Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Riunione interparlamentare LIBE "La riforma del sistema europeo comune di asilo" - Bruxelles, 28 febbraio 2017
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 79
Data: 23/02/2017
Descrittori:
ASILO POLITICO   PARLAMENTO
UNIONE EUROPEA     
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Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

Riunione interparlamentare LIBE

“La riforma del sistema europeo comune di asilo"

 

Bruxelles, 28 febbraio 2017

 

 

Senato della Repubblica

Servizio Studi                  Dossier europei

n. 54

Camera dei deputati

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 79

 


 

 

Servizio Studi

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Dossier europei n. 54

 

 

 

 

 

 

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Dossier n. 79

 

 

 

 

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INDICE

Ordine del giorno

Schede di lettura   1

Le dimensioni del fenomeno   3

I flussi migratori 3

Le domande di asilo   4

La riforma del sistema europeo comune di asilo   7

Una più equa distribuzione dei richiedenti asilo nell'Unione europea   23

Ricollocazione e reinsediamento   23

La proposta di un meccanismo permanente di ricollocazione  25

Concetti di Paese sicuro   27

Iniziative UE in materia di migranti minori 33

Le dimensioni del fenomeno   33

I minori nel sistema comune europeo di asilo   34

Altre iniziative UE in materia di migranti minori 37

 


 



Schede di lettura




Le dimensioni del fenomeno

I flussi migratori

Dall’inizio del 2017 sono sbarcate sulle coste dell’Europa meridionale circa 12.500 persone; il numero maggiore di migranti riguarda l’Italia che ha accolto circa 9.500 persone a fronte di 2 mila sbarchi in Grecia e circa mille in Spagna.

Si tratta di un trend che conferma l’andamento degli ultimi mesi del 2016, anno in cui sono stati oltre 360 mila gli sbarchi in Europa.

In particolare, l’anno scorso, sulla rotta del Mediterraneo centrale sono stati intercettati 181.000 migranti irregolari: rispetto al 2015 l’Italia ha registrato un aumento degli arrivi pari al 18 per cento, un numero persino superiore al precedente picco del 2014. Questi dati mostrano che nel 2016 il Mediterraneo centrale è stato, per i migranti irregolari, la principale rotta di arrivo in Europa.

La Libia è stata il principale paese di partenza per quasi il 90 per cento dei migranti, seguita dall’Egitto (7), dalla Turchia (1,9), dall’Algeria (0,6) e dalla Tunisia (0,5).

Il numero degli attraversamenti illegali delle frontiere UE attraverso il Mediterraneo orientale (sostanzialmente dalla Turchia alle isole greche ), dopo aver raggiunto il suo picco massimo nel 2015 con 885.000 casi rilevati, è drasticamente diminuito successivamente alla dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016. Nel periodo successivo all’accordo in Grecia sono sbarcate ogni mese poche migliaia di persone.

Grafico 1. Arrivi attraverso il Mediterraneo orientale nel periodo 2015-2016 (Fonte: Frontex – dati aggiornati al novembre 2016)

 

 

 

Grafico 2. Arrivi attraverso il Mediterraneo centrale nel periodo 2015-2016 (Fonte: Ministero dell’interno italiano – totale 2015: 153 842; totale 2016: 181 436)

 

 

Quanto alla composizione per nazionalità, per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo centrale si evidenzia un flusso costante di migranti provenienti dall’Africa subsahariana. I 10 principali paesi di origine dei migranti sbarcati in Italia nel 2016 sono stati: la Nigeria (21 per cento), l’Eritrea (11), la Guinea (7), la Costa d’Avorio (7), il Gambia (7), il Senegal (6), il Mali (6), il Sudan (5), il Bangladesh (4) e la Somalia (4). Il restante 22 per cento si compone di altre nazionalità.

In Grecia gli sbarchi hanno riguardano in linea di massima cittadini provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan e dall’Iraq.

Le domande di asilo

I dati più aggiornati forniti dall’EASO - Ufficio europeo per il sostegno all’asilo sui richiedenti protezione in Europa riguardano il 2016: in tale anno gli Stati membri hanno registrato 1.236.325 istanze con un a riduzione del 9 per cento rispetto al 2015.

I principali Stati di provenienza dei richiedenti asilo in Europa sono Siria (26 per cento) Afghanistan (14) e lraq (10). Seguono in proporzioni più contenute Pakistan, Nigeria, Iran, Eritrea, Albania, Russia, Somalia e Bangladesh.

 

Il dato italiano è in controtendenza. Secondo il Ministero dell’interno la crescita delle domande di asilo in Italia negli ultimi anni è stata continua: dalle 26 mila del 2013 si è passati alle 64 mila del 2014, alle 83 mila del 2015 fino alle 123 mila del 2016. I dati di gennaio 2017 indicherebbero un ulteriore aumento del 41 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

La Nigeria è la nazione più rappresentata con 27 mila richieste.

In Italia, nel 2016, a conclusione dell’iter, lo status di rifugiato è stato concesso per il 5 per cento delle domande esaminate; al 14 per cento è stata assegnata la protezione sussidiaria, al 21 per cento quella umanitaria, e nel 56 per cento dei casi c'è stato il diniego.

 


 

 


 

La riforma del sistema europeo comune di asilo

Nella sua comunicazione del 6 aprile 2016 intitolata "Riformare il sistema europeo comune di asilo e potenziare le vie legali di accesso all’Europa" (COM(2016)197), la Commissione europea ha esposto, secondo quanto preannunciato nell'Agenda europea sulle migrazioni (COM(2015)240)[1], le priorità per migliorare il sistema europeo comune di asilo (CEAS).

L'obiettivo generale che la Commissione si è posta è quello di "passare da un sistema che, per come è stato concepito o per la scorretta attuazione, attribuisce una responsabilità sproporzionata ad alcuni Stati membri e incoraggia flussi migratori incontrollati e irregolari, a un sistema più equo che offra percorsi ordinati e sicuri verso l'UE ai cittadini di Paesi terzi bisognosi di protezione o in grado di contribuire allo sviluppo economico dell'Unione". La Commissione ha pertanto annunciato una riforma progressiva del quadro attuale, al fine di stabilire un sistema sostenibile ed equo di determinazione dello Stato membro competente per i richiedenti asilo, rafforzare il sistema Eurodac, raggiungere una maggiore convergenza nel sistema di asilo, prevenendo così i movimenti secondari, e introdurre un mandato rafforzato per l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO).

 

Il 4 maggio 2016 la Commissione ha presentato un primo pacchetto di proposte legislative di riforma del sistema europeo comune di asilo:

1. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide (rifusione) (COM(2016)270)[2].

La proposta intende riformare il regolamento (UE) n. 604/2013 (cd. regolamento Dublino III)[3] istituendo un nuovo sistema di distribuzione delle domande di asilo fra gli Stati membri che si dimostri "più equo, più efficiente e più sostenibile".

I criteri e i meccanismi di determinazione dello "Stato membro competente" per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide sono attualmente stabiliti dal regolamento (UE) n. 604/2013, entrato in vigore il 1° gennaio 2014.

In base al regolamento, i criteri per stabilire la responsabilità dell’esame di una domanda di protezione internazionale sono, in ordine gerarchico, considerazioni di natura familiare, il possesso recente di un visto o permesso di soggiorno in uno Stato membro, l’ingresso regolare o irregolare del richiedente nell’Unione europea. Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

In particolare, l'art. 13 stabilisce che, quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e di circostanze indiziarie, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale (tale responsabilità cessa tuttavia 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera).

