Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (AC 1941-A) DL 133/2013: Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia
Riferimenti:
AC N. 1941-A/XVII     
Serie: Verifica delle quantificazioni    Numero: 56
Data: 21/01/2014
Descrittori:
ALIENAZIONE DI BENI   BANCA D'ITALIA ( BANKITALIA )
DECRETO LEGGE 2013 0133   IMMOBILI DEMANIALI
IMMOBILI DI ENTI ED UFFICI PUBBLICI   IMPOSTA MUNICIPALE UNICA (IMU)
Organi della Camera: VI-Finanze

 


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 1941

 

Disposizioni urgenti concernenti l'IMU,

l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia

 

 

(Conversione del decreto legge 133/2013

approvato dal Senato – S.1188)

 

 

 

 

 

N. 56 – 21 gennaio 2014

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Estremi del provvedimento

 

A.C.

 

1941

Titolo breve:

 

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, recante disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia.

 

Iniziativa:

 

 

 

Commissione di merito:

 

 

Relatore per la

Commissione di merito:

 

 

Causi

Gruppo:

 

Relazione tecnica:

 

 

 

 

 

 

 

Parere richiesto

 

 

Destinatario:

 

Oggetto:

 

 

 

 

 


INDICE

 

ARTICOLO 1. 3

Abolizione della seconda rata IMU 2013. 3

ARTICOLO 2. 12

Disposizioni in materia di acconto imposte.. 12

ARTICOLO 3. 16

Disposizioni in materia di immobili pubblici 16

ARTICOLI 4-6. 18

Disposizioni concernenti la Banca d’Italia.. 18

ARTICOLO 7. 24

Disposizioni di coordinamento – aliquote di accisa.. 24

ARTICOLO 8. 25

Copertura finanziaria.. 25



PREMESSA

 

Il provvedimento, già approvato, con modificazioni, dal Senato, dispone la conversione del decreto legge 30 novembre 2013, n. 133, recante norme urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.

Il testo iniziale è corredato di relazione tecnica e di un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari.

Si esaminano, di seguito, le norme considerate dalla relazione tecnica nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

ARTICOLO 1

Abolizione della seconda rata IMU 2013

Normativa vigente Il decreto legge n. 102/2013 ha disposto la soppressione del versamento della prima rata IMU 2013 dovuta per le abitazioni principali (diverse da quelle di lusso) e relative pertinenze, nonché per altre tipologie di immobili quali le cooperative a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, gli alloggi assegnati dagli ex IACP o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, i fabbricati rurali strumentali e i terreni agricoli.

Gli effetti finanziari ascritti alla disposizione (50% dell’imposta annua comprensiva delle manovre comunali) risultano complessivamente pari a 2.396,2 milioni di euro. Nel dettaglio, la quota d’imposta è ripartita in: a) per abitazioni principali e relative pertinenze: 2.010,9 mln; b) per le unità immobiliari appartenenti alle cooperative a proprietà indivisa, adibite ad abitazioni principali, IACP e edilizia residenziale pubblica: 38,1 mln; c) per i fabbricati rurali strumentali: 32,1 mln; d) per i terreni agricoli: 315,1 mln.

 

La norma dispone la soppressione parziale dell’obbligo di pagamento della seconda rata IMU per l’anno 2013 in relazione ai seguenti immobili (comma 1):

-        adibiti ad abitazione principale e relative pertinenze, purché non iscritti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;

-        appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, nonché alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;

-        casa assegnata all’ex-coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

-        l’unico immobile, non sia censito nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9, che sia posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dal personale appartenente alla carriera prefettizia;

-        i terreni agricoli, nonché quelli non coltivati di cui all’art. 13, c. 5 del dl 201/2011, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola;

-        i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui art. 13, c.8, dl 201/2011.

L’agevolazione non si applica ai terreni e ai fabbricati rurali diversi da quelli indicati nel comma 1 (comma 2).

Il beneficio è esteso anche agli immobili relativamente ai quali il comune ha deliberato l’assimilazione ad abitazione principale nonché quelli concessi in comodato dal soggetto passivo dell'imposta a parenti in linea retta entro il primo grado che li utilizzano come abitazione principale[1]. In relazione a tali immobili, tuttavia, non è riconosciuta la compensazione delle risorse da parte dell’Erario (comma 9).

Rimane a carico del contribuente l’obbligo di versare il 40% della differenza tra l’imposta calcolata applicando le aliquote e le detrazioni deliberate dai comuni per l’anno 2013 e l’imposta calcolata ad aliquota e detrazione standard (c.d. mini IMU). Il termine per il versamento, fissato nel testo originario del provvedimento al 16 gennaio 2014, è stato prorogato nel corso dell’esame presso il Senato al 24 gennaio 2014 (comma 5).

Al fine di assicurare ai Comuni le risorse relative al minor gettito IMU recato dalle precedenti disposizioni, sono stanziate risorse per 2.164.048.210,99 euro per l’anno 2013, di cui 2.076.989.249,53 euro riferiti ai comuni delle RSO, Sicilia e Sardegna e 87.058.961,46 euro riferiti ai comuni del Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano (comma 3).

Per il versamento delle suddette somme ai comuni delle RSO, Sicilia e Sardegna è attribuita, entro il 20 dicembre 2013, dal Ministero dell’interno la somma di 1.729.412.036,11 euro ripartita in base agli importi indicati nell’allegato A al decreto in esame, pari alla metà dell’ammontare determinato applicando l’aliquota e la detrazione di base previste dalle norme statali per ciascuna tipologia di immobile (comma 4).

Il conguaglio del contributo, pari a 348.527.350,73 euro, corrispondente alla differenza tra le somme spettanti (comma 3) e quelle attribuite (commi 4 e 8) è determinato con decreto ministeriale. L’attribuzione avviene sulla base di una metodologia concordata con l’ANCI prendendo come base i dati di gettito relativi al 2012 e operando una stima delle manovre effettuate dai comuni nell’anno 2013 (comma 6). Qualora la somma attribuita al singolo comune risulti superiore a quella effettivamente spettante in base all’applicazione effettiva delle aliquote e detrazioni, le maggiori risorse attribuite devono essere destinate dal comune medesimo alla riduzione di imposte comunali dovute sui medesimi immobili per l’anno 2014 (comma 7).

L’attribuzione delle risorse ai comuni del Friuli Venezia Giulia e della Valle d’Aosta nonché alle province autonome di Trento e Bolzano (pari complessivamente a 86.108.824,15 euro come risulta dall’allegato A al presente decreto) è effettuata a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali ai sensi dell’art. 13, c. 17, del d.l. n. 201/2011 (comma 8).

