Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane - A.C. 3265 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3265/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 382
Data: 16/12/2015
Descrittori:
PANE E PANIFICAZIONE   VENDITA
Organi della Camera: XIII-Agricoltura


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Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane

16 dicembre 2015
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto

La pdl in esame  contiene "disposizioni in materia di produzione e vendita del pane" con la finalità, espressa all'articolo 1, di garantire il diritto all'informazione dei consumatori e di valorizzare il pane fresco.

Nella relazione che accompagna la pdl in esame si sottolinea come ad oggi la legge non garantisce il consumatore nel riconoscimento del pane fresco artigianale rispetto al pane conservato.
Nella relazione si fa riferimento a quanto previsto dall'articolo 4, comma 2-ter del D.L. 223/2006, convertito con la legge 248/2006, recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", il quale rimette ad un regolamento del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, la disciplina, in conformità al diritto comunitario, delle denominazioni di "panificio", "pane fresco" e "paneconservato".
In adempimento di tale previsione, soltanto di recente il Governo ha adottato lo schema di decreto contenente il regolamento di definizione delle denominazioni di "panificio", "pane fresco" e "pane a durabilità prolungata" con l'intesa sancita dalla Conferenza Stato-regioni lo scorso 24 settembre 2015.

 

All'articolo 2 il pane viene definito come il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata (descritta al successivo articolo 4, comma 1), preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune.

Vi è poi l'indicazione di possibili integrazioni di denominazioni aggiuntive:

  • quella di pane fresco, riservata esclusivamente al pane preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata di materie prime e di impasti, ad eccezione delle tecniche mirate al solo rallentamento del processo di lievitazione senza additivi conservanti e altri trattamenti con effetto conservante; la norma definisce per processo di produzione continuo quello per il quale non intercorre un intervallo di tempo superiore a 72 ore dall'inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto (comma 2, lettera a);
  • quella di pane di pasta madre, riservata al pane prodotto mediante l'utilizzo esclusivo, ai fini della fermentazione e della lievitazione dell'impasto, di pasta madre (definita al successivo articolo 4, comma 5) e senza ulteriori aggiunte di altri agenti lievitanti; si specifica che anche il pane fresco può essere denominato pane fresco di pasta madre (comma 2, lettera b);
  • quella di pane con pasta madre, riservata al pane prodotto mediante l'utilizzo contestuale del lievito secco impiegabile (di cui al successivo articolo 4, comma 4), in proporzioni variabili tra loro; la disposizione specifica che anche il pane fresco può essere denominato pane fresco con pasta madre, mentre nella produzione di pane con pasta madre è ammesso l'utilizzo delle paste acide di cui all'articolo 5 (comma 2, lettera c).

 

Il comma 3 prevede il divieto di utilizzare la denominazione di pane fresco:

  • per il pane destinato ad essere posto in vendita il giorno successivo a quello in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate (lettera a);
  • per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane precotto, comunque conservato (lettera b);
  • per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione, comunque conservati (lettera c).

 

Al successivo comma 4 è previsto il divieto di utilizzare denominazioni quali pane di giornata e pane appena sfornato nonché di qualsiasi altra denominazione che possa indurre in inganno il consumatore.

 

In caso di pane ottenuto da una cottura parziale destinato al consumatore finale, il comma 5 prescrive una serie di indicazioni:

  • deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti in etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti;
  • deve usare la denominazione evidente di pane completata dalla dicitura "parzialmente cotto" o altra equivalente;
  • deve recare l'avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l'indicazione delle relative modalità della stessa.

 

Il comma 6 prevede il caso di prodotto surgelato per cui, oltre a quanto indicato al comma 5, l'etichetta deve riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la dicitura "surgelato".

In tema di sanzioni per la violazione degli obblighi qui descritti il comma 7 dispone l'immediata sospensione dell'attività e, nei casi più gravi, il ritiro delle autorizzazioni amministrative rilasciate dagli enti competenti.

Il comma 8, infine, prevede che i prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelati con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l'aggiunta alla denominazione di pane della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.

 

L'articolo 3 contiene la definizione di prodotto intermedio di panificazione come l'impasto da pane crudo, preformato o no, lievitato o no, destinato alla conservazione prolungata e alla successiva cottura per l'ottenimento del prodotto finale pane. La definizione riguarda anche l'impasto sottoposto a congelamento, surgelazione o ad altri metodi di conservazione che mantengono inalterate le caratteristiche del prodotto intermedio per prolungati periodi di tempo, determinando un'effettiva interruzione del ciclo produttivo.

