Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato - Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: DL 87/2018: Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese
Riferimenti: AC N.924/XVIII
Serie: Verifica delle Quantificazioni   Numero:
Data: 18/07/2018
Organi della Camera: V Bilancio


 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 924

 

Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese

 

 

(Conversione in legge del DL 87/2018)

 

 

 

 

N. 27 – 18 luglio 2018

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

___________________________________________________________________________

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.


INDICE

PREMESSA. - 3 -

EFFETTI FINANZIARI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA. - 4 -

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI - 4 -

ARTICOLI 1 e 2. - 4 -

Modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e di somministrazione di lavoro.. - 4 -

ARTICOLO 3. - 11 -

Indennità di licenziamento ingiustificato e incremento contribuzione contratto a tempo determinato.. - 11 -

ARTICOLO 4. - 15 -

Differimento dei termini di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali in tema di diplomati magistrali - 15 -

ARTICOLO 5. - 16 -

Misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali - 16 -

ARTICOLO 6. - 18 -

Tutela dell'occupazione nelle imprese beneficiarie di aiuti - 18 -

ARTICOLO 7. - 19 -

Recupero del beneficio dell’iper ammortamento.. - 19 -

ARTICOLO 8. - 20 -

Credito d’imposta ricerca e sviluppo.. - 20 -

ARTICOLO 9. - 21 -

Divieto di pubblicità di giochi e scommesse e incremento del PREU.. - 21 -

ARTICOLO 10. - 32 -

Disposizioni in materia di redditometro.. - 32 -

ARTICOLO 11. - 33 -

Disposizioni in materia di invio dei dati delle fatture emesse e ricevute. - 33 -

ARTICOLO 12. - 35 -

Split payment. - 35 -

ARTICOLO 13. - 40 -

Società sportive dilettantistiche. - 40 -

ARTICOLO 14. - 43 -

Fondo per interventi strutturali di politica economica e copertura finanziaria.. - 43 -

 

 


 

 

INFORMAZIONI SUL PROVVEDIMENTO

 

 

A.C.

924

Titolo:

Conversione in legge del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese

Iniziativa:

governativa

 

in prima lettura alla Camera

Relazione tecnica (RT):

presente

Relatori per le Commissioni di merito:

Centemero, per la VI Commissione;

Tripiedi, per la XI Commissione

Gruppi:

Lega

M5S

Commissioni competenti:

VI (Finanze) e XI (Lavoro)

 

 

 

PREMESSA

 

Il disegno di legge dispone la conversione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese.

Il provvedimento è corredato di relazione tecnica.

Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relazione tecnica nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

EFFETTI FINANZIARI QUANTIFICATI DALLA RELAZIONE TECNICA

Gli effetti indicati dalla relazione tecnica e dal prospetto riepilogativo possono essere esposti come segue:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Minori entrate

79,0

316,3

294,3

215,5

84,1

362,5

344,1

265,8

84,1

362,5

344,1

265,8

Maggiori spese

25,1

137,4

87,7

129,4

16,0

62,6

37,9

79,1

16,0

62,6

37,9

79,1

Totale oneri

104,1

453,7

382,0

344,9

100,1

425,1

382,0

344,9

100,1

425,1

382,0

344,9

Maggiori entrate

40,9

209,4

247,7

242,4

98,2

371,5

365,6

317,4

98,2

371,5

365,6

317,4

Minori spese

63,2

244,3

145,2

121,8

5,9

82,2

16,4

27,5

5,9

82,2

16,4

27,5

Totale coperture

104,1

453,7

392,9

364,2

104,1

453,7

382,0

344,9

104,1

453,7

382,0

344,9

 

SALDO

0,0

0,0

10,9

19,3

4,0

28,6

0,0

0,0

4,0

28,6

0,0

0,0

Variazione netta entrate

-38,1

-106,9

-46,6

26,9

14,1

9,0

21,5

51,6

14,1

9,0

21,5

51,6

Variazione netta spese

-38,1

-106,9

-57,5

7,6

10,1

-19,6

21,5

51,6

10,1

-19,6

21,5

51,6

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

ARTICOLI 1 e 2

Modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e di somministrazione di lavoro

Normativa previgente. L’articolo 19, comma 1, del D. Lgs. 81/2015 prevede che al contratto di lavoro subordinato possa essere apposto un termine di durata non superiore a 36 mesi.

Il successivo comma 4 ha altresì previsto che, con l'eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l'apposizione del termine al contratto sia priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione.

L’articolo 21 del medesimo D. Lgs. 81/2015 prevede che il termine del contratto a tempo determinato possa essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 36 mesi, e, comunque, per un massimo di cinque volte nell'arco di 36 mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.

Infine, l’articolo 29 del D. Lgs. 81/2015 prevede che l'impugnazione del contratto a tempo determinato debba avvenire entro centoventi giorni dalla cessazione del singolo contratto.

Alle suddette norme non erano ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica.

Le norme recano modifiche al D. Lgs. 81/2015 in materia di contratti a tempo determinato.

In particolare, le disposizioni:

·       modificano gli articoli 19 e 21 del D. Lgs. 81/2015, riducendo da 36 a 12 mesi la durata massima del contratto. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i 24 mesi, solo in presenza di almeno di specifiche condizioni:

­   esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero sostitutive di altri lavoratori;

­   esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.

Il contratto può essere prorogato senza l'indicazione di una causale solo nell'ambito dei primi 12 mesi di durata. Si limita, inoltre, il numero delle proroghe da 5 a 4. In caso di rinnovo, il datore di lavoro deve indicare una delle specifiche condizioni previste, ad eccezione dei contratti per attività stagionali che possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza di tali condizioni [articolo 1, comma 1, lettere a) e b)];

·       modificano l’articolo 28 del D. Lgs. 81/2015, prolungando da 120 a 180 giorni del termine di' impugnazione del contratto a tempo determinato [articolo 1, comma 1, lettera c)];

·       prevedono che le disposizioni in esame si applichino ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data (comma 2);

·       dispongono che le norme in esame non si applichino ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del presente provvedimento (articolo 1, comma 3);

·       modificano l’articolo 34, comma 2, del D. Lgs. 81/2015, assoggettando la disciplina del contratto di somministrazione di lavoro a quella prevista per il rapporto di lavoro a tempo determinato in caso di assunzione a tempo del lavoratore. Non si applicano l’articolo 23, concernente il numero complessivo dei contratti a tempo determinato, e 24, relativo ai diritti di precedenza per le assunzioni a tempo indeterminato presso le aziende cui ha prestato lavoro (articolo 2).

Sono pertanto estese le modifiche di cui all’articolo 1 del provvedimento in esame anche ai lavoratori assunti a tempo determinato nell’ambito della somministrazione di lavoro.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive all’articolo 1 i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Minori entrate contributive

 

Minore contribuzione derivante dalla riduzione del limite massimo della durata dei contratti a tempo determinato

 

 

 

 

5,10

46,20

49,80

50,30

5,10

46,20

49,80

50,30

Maggiori spese correnti

 

Minore contribuzione derivante dalla riduzione del limite massimo della durata dei contratti a tempo determinato

5,10

46,20

49,80

50,30

 

 

 

 

 

 

 

 

NASpI

12,10

79,70

 

 

8,10

51,10

 

 

8,10

51,10

 

 

Minori spese correnti

 

NASpI

 

 

26,30

46,80

 

 

26,30

46,80

 

 

26,30

46,80

Maggiori entrate fiscali

 

Minore contribuzione derivante dalla riduzione del limite massimo della durata dei contratti a tempo determinato e NASPI-effetti fiscali

 

6,90

8,50

3,20

 

6,90

8,50

3,20

 

6,90

8,50

3,20

 

La relazione tecnica afferma preliminarmente che le stime sono state effettuate sulla base dei dati relativi i nuovi contratti a tempo determinato attivati dal 2014 al I trimestre 2018 in possesso del Ministero del lavoro e sulla base delle informazioni desunte dagli archivi INPS. Ai fini della stima degli effetti derivanti dalla riduzione del limite massimo di durata dei contratti a tempo determinato, sono state formulate, per le attivazioni di ciascun anno, le seguenti ipotesi:

·       numero annuo di contratti a tempo determinato attivati (al netto dei lavoratori stagionali, agricoli e P.A. e compresi i lavoratori somministrati), pari a 2 milioni, di cui il 4% (80.000) supera la durata effettiva di 24 mesi;

·       percentuale di soggetti che non trova altra occupazione dopo i 24 mesi pari a al 10% (8.000);

·       retribuzione media mensile di 1.800 euro;

·       ulteriore durata del contratto oltre i 24 mesi pari in media a 8 mesi;

·       durata della Naspi a normativa variata pari a 12 mesi a fronte dei 16 mesi previsti a normativa vigente.

Le retribuzioni mensili sono state rivalutate sulla base dei parametri contenuti nel DEF 2018.

Di seguito la RT riporta la tabella con gli effetti finanziari, per gli anni 2018-2028, derivanti dalla modifica normativa proposta, ottenuti altresì tenendo conto sia delle scadenze di pagamento dei contributi che degli effetti fiscali.

Oneri (+)/risparmi (-) – milioni di euro

Anno

Numero soggetti interessati (in migliaia)

Minori entrate contributive lordo fisco

NASpI

Di cui contribuzione figurativa

Totali lordo fisco

Totali netto fisco

2018

3,3

5,1

12,1

4,0

17,2

17,2

2019

8,0

46,2

79,7

28,6

125,9

119,0

2020

8,0

49,8

-26,3

-10,9

23,5

15,0

2021

8,0

50,3

-46,8

-19,3

3,5

0,3

2022

8,0

50,8

-47,3

-19,5

3,5

0,3

2023

8,0

51,3

-47,7

-19,7

3,6

0,3

2024

8,0

51,8

-48,2

-19,9

3,6

0,3

2025

8,0

52,3

-48,7

-20,1

3,6

0,3

2026

8,0

52,8

-49,2

-20,3

3,6

0,2

2027

8,0

53,4

-49,7

-20,5

3,7

0,3

2028

8,0

53,9

-50,2

-20,7

3,7

0,3

 

Al riguardo, si fa presente quanto segue.

 

1. Effetti ascritti dalla RT

La relazione tecnica ascrive all’articolo 1 effetti di diverso segno, in parte peggiorativi (minori entrate contributive in ciascun esercizio compreso nell’orizzonte decennale considerato dalla quantificazione; maggiore spesa per Naspi limitatamente agli esercizi 2018-2019) in parte migliorativi dei saldi di finanza pubblica (risparmi di spesa per l’erogazione della Naspi che si producono dal 2020; incrementi netti di gettito dal 2019).

Gli effetti netti si sostanziano in oneri su base annua di ammontare più rilevante per i primi tre esercizi e di importo trascurabile a decorrere dal 2021 (dell’ordine di circa 0,3 mln. di euro), così riportati dalla RT:

(mln di euro)

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

17,2

119,0

15,0

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,2

0,3

0,3

 

2. Ipotesi sottostanti gli effetti ascritti dalla RT

La RT, nell’illustrare le ipotesi ed i parametri sottostanti la predetta stima, individua un numero annuo di contratti a tempo determinato attivati pari a 2.000.000, di cui il 4% (80.000) supera la durata effettiva di 24 mesi. Viene quindi individuato un ulteriore parametro consistente, secondo quanto testualmente precisato dalla relazione, in un “numero di soggetti che non trova altra occupazione dopo i 24 mesi pari al 10 % degli 80.000 di cui sopra (8.000)”.

Sulla base di tali assunzioni e di ulteriori elementi di calcolo indicati dalla RT, vengono stimati gli effetti onerosi netti sopra riportati.

In proposito andrebbe preliminarmente chiarito se il numero di 8.000 unità indicato (pari ad una quota del 10% del numero dei contratti di durata superiore ai 24 mesi) corrisponda ad una percentuale di soggetti già considerata, in base alla previgente normativa e ai connessi modelli previsionali, inoccupata alla scadenza dei contratti a tempo determinato, sulla base di ricorrenze statistiche che andrebbero, in tal caso, esplicitate, secondo quanto più puntualmente osservato al successivo punto 4.

In tal caso, il quadro finanziario descritto dalla RT corrisponderebbe alla necessità di allineare dinamiche occupazionali, già “incluse” nelle previsioni tendenziali, alla nuova tempistica contrattuale (ridotta da 36 a 24 mesi) con conseguenti variazioni di grandezze finanziarie determinate principalmente da un effetto di “rimodulazione temporale”.

Tale ricostruzione risulterebbe coerente con il descritto andamento della spesa per Naspi che, dopo l’incremento iniziale, registra consistenti riduzioni a decorrere dal terzo anno.

