Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni - D.L. 101/2013 ' A.C. 1682 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 1682/XVII   DL N. 101 DEL 31-AGO-13
Serie: Progetti di legge    Numero: 80
Data: 14/10/2013
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2013 0101   ORGANIZZAZIONE DI UFFICIO
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
XI-Lavoro pubblico e privato
Altri riferimenti:
AS N. 1015/XVII     

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni

D.L. 101/2013 – A.C. 1682

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 80

 

 

 

14 ottobre 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi

Dipartimento Istituzioni

( 066760-3855 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it

Dipartimento Lavoro

( 066760-4884 – * st_lavoro@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

Le schede di lettura sono state redatte sulla base del testo del messaggio trasmesso dal Senato in data 14 ottobre.

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: D13101.doc

 


INDICE

Sintesi del provvedimento                                                      1

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Riduzione della spesa per auto di servizio e per consulenze nella pubblica amministrazione)                                                                                           15

§      Articolo 1, commi 9-bis–9-sexies (Insegnanti di religione cattolica)             23

§      Articolo 2, commi 1-3 (Assorbimento delle eccedenze di personale della P.A.)      27

§      Articolo 2, commi 4 e 5 (Permanenza in servizio dei lavoratori della P.A.)  32

§      Articolo 2, comma 6 (Risoluzione del rapporto di lavoro)                             34

§      Articolo 2, commi 7–8-quater (Disposizioni in tema di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni e conferimento di incarichi dirigenziali)                               35

§      Articolo 2, comma 8-quinquies (Comitato per la verifica delle cause di servizio)     47

§      Articolo 2, comma 9 (Dotazione organica dirigenti della Presidenza del Consiglio) 48

§      Articolo 2, comma 9-bis (Mobilità pubblico-privato)                                      50

§      Articolo 2, commi 10-11-bis (Rilevazione del costo del lavoro)                    51

§      Articolo 2, comma 12 (Assunzioni presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) 53

§      Articolo 2, comma 13 (Assunzione di personale presso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA)                                                                                                          55

§      Articolo 2, comma 13-bis (Statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale)               56

§      Articolo 2, comma 13-ter (Consultazione della documentazione antimafia da parte dell’AVCP)     58

§      Articolo 2, comma 13-quater (Proroga contratti dirigenti AIFA )                   59

§      Articolo 3 (Misure urgenti in materia di mobilità nel pubblico impiego e nelle società partecipate)  61

§      Articolo 3-bis (Revisione con riduzione del prezzo dei contratti di servizio della P.A.)         66

§      Articolo 4, commi 1 e 2 (Lavoro a tempo determinato nelle P.A.)                68

§      Articolo 4, commi 3-5 (Efficacia delle graduatorie concorsuali)                   72

§      Articolo 4, commi 6-10 (Stabilizzazione del personale precario della P.A)   75

§      Articolo 4, comma 10-bis (Visite mediche di controllo)                                86

§      Articolo 4, commi 11-12 (Disposizioni in materia di personale degli Enti locali)       87

§      Articolo 4, commi 13 e 14 (Proroga dei rapporti di lavoro per assicurare la continuità delle attività di ricostruzione in Abruzzo)                                                                               89

§      Articolo 4-ter (Profili pensionistici per i donatori di sangue ed emocomponenti )      91

§      Articolo 4, comma 15 (Concorsi in magistratura)                                         92

§      Articolo 4, comma 16 (Personale enti di ricerca)                                          93

§      Articolo 4, comma 16-bis (Assenze per malattia nella P.A.)                        95

§      Articolo 4, comma 16-ter (Personale delle C.C.I.A.A.)                                 97

§      Articolo 4-bis (Disciplina delle IPAB)                                                             98

§      Articolo 5 (Disposizioni in materia di trasparenza, anticorruzione e valutazione della performance) 99

§      Articolo 6 (Disposizioni in materia di controllo aeroportuale e sulle concessionarie autostradali)   106

§      Articolo 7, commi 1-2 (Disposizioni in materia di collocamento obbligatorio di testimoni di giustizia) 113

§      Articolo 7, commi 3-5 (Disposizioni in materia di commissioni mediche dell'amministrazione della pubblica sicurezza)                                                                                      115

§      Articolo 7, commi 6 e 7 (Assunzioni obbligatorie di soggetti nell’ambito delle categorie protette da parte delle pubbliche amministrazioni)                                                        117

§      Articolo 7, comma 8 (Credito d’imposta per assunzioni di lavoratori detenuti o internati o per svolgimento di attività formative nei loro confronti)                                     121

§      Articolo 7, comma 9 (Disposizioni di interpretazione autentica)                 123

§      Articolo 7, comma 9-bis (Sindacati del personale della Polizia di Stato)    125

§      Articolo 7, commi 9-ter e 9-quater (Attribuzione al Ministero del lavoro della vigilanza su alcuni Enti. Regolamento per la ripartizione del finanziamento alle associazioni di promozione sociale)           126

§      Articolo 7, comma 9-quinquies (Prima verifica delle attrezzature di lavoro da parte dell’INAIL)      128

§      Articolo 8 (Corpo nazionale dei vigili del fuoco)                                           129

§      Articolo 9 (Misure urgenti per le istituzioni scolastiche e culturali italiane all'estero)            136

§      Articolo 9-bis (Potenziamento della revisione della spesa di personale del Ministero degli Affari esteri) 142

§      Articolo 10 (Misure urgenti per il potenziamento delle politiche di coesione) 145

§      Articolo 11, commi 1-13 (Semplificazione e razionalizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti)                                                                                   158

§      Articolo 11, comma 14 (Vigilanza AEEG sul divieto di traslazione dell’addizionale IRES)   176

§      Articolo 11, comma 14-bis (Impiego di personale nella Direzione Investigativa Antimafia) 178

§      Articolo 12 (Disposizioni in materia di imprese di interesse strategico nazionale)    180

§      Articolo 12-bis (Norma di coordinamento per le Regioni e per le Province autonome)        192

§      Articolo 13 (Entrata in vigore)                                                                      194

 

 


Sintesi del provvedimento

 


 

 

Il disegno di legge recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni è stato approvato dal Senato il 10 ottobre e trasmesso alla Camera dei deputati il 14 ottobre 2013 (A.C. 1682).

Il testo, originariamente composto da 13 articoli, all’esito dell’esame presso l’altra Camera, risulta formulato in 18 articoli.

Il contenuto dell’articolato è di seguito sinteticamente illustrato.

 

 

Articolo 1

Le disposizioni dell’articolo 1 recano, ai commi da 1 a 9, misure volte al contenimento delle spese delle pubbliche amministrazioni. In particolare, i commi da 1 a 4-bis riguardano le spese per auto di servizio e per buoni taxi; i commi da 5 a 7 concernono la spesa per studi ed incarichi di consulenza; i commi 8 e 9 pongono alcune norme finali, con riferimento ad entrambe le materie di cui al presente articolo. Infine, il comma 8-bis conferma, per gli enti previdenziali privatizzati, le misure per la realizzazione di risparmi di gestione, disposte dall'articolo 10-bis del D.L. 76/2013.

I commi da 9-bis a 9-sexies dell’articolo 1 – introdotti nel corso dell’esame al Senato – prevedono la riapertura delle graduatorie dei concorsi già espletati a posti di insegnante di religione cattolica, al fine di utilizzare le stesse per assunzioni a tempo indeterminato, fino ad esaurimento. Prevedono, inoltre, un meccanismo per la copertura dei posti vacanti e disponibili nelle dotazioni organiche per l’insegnamento della religione cattolica, analogo a quello vigente per la generalità degli insegnanti.

 

 

Articolo 2

Il comma 1 reca disposizioni in tema di posizioni di sovrannumero negli organici delle pubbliche amministrazioni e conseguente gestione delle eccedenze. Il successivo comma 2 esclude gli ordini e collegi professionali dalla disciplina sulla riduzione delle dotazioni organiche nella pubblica amministrazione. Infine, il comma 3 disciplina i casi in cui sia stata dichiarata l’eccedenza di personale dovuta a ragioni funzionali o finanziarie dell'amministrazione.

I commi 4 e 5 forniscono due norme di interpretazione autentica relative ai limiti di permanenza in servizio per i dipendenti pubblici.

Il comma 6 fornisce un’interpretazione autentica sulla risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici in soprannumero che possano conseguire la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2015.

Il comma 7, per le pubbliche amministrazioni che abbiano provveduto a ridurre le dotazioni organiche in attuazione delle disposizioni del D.L. 95/2012, rimodula il termine per l’adozione dei rispettivi regolamenti di organizzazione, stabilendolo al 31 dicembre 2013. Fino a tale data, i Ministeri potranno utilizzare il D.P.C.M. al posto del D.P.R. Il successivo comma 8 prevede che all'esito degli interventi di riorganizzazione, le amministrazioni interessate procedono al conferimento degli incarichi dirigenziali, nonché stabilisce alcune disposizioni di garanzia delle unità di personale dirigenziale che risulti in soprannumero.