I profili finanziari relativi alle disposizioni contenute nei commi 3, 4, 6, 7 e 8 sono sintetizzati nella seguente tabella.

 

Descrizione

Importi in euro

A) Ripartizione in base alle regioni di appartenenza dei Comuni

 

- comuni delle RSO, Sicilia e Sardegna

2.076.989.249,53

- comuni del Friuli, Valle d’Aosta e province autonome Trento e Bolzano

87.058.961,46

Totale risorse ripartite per Comuni

2.164.048.210,99

B) Distribuzione in base alle modalità di attribuzione delle risorse

 

- acconto entro il 20/12/2013 ai comuni delle RSO, Sicilia e Sardegna

1.729.412.036,11

- acconto ai comuni del Friuli, Valle d’Aosta e province autonome Trento e Bolzano (a valere su compartecipazioni erariali)

86.108.824,15

- conguaglio

348.527.350,73

Totale risorse attribuite

2.164.048.210,99

C) Quota versata direttamente dai contribuenti (c.d. mini IMU) (*)

440.000.000

Totale incasso Comuni

2.604.048.210,99

(*) Valore rilevato dai dati forniti dalla RT.

 

Con apposito decreto sono stabiliti i procedimenti per l’assegnazione delle risorse ai singoli comuni;  in caso di mancato completamento della procedura entro il termine del 10 dicembre 2013, per l’erogazione del trasferimento compensativo è autorizzato il pagamento tramite anticipazione di tesoreria, regolata entro 90 giorni dal pagamento ai comuni (comma 10).

In deroga all’art. 175 del TUEL i comuni possono apportare le necessarie variazioni di bilancio entro il 15 dicembre 2013 (comma 11).

Per l’anno 2014, il limite massimo di ricorso alla tesoreria[2] da parte degli enti locali è incrementato, sino al 31 marzo 2014, da tre a cinque dodicesimi. Gli oneri per interessi a carico dei comuni per le maggiori anticipazioni di tesoreria di cui al periodo precedente sono rimborsati dal Ministero dell’interno nel limite massimo di 3,7 milioni di euro (comma 12).

Nel corso dell’esame presso il Senato è stato inserito il comma 12-bis ai sensi del quale non sono applicate sanzioni agli insufficienti versamenti della seconda rata IMU (scaduta il 16 dicembre 2013) qualora la differenza sia versata entro il 24 gennaio 2014.

  

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo iniziale, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2013

2014

2015

2013

2014

2015

2013

2014

2015

Minori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eliminazione II rata IMU 2013

 

 

 

2.164,05

 

 

2.164,05

 

 

Minori entrate extratributarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rimborso comuni Friuli Venezia Giulia e province autonome Trento e Bolzano

81,24

0,9

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rimborso comuni RSO, Sicilia e Sardegna

2.077,0

 

 

 

 

 

 

 

 

Rimborso comuni Valle d’Aosta

4,87

0,05

 

 

 

 

 

 

 

Quota interessi per aumento ricorso tesoreria

 

3,7

 

 

3,7

 

 

3,7

 

 

La relazione tecnica riferita, al testo originario, dopo aver illustrato la norma, afferma che il ristoro ai comuni del mancato gettito IMU avviene:

-        mediante il riconoscimento del contributo a ciascun comune, da corrispondere entro il 20 dicembre 2013, pari alla metà dell’ammontare risultante dall’applicazione dell’aliquota e delle detrazioni di base previste per ciascuna tipologia di immobile (cfr Allegato A al decreto);

-        mediante versamento diretto da parte dei contribuenti, entro il 16 gennaio 2014 (prorogato al 24 gennaio nel corso dell’esame del provvedimento al Senato) di un importo pari al 40% della differenza tra IMU annua determinata in base alle aliquote e detrazioni deliberate dal Comune e quella calcolata ad aliquota e detrazione standard;

-        mediante conguaglio da parte dello Stato, con decreto da emanare entro il 28 febbraio 2014.

La relazione tecnica afferma che l’intervento complessivo determina oneri stimati in 2.164,1 mln di euro, corrispondenti al mancato gettito IMU 2013 al netto dei versamenti effettuati dai contribuenti.

I suddetti oneri sono stati calcolati sulla base del gettito effettivo IMU 2012 per gli immobili interessati dal provvedimento, incrementato di un importo complessivo stimato relativo alle variazioni deliberate dai comuni per il 2013 e di quanto verrà versato dai contribuenti. La RT evidenzia che la valutazione relativa alle variazioni deliberate dai comuni nel 2013 rispetto al 2012 è stata improntata a criteri prudenziali. Pertanto, è da ritenere plausibile che l’effetto in termini di gettito sia inferiore , comportando maggiori risorse ai comuni i quali, ai sensi del comma 7, dovranno destinare tali maggiori risorse alla riduzione dell’IMU 2014.

Gli oneri per interessi indicati dal comma 13 in misura massima di 3,7 mln sono stati calcolati applicando un tasso annuo del 3%, su una quota del 40% delle maggiorazioni deliberate nel 2013 pari a circa 440 milioni di euro per un periodo di 30 giorni e, relativamente alla restante quota di 348,5 mln. prevista a conguaglio per un periodo di 89 giorni.  Più in dettaglio, i parametri utilizzati sono i seguenti:

1. interessi su quota a carico dei contribuenti

a)     stima maggiorazioni 2013 rispetto ad aliquota standard: 1,1 mld;

b)     40% a carico dei contribuenti: 440 mln;

c)     numero giorni considerati (dal 17 dicembre al 15 gennaio 2014): 30;

d)     tasso annuo: 3%, cui corrisponde un tasso di interesse giornaliero pari a 0,0000821918;

e)     calcolo spesa massima per interesse riferita alla quota a carico dei contribuenti (440mln x 3% x 30/365 = 1.084.931,51 euro).

2. interessi su conguaglio

a)     conguaglio statale: 348,5 mln;

b)     numero giorni considerati (dal 17 dicembre 2013 a 15 marzo 2014): 89;

c)     calcolo spesa per interessi riferita al conguaglio (348,5 mln x 3% x 89/365 = 2.549.301,37)

3. Totale spesa per interessi: (1.084.931,51 + 2.549.301,37 = 3.634.232,88 euro).

 

Con Nota del 18 dicembre 2013 il Dipartimento delle finanze, in risposta alle richieste formulate nel corso dell’esame presso il Senato, ha fornito il dettaglio dell’onere stimato come risulta dalla seguente tabella.