Fra i principali obiettivi della proposta sono la creazione di:

-       un "sistema più equo basato sulla solidarietà", per mezzo di un meccanismo di assegnazione correttivo ("meccanismo di equità"). Il nuovo sistema prevede che venga automaticamente stabilito quando uno Stato membro si trova a far fronte a un numero sproporzionato di richieste di protezione internazionale (per far ciò, si farà riferimento alle dimensioni e alla ricchezza dello Stato in questione).

Nel caso in cui uno Stato si trovi ad affrontare un afflusso sproporzionato di migranti, che superi il 150% della quota di riferimento, tutti i nuovi richiedenti protezione internazionale (indipendentemente dalla nazionalità), dopo una verifica dell’ammissibilità della domanda presentata, dovranno essere ricollocati in altri Stati membri fino a quando il numero di domande non sarà ridisceso al di sotto di quel livello. Gli Stati membri avranno inoltre la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento. In tal caso, dovranno versare un contributo di solidarietà di 250.000 euro allo Stato membro in cui sarà ricollocato il richiedente del quale sarebbero stati responsabili ai sensi del meccanismo di equità;

-       un meccanismo che tenga conto degli sforzi di reinsediamento (il meccanismo di equità valuterà anche gli sforzi compiuti da uno Stato membro per reinsediare persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un Paese terzo) e che riconosca gli sforzi compiuti per istituire percorsi sicuri e legali di accesso all’Unione europea;

-       un sistema più efficiente, con termini più brevi per l’invio delle richieste di trasferimento, per il ricevimento delle risposte e per l’esecuzione dei trasferimenti dei richiedenti protezione internazionale fra gli Stati membri;

-       obblighi giuridici più chiari per i richiedenti protezione internazionale, compreso il dovere di rimanere nello Stato membro competente per la loro richiesta, limiti geografici alla fornitura di benefici materiali legati all’accoglienza e conseguenze proporzionate in caso di violazione delle norme, al fine di prevenire gli abusi e i movimenti secondari;

-       una maggiore protezione degli interessi dei richiedenti protezione internazionale, con maggiori garanzie per i minori non accompagnati e l'ampliamento della definizione di "familiari".

 

 

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato la quale, avendo rilevato numerosi elementi di criticità, anche sotto il profilo del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, si è pronunciata in senso contrario con la Risoluzione Doc. XVIII n. 156. In particolare, viene rilevato che "le misure e i meccanismi previsti non rispondono all'esigenza di affrontare l'attuale fenomeno migratorio epocale come Europa nel suo insieme" e che "gli effetti complessivi delle modifiche proposte non si pongono nella direzione del raggiungimento dei principali obiettivi della proposta, di ottenere un'equa ripartizione delle responsabilità fra gli Stati membri, soprattutto nei momenti di crisi, e di frenare i movimenti secondari dei cittadini di Paesi terzi fra gli Stati membri". Sulla proposta, la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati, il 16 novembre 2016 ha approvato un documento conclusivo, con il quale ha espresso una valutazione negativa, considerando, tra l’altro, inaccettabile, in quanto palesemente contraddittoria con i principi di solidarietà e corresponsabilizzazione stabiliti nei Trattati, la previsione in base alla quale uno Stato membro può sottrarsi totalmente dall'obbligo di partecipare al meccanismo di redistribuzione previa corresponsione del contributo di 250 mila euro per richiedente asilo non preso in carico.

 

2. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Agenzia dell’Unione europea per l’asilo e abroga il regolamento (UE) n. 439/2010 (COM(2016)271).

La proposta intende trasformare l’attuale Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) in una vera e propria Agenzia europea per l’asilo, con un mandato rafforzato e funzioni ampliate per affrontare le carenze strutturali che dovessero emergere nell’applicazione del sistema di asilo dell’UE[4].

Fra i nuovi compiti dell’Agenzia dovrebbe esservi quello di avvalersi delle quote di riferimento per applicare il meccanismo di equità nel quadro del nuovo sistema di Dublino (su cui vedi infra).

La proposta prevede inoltre che la nuova Agenzia garantisca una maggiore convergenza nella valutazione delle domande di protezione internazionale nell’intera Unione, rafforzando la cooperazione pratica e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e promuovendo il diritto dell’Unione e le norme operative in materia di procedure di asilo, condizioni di accoglienza ed esigenze di protezione.

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato che si è pronunciata in senso favorevole con la Risoluzione Doc. XVIII n. 146. Sulla proposta, il 16 novembre 2016, la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati ha approvato un documento conclusivo, con il quale ha espresso una valutazione sostanzialmente positiva.

 

3. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l' "Eurodac" per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del [regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide], per l'identificazione dei cittadini di un Paese terzo o apolidi soggiornanti illegalmente e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto (rifusione) (COM(2016)272)[5].

La banca dati Eurodac, istituita nel 2003, è una banca dati dell'Unione europea per le impronte digitali dei richiedenti asilo intesa a fornire elementi di prova relativi alle impronte digitali per agevolare l'applicazione del regolamento Dublino, che determina lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo presentata nell'UE. La proposta prevede di ampliare il campo di applicazione del regolamento Eurodac per includere la possibilità per gli Stati membri di salvare e consultare dati di cittadini di Paesi terzi o di apolidi che non richiedono protezione internazionale e il cui soggiorno irregolare nell’UE viene scoperto, e identificarli ai fini del rimpatrio e della riammissione.

In conformità alle norme sulla protezione dei dati, la proposta prevede inoltre che gli Stati membri salvino un maggior numero di dati personali in Eurodac, quali nomi, date di nascita, nazionalità, particolari sull’identità o documenti di viaggio, e immagini dei volti, in modo da aumentare le informazioni nel sistema centrale e permettere alle autorità di immigrazione e asilo di identificare facilmente un cittadino irregolare di un Paese terzo o un richiedente asilo senza dover richiedere le informazioni ad un altro Stato membro separatamente (come avviene attualmente).

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato che si è pronunciata in senso favorevole con la Risoluzione Doc. XVIII n. 157. Sulla proposta, il 16 novembre 2016, la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati ha approvato un documento conclusivo, con il quale ha espresso una valutazione sostanzialmente positiva.

 

Il 13 luglio 2016 la Commissione ha presentato un secondo pacchetto legislativo che si compone delle seguenti proposte:

4. Una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione) (COM(2016)465)[6].

La Commissione propone di riformare la direttiva sulle condizioni di accoglienza (direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) per fare in modo che i richiedenti asilo possano beneficiare di standard di accoglienza armonizzati e dignitosi in tutta l'UE e prevenire in tal modo i movimenti secondari.