Il comma2 impone l'obbligo per un'impresa che provveda alla lievitazione e alla cottura ovvero alla sola cottura di un prodotto intermedio di panificazione, di commercializzare il pane così ottenuto in scaffali distinti e separati dal pane fresco, recanti sia le indicazioni previste dalle norme in materia di etichettatura che la dicitura «pane ottenuto da cottura di impasti», seguita dall'indicazione del metodo di conservazione utilizzato. Analoghi obblighi sono ripetuti all'articolo 6, comma 4.

Sui lieviti utilizzabili nella panificazione l'articolo 4 definisce il lievito come l'organismo unicellulare, tassonomicamente appartenente, ma non limitante, alla specie Saccharomyces cerevisiae, avente la capacità di convertire gli zuccheri derivanti dalla degradazione dell'amido in alcool e in anidride carbonica, assicurando la formazione della pasta convenientemente lievitata. La norma impone la produzione di lievito di origine naturale, come ottenuto mediante processo di trasformazione di un microrganismo presente in natura nel quale non intervengono interferenze operative significative e di modifica sostanziale.

La disposizione contiene poi alcune prescrizioni:

  • il lievito impiegabile nella panificazione (lievito fresco o lievito compresso), costituito da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore al 75 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca (comma 2);
  • la crema di lievito (lievito liquido) impiegabile nella panificazione, costituita da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'85 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca (comma 3);
  • il lievito secco impiegabile nella panificazione, costituito da cellule in massima parte viventi, con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'8 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca e può esistere sia nella forma attiva, da reidratare nell'acqua prima dell'uso, o istantanea, da aggiungere direttamente all'impasto (comma 4).

 

Il comma 5 definisce pasta madre quell'impasto ottenuto esclusivamente con farina e con acqua, sottoposto a una fermentazione naturale acidificante per una durata complessiva non inferiore a 24 ore utilizzando la tecnica dei successivi rinfreschi al fine di consentire la lievitazione dell'impasto.

Si ricorda che all'articolo 2, comma 2, lettera b) della pdl in esame si definisce pane di pasta madre il pane prodotto mediante l'utilizzo esclusivo, ai fini della fermentazione e della lievitazione dell'impasto, della pasta madre.

La norma, inoltre, prescrive che la fermentazione possa avvenire esclusivamente a opera di microrganismi endogeni alla farina o di origine ambientale ovvero derivati da altri prodotti di origine agricola, mentre si ammette l'utilizzo di colture di avviamento di lattobacilli costituite da una o più tipologie di genere o di specie, senza materiali di supporto, con cellule vive non inferiori a 1 miliardo riferito alla sostanza secca, esenti da contaminanti e da microrganismi patogeni. Infine, nella norma si descrive la pasta madre come caratterizzata per l'adeguato potere lievitante avendo convenientemente replicata la carica iniziale dei microrganismi presenti o aggiunti.

L'articolo 5 consente l'utilizzazione delle paste acide purché prodotte esclusivamente con gli ingredienti previsti dall'articolo 2 sulle diverse denominazioni di pane. In tal caso, le paste acide essiccate possono essere usate solo per la preparazione del pane surgelato (articolo 2, comma 6), mentre si ammette anche l'utilizzazione delle paste acide liquide e delle paste acide in pasta, purché rispondenti alle prescrizioni contenute nello stesso comma 1.

Le paste acide sono descritte al comma 2 come non dotate di adeguato potere fermentativo e, ai fini della denominazione di pane (cfr. l'articolo 2, comma 1), da integrare con il lievito, visto che la loro funzione primaria è l'apporto di acidità e di componenti aromatici caratteristici della lievitazione condotta con pasta madre.

 

L'articolo 6 contiene la definizione di panificio e norme sulle modalità di vendita.

Il panificio viene definito come l'impianto di produzione del pane, degli impasti da pane e dei prodotti da forno assimilati, dolci e salati, che svolge l'intero ciclo di produzione a partire dalla lavorazione delle materie prime sino alla cottura finale.

L'avvio di un nuovo panificio e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono subordinati alla Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), da presentare al comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge 241/1990 e corredata di:

  • autorizzazione della competente ASL sui requisiti igienico-sanitari;
  • autorizzazione alle emissioni in atmosfera;
  • titolo abilitativo edilizio e permesso di agibilità dei locali;
  • indicazione del nominativo del responsabile dell'attività produttiva.

