Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera | ||||||
Titolo: | Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna in materia di politica estera, difesa e sicurezza. Marzo 2015 | ||||||
Serie: | Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza Numero: 15 | ||||||
Data: | 08/04/2015 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa |
L’attività parlamentare in Francia,
Germania, Regno Unito e Spagna
in materia di politica estera, difesa
e sicurezza
n. 15 31
marzo 2015 |
Francia
Il 18 marzo la Commissione
affari esteri dell’Assemblea Nazionale ha discusso e autorizzato all’unanimità
la pubblicazione della relazione sul Vicino e
Medio-Oriente, presentata dalla apposita
missone – costituita l’11 dicembre 2013 – presieduta da Jean Luc Reitzer
(gruppo UMP-Unione per un movimento popolare) e avente come relatrice Odile
Sauges (SRC-Gruppo socialista, repubblicano e dei cittadini).
Nella relazione si
sottolinea in primo luogo la necessità
di ancorare l’azione intrapresa nel quadro della coalizione internazionale
contro Daesh a soluzioni politiche sul piano locale, in quanto i soli
attacchi aerei rischiano di avere un impatto distruttivo per il futuro, e di
servire alla propaganda di Daesh, che presenta l’azione della coalizione come
un’aggressione diretta contro il mondo sunnita, a beneficio dell’Iran e degli
sciiti. Occorre che la coalizione
internazionale si coordini maggiormente rispetto agli obiettivi da
perseguire, e dia priorità all’aspetto
politico: si dovrebbero considerare le cause profonde del successo di
Daesh, ed evitare una strategia unicamente
anti-terrorista, destinata a fallire come nel caso della lotta al
terrorismo condotta dagli Stati Uniti contro al-Qaida sotto la presidenza di George
W. Bush. In particolare, occorre premere per la riconciliazione nazionale in Iraq, e impegnarsi attivamente per una
soluzione politica in Siria,
coinvolgendo più attivamente le Nazioni Unite anche sotto l’aspetto degli aiuti
umanitari.
Il secondo obbiettivo
fondamentale è favorire lo sblocco delle
relazioni con l’Iran e contribuire alla pacificazione delle tensioni sul piano
regionale. A questo fine è necessario assumere una posizione molto ferma
nel negoziato sul nucleare, per impedire che un’intesa sia ostacolata dai
“duri” all’interno del Congresso americano; nel contempo è indispensabile la flessibilità nei confronti dell’Iran,
che non è affatto in ginocchio nonostante le sanzioni. Un inasprimento delle sanzioni, auspicato dal Congresso statunitense,
comporterebbe un irrigidimento delle posizioni iraniane e il rischio concreto
del fallimento dei negoziati: l’isolamento dell’Iran non è un fattore di
cambiamento positivo; occorre, al contrario, offrire all’Iran la possibilità di
mostrare concretamente che può giocare un ruolo costruttivo sul piano
regionale.
Il terzo pilastro
fondamentale è introdurre un cambiamento
rapido e completo dei negoziati, e promuovere il pieno coinvolgimento della
comunità internazionale per dipanare la questione israelo-palestinese.
Anche il solo anno 2014 potrebbe simbolizzare il fallimento totale del processo di pace: l’immobilismo della
comunità internazionale di fronte alla non-risoluzione di uno dei conflitti più
antichi del Vicino Oriente scredita ogni tentativo di risolvere altre crisi
nella regione. Il Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite è stato marginalizzato dagli USA, l’Unione europea si è più
o meno volontariamente chiamata fuori dalla risoluzione del conflitto. Si è
ormai diffusa la convinzione che il metodo di negoziato basato sugli Accordi di
Oslo abbia fatto il suo tempo, e che soltanto
un’iniziativa internazionale decisa e concreta, con obbiettivi e tempi
chiaramente definiti, sia in grado
di rivitalizzare un processo di pace moribondo. Bisogna convincere i partner israeliani che l’esistenza dello
Stato palestinese è la migliore garanzia per la sicurezza di Israele, e far
comprendere ai partner palestinesi
che la via del negoziato è inevitabile. E’ dunque necessario avviare una nuova iniziativa di pace –
anche attraverso l’organizzazione di una conferenza internazionale – garantita da una risoluzione del Consiglio
di sicurezza dell’ONU, sostenuta da un accordo regionale con gli Stati arabi, e
consolidata da garanzie offerte dall’Europa e dagli Stati Uniti. La Francia
– insieme ai partner europei, in
primo luogo Regno Unito e Germania – può far capire la voce unitaria
dell’Europa. In caso di fallimento dei
negoziati, la Francia dovrà assumersi le proprie responsabilità, procedendo
formalmente al riconoscimento dello Stato della Palestina.
