Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera | ||||||
Titolo: | Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna in materia di politica estera, difesa e sicurezza.N. 11 | ||||||
Serie: | Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza Numero: 11 | ||||||
Data: | 03/12/2014 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa |
L’attività parlamentare in Francia,
Germania, Regno Unito e Spagna
in materia di politica estera, difesa
e sicurezza
N. 11
30 Novembre
2014 |
Francia
Il 28 novembre si
è svolta all’Assemblea Nazionale la discussione sulla proposta di risoluzione per il
riconoscimento dello Stato della Palestina,
presentata dal gruppo socialista (SRC).
La risoluzione è
stata approvata nella seduta del 2
dicembre,
con 339 voti favorevoli, 151
contrari e 16 astenuti. Hanno
votato a favore i deputati
dei gruppi socialista (SRC), ecologista e della sinistra democratica
e repubblicana (GDR), nonché parte dei deputati del gruppo radicale,
repubblicano, democratico e progressista (RRDP);
hanno votato contro i
deputati del gruppo dell’unione per un movimento popolare (UMP) e gran parte dei deputati del gruppo dei democratici
indipendenti (UDI).
A nome del gruppo socialista (SRC), il deputato
Bruno Le Roux ha sottolineato che la proposta di risoluzione ha lo scopo di contribuire allo sforzo
internazionale per la pace in Medio Oriente, e s’iscrive in una dinamica
europea di riconoscimento dello Stato palestinese come risposta a uno status quo del processo di pace. La ratio
del documento è che il riconoscimento dello Stato di Palestina è una condizione
indispensabile per la pace, per altro inconcepibile senza un reciproco
riconoscimento tra lo Stato d’Israele e quello della Palestina. Con la proposta
di risoluzione si invita il Governo francese a impegnarsi rapidamente, nei
tempi ritenuti opportuni, per il riconoscimento dello Stato della Palestina,
nell’auspicio che molti altri parlamenti e governi europei – sull’esempio dei
Parlamenti di Spagna, Regno Unito, Svezia e Irlanda - si impegnino su questa
strada.
Per il gruppo dell’unione per un movimento popolare (UMP) è intervenuto Pierre Lellouche, che ha preannunciato il voto contrario su un documento che
costituisce un cambiamento radicale
della linea diplomatica francese sul conflitto israelo-palestinese: la
Francia è da sempre favorevole che i due Stati pervengano ad un reciproco
ricoscimento, e che da tale accordo derivi il riconoscimento dello Stato della Palestina.
Se la risoluzione fosse approvata, non si farebbe altro che radicalizzare la
posizione di Israele.
Philippe Vigier ha
illustrato la posizione del gruppo
dell’unione dei democratici indipendenti (UDI), per il quale la natura del dibattito avrebbe richiesto la
redazione di una proposta di risoluzione bipartisan, non focalizzata sul
riconoscimento di uno Stato, ma sul principio dell’esistenza di due Stati che
convivano in pace. Nell’esprimere il timore che l’approvazione della
risoluzione possa ravvivare le tensioni, Vigier ha preannunciato che i deputati
dell’UDI voteranno secondo la propria coscienza.
Per il gruppo ecologista è intervenuto François de Rugy, che ha
preannunciato il voto favorevole
sulla proposta di risoluzione, in quanto essa è un invito al dialogo, è fedele
ai valori che la Francia da sempre difende e avrà evidentemente un’eco
particolare in Europa e nel resto del mondo.
A nome del gruppo radicale, repubblicano,
democratico e progressista (RRDP),
Roger-Gérard Schwartzenberg ha dichiarato che il suo gruppo prenderà una
decisione, alla luce del dibattito in corso, nella sua prossima riunione. Ha
comunque precisato che la proposta avrebbe dovuto essere considerata
irricevibile, in quanto la determinazione della politica estera è una
prerogativa del Governo, mentre il testo in discussione contiene termini
imperativi che contrastano con il dettato costituzionale.
François Asensi ha espresso
la posizione del gruppo della sinistra
democratica e repubblicana (GDR), del tutto favorevole alla proposta in esame, in quanto lo Stato di Palestina
non può più attendere il suo riconoscimento: il voto dell’Assemblea nazionale
sarà un voto per la pace, la giustizia e la sicurezza dello Stato d’Israele e
di tutto il Medio Oriente.