Principali obiettivi della riforma sono:

-       armonizzare ulteriormente le condizioni di accoglienza. Gli Stati membri dovranno applicare gli standard e gli indicatori sulle condizioni di accoglienza sviluppati a livello di UE e provvedere all'elaborazione e all'aggiornamento costante di piani di emergenza al fine di assicurare una capacità di accoglienza sufficiente e adeguata, anche in situazioni di pressione eccessiva. Dovranno inoltre fornire maggiori garanzie comuni ai richiedenti asilo con esigenze particolari e ai minori non accompagnati, i quali dovranno essere affidati a un tutore entro cinque giorni dalla presentazione della domanda;

-       ridurre i movimenti secondari. La proposta specifica che le condizioni di accoglienza dovranno essere fornite unicamente nello Stato membro responsabile; la Commissione ritiene infatti essenziale che i richiedenti protezione internazionale rimangano nello Stato membro competente e non fuggano. A tal fine, sono ulteriormente armonizzate le norme relative alla possibilità per gli Stati membri di assegnare ai richiedenti un luogo di residenza o di imporre loro l'obbligo di presentazione regolare dinanzi alle autorità, nonché sulla facoltà concessa agli Stati membri di ridurre le condizioni materiali di accoglienza o di sostituire le indennità finanziarie con "condizioni materiali di accoglienza fornite in natura". Nel caso in cui il richiedente non rispetti l'obbligo di risiedere in un determinato luogo, e qualora sussista il rischio di fuga, gli Stati membri potranno avvalersi del trattenimento;

-       favorire l'autonomia e l'integrazione dei richiedenti. La proposta prevede tempi più brevi per l'accesso al mercato del lavoro, al più tardi entro sei mesi dalla presentazione della domanda di asilo, e che tale accesso avvenga nel pieno rispetto delle norme del mercato del lavoro.

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato la quale, rilevando come il principio di sussidiarietà non sia sostanzialmente rispettato, si è pronunciata in senso contrario con la Risoluzione Doc. XVIII n. 165. In particolare, viene osservato che l'obiettivo di ottenere una maggiore armonizzazione delle condizioni di accoglienza nell'Unione europea, al fine di aumentare le prospettive di integrazione dei richiedenti, "non si raggiunge attraverso un ulteriore giro di vite sui movimenti secondari" e che il combinato disposto di direttive, regolamenti e rifusioni vigenti "dimostra l'assoluta impotenza della Commissione a far rispettare i princìpi cardine sulla gestione dei flussi migratori, e cioè accoglienza solidale, redistribuzione dei richiedenti asilo e rimpatri".

 

5. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta e recante modifica della direttiva 2003/109/CE, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (COM(2016)466)[7].

Al fine di armonizzare gli standard di protezione nell'UE e porre fine ai movimenti secondari, la Commissione propone di sostituire la direttiva qualifiche vigente (direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta) con un regolamento.

La proposta intende far sì che i richiedenti asilo godano dello stesso tipo di protezione, indipendentemente dallo Stato membro in cui presentano la domanda e per tutto il tempo necessario. In particolare, la proposta prevede:

-       una maggiore armonizzazione nei criteri di riconoscimento. La Commissione ritiene necessario far convergere maggiormente i tassi di riconoscimento e le forme di protezione, armonizzando il tipo di protezione e la durata dei permessi di soggiorno concessi ai beneficiari di protezione internazionale. Viene, fra l'altro, previsto l'obbligo per gli Stati membri di valutare se il richiedente possa beneficiare di protezione all'interno del Paese d'origine[8];

-       una maggiore convergenza delle decisioni prese dagli Stati membri. In particolare, questi dovranno tener conto degli orientamenti forniti dalla futura Agenzia dell'Unione europea per l'asilo - in conformità a quanto previsto nella citata proposta di regolamento COM(2016)271[9] - per quanto riguarda la situazione nel Paese d'origine del richiedente asilo, nel pieno rispetto del principio di non respingimento;

-       che la protezione sia garantita solo per il tempo necessario. Viene introdotta una revisione obbligatoria dello status che, fra l'altro, tenga conto dei cambiamenti sopraggiunti nel Paese di origine che potrebbero influire sulla necessità di protezione;

-       norme più severe contro i movimenti secondari. La proposta prevede, fra l'altro, che il periodo di attesa (di cinque anni) assegnato ai beneficiari di protezione internazionale per ottenere lo status di residente di lungo periodo, a norma della direttiva 2003/109/CE, venga riconteggiato qualora la persona interessata si trovi in uno Stato membro in cui non gode del diritto di soggiorno o residenza;

-       un'ulteriore armonizzazione dei diritti dei beneficiari di protezione internazionale, al fine di incentivarne maggiormente l'integrazione. Sono precisati i diritti e gli obblighi per quanto riguarda la sicurezza sociale e l'assistenza sociale (in particolare, l'accesso a determinate forme di assistenza sociale potrà essere subordinata all'effettiva partecipazione dei beneficiari di protezione internazionale a misure di integrazione).

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato che si è pronunciata in senso favorevole, pur rilevando alcune criticità, con la Risoluzione Doc. XVIII n. 167. In particolare, viene osservato che: è indispensabile una valutazione dell'impatto della proposta di regolamento sul delicato contesto europeo delle politiche migratorie; visto che gli Stati membri dovranno effettuare il riesame sistematico e regolare dello status di rifugiato e di persona ammessa alla protezione sussidiaria, è opportuno prolungare il periodo di durata del permesso di soggiorno indicato nell'art. 26 della proposta; nel "processo di riscrittura e affinamento in tema di migrazione e asilo, di cui la proposta di regolamento è espressione", non si può prescindere da una profonda revisione del cosiddetto "sistema Dublino".

 

6. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE (COM(2016)467)[10].

La proposta intende sostituire la vigente direttiva sulle procedure di asilo (direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale) con un regolamento che stabilisca una procedura UE comune pienamente armonizzata per la protezione internazionale.

In particolare, la proposta mira a:

-       rendere le procedure di asilo più semplici, chiare e brevi. Viene mantenuto il termine di sei mesi per l'adozione delle decisioni. Sono tuttavia introdotti termini più brevi (da uno a due mesi), in particolare per le domande di asilo inammissibili o palesemente infondate o per i casi in cui è prevista l'applicazione della procedura accelerata. Sono inoltre introdotte nuove scadenze per la presentazione dei ricorsi (da una settimana a un mese) e per le decisioni nella prima fase di ricorso (da due a sei mesi);

-       rafforzare le garanzie procedurali a salvaguardia dei diritti dei richiedenti asilo. La proposta intende garantire il diritto a un colloquio individuale e all'assistenza e alla rappresentanza legale gratuite già nel corso della procedura amministrativa. I richiedenti con esigenze particolari e i minori non accompagnati dovranno essere affidati a un tutore entro cinque giorni dalla presentazione della domanda;

-       garantire norme più severe per combattere gli abusi. La proposta introduce nuovi obblighi di cooperazione con le autorità e prevede conseguenze più severe in caso di mancato rispetto degli stessi. L'applicazione di sanzioni in caso di abuso della procedura, omessa collaborazione e movimenti secondari - finora facoltativa - è resa obbligatoria. Le sanzioni comprendono il rigetto della domanda perché implicitamente ritirata o palesemente infondata o l'applicazione della procedura accelerata;

-       armonizzare le norme sui Paesi sicuri. La Commissione intende rendere obbligatoria l'applicazione del concetto di Paese sicuro. Propone in proposito di sostituire completamente le designazioni nazionali dei Paesi di origine sicuri e dei Paesi terzi sicuri con elenchi europei o designazioni a livello UE, entro cinque anni dall'entrata in vigore del regolamento.

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato la quale, pur rilevando come la proposta riforma del sistema europeo di asilo comporti una serie di aggravi per gli Stati di primo ingresso come l'Italia, si è pronunciata in senso favorevole con la Risoluzione Doc. XVIII n. 166.

 

7. Una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di reinsediamento dell’Unione e che modifica il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2016)468)[11].