Viceversa, nel caso in cui le variazioni delle voci di entrata e spesa individuate dalla RT debbano intendersi non come l’effetto di un riallineamento temporale di dinamiche già “scontate” nel quadro previsionale in base alla previgente normativa, ma come conseguenza dell’emergere di una quota – attualmente non prevista - di unità che si assume non possano essere ricollocate alla scadenza dei contratti in conseguenza dell’operare della nuova disciplina in esame, gli effetti esposti dalla medesima relazione tecnica sembrerebbero presentare le caratteristiche dei c.d. “effetti indiretti”. Si tratterebbe infatti di effetti non riconducibili, in via diretta ed automatica, alle innovazioni normative introdotte, ma “mediati” dalle conseguenze - come prefigurate dalla relazione tecnica - della disciplina in esame sui comportamenti degli operatori interessati e sul quadro occupazionale.

 

3.  Aspetti metodologici

Sul piano metodologico, si evidenzia in proposito che, al di fuori della sessione di bilancio, la valutazione degli effetti finanziari delle norme risulta tradizionalmente limitata, in linea di principio, ai c.d. “effetti diretti” ossia alle variazioni delle entrate e delle spese direttamente ascrivibili alle innovazioni normative introdotte e suscettibili quindi di incidere in via immediata e con ragionevole grado di certezza sul quadro finanziario complessivo definito dalla legge di bilancio per gli esercizi considerati.

Sono assimilabili a tali variazioni quelle che, pur operando in via indiretta, sono in grado di prodursi con evidenti carattere di certezza ed automatismo per effetto dell’operatività della norma (“effetti indiretti automatici”).

È il caso ad esempio di variazioni (in aumento o in riduzione) del gettito delle imposte dirette come conseguenza di modifiche (dello stesso segno) della spesa pubblica connessa a retribuzioni di dipendenti pubblici.

Una diversa considerazione meritano invece gli effetti di carattere indiretto che non conseguono alle norme in via automatica e predeterminabile (sia nell’ an che nel quantum), ma risultano necessariamente “mediati” da modifiche nei comportamenti dei soggetti interessati o di variabili inerenti al quadro economico, indotte da cambiamenti del contesto legislativo di riferimento (c.d. “effetti indotti”).

L’inclusione in via preventiva nei saldi di finanza pubblica di tali effetti è stata in via di prassi ritenuta possibile in occasione di manovre di finanza pubblica - sede questa nella quale sono ridefinite complessivamente le interazioni tra quadro macroeconomico e finanziario e variabili legislative[1] – e ha dato luogo per lo più a forme di parziale “autocopertura” di misure onerose incluse nelle medesime manovre.

È il caso ad esempio degli effetti di incremento del gettito da imposte dirette ed indirette ascritti dalle relazioni tecniche a misure agevolative per interventi in materia edilizia previsti dalle ultime manovre finanziarie.

Viceversa, al di fuori delle manovre finanziarie, l’utilizzo quale mezzo di copertura di effetti positivi, di carattere indiretto e non automatico (“effetti indotti”), è stata ritenuta, in linea di principio e fatti salvi specifici casi, non idoneo in quanto non conforme a criteri di prudenzialità dato il carattere incerto e non predeterminabile nell’ammontare, con ragionevole grado di certezza, dei medesimi effetti.

Per quanto attiene al caso in esame, si rileva che la RT, pur facendo discendere dalle ipotesi prima richiamate effetti sia positivi che peggiorativi dei saldi, stima effetti netti onerosi per ciascun esercizio, sia pure di ammontare irrilevante a decorrere dal 2021. Pertanto, sulla base delle considerazioni sopra evidenziate, non sembrano ravvisarsi, sul piano metodologico, elementi di criticità in relazione al criterio di prudenzialità sopra richiamato.

In ordine alla predetta ricostruzione appare comunque necessario acquisire l’avviso del Governo.

 

4. Procedimento di quantificazione

Tanto premesso, per quanto attiene al procedimento di quantificazione illustrato dalla relazione tecnica, appare necessario acquisire ulteriori elementi a sostegno delle ipotesi sottostanti l’individuazione degli effetti onerosi prima descritti.

In particolare, si evidenzia che la RT non esplicita gli elementi alla base della previsione di una quota, indicata nella misura del 10 per cento, dei soggetti che, allo scadere del termine di 24 mesi, non troverebbero altra occupazione. Ai fini della verifica di tale parametro, che influenza la stima degli effetti ascritti alle disposizioni in esame, sarebbe necessario acquisire gli elementi di carattere statistico e previsionale, anche attinenti al quadro macroeconomico complessivo e agli andamenti del mercato del lavoro, che giustificano la scelta del predetto parametro e, quindi, l’indicazione di un numero di soggetti interessati pari a 8.000 unità per ciascun anno dell’orizzonte temporale decennale indicato dalla RT.

Si rileva altresì che gli effetti in questione appaiono, dal tenore letterale della RT, riferiti esclusivamente alla riduzione a 24 mesi della durata dei contratti e non alle altre innovazioni introdotte. In proposito appare opportuno acquisire una conferma.

Con riguardo al numero dei contratti a tempo determinato attivati - indicato dalla relazione tecnica in 2 mln al netto dei lavoratori stagionali, agricoli e P.A., e compresi i lavoratori somministrati) - andrebbero acquisiti elementi di raccordo rispetto alle statistiche diffuse dall’INPS sui nuovi rapporti di lavoro a termine attivati nel 2017, indicati in circa 4,5 mln al netto di quelli relativi ai settori dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dei settori dell’amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, istruzione, sanità e assistenza sociale[2].

Per quanto attiene inoltre agli effetti previsti sulla spesa per l’erogazione della Naspi in conseguenza della riduzione della durata dell’istituto (maggiore spesa per il 2018 ed il 2019 e minore spesa dal 2020), ai fini della verifica delle stime riportate dalla RT andrebbero acquisti gli elementi ad esse sottostanti con particolare riguardo all’importo medio della Naspi utilizzato per la quantificazione e alla distribuzione dei contratti per classi di durata.

Infine, con riguardo agli effetti fiscali, che contribuiscono, dal 2019, alla riduzione dell’effetto netto di minore entrata contributiva attribuito alle norme in esame, si osserva che la relazione tecnica non esplicita gli elementi di calcolo considerati ai fini della stima. Quest’ultima dovrebbe infatti includere sia la variazione di gettito connessa al previsto andamento della spesa per NASPI sia l’incremento di gettito attribuibile alla riduzione dell’ammontare dei contributi versati che, in base alla vigente normativa, risultano deducibili dalla base imponibile. Andrebbero acquisiti chiarimenti in proposito tenuto conto che la relazione non fornisce separata evidenza di tali componenti e non esplicita i parametri di calcolo ad esse sottostanti.

 

ARTICOLO 3

Indennità di licenziamento ingiustificato e incremento contribuzione contratto a tempo determinato

Normativa previgente. L’articolo 3, comma 1, del D. Lgs. 23/2015 stabilisce che, nei casi in cui risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiari estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanni il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore complessivamente a 4 e non superiore a 24 mensilità. A tale norma non erano ascritti effetti per la finanza pubblica.

L’articolo 2, comma 28, della L. 92/2012 prevede inoltre che ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. La RT quantificava le maggiori entrate contributive al netto del fisco come segue:

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

 

0

604

356

483

498

509

520

530

541

551

 

Le norme modificano l’articolo 3, comma 1, del D. Lgs. 23/2015, incrementando da 4 a 6 e da 24 a 36, rispettivamente, il limite minimo e massimo del numero di mensilità da corrispondere al lavoratore in caso di licenziamento privo di giustificato motivo oggettivo o soggettivo o di giusta causa (comma 1).

Si prevede altresì che il contributo addizionale di cui all’articolo 2, comma 28, della legge 92/2012, applicato ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato, è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Maggiori entrate contributive

 

Aumento del contributo addizionale di cui all'articolo 2 , comma 28 del DL n. 92/2012

 

 

 

 

11,30

68,60

69,30

70,00

11,30

68,60

69,30

70,00

Minori spese correnti

 

Aumento del contributo addizionale di cui all'articolo 2 , comma 28 del DL n. 92/2012

11,30

68,60

69,30

70,00

 

 

 

 

 

 

 

 

Minori entrate fiscali

 

Aumento del contributo addizionale di cui all'articolo 2 , comma 28 del DL n. 92/2012 – Effetti fiscali

 

10,30

17,30

17,50

10,30

17,30

17,50

10,30

17,30

17,50

10,30

17,30

 

La relazione tecnica afferma, in relazione al comma 1, che la norma non comporta oneri ai fini dei saldi di finanza pubblica

La RT afferma altresì, in relazione al comma 2, che, ai fini della stima dell’effetto finanziario derivante dall’aumento del contributo addizionale di cui all’art. 2, comma 28, della L. 92/2012, in assenza di informazioni puntuali riguardanti il numero e la durata media dei rinnovi per singolo contratto a tempo determinato attivato in ciascun anno, le valutazioni sono state formulate sulla base delle seguenti ipotesi:

- numero annuo di contratti a tempo determinato attivati (al netto dei lavoratori stagionali, agricoli e P.A. e compresi i lavoratori somministrati) pari a 2 milioni (elaborazioni su dati delle comunicazioni obbligatorie fornite dal Ministero del Lavoro);

- numero medio rinnovi per ciascun contratto pari a uno;

- percentuale di rinnovi pari al 75% sulla base delle tendenze attuali e degli effetti dell’applicazione del decreto in oggetto;

- durata media del rinnovo pari a 5 mesi;

- retribuzione media mensile di 1.800 euro.

La RT precisa inoltre che l’incremento del contributo addizionale è stato stimato esclusivamente per i rinnovi contrattuali e non anche per le proroghe secondo quanto indicato nella norma proposta.

Le retribuzioni mensili sono state rivalutate sulla base dei parametri contenuti nel Documento di Economia e Finanza 2018 deliberato in data 26 aprile 2018.

Nella tabella seguente sono riportate le maggiori entrate derivanti dalla proposta di modifica normativa in esame, ottenute considerando le scadenze di pagamento dei contributi.

Di seguito si riporta la tabella con il riepilogo, per gli anni 2018-2028, degli effetti finanziari complessivi derivanti dalle norme proposte.

Oneri (+)/risparmi (-) (milioni di euro)

Anno

Numero di rinnovi (in migliaia)

Maggiori entrate contributive al lordo fisco

Maggiori entrate contributive al netto fisco

2018

625

-11,3

-11,3

2019

1.500

-68,6

-58,3

2020

1.500

-69,3

-52,0

2021

1.500

-70,0

-52,5

2022

1.500

-70,7

-52,5

2023

1.500

-71,4

-53,5

2024

1.500

-72,1

-54,1

2025

1.500

-72,9

-54,7

2026

1.500

-73,6

-55,2

2027

1.500

-74,4

-55,8

2028

1.500

-75,1

-56,1

 

         Oneri (+)/risparmi (-) (milioni di euro)

Anno

Totale lordo fisco

Totale comprensivo effetti fiscali

2018

5,9

5,9

2019

57,3

60,7

2020

-45,8

-37,0

2021

-66,5

-52,2

2022

-67,2

-52,7

2023

-67,8

-53,2

2024

-68,5

-53,8

2025

-69,3

-54,4

2026

-70,0

-55,0

2027

-70,7

-55,5

2028

-71,4

-56,0

 

Al riguardo, con riferimento al comma 1, si rileva che la relazione tecnica non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica. Ciò appare spiegabile in considerazione del fatto che l’incremento da 4 a 6 e da 24 a 36, rispettivamente, del limite minimo e massimo del numero di mensilità da corrispondere al lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa riguarda trasferimenti tra privati, senza quindi effetti sui saldi di finanza pubblica, trattandosi tra l’altro di somme non soggette a imposizione fiscale o contributiva.

La RT riferita al D. Lgs. 23/2015 ha specificato che l'indennità in esame non ha natura retributiva, venendo erogata al di fuori del sinallagma del rapporto di lavoro.

Per quanto attiene al comma 2, la RT quantifica maggiori entrate relative all’incremento dell’aliquota relativa al contributo addizionale di cui all’art. 2, comma 28, della L. 92/2012, sulla base di specifici parametri. In base a questi ultimi, la quantificazione del maggior gettito contributivo previsto appare sostanzialmente corretta. Peraltro, con particolare riguardo alla percentuale di rinnovi, indicata in misura pari al 75%, la RT afferma che la stessa si desume dalle tendenze attuali e dagli effetti dell’applicazione del decreto in esame: appare necessario che sia fornita evidenza degli elementi sottostanti l’individuazione della predetta percentuale, distinguendo quelli desunti dalle tendenze in atto e quelli che sono invece riferibili specificamente all’introduzione della disciplina in esame. Conseguentemente andrebbero esplicitate anche le ipotesi formulate riguardo alla ricollocazione del restante 25 per cento al fine di verificare l’eventuale impatto sulla finanza pubblica (in termini di variazioni di gettito contributivo e/o di spesa per Naspi).

 

ARTICOLO 4

Differimento dei termini di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali in tema di diplomati magistrali

La norma stabilisce che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca debba dare esecuzione,  entro 120 giorni dalla data di comunicazione, alle decisioni giurisdizionali che comportano la decadenza dei contratti, a tempo determinato o indeterminato, stipulati, fino al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame), presso le istituzioni scolastiche statali, con i docenti in possesso del titolo di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002.

