Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera | ||||||
Titolo: | Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna in materia di politica estera, difesa e sicurezza. Settembre 2015 | ||||||
Serie: | Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza Numero: 21 | ||||||
Data: | 08/10/2015 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa |
L’attività parlamentare in Francia,
Germania, Regno Unito e Spagna
in materia di politica estera, difesa
e sicurezza
N. 21 30
Settembre 2015 |
Francia
Il 15 settembre il Primo ministro, Manuel
Valls, alla riapertura della sessione dei lavori presso l’Assemblea Nazionale, ha reso una dichiarazione sull’impiego
dell’aviazione militare francese in territorio siriano, seguita da un ampio dibattito.
In
apertura il Valls ha ricordato la decisione
presa dal Presidente Hollande il 7
settembre di procedere con dei voli di ricognizione in territorio siriano: con
questo intervento in Assemblea, il Governo intende mettere a parte il
Parlamento sulle modalità di impiego dell’aviazione, e sugli obiettivi della
Francia.
Per
quanto attiene alla Francia, ha proseguito, la principale conseguenza causata
dalla cinica e dissennata politica di Bashar al Assad è rappresentata da una
seria minaccia per il Paese,
testimoniata dai recenti atti di
terrorismo in Francia dei foreign
fighters “di ritorno”, stimati in 1.880 soggetti, tra francesi o
residenti in Francia, arruolati tra le file dei jihadisti di Daesh, oltre
al dramma dei rifugiati che cercano asilo in Europa.
Pertanto,
in forza dell’esercizio della legittima
difesa, come previsto dall’art. 51
della Carta delle Nazioni Unite, si è intrapresa una campagna di voli di
ricognizione, in piena autonomia di decisione e di azione, dal momento che,
come ha detto Hollande proprio ieri, sarà
necessario colpire, una volta individuati gli obiettivi: questa campagna
durerà il tempo necessario.
Questa
missione, coordinata per ragioni
logistiche con quella statunitense,
si appoggia sui mezzi attualmente dislocati nell’operazione “Chammal”, fino ad ora operativa soltanto in territorio
iracheno, che si avvale di dodici caccia
e due aerei da trasporto e ricognizione, con l’appoggio di una fregata nelle acque del Mediterraneo.
Il
Primo Ministro si è anche soffermato sulla opportunità
di un intervento da terra, al
momento considerato poco realistico: date le negative esperienze militari
occidentali in Iraq e Afghanistan, l’intervento potrà, nel caso, svolgersi
soltanto come appoggio alle forze locali in campo e, qualora si formasse sul
campo una coalizione di paesi mediorientali che intendessero liberare la Siria
da Daech, la Francia darebbe immediatamente
il suo sostegno.
Parallelamente,
la Francia sostiene un considerevole sforzo
diplomatico per fare emergere le soluzioni politiche che possano rinsaldare
l’unità di questi Stati e di questi popoli. La Francia dialoga con tutti: i membri del Consiglio di sicurezza; Russia,
benché su posizioni non allineate, paesi
arabi sunniti; Turchia e,
infine, con l’Iran che, dopo
l’accordo sul nucleare, dovrà pesare positivamente in favore di una soluzione
politica.
L’importante,
ha concluso Valls, è non strumentalizzare polemicamente la decisione adottata,
ma restare uniti, consapevoli di poter
vincere la sfida, perché “noi siamo
la Francia”.
Il
giorno successivo, 16 settembre, presso l’Assemblea
Nazionale, il Primo ministro ha reso una dichiarazione sull’accoglienza
dei rifugiati in Francia e in Europa.
Il Premier, ricordando la vocazione di accoglienza della Francia nei confronti dei
richiedenti asilo, ha dichiarato che il Governo mai rimetterà in discussione
l’esercizio di questo diritto fondamentale. Tuttavia, in considerazione dell’enorme
volume del flusso migratorio e della sua natura, è il caso di agire seguendo
princìpi di umanità e solidarietà parallelamente a serietà e padronanza della
materia, con cuore, ma un cuore intelligente, fermo e lucido: distinguere quindi le persone che realmente hanno bisogno dai rifugiati che fuggono
soltanto dalla povertà.
La Francia deve restare agli occhi del
mondo un faro che non vacilla di fronte alle tentazioni xenofobe e proseguire nella missione diplomatica così come negli interventi sul campo in
Africa, in Iraq, in Siria, in modo da contrastare alla radice il problema degli
esodi di massa.