Il comma 8-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, fa salvi, sino al 31 dicembre 2014, gli incarichi dirigenziali esterni conferiti, ai sensi dell’art. 19, co. 6, D.Lgs. 165/2001, dalle amministrazioni provinciali; il riferimento è ai contratti in essere al momento della entrata in vigore del decreto (quindi al 1° settembre 2013).

Il comma 8-ter, novellando l’art. 19, co. 5-bis, del D.Lgs. 165/2001, aumenta i limiti percentuali degli incarichi dirigenziali anche a soggetti che non appartengono ai ruoli della dirigenza, purché si tratti di dipendenti da altre amministrazioni pubbliche o da organi costituzionali ed esclude tale possibilità per gli incarichi dirigenziali apicali.

Il comma 8-quater novella l’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001, in relazione ai criteri per l’affidamento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni ai ruoli dell’amministrazione.

Il comma 8-quinquies proroga al 31 dicembre 2015 il Comitato per la verifica delle cause di servizio (chiamato ad accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione dei dipendenti pubblici), nell’attuale composizione.

Il comma 9, contiene una disposizione di interpretazione autentica in base alla quale i posti di funzione relativi ai Capi dei Dipartimenti e degli Uffici autonomi, concorrono alla determinazione della complessiva dotazione organica dei dirigenti di prima fascia della Presidenza del Consiglio dei Ministri e: al computo del rispetto dei limiti percentuali di incarichi conferibili a esterni.

Il comma 9-bis abroga la norma che rimette a un apposito regolamento l’individuazione degli enti presso i quali è possibile richiedere di svolgere la propria attività nell’ambito della mobilità del personale tra settore pubblico e privato.

I commi da 10 a 11-bis recano disposizioni n materia di rilevazione del costo del lavoro nella P.A. In particolare:

§      si prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’assoggettamento di tutte le amministrazioni pubbliche censite dall’ISTAT al controllo del costo del lavoro (comma 10), nonché l’estensione alle società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni (diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate) dell’obbligo di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio e al MEF il costo annuo del personale utilizzato (comma 11);

§      si prevede che il conto annuale delle spese sostenute per il personale, redatto dalle pubbliche amministrazioni, debba essere inviato anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica (comma 11-bis).

Il comma 12 consente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di effettuare anche per il 2013 e il 2014 assunzioni in deroga al blocco previsto dall’art. 2, co. 11, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) - oggetto di modifica da parte del comma 1 dell’articolo in esame - fermo restando il divieto di effettuarle nelle qualifiche o nelle aree in cui sono presenti posizioni soprannumerarie.

Il comma 13 autorizza l’Agea ad assumere 3 unità dirigenziali; a copertura del relativo onere si provvede riducendo le risorse previste a legislazione vigente a favore di ISMEA.

Il comma 13-bis elimina, ai fini dell’adozione con DPCM dello statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale, la norma che prevede la proposta da parte del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, e il concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Il comma 13-ter novella il comma 1 dell’art. 97 del D.Lgs. 159/2011 (c.d. Codice delle leggi antimafia), al fine di inserire l'AVCP (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) tra i soggetti abilitati alla consultazione della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia.

Il comma 13-quater consente la proroga fino al 31 dicembre 2014 dei contratti stipulati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per l'attribuzione di funzioni dirigenziali, alle unità di personale già assegnate agli uffici della Direzione Generale dei Farmaci e dei Dispositivi medici del Ministero della salute.

 

 

Articolo 3

L’articolo 3, comma 1, consente alle amministrazioni pubbliche che presentano posizioni soprannumerarie o di eccedenza, il passaggio diretto, a domanda, sino al 31 dicembre 2015, del proprio personale, presso il Ministero della giustizia, al fine di ricoprire i posti vacanti del personale amministrativo degli uffici giudiziari.

I commi da 2 a 7, che introducevano norme in materia di mobilità del personale delle società partecipate da soggetti pubblici, sono stati soppressi nel corso dell’esame al Senato.

Il comma 7-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, concerne i benefici economici spettanti ai dirigenti di società – quotate e non quotate - a controllo pubblico diretto o indiretto al momento della cessazione del loro rapporto di lavoro.

 

 

Articolo 3-bis

L’articolo 3-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, consente alle amministrazioni pubbliche di provvedere alla revisione, con riduzione del prezzo, dei contratti di servizio stipulati con società ed enti controllati (direttamente o indirettamente), con conseguente riduzione degli oneri contrattuali a carico della pubblica amministrazione.

 

 

Articolo 4

I commi 1-2 sono volti a contenere l’utilizzo del lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione. In particolare, vengono apportate alcune modifiche all’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001, al fine di: specificare che nelle pubbliche amministrazioni il ricorso al lavoro flessibile è consentito per rispondere ad esigenze esclusivamente temporanee o eccezionali; estendere alle P.A. l'applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 368/2001 sul lavoro a tempo determinato (fermo restando, tuttavia, il divieto di trasformare il contratto di lavoro a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato); sancire la nullità dei contratti conclusi in violazione della legge, con conseguente responsabilità erariale e dirigenziale e divieto di erogare la retribuzione di risultato al dirigente responsabile di irregolarità.

I commi 3-5 intervengono in materia di graduatorie concorsuali e vincitori di concorso. In particolare, si prevede che, fino al 31 dicembre 2016, l'autorizzazione all'avvio di nuovi concorsi, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (nonché per le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca), è subordinata alla verifica dell’assenza di graduatorie concorsuali approvate dal 1º gennaio 2008, per ciascun soggetto pubblico interessato, relative alle professionalità necessarie, anche secondo criteri di equivalenza. Resta in ogni caso fermo che, prima di avviare nuovi concorsi, le amministrazioni possono utilizzare le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate e devono attivare procedure di mobilità. In relazione a ciò, si proroga al 31 dicembre 2016 l’efficacia delle graduatorie concorsuali vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, con esclusione delle graduatorie già prorogate di ulteriori 5 anni oltre la loro vigenza ordinaria. Infine, si prevede che il Dipartimento della funzione pubblica avvii, entro il 30 settembre 2013, un monitoraggio telematico dell’attuazione delle misure.

I commi da 6 a 10 recano procedure per la stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione, con l’obiettivo di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato. Il comma 6 prevede la possibilità per le P.A., fino al 31 dicembre 2015 e nel limite massimo del 50% delle risorse disponibili per le assunzioni, di bandire concorsi, per assunzioni a tempo indeterminato di personale precario. I commi 6-bis e 6-ter recano disposizioni in materia di stabilizzazione del personale CONSOB. Il comma 6-quater prevede che le regioni e gli enti locali che hanno proceduto in passato ad assunzioni a tempo determinato sulla base di procedure selettive, possono procedere, per gli anni 2013, 2014 e 2015, alla stabilizzazione a domanda del personale, a condizione che abbia maturato 3 anni di servizio negli ultimi 5 anni alle proprie dipendenze. Il comma 6-quinquies dispone che i lavoratori precari vincitori di un pubblico concorso per la qualifica ricoperta alla data di entrata in vigore del decreto-legge sono esclusi dalle procedure concorsuali. I commi 7 e 8 dettano norme in materia di assunzione a tempo indeterminato di lavoratori socialmente utili. Il comma 9, con una norma di carattere transitorio, consente alle pubbliche amministrazioni che nella programmazione del fabbisogno di personale per il triennio 2013-2015, prevedano di svolgere procedure di reclutamento, di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che abbiano maturato almeno 3 anni di servizio alle loro dipendenze; la proroga non può andare oltre il completamento delle predette procedure concorsuali e, comunque, oltre il 31 dicembre 2015. Il comma 9-bis prevede l’obbligo, per gli enti territoriali, di calcolare il complesso delle spese per il personale al netto dell'eventuale contributo erogato dalle regioni. Il comma 9-ter autorizza il bando di procedure concorsuali riservate al personale con contratto di lavoro a tempo determinato prorogato in deroga al limite dei 36 mesi e al personale con contratto di lavoro a tempo determinato impiegato presso gli Sportelli unici per l'immigrazione e gli Uffici immigrazione, nel rispetto di determinati requisiti soggettivi e nel limite del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili; fino al completamento della procedura di assunzione, è autorizzata la proroga dei relativi contratti a tempo determinato secondo criteri individuati con decreto ministeriale. Il comma 10, dopo aver previsto che le regioni, alle province autonome e gli enti locali attuano le disposizioni dei commi precedenti nel rispetto dei vincoli stabiliti, dispone che per gli enti del Servizio sanitario Nazionale l’attuazione delle medesime disposizioni avvenga previa emanazione di uno specifico decreto ministeriale da adottare previa intesta in Conferenza Stato-Regioni, che detta anche norme per il personale dedicato alla ricerca in sanità.