 

Tipologia immobili

Onere complessivo

Abitazione principale

2.010,9

Fabbricati rurali

32,1

Terreni IAP

80,0

IACP

38,1

Abitazioni dipendenti forze armate e alloggi cooperative (assimilate prima casa)

3,0

TOTALE

2.164,1

La Nota chiarisce che la quantificazione è basata sui dati di gettito 2012 e che l’importo complessivo sarà determinato entro il 28 febbraio 2014 e sarà comprensivo delle somme già attribuite con il DL n. 102/2013  con il provvedimento in esame. L’attribuzione delle risorse sarà effettuata mediante una metodologia ancora da stabilire e da concordare con l’ANCI.

Per quanto riguarda la stima dell’esenzione IMU per i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, la RT evidenzia che, in assenza di dati puntuali, la stima è stata effettuata sulla base dei dati riguardanti il reddito dominicale forniti dall’Agenzia del Territorio, pervenendo in tal modo alla stima sopra indicata di 80 milioni di euro (seconda rata).

 

Al riguardo, sulla base di un confronto tra i dati riferiti alla norma in esame e quelli riportati in sede di soppressione dell’obbligo della prima rata IMU 2013 (decreto legge n. 102/2013), appaiono opportuni chiarimenti in merito ai profili di seguito illustrati.

In proposito si ricorda che il D.L. n. 102/2013 ha disposto, per specifiche tipologie di immobili, la soppressione totale della prima rata IMU 2013 (comprensiva delle manovre comunali) mentre il provvedimento in esame dispone la parziale soppressione della seconda rata IMU 2013, prevedendo l’obbligo di pagamento del 40% della maggiore IMU deliberata dai comuni (c.d. mini-IMU calcolata su base annua).

In particolare, si segnala che:

-        la stima del minor gettito della prima rata e della seconda rata IMU 2013 di alcuni immobili è rimasta invariata rispetto alle previsioni indicate nel D.L. n. 102 nonostante il provvedimento in esame disponga, per alcune fattispecie, la soppressione dell’obbligo di versamento. Si tratta, in particolare, di abitazioni principali e relative pertinenze, fabbricati rurali e alloggi di cooperative o assegnati da IACP utilizzati come abitazione principale (ai quali sono ascritti effetti pari, rispettivamente, a 2.010,9 mln, a 38,1 mln e a 32,1 mln per ciascuna delle due rate). Sul punto andrebbero acquisiti elementi di valutazione dal Governo, anche in considerazione del fatto che la RT stima il complessivo gettito della “mini IMU” 2013, a carico dei contribuenti, in 440 milioni di euro;

-        la stima del minor gettito IMU riferito ai terreni agricoli è ridotta da 315,1 mln (prima rata) a 80 milioni (seconda rata). In proposito andrebbe meglio precisato l’ambito applicativo delle disposizioni in esame – e le relative differenze rispetto a quanto previsto dal D.L. 102 – al fine di chiarire la diversa portata finanziaria delle disposizioni.

Detta differenza non emerge con chiarezza dalla formulazione della norma e dai relativi allegati tecnici: si segnala in proposito che la norma fa riferimento ai “terreni agricoli, nonché quelli non  coltivati” posseduti e condotti da coltivatori ed imprenditori mentre la relazione tecnica fa riferimento ai “terreni agricoli, posseduti e condotti da coltivatori diretti”. La recente Newsletter del Dipartimento delle finanze (n. 2 del 17 gennaio 2014)[3] ha precisato in ogni caso che sono esclusi dalla “mini-IMU” i terreni agricoli non posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali.

Occorre quindi esplicitare quali siano effettivamente le tipologie prese in considerazione ai fini della stima del minor gettito di 80 mln e quali siano le componenti che giustificano la differenza rispetto ai 315,1 mln. di riduzione di gettito stimato in relazione al D.L. 102;

- l’inclusione nel regime della “mini IMU” degli immobili concessi in comodato ai parenti di primo grado andrebbe coordinata, anche sul piano finanziario, con quanto disposto dal già citato D.L. n. 102. In tale sede, infatti, l’art. 2-bis, nel consentire ai comuni di equiparare ad abitazione principale la predetta tipologia di immobili, ha riconosciuto agli enti locali interessati una somma pari a 18,5 milioni a titolo di compensazione del relativo mancato gettito della seconda rata IMU 2013. Pertanto, andrebbe chiarito se possano sussistere duplicazioni rispetto a quote di gettito già riconosciute ai Comuni dal D.L. n. 102 e ora soggette a versamento a titolo di mini IMU.

Sono inoltre necessarie informazioni relative alla stima del minor gettito IMU per le abitazioni assegnate all’ex coniuge in caso di separazione che, seppur previste dalla norma, non risultano quantificate nella Nota fornita nel corso dell’esame al Senato.

Ulteriori precisazioni andrebbero fornite in merito al conguaglio del minor gettito riconosciuto dallo Stato in favore dei comuni, il cui versamento è previsto nel 2014.  In proposito, si dispone che, qualora il conguaglio determinato dal DM e versato dallo Stato all’ente locale risulti superiore all’effettivo mancato gettito IMU 2013, “l’eccedenza è destinata dal comune medesimo a riduzione delle imposte comunali dovute relativamente ai medesimi immobili per l’anno 2014”. Sul punto si rileva che:

-        per i comuni nei quali il conguaglio attribuito dovesse risultare superiore a quello effettivamente spettante, le maggiori risorse attribuite non sarebbero recuperate dallo Stato, ma rimarrebbero assegnate ai comuni stessi,  sia pur con destinazione vincolata alla riduzione dei tributi propri. Tale situazione potrebbe quindi generare  una disparità di condizioni tra gli enti non ancorata a differenze di basi imponibili;

-        non è prevista una disciplina e non sono stimati effetti finanziari in relazione all’ipotesi in cui il conguaglio attribuito dovesse risultare inferiore a quello spettante. Tale eventuale ipotesi appare particolarmente rilevante tenuto conto che la differenza non potrebbe essere compensata con trasferimenti dai comuni destinatari di risorse eccedentarie per quanto indicato al precedente punto.

In merito ai predetti profili appare necessario acquisire l’avviso del Governo.

Per quanto riguarda gli effetti finanziari stimati in relazione alla maggiore anticipazione di tesoreria consentita in favore dei comuni per compensare la minore liquidità dovuta al mancato versamento dell’imposta da parte dei contribuenti, si ricorda che la norma stabilisce che gli interessi per la maggiore anticipazione di tesoreria sono a carico dello Stato e sono rimborsati nel limite massimo di 3,7 milioni di euro.