Sul
territorio nazionale il Governo, dal 2012, ha rafforzato di 5.330 unità gli effettivi di polizia e gendarmeria, soprattutto alle frontiere, per garantire la
sicurezza dei cittadini. Il Premier
ha ringraziato inoltre tutte le istituzioni locali che contribuiscono allo
sforzo per accogliere i migranti, le ONG e i singoli cittadini che, insieme,
rendono onore al Paese: tutto ciò, ha precisato, si inquadra in una situazione
che tiene conto delle realtà della Francia, della sua demografia come della sua
situazione economica.
Ha
ricordato all’Aula la paternità francese dell’ideazione degli hot spots, centri
d’accoglienza e registrazione, da rendere operativi nei paesi di prima entrata
(Italia, Grecia, Ungheria) e per i quali la Francia è pronta a dislocare
personale esperto di qualsiasi livello, affinché la redistribuzione possa essere coordinata a monte e non in base alla
generosità dei singoli Stati. Da ultimo, ha auspicato una seria politica di
rimpatrio per i non aventi diritto ed il riconoscimento di coloro che già siano
stati rifiutati dall’Unione, coordinando lo sforzo con i Paesi di provenienza.
Il 30 settembre,
dopo l’approvazione da parte dell’Assemblea nazionale, il Senato ha adottato definitivamente, in
procedura accelerata, un progetto di
legge sulla risoluzione del contratto di fornitura di due
navi classe Mistral (stipulata nel 2011) che la Francia ha rifiutato di consegnare a Mosca a causa della
crisi in Ucraina. Nel frattempo, l'Eliseo ha annunciato che queste navi portaelicotteri
da 22.000 tonnellate, vanto della Marina francese, sono già state vendute in
Egitto.
Germania
Il 24
settembre 2015, su richiesta dei gruppi parlamentari cristiano-democratico
(CDU/CSU) e socialdemocratico (SPD), il dibattito al
Bundestag su temi di attualità è stato
dedicato alle “nuove dinamiche da sfruttare per una soluzione politica della crisi
siriana”.
Tutti i
gruppi parlamentari hanno sottolineato la gravità della situazione
umanitaria in Siria e nei paesi limitrofi, ed è emersa una sorta
di posizione comune che ha come principale obiettivo il raggiungimento
di una tregua.
Il gruppo
socialdemocratico, in particolare, ha richiamato l’attenzione sulla posizione
dell’Iran, anche alla luce del recente accordo sul nucleare, auspicando che
possa essere reintegrato nella comunità internazionale ed esercitare la propria
influenza sui responsabili delle stragi di sangue in Siria.
Il gruppo
parlamentare della Sinistra (Die Linke) ha esortato il Governo federale ad attuare una “offensiva
diplomatica” volta a promuovere trattative che riuniscano ad un unico
tavolo, sotto l’egida dell’ONU, gli Stati Uniti d’America, la Russia, l’Iran,
l’Iraq, l’Arabia Saudita, il Qatar, la Turchia, il Governo di Assad e anche i gruppi di opposizione, compresi i curdi.
L’obiettivo è quello di mantenere la Siria come Stato nazionale e salvare la
sua costituzione democratizzando e ricostruendo il Paese. A tal fine sarebbe
necessario costituire un governo di transizione - allargato ai gruppi di
opposizione – sotto la presidenza di Assad, prima di
passare allo svolgimento di elezioni libere e democratiche.
Per il gruppo
CDU/CSU è invece fondamentale incrementare gli aiuti umanitari e
sostenere le organizzazioni internazionali come il Programma alimentare
mondiale e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Infine, opinioni
in parte analoghe, con particolare riguardo all’emergenza umanitaria nei
paesi limitrofi alla Siria, sono state espresse anche dal gruppo dei Verdi.
Regno Unito
Il 7 settembre il Primo Ministro, David
Cameron, ha reso alla Camera dei Comuni
una dichiarazione sulla lotta al
terrorismo e la situazione dei rifugiati siriani.
Il Premier
ha aperto il suo discorso riportando i numeri dell’esodo dal Medio Oriente
attraverso il Mar Mediterraneo, precisando quanto sia necessario fare un
distinguo tra chi scappa da un teatro di guerra e chi, invece, cerca fortuna in
Europa. L’impegno primario del Governo sarà di stabilizzare politicamente i paesi di provenienza dei rifugiati,
come Siria e Libia, così come intercettare le gangs di trafficanti di uomini e
giocare un ruolo nelle missioni di salvataggio delle vite in mare, ove la
Marina britannica ha già tratto in salvo 6.700 persone.
