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PDL 485

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 485



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BARBIERI

Modifica dell'articolo 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, concernente le condizioni e i termini per l'interruzione volontaria della gravidanza

Presentata il 29 aprile 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - È ormai principio consolidato nell'ordinamento giuridico italiano quello dell'esistenza di un vero e proprio diritto alla vita del concepito. Coordinate di riferimento si rinvengono nello stesso articolo 1, primo comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194, il quale solennemente recita: «Lo Stato (...) tutela la vita umana dal suo inizio» e nelle pronunce della Corte costituzionale: la sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975 afferma il principio della natura di vita umana propria del feto con diretto riferimento all'articolo 2 della Costituzione, là dove si dice che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo»; in maniera ancora più decisa e vigorosa, la pronuncia n. 35 del 10 febbraio 1997 della Consulta ribadisce l'esistenza di un diritto alla vita del concepito garantito da copertura costituzionale; da ultimo, la legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita, all'articolo 1, comma 1, in apertura del capo relativo ai princìpi generali, assicura la tutela a tutti i soggetti coinvolti, «compreso il concepito».
      Le cronache recenti hanno fatto emergere in modo evidente alcuni dati relativi allo sviluppo del feto, dati dei quali appare doveroso tenere conto nella regolamentazione dell'interruzione volontaria della gravidanza. In particolare, la nascita di Amillia Sonja Taylor, venuta al mondo dopo sole ventuno settimane di gestazione intrauterina, costituisce evidenza incontestabile del fatto che già nei primi mesi della gravidanza il feto è a tutti gli effetti persona vivente.
      Come emerge dagli studi sullo sviluppo del feto pubblicati dall'Associazione internazionale per lo studio del dolore (IASP), la maggiore società mondiale del settore, le strutture anatomiche, i meccanismi fisiologici e l'evidenza funzionale della percezione del dolore si sviluppano già nel secondo trimestre di gestazione umana e comunque sicuramente molto prima del terzo trimestre. L'intervento abortivo a venti settimane di gestazione, quindi, provoca dolore al feto e tale circostanza non può non indurre a riflettere sulla natura umana del concepito.
      Del resto, dal giorno della sua approvazione ad oggi, la legge 22 maggio 1978, n. 194, non è mai stata oggetto di modifica o di revisione alcuna, modifiche che oggi s'impongono alla luce dei fatti sinora descritti, nonché allo scopo di garantire l'effettivo perseguimento delle finalità che la legge stessa si propone, ovvero la tutela della maternità e della vita umana fin dal suo inizio. In tale senso non possono che essere letti il secondo e il terzo comma dell'articolo 1, i quali statuiscono che «L'interruzione volontaria della gravidanza (...) non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite»; e il terzo comma dell'articolo 7, ai sensi del quale «Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto».
      Tuttavia, la possibilità dell'interruzione della gravidanza anche dopo i primi novanta giorni, sia pure a fronte di gravi malformazioni del feto o della necessità di salvaguardare la vita della donna, e fin oltre le diciotto settimane di gestazione - considerati le consistenti probabilità di vita autonoma del feto e comunque il grado di sviluppo già raggiunto (senza contare l'incertezza e l'errore che inevitabilmente accompagnano ogni diagnosi sull'età gestionale, per cui frequenti sono gli aborti cosiddetti «terapeutici» praticati alla ventiduesima o ventitreesima settimana, poi rivelatesi la ventitreesima o ventiquattresima settimana di gestazione) - contrasta con le finalità e con i princìpi sottesi alla legge n. 194 del 1978.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «Art. 6. - 1. L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni e comunque non oltre le prime ventuno settimane di gestazione, ovvero non oltre il centoquarantasettesimo giorno della gravidanza, può essere praticata:

          a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;

          b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna».


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