Per il gruppo dei non iscritti è intervenuto Gilbert Collard, secondo il
quale riconoscere lo Stato di Palestina equivarrebbe a riconoscere il movimento
terrorista di Hamas.
Alla chiusura della
discussione, ha svolto il suo intervento il Ministro per gli affari esteri e dello sviluppo internazionale,
Laurent Fabius, che ha esordito riconoscendo l’eccezionalità che un tale
dibattito sia seguito da un voto, dal momento che il riconoscimento di uno
Stato è prerogativa dell’Esecutivo. Ma la situazione è di per se’ eccezionale:
l’interminabile e drammatico conflitto israelo-palestinese, l’attaccamento
della Francia ai due popoli, il desiderio di vedere finalmente instaurata la
pace spiegano la volontà della Francia
di contribuire a una soluzione politica. Nella ricerca della pace, da lungo
tempo la Francia ha perseguito, singolarmente e in tutti i contesti
internazionali, il principio della
coesistenza di due Stati sovrani e indipendenti: la Francia riconoscerà,
dunque, lo Stato di Palestina, e tale riconoscimento non sarà un favore, ma
un diritto. Non si può essere certi sui tempi del riconoscimento, ma bisogna
oggettivamente prendere atto che il
processo di pace ha subìto un arresto pericoloso, al quale sono seguite
violenze terribili da entrambe le parti. Di fronte a questa impasse, la comunità internazionale ha il dovere di reagire, in particolare deve
reagire la Francia, potenza di pace e amica tradizionale di Israeliani e
Palestinesi: il Governo attenderà il voto sull’invito al riconoscimento, quindi
procederà esercitando nei tempi che riterrà opportuni le proprie prerogative
costituzionali. La Francia sta partecipando da protagonista ai negoziati in
seno alle Nazioni Unite, alle iniziative dell’Unione europea e all’azione del
Quartetto; tuttavia, non si può
accettare la logica di negoziati infiniti, che protraggono uno status quo inaccettabile. Il Governo
francese ritiene perciò che il riconoscimento
dello Stato della Palestina è necessario anche per assicurare in maniera
stabile lo sviluppo e la sicurezza di Israele.
Regno Unito
Il
6 novembre si è svolto alla Camera dei Comuni un dibattito – promosso dal gruppo del Partito laburista - sulla relazione della Commissione
affari esteri, concernente la politica del Regno Unito nei confronti dell’Iran; la mozione è stata presentata.
Il
dibattito è stato introdotto dal deputato
laburista Jack Straw (Ministro degli esteri con Tony Blair dal 2001 al
2006), che ha preliminarmente ringraziato la Commissione esteri per la completa
relazione presentata, della quale ha condiviso il nodo essenziale della politica del Regno Unito nei confronti
dell’Iran: perseverare con risolutezza
nei negoziati sui programmi nucleari dell’Iran (E3), che si spera
raggiungano soluzioni soddisfacenti alla data prevista del prossimo 23
novembre.
L’Iran
è un Paese con il quale non è facile
negoziare, soprattutto a motivo del complesso e poco trasparente sistema
governativo: il Presidente eletto deve costantemente mediare le proprie
decisioni con soggetti non eletti, compresi i membri della Guardia
rivoluzionaria e quelli dell’ufficio del Leader
supremo. In ogni caso, il trattato non è
chiaro – questione cruciale per il risultato dei negoziati – sull’arricchimento dell’uranio: gli Iraniani lo reclamano per propositi pacifici, come riconosciuto dall’accordo
interinale raggiunto nel novembre dello scorso anno. Non si possono avere
certezze sulle reali intenzioni dell’Iran, ma la novità positiva è che il nuovo Presidente Rouhani è una persona con
la quale si può trattare lealmente, a differenza del suo predecessore,
Khatami. A questo riguardo, rimprovera
al Governo un’eccesiva sfiducia verso il nuovo interlocutore. Gli Iraniani
sono negoziatori difficili, ma quando raggiungono un accordo vi si attengono.
Una
questione da affrontare è anche quella dei diritti
umani: la situazione in Iran è particolarmente critica, ma proprio per
questo occorre moltiplicare le pressioni, per rafforzare le spinte innovative
di Rouhani e contrastare chi vi si oppone.