Il testo specifica che la norma è emanata al fine di assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2018/2019 e di salvaguardare la continuità didattica nell'interesse degli alunni e tenuto conto dell'elevato numero dei destinatari delle predette decisioni.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, afferma che la norma ha carattere ordinamentale poiché si limita a disciplinare le modalità di esecuzione delle sentenze che definiranno nel merito i ricorsi proposti dai diplomati magistrali, prevedendo che l’articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30 – che, come noto, concede alle pubbliche amministrazioni statali ed agli enti pubblici non economici il termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo per completare le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro – trovi applicazione anche con riferimento all’esecuzione, da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di quei provvedimenti giurisdizionali che caducheranno le decisioni, sia cautelari che di merito, che hanno reso possibile la stipula dei contratti di lavoro a tempo indeterminato. In particolare, prosegue la relazione tecnica, rimangono immutati i limiti all’organico dei docenti posti dall’articolo 1, comma 201, della legge n. 107 del 2015, nonché le vigenti facoltà assunzionali, che la medesima legge fissa in misura pari alla copertura di tutti i posti vacanti e disponibili, autorizzati per la relativa copertura.

Né è possibile che la norma comporti la stipula di contratti di lavoro in esubero rispetto all’organico, poiché su ciascun posto sarà comunque possibile la nomina di un solo docente.

Pertanto, la norma non comporta nuovi o maggiori oneri per le finanze pubbliche.

 

Al riguardo, si rileva che le disposizioni in esame non appaiono suscettibili di determinare effetti finanziari diretti, tenuto conto di quanto affermato nella relazione tecnica e considerato che la norma della quale si prevede l’applicazione alle fattispecie in esame (l’articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669) era priva di effetti finanziari.

Andrebbe peraltro acquisita la valutazione del Governo in merito ad eventuali effetti di carattere indiretto connessi al contenzioso in essere, al fine di escludere profili di onerosità.

 

ARTICOLO 5

Misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali

Le norme dispongono che, fatti salvi i vincoli derivanti dai trattati internazionali, le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell'attribuzione del beneficio, decadono dal beneficio medesimo qualora l'attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in Stati non appartenenti all'Unione europea, ad eccezione degli Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo, entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata.

In caso di decadenza, l'amministrazione titolare della misura di aiuto, anche se priva di articolazioni periferiche, accerta e irroga, secondo quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n.689, una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'aiuto fruito (comma 1).

Inoltre, le norme dispongono che, fatti salvi i vincoli derivanti dalla normativa europea, le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l'effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati ai fini dell'attribuzione di un beneficio, decadono dal beneficio medesimo qualora l'attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata dal sito incentivato in favore di unità produttiva situata al di fuori dell'ambito territoriale del predetto sito, in ambito nazionale, dell'Unione europea e degli Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo, entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa o del completamento dell'investimento agevolato (comma 2).

I tempi e le modalità per il controllo del rispetto del vincolo di cui ai commi 1 e 2, nonché per la restituzione dei benefici fruiti in caso di accertamento della decadenza, sono definiti da ciascuna amministrazione con propri provvedimenti volti a disciplinare i bandi e i contratti relativi alle misure di aiuto di propria competenza. L'importo del beneficio da restituire per effetto della decadenza è, comunque, maggiorato di un tasso di interesse pari al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di erogazione o fruizione dell'aiuto, maggiorato di cinque punti percentuali (comma 3).

Per i benefici già concessi o banditi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, resta ferma l'applicazione della disciplina vigente anteriormente alla medesima data (comma 4).

Si prevede l’applicazione del decreto legislativo n. 123/1998, in base al quale i crediti derivanti dalla restituzione dei benefici costituiscono privilegio dello Stato con conseguente applicazione del recupero mediante iscrizione a ruolo. Per gli aiuti di Stato concessi da amministrazioni centrali dello Stato, gli importi restituiti affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, nel medesimo importo, all'amministrazione titolare della misura e vanno a incrementare le disponibilità della misura stessa (comma 5).

La norma reca, inoltre, una definizione di delocalizzazione, termine con il quale si intende il trasferimento di attività economica o di una sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito, da parte della medesima impresa beneficiaria dell'aiuto o di altra impresa con la quale vi sia rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile (comma 6).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta nuovi oneri per il bilancio dello Stato, in quanto essa verrà attuata, secondo la RT, da ciascuna amministrazione pubblica, che gestisce la misura di aiuto interessata, con le risorse umane e strumentali già dedicate alla misura stessa.  

Inoltre, la RT precisa che non sono stati considerati per ragioni prudenziali i possibili effetti positivi per la finanza pubblica derivanti dal recupero dell'aiuto indebitamente fruito e dall’eventuale sanzione amministrativa, nell’ipotesi prudenziale che i soggetti interessati rispettino la nuova condizione prevista per la fruizione delle agevolazioni.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per i profili di quantificazione tenuto conto di quanto chiarito dalla relazione tecnica e nel presupposto che le somme revocate siano utilizzate nel rispetto delle dinamiche di spesa scontate ai fini dei saldi di finanza pubblica, senza determinare quindi effetti di cassa connessi al diverso sviluppo temporale del recupero delle somme e del successivo impiego delle stesse.

Quanto agli adempimenti connessi all’attuazione delle disposizioni in esame, si rileva che, per quanto riguarda le amministrazioni dello Stato, già a legislazione vigente (d. lgs. n. 123/1998) il soggetto competente a concedere interventi di sostegno pubblico alle imprese provvede a ispezioni e controlli, con oneri a carico dei Fondi per gli interventi agevolativi, nonché alla revoca, in presenza di determinati presupposti, dei benefici e all’irrogazione delle sanzioni. In ordine a tale aspetto e alla possibilità per le amministrazioni di far fronte agli adempimenti previsti ad invarianza di risorse appare comunque opportuno acquisire una conferma dal Governo.

 

ARTICOLO 6

Tutela dell'occupazione nelle imprese beneficiarie di aiuti

Le norme prevedono che, qualora un’impresa italiana o estera, operante nel territorio nazionale e beneficiaria di misure di aiuto di Stato con valutazione dell'impatto occupazionale, riduca senza giustificato motivo oggettivo i livelli di occupazione degli addetti all'unità produttiva o all'attività interessata dal beneficio nei cinque anni successivi alla data di completamento dell'investimento, la stessa azienda decade dal beneficio in presenza di una riduzione di tali livelli superiore al 10 per cento. La decadenza dal beneficio è disposta in misura proporzionale alla riduzione del livello occupazionale ed è comunque totale in caso di riduzione superiore al 50 per cento (comma 1).

Per le restituzioni dei benefici si applicano le disposizioni di cui al precedente articolo 5, commi 3 e 5 (comma 2).

Le disposizioni in esame si applicano ai benefici concessi o banditi, nonché agli investimenti agevolati avviati, successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 3).

 

La relazione tecnica non ascrive alle disposizioni in esame effetti di gettito considerato che non sono attualmente vigenti agevolazioni tributarie che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale.

 

Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare per i profili di quantificazione, atteso quanto specificato dalla RT circa l’assenza nell’ordinamento vigente di agevolazioni tributarie che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale.

Si osserva inoltre che la disposizione in esame richiama l’art. 5, comma 5, in base al quale per gli aiuti di Stato concessi da amministrazioni centrali dello Stato, gli importi restituiti affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, nel medesimo importo, all'amministrazione titolare della misura e vanno a incrementare le disponibilità della misura stessa. In proposito si rinvia alle osservazioni formulate con riguardo al medesimo articolo 5.

 

ARTICOLO 7

Recupero del beneficio dell’iper ammortamento

La norma condiziona l’applicazione del beneficio dell’iper ammortamento, previsto dal comma 9 dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016, alla circostanza che i beni agevolabili siano destinati a strutture situate nel territorio dello Stato.

In proposito si ricorda che il comma 9 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016 ha previsto la maggiorazione del 150 per cento del costo di acquisizione dei beni materiali strumentali nuovi. La disposizione, così come previsto dal comma 30 dell’articolo 1 della legge n. 205 del 2017, si applica agli investimenti in beni materiali strumentali nuovi effettuati entro il 31 dicembre 2018, ovvero entro il 31 dicembre 2019, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2018 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.

In particolare, si prevede che, qualora nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione del costo i beni agevolati vengano ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa, si proceda al recupero dell’iper ammortamento.

Il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodo d’imposta senza applicazione di sanzioni o interessi.

Le disposizioni si applicano agli investimenti effettuati successivamente al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

Le disposizioni, inoltre, non si applicano agli interventi sostitutivi effettuati ai sensi dei commi 35 e 36[3] dell’articolo 1 della legge n. 205/2017.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che, sotto l’aspetto strettamente di gettito, prudenzialmente alla misura non si ascrivono effetti.

 

Al riguardo, si rileva che la disposizione consente il recupero di un beneficio fiscale con effetti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame. Tenuto conto che la relazione tecnica, in via prudenziale, non ascrive effetti di maggior gettito alla disposizione, non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.

 

ARTICOLO 8

Credito d’imposta ricerca e sviluppo

La norma prevede che, ai fini dell’applicazione del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3, comma 1, del DL n. 145 del 2013, non si considerino ammissibili i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei beni immateriali di cui al comma 6, lettera d),[4] del citato articolo 3, derivanti da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo.

La disposizione in esame si applica a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, anche in relazione al calcolo dei costi ammissibili imputabili ai periodi d'imposta rilevanti per la determinazione della media di raffronto. Per gli acquisti derivanti da operazioni infragruppo intervenute nel corso dei periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, resta comunque ferma l'esclusione dai costi ammissibili della parte del costo di acquisto corrispondente ai costi già attributi in precedenza all'impresa italiana in ragione della partecipazione ai progetti di ricerca e sviluppo relativi ai beni oggetto di acquisto. Resta altresì ferma la condizione secondo cui, agli effetti della disciplina del credito d'imposta, i costi sostenuti per l'acquisto, anche in licenza d'uso, dei suddetti beni immateriali, assumono rilevanza solo se i suddetti beni siano utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto della disposizione, secondo cui ai fini della fruizione del credito d’imposta in ricerca e sviluppo non assumono rilevanza i costi di acquisto di beni immateriali derivanti da operazioni infragruppo, ed afferma che, sotto l’aspetto strettamente di gettito, prudenzialmente alla misura non si ascrivono effetti.

 

Al riguardo, si rileva che la disposizione limita l’ambito applicativo della disciplina relativa alla concessione del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo. In proposito, tenuto conto del carattere di prudenzialità della relazione tecnica, la quale non ascrive alla norma effetti di maggior gettito, non si formulano osservazioni per i profili di quantificazione.

 

ARTICOLO 9

Divieto di pubblicità di giochi e scommesse e incremento del PREU

Normativa previgente. Con riferimento alla materia dei giochi e delle scommesse, è opportuno dar conto della normativa in materia di pubblicità e in materia di prelievo unico erariale (PREU) sulla quale incide l’articolo in esame.

L’ordinamento già prevede talune limitazioni e prescrizioni per la pubblicità di giochi e scommesse.

In sintesi, per i giochi con vincite in denaro:

- è vietata la pubblicità in trasmissioni e rappresentazioni rivolte ai minori nonché nella stampa periodica e quotidiana agli stessi rivolta;

- è vietata la pubblicità che incita al gioco, evidenzia la presenza di minori oppure omette talune formule di avvertimento e informative (ad es.: sul rischio di dipendenza);

- la pubblicità deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita;

- formule di avvertimento sul rischio di dipendenza e probabilità di vincita devono essere riportate su schedine o tagliandi, sugli apparecchi noti come “new slot” o AWP, in apposite targhe esposte nei locali con apparecchi VLT e nei punti di vendita di scommesse sportive e non sportive, nonché nei siti internet destinati a giochi con vincite in denaro;

- in caso di violazione delle predette norme, sono previste sanzioni amministrative, per le quali la competenza è affidata all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (art. 7, commi 4-7, DL 158/2012, noto come “legge Balduzzi”). A tali norme non sono stati ascritti effetti finanziari negativi. Secondo la relazione tecnica allegata al DL 158/2012, le misure in esame, anche di carattere sanzionatorio, sono dirette a contrastare il fenomeno crescente della ludopatia e non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Le predette previsioni sono poi state rafforzate e ulteriormente specificate, soprattutto con riferimento alla pubblicità radiofonica e televisiva e ai giochi e concorsi di carattere promozionale, dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 923 e commi 937-940, al cui testo si rinvia per i dettagli): per le sanzioni amministrative pecuniarie relative alla pubblicità sull’audiovisivo, la competenza all’accertamento degli illeciti e all’irrogazione è stata affidata all’Agcom. Il successivo comma 941 prevede campagne di informazione e sensibilizzazione, rivolte principalmente alle scuole di ogni ordine e grado (cosiddetto “pacchetto giochi”).

