovviare alle molteplici disfunzioni alle quali si è fatto cenno ed effettuare quel trasparente bilanciamento tra indipendenza e responsabilità del pubblico ministero è necessaria una procedura per stabilire le priorità dell'azione penale e predisporre strumenti di monitoraggio che rendano, per quanto possibile, trasparente la gestione delle politiche pubbliche nel settore criminale.
      Nella fissazione delle priorità assumeranno rilievo:

          a) i criteri di priorità già indicati dall'articolo 227 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51;

          b) le indicazioni contenute nella raccomandazione del Consiglio d'Europa del 1987 (n. R 87-18): la personalità dell'indagato, la solidità degli elementi di prova ai fini della condanna, gli effetti della condanna sull'indagato e l'interesse della persona offesa.

      La presente proposta di legge costituzionale ha l'obiettivo di raggiungere questi scopi e indica le linee direttrici da seguire.


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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. Fermo restando l'obbligo del pubblico ministero di esercitare l'azione penale ai sensi dell'articolo 112 della Costituzione, ciascun procuratore generale di corte d'appello, sentiti i procuratori del distretto, formula proposte motivate di priorità di esercizio dell'azione penale che tengono specificatamente conto dei fenomeni criminali del distretto. Nel formulare le loro proposte i procuratori generali individuano anche le possibili connessioni tra tipi di reati da perseguire e i mezzi di indagine da utilizzare, tenendo conto anche dei criteri di priorità indicati nell'articolo 227 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51.
      2. I procuratori generali inviano le loro motivate proposte al procuratore generale presso la Corte di cassazione, il quale le trasmette al Ministro della giustizia, con riferimento sia alle priorità sia ai mezzi di indagine.
      3. Il Ministro dell'interno e il Ministro dell'economia e delle finanze inviano al Ministro della giustizia le loro proposte, con riferimento sia alle priorità sia ai mezzi di indagine.
      4. Il Ministro della giustizia, sulla base delle informazioni ricevute, sottopone all'approvazione del Parlamento una coerente e motivata proposta sulle priorità da seguire nell'esercizio dell'azione penale.
      5. I soggetti che partecipano alla definizione delle priorità effettuano un monitoraggio sull'efficacia operativa delle priorità decise dal Parlamento e sulle eventuali carenze riscontrate e ne comunicano annualmente i risultati al Ministro della giustizia. Nell'ambito delle loro attività di monitoraggio i procuratori generali verificano anche l'efficacia dell'azione penale promossa dai singoli sostituti del distretto e di quella promossa da gruppi di sostituti che si occupano congiuntamente di singoli casi, tenendo analiticamente conto degli esiti giudiziari di tali iniziative.
      6. Con cadenza annuale i procuratori generali forniscono al Ministro della giustizia i risultati della loro attività di monitoraggio sull'esercizio dell'azione penale, sull'uso dei mezzi di indagine riguardanti il loro distretto e sull'uso delle misure restrittive della libertà personale.
      7. Il Ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, ivi incluse le risultanze del monitoraggio relativo all'esercizio dell'azione penale e alle sue risultanze giudiziarie, all'uso dei mezzi di indagine e all'uso delle misure restrittive della libertà personale.
      8. Il Ministro della giustizia, anche sulla base delle segnalazioni ricevute dai procuratori generali e dagli altri Ministri interessati, può proporre al Parlamento modifiche alle priorità precedentemente fissate in occasione della sua relazione annuale sullo stato della giustizia o in qualsiasi altra occasione lo reputi necessario.
      9. Al fine di ristabilire il principio dell'unità dell'azione penale e della struttura unitaria degli uffici del pubblico ministero, i procuratori della Repubblica e i procuratori generali, nell'ambito delle loro competenze, assicurano che nelle attività di indagine i sostituti si attengano alle indicazioni concernenti le priorità e l'uso dei mezzi di indagine, per rendere maggiormente efficace l'azione repressiva ed eliminare le disfunzioni che si connettono al fenomeno della personalizzazione delle funzioni del pubblico ministero.


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