Straw
ha infine sollevato la questione della riapertura
dell’Ambasciata britannica a Teheran, prevista per lo scorso luglio, ma
rinviata non solo per ragioni pratiche, ma soprattutto perché il Minisero
dell’internobritannico rifiuta di accettare il ristabilimento di un regime di
visti senza una categorica accettazione da parte degli Iraniani del rientro
degli illegali.
I
membri del Partito conservatore
intervenuti nel dibattito – anche se più critici verso la politica dell’Iran,
soprattutto per il suo sostegno al regime siriano di Assad – hanno convenuto sulla necessità che il Governo
britannico persegua con decisione la via del negoziato, cercando di rispettare
i termini per impedire di perdere un interlocutore importante come Rouhani.
Al
termine del dibattito ha preso la parola il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e del Commonwealth,
Tobias Ellwood, che ha espresso l’intenzione
del Governo britannico di concludere nei tempi previsti il negoziato, purché si
preveda esplicitamente che l’Iran non si doterà di armi nucleari. Il
Governo britannico desidererebbe, inoltre, un maggiore coinvolgimento dell’Iran
nella regione mediorientale, in particolare unendosi alla lotta contro l’ISIS,
e desistendo dal suo appoggio al regime di Assad.
Sulla
questione della riapertura delle
Ambasciate Ellwood ha dichiarato che devono essere risolte due questioni: la riparazione dei danni causati dall’irruzione di massa dell’Ambasciata britannica nel novembre 2011, e il tema dei visti.
L’irruzione fu essenzialmente favorita dalle guardie che dovevano proteggere la
sede diplomatica: si deve garantire sia la sicurezza, sia la riparazione dei
danni, prima della riapertura. Quanto ai visti,
il loro ristabilimento è importante sia come elemento-chiave dei normali affari
di ambasciata, sia per i più ampi rapporti bilaterali tra Gran Bretagna e Iran;
è però necessario affrontare il problema delle singole persone, che non hanno
diritto di rimanere legalmente sul suolo britannico.
Rimane
oggetto di grande preoccupazione la
questione del rispetto dei diritti umani:
nonostante i recenti miglioramenti, continuano le discriminazioni contro le
minoranze religiose e contro il diritto all’informazione. Il Governo britannico
valuta positivamente le riforme annunciate dal Presidente Rouhani, ma c’è
ancora molto da fare perché il Governo iraniano si uniformi agli obblighi
internazionali sui diritti umani.
In
conclusione, Ellwood ha condiviso l’opinione espressa dalla Camera che questo è
un momento storico cruciale per perseguire un rapporto produttivo con l’Iran: il Governo continuerà a lavorare per
trovare soluzioni positive, ma tenendo sempre ben presente l’interesse
nazionale del Regno Unito.
Il
26 novembre è stata depositata alla Camera dei Lords la dichiarazione
scritta del Ministro per l’Europa,
David Lidington, sulle conclusioni Consiglio affari
esteri dell’Unione euoropea del 17 novembre, che ha concentrato la sua attenzione sull’Ucraina, il processo di pace
in Medio Oriente, e l’Agenzia europea di difesa.
Un
largo accordo è stato raggiunto sulla necessità che l’Unione europea rafforzi
il suo messaggio all’Ucraina sull’importanza
che il nuovo Parlamento eletto il 26
ottobre 2014 acceleri il processo di
profonde riforme economiche e politiche, all’evoluzione del quale va
collegato il sostegno finanziario dell’UE. E’ stata accolta la richiesta del Regno Unito di dichiarare
illegali le “elezioni” separatiste del 2 novembre, che costituiscono una
palese violazione del Protocollo di Minsk.
Riguardo
al Medio Oriente, il Consiglio ha
lanciato un appello affinché sia ristabilita la calma a Gerusalemme, deplorando
l’espansione degli insediamenti, e chiedendo con urgenza un duraturo cessate il
fuoco a Gaza. Il Regno Unito ha particolarmente insistito affinché l’UE
svolga il suo ruolo in accordo con tutte le altre parti internazionali.
Quanto
all’Agenzia europea di difesa (EDA),
il Regno Unito ne apprezza il ruolo
nel contesto della cooperazione europea, ma sollevato riserve sulla proposta
del Parlamento europeo di affidare direttamente e finanziare progetti dell’EDA
nella polica di sicurezza e difesa europea. Il Governo britannico ha inoltre bloccato un incremento di bilancio
dell’Eda per il quinto anno consecutivo.
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