Il comma 10-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone la trasformazione in liste speciali ad esaurimento delle liste speciali istituite presso lo stesso Istituto per l'effettuazione delle visite mediche di controllo dei lavoratori.

Vengono inoltre esclusi dall’applicazione della normativa che limita il ricorso ai contratti a tempo determinato sia i contratti del personale sanitario che, ai sensi del comma 11, quelli relativi al personale degli asili nido e delle scuole dell'infanzia degli enti locali.

Il comma 12 esclude le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi scolastici e per l'infanzia dall’applicazione del patto di stabilità interno e da altre misure di riduzione della spesa.

I commi 13 e 14 dell’articolo 4, al fine di assicurare la continuità dell'attività di ricostruzione e recupero della città dell'Aquila e dei comuni colpiti dal terremoto, consentono la proroga o il rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato per il biennio 2014-2015.

Il comma 15 prevede che per partecipare al concorso per l’accesso in magistratura debba corrispondersi un contributo, per diritti di segreteria, fissato dal bando di concorso tra i 10 e i 15 euro. Le relative risorse sono riassegnate dall’Entrata al bilancio del Ministero della giustizia per i concorsi per l’accesso alla magistratura ordinaria.

Il comma 16 stabilisce che l'autorizzazione all'avvio delle procedure concorsuali per gli enti di ricerca è concessa in sede di approvazione – tramite decreto direttoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell’economia e delle finanze – del piano triennale del fabbisogno del personale e della consistenza dell'organico, e non più mediante apposito D.P.C.M.

Il comma 16-bis reca modifiche all’articolo 55-septies, comma 5-ter, del D.Lgs. 165/2001, in materie di assenze per malattia nel pubblico impiego, in particolare stabilendo che l’attestazione del medico competente vada rilasciata anche in ordine all’orario e che la stessa possa essere trasmessa dai medici anche mediante posta elettronica.

Il nuovo comma 16-ter, introdotto al Senato, specifica che l’individuazione dei limiti di spesa imposti dalla spending review per le assunzioni di personale a tempo indeterminato delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura in proporzione alle cessazioni avvenute nell’anno precedente avviene su base nazionale, e che l’assegnazione del numero di unità personale da assumere a ciascuna Camera di Commercio viene effettuato da un’apposita commissione.

 

 

Articolo 4-bis

L’articolo 4-bis prevede che le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza e le Aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al decreto legislativo n. 207/2001, sono sottoposte alla medesima disciplina prevista per gli Enti del Servizio sanitario Nazionale o per le Aziende Speciali dei comuni che operino nel settore dei servizi socio-sanitari, assistenziali, culturali ed educativi.

 

 

Articolo 4-ter

L’articolo 4-ter, introdotto al Senato, prevede che le giornate dedicate dai lavoratori alla donazione di sangue e di emocomponenti vengano computate ai fini del calcolo dell’anzianità contributiva per l’accesso alla pensione anticipata senza penalizzazioni.

 

 

Articolo 5

L’articolo 5, ampiamente modificato nel corso dell’esame al Senato, modifica la disciplina della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), che assume la nuova denominazione di Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (A.N.AC.). Il numero dei componenti è aumentato da 3 a 5, mentre le funzioni spettanti in materia di qualità dei servizi pubblici sono trasferite al Dipartimento della funzione pubblica.

 

 

Articolo 6

L’articolo 6 (commi 1 e 2) disciplina l’affidamento dei servizi di controllo del personale aeroportuale. I commi 3, nonché 3-bis e 4-bis (inseriti nel corso dell’esame al Senato) recano norme sul personale da trasferire al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per lo svolgimento dell’attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale. Il comma 4 dispone risorse finanziarie per l’avvio dell’Autorità di regolazione dei trasporti.

 

 

Articolo 7

I commi 1 e 2 novellano l’art. 16-ter del D.L. 8/1991 aggiungendo tra le misure di favore disposte per i testimoni di giustizia, anche se usciti dal programma di protezione, il diritto di accesso ad un programma di assunzione in una pubblica amministrazione. Con DM Interno si provvede alla modalità di attuazione della misura, anche in relazione ai criteri di riconoscimento del citato diritto. Le assunzioni, nei limiti dei posti vacanti, sono disposte ad invarianza finanziaria.

I commi 3-5 recano disposizioni in materia di commissioni mediche per gli accertamenti dei requisiti psicofisici e per altri accertamenti sanitari relativi al personale del comparto sicurezza e difesa.

I commi 6 e 7 sono volti a favorire l’ingresso nelle pubbliche amministrazioni dei lavoratori appartenenti alle categorie protette, imponendone l’assunzione, nel rispetto delle quote e dei criteri di computo vigenti, anche in soprannumero ed in deroga ai divieti di assunzione posti in materia di contenimento dei costi di personale.

Il comma 8 interviene sull’art. 3 della legge 193/2000 per apportare due correzioni alle recenti novelle apportate alla stessa norma dal D.L. 78/2013. In particolare, viene precisato che la disciplina sul credito d’imposta mensile (pari a 700 euro ad assunto) è concesso alle imprese che assumono per almeno 30 giorni non solo soggetti ammessi al lavoro esterno bensì qualsiasi soggetto in stato di detenzione o internamento.

Con una disposizione di interpretazione autentica, il comma 9 prevede che le assunzioni di Avvocati dello Stato, autorizzate dall’articolo 1, comma 34, della legge di stabilità per il 2013, possono essere effettuate, nel rispetto della vigente dotazione organica, anche in deroga al limite che dispone l’accantonamento di un posto ogni tre in favore dei procuratori dello Stato.

Il comma 9-bis prevede che i sindacati della Polizia di Stato possano essere formati, rappresentati o diretti anche dal personale in quiescenza.

Il comma 9-ter attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali le funzioni di vigilanza sull’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordomuti, sull’Unione nazionale mutilati per servizio – enti attualmente sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’interno - e sull’Unione generale invalidi civili - attualmente sottoposta alla vigilanza del Ministero dell’interno e di quello della salute.

Il comma 9-quater fissa al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione del regolamento che, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge 438/1998, è deputato a stabilire i criteri per la ripartizione del finanziamento destinato agli enti e alle associazioni di promozione sociale.

Il comma 9-quinquies dispone che l’INAIL provveda all’espletamento della prima verifica delle attrezzature di lavoro entro quarantacinque giorni a decorrere dalla richiesta del datore di lavoro (e non più dalla messa in sevizio dell’attrezzatura).

 

 

Articolo 8

L’articolo 8 (commi 1-4) incrementa di 1.000 unità la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prorogando la validità delle graduatorie di concorsi pubblici. Il comma 5 individua il limite annuale dell’autorizzazione di spesa per l'impiego del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il comma 5-bis pone a carico dell’Amministrazione gli oneri (attualmente a carico degli interessati) per gli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio necessari per la verifica del possesso dei requisiti di idoneità psicofisica ed attitudinale richiesta per il reclutamento del personale volontario del vigili del fuoco. Il comma 6 disciplina le funzioni spettanti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, relativamente all’utilizzo della componente aerea. Il comma 7 estende l’applicabilità del regolamento sulla semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose.

 

 

Articolo 9

L’articolo 9 consente, con invarianza finanziaria e di risorse umane, finanziarie e strumentali, l'assegnazione alle scuole italiane all'estero di unità di personale in deroga alle riduzioni previste dalle norme sulla c.d. «spending review», e inoltre dispone alcune modifiche alla legge n. 401/1990 per ampliare la sfera territoriale d’azione degli Istituti italiani di cultura e l’impiegabilità del loro personale.

 

 

Articolo 9-bis

L’articolo 9-bis detta norme per potenziare la revisione delle spese di personale del Ministero degli Affari esteri, sia limitando una serie di benefici economici per il personale in servizio all’estero per brevi periodi, sia ridefinendo i contributi per il trasporto di bagagli, mobili e masserizie.

 

 

Articolo 10

L'articolo 10, comma 1, istituisce l'Agenzia per la coesione territoriale, sottoponendola alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato. I successivi commi 2 e 3 suddividono le competenze in tema di politica di coesione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Agenzia.

Il comma 4 disciplina lo statuto e gli organi dell'Agenzia.

Il comma 5 disciplina termini e modalità del trasferimento di parte del personale del Dipartimento per le politiche di coesione del Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza del Consiglio dei ministri (50 unità) e all'Agenzia (200 unità), mentre i commi 6 e 7 intervengono in ordine alla copertura degli oneri.

Il comma 8 trasferisce il Fondo per lo sviluppo e la coesione dallo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico a quello del Ministero dell'economia e delle finanze, mentre il comma 9 dispone sulla riorganizzazione del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici.

Vengono infine indicate nei restanti commi dell’articolo le eventuali funzioni operative che possono essere svolte dall’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa (INVITALIA).

