Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Diritto del figlio adottato non riconosciuto alle informazioni sulle proprie origini biologiche - A.C. 784 Elementi per esame in assemblea
Riferimenti:
AC N. 784/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 102    Progressivo: 1
Data: 12/06/2015


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Diritto del figlio adottato non riconosciuto alle informazioni sulle proprie origini biologiche

12 giugno 2015
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

Contenuto|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva|


Il testo unificato all'esame dell'Assemblea, composto da tre articoli, amplia la possibilità per il figlio adottato o comunque non riconosciuto alla nascita, di conoscere le proprie origini biologiche.

Attualmente, l'art. 28 della legge n. 184 del 1983 prevede che l'adottato, al compimento dei 25 anni di età, possa accedere alle informazioni relative ai suoi genitori biologici (comma 5). Tale possibilità gli è, invece, preclusa ove la madre si sia avvalsa del cd. parto anonimo ai sensi dell'art. 30 del DPR 396/2000, chiedendo cioè di non essere nominata negli atti di stato civile (comma 7); né sussiste per l'adottato la possibilità di verificare la permanenza o meno della volontà materna di rimanere nell'anonimato.
Norma di chiusura, il vigente art. 93 del Codice della privacy (D.Lgs 196/2003) prevede il decorso di almeno 100 anni perchè si possa aver accesso al certificato di assistenza al parto o alla cartella clinica contenenti i dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata. La recente modifica al codice civile intervenuta con la legge n. 219/2012, in materia di riconoscimento dei figli naturali, lascia intatta (art. 250, primo comma, c.c.) la possibilità per uno dei genitori di non riconoscere il figlio, restando nell'anonimato.
La Corte Costituzionale con la sentenza 22 novembre 2013, n. 278, ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo 28 della legge 184 del 1983 per contrasto con gli articoli 2 e 3 della Costituzione. L'illegittimità della disposizione riguarda la parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza - la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di conoscere le proprie informazioni biologiche, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'art. 30, comma 1, del D.P.R. 396/2000, ai fini di una eventuale revoca dell'anonimato.
Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, in particolare con la sentenza Godelli del 25 settembre 2012, è intervenuta in materia, rilevando in particolare, sempre con riferimento all'articolo 28, comma 7, della legge 184, che "la normativa italiana non tenta di mantenere alcun equilibrio tra i diritti e gli interessi concorrenti in causa. In assenza di meccanismi destinati a bilanciare il diritto della ricorrente a conoscere le proprie origini con i diritti e gli interessi della madre a mantenere l'anonimato, viene inevitabilmente data una preferenza incondizionata a questi ultimi".

Contenuto

I legittimati alla richiesta di accesso L'articolo 1 introduce una prima modifica al comma 5 dell'art. 28 della legge 184/1983. Tale modifica estende, oltre che all'adottato, anche al figlio non riconosciuto alla nascita la possibilità, compiuti i 25 anni, di chiedere al tribunale dei minorenni (del luogo di residenza del figlio) di accedere alle  informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici, ove la madre abbia revocato la sua volontà di anonimato dichiarata alla nascita del figlio (la revoca è contemplata dal nuovo comma 7, v. ultra).
Due nuovi periodi introdotti nello stesso comma 5 prevedono che:
  • l'accesso alle informazioni sulla propria identità biologica non legittima azioni di stato nè da diritto a rivendicazioni di natura patrimoniale o successoria;
  • quando il figlio sia parzialmente o totalmente incapace, l'istanza è presentata da chi ne abbia la legale rappresentanza.
Le eccezioni al divieto di accessoAttraverso la riformulazione del citato comma 7 dell'art. 28, è disciplinata la possibilità di accesso alle proprie informazioni biologiche nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata. Si consente, infatti, tale accesso:
  • nei confronti della madre che abbia successivamente revocato la volontà di anonimato; la revoca deve essere resa dalla madre con dichiarazione autenticata dall'ufficiale dello stato civile, contenente le indicazioni che consentano di risalire al luogo, alla data del parto e alla persona nata. L'ufficiale dello stato civile trasmette senza ritardo la dichiarazione di revoca al tribunale per i minorenni del luogo di nascita del figlio;
  • nei confronti della madre deceduta.