Cameron ha dichiarato con soddisfazione che
il Regno Unito, rispetto al proprio
PIL, è il Paese che al mondo spende di
più in aiuti umanitari, oltre ad essere la seconda nazione che contribuisce
di più alla causa siriana, con la fornitura di 18 milioni di pasti, dando
accesso all’acqua pulita a più di un milione e mezzo di individui e
scolarizzando più di 250.000 bambini.
Ha inoltre informato il Parlamento che la
scorsa settimana è stato deliberato lo stanziamento di altri 100 milioni di
sterline per la Siria, raggiungendo il contributo di un miliardo dall’inizio
del conflitto. Buona parte di questi fondi sono destinati all’aiuto dei siriani in Siria: il resto
sarà appannaggio dei paesi confinanti
– Turchia, Giordania, Libano – dove
trovano rifugio migliaia di profughi: più della metà dello stanziamento
sarà dedicato ai minori, e
prioritariamente agli orfani e a chi è separato dai propri familiari. Nessun Paese
europeo, ha tenuto a precisare, è arrivato a questo livello di aiuti: senza il sostegno
britannico sul campo, ha aggiunto, il numero dei profughi in viaggio per
l’Europa sarebbe decisamente più consistente.
Sui rifugiati,
il Governo britannico lavora di concerto con le Nazioni Unite per i programmi
di redistribuzione dei profughi siriani.
Il Regno Unito ha concesso rifugio già a 5.000 persone, garantendo loro un
visto umanitario quinquennale, ma si impegna a fare di più: dare asilo ad altri 20.000 siriani,
benché, non appartenendo all’area Shengen ed all’iniziativa in materia di redistribuzione, il Regno Unito non abbia vincoli specifici
e possa decidere liberamente.
Successivamente Cameron ha affrontato il capitolo sulla sicurezza nazionale, ricordando che nel
2015 gli attacchi riconducibili al
terrorismo ISIL sono decuplicati rispetto all’anno precedente ed informando
altresì come nell’ultimo anno la polizia abbia sventato almeno sei attentati programmati da cellule terroristiche nel
Paese: ha fatto presente come la strategia antiterroristica sia in continua
evoluzione, affrontando qualsivoglia tipo di minaccia ideologica e non solo
quella di matrice violenta. Dal 2010, nel Regno Unito, più di 800 soggetti sono stati arrestati e 140 già condannati.
Il Premier
ha citato l’impegno aereo della RAF in territorio iracheno con oltre 300 attacchi
mirati, ricordando altresì il supporto
britannico, ancorché da terra, agli
alleati che conducono raid aerei in
Siria: anche in questa occasione Cameron ha dichiarato di essere preparato, qualora le minacce
dovessero interessare direttamente il popolo britannico, a neutralizzare qualsivoglia minaccia con un intervento diretto in Siria,
in Libia e ovunque nel mondo.
Nel corso dell’intervento, Cameron ha dato
conto dell’uccisione per opera di un
raid
condotto in territorio siriano sferrato da un drone britannico, di uno di due foreign fighters di nazionalità britannica
i quali avevano progettato attentati da compiere nel Regno Unito e altrove
(l’altro è stato vittima di un raid
aereo americano), giustificando l’azione nell’esercizio del diritto di autodifesa, mediante un attacco dispiegato
con precisione millimetrica e senza il
sacrificio di vittime civili.
Per il Premier
c’erano altissime probabilità che questi
due soggetti potessero lasciare la Siria per compiere le loro azioni una volta
tornati nel Regno Unito e pertanto il Governo,
sulla scorta di un Consiglio di
sicurezza convocato ad hoc e solo
dopo una legittimazione dell’azione che
si appoggiasse su basi legali e fosse commisurata all’obiettivo, è intervenuto direttamente per
stroncare sul nascere questa evenienza con la sola modalità possibile, e cioè
l’eliminazione dei due soggetti.
Il giorno 9 settembre presso la Camera
dei Lords, nel corso di una
sessione di interrogazioni a risposta orale Lord Green of Deddington, di area
indipendente, fondatore
e presidente di MigrationWatch
UK
- think tank sul tema dell’asilo agli immigrati
- ha
chiesto al Governo se, nelle more dell’accoglienza ai rifugiati siriani, intendesse dare priorità a quelli di confessione cristiana.
Il Sottosegretario
ai trasporti e alla lotta all’estremismo, Lord Ahmad of
Wimbledon, ha
risposto recisamente che sarà data priorità soltanto ai soggetti più vulnerabili, in particolare bambini e
donne a rischio di abuso, mentre non si opererà distinzione in base al credo
religioso.