 


 

Articolo 11

L'articolo 11, commi da 1 a 13, modifica la disciplina del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), circoscrivendo la platea dei soggetti obbligati ad aderire al sistema e fissando le norme per la specificazione dei soggetti e l’individuazione di ulteriori categorie cui applicare il sistema medesimo (comma 1). L’articolo fissa, inoltre, i nuovi termini per l’operatività del SISTRI (commi 2-5), detta norme per l’applicazione delle sanzioni per le violazioni connesse al sistema (commi 3-bis e 11), nonché per la semplificazione del sistema medesimo (commi 7-8), i rapporti con la società concessionaria del sistema (commi 9-10) e l’istituzione di un tavolo tecnico di monitoraggio (comma 13).

Il comma 14 disciplina le modalità con cui l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) provvede alla vigilanza sul divieto di traslazione sui consumatori dell’addizionale IRES imposta sul settore petrolifero.

Il comma 14-bis prevede che il personale del Corpo di Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato possa operare anche nell’ambito delle articolazioni periferiche della Direzione Investigativa Antimafia (DIA).

 

 

Articolo 12

L'articolo 12, modificato nel corso dell’esame al Senato, detta ai commi 1 e 2 disposizioni relativi alla costruzione di discariche per rifiuti nel perimetro dell'impianto dell'Ilva di Taranto; i commi da 3 a 5-quinquies dettano disposizioni in materia di gestione commissariale delle imprese di interesse strategico nazionale; i commi 6 e 7, infine, riguardano specificamente la disciplina normativa e gli aspetti finanziari dello smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo dell'Ilva di Taranto.

 

 

Articolo 12-bis

L'articolo 12-bis, aggiunto durante l'esame del provvedimento al Senato, introduce nella legge una norma di coordinamento con l'ordinamento regionale e, con riferimento all'ordinamento alle autonomie speciali, la clausola di “compatibilità”. Le disposizioni della legge non modificano, infatti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti.

 

Articolo 13

L’articolo 13 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto legge.

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Riduzione della spesa per auto di servizio e per consulenze
nella pubblica amministrazione)

 

 

Le disposizioni dell’articolo 1 in esame recano misure volte al contenimento delle spese delle pubbliche amministrazioni. In particolare, i commi da 1 a 4-bis riguardano le spese per auto di servizio e per buoni taxi; i commi da 5 a 7 concernono la spesa per studi ed incarichi di consulenza; i commi 8 e 9 pongono alcune norme finali, con riferimento ad entrambe le materie di cui al presente articolo. Infine, il comma 8-bis conferma le misure per la realizzazione di risparmi di gestione per gli enti previdenziali privatizzati.

Riduzione della spesa per auto di servizio (commi 1-4 e 4-bis)

Il comma 1, al primo periodo, con una novella all’articolo 1, comma 143, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), estende fino all'anno 2015 il divieto – originariamente posto alle P.A. fino all’anno 2014 - di acquistare autovetture e di stipulare contratti di leasing aventi ad oggetto autovetture.

Più in particolare, il citato comma 143 inasprisce i limiti già previsti dalla normativa vigente in materia di automobili di servizio, stabilendo che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità (1° gennaio 2013) e sino al 31 dicembre 2014, per le amministrazioni pubbliche sia imposto il divieto di acquistare autovetture e di stipulare contratti di leasing aventi ad oggetto autovetture, con esplicita previsione della revoca delle procedure di acquisto iniziate a decorrere dal 9 ottobre 2012.

 

Il divieto, si ricorda, riguarda le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate annualmente dall'ISTAT[1], ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge n. 196/2009, nonché le Autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

Resta ferma la non applicazione del suddetto divieto per gli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ai sensi del comma 144 della citata legge di stabilità 2013.

Il secondo periodo del comma 1 stabilisce, inoltre, che per il periodo di vigenza del divieto in questione, il limite di spesa per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi, imposto alle P.A. a decorrere dal 2013 dall’articolo 5, comma 2, del D.L. n. 95/2012[2], va calcolato al netto delle spese sostenute per l'acquisto di autovetture.

Si ricorda che in base al richiamato articolo 5, comma 2 del D.L. n. 95, il limite di spesa per le P.A. a decorrere dal 2013 è pari al 50% della spesa sostenuta nell'anno 2011 per le medesime finalità[3].

Tale limite di spesa riguarda le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato come indicate dall’ISTAT, le autorità indipendenti, inclusa la CONSOB, nonché le società dalle stesse amministrazioni controllate.

Con riferimento all’applicazione del limite di spesa per acquisto autovetture e buoni taxi alle società controllate dalle predette amministrazioni, il recente D.L. n. 69/2013 (c.d. decreto del fare) ha introdotto una norma di interpretazione autentica del comma 2 dell’articolo 5 del D.L. n. 95/2012, precisando che tale comma si interpreta nel senso che le previsioni e i termini ivi previsti non si applicano alle società quotate e alle loro controllate.

Sono escluse dalle misure di contenimento della spesa per auto di servizio e buoni taxi - ai sensi dello stesso comma 2 dell’articolo 5 del D.L. n. 95 - le autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco; per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza; per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa, nonché alle autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

Si sottolinea che il successivo comma 4 dell’articolo 1 in esame aggiunge alle fattispecie escluse le autovetture impiegate per le attività di protezione civile.

 

Il comma 2 introduce un aggravio della misura di contenimento della spesa per autovetture sopra illustrata per le amministrazioni pubbliche che non adempiano agli obblighi di comunicazione (al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri) del numero delle autovetture in dotazione, ai fini del censimento permanente delle autovetture di servizio, previsto dall’articolo 5 dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 agosto 2011 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 214 del 14 settembre 2011), adottato in attuazione dell’articolo dell'articolo 2, comma 4, del D.L. n. 98/2011[4].

In tal caso, la norma stabilisce, per tali amministrazioni - ferme restando le misure di contenimento della spesa per autovetture di cui all’art. 5, comma 2, del D.L. n. 95/2012 - l’ulteriore limite, a decorrere dall’anno 2014, di effettuare spese di ammontare superiore al 60 per cento del limite di spesa già imposto per l’anno 2013 dal D.L. n. 95 (50% rispetto al 2011), per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi.

Viene richiamata, inoltre, la disciplina sulla responsabilità dirigenziale per la violazione degli obblighi di pubblicazione e di trasparenza, disciplina di cui all'art. 46 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.

 

Il comma 3 dispone la nullità degli atti adottati in violazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2, in materia di riduzione della spesa per auto di servizio, e dei relativi contratti.

Benché il comma faccia espresso riferimento alle sole norme “in materia di riduzione della spesa per auto di servizio”, sembra tuttavia da ritenere – atteso che esso rinvia comunque alle “disposizioni di cui ai commi 1 e 2” - che le sanzioni disposte dal comma medesimo ricomprendano anche la spesa per acquisto di buoni taxi.

La norma stabilisce altresì la responsabilità per illecito disciplinare a carico del responsabile della violazione delle disposizioni medesime stabilendo la sanzione amministrativa pecuniaria, a carico del responsabile della violazione, nell’importo da mille a cinquemila euro, alla cui irrogazione provvede l'autorità amministrativa competente, in base a quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). E’ fatta salva l'azione di responsabilità amministrativa per danno erariale.

 

Il comma 4 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (da emanarsi su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione) modificativo del D.P.C.M. 3 agosto 2011[5], già adottato ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98[6], la definizione dei criteri attuativi delle disposizioni di cui ai commi precedenti, al fine di disporre modalità e limiti ulteriori di utilizzo delle autovetture di servizio, ferme restando le esclusioni esplicitamente indicate dall’articolo 5 comma 2 medesimo, del D.L. n. 95 (cfr. supra), in merito all’applicazione dei limiti di spesa per autovetture e buoni taxi.

Il comma 4 precisa, peraltro che tra le suddette fattispecie escluse sono ricomprese, come sopra già ricordato, le autovetture impiegate per le attività di protezione civile dalle amministrazioni di cui all'articolo 6 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (recante “Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile”). In base alla citata disposizione, all'attuazione delle attività di protezione civile provvedono, secondo i rispettivi ordinamenti e le rispettive competenze, le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane, e vi concorrono gli enti pubblici, gli istituti ed i gruppi di ricerca scientifica con finalità di protezione civile, nonché ogni altra istituzione ed organizzazione anche privata.

 

Riguardo alla formulazione letterale del comma 4, sarebbe opportuno che la norma anziché fare ferimento a “modifiche al decreto di cui all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98”, prevedesse l’emanazione di uno o più D.P.C.M. modificativi del decreto di cui all’articolo 2, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, da adottarsi secondo le medesime modalità.

 

Il comma 4-bis dispone che, nei casi in cui è ammesso l'acquisto di nuove autovetture, le amministrazioni pubbliche ricorrono a modelli a basso impatto ambientale e a minor costo d'esercizio, salvo eccezioni da motivare in base a specifiche esigenze.