La proposta intende stabilire un approccio legislativo vincolante e obbligatorio in materia di reinsediamento per il periodo successivo al 2016 al fine di garantire alle persone che necessitano di protezione internazionale canali organizzati e sicuri di accesso all'Europa

La Commissione europea aveva già adottato la raccomandazione (UE) 2015/914, dell'8 giugno 2015, relativa a un programma di reinsediamento europeo, nella quale ha invitato gli Stati membri a reinsediare, in un periodo di due anni, 20.000 persone provenienti da Paesi non appartenenti all'UE e con evidente bisogno di protezione internazionale secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). In occasione del Consiglio Giustizia e Affari interni (GAI) del 20 luglio 2015 i ministri hanno trovato un accordo in merito al reinsediamento, attraverso programmi multilaterali e nazionali, di 22.504 persone e hanno accolto con favore la disponibilità degli Stati associati a partecipare agli sforzi in tal senso.

La proposta si inserisce nel contesto della riforma del sistema europeo comune di asilo e nelle politiche a lungo termine per una migliore gestione della migrazione già delineate nell’Agenda europea sulla migrazione e in cui la Commissione aveva preannunciato, sulla scia della raccomandazione per un programma di reinsediamento dell'UE. Nelle intenzioni della Commissione, essa dovrebbe inoltre contribuire all’attuazione del "quadro di partenariato", orientato ai risultati per la cooperazione con i principali Paesi terzi di origine e di transito, presentato dalla Commissione il 7 giugno 2016.

Obiettivo della proposta è quello di istituire un meccanismo orizzontale per l'avvio di iniziative mirate di reinsediamento dell'UE, definendo norme comuni a livello europeo per l'accesso e la ripartizione, lo status da accordare alle persone reinsediate e in materia di sostegno finanziario, le quali dovrebbero andare ad aggiungersi alle altre misure volte a scoraggiare i movimenti secondari.

Il numero di persone da reinsediare ogni anno continuerà a essere stabilito dagli Stati membri, ma la Commissione ritiene che l’Unione nel suo complesso avrà un impatto maggiore grazie al coordinamento degli sforzi nazionali e a un'azione sinergica: il futuro quadro di reinsediamento dovrà, infatti, essere attuato attraverso piani annuali dell'Unione, adottati dal Consiglio e resi operativi tramite programmi di reinsediamento mirati, adottati dalla Commissione. Tali piani stabiliranno le priorità geografiche generali individuando le aree da cui prenderà avvio il processo di reinsediamento e il numero complessivo massimo di persone da reinsediare l'anno successivo, sulla base della partecipazione e dei contributi degli Stati membri e dei Paesi associati a Schenghen nel piano annuale di reinsediamento specifico.

I criteri da prendere in considerazione per determinare le regioni o i Paesi terzi da cui avrà luogo il reinsediamento comprendono: il numero di persone che necessitano di protezione internazionale in Paesi terzi, le relazioni complessive tra l'UE e i Paesi terzi e l'effettiva cooperazione in materia di asilo e migrazione, compreso lo sviluppo del loro sistema di asilo e la cooperazione in materia di migrazione irregolare, riammissione e rimpatrio.

Il nuovo quadro dell’UE per il reinsediamento definirà l'insieme delle procedure standard comuni per la selezione e il trattamento dei candidati al reinsediamento, i criteri comuni di ammissibilità, nonché i motivi comuni di esclusione dei candidati e la procedura (ordinaria o accelerata) da seguire.

Per sostenere gli Stati membri negli sforzi di reinsediamento nel quadro di detti programmi, la Commissione intende destinare 10.000 euro del bilancio UE per ogni persona reinsediata. I fondi saranno assegnati nell’ambito del Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF), mentre i reinsediamenti che avverranno al di fuori del quadro di reinsediamento dell’Unione non saranno finanziati dal bilancio dell’UE.

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato che si è pronunciata in senso favorevole, con osservazioni, con la Risoluzione Doc. XVIII n. 158. In relazione ai programmi mirati di reinsediamento, da definire tramite atti di esecuzione della Commissione europea, si rileva la mancata indicazione dei criteri in base ai quali è individuata la partecipazione numerica di ciascuno Stato. Inoltre, per quanto concerne il ricorso alla procedura accelerata di cui all'art. 11, nella Risoluzione viene osservato che sarebbe necessario introdurre criteri di riferimento sulla cui base la Commissione dovrà adottare l'atto di esecuzione che prevede il ricorso a tale procedura, anche attraverso un ruolo da riconoscere all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) o ad altre organizzazioni umanitarie abilitate.

Nella Relazione programmatica, il Governo italiano ha sottolineato che lo strumento del reinsediamento va sostenuto in quanto "mezzo efficace per disarticolare il modello affaristico dei trafficanti di esseri umani e quale concreto gesto di solidarietà verso quei Paesi terzi in prima linea nell’accoglienza di profughi dalle aree di crisi a loro prossime". In esito all’impegno assunto nella seduta del 17 febbraio 2016 dalla XIV Commissione della Camera dei Deputati, il Governo si è inoltre impegnato a sostenere la proposta relativa al quadro europeo per il reinsediamento e ad assicurare una sua partecipazione costruttiva in fase di negoziato[12].

 

Tutte le proposte citate figurano fra le proposte da adottare in via prioritaria nel Programma di lavoro della Commissione europea per il 2017.

Nell'ultima sessione del Consiglio Giustizia e affari interni (GAI), del 9 dicembre 2016, i ministri dell'Interno hanno discusso la riforma del sistema europeo comune di asilo (CEAS) e hanno stabilito un mandato per i negoziati con il Parlamento europeo sul regolamento Eurodac. La Presidenza ha inoltre informato i ministri sulla situazione dei lavori concernenti i fascicoli restanti della riforma del CEAS e il reinsediamento. Particolare attenzione è stata posta su aspetti precisi quali lo spiegamento presso le Agenzie (in particolare EASO e Frontex), le ricollocazioni, l'attuazione del regolamento relativo alla Guardia costiera e di frontiera europea e il quadro di partenariato, soffermandosi in particolare sui risultati conseguiti in materia di rimpatri e riammissioni. I ministri si sono dichiarati inoltre favorevoli alle iniziative adottate dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) per consentire l'assunzione di esperti direttamente dall'Agenzia allo scopo di alleviare le carenze critiche di personale.

Il Consiglio europeo del 15 dicembre 2016, nella sue conclusioni, ha infine rilevato come l'applicazione efficace dei principi di responsabilità e solidarietà resti un obiettivo condiviso e ha invitato il Consiglio a portare avanti il processo di riflessione finalizzato alla revisione del sistema comune di asilo, con l'obiettivo di giungere a un consenso nel corso del semestre di Presidenza maltese.

Per quanto riguarda la posizione del Governo italiano in merito alla riforma del sistema europeo di asilo, nella "Relazione programmatica 2017" dichiara di aver sempre sostenuto la necessità di una sua complessiva riforma "che fosse in grado di superare i limiti presenti nella vigente normativa, soprattutto per quanto riguarda l’onere sostenuto dai Paesi di primo ingresso".

