Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Titolo: Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia - A.C. 245 e abb. - Testo unificato - Elementi di valutazione per la compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea
Riferimenti:
AC N. 245/XVII     
Serie: Note per la compatibilità comunitaria    Numero: 10
Data: 23/07/2013
Descrittori:
EGUAGLIANZA   SESSO DELLE PERSONE E SESSUALITA'
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea


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Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia

23 luglio 2013
Elementi di valutazione per la compatibilità con l'ordinamento dell'Unione europea



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L'articolo unico del testo unificato della proposte di legge C. 245 (Scalfarotto), C. 280 (Fiano) e C. 1071 (Brunetta) intende contrastare le discriminazioni fondate su omofobia e transfobia novellando la c.d. legge Reale (legge 654/1975) e la c.d. legge Mancino (DL 122/1993), che attualmente costituiscono l'ossatura della legislazione italiana di contrasto alle discriminazioni.

 

In particolare, la legge 654/1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966, all'articolo 3 sanziona le condotte di apologia, istigazione e associazione finalizzate alla discriminazione.
Analiticamente, l'articolo 3 punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato:
  • chiunque propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. a): reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro. La giurisprudenza ha chiarito che la fattispecie configura un reato di pura condotta e di pericolo astratto che si perfeziona indipendentemente dalla circostanza che l'istigazione sia raccolta dai destinatari; si tratta inoltre di ipotesi di reato a dolo generico (Cass., Sez. I, sent. n. 724 del 21-01-1998; Sez. III, sent. n. 37581 del 07-05-2008);
  • chiunque, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. b): reclusione da 6 mesi a 4 anni. La fattispecie che sanziona la violenza commessa per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi configura invece un delitto a dolo specifico, ove l'agente operi con coscienza e volontà di offendere la dignità e l'incolumità della vittima in considerazione di fattori etnici, religiosi o razziali (Cass., Sez. III, sent. n. 7421 del 26-02-2002);
  • chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 6 mesi a 4 anni);
  • chiunque promuove o dirige organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 1 a 6 anni).
 
  Il decreto-legge 122/1993 (convertito dalla legge 205/1993) ha provveduto ad inasprire le pene per i delitti previsti dalla legge del 1975 e ha introdotto (articolo 1) pene accessorie in caso di condanna (dall'obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività all'obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; dalla sospensione della patente di guida o del passaporto al divieto di detenzione di armi, al divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale).
Inoltre, facendo costante rinvio alle fattispecie di cui all'articolo 3 della legge 654/1975, l'articolo 2 del decreto-legge ha previsto sanzioni penali per:
  • chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli di tipo razzista, o basati sull'odio etnico, nazionale o religioso propri o usuali delle organizzazioni di cui all'art. 3 della legge n. 654/1975 (art. 2, comma 1: reclusione fino a 3 anni e multa da 103 a 258 euro);
  • chiunque acceda ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con gli emblemi o i simboli sopra citati (art. 2, comma 2: arresto da 3 mesi ad un anno).
Infine, il decreto-legge ha introdotto (articolo 3) la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico: per qualsiasi reato - ad eccezione di quelli per i quali è previsto l'ergastolo - commesso per le finalità di discriminazione di cui alla legge n. 654/75, la pena viene aumentata fino alla metà. In caso di concorso di circostanze, il comma 2 stabilisce che il giudice non può ritenere le attenuanti equivalenti o prevalenti rispetto all'aggravante della finalità di discriminazione e che le eventuali diminuzioni di pena devono essere calcolate sulla pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante. Tale principio non opera rispetto all'attenuante della minore età (di cui all'art. 98 del codice penale).

 

Il  testo unificato elaborato dalla Commissione Giustizia, all'articolo 1, comma 1, novella l'articolo 3 della c.d. legge Reale, inserendo tra le condotte di istigazione, violenza e associazione finalizzata alla discriminazione anche quelle fondate sull'omofobia o sulla transfobia.