La norma sembra far riferimento a quelle ipotesi escluse dall’applicazione del divieto di acquisto di autovetture, imposto dall’articolo 1, comma 143, della legge di stabilità 2013, che il comma 1 dell’articolo in esame ha esteso fino all’anno 2015 (acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza).

Riduzione della spesa per studi e incarichi di consulenza (commi 5-7)

Il comma 5 introduce un inasprimento, a decorrere dal 2014, del limite di spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, da parte di pubbliche amministrazioni, rispetto a quanto già disposto dalla normativa vigente, di cui all’articolo 6, comma 7, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78[7].

In particolare, si dispone, a decorrere dal 2014, che il limite di spesa annua per tali finalità non possa essere superiore all’80 per cento di quello già imposto per l’anno 2013, così come determinato dall'applicazione della citata disposizione di cui al D.L. n. 78.

Si ricorda che, in base a tale disciplina, il limite di spesa per le P.A. per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, è fissato, a decorrere dall'anno 2011, nella misura massima del 20% rispetto alla spesa sostenuta nell'anno 2009.

 

L’ulteriore limite annuo disposto da comma 5 in esame alla spesa per studi e consulenze si applica alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT, ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge n. 196/2009, nonché dalle autorità indipendenti e dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

Sono escluse dall’applicazione della norma le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati, nonché gli istituti culturali e gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario.

Restano ferme le deroghe già previste dall'articolo 6, comma 7, ultimo periodo, del D.L. n. 78/2010, che esclude dall'ambito di applicazione delle misure le attività sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Il comma 6 dispone che nel bilancio di previsione - o nello strumento contabile equipollente - delle amministrazioni pubbliche incluse nell’elenco del conto economico consolidato della pubblica amministrazione devono essere istituiti specifici capitoli di bilancio - coerenti con la struttura di bilancio adottata - cui imputare le specifiche risorse destinate al conferimento di incarichi di studio e consulenza, al fine di poter meglio monitorare – come precisato nella relazione tecnica – le spese afferenti a tali finalità.

Sono fatti eventualmente salvi i capitoli istituiti per incarichi previsti da disposizioni di legge o regolamentari da articolarsi coerentemente con il piano dei conti integrato previsto della disciplina sull’armonizzazione dei bilanci e degli schemi contabili delle amministrazioni pubbliche diverse dagli enti territoriali, di cui al Titolo II del D.Lgs. n. 91/2011[8].

La norma, che sembra dunque inserirsi tra quelle di armonizzazione dei sistemi contabili delle pubbliche amministrazioni, appare finalizzata a garantire chiara rappresentazione contabile alle spese per studi e consulenze, con lo scopo di assicurare, come detto, l’attività di monitoraggio delle spese afferenti a tali finalità, anche ai fini di un controllo del rispetto dei vincoli di finanza pubblica (cfr. comma 8).

Con riferimento al comma 6, si osserva che esso riguarda l’intero comparto delle amministrazioni pubbliche incluse nel conto economico consolidato della P.A., ivi inclusi dunque gli enti territoriali. Sarebbe pertanto opportuno fare anche riferimento alla disciplina dell’armonizzazione dei bilanci e degli schemi contabili contenuta, per le amministrazioni territoriali, nel D.Lgs. n. 118/2011.

 

Il comma 7 dispone la nullità degli atti e dei contratti adottati in violazione delle disposizioni di cui al comma 5. L'affidamento di incarichi in violazione di tale comma costituisce, inoltre, illecito disciplinare ed è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria, a carico del responsabile della violazione, da mille a cinquemila euro. All’irrogazione della sanzione provvede l'autorità amministrativa competente, ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 689/1981, fatta salva l'azione di responsabilità amministrativa per danno erariale.

Attività ispettive (comma 8)

Il comma 8 dispone che la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'economia e delle finanze – attraverso, rispettivamente, il Dipartimento della funzione pubblica e la Ragioneria generale dello Stato - possono disporre visite ispettive, a cura sia dell'Ispettorato per la funzione pubblica che dei servizi ispettivi di finanza della Ragioneria medesima, al fine di verificare il rispetto dei vincoli finanziari in materia di contenimento della spesa previsti dall’articolo in esame, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate.

Si ricorda che l’articolo 14 della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009), prevede che il Ministero dell’economia e finanze-RGS provvede ad effettuare, tramite i Servizi ispettivi di finanza pubblica (SiFIP), verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

In ogni caso, anche per gli enti territoriali, è previsto che i SiFIP provvedano ad effettuare comunque verifiche volte a rilevare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e a procedere alle verifiche richieste dal Ministro competente, ai fini dell'avvio dell’esercizio del potere sostitutivo del Governo, di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. I referti delle verifiche sono inviati alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, ai fini della eventuale attivazione del procedimento denominato «Piano per il conseguimento degli obiettivi di convergenza». Per le regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e per gli enti locali vigono, in ogni caso, le specifiche disposizioni rispettivamente contenute nell’articolo 5 del D.Lgs. n. 149/2011[9] e nell’articolo 148 comma 2, del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000)[10].

Le modalità, che in questa sede non si dettagliano, di esercizio dei controlli dei Servizi ispettivi di finanza pubblica sono disciplinate nel Titolo IV (articoli 23 e 34) del D.Lgs. n. 123/2011, emanato in attuazione dell’articolo 149 della legge di contabilità[11].

Enti previdenziali privatizzati (comma 8-bis)

Il comma 8-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che resta fermo, per gli enti previdenziali privatizzati, quanto previsto sui risparmi di gestione derivanti dagli interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa dall'articolo 10-bis del D.L. 76/2013.

 

Il richiamato articolo 10-bis ha disposto ulteriori risparmi di gestione per gli enti previdenziali privatizzati. In particolare, si prevede l’obbligo, per i richiamati enti, di realizzare ulteriori e aggiuntivi risparmi di gestione (ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalla legislazione vigente), allo scopo di destinare risorse aggiuntive per favorire l'ingresso dei giovani professionisti nel mercato del lavoro delle professioni, nonché di sostenere i redditi dei professionisti nelle fasi di crisi economica. I risparmi vengono realizzati attraverso specifiche forme associative, destinando le ulteriori economie e i risparmi agli interventi di welfare in favore dei propri iscritti, nonché per le specifiche finalità di assistenza di cui al comma 3 dell'articolo 8 del D.Lgs. 103/1996. E’ inoltre prevista la facoltà, per i richiamati enti, di destinare i risparmi ottenuti (aggiuntivi rispetto a quelli di cui all'articolo 8, comma 3, del D.L. 95/2012[12], derivanti dagli interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa sostenuta per consumi intermedi), ad interventi di promozione e sostegno al reddito dei professionisti e agli interventi di assistenza in favore degli iscritti nel rispetto dell'equilibrio finanziario di ciascun ente. Infine, è stato previsto un ulteriore obbligo per gli enti previdenziali privatizzati (singolarmente oppure attraverso l’AdEPP, associazione degli enti previdenziali privati), al fine di anticipare l'ingresso dei giovani professionisti nel mercato del lavoro, e consistente nello svolgimento, attraverso ulteriori risparmi, di funzioni di promozione e sostegno dell'attività professionale anche nelle forme societarie previste dall'ordinamento vigente.

Principi di coordinamento della finanza pubblica (comma 9)

Ai sensi del comma 9, le disposizioni dell’articolo in esame costituiscono norme di “diretta attuazione” dell'articolo 97 della Costituzione, secondo il quale - nella sua formulazione novellata dalla legge Costituzionale n. 1/2012, che trova applicazione a decorrere dall’ esercizio finanziario 2014 - le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

Il riferimento al nuovo testo dell’articolo 97 della Costituzione ha la presumibile finalità di dare maggior cogenza ordinamentale alle prescrizioni dell’articolo 1, sottolineando, mediante quella che può ritenersi una autoqualificazione operata dal comma 9 in esame, come le prescrizioni stesse siano attuative della norma costituzionale.

 Il comma precisa inoltre, come frequentemente riscontrabile nelle disposizioni di contenimento della spesa, che le disposizioni dallo stesso recate costituiscono attuazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, relativo alle materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni.

 


Articolo 1, commi 9-bis–9-sexies
(Insegnanti di religione cattolica)

 

 

I commi da 9-bis a 9-sexies – introdotti nel corso dell’esame al Senato – prevedono la riapertura delle graduatorie dei concorsi già espletati a posti di insegnante di religione cattolica, al fine di utilizzare le stesse per assunzioni a tempo indeterminato, fino ad esaurimento. Prevedono, inoltre, un meccanismo per la copertura dei posti vacanti e disponibili nelle dotazioni organiche per l’insegnamento della religione cattolica, analogo a quello vigente per la generalità degli insegnanti.