Anche al pacchetto giochi non sono stati ascritti effetti finanziari negativi. Secondo la relazione tecnica, le norme (che comportano una limitazione della pubblicità sul mezzo televisivo e radiofonico ma non introducono un divieto assoluto) non necessariamente producono significativi effetti riduttivi del gettito atteso.

Si rammenta, per completezza, che con riferimento ai giochi esercitati abusivamente da soggetti privi di concessione, autorizzazione o licenza è comunque vietata la pubblicità: la relativa violazione è sanzionata penalmente (art. 4 della legge n. 401/1989).

Il gioco mediante “macchinette” è soggetto al prelievo erariale unico (PREU), che costituisce un’entrata nel bilancio dello Stato (Titolo I, Entrate tributarie; Categoria V, Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco; Unità di voto 1.1.11, Imposte gravanti sui giochi; Capitolo 1821, Prelievo erariale dovuto ai sensi del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, sugli apparecchi e congegni di gioco, di cui all'art. 110, comma 6, del regio decreto n. 773 del 1931). Si rammenta che tale aliquota è applicata alla “raccolta” (ossia al totale delle somme giocate).

L’art. 6, comma 1, del DL 24 aprile 2017, n. 50 ha, da ultimo, stabilito l’aliquota del PREU sugli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del RD n. 773 del 1931 nei seguenti termini:

- 19% per gli apparecchi di cui alla lettera a) (cosiddetti AWP o newslot);

- 6% per gli apparecchi di cui alla lettera b) (cosiddetti VLT).

Le predette aliquote sono applicabili a decorrere dal 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del decreto-legge).

In precedenza, la legge di stabilità per il 2016 (art. 1, commi 918 e 919) aveva fissato il PREU nelle seguenti misure, a decorrere dal 1° gennaio 2016: 17,5% della raccolta per gli apparecchi di cui alla lettera a) e 5,5% della raccolta per gli apparecchi di cui alla lettera b)

La relazione tecnica al DL n. 50/2017 ha ascritto i seguenti effetti ai due sopradetti incrementi:

- AWP: dal 17,5% al 19% (incremento dell’1,5%): 200 mln annui;

- VLT: dal 5,5% al 6% (incremento dello 0,5%): 70 mln annui.

Relativamente al primo anno di applicazione, le stime erano proporzionalmente ridotte per tener conto dell’entrata in vigore durante il mese di aprile.

Le predette stime erano basate su alcune assunzioni ed ipotesi, fra le quali – ai fini dell’analisi dell’articolo ora in esame - si ritiene utile rammentare le seguenti:

- per le AWP la raccolta futura veniva stimata in 25,35 miliardi annui;

- tale raccolta era stimata in diminuzione rispetto agli anni precedenti tenuto conto che le nuove schede (introdotte nel 2016, l’anno precedente) avevano un minore payout (il payout è la percentuale delle vincite sul totale delle somme giocate);

- per le VLT la raccolta futura era stimata in 22,4 miliardi annui (anch’essa in diminuzione per effetto della riduzione del payout);

- l’aumento del PREU avrebbe comportato, presumibilmente, la necessità, da parte della filiera, di ridurre il payout, che era pari all’88% medio. A sua volta, la riduzione del payout avrebbe potuto comportare una riduzione della raccolta per effetto del decremento della domanda. Infatti, proseguiva la relazione tecnica, nel comparto delle VLT assume una certa rilevanza, per le particolari modalità di gioco e alla luce dell’alto livello di payout, il c.d. “rigioco”, cioè il reimpiego delle somme vinte: quindi, la riduzione del payout avrebbe comportato una riduzione del rigioco. Tenendo conto, infine, dell’incidenza della predetta diminuzione del rigioco, la riduzione della base imponibile soggetta a PREU poteva essere stimata nell’ordine del 2 o 3 per cento. La RT assumeva pertanto, ai fini della quantificazione, una riduzione della raccolta pari al 3%.

 

Le norme vietano, dalla data di entrata in vigore del DL in esame, qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo: dal 1° gennaio 2019 sono vietate anche le sponsorizzazioni e altre forme di promozione. Sono esclusi dal divieto: le lotterie nazionali a estrazione differita (come, ad esempio, la “Lotteria Italia”), le manifestazioni di sorte locali (come, ad esempio, le lotterie, le tombole e le pesche organizzate da enti morali, comitati assistenziali, partiti politici ecc. per autofinanziamento e simili[5] ) e i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Restano comunque ferme le vigenti limitazioni di cui alla “legge Balduzzi” e al “pacchetto giochi”, sopra descritte (comma 1).

Sono previste sanzioni amministrative pecuniarie per l’inosservanza del divieto, a carico del committente, del proprietario del mezzo o del sito di diffusione o di destinazione e dell’organizzatore della manifestazione, evento o attività, nella misura del 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a euro 50.000 (comma 2).

Competente alla contestazione e all’irrogazione delle sanzioni è l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che vi provvede ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 (la quale, al Capo I, reca le norme generali sulle sanzioni amministrative) (comma 3).

I proventi delle sanzioni amministrative, incluse quelle pagate in misura ridotta, sono versati all’entrata del bilancio statale e riassegnati allo stato di previsione della spesa del Ministero della salute, per essere destinati al fondo per il contrasto al gioco d'azzardo patologico (comma 4).

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 1, comma 946, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), al fine di garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dal gioco d'azzardo patologico (GAP), come definito dall'Organizzazione mondiale della sanità, presso il Ministero della salute è istituito il Fondo per il gioco d'azzardo patologico (GAP). Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome. Ai sensi della legge di bilancio per il 2018, su tale fondo sono stati stanziati 50 milioni di euro per ciascuna delle annualità del triennio (cap. 4386, Stato di previsione del Ministero della salute).

Quale norma transitoria, ai contratti di pubblicità in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del DL in esame resta applicabile, fino alla loro scadenza e comunque per non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la normativa vigente anteriormente alla medesima data (comma 5).

Il PREU è incrementato nelle seguenti misure:

- per le AWP[6] (aliquota attuale: 19%): l’aliquota passa al 19,25% dal 1° settembre 2018 e al 19,5 per cento a decorrere dal 1° maggio 2019;

- per le VLT[7] (aliquota attuale: 6%): l’aliquota passa al 6,25% dal 1° settembre 2018 e al 6,5 per cento a decorrere dal 1° maggio 2019 (comma 6).

Agli oneri derivanti dal comma 1 (divieto di pubblicità), pari a 147 milioni di euro per l’anno 2019 e a 198 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate di cui al comma 6 (incremento del PREU) (comma 7).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Minori entrate tributarie

 

Contrasto alla ludopatia - Minori entrate derivanti dall'introduzione del divieto di pubblicità su lotterie e giochi numerici (comma 1)

 

112,00

150,00

150,00

 

112,00

150,00

150,00

 

112,00

150,00

150,00

Contrasto alla ludopatia - Minori entrate derivanti dall'introduzione del divieto di pubblicità su gioco on line (escluse scommesse sportive) (comma 1)

 

20,00

28,00

28,00

 

20,00

28,00

28,00

 

20,00

28,00

28,00

Contrasto alla ludopatia - Minori entrate derivanti dall'introduzione del divieto di pubblicità su scommesse sportive (comma 1)

 

15,00

20,00

20,00

 

15,00

20,00

20,00

 

15,00

20,00

20,00

Maggiori entrate extratributarie

 

Giochi: Aumento PREU AWP e VLT (comma 6)

39,50

195,50

234,00

234,00

39,50

195,50

234,00

234,00

39,50

195,50

234,00

234,00

 

La relazione tecnica afferma che, sulla base dei dati in possesso dell’amministrazione e delle informazioni provenienti dai concessionari, si stima che gli investimenti pubblicitari e di sponsorizzazione nel settore dei giochi si aggirino, complessivamente, intorno a 150/200 milioni di euro all’anno ed abbiano ad oggetto principale i seguenti giochi:

- lotto, lotterie e giochi numerici (gioco del lotto e giochi complementari, Gratta&Vinci, SuperEnalotto e giochi complementari);

- giochi a distanza (on line), in particolar modo le scommesse sportive e i c.d. giochi da casinò.

La pubblicità degli apparecchi da divertimento (slot) – settore ritenuto a più forte rischio per il gioco cosiddetto problematico – è vicina allo zero (così come la pubblicità del Bingo).

Per quanto riguarda gli impatti sulla finanza pubblica del divieto totale e assoluto di pubblicità sul gioco legale, va tenuto conto che gli investimenti pubblicitari vengono effettuati dai concessionari, mentre l’Agenzia delle dogane e dei monopoli non promuove il gioco legale in alcuna forma.

In ogni caso, secondo la relazione tecnica:

1) può ritenersi che il divieto di pubblicità comincerebbe ad avere impatti negativi sulle entrate erariali non immediatamente, ma dopo 4 o 5 mesi. Pertanto, è ragionevole ritenere che il corrente anno non registrerebbe impatti negativi di rilievo;

2) questi verrebbero avvertiti a cominciare dal 2019, sebbene in forma ridotta nel primo semestre.

 

Lotterie e giochi numerici

Ai fini della stima degli effetti dell’introduzione del divieto totale di pubblicità, può ritenersi, con stima presuntiva, che la riduzione del “giocato” possa stabilizzarsi intorno al 5%.

Secondo la relazione tecnica, considerato che nel 2017 i giochi numerici e le lotterie hanno assicurato all’Erario un introito pari a circa 3 miliardi di euro e che la proiezione dei dati per il 2018 conferma tale trend, il divieto di pubblicità potrebbe comportare una riduzione a regime pari a 150 milioni di euro all’anno.

Si evidenzia che il dato in esame risulta coerente con il comunicato stampa[8], di fonte Aams, su “I dati di spesa ed erario, suddivisi per comune, relativi al primo semestre 2017”: in base al comunicato, nel primo semestre 2017 (dato più recente disponibile) la somma del gettito erariale nazionale riferito alle categorie di giochi: bingo, giochi numerici a totalizzatore, lotterie, lotto è pari a 1.638,8 milioni di euro, dato coerente con un provento di circa 3 miliardi per l’intero anno. Tuttavia, nel bilancio dello Stato per il 2018 (stato di previsione dell’entrata) l’U.d.V. 1.1.10 – Lotto prevede un provento di 7.547 milioni derivante dal gioco del lotto e dagli altri giochi numerici a quota fissa (cap. 1801).[9]

 

Si avrebbe, quindi, la seguente situazione:

 

Lotterie e Giochi numerici

Anno

Minor gettito in milioni di euro

2018

0

2019

112 *

2020

150

2021

150

* Considerando che nel primo semestre la perdita di gettito sarà circa la metà di quella che si avrà nel secondo semestre

 

Tale stima presuntiva è, comunque, avvalorata – secondo la relazione tecnica – dai seguenti dati.

L’ammontare complessivo degli investimenti pubblicitari e sponsorizzazioni nel settore dei giochi numerici e delle lotterie è pari a circa 50 milioni di euro l’anno.

Ipotizzando che il ritorno in termini di ricavi sia pari agli investimenti, si avrebbe che la pubblicità e le sponsorizzazioni producono, per i concessionari, maggiori ricavi pari a 50 milioni di euro l’anno, dovuti ad incremento del giocato.

Ipotizzando che il ritorno in termini di ricavi sia pari agli investimenti, si avrebbe che la pubblicità e le sponsorizzazioni producono, per i concessionari, maggiori ricavi pari a 50 milioni di euro all’anno, dovuti ad incremento del giocato.

Dai dati in possesso dell’Agenzia, relativi agli introiti erariali in questi settori e agli aggi spettanti per legge ai concessionari, emerge che per ogni punto di aggio (ricavo) spettante al concessionario il ritorno per l’erario – al netto degli aggi – è pari a circa 3 volte.

Pertanto, un mancato ricavo di 50 milioni di euro dovuto all’abolizione della pubblicità darebbe un minor introito erariale paragonabile a quello stimato.

Lo stesso risultato si ottiene valorizzando la diminuzione del giocato in relazione ai minori ricavi dei concessionari.

Si fa inoltre presente che è in corso di svolgimento la procedura per l’emanazione del bando di gara per l’attribuzione della nuova concessione relativa al SuperEnalotto. L’introduzione del divieto di pubblicità anche per questo gioco potrebbe comportare una riduzione delle potenziali offerte al rialzo non quantificabile, fermo restando che sarebbe comunque assicurata la realizzazione del gettito previsto in bilancio.

Gioco on line (escluse le scommesse sportive)

Per il gioco on line il divieto assoluto di pubblicità avrebbe effetti senza dubbio maggiori, anche in considerazione del fatto che è in corso la procedura ad evidenza pubblica per l’attribuzione di 80 nuove concessioni, il cui costo è pari a 200 mila euro. Infatti, per questo comparto la pubblicità e la sponsorizzazione rappresentano l’unico modo per farsi conoscere dai giocatori e per distinguersi dagli operatori illegali, contribuendo così allo spostamento del gioco dal settore illegale a quello legale. In proposito, anche la Commissione Europea ha raccomandato ai Paesi membri una regolazione della pubblicità che sia “contenuta e strettamente limitata a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate” e ha affermato che le “comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d’azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell’orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate” (cfr. 2014/478/UE: Raccomandazione della Commissione, del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo on line e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo on line).