Regno
Unito
Il 2 marzo alla Camera dei
Comuni il Ministro degli interni
Theresa May ha risposto ad alcune interrogazioni a risposta orale
sul tema della minaccia terroristica dell’ISIS
e sulla politica del Governo per fronteggiare il flusso di soggetti diretti nelle zone del conflitto.
In apertura il Ministro ha
sottolineato che l’allerta nel Paese
è massima e l’eventualità di un atto
terroristico altamente probabile: a tal fine il Governo ha provveduto a
stanziare ulteriori fondi (130 milioni di sterline) per accrescere le
potenzialità del Paese nell’affrontare la minaccia ISIS.
May ha quindi ricordato che con la
Legge sul controterrorismo e sulla
sicurezza sono stati conferiti ulteriori e diversificati poteri alle forze di polizia, come il
ritiro del passaporto ai soggetti sotto sorveglianza sospettati di essere
coinvolti in cellule terroristiche, ed altre forme di limitazione al transito
nel Regno Unito.
La legge ha inoltre formalizzato e
ridefinito le modalità d’intervento del Programma
governativo “anti-radicalizzazione” Channel
che, dal suo avviamento nel 2012, ha provveduto a sostenere oltre 2.000
soggetti britannici esposti al fanatismo islamico, attraverso interventi mirati
di prevenzione e sostegno. Nel contempo, il Programma ha raggiunto altre 55.000
persone sospettate di fanatismo, con campagne di prevenzione rivolte ai singoli
e alle comunità. Attualmente, il Governo lavora all’intensificazione dei controlli ai terminal
di ingresso e uscita dal Paese: su questo tema il Ministro dei trasporti
sta lavorando ad un accordo con le compagnie aeree, per assicurarsi di poter
identificare e interrogare anche i bambini
viaggiatori a rischio.
Il Ministro si è infine appellata a istituzioni scolastiche, religiose,
comunità e famiglie affinché sostengano questa lotta: soltanto il massimo
impegno di tutti può sconfiggere una terribile e velenosa ideologia.
Il 3
marzo, alla Camera dei Comuni, il
Governo ha risposto a interrogazioni a risposta orale su vari argomenti
quali Palestina, Libia, Medio Oriente, Ucraina.
In apertura, il Sottosegretario per il Medio Oriente e il
Nord Africa britannico, Tobias Ellwood, ha chiarito la posizione del Governo sul riconoscimento dello Stato della Palestina.
Ha rinnovato l’impegno di agire in tal senso non appena lo consentiranno le
condizioni che possano garantire la pace. Tuttavia, subordinare il riconoscimento da parte del Regno Unito al buon esito delle trattative significherebbe
concedere un diritto di veto a Netanhyau sulla sovranità della decisione del
Parlamento britannico. Il Sottosegretario si è dunque impegnato a sottoporre ancora la questione al nuovo
Governo israeliano (uscito dalle urne del 17 marzo), consapevole che al
momento, a suo avviso, stanno purtroppo riemergendo le tensioni che hanno
portato la scorsa estate al conflitto israelo-palestinese.
Di seguito, il Ministro degli esteri Philip Hammond ha riferito sull’operato del
Governo britannico nella questione
libica, affermando che al momento nel paese africano non c’è un interlocutore istituzionale riconosciuto da tutti con
cui confrontarsi per un iniziare un processo che porti ad una distensione. Il Governo
britannico intesse stretti rapporti con il
Presidente egiziano al-Sisi, puntando sul ruolo
preminente dell’Egitto nello scenario libico anti-ISIS. I prossimi mesi, ha
concluso il Ministro, saranno cruciali per la Libia, dove la priorità resta
sempre quella di favorire la nascita di un governo di unità nazionale, vitale
per la sicurezza del bacino europeo.
Sul processo di pace in Medio Oriente Hammond, in
costante contatto con il Segretario di Stato Kerry, si è rammaricato che
nell’anno passato, nonostante gli sforzi profusi dalla diplomazia, non si siano fatti significativi passi in avanti nel processo di pace in corso: al momento si è in
fase di stallo, nell’attesa della formazione del prossimo governo israeliano. Il
Ministro ha quindi riconfermato tutto l’impegno del Paese per la ricostruzione di Gaza, ostacolata sia da
problemi finanziari, sia dalla difficoltà che i vettori incontrano a far
pervenire i materiali necessari per le opere a Gaza, a causa dei blocchi posti
dagli egiziani per la sicurezza del Sinai e da quelli derivati dalla tensione
con Israele: sarà priorità del Governo britannico porre all’attenzione del
nuovo Governo israeliano tale questione.