 

Si evidenzia che la collocazione dei commi da 9-bis a 9-sexies non è in linea con la rubrica dell’articolo 1 (Disposizioni per l'ulteriore riduzione della spesa per auto di servizio e consulenze nella pubblica amministrazione).

 

In particolare, il comma 9-bis dispone che “sono trasformate in graduatorie ad esaurimento” le graduatorie di merito del “concorso” già espletato in applicazione dell’art. 5, co. 1, della L. 186/2003.

 

La L. 186/2003 ha inteso superare la condizione di precariato degli insegnanti di religione cattolica attraverso l’attribuzione dello stato giuridico del personale docente di ruolo e la regolarizzazione, con apposite procedure concorsuali, delle modalità di reclutamento.

Nello specifico, ai fini dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali – quale previsto dall'Accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato con L. 121/1985, e dall'Intesa tra l’autorità scolastica e la Conferenza episcopale italiana, resa esecutiva con DPR 751/1985 –, sono stati istituiti due distinti ruoli regionali del personale docente, articolati per ambiti territoriali corrispondenti alle diocesi, relativamente ai cicli scolastici previsti dall’ordinamento (scuola dell’infanzia e scuola elementare; scuola secondaria) (art. 1).

La consistenza della dotazione organica degli insegnanti, articolata su base regionale e determinata nella misura del 70% dei posti d’insegnamento complessivamente funzionanti, è stabilita con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il MEF e con il Ministro per la funzione pubblica (art. 2)[13].

L'accesso ai ruoli avviene previo superamento di concorsi, per titoli ed esami, indetti su base regionale, con frequenza triennale, dal MIUR. Per partecipare ai concorsi, ciascun candidato deve essere in possesso dei prescritti titoli di qualificazione professionale[14], nonché del riconoscimento di idoneità rilasciato dall'ordinario diocesano competente per territorio (art. 3)[15].

Quale disposizione transitoria, l’art. 5 ha stabilito che il primo concorso fosse riservato agli insegnanti di religione cattolica – in possesso dei requisiti di qualificazione professionale e di idoneità – che avevano prestato continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso degli ultimi dieci anni e per un orario complessivamente non inferiore alla metà di quello d'obbligo, anche in ordini e gradi scolastici diversi[16].

 

In attuazione dell’art. 5 della L. 186/2003, con bando emanato con decreto direttoriale del 2 febbraio 2004[17], sono stati indetti due distinti concorsi riservati – l’uno per la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, l’altro per la scuola secondaria di primo e secondo grado – per la copertura dei posti vacanti e disponibili all’inizio di ciascuno degli aa.ss. 2004/2005, 2005/2006 e 2006/2007.

Le procedure sono state curate dai singoli uffici scolastici regionali che hanno provveduto, altresì, ad approvare le graduatorie generali di merito di ciascuno dei due concorsi.

Si veda, a titolo esemplificativo, per il Lazio, la graduatoria di merito (suddivisa per diocesi presenti nell’ambito regionale) del concorso riservato a posti di insegnante di religione cattolica per la scuola dell’infanzia e primaria, approvata con decreto direttoriale 11 febbraio 2005, prot. n. 3527 (successivamente rettificata con D.D. 21 aprile 2005, prot. n. 16747), nonché la graduatoria di merito (anch’essa suddivisa per diocesi), del concorso riservato a posti di insegnante di religione cattolica per la scuola secondaria di I e II grado, approvata con decreto direttoriale 18 febbraio 2005, prot. n. 3829 (e successivamente rettificata con D.D. 8 febbraio 2005, prot. n. 4479 e D.D. 21 aprile 2005, prot. n. 16746).

 

Non risultano, invece, essere state bandite procedure secondo la disciplina a regime (art. 3, L. 186/2003).

 

Alla luce della ricostruzione normativa, appare necessario chiarire se l’intenzione sia quella di riferirsi solo a una delle procedure già espletate (per la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, o per la scuola secondaria di primo e secondo grado) ovvero a entrambe, intervenendo di conseguenza – in quest’ultima ipotesi – sulla formulazione del testo.

Inoltre, sembrerebbe opportuno prevedere innanzitutto – prima della loro trasformazione – la riapertura delle graduatorie, risultando le stesse ormai chiuse.

 

I commi da 9-ter a 9-quinquies dispongono che alla copertura dei posti vacanti e disponibili nelle dotazioni organiche previste per l’assunzione a tempo indeterminato del personale docente di religione cattolica si provvede attingendo:

        dalle suddette graduatorie ad esaurimento, nella misura del 50 per cento (comma 9-ter);

        dalle graduatorie all’esito di procedure concorsuali attivate ai sensi dell’art. 3 della L. 186/2003, nella misura del 50 per cento (comma 9-quater) ovvero interamente, qualora le graduatorie di cui al comma 9-bis risultino esaurite (comma 9-quinquies).

Come già accennato, si prevede, in sostanza, un meccanismo analogo a quello vigente per la generalità degli insegnanti.

 

Al riguardo, si ricorda, che l’accesso ai ruoli del personale docente avviene, in base all’art. 399 del d.lgs. 297/1994 – come successivamente modificato, in particolare, dall’art. 1 della L. 124/1999 –, per il 50% dei posti mediante concorsi per titoli ed esami e, per il 50%, attingendo alle graduatorie permanenti (dal 1° gennaio 2007, graduatorie ad esaurimento ex art. 1, co. 605, lett. c), L. 296/2006), predisposte in ogni provincia.

Nel caso in cui la graduatoria di un concorso sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente. Detti posti vanno reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva.

 

Con riguardo alla formulazione del testo, nel comma 9-quinquies sarebbe opportuno sostituire le parole “alla procedura concorsuale” con le parole “a seguito della procedura concorsuale”.

Il comma 9-sexies conferma l’applicabilità delle disposizioni recate dall’art. 1-ter del D.L. 250/2005 (L. 27/2006), relative al trattamento economico degli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli in base all’art. 1 della L. 186/2003, anche al personale inquadrato nei ruoli in base ai commi da 9-ter a 9-quinquies, e fa salve le procedure di autorizzazione alle assunzioni previste dall’art. 39, co. 3-bis, della L. 449/1997[18].

 

In base all’art. 1, co. 2, della già citata L. 186/2003, agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli istituiti dal medesimo articolo si applicano le norme di stato giuridico e il trattamento economico previsti dal d.lgs. 297/1994 e dalla contrattazione collettiva.

Successivamente, l’art. 1-ter del D.L. 250/2005 (L. 27/2006) ha previsto che, ai fini dell’applicazione del richiamato art. 1, co. 2, della L. 186/2003, gli insegnanti di religione cattolica destinatari dell’inquadramento conservano, a titolo di assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici e di carriera, l’eventuale differenza tra il trattamento economico in godimento e quello spettante in applicazione del suddetto inquadramento.

 

Dal punto di vista del coordinamento con la normativa vigente, nel comma 9-sexies occorre citare anche il comma 3 dell’art. 39 della L. 449/1997, che disciplina la procedura di autorizzazione, mentre il comma 3-bis nel prevede l’applicabilità a tutte le amministrazioni.

 

 


 

Articolo 2, commi 1-3
(Assorbimento delle eccedenze di personale della P.A.)

 

 

Il comma 1 apporta alcune modifiche agli articoli 2 e 14 del D.L. 95/2012, al fine di chiarire la portata di alcune disposizioni ivi contenute.

In particolare, viene modificato in più parti il comma 11 dell’articolo 2, che disciplina gli esuberi di personale derivanti dalle riduzioni di organico disposte dallo stesso articolo.

Per le unità di personale in soprannumero all'esito delle riduzioni di organico, il richiamato comma 11 ha disposto che le amministrazioni (fermo restando per la durata del soprannumero il divieto di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, compresi i trattenimenti in servizio), avviino specifiche procedure (previste all'articolo 33 del D.Lgs. 165/2011[19]).

Le procedure e misure previste, in ordine di priorità, sono:

§       applicazione ai lavoratori in soprannumero che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi i quali, ai fini del diritto di accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore dell’articolo 24 del D.L. n. 201/2011, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2014, dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva (nonché del regime delle decorrenze) previsti dalla predetta disciplina pensionistica ed applicazione, senza necessità di motivazione, dell’istituto della risoluzione del rapporto di lavoro (ex articolo 72, comma 11 del D.L. 112/2008 (lettera a))[20];

Ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto (TFR), comunque denominato, per il personale interessato dalla sopradescritta procedura, si provvede nei seguenti termini:

1.       qualora il soggetto abbia maturato i requisiti per il pensionamento alla data del 31 dicembre 2011 il trattamento di fine rapporto medesimo sarà corrisposto al momento della maturazione del diritto alla corresponsione dello stesso sulla base di quanto stabilito dall’articolo 1, commi 22 e 23, del D.L. n. 138/2011 (lettera a), numero 1);

2.       qualora il soggetto maturi i requisiti per il pensionamento, secondo quanto previsto dalla procedura in esame, successivamente al 31 dicembre 2011 in ogni caso il trattamento di fine rapporto sarà corrisposto al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione dello stesso secondo le disposizioni dell’articolo 24 del D.L. n. 201/2011 e sulla base di quanto stabilito dall’articolo 1, comma 22 del predetto D.L. n. 138/2011 (lettera a), numero 2);

§       obbligo per le amministrazioni che presentino sovrannumeri di predisporre un piano entro il 31 dicembre 2012 contenente la previsione delle cessazioni dal servizio, tenuto conto di quanto previsto alla precedente lettera a), indicando i tempi per il riassorbimento delle posizioni soprannumerarie. In particolare, le amministrazioni dovranno individuare i sovrannumeri non riassorbibili entro due anni a decorrere dal 1° gennaio 2013 (quindi, entro il 31 dicembre 2014), al netto dei collocamenti a riposo di cui alla lettera a) (lettere b) e c));.