Non sono invece quantificati oneri per interessi in relazione al versamento della prima quota (stimata in circa 1,8 miliardi) corrisposta ai comuni a ristoro del mancato gettito, presumibilmente nel presupposto dell’attribuzione di tali risorse entro il termine prescritto del 20 dicembre 2013 (comma 4). Poiché tale termine è ormai scaduto e tenuto conto che, in caso di mancato completamento della procedura entro il termine del 10 dicembre 2013, per l’erogazione del trasferimento compensativo la norma autorizza il pagamento tramite anticipazione di tesoreria, regolata entro 90 giorni dal pagamento ai comuni (comma 10), andrebbero acquisite informazioni circa il ricorso o meno a quest’ultima anticipazione. Infatti qualora la stessa sia stata attivata, andrebbe quantificato il relativo onere per interessi, non considerato nella stima della RT.

In merito agli interessi sull’anticipazione di tesoreria concessa ai comuni in relazione al conguaglio corrisposto dallo Stato (circa 348 mln) e alla quota versata dai contribuenti (c.d. mini-IMU, il cui gettito è stimato in 440 milioni) si evidenzia inoltre che:

·        in relazione alla quota di gettito a carico dei contribuenti, gli interessi, nella relazione tecnica originaria, sono calcolati per 30 giorni (fino al 15 gennaio 2014). Tenuto  conto che nel corso dell’esame al Senato la scadenza per il versamento è stata spostata al 24 gennaio, andrebbe chiarito se si intenda aggiornare conseguentemente il relativo onere per interessi (da 1,084 mln a 1,34 mln);

·        in relazione al versamento del conguaglio, la RT quantifica gli interessi considerando il periodo 17 dicembre 2013/15 marzo 2014.  Poiché la norma autorizza la maggiore anticipazione di tesoreria fino al 31 marzo 2014, il periodo di riferimento per il calcolo degli interessi aumenta conseguentemente di 15 giorni con relativo incremento dell’onere per interessi (per circa 430 mila euro).

In merito al pagamento del 40% della differenza IMU a carico dei contribuenti, andrebbe chiarito se in sede di quantificazione siano stati considerati gli effetti di minor gettito recati dall’esclusione dell’obbligo di versamento nel caso in cui la somma da versare sia inferiore a 12 euro[4].

Infine, andrebbero forniti chiarimenti in merito al comma 12-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, che esclude l’applicazione di sanzioni in caso di ritardato pagamento (comunque entro il 24 gennaio 2014) dell’IMU relativa al 2013, con riferimento a qualunque tipologia di immobile.

 

ARTICOLO 2

Disposizioni in materia di acconto imposte

Normativa vigente Il decreto legge n. 102/2013 ha soppresso l’obbligo di pagamento della prima rata IMU 2013 per le abitazioni principali e immobili ad esse assimilati.

La copertura finanziaria (art. 15) è disposta a valere, tra l’altro, quanto a 600 milioni di euro per l'anno 2013 come entrate derivanti dalla definizione agevolata per i concessionari dei giochi e quanto a 925 milioni di euro per l'anno 2013, mediante utilizzo delle maggiori  entrate  IVA conseguenti al pagamento anticipato dei debiti della PA. Il comma 4 dell’art. 15, prima delle modifiche introdotte dal comma 6 dell’articolo in esame, prevede un monitoraggio da parte del MEF dell’andamento delle suddette entrate nonché una clausola di salvaguardia in base alla quale, in caso di mancato realizzo delle suddette maggiori entrate, si procede ad un incremento della misura degli acconti d’imposta IRES ed IRAP e l’aumento della misura delle accise in misura tale da assicurare il conseguimento degli obiettivi di gettito fissato[5]. A seguito delle modifiche introdotte dal comma 6 dell’articolo in esame la clausola di salvaguardia prevede, più specificatamente, l’aumento degli acconti IRES e IRAP per gli anni 2013 e 2014 nonché l’aumento delle accise a decorrere dal 1° gennaio 2015 al fine di compensare le minori entrate recate dall’incremento delle misure di acconto.

 

La norma dispone quanto segue.

 

Acconto IRES/IRAP

La misura dell’acconto IRES e IRAP dovuto dagli enti che operano nel settore creditizio, finanziario e assicurativo, inclusa la Banca d’Italia, ferma restando la clausola di salvaguardia disposta dall’art. 15, comma 4, del DL n. 102/2013 (modificata dal comma 6, v. infra), è incrementata, per l’anno 2013, dal 101% al 128,5% (comma 1). Per i medesimi soggetti viene prorogato di 10 giorni il termine di versamento del secondo acconto IRES e IRAP; pertanto, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il termine viene spostato dal 30 novembre al 10 dicembre 2013 (comma 4).

Il comma 4 dell’art. 15 del 102/2013, recante la clausola di salvaguardia diretta a prevedere il monitoraggio e ad assicurare il maggior gettito previsto per la disposizione sui concessionari dei giochi (600 mln per il 2013) e per la disposizione sulla maggiore IVA recata dall’anticipo dei pagamenti ai fornitori della PA (925 mln per l’anno 2013), viene sostituito al fine di prevedere, in caso di mancato realizzo del predetto gettito, l’emanazione di un decreto ministeriale (entro il 2 dicembre 2013) che intervenga sulla misura degli acconti IRES/IRAP negli anni 2013 e 2014 e sulla misura delle accise a decorrere dal 2015 (comma 6).

 

Addizionale IRES

Per l’anno 2013 i soggetti di cui al comma precedente sono inoltre tenuti al versamento di una addizionale IRES fissata in misura pari all’ 8,5%. L’addizionale non si applica alle variazioni in aumento dovute all’applicazione del limite di deducibilità annua delle perdite su crediti stabilita dall’art. 106, c.3, del TUIR (comma 2). L’addizionale si applica anche ai soggetti che hanno optato per il consolidato nazionale (art. 117 del TUIR) o per la trasparenza fiscale (art. 115 del TUIR) (comma 3).

 

Acconto imposta sostitutiva per il regime del risparmio amministrato

Viene altresì introdotto, con decorrenza 2013, l’obbligo di effettuare un versamento in acconto a carico dei soggetti che applicano l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 461/1997 (regime del risparmio amministrato). L’acconto deve essere versato entro il 16 dicembre 2013 ed è determinato in misura corrispondente al 100% dei versamenti dovuti nei primi 11 mesi dell’anno. A decorrere da gennaio dell’anno successivo, dai versamenti dovuti sarà decurtato l’acconto già versato (comma 5).

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario, ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2013

2014

2015

2013

2014

2015

2013

2014

2015

Maggiore acconto IRES IRAP settore finanziario(*)

+871,1

-871,1

0

+1.496

-1.496

0

+1.496

-1.496

0

Maggiore acconto IRES IRAP settore finanziario – quota SSN (**)

-624,9

+624,9

 

 

 

 

 

 

 

Addizionale IRES settore finanziario (*)

0

+1.536

0

0

+1.536

0

0

+1.536

0

Acconto imposta sostitutiva regime amministrato (*)

670

0

0

670

0

0

670

0

0

(*)   I segni “+” e “-“ rappresentano, rispettivamente, una maggiore e una minore entrata.

