Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna in materia di politica estera, difesa e sicurezza Settembre 2014
Serie: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza    Numero: 9
Data: 03/10/2014
Descrittori:
DIFESA E SICUREZZA INTERNAZIONALE   POLITICA ESTERA
RELAZIONI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

Master Documentazione Commissioni 

 

 

 

 

 

 

 

 


RASSEGNA PARLAMENTARE COMPARATA
 DI POLITICA INTERNAZIONALE E SICUREZZA

 

L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna

in materia di politica estera, difesa e sicurezza

 

 

N. 9                                                                                                            30 Settembre 2014

 

 

Francia fl00272_

 

Il 10 settembre la Commissione Affari esteri dell’Assemblea nazionale ha svolto l’audizione di Hélène Duchêne, direttrice degli Affari politici e di sicurezza al Ministero degli esteri, sul Summit NATO.

La direttrice ha riferito che, nel corso del Summit, la Francia ha ribadito con forza che la NATO deve contribuire alla risoluzione della crisi ucraina senza diventare un problema: non è pervenuta alcuna richiesta dell’Ucraina di entrare nella NATO, ma il Presidente Hollande ha affermato chiaramente che la NATO oggi non deve aprirsi ma limitarsi a proteggere gli Stati membri, ed aiutare gli altri paesi in tema di sicurezza. La priorità della Francia rimane lo sforzo diplomatico finalizzato alla distensione tra le parti per trovare una soluzione politica alla crisi.

La direttrice ha quindi sottolineato che la Francia sta contribuendo fattivamente all’architettura di una forza sovranazionale capace di rispondere a differenti modalità di minaccia: a tal fine la Francia è alla guida di un'iniziativa sulla condivisione dell'intelligence nelle operazioni (Joint ISR - Intelligence, Surveillance and Reconnaissance).

In più la Francia ha ottenuto che in seno alla Forza di reazione rapida della NATO (NFR - Nato Responce Force) composta da 25.000 soldati, sia creata un’unità operativa (Forza interarmata ad alto grado di reattività), della quale sono ancora da definire ruolo e composizione.

 

Il 17 settembre la Commissione affari esteri dell’Assemblea Nazionale ha svolto l’audizione del Ministro degli esteri, Laurent Fabius, sulla situazione in Iraq e in Ucraina.

Nell’intervento svolto in apertura e in replica agli intervenuti nel dibattito, il ministro ha innanzitutto osservato che il Governo iracheno formato dal primo ministro Haïdar – nel quale sono rappresentate tutte le componenti della società irachena – ha espressamente richiesto un aiuto militare della Francia, sotto forma di raid aerei, nella lotta contro l’organizzazione terroristica Daech (le Istituzioni francesi hanno deciso di utilizzare questo acronimo invece di ISIS, per sottolineare che l’organizzazione terroristica non costituisce uno Stato islamico).

Tale richiesta è stata ribadita a tutti i partecipanti alla Conferenza internazionale sulla sicurezza in Iraq, svoltasi a Parigi il 15 settembre e organizzata congiuntamente dalle autorità francesi e irachene; alla Conferenza hanno partecipato i cinque paesi membri permanenti del Consiglio si sicurezza dell’ONU, numerosi paesi arabi, l’ONU, l’Unione europea e la Lega araba. Nel corso della Conferenza si è raggiunto un accordo sull’assoluta necessità di combattere Daech, che minaccia non solo la regione orientale, ma anche i paesi occidentali: si è in proposito convenuto che è necessario un aiuto esterno, ma che i combattimenti devono essere condotti innanzitutto dalle popolazioni locali. È prevalsa anche un’intesa sulla necessità che la dimensione militare sia accompagnata da un aiuto finanziario e da una lotta ideologica, che affermi efficacemente l’assoluta estraneità dei paesi islamici alla logica terroristica di Daech.

Il Governo francese ha accolto con soddisfazione gli esiti della Conferenza, e si sta già preparando sul piano militare: a questo riguardo, spetterà al Presidente della Repubblica assumere una decisione, che sarà doverosamente sottoposta al Parlamento (vd. paragrafo seguente).

Nel frattempo, la Francia si è già mobilitata sul piano umanitario, fornendo assistenza ai rifugiati curdi. A questo riguardo, Fabius ha tenuto a precisare che l’assistenza deve essere fornita soprattutto in loco, in quanto accogliere su territorio francese le minoranze irachene significherebbe assegnare una vittoria ai terroristi: si farà un’eccezione provvisoria soltanto per i rifugiati che hanno un forte legame con la Francia. Sarebbe, però, necessario che in quest’azione umanitaria la Francia non sia lasciata sola, e che al più presto si mobilitino sia l’Unione europea, sia l’ONU.