Tenendo conto di quanto sopra, può stimarsi che la perdita di “giocato” relativa a questo settore sarà del 20%.

Considerato che il gettito atteso per il 2018 è pari a circa 140 milioni di euro, la perdita può essere stimata, a regime, in misura pari a 28 milioni di euro l’anno.

Si avrebbe, quindi, la seguente situazione:

 

Giochi on line

Anno

Minor gettito in milioni di euro

2018

0

2019

20 *

2020

28

2021

28

* Considerando che nel primo semestre la perdita di gettito sarà circa la metà di quella che si avrà nel secondo semestre

 

Scommesse sportive

La riduzione del “giocato” in tale comparto, attribuibile al divieto di pubblicità, potrebbe stimarsi intorno al 5%, considerando che la rete fisica, essendo visibile all’esterno, attenuerebbe gli effetti del divieto stimati per il gioco on line.

La rete fisica, inoltre, farebbe da traino anche per le scommesse on line, limitatamente a quei brand che sono conosciuti in entrambi i comparti (ad esempio, Snai, Sisal, Lottomatica, Eurobet, ecc.).

Nel 2017 il gettito erariale proveniente dalle scommesse è stato pari a 270 milioni di euro; tuttavia, la proiezione dei dati per il 2018 prevede un consistente aumento (380 milioni di euro). La RT stima quindi che il divieto di pubblicità possa comportare una riduzione a regime di circa tra 20 milioni di euro all’anno.

Si evidenzia che il dato di 270 milioni di euro parrebbe coerente con le previsioni del bilancio dello Stato per il 2018, che prevede, con riferimento alle scommesse, proventi per 275 milioni di euro annui, risultanti dalla somma delle pertinenti voci di entrata (cap. 2528, entrate derivanti da concorsi pronostici e scommesse diverse da quelle ippiche: 20 milioni; cap. 2529, entrate derivanti dalle scommesse e dai concorsi pronostici connessi a manifestazioni ippiche: 160 milioni; cap. 1007, quota del 35 per cento dell'imposta unica sui giuochi di abilità e sui concorsi pronostici, suddiviso in p. g. come segue: 9 milioni per le scommesse ippiche, 33 milioni per le scommesse sportive, 12 milioni per altre scommesse diverse da quelle ippiche e sportive nonché altri concorsi pronostici; cap. 1213, quota del 25 per cento dell'imposta unica sui giuochi di abilità e sui concorsi pronostici, suddiviso in p. g. come segue: 6 milioni per le scommesse ippiche, 25 milioni per le scommesse sportive, 10 milioni per altre scommesse diverse da quelle ippiche e sportive nonché altri concorsi pronostici). Tali previsioni non sembrerebbero, dunque, incorporare il previsto aumento a 380 milioni menzionato dalla relazione tecnica, ma tale scelta potrebbe essere attribuibile all’applicazione del principio di prudenzialità nella formazione del bilancio preventivo.

 

Si avrebbe, quindi, la seguente situazione:

 

Scommesse sportive

Anno

Minor gettito in milioni di euro

2018

0

2019

15 *

2020

20

2021

20

* Considerando che nel primo semestre la perdita di gettito sarà circa la metà di quella che si avrà nel secondo semestre

 

Totale giochi

Anno

Minor gettito in milioni di euro

2018

0

2019

147

2020

198

2021

198

 

Il comma 6 prevede l’aumento del prelievo erariale unico per gli apparecchi per il gioco d’azzardo collegati alla rete telematica, consentiti ai sensi dell’articolo 110, comma 6, lettera a) e lettera b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

Proiettando i dati relativi al periodo gennaio-maggio 2018, il giocato (base imponibile) relativo alle AWP del 2018 sarà di circa 24 miliardi di euro (meno 4,47% rispetto all’anno 2017). Pertanto, per il 2018, mesi da settembre a dicembre, il maggior introito è stimato pari a 20 milioni di euro (24 x 0,25% / 12 x 4). Il giocato relativo alle VLT per il 2018 risulta in linea con quello del 2017 (23,5 Md€). Pertanto, per il 2018, mesi da settembre a dicembre, il maggior introito è stimato pari a 19,5 milioni di euro (23,5 x 0,25% / 12 x 4).

 

Maggior introito anno 2018: 39,5 milioni di euro.

Per quanto riguarda il 2019, l’incremento del PREU di 0,25% per le AWP e per le VLT[10], per i mesi da gennaio ad aprile, comporterà il medesimo incremento previsto per l’ultimo quadrimestre del 2018: 39,5 milioni di euro.

Per quanto riguarda il periodo dal 1° maggio 2019 in avanti, in cui la norma prevede un ulteriore incremento di 0,25%, cosicché l’aumento totale sarà pari allo 0,50% per ciascuna tipologia di apparecchi, si osserva quanto segue.

Assumendo per il 2019 lo stesso valore di raccolta del 2018, il maggior introito per l’Erario sarebbe pari a 120 milioni di euro all’anno (24 miliardi x 0,5%).

Il giocato relativo alle VLT per il 2018 risulta in linea con quello del 2017 (23,5 miliardi). Per tale tipologia di apparecchi, per i quali il payout di mercato è superiore a quello minimo previsto dalla legge (85%), l’incremento del PREU potrebbe comportare la riduzione del payout da parte dei concessionari e, quindi, l’aumento del rapporto percentuale costo/vincita potenziale, a svantaggio dei giocatori, con conseguente riduzione del giocato. Ipotizzando una riduzione del giocato del 3%, si avrebbe, per il 2019, un ammontare di giocato pari a 22,8 miliardi. Applicando l’incremento di aliquota a tale base, si ottiene un incremento del gettito pari a 114 milioni di euro, per un totale complessivo, tra AWP e VLT, di 234 milioni di euro.

In merito alla prevista riduzione del 3% del giocato, la relazione tecnica evidenzia che l’eventualità che i concessionari possano ridurre il payout delle VLT - non verificatosi a seguito dell’aumento di aliquota previsto dall’art. 6 del D.L. n. 50/2017, presumibilmente per evitare la ricertificazione di tutti i giochi presenti nel sistema - nel 2019 potrebbe invece concretizzarsi, sulla base della considerazione che i concessionari, per effetto dell’entrata in vigore, dal 1° aprile 2019 delle nuove regole tecniche delle VLT, dovranno comunque provvedere alla ricertificazione dei sistemi e, approfittando di questa occasione, potrebbero procedere alla riduzione del payout con messa in esercizio da tale data.

Tenuto conto che l’ulteriore aumento previsto decorre dal 1° maggio 2019, il maggior incremento per tale annualità è pari a 156 milioni di euro (234/12x8) al quale sommare l’incremento di 39,5 del periodo gennaio – aprile 2019.

 

Anno

Maggior gettito in milioni di euro

2018

39,5

2019

195,5

a decorrere dal 2020

234

 

Il comma 7 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’introduzione del divieto di pubblicità di cui al presente articolo mediante quota parte delle maggiori entrate previste al comma 6.

 

Al riguardo, si rileva che la norma introduce un divieto generalizzato di pubblicità per i giochi e le scommesse, sia in rete fisica sia a distanza. Il divieto è assistito da un apparato sanzionatorio in relazione al quale la competenza all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni è attribuita all’Agcom. Al predetto divieto vengono ascritti oneri per minor gettito tributario, che la relazione tecnica e il prospetto riepilogativo valutano in 147 milioni per l’anno 2019 e in 198 milioni annui a decorrere dal 2020. A copertura di tali oneri, la norma introduce altresì un graduale aumento del PREU, cui la relazione tecnica e il prospetto riepilogativo ascrivono effetti di maggior gettito valutati in 39,5 milioni nel 2018, 195,5 milioni nel 2019 e 234 milioni annui a decorrere dal 2020.

Con riferimento alla riduzione di gettito tributario, si osserva preliminarmente che i risultati numerici delle stime sono coerenti con i dati forniti e con le ipotesi assunte dalla relazione tecnica. Si osserva altresì che a precedenti provvedimenti limitativi della pubblicità (legge Balduzzi e pacchetto giochi 2016, aventi peraltro portata meno ampia della norma in esame), non sono stati ascritti effetti negativi e che l’ipotesi di una riduzione della raccolta del 3% per le VLT è coerente con recenti quantificazioni.

Nel prendere dunque atto delle assunzioni su cui la RT basa le stime, sarebbe comunque opportuno acquisire elementi più puntuali in merito al gettito attribuito al gioco del Lotto: infatti, il gettito annuo di circa 3 miliardi appare congruo con i più recenti dati pubblicati dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli (I semestre 2017); andrebbero tuttavia forniti elementi di raccordo rispetto alle previsioni iscritte nella legge di bilancio 2018 (U.d.V. 1.1.10 – Lotto) che prevede un provento di 7.547 milioni derivante dal gioco del lotto e dagli altri giochi numerici a quota fissa (provento che, secondo la ripartizione in capitoli, parrebbe interamente attribuibile al gioco del lotto medesimo). Inoltre, in merito alle ipotesi formulate circa le previste percentuali di riduzione della raccolta, andrebbero esplicitati gli elementi ad esse sottostanti nonché i dati di raffronto con gli effetti, ove disponibili, verificati in relazione a precedenti disposizioni legislative che hanno introdotto limitazioni della pubblicità.

Con riferimento all’introduzione di nuove sanzioni, non considerata dalla relazione tecnica, appare necessario acquisire elementi per suffragare l’assunzione che l’Agcom possa far fronte ai nuovi adempimenti con le risorse disponibili a legislazione vigente: pur rilevando, infatti, che l’Agcom è già titolare di alcune competenze sanzionatorie in materia di giochi, relativamente ai divieti in campo radiotelevisivo, si osserva che il divieto posto dalla norma in esame è di portata più ampia, essendo riferito alla totalità dei mezzi di comunicazione, alle pubblicità indirette, alle sponsorizzazioni ecc. Inoltre, nel primo anno di applicazione (per il quale è transitoriamente prevista la validità di taluni contratti pubblicitari già in essere), il procedimento di irrogazione delle sanzioni dovrebbe basarsi anche sull’esame della decorrenza e della perdurante validità dei rispettivi contratti per valutare se la pubblicità rientri nella disciplina transitoria.

Con riferimento all’incremento del PREU, si rileva che le stime appaiono coerenti con i dati e le ipotesi di base, in linea, a loro volta, con gli elementi forniti in precedenti relazioni tecniche riferite a fattispecie analoghe. Andrebbero comunque chiarite le ragioni per le quali i relativi introiti siano qualificati dal prospetto riepilogativo come entrate extratributarie piuttosto che tributarie (secondo quanto riportato in recenti relazioni tecniche e in conformità con la classificazione nel bilancio dello Stato) e andrebbe acquisita conferma del fatto che la RT – come sembra desumersi dai procedimenti di calcolo seguiti -  assuma, per le macchinette VLT, che la riduzione della raccolta prevista nel 2019 non abbia effetto nel primo quadrimestre.

Ciò in quanto gli effetti attribuiti al primo quadrimestre 2019 risultano uguali a quelli attribuiti all’ultimo quadrimestre 2018, a parità di aliquota (6,25%).

Inoltre, alla luce della prevista contrazione della raccolta, andrebbero acquisiti elementi volti a verificare se, in virtù delle disposizioni in esame, possano determinarsi effetti di riduzione del gettito dell’addizionale sulle vincite eccedenti i 500 euro che, relativamente agli apparecchi VLT, è stata da ultimo fissata al 12 per cento a decorrere dal 1° ottobre 2017 (art. 6, comma 3, del DL 50/2017).

Si rammenta che al raddoppio dell’aliquota (dal 6 al 12 per cento) la RT allegata al DL 50/2017 aveva ascritto effetti per 95 milioni di euro annui (per le VLT e per gli altri giochi sottoposti ad addizionale) “a parità di base imponibile rispetto al 2016”.

 

ARTICOLO 10

Disposizioni in materia di redditometro

Normativa previgente. L’articolo 38 del DPR n. 600 del 1973 disciplina l’istituto dell’accertamento sintetico (c.d. “redditometro”), prevedendo che l’Amministrazione sia sempre autorizzata a determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente anche sulla base delle spese di qualsiasi genere, sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento sia avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile. La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. La determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato.

In attuazione delle suddette disposizioni è stato emanato il DM 16 settembre 2015 recante i parametri e le modalità attuative dell’accertamento sintetico del reddito complessivo delle persone fisiche per gli anni d'imposta a decorrere dal 2011.