Con particolare riferimento alle singole proposte, vi si afferma che:

-       il Governo non si ritiene soddisfatto delle soluzioni ipotizzate per la riforma del regolamento Dublino, che è considerata la proposta centrale da cui avviare la complessiva revisione del sistema d'asilo. Sottolinea in proposito che, sebbene la proposta della Commissione preveda "un articolato meccanismo di assegnazione per gestire situazioni di eccessiva pressione sui sistemi nazionali di asilo", questa "mantiene sostanzialmente intatto il principio in forza del quale la gestione dei richiedenti asilo è in carico al Paese di primo ingresso". Il Governo si impegna pertanto a operare in sede negoziale affinché venga garantita un’effettiva condivisione degli oneri da parte di tutti gli Stati membri, in linea con la Risoluzione adottata dalla 1a Commissione del Senato della Repubblica nella seduta del 5 ottobre 2016;

-       il Governo è favorevole a un rafforzamento dell'Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO). Sottolinea, tuttavia, che obiettivo dell'Agenzia dovrà comunque essere quello di dare sempre maggiore sostegno agli Stati membri sottoposti a pressione migratoria e che il meccanismo di monitoraggio e valutazione sui sistemi nazionali d’asilo dovrà svilupparsi in un’ottica di collaborazione e partecipazione degli Stati membri interessati;

-       il Governo si dichiara "pronto ed aperto" al negoziato sul progetto di riforma del regolamento "Eurodac" per il confronto delle impronte digitali nonché sul pacchetto di proposte, presentate il 13 luglio 2016, relative alla revisione della "direttiva accoglienza”, della "direttiva procedure” e della "direttiva qualifiche" (queste ultime due verrebbero trasfuse in due nuovi regolamenti).

 


 

Una più equa distribuzione dei richiedenti asilo nell'Unione europea

Ricollocazione e reinsediamento

L’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede una procedura legislativa speciale nel caso in cui uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi. In tal caso il Consiglio, su proposta della Commissione europea, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati, deliberando a maggioranza qualificata, previa consultazione del Parlamento europeo.

Per attivare il sistema di emergenza previsto sono state finora adottate le seguenti decisioni:

-       la decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che ha istituito un meccanismo di ricollocazione temporanea ed eccezionale, su un periodo di due anni, di 40.000 richiedenti con evidente bisogno di protezione internazionale, di cui 24.000 dall'Italia e 16.000 dalla Grecia;

-       la decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che ha istituito misure temporanee, per un periodo di due anni, nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, e non anche dell'Ungheria come nella proposta originaria, prevedendo che 120.000 richiedenti vengano ricollocati negli altri Stati membri, di cui 15.600 richiedenti dall'Italia, 50.400 richiedenti dalla Grecia e, a decorrere dal 26 settembre 2016, 54.000 richiedenti proporzionalmente dall'Italia e dalla Grecia;

-       la decisione (UE) 2016/1754 del Consiglio, del 29 settembre 2016, che ha modificato la decisione (UE) 2015/1601 per quanto riguarda la ricollocazione dei 54.000 richiedenti di cui sopra, consentendo agli Stati membri di adempiere ai loro obblighi ammettendo nel proprio territorio cittadini siriani presenti in Turchia, a titolo di programmi nazionali o multilaterali di ammissione legale di persone in evidente bisogno di protezione internazionale diversi dal programma di reinsediamento oggetto delle conclusioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 20 luglio 2015.

L’attuazione dei programmi di relocation e di resettlement

L’8 febbraio 2017 la Commissione europea ha pubblicato la Nona relazione sui programmi di ricollocazione e di reinsediamento d'emergenza dell'UE.

Secondo la relazione, al 7 febbraio 2017, sono state ricollocate da Italia e Grecia negli altri Stati membri 11.966 richiedenti asilo.

In particolare, sono 3.200 le persone ricollocate dall’Italia a fronte di un impegno assunto dagli altri Stati membri per circa 35 mila richiedenti in due anni. Dalla Grecia sono state ricollocate 8.766 persone su 63.300 posti stabiliti in sede di Consiglio.

La Commissione europea ritiene, tuttavia, che negli ultimi mesi gli Stati membri hanno accelerato le ricollocazioni, sottolineando che il mese di dicembre 2016 ha segnato un record per le ricollocazioni sia dall'Italia che dalla Grecia, con 1.926 ricollocazioni (di cui 764 dall'Italia e 1.162 dalla Grecia), trend parzialmente confermato da gennaio 2017, mese in cui le persone ricollocate sono state 1.682 (di cui 551 dall'Italia e 1.131 dalla Grecia).

 

Di seguito un grafico recante l’andamento delle ricollocazioni (in blu quelle dall’Italia, in rosso quelle dalla Grecia) a partire dall’entrata in vigore delle decisioni del Consiglio che hanno sancito gli obblighi degli Stati membri: Fonte Commissione europea.

 

Inoltre, secondo la relazione, dal luglio 2015 sono andati a buon fine 13.968 reinsediamenti rispetto ai 22.505 concordati dagli Stati membri nell'ambito del programma di reinsediamento UE. In particolare, sono 21 gli Stai membri che hanno dato attuazione al programma (Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Spagna, Svezia e Svizzera).

La Finlandia, i Paesi Bassi, il Regno Unito e la Svezia, nonché i paesi associati Islanda, Liechtenstein e Svizzera hanno già rispettato tutti gli impegni presi.

Infine, nell'ambito dell'attuazione della Dichiarazione UE-Turchia (del marzo 2016), dal 4 aprile 2016 negli Stati membri sono stati reinsediati dalla Turchia 3.098 cittadini siriani.

 

La proposta di un meccanismo permanente di ricollocazione

Il 9 settembre 2015 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di ricollocazione in caso di crisi e modifica il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide (COM(2015)450)[13].

Obiettivo della proposta è quello di modificare il regolamento (UE) n. 604/2013 (cd. Regolamento Dublino III) attraverso l'istituzione di un meccanismo di ricollocazione di crisi quale quadro permanente in grado di gestire in modo strutturale ed efficace le situazioni critiche nel settore dell'asilo. A tal fine, conferisce alla Commissione europea il potere di adottare atti delegati, a norma dell'articolo 290 del TFUE, finalizzati all'attivazione del meccanismo di ricollocazione di crisi nonché alla sospensione dello stesso nei confronti di uno specifico Stato membro.

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato che si è pronunciata in senso favorevole con la Risoluzione Doc. XVIII n. 100. Sulla proposta, la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati ha approvato un documento conclusivo, con il quale ha espresso una valutazione sostanzialmente positiva.

Figura fra le proposte prioritarie in sospeso nel Programma di lavoro della Commissione per il 2017 (COM(2016)710).


 

Concetti di Paese sicuro

Il concetto di "Paese terzo sicuro"

La direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale ("direttiva procedure") stabilisce che gli Stati membri hanno la possibilità di non esaminare nel merito una domanda di asilo quando, a motivo di un legame sufficiente con un Paese terzo sicuro, il richiedente può invece cercare protezione in tale Stato. In presenza delle condizioni necessarie, la disposizione consente quindi agli Stati membri di chiudere la procedura di asilo e di rimpatriare il richiedente asilo verso il Paese terzo in questione.

Il concetto di "Paese terzo sicuro" è definito all'art. 38 della direttiva stessa. In base a tale articolo, gli Stati membri possono applicare il concetto di Paese terzo sicuro solo se le autorità competenti hanno accertato che nel Paese in questione una persona richiedente protezione internazionale riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri:

  1. non sussistono minacce alla vita e libertà del richiedente per le ragioni di cui alla Convenzione di Ginevra (ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale);
  2. non sussiste il rischio di danno grave di cui alla direttiva 2011/95/UE ("direttiva qualifiche);
  3. è rispettato il principio di non respingimento;
  4. è osservato il divieto di allontanamento, sancito dal diritto internazionale, in violazione del diritto a non subire torture o trattamenti crudeli, disumani o degradanti;
  5. esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, di ottenere protezione in conformità della Convenzione di Ginevra.