 

La segnalazione certificata di inizio attività di cui all'art. 19 della legge 241/1990 prevede che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale è sostituito da una segnalazione dell'interessato laddove vi siano le seguenti condizioni:
  • che il rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi;
  • che non si tratti di casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali o di atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, nonché di quelli imposti dalla normativa comunitaria;
  • che non si versi nelle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al D.Lgs. 385/1993, e dal T.U.F. di cui al D.Lgs. 58/1998.
 
La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del D.P.R. 445/2000, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all'articolo 38, comma 4, del D.L. 112/2008, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione.
Le autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni qui descritte sostituiscono l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive nei casi previsti dalla normativa vigente, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione.
L'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio attività (trenta nei casi di Scia in materia edilizia), adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela.
Se il fatto non costituisce più grave reato, si prevedono sanzioni penali con la reclusione da uno a tre anni per chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti. Queste si aggiungono alla disciplina delle sanzioni penali di cui al capo VI del D.P.R. 445/2000 in caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci
Fatta salva l'applicazione delle disposizioni sui provvedimenti dell'amministrazione competente cui al comma 4 e le sanzioni penali di cui al comma 6, restano ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal D.P.R. 380/2001 e dalle leggi regionali.
Infine, la SCIA, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili e gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione. In caso di inerzia, è possibile esperire esclusivamente l'azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità disponibile di cui all'articolo 31, commi 1, 2 e 3 del D.Lgs. 104/2010. Questa può essere esperita da chi vi ha interesse per chiedere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere laddove siano decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge. L'azione può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento ed è riproponibile. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione.

 

La norma in esame riconosce al titolare del panificio la facoltà di vendere in aree pubbliche e allo stato sfuso i prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie (comma 3).

Per la vendita,  il pane fresco deve essere posto in scaffali distinti e separati rispetto:

  • al pane ottenuto dal prodotto intermedio di panificazione (comma 4);
  • al pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelatoo no, previo confezionamento ed etichettatura riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto (comma 5).

L'articolo 7 contiene la denominazione di forno di qualità riservata esclusivamente al panificio che produce e commercializza pane fresco, in possesso di certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001:2008 o di altra certificazione di processo o di prodotto rilasciata da un ente terzo certificatore accreditato, e può essere utilizzata anche nella denominazione della ditta, dell'insegna o del marchio.

Le norme UNI EN ISO 9001:2008, gestite e sviluppate dall'Organizzazione internazionale per la normazione (International Organization for Standardization, ISO), specificano i requisiti di un sistema di gestione quando un'organizzazione:
  • ha bisogno di dimostrare la sua capacità di fornire con regolarità prodotti che soddisfano il cliente e i requisiti legali e regolamentari;
  • si propone di migliorare la soddisfazione dei clienti tramite l'applicazione efficace del sistema, inclusi i processi per il miglioramento continuo del sistema e la garanzia di conformità al cliente e requisiti di legge e regolamentari applicabili.
 
Tutti i requisiti della ISO 9001: 2008 sono generici e sono destinati ad essere applicabili a tutte le organizzazioni, indipendentemente dal tipo, dimensione e prodotti forniti ( http://www.iso.org/iso/catalogue_detail?csnumber=46486).
A livello europeo, le norme Iso 9000 sono recepite e pubblicate dal Cen (Comité européen de normalisation) e in Italia dall'Uni (Ente nazionale italiano di unificazione).

 

La figura del responsabile dell'attività produttiva viene disciplinata all'articolo 8.

Il responsabile del panificio, ovvero un suo collaboratore familiare, socio o lavoratore dipendente dell'impresa di panificazione, viene designato dal legale rappresentante dell'impresa all'atto della presentazione della SCIA (comma1) e a tale figura viene affidato il compito di assicurare l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro e la qualità del prodotto finito (comma2).

La figura del responsabile dell'attività produttiva deve essere individuata per ogni panificio e per ogni unità locale di un impianto di produzione presso il quale è installato un laboratorio di panificazione (comma3) e tale figura gode di completa autonomia nella propria attività relativamente alla gestione, all'organizzazione e all'attuazione della produzione (comma6).

In tema di formazione, il responsabile è tenuto a frequentare un corso di formazioneprofessionale, accreditato dalla regione o della provincia autonoma competente per territorio, il cui contenuto e la cui durata sono deliberati dalla giunta regionale o della provincia autonoma con apposito provvedimento (comma4).