Il nostro ordinamento appresta una forma di tutela del diritto alla riservatezza anche dopo la morte. Ciò avviene nei limiti previsti dall'articolo 9 del cd. Codice della privacy, che individua puntualmente gli interessi che giustificano il mantenimento della protezione: la tutela dell'interessato e ragioni familiari meritevoli di protezione (D.Lgs. n. 196/2003, art. 9, comma 3).

L'obbligo di interpello della madreLa disposizione del comma 7 è integrata dal contenuto del nuovo comma 7-bis dell'art. 28, che disciplina il procedimento di interpello per l'accesso alle informazioni sulle proprie origini. Tale previsione pare diretta a sanare l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'art. 28 della legge 184/1983, sancita dalla sentenza n. 178/2013 della Corte costituzionale.

Il procedimento è avviato su istanza dei legittimati ad accedere alle informazioni, in mancanza di revoca dell'anonimato da parte della madre:

- l'adottato che abbia raggiunto i 25 anni di età ovvero la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psicofisica;

- il  figlio non riconosciuto alla nascita;

- i genitori adottivi, legittimati solo per per gravi e comprovati motivi nonchè i responsabii delle strutture ospedaliere e sanitarie, in caso di grave pericolo per la salute del minore.

L'istanza di interpello nei confronti della madre può essere presentata, una sola volta, al tribunale per i minorenni del luogo di residenza del figlio.

Il tribunale dei minorenni, con modalità che assicurino la massima riservatezza, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali deve allora contattare la madre per verificare se intenda mantenere l'anonimato. Al fine di garantire che il procedimento si svolga con modalità che assicurino la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della madre, il tribunale per i minorenni tiene conto, in particolare, dell'età e dello stato di salute psicofisica della madre, delle sue condizioni familiari, sociali e ambientali. Ove la madre confermi di voler mantenere l'anonimato, il tribunale per i minorenni autorizza l'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili.

L'La modifica al codice della privacyarticolo 2 modifica il codice della privacy (art. 93 del d. lgs.196/2003) con riguardo al certificato di assistenza al parto. In particolare, è modificata la disposizione in base a cui il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, solo decorsi 100 anni dalla formazione del documento. E' introdotta una clausola di salvaguardia delle disposizioni contenute nei commi 7 e 7-bis dell'articolo 28 della legge 184/1983 (modificati dall'articolo 1 del testo unificato). In tal modo, il vincolo dei 100 anni viene meno in caso di revoca dell'anonimato, di decesso della madre o di autorizzazione del tribunale all'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario.

L'Informazioni alla madrearticolo 3 modifica il regolamento sullo stato civile (DPR n. 396/2000), laddove (art. 30) disciplina attualmente la dichiarazione di nascita, nel rispetto della eventuale volontà della madre di non essere nominata. Viene inserito un nuovo comma - in coordinamento con le nuove disposizioni introdotte nella legge 183 - sulle informazioni da rendere alla madre e i dati che debbono essere raccolti dal personale sanitario.

In particolare, la madre dovrà essere informata, anche in forma scritta:

  • degli effetti giuridici, per lei e per il figlio, della dichiarazione di non volere essere nominata;
  • della facoltà di revocare, senza limiti di tempo, la dichiarazione di non volere essere nominata;
  • delle modalità per formalizzare la revoca;
  • della facoltà del figlio, raggiunta l'età prevista dalla legge, di presentare istanza al tribunale per i minorenni affinché questo verifichi se la madre intenda mantenere l'anonimato.

Il personale sanitario deve raccogliere i dati anamnestici non identificanti della partoriente, anche con riguardo alla sua storia sanitaria personale e familiare, e trasmetterli senza ritardo al tribunale per i minorenni del luogo di nascita del figlio, unitamente all'attestazione dell'informativa.