D'altra parte, per determinati Paesi europei di origine o provenienza, che rispettano norme particolarmente elevate in materia di diritti dell'uomo e di protezione dei rifugiati, la direttiva consente agli Stati membri di non procedere all'esame o all'esame completo delle domande di protezione internazionale dei richiedenti che entrano nel loro territorio in provenienza da tali paesi europei. I suddetti Paesi rientrano nel concetto di "Paese terzo europeo sicuro", di cui all'art. 39 della direttiva, e possono essere considerati tali se:

  1. hanno ratificato la Convenzione di Ginevra "senza limitazioni geografiche";
  2. dispongono di una procedura di asilo prescritta per legge;
  3. hanno ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Il concetto di "Paese di origine sicuro"

Il concetto di "Paese terzo sicuro" va distinto dal concetto di "Paese di origine sicuro". A norma dell'art. 36 della direttiva procedure, un Paese terzo può essere considerato Paese di origine sicuro per un determinato richiedente, previo esame individuale della domanda, solo se questi ha la cittadinanza di quel Paese o è un apolide che in precedenza soggiornava in quel Paese.

Inoltre, in base all'art. 37 della direttiva gli Stati membri possono mantenere in vigore o introdurre una normativa che consenta di designare a livello nazionale Paesi di origine sicuri ai fini dell’esame delle domande di protezione internazionale. La valutazione volta ad accertare che un Paese è un Paese di origine sicuro deve basarsi su una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.

L'allegato I della direttiva specifica che un Paese è considerato Paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni, quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE[14], né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Per effettuare tale valutazione si tiene conto, fra l’altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:

-       le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese e il modo in cui sono applicate

-       il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, della Convenzione europea;

-       il rispetto del principio di "non-refoulement" conformemente alla convenzione di Ginevra;

-       un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.

Il 9 settembre 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un elenco comune dell'UE di Paesi di origine sicuri ai fini della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, e che modifica la direttiva 2013/32/UE (COM(2015)452)[15].

La proposta intende consentire un esame più rapido delle domande di asilo di candidati provenienti da Paesi che l'Unione considera sicuri e accelerarne il rimpatrio qualora la valutazione individuale della domanda confermi che non sussistono le condizioni per la concessione dell'asilo. Nella lista dei Paesi di origine sicuri proposti dalla Commissione figurano Albania, Bosnia Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Kosovo, Montenegro, Serbia e Turchia.

La proposta figura fra le proposte da adottare in via prioritaria nel Programma di lavoro della Commissione per il 2017.

La proposta di regolamento è stata oggetto di esame della 1a Commissione Affari costituzionali del Senato che si è pronunciata in senso favorevole con la Risoluzione Doc. XVIII n. 101. Sulla proposta, il 14 ottobre 2015, la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati ha approvato un documento conclusivo.

 

La citata proposta di regolamento che istituisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione (COM(2016)467) prevede l'armonizzazione delle conseguenze procedurali dell'applicazione dei concetti di "Paese sicuro", eliminando la possibilità di scegliere se ricorrervi o meno.

L'obiettivo è quello di armonizzare gradualmente le norme relative al Paese di origine sicuro e al Paese terzo sicuro, fino a sostituire gli elenchi nazionali dei Paesi sicuri con designazioni a livello di Unione entro cinque anni dall'entrata in vigore del regolamento.

La proposta precisa i concetti di Paese di primo asilo (art. 44) e di Paese terzo sicuro (art. 45):

1)   un Paese terzo è considerato "primo Paese di asilo" quando il richiedente vi ha goduto di protezione in virtù della convenzione di Ginevra, o vi ha goduto altrimenti di protezione sufficiente, prima di entrare nell'Unione e può ancora avvalersi di tale protezione;

2)   un Paese terzo è designato "Paese terzo sicuro" se:

ü  non sussistono minacce alla vita e alla libertà del richiedente per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale;

ü  non sussiste il rischio di danno grave (quale definito nella proposta di regolamento qualifiche);

ü  è rispettato il principio di non-refoulement conformemente alla convenzione di Ginevra;

ü  è osservato il divieto di allontanamento in violazione del diritto a non subire torture né trattamenti crudeli, inumani o degradanti sancito dal diritto internazionale;

ü  esiste la possibilità di godere, secondo il caso, di protezione in virtù delle norme sostanziali della convenzione di Ginevra o di protezione sufficiente ai sensi della presente proposta.

3)   La proposta stabilisce inoltre che un Paese terzo può essere designato "Paese di origine sicuro" se, sulla base della situazione giuridica, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente persecuzioni[16], né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né minaccia derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La valutazione volta a stabilire la designazione di Paese di origine sicuro dovrà tenere conto, fra l'altro, della misura in cui è offerta protezione contro le persecuzioni e i maltrattamenti mediante:

-       le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese e il modo in cui sono applicate;

-       il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici o nella convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura;

-       l'assenza di espulsione, allontanamento o estradizione dei propri cittadini verso Paesi terzi in cui, tra l'altro, sarebbero esposti al grave rischio di essere sottoposti alla pena di morte, alla tortura, alla persecuzione o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti, ovvero in cui la loro vita o libertà sarebbero minacciate a motivo della razza, della religione, della nazionalità, dell'orientamento sessuale, dell'appartenenza a un particolare gruppo sociale o delle opinioni politiche o ancora in cui sarebbero esposti al grave rischio di espulsione, allontanamento o estradizione verso un altro Paese terzo;

-       un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.

La Commissione fornisce infine un "elenco comune dell'UE di Paesi di origine sicuri", che comprende Albania, Bosnia-Erzegovina, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Kosovo, Montenegro, Serbia e Turchia.


 

Iniziative UE in materia di migranti minori

Le dimensioni del fenomeno

Secondo l’UNHCR, nel 2017 su circa 13 mila migranti che hanno attraversato il Mediterraneo verso le coste meridionali dell’UE circa il 25 per cento sarebbe costituito da minori (oltre tremila). Il dato scorporato tra i due principali Stati membri di accoglienza non è omogeneo, atteso che in Spagna la componente dei minori sale a circa il 36 per cento dei migranti mentre in Italia si attesta al 15,6 per cento.

Ciò conferma quanto già registrato per quanto riguarda il 2016, anno in cui - secondo l’UNHCR - sono sbarcati in Grecia circa 65 mila minori (il 37 per cento di tutti i migranti), mentre in Italia i minori registrati sulle coste meridionali sarebbero stati circa 30 mila (il 16 per cento di tutti i migranti).

La diversa composizione demografica dei flussi migratori verso i due Stati membri deriva presumibilmente dalla specificità dei Paesi di origine, considerato che la migrazione verso la Grecia riguarda in maniera preponderante intere famiglie di cittadini sfollati dalla Siria, dall’Afghanistan e dall’Iraq, mentre i flussi verso l’Italia riguardano per lo più migranti economici provenienti dalla fascia africana subsahariana.

Da molti anni l’Unione europea e le principali organizzazioni internazionali che affrontano il fenomeno dei flussi migratori seguono con particolare interesse uno degli aspetti più problematici della migrazione minorile, ovvero la componente dei minori non accompagnati o separati (UASC-MSNA).