Con riferimento ai effetti finanziari della disciplina dell’accertamento sintetico si rileva che all’articolo 22 del DL 78/2010, che da ultimo ha modificato la citata disciplina, furono ascritti effetti di maggior gettito pari a 741,2 milioni nel 2011, 1.268,8       milioni nel 2012 e 1.374,7 milioni nel 2013 sul saldo netto da finanziare e a 741,2 milioni nel 2011, 708,8 milioni nel 2012, 814,7 milioni nel 2013 sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto.

La norma modifica la disciplina dell’accertamento sintetico prevedendo che il Ministero dell’economia e delle finanze emani il decreto che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva sentiti l’ISTAT e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti.

Viene, inoltre, abrogato il vigente DM 16 settembre 2015 con effetto dall’anno d’imposta 2016.

Vengono comunque fatti salvi gli inviti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e gli atti previsti dall’articolo 38, comma 7, del DPR n. 600 del 1973, per gli anni di imposta fino al 2015. In ogni caso, la disposizione in esame non si applica agli atti già notificati e non si fa luogo al rimborso delle somme già pagate.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione può considerarsi sostanzialmente neutra in termini finanziari in quanto è prevedibile che il nuovo decreto ministeriale sia emanato in tempo utile per selezionare i soggetti ed effettuare i controlli prima dello spirare dei termini di decadenza per l’anno di imposta 2016, che scadono nel 2022, nei casi in cui la dichiarazione dei redditi è stata presentata, e nel 2024 nei casi in cui è stata omessa.

Con riferimento agli effetti di gettito conseguenti alla disciplina dell’accertamento sintetico si rileva che alla stessa furono ascritti rilevanti effetti di maggiore entrata (741,2 milioni nel 2011, 708,8 milioni nel 2012, 814,7 milioni nel 2013 sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto). In proposito si rileva che nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2017, la Corte dei conti ha evidenziato che nel 2017 sono stati eseguiti 2.024 accertamenti sintetici, con un decremento di oltre il 28 per cento rispetto al 2016 e che gli esiti finanziari conseguiti al 31 dicembre 2017 siano pari a 131,5 milioni nel 2013, 43,6 milioni nel 2014, 21 milioni nel 2015, 5 milioni nel 2016 e 1 milione nel 2017. La Corte afferma al riguardo come l’istituto dell’accertamento sintetico “abbia perso completamente rilievo nell’azione di controllo fiscale”.

 

Al riguardo, si rileva che l’abrogazione, con effetto dall’anno d’imposta 2016, del DM 16 settembre 2015, che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva ai fini dell’applicabilità della disciplina dell’accertamento sintetico a decorrere dal 2011, potrebbe precludere di fatto l’applicabilità della medesima disciplina per gli anni successivi al 2015. In proposito la relazione tecnica afferma che è prevedibile che il nuovo decreto ministeriale sia emanato in tempo utile per selezionare i soggetti ed effettuare i controlli prima dello spirare dei termini di decadenza per l’anno di imposta 2016. Peraltro tale assunzione non trova riscontro nel dettato della norma, che non indica un termine per l’adozione del citato decreto ministeriale. In proposito, andrebbe acquisito l’avviso del Governo, al fine di escludere che la disposizione introdotta possa pregiudicare il gettito atteso da accertamento sintetico negli anni 2016 e successivi.

 

ARTICOLO 11

Disposizioni in materia di invio dei dati delle fatture emesse e ricevute

Normativa previgente. L’art. 21 del DL n. 78/2010 reca disposizioni di contrasto all’evasione fiscale (c.d. “spesometro”). Con modifiche introdotte dall’art. 4 del DL 193/2016 è stato, tra l’altro, previsto l’obbligo, per i soggetti IVA di trasmettere telematicamente, con cadenza trimestrale, comunicazioni IVA contenenti specifiche informazioni tra le quali i dati relativi alle fatture emesse e ricevute. Il termine di presentazione è fissato all’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre. La relazione tecnica ha quantificato effetti di maggior gettito sinteticamente riportati nella seguente tabella.

(milioni di euro)

 

2017

2018

2019

Recupero di gettito da “evasione senza consenso” e frodi

1.320

2.640

2.640

di cui:

 

 

 

-  IVA per trasmissione dati fatture e corrispettivi

1.020

2.040

2.040

-  IIDD per trasmissione dati fatture e corrispettivi

300

600

600

Recupero di gettito da omessi versamenti

90

190

130

Anticipazione dei controlli automatizzati

700

1.400

0

TOTALE

2.110

4.230

2.770

L’art. 1-ter del DL 148/2017, intervenendo sulla citata disciplina (spesometro), ha introdotto la facoltà per i contribuenti di trasmettere le comunicazioni IVA con cadenza semestrale ed ha introdotto alcune semplificazioni sia in relazione alle informazioni da indicare sia in merito alla trasmissione di fatture di importo inferiore a 300 euro (documento riepilogativo). La relazione tecnica non ha ascritto effetti finanziari alla disposizione.

 

La norma differisce dal 30 novembre 2018 al 28 febbraio 2019 il termine di presentazione della comunicazione dei dati IVA relativi al terzo trimestre del 2018 (comma 1).

Inoltre, per i contribuenti che optano per la presentazione delle comunicazioni con cadenza semestrale[11], i termini di presentazione sono fissati al 30 settembre dell’anno di riferimento (primo semestre) e al 28 febbraio dell’anno successivo (secondo semestre) (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione non produce effetti sul gettito in quanto la disposizione chiarisce l’applicazione dell’articolo 1-ter del decreto legge n. 148/2017, che già prevede tale facoltà per i contribuenti che inviano semestralmente i dati di fatturazione.

 

Al riguardo, si evidenzia che la disposizione interviene su una disciplina finalizzata al contrasto all’evasione fiscale (c.d. “spesometro”) alla quale sono stati ascritti rilevanti effetti positivi di gettito. In particolare, all’introduzione delle comunicazioni trimestrali IVA – di cui all’art. 4 del DL 193/2016 che ha sostituito le precedenti misure antievasione (art. 21 del DL 78/2010), alle quali a loro volta erano stati ascritti effetti positivi di gettito - sono stati attribuite maggiori entrate pari a 2,11 miliardi nel 2017, a 4,23 miliardi nel 2018 e a 2,77 miliardi a decorrere dal 2019.

La relazione tecnica riferita al DL 193/2016 ha in più punti sottolineato che l’introduzione di un flusso di trasmissione periodica dei dati comporta un incremento di gettito dovuto sia al maggior stimolo alla compliance (effetto strutturale), sia all’accelerazione delle somme riscosse tramite i controlli automatizzati (effetti di cassa negli anni 2017 e 2018). La RT ha altresì evidenziato che la strategia per la riduzione del gap IVA - fondata su una più efficiente e tempestiva trasmissione delle informazioni sulle cessioni e sugli acquisti da parte dei contribuenti e da una conseguente retrazione da parte dell’Agenzia - costituisce un deterrente per contrastare il fenomeno degli omessi versamenti, dell’evasione senza consenso e delle frodi.

Alla luce delle ingenti maggiori entrate attese dalla disciplina sulla quale si interviene, appare necessario verificare l’assenza di effetti finanziari dovuti allo slittamento del termine della comunicazione dei dati relativi al terzo trimestre 2018. A tal fine appare utile acquisire informazioni e dati in merito alle effettive variazioni di gettito che, a consuntivo, si sono verificate con riferimento all’anno 2017.

Si segnala, inoltre, che la relazione tecnica, facendo riferimento esclusivamente ai contribuenti che optano per trasmissione semestrale dei dati (modifiche introdotte dal comma 2), sembrerebbe non considerare quanto disposto dal comma 1, che differisce il termine fissato per i contribuenti che presentano la dichiarazione trimestrale. Sul punto appare necessario acquisire l’avviso del Governo.

 

ARTICOLO 12

Split payment

Normativa previgente. L’art. 1 del DL n. 50/2017 ha, tra l’altro, esteso la disciplina dello split payment alle prestazioni di servizi rese nei confronti della PA. La relazione tecnica ha ascritto alla modifica indicata effetti di maggior gettito pari a 35 milioni nel 2017 (metà anno), 70 milioni annui nel 2018 e 2019 e 35 milioni nel 2020 (metà anno in quanto il 30 giugno 2020 scade il termine della deroga concessa dall’UE).

 

La norma esclude dall’ambito applicato dello split payment le fatture emesse, successivamente al 13 luglio 2018[12], da liberi professionisti nei confronti della PA[13] per compensi soggetti a ritenuta IRPEF a titolo d’imposta o di acconto (commi 1 e 2).

Alla copertura finanziaria degli oneri, indicati in misura pari a 35 milioni per l’anno 2018, 70 milioni per l’anno 2019 e 35 milioni per l’anno 2020, si provvede:

a)     quanto a 56 milioni di euro per l’anno 2019 e a 1 milione di euro per l’anno 2020, mediante riduzione del fondo speciale di parte corrente (comma 3, lettere a) e b));

b)     quanto a 8 milioni di euro per l’anno 2019, mediante riduzione del fondo per interventi strutturali di politica economica (comma 3, lettera c));

c)     quanto a 35 milioni per l’anno 2018, a 6 milioni di euro per l’anno 2019 e a 34 milioni di euro per l’anno 2020, mediante quota parte delle maggiori entrate di cui all’articolo 9, comma 6, del provvedimento in esame (comma 3, lettera d)).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Minori entrate tributarie

Abolizione split payment compensi con rit.acconto

IVA lorda

79

159

79

0

79

159

79

0

79

159

79

0

Maggiori entrate tributarie

Abolizione split payment compensi con rit.acconto

Rimborsi e compensazioni

 

 

 

 

44,0

89,0

44,0

 

44,0

89,0

44,0

 

Minori spese correnti

Abolizione split payment compensi con rit.acconto

Rimborsi e compensazioni

44,0

89,0

44,0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riduzione Tab. A Interno

 

4,0

 

 

 

4,0

 

 

 

4,0

 

 

Riduzione Tab. A Ambiente

 

1,0

 

 

 

1,0

 

 

 

1,0

 

 

Riduzione Tab.A MIUR

 

5,0

 

 

 

5,0

 

 

 

5,0

 

 

Riduzione Tab. A MEF

 

24,0

 

 

 

24,0

 

 

 

24,0

 

 

Riduzione Tab.A Lavoro

 

2,0

 

 

 

2,0

 

 

 

2,0

 

 

Riduzione Tab. A MAECI

 

5,0

 

 

 

5,0

 

 

 

5,0

 

 

Riduzione Tab. A MISE

 

 

1,0

 

 

 

1,0

 

 

 

1,0

 

Utilizzo Fdo riaccertamento residui parte corrente

 

15,0

 

 

 

15,0

 

 

 

15,0

 

 

Riduzione FISPE

 

8,0

 

 

 

8,0

 

 

 

8,0

 

 

 

La relazione tecnica riporta la seguente tabella nella quale sono indicati gli effetti finanziari stimati, considerando il periodo da luglio 2018 (entrata in vigore delle disposizioni in esame) a giugno 2020 (termine di scadenza della deroga UE sulla misura).

(milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

IVA lorda

-79

-159

-79

0

Rimborsi

-30

-60

-30

0

Compensazioni

-14

-29

-14

0

IVA al netto rimborsi e compensazioni

-35

-70

-35

0

 

Al riguardo non si formulano osservazioni, anche in considerazione del fatto che gli importi indicati dalla relazione tecnica coincidono con le stime effettuate dal DL n. 50/2017 che aveva incluso nell’ambito applicativo dello split payment le prestazioni di servizio in esame.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si evidenzia che il comma 3 dell’articolo 12 provvede alla copertura dell’onere di cui al medesimo articolo, pari a 35 milioni di euro per l'anno 2018, a 70 milioni di euro per l'anno 2019 e a 35 milioni di euro per l'anno 2020, derivante dall’abolizione del cosiddetto split payment per le prestazioni di servizi rese da soggetti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto.

La copertura delle minori entrate derivanti da detta abolizione è effettuata mediante riduzione di fondi e di autorizzazioni di spesa, nonché mediante utilizzo di maggiori entrate, come specificamente indicato dalle lettere da a) a d) (per la cui illustrazione si veda oltre).

Al riguardo, si rileva che l’articolo 12, comma 3, prevede che alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni in materia di split payment, pari a 35 milioni di euro per l'anno 2018, a 70 milioni di euro per l'anno 2019 e a 35 milioni di euro per l'anno 2020, si provveda secondo le seguenti modalità:

a)      quanto a 41 milioni di euro per l'anno 2019 e a un milione di euro per l’anno 2020 mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente relativo al bilancio triennale 2018-2020, utilizzando gli accantonamenti dei seguenti ministeri:

-   Ministero dell'interno per 4 milioni di euro per l'anno 2019,

-   Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per un milione di euro per   l'anno 2019,

-   Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per 5 milioni di euro per l'anno 2019,

-   Ministero dell'economia e delle finanze per 24 milioni di euro per l'anno 2019,

-   Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 2 milioni di euro per l'anno 2019,

-   Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per 5 milioni di euro per l'anno 2019,

-   Ministero dello sviluppo economico per un milione di euro per l'anno 2020.

