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PDL 365

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 365



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato VOLONTÈ

Modifiche alla legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di lotta contro l'aborto

Presentata il 29 aprile 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La legge 22 maggio 1978, n. 194, approvata dal Parlamento nella fase politica della solidarietà nazionale e sulle spinte di un esasperato femminismo che volge ormai al tramonto, a trenta anni dalla sua introduzione nell'ordinamento giuridico conferma tutti i suoi limiti e la sua inadeguatezza.
      Il Gruppo dell'UDC aveva già presentato nel corso delle precedenti legislature proposte di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta per verificare il funzionamento e l'attuazione della citata legge n. 194 del 1978. Progetti di legge di analogo contenuto erano stati presentati dal Gruppo anche al Senato della Repubblica. I dati in materia rilevati a partire dalla fine degli anni novanta e che, purtroppo, sono stati confermati, nella media delle percentuali, negli anni più recenti, confermano l'esigenza, già avvertita nella passata legislatura, di procedere alla modifica della legge n. 194 del 1978.
      Secondo i drammatici dati rilevati nell'ultima relazione trasmessa dal Ministro della salute al Parlamento sull'attuazione della citata legge n. 194 del 1978 (doc. XXXVII, n. 3, XV legislatura), nel 2007 si sono registrati 127.038 casi di interruzione volontaria di gravidanza. Il tasso di abortività è risultato pari al 9,1 per 1.000 donne di età fra i quindici e i quarantanove anni; tale tasso, pur diminuito rispetto agli anni scorsi, rappresenta ancora un valore elevato.
      La citata relazione sottolinea come risulti basso il ricorso al consultorio familiare per la certificazione, riconoscendo le difficoltà a farvi ricorso e l'inadeguatezza dell'integrazione con il servizio dei consultori familiari, l'incompletezza delle strutture consultoriali e il numero limitato di figure professionali, soprattutto in vaste aree del Paese.
      La relazione riconosce, altresì, che i consultori familiari andrebbero opportunamente potenziati e riqualificati, non raggiungendo il rapporto indicato nel decreto-legge 1o dicembre 1995, n. 509, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1996, n. 34, di un consultorio per ogni ventimila abitanti.
      Con la presente proposta di legge, pur manifestando profonda contrarietà rispetto alle finalità della citata legge n. 194 del 1978, si intendono modificare e correggere quelle parti che esaltano la cultura della morte anziché la cultura della vita.
      Si intende richiamare la questione relativa al momento delicato in cui la donna ha già dichiarato di volere interrompere la gravidanza, ma, a seguito di ulteriori riflessioni, con un atto di rinuncia alla interruzione volontaria della gravidanza, decide la continuazione della gestazione; è in tale fase che si ritiene opportuno agevolare questa scelta attraverso un adeguato intervento finanziario di sostegno a carico dello Stato, non solo nei confronti della donna, ma anche attraverso gli istituti che sono in grado di sostenerla, e una maggiore responsabilizzazione del genitore rispetto a una scelta che resta dolorosa.
      Si intende riaffermare una cultura della vita. Lo Stato si deve fare carico di aiutare le donne che si trovano in queste situazioni contribuendo a salvare vite umane che rappresentano una risorsa per il Paese.
      I costi relativi alle interruzioni volontarie della gravidanza sono quanto mai ingenti rispetto a quelli ipotizzabili se si scegliesse di ricorrere ai benefìci previsti dalla presente proposta di legge rinunciando all'aborto. Sono cifre che acquistano un significato morale che va oltre l'impegno finanziario dello Stato e che potrebbero essere recuperate nelle «pieghe» del bilancio pubblico se riuscissero nello scopo di salvare anche un solo bambino.
      Agli interventi finanziari dello Stato possono essere uniti quelli provenienti dalle regioni o dagli enti indicati dalle regioni stesse.
      L'articolo 1 della proposta di legge introduce l'articolo 4-bis della legge n. 194 del 1978, che prevede la concessione di un contributo di 516 euro mensili per un anno alle donne che non abortiscono. A tale contributo possono aggiungersi eventuali benefìci finanziari deliberati dalle regioni.
      Con l'articolo 2 si prevede che i bambini che nascono a seguito di rinuncia all'interruzione volontaria della gravidanza possono essere adottati o dati in affidamento con il consenso dei genitori, con procedura di urgenza, venendo incontro ai desideri di coppie che - attraverso organizzazioni compiacenti - sono costrette ad andare all'estero per soddisfare i loro desideri di genitorialità e il bisogno di adottare i minori.
      Con l'articolo 3 della proposta di legge è modificato il quarto comma dell'articolo 5 della legge n. 194 del 1978, ampliando la responsabilità della scelta anche alla persona indicata come padre del nascituro.
      L'articolo 4, modificando l'articolo 5 della legge n. 194 del 1978, prevede che la donna che, nei sette giorni antecedenti l'interruzione volontaria della gravidanza rinuncia all'aborto, beneficia dei contributi previsti dall'articolo 1.
      L'articolo 5, modificando l'articolo 12 della legge n. 194 del 1978, obbliga il giudice tutelare, che può autorizzare la donna di età inferiore a diciotto anni all'interruzione volontaria della gravidanza, a sentire la persona indicata come padre del nascituro.
      L'articolo 6 reca la relativa copertura finanziaria.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è inserito il seguente:

      «Art. 4-bis. - 1. Alle donne che rinunciano alla interruzione della gravidanza lo Stato eroga un contributo pari a 516 euro mensili per la durata di un anno, che decorre dal momento del concepimento fino al ricovero del minore in un istituto di assistenza, ovvero alla sua adozione o affidamento.
      2. Le regioni, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, possono concedere ulteriori contributi a integrazione di quelli erogati ai sensi del comma 1.
      3. Lo Stato assicura il ricovero presso appositi istituti alle donne che rinunciano alla interruzione della gravidanza. Le spese relative al ricovero sono a totale carico dello Stato».

Art. 2.

      1. Dopo l'articolo 4-bis della legge 22 maggio 1978, n. 194, introdotto dall'articolo 1 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 4-ter. - 1. I bambini che nascono a seguito di rinuncia alla interruzione della gravidanza possono essere adottati o dati in affidamento, con procedura di urgenza, con il consenso dei genitori, entro sei mesi dalla nascita».

Art. 3.

      1. Al quarto comma dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, dopo le parole: «di cui all'articolo 4,» sono inserite le seguenti: «sentita obbligatoriamente anche la persona indicata come padre del nascituro,».

Art. 4.

      1. Dopo il quarto comma dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, come modificato dall'articolo 3 della presente legge, è aggiunto il seguente:

      «La donna che, entro i sette giorni stabiliti al quarto comma del presente articolo, e comunque entro i termini previsti dall'articolo 4, dichiara di volere rinunciare alla interruzione della gravidanza beneficia dei contributi erogati ai sensi dell'articolo 4-bis».

Art. 5.

      1. Al secondo comma dell'articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, dopo le parole: «e della relazione trasmessagli,» sono inserite le seguenti: «nonché sentita obbligatoriamente anche la persona indicata come padre del nascituro,».

Art. 6.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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