(**)I segni “+” e “-“ rappresentano, rispettivamente, una maggiore e una minore spesa.

 

La relazione tecnica afferma quanto segue.

 

Incremento di 27,5 punti percentuali dell’acconto 2013 – comma 1

In base ai dati di autotassazione ricavati dal modello di versamento F24 relativi al 2012 da parte di soggetti esercenti attività di intermediazione monetaria, finanziaria e assicurativa, tenuto anche conto che l’andamento negli anni di tale misura risulta omogeneo, la relazione tecnica stima l’incremento di 27,5 punti percentuali dell’acconto IRES e IRAP in 1.496 milioni di euro.

(milioni di euro)

 

2013

2014

2015

IRES e IRAP

+1.496

-1.496

0

Sulla base di quanto indicato nel prospetto riepilogativo, la quota di IRAP inclusa nell’importo indicato ammonta a 624,9 milioni.

 

Addizionale IRES  

L’addizionale IRES, fissata per l’anno 2013 in misura pari a 8,5 punti percentuali, a carico dei soggetti esercenti attività di intermediazione monetaria, finanziaria ed assicurativa determina maggiori entrate stimate dalla relazione tecnica, in base al modello IRES, in +1.536 milioni di euro.

Per la determinazione degli effetti di cassa, la relazione tecnica ipotizza che i contribuenti versino un acconto IRES 2014 senza considerare l’addizionale in esame; pertanto, gli unici effetti sono iscritti nel 2014 come saldo dovuto per l’anno 2013.

 

(milioni di euro)

 

2013

2014

2015

Addizionale IRES

+1.536

0

0

 

Acconto imposta sostitutiva su risparmio amministrato

La disposizione introduce, a regime, l’obbligo di versamento dell’acconto dell’imposta sostituiva in esame. Pertanto gli effetti si realizzano per cassa solo nel primo anno di applicazione in quanto nell’anno successivo si recupera l’acconto già versato.

In base ai dati di versamento, la relazione tecnica stima una misura dell’acconto (corrispondente al 100% dei versamenti eseguiti nei primi 11 mesi) pari a 670 milioni di euro.

 

Con Nota del 18 dicembre 2013 il Dipartimento delle finanze, in risposta alle richieste formulate nel corso dell’esame presso il Senato, ha precisato che la base imponibile presa come riferimento per il calcolo dell’aumento di 8,5 punti percentuali dell’aliquota IRES e la base imponibile considerata per la maggiorazione dell’acconto riferita ai medesimi soggetti risultano tra loro coerenti, pur avendo delle differenze. In particolare:

-        la base imponibile utilizzata per l’addizionale IRES è relativa ai soggetti esercenti le attività interessate prima dell’ingresso del reddito stesso nel consolidato, mentre i dati di autotassazione sono al netto delle compensazioni avvenute nel consolidato stesso;

-        l’incremento di 27,5 punti percentuali è stato calcolato rispetto all’acconto, che rappresenta una parte dell’imposta (IRES di competenza è il 27,5% dell’imponibile). I circa 3 mld sono da intendersi, pertanto, una parte di tutto l’acconto 2012 effettuato da banche ed intermediari finanziari;

-        la stima dell’incremento di gettito derivante dall’aumento delle percentuali di acconto è stata calcolata commisurando al dato di autotassazione 2012 relativo al solo acconto; mancherebbe, pertanto, tutto il saldo, per avere un’indicazione dell’imposta dovuta da tali soggetti.

 

Per quanto riguarda l’acconto dell’imposta sostitutiva sul risparmio amministrato, la Nota conferma che la stima è effettuata tenendo conto dei versamenti 2012 (codice tributo 1102) e che, circa l’andamento futuro di tali versamenti, non si esclude che il gettito possa essere superiore a quello del 2013; pertanto, la Nota ritiene che il valore iscritto non comporti sostanziali sovrastime per il futuro.

 

Al riguardo si segnala che l’utilizzo per la stima degli effetti di gettito dell’addizionale IRES del relativo modello di micro-simulazione non consente una verifica puntuale della quantificazione effettuata. Inoltre, dalla Nota presentata al Senato non emergono i riferimenti quantitativi che consentano di riconciliare le stime relative all’addizionale IRES con quelle riferite all’incremento della misura dell’acconto IRES. Tali informazioni risultano peraltro necessarie ai fini della verifica delle stime fornite,  tenuto conto che le norme operano con riferimento alla medesima platea di contribuenti.

Si segnala inoltre che la disposizione prevede, nella sostanza, una anticipazione del versamento di imposte da parte dei contribuenti all’Erario. Andrebbe pertanto acquisito l’avviso del Governo  in merito ai profili di classificazione delle relative entrate in base alla disciplina europea; ciò al fine di escludere eventuali effetti sul debito tenuto conto che, in conseguenza dell’incremento disposto, l’acconto raggiungerà il livello del 128,5 %.

 

ARTICOLO 3

Disposizioni in materia di immobili pubblici

La norme, nel testo originario, dispongono:

-        al comma 1, l’estensione agli immobili pubblici ceduti a trattativa privata[6] dell’applicabilità delle disposizioni[7], che consentono la sanatoria di irregolarità in materia edilizia successivamente al trasferimento di beni, entro un anno dall'atto di trasferimento dell'immobile;

-        al comma 2, l’estensione agli immobili ad uso non prevalentemente abitativo (in luogo degli immobili ad uso non abitativo) e agli immobili degli enti territoriali, della possibilità di vendite a trattativa privata (anche in blocco) ad opera dell'Agenzia del demanio, previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze.

Il Senato ha previsto, tra l’altro, che con decreto ministeriale si individuino i beni immobili di proprietà dello Stato di rilevante interesse culturale, paesaggistico o ambientale in ordine ai quali si ritenga prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione. E’ conseguentemente prevista la sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento già avviate  con riferimento ai beni da sottoporre a tutela.

E’ comunque previsto che, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, non debba determinarsi una riduzione dell’introito complessivo atteso.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alle norme effetti sui saldi di finanza pubblica. Le disposizioni, inoltre, non risultano corredate di relazione tecnica.

La relazione illustrativa (riferita al testo originario) evidenzia che con il comma 1 si intende agevolare la dismissione di immobili pubblici caratterizzati dalla carenza di un titolo edilizio "ordinario", consentendo all'acquirente di sanare le irregolarità edilizie - nei limiti delle previsioni di sanabilità - successivamente al trasferimento, con impatto positivo sul valore degli immobili (dato che un immobile irregolare e non sanabile subisce un notevole deprezzamento sul mercato).