Il comma 5 prevede l'esonero dal corso formativo del responsabile dell'attività produttiva già in possesso di uno dei seguenti requisiti:

  • aver prestato la propria opera per almeno tre anni presso un'impresa di panificazione, con la qualifica di operaio panettiere o superiore secondo la disciplina dei vigenti contratti collettivi di lavoro (lettera a);
  • aver esercitato per almeno tre anni l'attività di panificazione in qualità di titolare, collaboratore familiare o socio prestatore d'opera con mansioni di carattere produttivo (lettera b);
  • aver conseguito un diploma in materie attinenti, all'attività di pianificazione, incluso in un apposito elenco individuato dalla giunta regionale o della provincia autonoma (lettera c);
  • aver ottenuto un diploma di qualifica di istruzione professionale in materie attinenti all'attività di panificazione, conseguito nell'ambito del sistema di istruzione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione di almeno un anno presso imprese del settore, di due anni qualora il diploma sia ottenuto prima del compimento della maggiore età (lettera d);

aver conseguito un attestato di qualifica in materie attinenti all'attività di panificazione o il profilo di panificatore, in base agli standard professionali della regione o della provincia autonoma, rilasciato a seguito di un corso di formazione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione della durata di almeno un anno svolta presso imprese del settore (lettera e).

In tema di mutuo riconoscimento l'articolo 9 prevede:

  • la possibilità di commercializzare nel territorio dello Stato italiano i prodotti da forno realizzati e commercializzati negli altri Paesi membri dell'Unione europea o in uno Stato parte contraente dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (comma 1);
  • il divieto dell'uso delle denominazioni di pane fresco e di pane conservato, anche se accompagnate da integrazioni o specificazioni, per designare prodotti che si differenziano in modo sostanziale, per modalità di composizione o per procedura di produzione, da quelli di cui agli articoli 2 (varie denominazioni di pane), 3 (prodotto intermedio di panificazione, 4 (lieviti utilizzabili nella panificazione) e 5 (paste acide) (comma 2).

 

L'articolo10 definisce i vari tipi di pane fresco tradizionale di alta qualità come:

  • i pani tradizionali tipici locali identificati dalle regioni ai sensi dell'articolo 8 del D.lgs. 173/1998 e del regolamento di cui al D.M. 350/1999, riportati negli elenchi regionali e inseriti nell'elenco nazionale istituito dal citato regolamento (lettera a);
L'articolo 8 del D.Lgs. 173/1998 in tema di Valorizzazione del patrimonio gastronomico prevede la pubblicazione delle procedure delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura il cui uso risulta consolidato dal tempo ai fini dell'individuazione dei «prodotti tradizionali attraverso un decreto del Ministro per le politiche agricole, d'intesa con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Il D.M. 350/1999, contiene il regolamento recante norme per l'individuazione dei prodotti tradizionali di cui all'articolo 8, comma 1, del D.Lgs. 173/1998. In esso si prevede la predisposizione degli elenchi regionali o provinciali dei propri prodotti agroalimentari tradizionali da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Inoltre, si istituisce presso il MIPAAF dell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, formato dai prodotti definiti tradizionali dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano ed inseriti nei rispettivi elenchi. Il ministero cura la pubblicazione annuale dell'elenco, promuovendone la conoscenza a livello nazionale ed estero.

 

  • i pani riconosciuti ai sensi della normativa dell'Unione europea in materia di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta e di specialità tradizionale garantita (lettera b).

 

Il comma 2 prevede il riconoscimento da parte delle regioni dei disciplinari di produzione dei panitradizionali tipici locali, su proposta delle associazioni territoriali di rappresentanza della categoria della panificazione aderenti alle organizzazioni imprenditoriali più rappresentative a livello nazionale.

Il comma 3 prevede programmi finanziari volti a sostenere e a promuovere la produzione e la commercializzazione del pane fresco e del pane fresco tradizionale di alta qualità nell'ambito delle iniziative per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agroalimentari, da definire annualmente nel capitolo di spesa di competenza del MIPAAF.