Per minori non accompagnati si intendono quei minori, separati da entrambi i genitori e da altri parenti, privi delle cure di un adulto che – per legge o per consuetudine –, abbia tale responsabilità. Minori separati sono coloro che sono separati da entrambi i genitori o da coloro che in precedenza si prendevano cura di loro, – per legge o consuetudine, ma non necessariamente da altri parenti.

 

Secondo l’UNICEF nel 2016, circa 25.800 minorenni non accompagnati o separati (UASC MSNA) hanno raggiunto l’Italia via mare – più del doppio rispetto ai 12.360 del 2015; l’UNICEF considera la rotta del Mediterraneo Centrale dal Nord Africa all'Italia unica per la proporzione incredibilmente alta di minorenni non accompagnati o separati tra i rifugiati e i migranti (quasi il 90 per cento di tutti i minori), mentre solo il 17 per cento dei bambini rifugiati e migranti arrivati in Grecia via mare nel 2016 risultavano non accompagnati da un familiare adulto o da qualcuno che se ne prendeva cura.

I cinque principali paesi di origine dei minori non accompagnati sbarcati in Italia sono: l’Eritrea (15%), il Gambia (13%), la Nigeria (12%), l’Egitto (10%) e la Guinea (10%).

 

Secondo l’EASO – l’Ufficio europeo per il sostegno all’asilo, in media nel 2016 circa il 2,7 per cento di tutte le domande di asilo registrate nell’Unione europea (che ammontano a 1.236.000) sono state presentate da persone che si sono dichiarate minori non accompagnati; tali richieste hanno raggiunto il picco del 4 per cento nei mesi di gennaio, novembre e dicembre.

Secondo il Ministero dell’interno, in Italia oltre 11.550 domande di asilo sono state presentate da minori.

I minori nel sistema comune europeo di asilo

L’attuale disciplina

Il Sistema europeo comune di asilo, comprensivo della direttiva relativa alle procedure di asilo, della direttiva sulle condizioni di accoglienza, della direttiva relativa alla qualifica di rifugiato, e del regolamento Dublino (criteri di ripartizione tra gli Stati membri della competenza per le domande di asilo), include una serie di disposizioni specifiche recanti tutele ad hoc a favore dei minori richiedenti protezione, soprattutto nel caso in cui siano non accompagnati o separati.

Al riguardo si ricordano tra l’altro:

·       l’obbligo per gli Stati membri di nominare nell’ambito di una procedura di asilo un rappresentante qualificato per il minore non accompagnato;

·       l’obbligo di effettuare una valutazione individuale del minore al fine di definire le specifiche esigenze di accoglienza;

·       la previsione che riduce il trattenimento per le persone vulnerabili e in particolare per i minori;

·       la garanzia, nell’ambito della direttiva qualifiche, che si tenga maggiormente conto dell’interesse superiore del minore (e degli aspetti legati al genere) nella valutazione delle domande di asilo;

·       nell’ambito del regolamento Dublino, garanzie specifiche per i minori tra cui una descrizione dettagliata dei fattori su cui dovrebbe basarsi la valutazione dell’interesse superiore del minore (ai fini dell’individuazione dello Stato competente) e norme specifiche circa la possibilità di ricongiungimento familiare.

Le modifiche proposte dalla Commissione europea

Negli ultimi anni la Commissione europea ha presentato una serie di proposte legislative volte a potenziare le norme a tutela dei minori richiedenti protezione internazionale. Gli interventi più significativi hanno riguardato il regolamento Dublino.

In particolare, nel giugno del 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta (COM(2014) 382) di riforma del regolamento n. 604/2013 (regolamento Dublino) per quanto riguarda la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata da un minore non accompagnato che non ha familiari, fratelli o parenti presenti legalmente in uno Stato membro

La proposta mira ad adeguare l’ordinamento europeo ai principi espressi nella sentenza della Corte di Giustizia dell'UE nella Causa C-648/11 (MA e a. contro Secretary of State for the Home Department del Regno Unito), ed, in estrema sintesi, prevede che:

·        quando il minore ha presentato più domande di protezione internazionale, tra cui una nello Stato membro in cui si trova attualmente, tale Stato membro è competente per l'esame della domanda, a condizione che ciò corrisponda all'interesse superiore del minore;

·        quando il minore che chiede protezione internazionale si trova in uno Stato membro in cui non ha presentato domanda, tale Stato membro deve offrirgli l'effettiva possibilità di presentarla nel suo territorio; in tal caso:

Ø  se decide di presentare domanda in quello Stato membro, il minore resterà in tale Stato membro, che sarà competente per l'esame della domanda (a condizione che ciò corrisponda all'interesse superiore del minore);

Ø  se il minore decide di non presentare domanda nello Stato membro in cui si trova, sarà competente lo Stato membro in cui il minore ha presentato l'ultima domanda (a meno che ciò sia in contrasto con l'interesse superiore del minore).

Affinché lo Stato membro competente sia definito congiuntamente e siano evitati conflitti di interesse, gli Stati membri interessati devono cooperare nella valutazione dell'interesse superiore del minore.

Infine, per facilitare la cooperazione tra gli Stati membri e prevenire gli abusi, la proposta prevede che gli Stati membri si informino reciprocamente in merito alle nuove competenze assunte.

 

Da ultimo, nel maggio 2016 la Commissione europea ha presentato una riforma complessiva del regolamento Dublino (vedi supra) proponendo, tra l’altro, un’ulteriore versione del regime concernente i minori richiedenti non accompagnati ispirata al principio dell’interesse superiore del minore.

In particolare, per i minori non accompagnati la proposta prevede la competenza dello Stato membro in cui il minore ha presentato per la prima volta una domanda di protezione internazionale, salvo se si dimostri che ciò non corrisponde all’interesse superiore del minore. Questa regola mira a una rapida determinazione dello Stato membro competente e quindi un rapido accesso alla procedura per questo gruppo vulnerabile di richiedenti, anche grazie al proposto abbreviamento dei termini.

La disciplina sulle garanzie per i minori non accompagnati è inoltre adeguata per rendere più operativa la valutazione del loro interesse superiore: prima di trasferire un minore non accompagnato in un altro Stato membro, lo Stato membro che lo trasferisce si accerta che lo Stato membro che lo accoglie prenda immediatamente le misure necessarie previste dalla direttiva procedure e dalla direttiva accoglienza. È inoltre previsto che qualsiasi decisione di trasferimento di un minore non accompagnato debba essere preceduta da una valutazione del suo interesse superiore, che dev’essere eseguita rapidamente da personale qualificato.

La riforma prevede infine l’ampliamento della definizione di familiari.

In particolare il concetto di familiare si estende: 1) includendo fratelli e sorelle del richiedente; 2) includendo i vincoli di parentela che si sono formati dopo la partenza dal paese di origine ma prima dell’arrivo nel territorio dello Stato membro.

 

Anche il “pacchetto asilo” (vedi supra) presentato dalla Commissione europea nel luglio 2016 include una serie di disposizioni volte a rafforzare i diritti dei minori non accompagnati.

In estrema sintesi, la proposta di direttiva accoglienza, oltre alla citata disposizione che introduce un termine più breve - cinque giorni lavorativi dal momento in cui è chiesta la protezione – entro il quale gli Stati membri devono designare un tutore incaricato di assistere e rappresentare un minore non accompagnato, prevede – tra l’altro - che il numero di minori non accompagnati di cui i tutori possono essere responsabili non debba essere tale da impedire loro di assolvere ai propri compiti.