In proposito, si segnala che tutti i citati accantonamenti, seppure privi di una specifica voce programmatica, recano le necessarie disponibilità. Con specifico riferimento all’utilizzo dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, appare peraltro opportuno che il Governo assicuri che tale utilizzo non pregiudichi gli interventi già previsti a valere sulle medesime risorse per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionali, al fine di garantire il rispetto dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge n. 196 del 2009;

b)           quanto a 15 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente utilizzo del Fondo di parte corrente per il finanziamento di nuovi programmi di spesa, di programmi già esistenti e per il ripiano dei debiti fuori bilancio istituito in esito al riaccertamento straordinario dei residui passivi, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.[14] Il predetto Fondo, iscritto nel capitolo 1751 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, nel decreto di ripartizione in capitoli del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e per il triennio 2018-2020, reca uno stanziamento di 15 milioni di euro per l’anno 2019, confermato anche nel disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018, in corso di esame da parte delle Camere. Al riguardo si ritiene necessario acquisire una conferma da parte del Governo che l’utilizzo integrale dello stanziamento del Fondo per l’anno 2019 non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi eventualmente già previsti a legislazione vigente a valere sul medesimo stanziamento;

c)           quanto a 8 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004.

Al riguardo si segnala che detto Fondo (capitolo 3075 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze), nel decreto di ripartizione in capitoli del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e per il triennio 2018-2020, reca uno stanziamento pari a 364.633.244 euro per l’anno 2019, che si riduce a 361.333.244 euro nel disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018, in corso di esame da parte delle Camere.[15]

Ciò posto si ritiene necessario acquisire l’avviso del Governo in merito all’effettiva disponibilità nel Fondo per interventi strutturali di politica economica delle risorse utilizzate a copertura dal provvedimento in esame, nonché una rassicurazione circa il fatto che la riduzione del Fondo medesimo non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi già programmati a valere sulle risorse dello stesso Fondo;

d)           quanto a 35 milioni di euro per l’anno 2018, a 6 milioni di euro per l’anno 2019 e a 34 milioni di euro per l’anno 2020, mediante quota parte delle maggiori entrate di cui all’articolo 9, comma 6, il quale aumenta il prelievo erariale unico sugli apparecchi per il gioco d’azzardo collegati alla rete telematica.

Si evidenzia che dette entrate, quantificate dalla relazione tecnica in 39,5 milioni di euro per l’anno 2018, in 195,5 milioni di euro per l’anno 2019 e in 234 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, sono destinate, oltre che alla parziale copertura dell’articolo in esame, alla copertura degli oneri derivanti dall’introduzione del divieto di pubblicità relativa a giochi e scommesse[16], nonché a parziale copertura degli oneri derivanti dagli articoli 1 (Modifica alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato) e 3 (Indennità di licenziamento ingiustificato e incremento contribuzione contratto a tempo determinato)[17].

 

ARTICOLO 13

Società sportive dilettantistiche

Normativa previgente. I commi da 353 a 355 della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018) consentono, in presenza di specifici requisiti, lo svolgimento di attività sportive dilettantistiche anche alle società con scopo di lucro. In favore di tali società, se riconosciute dal CONI, si prevede la riduzione al 50 per cento dell’imposta sul reddito delle società (IRES). La relazione tecnica quantifica un onere per competenza pari a 2,4 milioni annui. Per cassa, sono ascritte minori entrate per 4,2 mln nel 2019 e 2,4 mln dal 2020.

Il comma 356 della legge n. 205/2017 ha escluso le collaborazioni rese in favore di società sportive dilettantistiche dall’applicazione del principio generale in base al quale ai rapporti di collaborazione si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato (d.lgs. n. 81/2015 c.d. jobs act –tipologie contrattuali). La relazione tecnica non ha ascritto effetti finanziari alla disposizione.

Il comma 357 della legge n. 205/2017 ha previsto l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta (10%) alle prestazioni di servizi di carattere sportivo resi dalle società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal CONI. La relazione tecnica ha quantificato le minori entrate in 2,8 milioni annui a decorrere dal 2018.

I commi da 358 a 360 della legge n. 205/2017 disciplinano il profilo fiscale e contributivo dei compensi per prestazioni rese in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI. In particolare, per il profilo contributivo, si stabilisce che, in presenza di specifici requisiti, i contributi riferiti alle collaborazioni sono calcolati sul 50% del compenso spettante per i primi cinque anni. La relazione tecnica stima le minori entrate contributive come risulta dalla seguente tabella.

(milioni di euro)

Anno

2018

2019

2020

2021

2022

2023

Minori entrate contributive

4,1

4,5

4,6

5,0

5,1

0,4

Il comma 361 della legge n. 205/2017 ha modificato l’art. 90 della legge n. 289/2002 la fine di consentire agli enti locali di mettere a disposizione i propri impianti sportivi per tutte le società sportive (anche quelle non dilettantistiche). La relazione tecnica non ha stimato effetti finanziari.

 

Le norme intervengono sulla disciplina delle società sportive dilettantistiche al fine di ripristinare la normativa vigente fino al 2017, ossia prima delle modifiche introdotte dai commi da 353 a 361 della legge di bilancio 2018.

In particolare:

- si dispone l’abrogazione dei commi 353, 354, 355, 358, 359 e 360 della legge n. 205/2017 (comma 1);

- si interviene sull’articolo 2, comma 2, lettera d) del D.lgs. n. 81/2015 (modificato dal comma 361 della legge di bilancio 2018), per reintrodurre l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione rese in favore delle società sportive dilettantistiche vigente nel 2017 (comma 2);

- si sopprime il regime di aliquota ridotta IVA (10 per cento) per i servizi di carattere sportivo resi dalle società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal CONI nei confronti di chi pratica l'attività sportiva a titolo occasionale o continuativo in impianti gestiti da tali società, che era stata introdotta dal comma 357 della legge di bilancio 2018 (comma 3);

- si ripristinano, nella versione precedente le modifiche introdotte dal comma 361 della legge di bilancio 2018, le disposizioni relative all'uso e alla gestione degli impianti sportivi degli enti locali territoriali di cui all’art. 90 della legge n. 289/2002 (comma 4).

 

Le modifiche al comma 355 della legge di bilancio 2018 (riduzione dell’IRES al 50%) si applicano a decorrere dal periodo d’imposta 2018 (comma 1), mentre le altre si applicano a decorrere dal 13 luglio 2018 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame).

Viene istituito un fondo da destinare ad interventi in favore delle società sportive dilettantistiche, con una dotazione di 3,4 milioni nel 2018, di 11,5 mln nel 2019, di 9,8 mln nel 2020, di 10,2 mln nel 2021, di 10,3 mln nel 2022, di 5,6 mln nel 2023 e di 5,2 mln a decorrere dal 2024 (comma 5).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Maggiori entrate contributive

Abrogazione agevolazioni contributive collaborazioni coordinate e continuative per società dilettantistiche lucrative

 

 

 

 

2,0

4,5

4,6

5,0

2,0

4,5

4,6

5,0

Maggiori entrate tributarie

Abrogazione riduzione IRES per società sportive

 

4,2

2,4

2,4

 

4,2

2,4

2,4

 

4,2

2,4

2,4

Abrogazione aliquota IVA ridotta prestazioni società dilettantistiche lucrative

1,4

2,8

2,8

2,8

1,4

2,8

2,8

2,8

1,4

2,8

2,8

2,8

Minori spese correnti

Abrogazione agevolazioni contributive collaborazioni coordinate e continuative per società dilettantistiche lucrative

2,0

4,5

4,6

5,0

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese correnti

Fondo per interventi a favore delle società dilettantistiche

3,4

11,5

9,8

10,2

3,4

11,5

9,8

10,2

3,4

11,5

9,8

10,2

 

La relazione tecnica quantifica gli effetti finanziari sulla base delle stime indicate dalla relazione tecnica riferita alla legge di bilancio 2018 tenendo conto che le disposizioni relative all’IVA e ai contributi previdenziali contenute nella legge n. 205/2017 hanno trovato applicazione nel primo semestre del 2018.

La RT riporta la seguente tabella nella quale sono indicati gli effetti finanziari, in coerenza con quelli stimati dalla legge di bilancio.

(milioni di euro)

Anno

2018

2019

2020

2021

2022

2023

2024

Comma 355 LB 2018 (IRES)

0

4,2

2,4

2,4

2,4

2,4

2,4

Comma 357 LB 2018 (IVA)

1,4

2,8

2,8

2,8

2,8

2,8

2,8

Comma 360 LB 2018 (contributi)

2,0

4,5

4,6

5,0

5,1

0,4

0

Totale

3,4

11,5

9,8

10,2

10,3

5,6

5,2

 

Al riguardo non si formulano osservazioni, in considerazione del fatto che gli importi indicati dalla relazione tecnica sono coerenti con le stime effettuate dalla relazione tecnica riferita alla legge di bilancio 2018.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si evidenzia che il comma 5, ultimo periodo, prevede che agli oneri derivanti dall’istituzione presso il Ministero dell’economia e delle finanze di un fondo da destinare a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche, con una dotazione di 3,4 milioni di euro nell'anno 2018, di 11,5 milioni di euro nell'anno 2019, di 9,8 milioni di euro nell'anno 2020, di 10,2 milioni di euro nell'anno 2021, di 10,3 milioni di euro nell'anno 2022, di 5,6 milioni di euro per l'anno 2023 e di 5,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, si provveda mediante le maggiori entrate e le minori spese derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 1 e 3.

Al riguardo, si rileva che la disposizione in commento provvede agli oneri derivanti dall’istituzione presso il Ministero dell’economia e delle finanze di un fondo da destinare a interventi in favore delle società sportive dilettantistiche, con una dotazione di 3,4 milioni di euro nell'anno 2018, di 11,5 milioni di euro nell'anno 2019, di 9,8 milioni di euro nell'anno 2020, di 10,2 milioni di euro nell'anno 2021, di 10,3 milioni di euro nell'anno 2022, di 5,6 milioni di euro per l'anno 2023 e di 5,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024, mediante le maggiori entrate e le minori spese derivanti dall’abrogazione di alcune disposizioni onerose di carattere fiscale e contributivo relative alle società sportive dilettantistiche, contenute nella legge di bilancio per il 2018[18].

In proposito non si hanno osservazioni da formulare, attesa l’equivalenza tra gli oneri oggetto di copertura e gli importi conseguenti alle predette maggiori entrate e minori spese, così come quantificati nella relazione tecnica.

 

ARTICOLO 14

Fondo per interventi strutturali di politica economica e copertura finanziaria

La norma dispone l’incremento del FISPE, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004, di 4,5 milioni per il 2018, di 28,1 milioni per il 2020, di 68,9 milioni per il 2021, di 69,2 milioni per l’anno 2022, di 69,5 milioni per l’anno 2023, di 69,9 milioni per l’anno 2024, di 70,3 milioni per l’anno 2025, di 70,7 milioni per l’anno 2026, di 71 milioni per l’anno 2027 e 71,3 milioni a decorrere dall’anno 2028.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Maggiori spese correnti

Incremento FISPE

4,5

 

28,1

68,9

4,5

 

28,1

68,9

4,5

 

28,1

68,9

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto della norma.

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione, essendo l’onere limitato all’entità dello stanziamento previsto.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, la norma dispone, al comma 1, l’incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, in misura pari a 4,5 milioni per l'anno 2018, a 28,1 milioni di euro per l'anno 2020, a 68,9 milioni di euro per l'anno 2021, a 69,2 milioni di euro per l'anno 2022, a 69,5 milioni di euro per l'anno 2023, a 69,9 milioni di euro per l'anno 2024, a 70,3 milioni di euro per l'anno 2025, a 70,7 milioni di euro per l'anno 2026, a 71 milioni di euro per l'anno 2027 e a 71,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028.

Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dagli articoli 1 e 3, valutati in 17,2 milioni di euro per l'anno 2018, in 136,2 milioni di euro per l'anno 2019, in 67,10 milioni di euro per l'anno 2020, in 67,80 milioni di euro per l'anno 2021, in 68,5 milioni di euro per l'anno 2022, in 69,2 milioni di euro per l'anno 2023, in 69,8 milioni di euro per l'anno 2024, in 70,5 milioni di euro per l'anno 2025, in 71,2 milioni di euro per l'anno 2026, in 72 milioni di euro per l'anno 2027 e in 72,7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028, e dal comma 1 del presente articolo pari a 4,5 milioni per l'anno 2018, a 28,1 milioni di euro per l'anno 2020, di 68,9 milioni di euro per l'anno 2021, di 69,2 milioni di euro per l'anno 2022, di 69,5 milioni di euro per l'anno 2023, di 69,9 milioni di euro per l'anno 2024, di 70,3 milioni di euro per l'anno 2025, di 70,7 milioni di euro per l'anno 2026, di 71 milioni di euro per l'anno 2027 e 71,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028, si provveda:

a) quanto a 5,9 milioni di euro per anno 2018 e a 7,4 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

b) quanto a 10,8 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

c) quanto a 4,5 milioni per l'anno 2018, a 42,5 milioni di euro per l'anno 2019, a 2 milioni di euro per l'anno 2020 e a 36 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, mediante quota parte delle maggiori entrate di cui all'articolo 9, comma 6;

d) quanto a 11,3 milioni di euro per l'anno 2018, a 75,5 milioni di euro per l'anno 2019, in 104,1 milioni di euro per l'anno 2020, a 120 milioni di euro per l'anno 2021, a 121,2 milioni di euro per l'anno 2022, a 122,4 milioni di euro per l'anno 2023, a 123,6 milioni di euro per l'anno 2024, a 124,9 milioni di euro per l'anno 2025, a 126,2 milioni di euro per l'anno 2026, a 127,5 milioni di euro per l'anno 2027 e 128,7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2028, mediante le maggiori entrate e le minori spese di cui agli articoli 1, 2 e 3.