L'articolo11 attribuisce la vigilanza sull'attuazione della presente legge alle ASL ed ai comuni competenti per territorio, cui spettano i proventi derivanti dall'applicazione di eventuali sanzioni amministrative, per la violazione delle disposizioni della medesima legge. La norma rinvia la definizione di tali sanzioni alla competenza delle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

L'articolo 12 abroga una serie di disposizioni:

La legge 580/1967, contiene la Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari.
All'articolo 14 vi è la denominazione di "pane" come ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio).
Se ottenuto da una cottura parziale e destinato al consumatore finale deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti in etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti e, in modo evidente, la denominazione «pane» completata dalla menzione «parzialmente cotto» o altra equivalente, nonché l'avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l'indicazione delle relative modalità della stessa. Nel caso di prodotto surgelato, l'etichetta dovrà anche riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la menzione «surgelato».
Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o non, deve essere distribuito e messo in vendita, previo confezionamento ed etichettature riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto. Per il prodotto non destinato al consumatore finale si applicano le norme stabilite dall' art. 17 del D.Lgs. 109/1992 sui Prodotti non destinati al consumatore.
L'articolo 21 prevede per i prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelate con sfarinati di grano, la messa in vendita con l'aggiunta alla denominazione «pane» della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata. Nella produzione di questi tipi di pane possono essere aggiunti gli ingredienti indicati al precedente articolo 20 in tema di confezione di pani speciali (disposizione abrogata dal D.P.R. 502/1998).

 

Tale disposizione del D.P.R. 502/1998 (Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane, a norma dell'articolo 50 della L. 22 febbraio 1994, n. 146) contiene prescrizioni sul lievito e in particolare:
  • sul lievito impiegabile nella panificazione, che deve essere costituito da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore al 75 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca;
  • sulla crema di lievito impiegabile nella panificazione, che deve essere costituita da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'80 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca.

 

Nella disposizione del D.L. 223/2006 recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", prevede a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento (dal 4 luglio 2006) l'abrogazione integrale della legge 1002/1956 recante "Nuove norme sulla panificazione" e dell'articolo 22, la lettera b) del D.Lgs. 112/1998 ("Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59"). Tale abrogazione risponde all'esigenza di promuovere un assetto maggiormente concorrenziale nel settore della panificazione ed assicurare una più ampia accessibilità dei consumatori ai relativi prodotti.
L'impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al comune competente ai sensi dell'articolo 19 della legge 241/1990 e corredata da:
  • l'autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari;
  • l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera;
  • il titolo abilitativo edilizio;
  • il permesso di agibilità dei locali;
  • il nominativo del responsabile dell'attività produttiva che assicura l'utilizzo di materie prime conformi alle vigenti norme, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, la qualità del prodotto finito.
 
Ai titolari di tali impianti è consentita l'attività di vendita dei prodotti del panificio per il consumo immediato, nei locali della stessa azienda, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda e rispettando le prescrizioni igienico-sanitarie. Da tale attività è escluso il servizio assistito di somministrazione dei prodotti.
Si rimette ad un regolamento del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, la disciplina, in conformità al diritto comunitario, delle denominazioni di "panificio", "pane fresco" e "pane conservato, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 223/2006.
Si rimette ai comuni e alle autorità competenti in materia igienico-sanitaria l'esercizio delle rispettive funzioni di vigilanza, mentre le violazioni le violazioni delle prescrizioni di cui all'articolo 4 in esame vengono punite ai sensi dell'articolo 22 commi 1, 2, 5 lettera c), e 7 del D.Lgs. 114/1998, sulla Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 59/1997, che vanno dalla sanzione amministrativa, alla sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni in caso di recidiva, alla chiusura di un esercizio, individuando nell'autorità competente il sindaco del comune dove le violazioni hanno avuto luogo.

Relazioni allegate o richieste

La proposta è corredata della relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

La proposta di legge interviene su materia già disciplinata dalla legge n. 580 del 1967 recante "la disciplina per la lavorazione ed il commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari. Necessita, pertanto, di un intervento con fonte primaria.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L'articolo 117, terzo comma, della Costituzione annovera tra le materie di legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni quelle relative alla tutela della salute e all'alimentazione, nelle quali può sicuramente rientrare la disciplina della produzione e della commercializzazione del pane.

Si ricorda, al riguardo, che il 24 settembre 2015 la Conferenza Stato-Regioni  ha espresso l'intesa sul decreto che contiene il regolamento che definisce le denominazioni di "panificio", "pane fresco" e "pane conservato", adottato in base a quanto previsto dall'art. 4, comma 2-ter, della  decreto legge n. 223/2006, secondo il quale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, avrebbe dovuto emanare un decreto di disciplina delle soprarichiamate definizioni.