Quanto all’Ucraina, Fabius ha dichiarato che il “cessate il fuoco” è abbastanza rispettato, e tanto gli Ucraini che i Russi affermano che lo sia effettivamente. Sul piano diplomatico, il Protocollo di Minsk, firmato sotto l’egida dell’OSCE, fissa la data delle elezioni nelle regioni di Donetsk e di Lougansk, delle quali disegna anche i confini: la Francia e la Germania hanno proposto all’OSCE di fornirle droni per controllare le frontiere.

Nel frattempo, l’Ucraina ha ratificato l’Accordo di associazione con l’Unione europea: la dimensione politica è di applicazione immediata, la dimensione economica entrerà in vigore al più tardi il 31 dicembre 2015. E’ preoccupante la modificazione della situazione politica in Ucraina: il Primo ministro Iatseniouk e la signora Timochenko chiedono una linea più dura di quella propugnata dal Presidente Porochenko, chiedendo anche l’adesione dell’Ucraina alla NATO. Tali posizioni sono forse enfatizzate in vista delle elezioni legislative previste per il prossimo 26 ottobre. E’ tuttavia essenziale appoggiare la linea del Presidente, che si sforza di mantenere rapporti equilibrati con la Russia e l’Unione europea.

 

Il 23 settembre si è svolto all’Assemblea Nazionale un dibattito sulla dichiarazione del Governo sull’intervento delle forze armate in Iraq, resa dal Primo ministro Manuel Valls. Tutti i gruppi politici rappresentati in Assemblea hanno appoggiato la decisione, presa dal Presidente della Repubblica il 18 settembre, di impegnare la forza in Iraq contro l’organizzazione terroristica Daech.

Il Primo ministro ha tenuto in primo luogo a sottolineare che l’intervento francese è venuto in risposta a una richiesta di aiuto del Governo iracheno, per fronteggiare un potente e sanguinario gruppo terrorista, il cui pericolo non si arresta all’Iraq, ma costituisce una minaccia per tutto l’Oriente, dal momento che il suo scopo conclamato è quello di creare un santuario del terrorismo che si estenda dalle rive del Mediterraneo a quelle del Golfo Persico. La minaccia di questo gruppo riguarda, per altro, anche l’Europa e la Francia, e deve essere affrontata con durezza e decisione, per impedire che il terrore si diffonda anche sul continente europeo.

Le operazioni militari francesi, condotte in pieno accordo con il Governo iracheno e con gli Stati Uniti, consistono in raid aerei sul territorio iracheno; non ci sarà dispiegamento di truppe di terra, e l’intervento cesserà quando l’esercito iracheno avrà ripreso la meglio su Daech. L’intervento della Francia si limita al territorio iracheno, e non è esteso alla Siria, dove invece si sostiene da parte francese l’opposizione moderata al regime di Assad: gli sforzi prodotti sono complementari all’azione militare condotta dagli USA.

Valls ha quindi precisato che l’intervento militare non sostituisce, ma accompagna l’azione diplomatica, che rimane il pilastro su cui fondare i piani di stabilizzazione dell’intera regione orientale, come emerso chiaramente dalla Conferenza internazionale svoltasi a Parigi il 15 settembre.

La decisione assunta dal Presidente della Repubblica francese si basa su un triplice obiettivo: di sicurezza, perché si è di fronte a una minaccia immediata e di gravità eccezionale; di stabilità, perché Daech mette in pericolo la sopravvivenza e l’unità dell’Iraq, in una regione strategica; di credibilità, perché quando un Paese amico chiede aiuto, la Francia non volge lo sguardo dall’altra parte.

In conclusione il Primo ministro ha ringraziato l’intera Rappresentanza parlamentare per il sostegno a un’azione necessaria e conforme al diritto internazionale.

 

 

Germania fl00255_

 

Il 1° settembre 2014 si è svolta una seduta plenaria straordinaria del Bundestag sulla situazione in Iraq, nella quale è stata approvata una mozione (stampato BT n. 18/2459) presentata dai gruppi parlamentari della maggioranza (CDU/CSU e SPD) a sostegno della decisione del Governo federale di rifornire di armi i curdi impegnati nella lotta contro la milizia terroristica dello stato islamico (ISIS). Sono state invece respinte entrambe le mozioni delle opposizioni, rispettivamente della Sinistra (Die Linke) e dei Verdi (Bündnis 90/Die Grünen), che hanno a loro volta votato contro la proposta del Governo.