Con riferimento al comma 2, lettera a) [estensione agli immobili ad uso non prevalentemente abitativo della possibilità di vendite a trattativa privata], la relazione sottolinea che la precisazione sull’uso prevalentemente non abitativo dovrebbe consentire di superare criticità emerse nei casi in cui l'immobile sia adibito ad uso non abitativo ma comprenda, ad esempio, locali adibiti a custodia o foresteria (quali caserme dismesse presidiate da un addetto alla custodia che vi alloggia).

La relazione afferma infine che le disposizioni contenute nell'articolo in esame non comportano nuovi o maggiori oneri per lo Stato.

 

Al riguardo, con riferimento alle norme introdotte dal Senato, non appare chiaro con quali modalità si preveda di ottenere l’invarianza delle entrate attese dal processo di dismissione di immobili. La norma non dispone - infatti - che, nel caso di sospensione di procedure inerenti la dismissione di immobili per i quali sia considerato prioritario mantenere la proprietà in capo allo Stato, siano contestualmente individuati immobili sostitutivi da inserire nel piano di dismissione, al fine di garantire l’invarianza dell’incasso atteso.

Su tali aspetti andrebbe pertanto acquisito un chiarimento del Governo.

 

ARTICOLI 4-6

Disposizioni concernenti la Banca d’Italia

Le norme, modificate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, recano disposizioni in materia di governance della Banca d'Italia. In particolare, si afferma che la Banca è istituto di diritto pubblico, Banca centrale della Repubblica italiana, componente del Sistema europeo delle Banche centrali (SEBC) nonché Ente preposto alla vigilanza bancaria nel sistema di vigilanza unico. Essa è indipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze (articolo 4, comma 1). Viene ridefinito il regime delle partecipazioni al capitale della Banca.

A tal fine si autorizza l'Istituto a procedere ad un aumento di capitale fino all'importo di euro 7,5 mld mediante utilizzo di riserve statutarie; a seguito dell’aumento, il capitale è rappresentato da quote nominative di partecipazione di nuova emissione, di  25.000 euro ciascuna (articolo 4, comma 2). Si prevede, inoltre, che ai partecipanti possano essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale (articolo 4, comma 3).

Si dispone che le partecipazioni possano appartenere solo a (articolo 4, comma 4):

-        banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;

-        imprese di assicurazione e riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia;

-        fondazioni bancarie, enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede in Italia nonché fondi pensione.

Con riferimento al requisito di nazionalità italiana previsto per le banche e imprese di assicurazioni, si prevede che qualora lo stesso dovesse essere perso dai soggetti, si dovrà procedere alla vendita delle quote a favore di un soggetto in possesso dei requisiti di territorialità (articolo 4, comma 4-bis). Fino alla vendita rimane sospeso il relativo diritto di voto.

Viene fissato per ciascuna partecipazione, diretta o indiretta, il limite massimo del 3 per cento del capitale, prevedendosi che per le quote eccedentarie non spettino il diritto di voto ed i relativi dividendi sono da imputare alle riserve statutarie della Banca d'Italia. Al fine di agevolare il rispetto del limite di concentrazione, si consente all’Istituto di acquistare in via temporanea le proprie quote e di stipulare contratti aventi ad oggetto le stesse, con modalità tali da assicurare trasparenza, parità di trattamento e salvaguardia del patrimonio della Banca. Il diritto di voto inerente le predette quote è sospeso ed i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della Banca (articolo 4, commi 5 e 6).

Si prevede che la Banca d’Italia riferisca annualmente alle Camere in merito alle operazioni di partecipazione al proprio capitale (articolo 4, comma 6-bis).

Con riferimento alle disposizioni in esame, la relazione illustrativa precisa quanto segue:

-         obiettivo centrale dell’intervento è quello di assicurare un’ampia distribuzione fra i partecipanti delle quote, rappresentative di un patrimonio di pubblico interesse;

-         l'operazione realizza una definitiva rivalutazione del valore del capitale a suo tempo conferito dai partecipanti, secondo le loro legittime aspettative, non diversamente da qualunque altro investitore e non comporta alcun trasferimento di risorse pubbliche dalla Banca ai partecipanti;

-         il nuovo ammontare del capitale è stato considerato congruo da una commissione di esperti indipendenti e qualificati ;

-         si mantiene il tetto alla remunerazione delle quote, fissato nel 6 per cento del capitale;

-         il meccanismo di remunerazione basato esclusivamente sull’ammontare massimo dei dividendi, a valere sull’utile netto di esercizio, mantiene inalterato l’attuale regime fiscale ed il sistema di riconoscimento all’erario degli utili netti (art. 39, comma 2 dello Statuto della Banca ) e renderà necessaria l’eliminazione dallo stesso Statuto della previsione che riconosce ai partecipanti pretese sull’importo delle riserve (art. 40, comma 3).

 

In proposito, si rileva che l’articolo 39 del previgente Statuto (DPR 12/12/2006) prevedeva che ai partecipanti venissero distribuiti dividendi per un importo fino al 6% del capitale. Col residuo, su proposta del Consiglio superiore, potevano essere costituiti eventuali fondi speciali e riserve straordinarie mediante utilizzo di un importo non superiore al 20% degli utili netti complessivi e poteva essere distribuito ai partecipanti, ad integrazione del dividendo, un ulteriore importo non eccedente il 4% del capitale. La restante somma veniva devoluta allo Stato. Il successivo articolo 40 prevedeva, inoltre, che dai frutti annualmente percepiti sugli investimenti delle riserve, poteva essere, su proposta del Consiglio superiore e con l'approvazione dell'assemblea ordinaria, prelevata e distribuita ai partecipanti, in aggiunta a quanto previsto dall'art. 39, una somma non superiore al 4% dell'importo delle riserve medesime.

Il nuovo Statuto approvato con DPR del 27/12/2013 prevede (articolo 40) che l’utile netto sia destinato:

-                      alla riserva ordinaria, fino alla misura massima del 20 per cento;

-                      ai partecipanti, fino alla misura massima del 6 per cento del capitale;

-                      alla riserva straordinaria e ad eventuali fondi speciali fino alla misura massima del 20 per cento;

-                      allo Stato, per l'ammontare residuo.

Pertanto, sulla base della nuova formulazione introdotta, non è più prevista né l’integrazione di dividendi fino ad un ulteriore 4 per cento del capitale, né la distribuzione di somme rinvenienti dai frutti annualmente percepiti dagli investimenti sulle riserve, nel limite massimo del 4 per cento.

 

Viene, inoltre, rideterminata la composizione del Consiglio superiore della Banca d'Italia (articolo 5).