Sugli Accordi
di Minsk il Ministro, dopo aver ricordato il brutale omicidio di Boris Nemetsov, si è detto favorevole
ad estendere le sanzioni di terzo livello a tutto dicembre, ovvero
sospenderle, anche parzialmente, qualora la Russia dia segnali concreti sul
campo: è comunque importante, ha dichiarato, che si dia un segnale forte e
concreto condiviso da USA e Ue.
Interrogato sull’assenza di un
rappresentante britannico alla stipula degli Accordi di Minsk, Hammond si è complimentato con il lavoro svolto da Hollande e Merkel, e ha ribadito
che il ruolo del Regno Unito, dall’inizio della crisi è, e rimarrà, quello di compattare
i 28 Paesi membri dell’UE nell’allinearsi alla politica di rigore seguita dagli
USA nei confronti della Russia.
Sul tema dell’influenza britannica nel mondo, infine, il Sottosegretario agli esteri con
delega per l’Europa, David Lidington, ha
dichiarato che il Governo, dal 2010, ha aperto 9 nuove missioni diplomatiche nei paesi emergenti e incrementato la
funzionalità di altre 6. Il Ministero ha aperto un centro di lingua e
un'accademia diplomatica, e aggiornato
l'agenda internazionale attraverso conferenze innovative come quella sulla
prevenzione della violenza sessuale come tattica di guerra: è motivo di
orgoglio per il Regno Unito avere portato all’attenzione mondiale lo scandalo
di questa pratica barbara che, durante i conflitti, ha coinvolto e coinvolge
sia donne sia uomini.
Il 9
marzo presso la Camera dei Lords, il Sottosegretario
alla Difesa, Lord Astor of Hever, ha risposto ad
un’interrogazione sulla valutazione del Governo e le
implicazioni per il Regno Unito riguardo al complesso scenario del conflitto ucraino e più ampiamente alla
politica di difesa del Paese.
Il Sottosegretario ha ricordato che il Regno Unito impegna per la difesa il maggior budget
tra i paesi continentali ed è il secondo in area NATO (dopo gli USA). Ha
quindi dichiarato che, in Ucraina come in altri scenari nel mondo, l’attuale
impegno del Governo è di provvedere a modellare
una difesa che sia ambiziosa e che sappia rispondere alle sfide attuali,
pur restando nei limiti di spesa; una difesa che reagisca a qualsiasi diversa e
nuova sfida militare le venga posta, come la cyber-guerra e la guerra
asimmetrica che contempla l’utilizzo, da parte del nemico, di strategie e
tattiche non convenzionali.
Lord Astor of Hever ha inoltre informato che il Regno Unito sta fornendo materiali ed equipaggiamenti “non-letali” su espressa richiesta del
Governo ucraino, per accrescere la capacità di resistenza dell’esercito
ucraino. Gli addestramenti militari curati dal personale britannico, invece,
saranno condotti in sicurezza nell’ovest del Paese, lontano dal teatro di
guerra.
Il 23
marzo alla Camera dei Lords, il Sottosegretario
agli esteri, Baronessa Anelay of St Johns, ha risposto ad un’interrogazione sui colloqui tra il Governo
britannico e quello israeliano riguardo all’allentamento del blocco esercitato sul territorio di Gaza.
Il Sottosegretario ha affermato che Israele è costantemente invitato ad
alleggerire le restrizioni applicate a Gaza, e ad agire di concerto con l’Autorità palestinese e con l’Egitto per trovare
una soluzione durevole e condivisa. Pur concordando con il premier
Netanyahu di voler “trovare una pacifica soluzione di due Stati purché cambino
le circostanze” (benché in campagna elettorale lo stesso Netanyahu avesse
dichiarato tutt’altro), il Sottosegretario ha affermato che se da una parte Hamas deve rinunciare alla violenza e riconoscere Israele,
dall’altra è Israele che si deve fare carico di arginare la sua
politica espansionistica di colonizzazione. Per il Regno Unito la soluzione dei due Stati rimane l’unica
percorribile; sulla ricostruzione di
Gaza, inoltre, la baronessa ha dichiarato che il Governo ha già provveduto
a trasferire dall’ottobre scorso 5
milioni di sterline.
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