Conseguentemente, si punisce:

  • con la reclusione fino a un anno e 6 mesi o la multa fino a 6.000 euro chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi» fondati sull'omofobia o transfobia. L'inserimento delle parole «o fondati sull'omofobia o transfobia» al termine della lettera a) interessa pertanto l'ipotesi dell'istigazione o commissione di atti di discriminazione, mentre non interessa la fattispecie di "propaganda" di idee fondate sulla omofobia o transfobia, contenuta nella prima parte della disposizione;
  • con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chi in qualsiasi modo «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi» fondati sull'omofobia o transfobia;
  • con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque partecipa - o presta assistenza all'attività - di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull'omofobia o transfobia. Tali formazioni sono espressamente vietate dalla legge. La pena per coloro che le promuovono o dirigono è la reclusione da 1 a 6 anni.

 

I commi 2 e 3 dell'articolo 1 novellano la c.d. legge Mancino (decreto-legge n. 122 del 1993), aggiungendo la discriminazione fondata sull'omofobia o transfobia nel titolo del provvedimento e nella rubrica del primo articolo.

In particolare, la "legge Mancino", all'art. 1, comma 1, ha sostituito proprio l'art. 3 della "legge Reale". L'intervento sulla rubrica dell'articolo 1 della "legge Mancino" chiarisce adesso che sono applicate anche ai condannati per una delle fattispecie precedenti - ovvero a seguito di condotta fondata sull'omofobia o transfobia - le pene accessorie previste dalla stessa legge Mancino. Si tratta dell'obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività, dell'obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; della sospensione della patente di guida o del passaporto, nonché del divieto di detenzione di armi e del divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale.

 

Quadro normativo vigente
Contenuto del testo unificato


Il contrasto all'omofobia nell'Unione europea

Provvedimenti mirati alla specifica tutela di omosessuali e transessuali si rintracciano nell'ambito degli interventi attuati a livello europeo per prevenire ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale.

 

In base all'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea (TUE), l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, dell'uguaglianza e della tutela dei diritti umani.

 

L'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (dotata, in base all'articolo 6 TUE, dello stesso valore giuridico dei Trattati) sancisce il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulle tendenze sessuali.

 

Inoltre, il Trattato afferma, all'articolo 10, che «nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale».

 

Il divieto di discriminazioni per motivi legati all'orientamento sessuale trova un ulteriore riferimento normativo nell'articolo 19. La disposizione prevede che «il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale». Peraltro, in deroga alla disposizione precedente, il paragrafo 2 dell'art. 19 aggiunge che «il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono adottare i principi di base delle misure di incentivazione dell'Unione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1».

 

La lotta contro l'omofobia costituisce peraltro una delle priorità del Programma 2010-2014 per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (Programma di Stoccolma), adottato dal Consiglio europeo nel dicembre 2009. Il Programma sottolinea in particolare che «poiché la diversità è una fonte di ricchezza per l'Unione, l'Unione e gli Stati membri devono garantire un ambiente sicuro in cui le differenze siano rispettate e i più vulnerabili siano tutelati. Occorre continuare a lottare con determinazione contro le discriminazioni, il razzismo, l'antisemitismo, la xenofobia e l'omofobia».

 

In questo quadro si collocano le più recenti iniziative adottate dalle istituzioni UE, con riferimento sia alla situazione all'interno degli Stati membri che all'azione esterna dell'Unione europea. In particolare, per quanto riguarda gli ultimi interventi legislativi dell'Unione, disposizioni volte a tutelare le persone in condizione di vulnerabilità in ragione del loro orientamento sessuale sono contenute nella direttiva 2011/95/UE recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, sotto il profilo del riconoscimento della sussistenza di rischio di persecuzione, nonché nella proposta di direttiva, tuttora in corso di esame da parte delle istituzioni UE, relativa a procedure per la concessione e la revoca dello status conferito dalla protezione internazionale (COM(2011)319). Prosegue inoltre presso le istituzioni UE – con un iter particolarmente lungo dovuto alla contrarietà manifestata da diversi Stati membri sia sotto il profilo del merito, sia sotto quello della non conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità -  l'esame della proposta di direttiva orizzontale anti-discriminazioni, relativa alla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale, anche al di fuori della sfera lavorativa, presentata dalla Commissione europea il 2 luglio 2008 (COM(2008)426).