Vengono, infine dettate disposizioni in ordine alla partecipazione del rappresentante del Governo all'Assemblea generale dei partecipanti ed al Consiglio superiore nonché norme di coordinamento e disposizioni recanti abrogazioni (articolo 6, commi 1-4). In particolare si segnala:

§       la soppressione del potere di sospensione e di annullamento delle deliberazioni dell'Assemblea generale e del Consiglio superiore della Banca da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, nell'ipotesi di inerzia del delegato del Governo (art. 115 del R.D. 204 del 1910);

§       l'abrogazione della norma che impediva al Consiglio superiore di avere ingerenza nelle materie di tutela del risparmio, di esercizio della funzione creditizia ed in quella valutaria devolute al Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio - CICR (art. 5, comma 1, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 691/1947);

§       l'abrogazione della norma che demandava ad apposito regolamento la ridefinizione dell'assetto proprietario della Banca d'Italia e la disciplina delle modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge n. 262/2005, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici (art. 19, comma 10, della legge 262 del 2005).

Vengono, inoltre, fissati alcuni principi ai quali dovranno ispirarsi le modifiche allo statuto della Banca d'Italia. In particolare, si segnalano: la necessità di mantenere adeguati presidi patrimoniali alla rischiosità, la limitazione dei diritti dei partecipanti a quanto previsto nel provvedimento in esame, l'indicazione di un periodo transitorio, non superiore a 36 mesi, durante il quale per le quote detenute oltre al limite di partecipazione - fermo restando la non spettanza del diritto di voto - saranno comunque riconosciuti eventuali dividendi; l'abrogazione della clausola di gradimento alla cessione delle quote che, in ogni caso, potrà aver luogo solo tra i soggetti appartenenti alle categorie indicate dal decreto in commento (articolo 6, comma 5).

Si prevede che, a partire dall'esercizio 2013, i partecipanti al capitale della Banca d’Italia iscrivono le quote nel comparto delle attività finanziarie detenute per la negoziazione ai medesimi valori. Fatto salvo quanto previsto nel decreto, trovano applicazione le prescrizioni vigenti in materia di redazione dei bilanci in conformità ai principi contabili internazionali (art. 4 del d.lgs n. 38/2005) (articolo 6, comma 6).

In proposito si rileva che il comma 148 dell’articolo 1 della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha disposto che al trasferimento previsto dal comma 6 dell’articolo 6 in esame, si applica l'articolo 4[8] del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 8 giugno 2011, qualunque sia la categoria di provenienza, inoltre, ai maggiori valori iscritti in bilancio per effetto del medesimo comma 6, si applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali, con l'aliquota di cui al comma 143 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2014 (12 per cento), da versarsi nei modi e nei termini previsti dal comma 145 della medesima legge (tre rate annuali di pari importo, senza pagamento di interessi, di cui la prima entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, e le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d'imposta successivi).

Si dispone, inoltre, che la Banca d’Italia è autorizzata a procedere alla dematerializzazione delle quote di partecipazione al proprio capitale. Il trasferimento delle quote ha luogo mediante scritturazione sui conti aperti dalla Banca d’Italia a nome dei partecipanti (articolo 6, comma 6-bis).

 Si prevede, infine che lo Statuto della Banca d’Italia, deliberato dall’assemblea straordinaria del 23 dicembre 2013 e approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 2013 entra in vigore il 31 dicembre 2013 e il bilancio per l’anno 2013 della stessa Banca è redatto secondo le relative disposizioni (articolo 6, comma 6-ter).

 

Il prospetto riepilogativo, riferito al testo originario, non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica, anch’essa riferita al testo originario, con riferimento alle disposizioni di cui dell'articolo 4 afferma che trattasi di norme di carattere ordinamentale in grado di generare effetti positivi in termini di gettito che sono però di difficile quantificazione data l’indeterminatezza sia del momento in cui le partecipazioni verranno cedute sia del valore delle plusvalenze attese.

Pertanto, la RT prudenzialmente non ascrive effetti alle norme in esame.

Nel corso di una recente Audizione svolta presso la VI Commissione della Camera[9], il Ministro dell’economia ha precisato, tra l’altro, quanto segue:

-                      la quota del 6 per cento costituisce in ogni caso l’importo massimo dei dividendi annuali;

-                      i dividendi sono distribuiti a valere sugli utili netti e non possono essere distribuiti a fronte di riserve accantonate negli anni passati;

-                      con il decreto legge si passa da un dividendo contenuto, ma di entità crescente nel tempo, a un dividendo maggiore, ma soggetto a un limite fisso;

-                      le maggiori entrate tributarie per la PA non sono prudenzialmente valutate per l’incertezza sui tempi di realizzazione e sulla loro entità. In ogni caso si tratta di entrate di natura una tantum che non hanno alcun impatto sull’indebitamento netto strutturale.

 

Al riguardo si rileva che l’aumento di capitale della Banca d’Italia disposto dal comma 2 dell’articolo 4 in esame è suscettibile di determinare un incremento dell’ammontare dei dividendi distribuiti ai partecipanti al capitale medesimo: infatti, poiché il capitale passa da 156.000 euro a 7,5 miliardi di euro, l’ammontare massimo dei dividendi che potranno essere distribuiti ai partecipanti passerebbe da 15.600 euro (6% + 4% di 156.000) a circa 450 milioni di euro (6% x 7,5 mld).

Tenuto conto della necessità di scomputare dall’utile netto anche le quote destinate a riserva ordinaria e straordinaria (ciascuna delle quali resta fissata nella misura del 20%), il sistema prefigurato appare in grado di ridurre la quota residuale che potrà essere corrisposta allo Stato in una misura che dipende, da un lato, dalla quota di dividendi effettivamente corrisposta ai partecipanti, dall’altro, dall’effettivo ammontare complessivo dell’utile netto che potrà essere conseguito in ciascun anno.

Nella tabella seguente è indicata la ripartizione degli utili netti negli anni 2010, 2011 e 2012 come risultante dai bilanci approvati dalla Banca d’Italia (cfr. Relazione annuale, anni dal 2010 al 2013):

 

 

2010

2011

2012

Utile netto

852.306.887

1.129.175.577

2.501.125.966

ripartito tra:

 

 

 

-riserva ordinaria nella misura del 20 per cento

170.461.377

225.835.115

500.225.193

- partecipanti, in ragione del 6 per cento del capitale

9.360

9.360

9.360

- riserva straordinaria nella misura massima del 20 per cento

170.461.377

225.835.115

500.225.193

- partecipanti, nella misura del 4 per cento del capitale, a integrazione del dividendo

6.240

6.240

6.240

- Stato, restante somma

511.368.533

677.489.747

1.500.659.980

Come si rileva dalla tabella, l’incremento dell’ammontare dei dividendi da corrispondere ai partecipanti determina, a parità del livello medio annuale dell’utile netto, un ridimensionamento della quota devoluta allo Stato.