Il comma 3 stabilisce che, al fine di garantire la neutralità sui saldi di finanza pubblica, l'Istituto nazionale di previdenza sociale provvede al monitoraggio trimestrale delle maggiori spese e minori entrate di cui agli articoli 1 e 2 e 3 e comunica le relative risultanze al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze entro il mese successivo al trimestre di riferimento, anche ai fini dell'adozione delle eventuali iniziative da intraprendere ai sensi dell'articolo 17, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Il comma 4 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l'attuazione del presente decreto.

Al riguardo, si fa presente che l’articolo in commento reca la copertura dei seguenti oneri:

- incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica disposto ai sensi del comma 1[19];

- minori entrate contributive derivanti dalla riduzione del limite massimo di durata dei contratti a tempo determinato e dalle maggiori spese per gli anni 2018 e 2019 connesse all’erogazione della NASPI (articolo 1);

- minori entrate, in termini di effetti fiscali indotti, determinate dall’aumento del contributo addizionale a carico del datore di lavoro nel caso di rinnovo di contratti a tempo determinato (articolo 3)[20].

A fronte dei predetti oneri sono previste le seguenti forme di copertura:

a)     la riduzione del Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive (cap. 1250 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali)[21], in misura pari a 5,9 milioni di euro per il 2018 e a 7,4 milioni di euro per il 2019. Al riguardo, appare necessario che il Governo chiarisca se tale riduzione sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi già programmati a valere sulle risorse del Fondo medesimo;

b)    la riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (cap. 3075 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) in misura pari a 10,8 milioni di euro per il 2019. Al riguardo, si rinvia a quanto in precedenza evidenziato con riferimento all’articolo 12, comma 3, lettera c).

c)    l’utilizzo di quota parte, in misura pari a 4,5 milioni di euro per l'anno 2018, a 42,5 milioni di euro per l'anno 2019, a 2 milioni di euro per l'anno 2020 e a 36 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021, delle maggiori entrate derivanti dall’incremento del prelievo erariale unico sugli apparecchi per il gioco d’azzardo collegati alla rete telematica, disposto ai sensi dell’articolo 9, comma 6, del presente provvedimento. Al riguardo si rinvia a quanto in precedenza evidenziato con riferimento all’articolo 12, comma 3, lettera d).

d)    l’utilizzo delle minori spese di cui all’articolo 1, connesse all’erogazione della NASPI per gli anni a decorrere dal 2020, e delle maggiori entrate di cui all’articolo 3, conseguenti all’incremento della contribuzione a carico del datore di lavoro in caso di rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato[22].

In proposito, si osserva che tale ultima modalità di copertura menziona anche, in relazione alle citate minori spese e maggiori entrate, l’articolo 2 del provvedimento in esame, al quale tuttavia - secondo quanto asserito nella relazione tecnica e riportato nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari - non risultano ascritti effetti di carattere finanziario.  

A tale riguardo appare pertanto opportuno un chiarimento da parte del Governo in ordine alla correttezza del rinvio all’articolo 2, anche in considerazione del fatto che la clausola di salvaguardia contenuta nel successivo comma 3, di cui si dirà a breve, richiama anch’essa, ai fini del monitoraggio dell’INPS sulle eventuali maggiori spese e minori entrate, l’articolo 2 del presente decreto.

Si osserva infine che il comma 3 dell’articolo in commento reca, come anticipato, una apposita clausola di salvaguardia, in base alla quale - al fine di garantire la neutralità sui saldi di finanza pubblica - l’INPS provvede al monitoraggio trimestrale delle maggiori spese e delle minori entrate di cui agli articoli 1, 2 e 3, e comunica le relative risultanze al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze entro il mese successivo al trimestre di riferimento, anche ai fini dell’adozione delle eventuali iniziative da intraprendere ai sensi dell’articolo 17, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

A tale riguardo si rammenta che la legge n. 163 del 2016, nel modificare la legge di contabilità pubblica, ha introdotto una nuova procedura per la compensazione degli oneri eccedenti le previsioni legislative di spesa, per tale via determinando il sostanziale superamento delle cosiddette clausole di salvaguardia contemplate dal precedente quadro normativo.

La nuova disciplina dettata dall’articolo 17 della legge n. 196 del 2009, come novellato dalla citata legge n. 163 del 2016, prevede che, sulla base di una apposita attività di monitoraggio, qualora siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, il Ministro dell'economia e delle finanze - in attesa delle misure correttive della maggiore spesa da adottarsi con la legge di bilancio con riferimento agli esercizi successivi a quello in corso - con proprio decreto provvede, per l'esercizio in corso, alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente, nel rispetto dei vincoli di spesa derivanti dai cosiddetti oneri inderogabili. Qualora i suddetti stanziamenti non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall'attività di monitoraggio, allo stesso si provvede, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa, nel rispetto dei vincoli di spesa derivanti dai cosiddetti oneri inderogabili (articolo 17, comma 12-bis, della legge n. 196 del 2016). L’articolo 17, comma 13, della legge n. 196 del 2009 prevede inoltre che, nel caso di scostamenti non compensabili nel corso dell'esercizio con le misure dianzi richiamate, il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

In tale quadro, giacché il comma 3 dell’articolo 14 del presente decreto si limita genericamente a richiamare, in caso di scostamento degli oneri rispetto alle previsioni di spesa, “l’adozione delle eventuali iniziative da intraprendere ai sensi dell’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, dovrebbe essere precisato se si intenda fare esclusivo riferimento alle iniziative legislative di cui all’articolo 17, comma 13, della legge n. 196 del 2009, ovvero anche alla procedura di carattere amministrativo attivabile in corso d’esercizio ai sensi del comma 12-bis del medesimo articolo 17.

Dal punto di vista meramente formale, andrebbe infine specificato il carattere annuo degli oneri permanenti previsti, con decorrenza dal 2028, al comma 1 e al comma 2, alinea, del presente articolo, nonché delle voci di copertura di cui alle lettere c) e d) del medesimo comma 2.



[1]  Cfr. Corte dei Conti – Sezioni riunite in sede di controllo – Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture e sulle tecniche di quantificazione degli oneri - Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre - dicembre 2016 (articolo 17, comma 9, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

 

[2] INPS – Osservatorio sul precariato- Report mensile gennaio-dicembre 2017

[3] I citati commi 35 e 36 prevedono che se, nel corso del periodo di godimento del beneficio, si verifica la vendita del bene agevolato, non viene meno la fruizione delle residue quote del beneficio, così come originariamente determinate, a condizione che, nello stesso periodo d’imposta del realizzo, l’impresa provveda a sostituire il bene originario con un altro nuovo con caratteristiche tecnologiche analoghe o superiori a quelle previste dalla normativa sull’iper ammortamento. Inoltre, nel caso in cui il costo di acquisizione dell'investimento sostitutivo sia inferiore al costo di acquisizione del bene sostituito e sempre che ricorrano le altre condizioni, la fruizione del beneficio prosegue per le quote residue fino a concorrenza del costo del nuovo investimento.

[4] Si tratta delle competenze tecniche e privative industriali relative a un'invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.

[5] Nei limiti e secondo le modalità di cui agli artt. 13 e 14 del DPR n. 430/2001.

[6] Apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

[7] Apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

[8] https://www.adm.gov.it/portale/documents/20182/1098450/Dati+Primo+Semestre+2017+per+Comune+e+popolazione+-+Gioco+Fisico_versione2.pdf/b55024f0-3a43-48de-ae3f-4ccec86ad9e4

[9] Suddivisa in 2.446 milioni per l’estrazione tradizionale e 5.101 milioni per la nuova estrazione infrasettimanale.

[10] Per un errore tipografico, la relazione tecnica fa riferimento alle sole AWP, ma il riferimento anche alle VLT rende le stime dell’ultimo quadrimestre 2018 coerenti con quelle del primo quadrimestre 2019.

[11] Ai sensi dell’articolo 1-ter del DL n. 148/2017.

[12] Data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

[13] E degli altri soggetti indicati dall’articolo 17-ter del DPR n. 633/1972.

[14] Il Fondo è stato istituito ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge n. 66 del 2014.

[15] Si evidenzia inoltre che il Fondo per interventi strutturali di politica economica è stato ridotto di 43,1 milioni di euro per l’anno 2019, ai sensi dell’articolo 1, comma 7, lettera a), del decreto-legge n. 55 del 2018, recante Ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, in corso di conversione, nonché di 10,8 milioni di euro per il medesimo anno 2019, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera b), del presente decreto-legge.

[16] Nella misura di 147 milioni di euro per l’anno 2019 e di 198 milioni di euro annui a decorrere dal 2020 ai sensi dell’articolo 9, comma 7, del provvedimento.

[17] Nella misura di 4,5 milioni di euro per l’anno 2018, di 42,5 milioni di euro per l’anno 2019, di 2 milioni di euro per l’anno 2020 e di 36 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera c) del provvedimento.

[18] Si tratta, in particolare, delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dall’abrogazione dei commi 355, 357 e 360 dell’articolo 1 della legge n. 205 del 2017, concernenti rispettivamente la riduzione alla metà dell’IRES per le società sportive dilettantistiche (comma 355), l’aliquota ridotta al 10 per cento per i servizi di carattere sportivo resi dalle società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal Coni nei confronti di chi pratica l'attività sportiva a titolo occasionale o continuativo in impianti gestiti da tali società (comma 357), l’agevolazione contributiva per i collaboratori coordinati e continuativi che prestano la loro opera in favore delle società dilettantistiche lucrative riconosciute dal Coni (comma 360).

[19] L’articolo 14, comma 1, del presente decreto incrementa la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica in misura pari a 4,5 milioni per l'anno 2018, a 28,1 milioni di euro per l'anno 2020, a 68,9 milioni di euro per l'anno 2021, a 69,2 milioni di euro per l'anno 2022, a 69,5 milioni di euro per l'anno 2023, a 69,9 milioni di euro per l'anno 2024, a 70,3 milioni di euro per l'anno 2025, a 70,7 milioni di euro per l'anno 2026, a 71 milioni di euro per l'anno 2027 e a 71,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2028.

[20] Gli oneri derivanti dagli articoli 1 e 3 sono valutati dall’articolo 14, comma 2, alinea, del presente decreto, in 17,2 milioni di euro per l'anno 2018, in 136,2 milioni di euro per l'anno 2019, in 67,10 milioni di euro per l'anno 2020, in 67,80 milioni di euro per l'anno 2021, in 68,5 milioni di euro per l'anno 2022, in 69,2 milioni di euro per l'anno 2023, in 69,8 milioni di euro per l'anno 2024, in 70,5 milioni di euro per l'anno 2025, in 71,2 milioni di euro per l'anno 2026, in 72 milioni di euro per l'anno 2027 e in 72,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2028.

[21] Si precisa che, nel decreto di ripartizione in capitoli del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e per il triennio 2018-2020, il Fondo in parola, istituito dall’articolo 1, comma 107, della legge n. 190 del 2014, reca uno stanziamento pari ad euro 57.333.568 per l’anno 2018, ad euro  11.400.000 per l’anno 2019 e a euro 51.900.000 per l’anno 2020, importi che non subiscono variazioni alla luce del disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2018 in corso di esame presso le Camere.

[22] Secondo quanto riportato all’articolo 14, comma 2, lettera d), le maggiori entrate e le minori spese di cui agli articoli 1, 2 e 3 del presente decreto ammontano, in coerenza a quanto indicato nella relazione tecnica, a 11,3 milioni di euro per l'anno 2018, a 75,5 milioni di euro per l'anno 2019, a 104,1 milioni di euro per l'anno 2020, a 120 milioni di euro per l'anno 2021, a 121,2 milioni di euro per l'anno 2022, a 122,4 milioni di euro per l'anno 2023, a 123,6 milioni di euro per l'anno 2024, a 124,9 milioni di euro per l'anno 2025, a 126,2 milioni di euro per l'anno 2026, a 127,5 milioni di euro per l'anno 2027 e 128,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2028.