La proposta intende completare la normativa europea vigente, la direttiva 2000/43/CE, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica e dalla direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Essa è pertanto volta a istituire un quadro normativo generale per il divieto della discriminazione e a stabilire un livello minimo uniforme di tutela all'interno dell'Unione europea per le persone vittime di discriminazione. Al fine di rimuovere impedimenti o ostacoli, essa interviene in alcuni aspetti quali la protezione e la sicurezza sociale, l'assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l'istruzione e l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura. La proposta non prevede sanzioni di carattere penale.

Il tema della lotta all'omofobia è stato più volte affrontato dal Parlamento europeo che annualmente ha approvato risoluzioni volte a coinvolgere nella lotta all'omofobia le attività degli Stati membri e della Commissione europea. Si ricordano, ad esempio, la risoluzione sull'omofobia in Europa del 6 aprile 2007 con la quale il Parlamento ha chiesto alla Commissione di garantire che la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale in tutti i settori sia vietata completando il pacchetto legislativo contro la discriminazione basato sull'articolo 13 del trattato CE, «senza il quale lesbiche, gay, bisessuali e altre persone che si trovano a far fronte a discriminazioni multiple continuano ad essere a rischio di discriminazione».

 

Da ultimo, la risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 , sulla lotta all'omofobia in Europa, «condanna con forza tutte le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere e deplora vivamente che tuttora, all'interno dell'Unione europea, i diritti fondamentali delle persone LGBT non siano sempre rispettati appieno; invita pertanto gli Stati membri a garantire la protezione di lesbiche, gay, bisessuali e transgender dai discorsi omofobi di incitamento all'odio e dalla violenza e ad assicurare che le coppie dello stesso sesso godano del medesimo rispetto, dignità e protezione riconosciuti al resto della società; esorta gli Stati membri e la Commissione a condannare con fermezza i discorsi d'odio omofobi o l'incitamento all'odio e alla violenza nonché ad assicurare che la libertà di manifestazione, garantita da tutti i trattati sui diritti umani, sia effettivamente rispettata» e «ritiene che i diritti fondamentali delle persone LGBT sarebbero maggiormente tutelati se esse avessero accesso a istituti giuridici quali coabitazione, unione registrata o matrimonio; plaude al fatto che sedici Stati membri offrono attualmente queste opportunità e invita gli altri Stati membri a prendere in considerazione tali istituti».

 

Ancor più recentemente, nella risoluzione adottata il 12 dicembre 2012 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'UE, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione e il Consiglio a:

  • intervenire in modo più incisivo contro l'omofobia, la violenza e la discriminazione basate sull'orientamento sessuale, anche chiedendo ai sindaci e alle forze di polizia degli Stati membri di proteggere la libertà di espressione e di manifestazione in occasione delle marce dell'orgoglio LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender);
  • utilizzare i risultati dell'indagine in corso dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) al fine di dare finalmente seguito alle ripetute richieste da parte del Parlamento europeo e delle ONG;
  • presentare urgentemente la tabella di marcia dell'UE per l'uguaglianza fondata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere da adottare entro il 2014.

 

Con riferimento ai contenuti delle citate risoluzioni del Parlamento europeo, si ricorda che l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (Fundamental Rights Agency, FRA) ha pubblicato, nel luglio 2011, lo studio "Homophobia, Transphobia and Discrimination on Grounds of Sexual Orientation and Gender Identity in the EU Member States". Ulteriori conclusioni in materia, sulla base di una ricerca tuttora in corso, dovrebbero essere presentate nelle prossime settimane.

 

Lo studio del 2011 rileva che nell'ambito della tutela dei diritti delle persone LGBT, l'evoluzione del quadro giuridico varia nei diversi Stati membri dell'UE e identifica alcune questioni principali all'interno delle quali è possibile individuare le seguenti tendenze:

