Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento trasporti | ||
Titolo: | La tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettroniche | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 39 | ||
Data: | 09/07/2013 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni
VII-Cultura, scienza e istruzione |
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La tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettroniche
9 luglio 2013
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L'iniziativa dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioniNel suo intervento in apertura dei lavori del seminario Il diritto di autore online: modelli a confronto", svoltosi il 24 maggio 2013 presso la Camera dei deputati, il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha rilevato che "L'Autorità sta riflettendo approfonditamente sulle questioni aperte e sulle potenziali criticità di un eventuale intervento" in materia di tutela del diritto di autore sulle reti di comunicazione elettronica. Oggetto di approfondimento sono in particolare: le "relazioni tra il diritto d'autore ed altri diritti fondamentali dell'individuo", i "profili economici dei rapporti tra gli operatori" e "la realizzazione delle possibili soluzioni tecniche alternative". La finalità perseguita dall'eventuale intervento dovrebbe essere quella "di favorire lo sviluppo di un mercato dei contenuti digitali aperto, legale e nel quale tutti possano operare a parità di condizioni con la prospettiva di trarne vantaggio, siano essi titolari dei diritti di proprietà intellettuale, prestatori di servizi della società dell'informazione, o - last but not least - consumatori-utenti finali". In questo quadro, ha proseguito il presidente dell'Autorità, "qualora il Parlamento intervenisse ad adottare una riforma della legge che tutela il diritto d'autore per adeguarla alla nuova realtà tecnologica e di mercato, l'Autorità sarebbe lieta di cedere il passo, ed eventualmente conformare la propria azione alle previsioni del legislatore"; tuttavia "nel quadro normativo attuale [...] l'Agcom ritiene opportuno procedere nell'analisi del dossier, in quanto appare legittimata dalle disposizioni esistenti". Questo orientamento è stato ribadito dal presidente dell'Autorità anche in occasione della presentazione della relazione annuale 2013, svoltasi il 9 luglio 2013. Nel presente dossier è compiuta una ricognizione della normativa italiana, delle precedenti iniziative dell'Agcom e della giurisprudenza, italiana ed internazionale, in materia. | L'iniziativa dell'AGCOM |
Il contesto normativoIn materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazioni elettroniche, il quadro giuridico italiano è stato aggiornato con il recepimento della direttiva 2000/31/CE, da parte del D.Lgs. n. 70/2003, in relazione a taluni aspetti giuridici dei servizi di informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico. Con tale direttiva si è voluto, in particolare, affermare la possibilità per gli Stati membri di richiedere al prestatore di servizi (Internet service provider) di adempiere al dovere di diligenza previsto dal diritto nazionale finalizzato ad individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite. Il principio sottostante a tale dovere, in ogni caso, è di non responsabilità del prestatore di servizi a condizione che egli non sia effettivamente al corrente del fatto che l'attività è illecita e che, non appena al corrente di tali fatti, agisca immediatamente per rimuovere il contenuto o disabilitarne l'accesso. Infatti, l'articolo 16 del decreto legislativo n. 70/2003 prevede che "Nella prestazione di un servizio della società dell'informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore (ad esempio gli Internet Service Provider) non e' responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illiceità dell'attività o dell'informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso".