 


Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente

La Commissione Giustizia ha deliberato, il 6 maggio 2014, una indagine conoscitiva sul provvedimento.

In tale ambito, sono stati auditi:

    • nella seduta del 6 maggio 2014, Monica Velletti, magistrato presso la I sezione civile del Tribunale di Roma, Anna Arecchia, Emilia Rosati e Stefania Stefanelli, rappresentanti del Comitato per il diritto alla conoscenza delle origini biologiche, Simone Pillon, Sara Napoleoni e Andrea Sabbadini, rappresentanti del Forum per le associazioni familiari.
    • nella seduta del 3 giugno 2014, Melita Cavallo, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, Luciano Trovato, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catanzaro, Stefano Radicioni e Graziella Algieri, rappresentanti dell'Organismo unitario dell'avvocatura (OUA), Claudia Roffino e Donata Nova Micucci, rappresentanti dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (ANFAA).
    • nella seduta del 12 giugno 2014, Luisa Di Fiore e Monica Rossi, rispettivamente Presidente e membro dell'Associazione Figli adottivi e genitori naturali, John Pierre Campitelli, Presidente dell'Associazione ITALIADOPTION, Anna Genni Miliotti, sociologa, Loris Coen Antonucci, Presidente dell'Associazione Astro nascente - Adozione e origini biologiche, e Maria Cristina Ivaldi, rappresentante dell'Associazione Famiglie per l'accoglienza.
    • nella seduta del 17 settembre 2014, Cesare Massimo Bianca, professore di diritto civile, Paolo Morozzo della Rocca, professore di diritto privato presso l'Università degli studi di Urbino e Arnaldo Morace Pinelli, professore di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma Tor Vergata.
    • nella seduta del 14 gennaio 2015, Laura Laera, Presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze e Stefano Scovazzo, Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino.
    • nella seduta del 4 febbraio 2015, Paolo Sceusa, Presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste.

I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva

La Commissione Affari Costituzionali ha espresso, nella seduta del 13 maggio 2014, un parere favorevole con tre osservazioni.

La prima riguarda l'opportunità di consentire al figlio l'accesso alle proprie origini biologiche in caso di morte della madre; ciò in relazione al diritto alla riservatezza che parrebbe debba essere riconosciuto a quest'ultima anche "post mortem".

Una seconda osservazione riguarda l'opportunità, da parte della Commissione di merito, di verificare l'adeguatezza  della procedura di interpello della madre in relazione alle necessarie cautele di massima riservatezza.

L'ultima osservazione concerne l'opportunità di introdurre una disciplina transitoria che stabilisca se la nuova disciplina trovi applicazione anche nei confronti del figlio non riconosciuto che sia già nato al momento dell'entrata in vigore della legge.

La Commissione Affari sociali ha espresso, nella seduta del 12 maggio, un parere favorevole con quattro osservazioni:

Con la prima si chiede di valutare l'opportunità di  sopprimere la possibilità, per la persona incapace, di essere sostituita dal legale rappresentante, salvo che per l'acquisizione delle informazioni di carattere sanitario.

La seconda osservazione riguarda l'opportunità di consentire l'accesso alle informazioni biologiche al figlio di madre deceduta.
   La terza osservazione chiede sostanzialmente che il tribunale dei minorenni si avvalga sempre dei servizi sociali per procedere all'interpello della madre (andrebbe, quindi, soppresso l'avverbio "preferibilmente", nel nuovo comma 7-bis dell'art. 28 della legge 184/1983).

L'ultima osservazione riguarda l'opportunità di aggiungere, con una norma transitoria, una disciplina differenziata dell'interpello della madre, distinguendo le procedure riguardanti le dichiarazioni rese prima dell'entrata in vigore della presente legge – a garanzia del diritto all'anonimato già espresso dalla madre –  rispetto alle dichiarazioni che saranno rese per il futuro.