§       dopo l’individuazione delle posizioni soprannumerarie non riassorbibili ai sensi della precedente lettera c), obbligo per le amministrazioni interessate di avviare, per tali posizioni, procedure di mobilità, anche intercompartimentale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie e in coerenza con i documenti di programmazione dei fabbisogni dei personale. Destinatarie della mobilità sono le amministrazioni che presentino consistenti vacanze di organico. In analogia a quanto previsto da disposizioni similari, vengono previste disposizioni ordinamentali volte a consentire per il personale transitato in mobilità il mantenimento del trattamento previdenziale, di quello economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, e le relative tabelle di equiparazione (lettera d));

§       dichiarazione di eccedenza per il personale di cui alla precedente lettera c) che presenti maggiore anzianità contributiva e non sia destinatario delle misure di cui alle precedenti lettere. Per tale personale vengono definiti criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale, sentite le organizzazioni sindacali. I contratti di part time vengono definiti in proporzione alle eccedenze prevedendo il graduale riassorbimento all’atto delle cessazioni dal servizio, a qualunque titolo, e portando comunque a compensazione i contratti part-time del restante personale (lettera e)).

 

Più specificamente, il comma 1, lettera a), n. 1), sostituendo il primo periodo del comma 11, dà alle amministrazioni un margine per la copertura dei posti vacanti in alcune aree a fronte della gestione delle posizioni soprannumerarie in altre, rendendo di fatto più elastica la gestione delle esigenze funzionali. In ogni caso, resta il divieto di effettuare, nelle qualifiche o nelle aree interessate da posizioni soprannumerarie, nuove assunzioni di personale a qualsiasi titolo per tutta la durata del sovrannumero. La possibilità di coprire i posti vacanti è subordinata ad un congelamento di posti corrispondente al valore finanziario delle unità in sovrannumero che saranno assorbite. La copertura dei posti è condizionata all’autorizzazione ad assumere (e alla verifica) da parte del Dipartimento della funzione pubblica e del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, previa presentazione, da parte delle amministrazioni interessate, di un piano di assorbimento delle eccedenze (ai sensi dell’articolo 2, comma 12, del D.L. 95/2012) tale da garantire la compatibilità delle coperture di posti con gli equilibri di finanza pubblica, ed evitare situazioni di esubero e di collocamento del personale in disponibilità, anche secondo quanto disposto dal successivo articolo 14, comma 7, del D.L. 95/2012 (anche esso modificato dal provvedimento in esame, vedi infra). Viene inoltre ribadita l’applicabilità dell’articolo 33, comma 5, del D.Lgs. 165/2001 per le unità di personale eventualmente ancora in esubero, nonché le procedure di priorità.

Oltre a ciò:

§      si riconosce l’applicabilità della disciplina pensionistica (relativa ai requisiti per il trattamento e ai termini di decorrenza) previgente alla riforma introdotta dall’articolo 24 del D.L. 201/2011 per i dipendenti pubblici in soprannumero nel caso in cui essi possano conseguire la decorrenza del trattamento entro il 31 dicembre 2015 (anziché entro il 31 dicembre 2014, come era previsto dall’articolo 2, comma 11, lettera a), del D.L. 95/2012) (comma 1, lettera a), n. 2) (si veda anche il commento al comma 6);

§      si differisce al 31 dicembre 2013 (in luogo del 31 dicembre 2012) il termine per la predisposizione di una previsione delle cessazioni di personale in servizio al fine della verifica dei tempi di riassorbimento delle posizioni soprannumerarie (di cui all’articolo 2, comma 11, lettera b), del D.L. 95/2012) (comma 1, lettera a), n. 3);

§      si dispone che l'individuazione delle posizioni di sovrannumero sia operata con riferimento ai lavoratori non riassorbibili entro il termine di 3 anni (invece dei 2 considerati dall’articolo 2, comma 11, lettera c), del D.L. 95/2012) a decorrere dal 1° gennaio 2013, e cioè entro il 1° gennaio 2016 (ossia anziché entro il 1° gennaio 2015) (comma 1, lettera a), n. 4);

§      si differisce al 31 dicembre 2013 (in luogo del 30 giugno 2013, come in precedenza previsto dall’articolo 12, comma 2, del D.L. 95/2012) il termine entro il quale, nel caso in cui il personale non possa essere riassorbito con le procedure del comma 11, l'amministrazione ne dichiari l'esubero (comma 1, lettera a), n. 5).

Si ricorda, inoltre, che lo stesso comma 12 ha precisato che il periodo di 24 mesi di cui al comma 8 dell'articolo 33 del D.Lgs. 165/2001 (vedi nota n. 1) possa essere aumentato fino a 48 mesi laddove il personale collocato in disponibilità maturi entro il predetto arco temporale i requisiti per il trattamento pensionistico.

 

La lettera b) del comma 1 sostituisce il comma 7 dell’articolo 14 del D.L. 95/2012, al fine di prevedere che le cessazioni dal servizio per collocamenti anticipati a riposo di lavoratori in posizione di soprannumero (in applicazione dell’articolo 2, comma 11, lettera a), del D.L. 95/2012) possano essere calcolate, una volta trascorso il tempo corrispondente al raggiungimento dei più elevati requisiti pensionistici previsti dalla legge di riforma (articolo 24, del D.L. n. 214/2011, c.d. Riforma Fornero), come risparmio utile al fine di individuare le disponibilità finanziarie da destinare a nuove assunzioni (ossia il budget assunzionale).

 

L’articolo 14, comma 7, del D.L. 95/2012, nel testo previgente, stabiliva che le cessazioni derivanti da collocamenti a riposo relativi a posizioni soprannumerarie non fossero in ogni caso computabili ai fini del budget assunzionale.

 

Il comma 2 esclude gli ordini e collegi professionali dalla disciplina sulla riduzione delle dotazioni organiche nella pubblica amministrazione dettata dall’art. 1, commi 1e 2, del D.L: 95/2012 (L. 135/2012).

Ciò, nonostante che tali ordini e collegi abbiano natura di enti pubblici non economici che operano sotto la vigilanza dello Stato e che le prestazioni lavorative subordinate alle loro dipendenze integrino un rapporto di pubblico impiego.

Ai fini delle assunzioni resta tuttavia fermo, per i predetti enti, l’obbligo di adeguare le proprie politiche ai princìpi di contenimento e razionalizzazione della spesa.

 

Il comma 3 disciplina i casi in cui sia stata dichiarata l’eccedenza di personale per ragioni funzionali o finanziarie dell'amministrazione, quali quelle connesse, ad esempio, al dissesto dei bilanci (ex articolo 2, comma 14, del D.L. 95/2012). In questi casi, si precisa che l’applicazione dell’istituto della risoluzione del rapporto di lavoro e dei requisiti anagrafici e contributivi ante D.L. 201/2011 (di cui all’articolo 2, comma 11, lettera a), del D.L. 95/2012, vedi supra) opera nei confronti di tutte le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[21].

Viene inoltre precisato che le posizioni organiche dichiarate eccedentarie non possano essere ripristinate nella dotazione organica di ciascuna amministrazione. Infine, si prevede espressamente l’applicazione delle disposizioni dell'articolo 14, comma 7, del D.L. 95/2012, nel testo modificato dal provvedimento in esame (vedi supra).

 

 

 


 

Articolo 2, commi 4 e 5
(Permanenza in servizio dei lavoratori della P.A.)

 

 

I commi 4 e 5 recano un’interpretazione autentica dell’articolo 24, commi 3 e 4, del D.L. 201/2011, che disciplinano il regime di accesso al trattamento pensionistico ed i limiti di età per la permanenza in servizio.

 

Si ricorda che l’articolo 24, comma 3, del D.L. 201/2011 ha disposto una certificazione dei diritti acquisiti prima della data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 (su domanda dei soggetti interessati) per i lavoratori che avessero maturato, entro il 31 dicembre 2011, i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa previgente.