I nuovi compiti assegnati all'Agcom dallo stesso D.Lgs. n. 70/2003 e dal successivo D.Lgs. n. 44/2010 (c.d. "decreto Romani") - ampliando i poteri di vigilanza dell'Autorità in materia di diritto d'autore contenuti nella legge fondamentale in materia (art. 182-bis della legge n. 633/41, introdotto dalla legge n. 248/2000) – prevedono che l'Autorità possa esigere, al pari di quella giudiziaria, che il prestatore di servizi impedisca e ponga fine alle violazioni commesse, ovvero emanare disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva la tutela dei diritti d'autore e di proprietà intellettuale per i servizi di media audiovisivi. In particolare quest'ultima disposizione (art. 32-bis del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici di cui al decreto legislativo n. 177/2005, introdotto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 44/2010) viene individuata come la possibile base legale per l'eventuale intervento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in quanto, da un lato, stabilisce che "I fornitori di servizi di media audiovisivi operano nel rispetto dei diritti d'autore e dei diritti connessi, ed in particolare: a) trasmettono le opere cinematografiche nel rispetto dei termini temporali e delle condizioni concordate con i titolari dei diritti; b) si astengono dal trasmettere o ri-trasmettere, o mettere comunque a disposizione degli utenti, su qualsiasi piattaforma e qualunque sia la tipologia di servizio offerto, programmi oggetto di diritti di proprietà intellettuale di terzi, o parti di tali programmi, senza il consenso di titolari dei diritti, e salve le disposizioni in materia di brevi estratti di cronaca". Dall'altro lato, si afferma che "L'Autorità emana le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l'osservanza dei limiti e divieti di cui al presente articolo". In tal senso, l'intervento regolatorio dovrebbe essere limitato ai servizi di media audiovisivi che sono definiti quali (art. 2 del decreto legislativo n. 177/2005, come modificato dal decreto legislativo n. 44/2010) "un servizio [...] che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche. Per siffatto servizio di media audiovisivo si intende o la radiodiffusione televisiva [...] e, in particolare, la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in diretta quale il live streaming, la trasmissione televisiva su Internet quale il webcasting e il video quasi su domanda quale il near video on demand, o un servizio di media audiovisivo a richiesta". Dalla definizione sono invece esclusi "i servizi prestati nell'esercizio di attività non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio, né i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale" La base legale per l'estensione della regolazione più in generale agli Internet Service Provider è stata invece individuata dall'Autorità (così nella delibera n. 368/10/Cons. dell'Autorità) nell'articolo 17, comma 3, del decreto legislativo n. 70/2003 il quale prevede che il prestatore "sia civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto". La qualificazione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni come "autorità amministrativa di vigilanza" è desumibile dall'articolo 1 del Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003) che qualifica appunto l'Agcom come Autorità nazionale di regolamentazione per tutto il settore delle comunicazioni elettroniche. | Il decreto legislativo n. 70/2003La base legale per l'intervento dell'Autorità |
La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europeala sentenza del 12 luglio 2011 nella causa C-324/09 (caso L'Oreal) ha sembrato aprire la strada ad un ampliamento del concetto di responsabilità dell'Internet Service Provider per i contenuti veicolati. Infatti, tale sentenza ha stabilito tra le altre cose che: - "l'art. 14, n. 1, della direttiva 2000/31/UE (che esonera il prestatore del servizio Internet dalla responsabilità per il contenuto delle informazioni memorizzate) "deve essere interpretato nel senso che esso si applica al gestore di un mercato online qualora non abbia svolto un ruolo attivo che gli permetta di avere conoscenza o controllo circa i dati memorizzati. Detto gestore svolge un ruolo siffatto allorché presta un'assistenza che consiste in particolare nell'ottimizzare la presentazione delle offerte in vendita di cui trattasi o nel promuoverle" - "quando non ha svolto un ruolo attivo [...] il gestore di un mercato online, in una causa che può comportare una condanna al pagamento di un risarcimento dei danni, non può tuttavia avvalersi dell'esonero dalla responsabilità previsto nella suddetta disposizione qualora sia stato al corrente di fatti o circostanze in base ai quali un operatore economico diligente avrebbe dovuto constatare l'illiceità delle offerte in vendita" - "l'art. 11, terza frase, della direttiva 2004/48/UE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (che prevede che "gli Stati membri assicurano che i titolari possano chiedere un provvedimento ingiuntivo nei confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale") deve essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati membri di far sì che gli organi giurisdizionali nazionali competenti in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale possano ingiungere al gestore di un mercato online di adottare provvedimenti che contribuiscano non solo a far cessare le violazioni di tali diritti ad opera degli utenti di detto mercato, ma anche a prevenire nuove violazioni della stessa natura. Tali ingiunzioni devono essere efficaci, proporzionate, dissuasive e non devono creare ostacoli al commercio legittimo". sentenza del 24 novembre 2011 nella causa C-70/10 ha stabilito il principio del contrasto con il diritto dell'Unione di una legislazione che imponga ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio. In particolare, la sentenza segnala che le disposizioni di numerose direttive in materia (2000/31/UE; 2001/29/UE; 2004/48/UE; 1995/46/UE e 2002/58/UE) "devono essere interpretate nel senso che ostano ad un'ingiunzione rivolta ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio:
idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un'opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d'autore" C. 131-12, Google Spain e Google) concernente l'eventuale responsabilità del motore di ricerca Google per i dati pubblicati da altri siti e veicolati attraverso il motore di ricerca. A questo proposito, le conclusioni dell'avvocato generale della corte presentate il 25 giugno 2013 appaiono orientate ad escludere la responsabilità di Google, anche quando questi dati violino la privacy ed il diritto all'oblio degli interessati. In particolare, l'avvocato generale ha affermato che "il diritto di accesso ai propri dati conferito dall'articolo 12, e il diritto di opposizione, previsto dall'articolo 14, della direttiva 1995/46/UE non consentono al soggetto titolare di tali diritti di rivolgersi ad un motore di ricerca per impedire l'indicizzazione dell'informazione che lo riguardi, pubblicata legalmente da terze parti su siti internet" | La causa C-324/09 (caso L'Oreal)La causa C-70/2010 Il caso Google |
La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomoAnche la Corte europea dei diritti dell'uomo ha recentemente affrontato la questione della responsabilità degli Internet Service Provider sia pure, anche in questo caso, non con riferimento alla tutela della proprietà intellettuale, bensì con riferimento alla pubblicazione di contenuti illegali. Al riguardo, infatti, la sentenza del 18 dicembre 2012 nel caso Yildrim V. Turchia ha dichiarato il contrasto con l'articolo 10 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, in materia di libertà di espressione, del provvedimento giurisdizionale turco con il quale, per contrasto con la legge turca in materia di diffamazione, era stato bloccato l'accesso ad un sito Internet, ritenuto responsabile di diffamazione nei confronti del fondatore della repubblica turca Kemal Ataturk. In particolare la corte ha ritenuto che le basi legali offerte dalla legge turca per il blocco del sito, vale a dire l'esistenza di "sufficienti elementi" per "sospettare" che la pubblicazione su Internet contenesse elementi illegali, rappresentasse una cornice eccessivamente fragile per giustificare la restizione alla luce dell'articolo 10 della Convenzione. | Il caso Yildrim v. Turchia |
La giurisprudenza italianaLa giurisprudenza italiana ha invece recentemente affrontato il problema della responsabilità degli Internet Service provider con riferimento al tema della tutela della dignità personale. Infatti nel caso Vividown c. Google (sentenza della IV sezione penale del Tribunale di Milano del 24 febbraio 2010), conseguente a un atto di cd. cyber-bullismo, ovvero l'upload sul sito di Google di un video che mostra un ragazzino affetto da sindrome di Down malmenato ed ingiuriato da alcuni coetanei, il Tribunale di Milano ha condannato tre dirigenti della società a sei mesi di reclusione, condanna poi sospesa, per l'insufficiente comunicazione degli obblighi di legge nei confronti degli uploader, configurandosi così, in capo a Google, la responsabilità per colpa, con l'aggravante del fine di lucro (i profitti che la società ha ricavato dalla visualizzazione dei video caricati sulla propria piattaforma) e non soltanto per semplice noncuranza. "La distinzione tra content provider e service provider è sicuramente significativa" ha sostenuto il giudice di Milano "ma, allo stato ed in carenza di una normativa specifica in materia, non può costituire l'unico parametro di riferimento ai fini della costruzione di una responsabilità penale degli internet providers". La sentenza della Corte di appello del 12 dicembre 2012 ha però rovesciato la sentenza di primo grado, rilevando che la normativa non prevede allo stato un obbligo per il motore di ricerca di un controllo preventivo sui contenuti indicizzati e messi a disposizione degli utenti.
Con riferimento specifico al tema della tutela della proprietà intellettuale, è invece intervenuta la sentenza della III sezione penale della Corte di cassazione del 23 dicembre 2009, n. 49437, (c.d. "caso Pirate Bay") all'origine della quale vi era l'azione della Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI) contro il sito di download di c.d. file torrent (una particolare estensione per file utilizzato da programmi peer-to-peer) chiamato Pirate Bay, già condannato in Svezia dove erano ubicati i relativi server, il giudice ha, in primo luogo, stabilito che l'utilizzo di tecnologie di trasmissione peer-to-peer non esclude la configurabilità del reato di messa a disposizione del pubblico attraverso internet di opere protette dal diritto d'autore in capo al titolare del sito web. Ciò sebbene, attraverso la tecnologia in questione, il titolare del sito non "detenga" mai nei propri database l'opera protetta, che al contrario si trova presso gli utenti, e da questi stessi trasferita ad altri soggetti. In secondo luogo, il giudice ha sancito la legittimità dell'eventuale ordinanza cautelare che disponga che gli Internet Service Provider – pur estranei al reato – inibiscano agli utenti l'accesso al sito, nonché respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione fondata sulla mera localizzazione all'estero dell'hardware del sito. | Il caso Vividown c. GoogleIl caso Pirate Bay |