- incitamento all'odio e reati di odio:  lo studio riscontra una tutela limitata contro atti di intolleranza e violenza nei confronti di persone LGBT; solo un numero ristretto di Stati membri estende il diritto penale a questo ambito per contrastare tali episodi;
- trattamento iniquo e discriminazione: la tutela delle persone transgender non risulterebbe del tutto chiara nonostante la giurisprudenza dell'UE in materia; tuttavia, sono stati istituiti numerosi organismi di parità volti a tutelare il rispetto dell'orientamento sessuale all'interno e al di fuori dell'ambito lavorativo;
- libertà di riunione e di espressione: lo studio evidenzia difficoltà nella realizzazione degli eventi pride delle persone LGBT e episodi di contromanifestazioni aggressive; progressi sarebbero stati compiuti nella tutela dei manifestanti; lo studio riscontra inoltre casi di divieto di informazione ai minori sulle relazioni tra persone dello stesso sesso;
- protezione internazionale delle persone LGBT richiedenti asilo: secondo i dati dello studio, molti Stati membri continuerebbero a ritenere che i richiedenti asilo alla ricerca di protezione internazionale dalle persecuzioni cui sono vittima a causa dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere non siano autorizzati a farne richiesta qualora possano continuare a vivere nel proprio paese senza rivelare ad altri la propria omosessualità.

 

Lo studio conclude che tali sviluppi complessi mettono in luce come la situazione stia evolvendo con tempistiche diverse all'interno dell'Unione europea. Secondo l'Agenzia, gli ostacoli sono creati dal persistere di intolleranza e atteggiamenti negativi nei confronti delle persone LGBT. Sottolineando come la legislazione e l'accettazione pubblica procedano di pari passo, l'Agenzia raccomanda di: sostenere gli impegni per una direttiva "orizzontale" in grado di garantire una equa tutela dalle discriminazioni di qualunque natura, comprese quelle basate sull'orientamento sessuale; garantire un livello di tutela contro gli episodi di omofobia e transfobia che sia pari a quello garantito nel caso di incitamento all'odio e reati ispirati dall'odio motivati da razzismo o xenofobia;garantire l'adeguata applicazione della tutela giuridica per le persone transgender già esistente e disposta dal diritto dell'Unione europea.

 

Per quanto riguarda le iniziative UE nel settore delle relazioni esterne, si segnala che nel giugno 2010 il Gruppo "Diritti umani" istituito in seno al Consiglio dell'Unione europea ha adottato uno strumentario per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT).

 

Il documento contiene riferimenti agli strumenti giuridici internazionali e regionali, alle dichiarazioni e alle altre norme disponibili per la promozione e tutela dei diritti umani degli LGBT nonché una griglia di elementi di analisi e controllo al fine di valutare la situazione dei diritti umani delle persone LGBT. In tal modo il documento intende fornire al personale delle istituzioni dell'UE, delle capitali degli Stati membri, delle delegazioni, rappresentanze e ambasciate dell'UE, strumenti operativi da utilizzare nei contatti con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali (ONU, Consiglio d'Europa, OSCE) e della società civile al fine di promuovere e tutelare i diritti umani degli LGBT nell'ambito dell'azione esterna dell'UE. Particolare attenzione è rivolta al sostegno e alla protezione dei difensori dei diritti umani.

 

A tale scopo il documento ricorda che tutti gli Stati dovrebbero rispettare i difensori dei diritti umani come affermato nella Dichiarazione sul diritto e la responsabilità di singoli, gruppi e organi della società per la promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali universalmente riconosciuti (adottata nel 1998 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite). Ciononostante, i difensori dei diritti umani (giornalisti, attivisti, avvocati, sindacalisti ecc.) attivi nella promozione e nella protezione dei diritti umani degli LGBT spesso diventano oggetto di persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Ciò avviene specialmente nei paesi in cui i governi vietano il dibattito pubblico sugli orientamenti sessuali e pongono restrizioni alla libertà di associazione e di espressione su questi temi. Per essere coerente con i progressi compiuti nell'attuazione degli orientamenti dell'UE sui difensori dei diritti umani, l'azione dell'UE in questo settore dovrebbe ispirarsi ai principi seguenti:

- incoraggiare i paesi terzi ad adottare una cultura di generale rispetto e riconoscimento dell'opera portata avanti dai difensori dei diritti umani, compresi i difensori dei diritti degli LGBT;
- dare la priorità nei suoi lavori ai paesi in cui si nota scarso rispetto dei difensori dei diritti umani in generale e dei difensori dei diritti umani degli LGBT in particolare; reagire alle evidenti violazioni dei diritti dei difensori dei diritti umani nei paesi terzi.

 

Norme dei Trattati
Programma di Stoccolma
Proposta di direttiva
Parlamento europeo
Consiglio dell'UE