La seduta si è aperta con le dichiarazioni della Cancelliera Merkel sull’aiuto umanitario ai profughi in Iraq e sulla lotta all’ISIS. La Cancelliera ha confermato l’invio, tramite le forze armate federali, di 150 tonnellate di aiuti umanitari ai profughi e lo stanziamento di 50 milioni di euro. Facendo leva sulla necessità di tutelare la sicurezza nazionale nei confronti del terrorismo, la Cancelliera ha poi comunicato la decisione del Governo federale, già adottata anche da alcuni paesi membri dell’Unione europea nel quadro della risoluzione n. 1270 approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’ONU il 15 agosto 2014, di fornire sostegno e aiuto materiale ai combattenti contro le milizie dell’ISIS.

Come si evince dalla mozione votata e approvata al termine delle dichiarazioni della Cancelliera, il Bundestag ha esortato il Governo federale a favorire la formazione di un Governo in Iraq comprensivo di tutti i gruppi etnici e religiosi, impegnandosi inoltre, d’intesa con i partner internazionali, nella ricerca di una soluzione politica del conflitto in Siria. Il Bundestag ha infine accolto con favore il pacchetto di misure deciso dal Governo a sostegno sia del Governo centrale iracheno sia del Governo regionale del Kurdistan iracheno e ha caldeggiato l’aiuto umanitario ai profughi e la disponibilità ad incrementare eventualmente i fondi loro destinati. È stato infine ottenuto il consenso parlamentare alla decisione di fornire ai combattenti curdi tutto l’equipaggiamento militare necessario per difendersi dalle milizie dell’ISIS.

 

Regno Unito fl00268_

 

L’8 settembre il Primo Ministro David Cameron ha reso una dichiarazione alla Camera dei Comuni, esponendo le conclusioni del Summit NATO ospitato in Galles.

Il Premier ha mostrato soddisfazione sul raggiunto “cessate il fuoco” tra le parti nel conflitto ucraino. Dal tavolo con USA, Ucraina, Italia, Francia e Germania è emersa, unanime, la necessità dell’attuazione di una pace condivisa che rispetti l’integrità territoriale dello Stato ucraino; inoltre la NATO ha inviato un chiaro messaggio a Putin circa l’indifendibilità e l’illegalità dell’azione russa sul territorio ucraino. Il Regno Unito continuerà a fornire contributi finanziari all’Ucraina per migliorarne le potenzialità difensive e di comunicazione, e ha ricordato all’Assemblea che tra le ultime sanzioni comminate ricadono anche i cosiddetti “dual-goods”, beni strumentali e informatici con duplice funzione civile e militare, utilizzabili anche nell’architettura di armamenti di distruzione di massa.

A fronte della richiesta di Obama, fatta agli alleati, di riportare in dieci anni al 2% del PIL la spesa per la difesa Cameron ha convenuto sulla necessità di sostenere lo sforzo americano, richiamando i Paesi ancora al di sotto della soglia.

Il Premier ha aggiunto che, in controtendenza al periodo post-guerra fredda, in cui la NATO ha abbassato la guardia, in questo Summit si è deciso di riportare alta l’attenzione sulla necessità di tempestività ed operatività degli interventi, in attuazione dell’articolo 5 del Trattato Nato. A tal fine, il Regno Unito contribuirà dislocando un battaglione ed un quartier generale e, da qui alla fine del 2015, parteciperà ad esercitazioni militari in Europa dell’est con un contingente di 3.500 uomini, a garanzia di una presenza persistente nell’area.

C’è stata una concorde condanna dell’ISIS, cui si deve far fronte con ogni mezzo diplomatico, umanitario e militare, per distruggere la minaccia jihadista: il Regno Unito proseguirà in tal senso con un forte sostegno al governo iracheno in formazione, che dovrà rappresentare finalmente le diverse anime del paese.

In Afghanistan il Governo britannico si sta spendendo affinché i due candidati alle elezioni presidenziali possano lavorare insieme alla formazione – in tempi rapidi – di un governo di coalizione; il principale contributo post 2014 sarà la messa in esercizio, da parte del Regno Unito, della Scuola ufficiali (Afghan National Army Officer Academy - ANAOA) voluta espressamente dal Presidente Karzai, a cui si sta già provvedendo: ciò comporterà l’impiego in loco di poche centinaia di uomini.

Con riferimento ai contingenti di ritorno dall’Afghanistan, Cameron ha dichiarato di aver illustrato agli alleati il “patto di sostegno” stretto tra Governo britannico ed esercito, ora legge dello Stato: tutti i membri NATO hanno, su questa base, aderito ad una nuova dichiarazione per le forze armate, impegnandosi al meglio nel supporto ai propri eserciti e favorendo uno scambio di esperienze per lavorare al meglio.