Gli Stati membri devono infine controllare che i tutori svolgano adeguatamente i loro compiti ed esaminare le denunce presentate da minori non accompagnati nei confronti del loro tutore.

I diritti dei minori non accompagnati richiedenti asilo sono altresì rafforzati nella proposta di regolamento volta a sostituire la direttiva qualifiche. In particolare, disposizioni specifiche sono previste, tra l’altro, per quanto riguarda la tutela legale del minore cui sia stata concessa protezione, l’alloggio dei minori e la formazione del personale delle strutture da cui sono ricevuti. La proposta regola altresì il tema relativo alla ricerca della famiglie di appartenenza.

La posizione dei minori è infine oggetto di molteplici disposizioni della proposta di regolamento che mira a sostituire l’attuale direttiva procedure.

Secondo la proposta occorre assicurare ai minori non accompagnati richiedenti asilo una procedura equa che implichi la necessità d'individuarne i bisogni in uno stadio il più possibile precoce della procedura e offrire loro sostegno e orientamento adeguati in tutte le fasi. In tal senso, secondo la nuova disciplina la procedura d'esame accelerata e la procedura di frontiera (introdotte come forme accelerate di iter per i casi di domande fraudolente, inammissibili o manifestamente infondate) non dovrebbero essere applicate nei casi in cui non consentono di offrire tale sostegno adeguato.

Riguardo ai minori in generale, l'interesse superiore del minore è il principio preminente che deve guidare l'applicazione della procedura comune. A prescindere dall'età e dal fatto che sia o no accompagnato, ciascun minore ha diritto a un colloquio personale, a meno che non sia manifestamente contrario al suo interesse superiore.

La proposta prevede infine norme speculari a quelle contenute nella riforma della direttiva accoglienza per quanto riguarda la nomina e la funzione del tutore dei minori non accompagnati (in particolare il divieto di affidare a uno stesso tutore un numero sproporzionato di minori).

Altre iniziative UE in materia di migranti minori

Nel febbraio 2016 la Commissione europea ha pubblicato una relazione sullo stato di attuazione dell’Agenda europea sulla migrazione, comprensiva di un resoconto delle più significative iniziative UE in materia di migranti minori.

Si tratta di una serie di azioni che mirano, tra l’altro, al completamento dell’attuazione del Piano di azione sui minori non accompagnati (2010-2014) adottato nel maggio del 2010.

Le azioni descritte riguardano i seguenti settori di intervento: protezione dei minori sulle rotte migratorie; tutela dei minori non accompagnati; istruzione dei minori migranti all’interno e all’esterno dell’UE.

Per quanto riguarda il primo ambito la Commissione rende noto che sono stati stanziati oltre 200 milioni di euro ai fini della protezione dei minori migranti, compresa una sovvenzione diretta di 3,5 milioni prevista nella primavera del 2016 a sostegno di UNHCR, UNICEF, OIM e Save the children per sostenere azioni condivise nell’UE incentrate sulla tutela dei bambini.

La Commissione ricorda inoltre le iniziative in materia di tratta dei minori, fenomeno individuato come una delle priorità nell’ambito Ciclo programmatico dell’UE per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale. Viene segnalato nell’ambito del Fondo asilo, migrazione e integrazione, un finanziamento di tre milioni di euro per progetti in materia di tratta di minori, come ad esempio la realizzazione di metodi per la rapida identificazione e protezione dei minori vittime di tratta e dei minori non accompagnati che rischiano di diventarlo.

Tra le azioni in corso infine, il lavoro dell’Ufficio europeo per il sostegno all’asilo (EASO) volto a sviluppare gli orientamenti esistenti in materia di migliori prassi sulla valutazione dell’interesse del minore, anche per quanto riguarda i mezzi di determinazione dell’età, il rintracciamento della famiglia, l’individuazione delle persone con necessità particolari e la tratta dei minori.

Da ultimo si ricorda il finanziamento di due milioni di euro nell’ambito del Programma Salute del bilancio UE al fine di realizzare un sistema di check up sanitario per bambini, compreso lo status di vaccinazione.

Con riferimento specifico alla tutela dei minori non accompagnati, la relazione segnala il Manuale, pubblicato dalla Commissione e dall’Agenzia per i diritti fondamentali (FRA), sulla tutela dei minori privati delle cure genitoriali, ad uso delle autorità degli Stati membri al fine di una migliore gestione e tutela di tale categoria vulnerabile, nonché i finanziamenti tramite la Rete giudiziaria europea volti a facilitare la formazione di giudici e delle autorità centrali sul riconoscimento transfrontaliero delle decisioni giudiziarie che prevedono misure di protezione, compresa la tutela, di minori non accompagnati e separati dai genitori.

La Commissione ribadisce infine l’importanza prioritaria del diritto all’istruzione dei minori migranti nella cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (come confermato dai progetti per i rifugiati nell’ambito di Erasmus +).

A tal proposito nella relazione si sottolinea il toolkit europeo on line volto ad offrire agli operatori scolastici e ai responsabili politici informazioni per un’educazione inclusiva, compresa l’integrazione dei migranti.

La Commissione ricorda infine che al di fuori dell'Unione europea sono stati stanziati 120 milioni di euro di finanziamenti UE per il 2015-2016 per i programmi regionali di istruzione e di protezione destinati ai bambini e agli adolescenti dei gruppi vulnerabili di rifugiati siriani e a quelli delle comunità d'accoglienza, attraverso partner come l'UNICEF in Turchia, Libano, Giordania e Iraq.

In particolare, si segnala il sostegno previsto nell’ambito dello Strumento per i rifugiati in Turchia (che riguarda complessivamente circa 2,2 miliardi di euro provenienti in parte dal bilancio dell’UE e in parte da quelli degli Stati membri) ai progetti di scolarizzazione dei giovani rifugiati siriani in Turchia.

 

 

 



[1] L'Agenda europea sulla migrazione è stata presentata dalla Commissione europea il 13 maggio 2015 con l'intento sia di fornire una risposta immediata alla situazione di crisi nel Mediterraneo, che di indicare le iniziative a medio e lungo termine per giungere a soluzioni strutturali che consentano di gestire meglio la migrazione in tutti i suoi aspetti. Per approfondimenti vedi il Dossier europeo n. 47 "La politica migratoria europea (aggiornamento al 18 gennaio 2017)", a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica. Sull’Agenda, il 17 febbraio 2016, la I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei deputati ha approvato un documento conclusivo. La 1a Commissione Affari costituzionali del Senato ha adottato la Risoluzione Doc. XVIII, n. 106.

[2] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 65, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[3] Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide.

[4] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 63, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[5] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 67, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[6] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 76, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[7] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 75, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[8] Tale valutazione è facoltativa a legislazione vigente.

[9] In particolare gli artt. 8 e 10 della proposta.

[10] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 92, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

 

[11] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 72, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[12] In attesa della nuova normativa, l’Italia si è comunque impegnata a reinsediare 1.989 persone entro dicembre 2017 e, tenuto conto dell’accordo tra Unione europea e Turchia del 18 marzo 2016, ha manifestato la propria disponibilità a utilizzare la quota residua del programma per il reinsediamento dei rifugiati siriani provenienti dalla Turchia.

[13] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 26, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[14] direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.

[15] Per approfondimenti in merito alla proposta vedi la Nota su Atti dell'Unione europea n. 27, a cura del Servizio Studi del Senato della Repubblica.

[16] Quali definite all'art. 9 della proposta di regolamento qualifiche.