Nel corso del dibattito, ove si è contestata
la diffusa discriminazione operata nel mondo mediorientale sull’accoglienza ai
rifugiati iracheni e siriani di fede cristiana, si è invocato un intervento del Premier su questo tema, in modo da dare risonanza e risoluzione
a questa piaga.
Presso la Camera dei Lords, il 16 settembre, il Sottosegretario allo sviluppo internazionale Baroness Verma ha presentato
una mozione sull’emergenza
umanitaria causata dall’impatto dei recenti sviluppi politici in Medio Oriente e Nord Africa.
Dopo aver dato conto dello scenario attuale
citando i numeri apocalittici delle masse in fuga dai teatri di guerra, il
Sottosegretario ha ricordato l’impegno del Paese a favore dei rifugiati,
soprattutto siriani, per i quali è stato appositamente istituito, il 14
settembre, un Sottosegretariato per i rifugiati siriani coordinato dal
deputato Richard Harrington, che provvederà, tra
l’altro, a gestire l’accoglienza degli ulteriori 20.000 rifugiati annunciata
dal Premier lo scorso lunedì 7 alla
Camera dei Comuni.
Ha inoltre dichiarato come, per la causa siriana, il Regno Unito abbia finora contribuito più di ogni altro paese,
rispondendo agli appelli delle Nazioni Unite più di Germania, Olanda, Francia,
Italia, Ungheria, Austria e Polonia messe insieme, e ha esortato, con
l’occasione, queste nazioni a stare al passo nello sforzo profuso. I Britannici
si sono impegnati, ha ricordato, nel finanziare e nel cercare finanziatori ai progetti di aiuto delle Nazioni Unite per
il 2015, ma nonostante tutto soltanto il 37% delle richieste per la Siria
ed il 46% per l’Iraq siano state già coperte: soltanto con operazioni coordinate tra i Paesi europei si possono raggiungere
risultati ragguardevoli, ha aggiunto.
Anche in Nord Africa il Dipartimento per lo sviluppo internazionale ha
destinato 2 miliardi di sterline per il biennio 2015-16 dei quali più di mezzo
miliardo nello sviluppo economico e 360 milioni per il supporto umanitario,
oltre ai 2 miliardi di quota in aiuti multilaterali.
La mozione,
presentata per rafforzare e sostenere
l’azione del governo su questo tema, è stata approvata dall’Assemblea.
il 15
settembre, la Biblioteca della
Camera dei Lords ha pubblicato un
dossier dal titolo “Recenti sviluppi in Medio Oriente e Nord Africa”: la pubblicazione offre
una sintesi del punto di vista britannico sugli avvenimenti in alcuni Paesi,
tra cui la Siria, l'Iraq, Israele e Territori palestinesi occupati, oltre all’Iran, Libano, Arabia Saudita, Yemen, ed in Africa su Libia, Egitto e Tunisia.
il 16
settembre alla Camera dei Comuni,
il Ministro degli interni Theresa May, ha reso una dichiarazione sulla risposta
britannica all’emergenza migrazione in Europa e nel Medio Oriente.
Nel ricordare che lo sforzo britannico per
gli aiuti umanitari è pari a quello del resto d’Europa nel suo complesso, il
Ministro ha dato conto della rete di
coordinamento interno alle istituzioni nazionali per una risposta più
efficace al problema, da ultimo con l’istituzione del Sottosegretariato per i
rifugiati siriani: la Red Cross ha creato,
inoltre, un filo diretto per chiunque volesse aiutare i profughi siriani che
cercano riparo nel Regno Unito.
Nell’annunciare l’arrivo, a giorni, della
prima ondata di rifugiati nel Regno Unito, il Ministro ha precisato che il
Governo britannico non condivida proprio tutte le recenti proposte della Ue,
tra le quali la redistribuzione di 120.000 rifugiati giunti in Europa: questo
approccio non fa altro che incoraggiare nuove traversate mettendo a repentaglio
altre vite umane.
Per contro, ha informato che il Regno Unito sta già ricollocando in Europa i rifugiati siriani
direttamente dai campi profughi in Turchia, Giordania e Libano, garantendo
così la presa in carico dei soggetti più vulnerabili. Inoltre, il Ministro ha
ribadito che il Governo non intende partecipare allo schema di ricollocazione
obbligatoria proposto dalla Ue: i Britannici stanno già contribuendo da molto
tempo mediante la dotazione di expertising in materia a Paesi come la Grecia e l’Italia.
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