 

Il 12 settembre  il Sottosegretario agli esteri con delega per Europa e NATO, David Lidington, ha reso una dichiarazione alla Camera dei Comuni sulla strategia del Governo per fronteggiare l’ISIS. Il Sottosegretario ha ricordato all’Assemblea che il Governo è attualmente impegnato su più fronti per contrastare la minaccia terroristica: umanitario, diplomatico e militare.

Sul fronte umanitario, in aggiunta ai lanci paracadutati di materiali di prima necessità, il Regno Unito ha stanziato 23 milioni di sterline in aiuti in nord-Iraq, 12,5 milioni alla Red Cross e 5 milioni ai partners UN per provvedere ad aiuti primari salva-vita destinati a 150.000 persone; inoltre, dall’inizio della crisi, si è provveduto ai bisogni umanitari in Siria con oltre 600 milioni di sterline.

Per via diplomatica, il Governo è impegnato a far sì che, tra paesi occidentali ed arabi, si consolidi un fronte comune per contrastare al meglio la minaccia: a tal fine c’è, da parte del governo, un notevole sforzo diplomatico per favorire un negoziato che ponga fine al potere di Assad, così come in Iraq si sta lavorando per far sì che il nuovo governo del primo ministro al-Abadi sia inclusivo di tutte le diverse anime del mondo iracheno.

Da ultimo, gli sforzi umanitari e diplomatici devono essere sostenuti da una risposta forte che fronteggi l’ISIS sul terreno: il Regno Unito da tempo fornisce armamenti alle forze curde, oltre ad un supporto logistico e di addestramento del contingente locale.

 

Il 26 settembre la Camera dei Comuni ha approvato la mozione del Governo sull’intervento militare britannico contro l’ISIS, ampiamente condivisa dall’opposizione.

Nella dichiarazione del Governo che ha preceduto l’approvazione della mozione, il Premier  David Cameron ha ampiamente illustrato le motivazioni ed il perimetro d’azione dell’intervento britannico, che si sostanzierà in raid  aerei senza l’impiego di truppe di terra per contrastare le forze dell’ISIS, in appoggio agli eserciti iracheno e curdo e senza comprendere lo spazio aereo siriano.

Cameron, nel motivare questo atto di forza, si è detto convinto che una partecipazione diretta contro la minaccia terroristica è l’unica maniera per indebolirla e neutralizzarne le potenzialità offensive, dentro e fuori il “califfato”; ha quindi aggiunto che il Governo -  attraverso norme specifiche già approvate in Parlamento - sta combattendo il terrorismo anche all’interno dei confini nazionali, con azioni mirate sugli ingressi di persone sospette. La missione cotro il terrorismo - ha proseguito Cameron - non durerà mesi ma anni: è per questo che gli USA, Il Regno Unito e gli altri alleati non contemplano l’utilizzo di truppe di terra, al di fuori di quelle irachene e curde.

Nel riconoscere che il solo intervento armato non può risolvere il problema, il Primo Ministro ha spiegato che per tale motivo già da tempo il Governo britannico si spende per favorire la nascita di un governo iracheno che rappresenti le diverse anime religiose del paese, confidando che un Iraq unito possa essere il primo baluardo contro il terrorismo, come sostenuto fortemente anche dal Presidente Obama.

Cameron ha poi dichiarato che il Regno Unito è fortemente impegnato, nell’ambito delle Nazioni Unite, per cementare il più ampio consenso sulla campagna contro l’ISIS, soprattutto allo scopo di intercettare i movimenti dei foreign fighters, e di sterilizzare i flussi monetari verso il “califfato”.

In questa prospettiva, il Governo ha creato un osservatorio denominato Consiglio nazionale di sicurezza, a cui siedono i capi dei servizi di sicurezza MI5, MI6, GCHQ (Quartier generale del governo per le comunicazioni),  per studiare interventi condivisi dentro e fuori il territorio britannico.

Quanto a un eventuale intervento in Siria, il Premier ha ribadito che per il momento si continuerà ad appoggiare la coalizione nazionale siriana e l’esercito siriano libero, dispensando soltanto supporto logistico, di intelligence e di addestramento, e perseguendo l’obiettivo della rimozione di Assad con l’appoggio alle opposizioni ufficiali e attraverso sforzi diplomatici.

In conclusione, Cameron ha tenuto a precisare che il Governo britannico, oltre che per interessi nazionali, si muove su appello diretto del Governo iracheno: il Regno Unito è parte di una coalizione di 60 paesi, alcuni dei quali già in campo e tutti uniti nella condanna dell’ISIS.

 

 

 

 

 

 

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