Si segnala in proposito, secondo quanto già evidenziato nel corso dell’esame al Senato, che il capitolo 2354 “Partecipazione dello stato agli utili di gestione dell’Istituto di emissione” nel bilancio dello Stato per il 2014 risulta ridotto di 750 milioni rispetto alle previsioni assestate per l’anno finanziario 2013.

A tale riguardo appare quindi opportuno che il Governo chiarisca se la predetta riduzione di risorse possa essere in tutto o in parte compensata da un eventuale ridimensionamento dei dividendi effettivamente distribuiti ai partecipanti, tenendo conto che la quota del 6 per cento del capitale è indicata dalla norma come misura massima.

Sempre con riferimento agli effetti di gettito che potrebbero derivare dalle disposizioni, con riguardo al comma 6 dell’articolo 6, andrebbe chiarita l’effettiva portata delle modifiche introdotte dal Senato, in coordinamento con quelle contenute nell’articolo 1, comma 148, della legge di stabilità 2014, che prevedono l’applicazione di un regime fiscale sostitutivo. In particolare occorre precisare se, in applicazione delle predette norme, gli effetti di maggior gettito debbano considerarsi come immediati ovvero restino rinviati al momento delle negoziazione delle quote di capitale.

 

ARTICOLO 7

Disposizioni di coordinamento – aliquote di accisa

La norma dispone che gli ulteriori incrementi delle aliquote di accisa previsti dall'articolo 15, comma 2, lettere e-bis) ed e-ter), del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, si riferiscono alle aliquote di accisa di cui all'Allegato I al D. Lgs. 504/1995 (Testo unico delle accise), come rideterminate dall'articolo 25 del DL 104/2013.

Viene inoltre stabilito che tali ulteriori aumenti siano disposti con determinazione del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei Monopoli, da emanare entro il 31 dicembre 2013.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha emanato la Nota n. 150836 del 24 dicembre 2013 al fine di fornire chiarimenti sulle misure delle accise vigenti dal 2014, tenuto conto che “le previsioni  giuridiche  succedutesi  in  diversi   provvedimenti legislativi emanati  negli  ultimi  mesi,  recanti  disposizioni  che  hanno introdotto misure volte al rilancio di determinati settori  economici  od  a favore di altre attività, hanno  fissato  incrementi  d’imposta rinviandone talvolta la concreta statuizione a determinazioni del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”.

 

Il prospetto riepilogativo non ascrive alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

La relazione tecnica afferma che, data la natura di raccordo normativo della disposizione in esame, alla stessa non si ascrivono effetti finanziari.

La relazione illustrativa rammenta che le lettere e-bis) ed e-ter) dell'articolo 15 del DL 91/2013 prevedono entrambe, a copertura di altre norme dello stesso decreto legge[10], incrementi delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico, ulteriori rispetto a quelli già indicati nel precedente articolo 14, comma 2, del medesimo decreto. Va inoltre considerato che gli aumenti delle aliquote di accisa disposti dal citato articolo 14, comma 2, sono stati nel frattempo superati dagli incrementi stabiliti, sui medesimi prodotti alcolici, dall'articolo 25 del DL 104/2013.

Ciò premesso, al fine di rendere attuabile il disposto delle menzionate lettere e-bis) ed e-ter), risulta necessario prevedere, con la norma in esame, lo strumento al quale demandare la statuizione degli incrementi dell'accisa in questione, provvedendo a chiarire che gli stessi andranno calcolati tenendo conto degli aumenti, nel frattempo intervenuti, ad opera dall'articolo 25 del menzionato decreto-legge 104/2013.

 

Nulla da osservare al riguardo, tenuto conto delle precisazioni fornite dalla relazione illustrativa e dalla RT.

 

ARTICOLO 8

Copertura finanziaria

La norma dispone che agli oneri derivanti dagli articoli 1 e 2, pari complessivamente a 2.163,097 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500,653 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal medesimo articolo 2.

 

Al riguardo, con riferimento alle risorse utilizzate a copertura si rinvia alle osservazioni già formulate.

Si rileva inoltre che, dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica, si evince che non tutte le maggiori entrate derivanti dagli articoli 1 e 2 sono state utilizzate con finalità di copertura, in quanto eccedenti rispetto agli oneri da coprire; pertanto una quota pari a 2,90 milioni di euro per il 2013 e a 35,35 milioni di euro per il 2014 è stata destinata al miglioramento del saldo netto da finanziare, per quanto tale destinazione non risulti espressamente dal testo del provvedimento. Al riguardo, appare opportuna una conferma da parte del Governo.



[1] Di cui all’art. 2-bis del d.l. n. 102/2013 che ha contestualmente compensato la relativa perdita di gettito IMU.

[2] Di cui all’art. 222 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL).

[3] http://www.finanze.gov.it/comunicare/newsletter/storico/2014_02_mldpf.htm

[4] Ai sensi dell’art. 1, c. 168 della legge n. 296 del 2006, ove i comuni non abbiano diversamente deliberato, i versamenti non sono dovuti per importi inferiori a 12 euro.

[5] Il testo del comma 4 vigente prima della sostituzione operata dal comma 6 dell’articolo in esame stabiliva che l’incremento della misura degli acconto IRES e IRAP nonché gli incrementi delle aliquote di accisa dovevano essere stabiliti con decreto del MEF da emanare entro il 30 novembre 2013.

[6]  Ai sensi dell’ all'articolo 11-quinquies del decreto-legge n. 203 del 2005.

[7]  Di cui al comma 6, dell'articolo 40 della legge n. 47 del 1985.

[8] L’articolo 4 del DM 8 giugno 2011 prevede che nella riclassificazione di uno strumento finanziario in una delle altre categorie previste dallo IAS 39, che comporta il passaggio ad un diverso regime fiscale dello strumento stesso, il valore dello strumento finanziario iscritto nella nuova categoria, quale risultante da atto di data certa e, in ogni caso, dal bilancio d'esercizio approvato successivamente alla data di riclassificazione, assume rilievo fiscale. Il differenziale tra il valore di cui al comma precedente ed il valore fiscalmente riconosciuto prima della riclassificazione dello strumento finanziario in un'altra categoria tra quelle contemplate dallo IAS 39 rileva secondo la disciplina fiscale applicabile allo strumento finanziario prima della riclassificazione.

 

 

[9] Seduta del 16.1.2014

[10] Ossia a copertura, rispettivamente, dell'articolo 5, commi 3 e 3-bis, e dell'articolo 8 del DL 91/2013,