Il comma 4 ha disposto la possibilità, per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione viene liquidata a carico dell'Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e delle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, di conseguire la pensione di vecchiaia all'età in cui operano i requisiti minimi previsti dalle disposizioni del D.L. 201/2011. Il secondo periodo del comma ha inoltre previsto un sistema di incentivazione al proseguimento dell'attività lavorativa, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, attraverso una riparametrazione dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all'età di 70 anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita, come previsti dall'articolo 12 del D.L. 78/2010. Lo stesso comma prevede, altresì, che nei confronti dei lavoratori dipendenti, l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 18 della L. 300/1970 (cd. tutela reale) operi fino al conseguimento del richiamato limite massimo di età.

 

Il comma 4con norma di interpretazione autentica dell’articolo 24, comma 3, del D.L.201/2011 - prevede che il conseguimento, da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni, di un qualsiasi diritto al pensionamento entro il 31 dicembre 2011 comporti obbligatoriamente l'applicazione del regime di accesso e dei termini di decorrenza previgenti rispetto all'entrata in vigore del medesimo articolo 24.

 

Il comma 5con norma di interpretazione autentica dell’articolo 24, comma 4, secondo periodo, del D.L. 201/2011 - prevede che, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d'ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011:

·         non viene modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici disposto dallo stesso D.L. 201 per la pensione di vecchiaia;

·         costituisce limite non superabile (se non per il trattenimento in servizio o per consentire all'interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione, ove essa non sia immediata) al raggiungimento del quale l'amministrazione ha l’obbligo di cessare il rapporto di lavoro o di impiego (a condizione che il lavoratore abbia conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto al pensionamento).

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al provvedimento, “l’interpretazione autentica si rende necessaria per chiarire in maniera inequivocabile - evitando lo sviluppo di contenzioso - il regime applicabile ai lavoratori che hanno conseguito il requisito a pensione entro il 2011 e la salvezza dei limiti ordinamentali per i dipendenti pubblici”.

Inoltre, l’interpretazione autentica è conforme a quanto disposto dalla circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 2 dell’8 marzo 2012, la quale, sulla base dell’aumento dei requisiti anagrafici e contributivi disposti dallo stesso articolo 24 del D.L. 201/2011per i dipendenti pubblici, ha ritenuto opportuno chiarire che in base allo stesso articolo 24 (commi 3 e 14), “i dipendenti che hanno maturato i requisiti per il pensionamento entro la data del 31 dicembre 2011 rimangono soggetti al regime previgente per l'accesso e per la decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia e di anzianità. Pertanto, anche se sono ancora in servizio, tali dipendenti non sono soggetti, neppure su opzione, al nuovo regime sui requisiti di età e di anzianità contributiva, fermo restando che si applica anche a loro il regime contributivo pro-rata per le anzianità maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012. Ne consegue”, continua la circolare, “che per i dipendenti che, alla data del 31 dicembre 2011, hanno maturato i requisiti per l'accesso al pensionamento vigenti prima del d.l. n. 201 del 2011 (quindi al raggiungimento dei 65 anni) continuano ad essere vigenti le condizioni legittimanti l'accesso al trattamento precedenti e non può trovare applicazione la nuova disciplina, che esplica i suoi effetti esclusivamente nei confronti dei dipendenti che a decorrere dal 1° gennaio 2012 maturano i requisiti per il pensionamento. Pertanto, l'amministrazione, nell'anno 2012 o negli anni successivi, dovrà collocare a riposo al compimento dei 65 anni (salvo trattenimento in servizio) quei dipendenti che nell'anno 2011 erano già in possesso della massima anzianità contributiva o della quota o comunque dei requisiti previsti per la pensione. La portata della circolare è stata in parte annullata dalla sentenza n. 2446/2013 del TAR del Lazio, che in pratica ha tolto alla pubblica amministrazione la facoltà di legittimare il collocamento a riposo d’ufficio nei confronti del dipendente che compie 65 anni contro il parere avverso dello stesso, a prescindere dal controllo del perfezionamento entro il 31 dicembre 2011 dei requisiti previgenti al D.L. 201/2011 per poter accedere alla pensione di anzianità, riconoscendo il diritto del ricorrente (un dipendente del Ministero della giustizia) a restare in servizio sino a 66 anni (limite anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia dall’articolo 24 del D.L. 201/2011).

Al riguardo, la stessa relazione illustrativa precisa che “vi sarebbe il rischio che - non potendosi opporre il limite ordinamentale per la cessazione dal servizio - i pubblici dipendenti possano pretendere di rimanere in servizio sino a 70 anni (questa età anagrafica è stabilita in generale dal menzionato articolo 24, comma 4), con evidenti ripercussioni negative sull’organizzazione delle amministrazioni, che, come noto, sono in fase di riduzione delle dotazioni organiche. Peraltro, la presenza di altre pronunce favorevoli invece all’orientamento espresso nella citata circolare (sentenza del TAR per l’Emilia Romagna n. 201/2013, e del TAR per il Veneto n. 303/2013) evidenzia proprio la necessità di intervenire legislativamente, onde evitare il proliferare di ulteriore contenzioso dannoso per le amministrazioni”.


 

Articolo 2, comma 6
(Risoluzione del rapporto di lavoro)

 

 

Il comma 6 reca un’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 11, lettera a), del D.L. 95/2012 (vedi supra), che disciplina i collocamenti a riposo in deroga a fronte di posizioni di sovrannumero, disponendo che l'amministrazione, nei limiti del soprannumero, debba (si tratta, quindi, di un obbligo) procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti in possesso dei requisiti indicati nella medesima norma.

 

Secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa al provvedimento, “la norma si rende necessaria in quanto la testuale formulazione della norma vigente si presta a dar adito a qualche dubbio circa il carattere obbligatorio della risoluzione del rapporto per i dipendenti che sono in possesso dei requisiti ivi disciplinati, considerata l’esigenza di gestire il processo di assorbimento degli esuberi in maniera ordinata e senza costi di contenzioso per le amministrazioni”.

 


 

Articolo 2, commi 7–8-quater
(Disposizioni in tema di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni e conferimento di incarichi dirigenziali)

 

 

I commi 7 e 8 dell’articolo 2 recano disposizioni relative al processo di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni conseguente alla riduzione delle dotazioni organiche prevista dall’art. 2, co. 1, del D.L. 95/2012 (c.d. spending review).

 

In particolare, il comma 7 rimodula il termine per l’adozione dei regolamenti di organizzazione stabilendolo al 31 dicembre 2013 e dispone che, in caso di mancata adozione, le amministrazioni inadempienti non possono, a decorrere dal 1° gennaio 2014, procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto.

Le amministrazioni a cui si applica la disposizione richiamata e quelle in esame (individuate per rinvio all’art. 2, co. 1, del D.L. 95/2012) sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca, nonché gli enti pubblici di cui all'art. 70, co. 4, del D.Lgs. 165/2001.

 

Per quanto riguarda le misure di razionalizzazione organizzativa, si ricorda che il D.L. 95/2012 prosegue un filone di interventi normativi con i quali, a partire dal 2008, si è disposto un progressivo ridimensionamento degli assetti organizzativi delle amministrazioni statali e di varie categorie di enti pubblici nazionali. Tali riduzioni sono state previste dapprima dall’articolo 74 del D.L. 112/2008 e, successivamente, dall’articolo 2, comma 8-bis, del D.L. 194/2009 e dall’articolo 1, commi 3-5, del D.L. 138/2011.

L’ultima misura del programma di riduzione degli assetti organizzativi delle p.a. è appunto rappresentata dall’articolo 2, comma 1, del D.L. 95/2012 (c.d. spending review), che ha disposto la riduzione, con specifiche eccezioni (comparto sicurezza, magistratura, personale amministrativo degli uffici giudiziari, Presidenza del Consiglio dei Ministri e personale già interessato dalle riduzioni di cui al D.L. 87/2012), degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato in misura non inferiore al 20% per il personale dirigenziale (di livello generale e non generale) e del 10% della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale[22].

I tagli previsti non si applicano, oltre che alle categorie citate, anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha già provveduto alla riduzione con il D.P.C.M. del 15 giugno 2012 sulla base dell’art. 2, co. 7-bis, D.L. 194/2009, nonché al Ministero dell’economia e delle finanze e alle agenzie fiscali, per le quali lo stesso decreto ha previsto un programma di riduzione ad hoc (art. 23-quinquies, D.L. 95/2012). Un’ulteriore deroga è quella prevista per il personale dell’Amministrazione civile dell’interno, al quale le riduzioni si applicano solo all’esito della procedura di soppressione e razionalizzazione delle province prevista dall’articolo 17 del decreto (poi dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale) e, comunque, entro il 30 aprile 2013. la sospensione della riduzione delle dotazioni organiche del Ministero è stata confermata fino al 30 giugno 2014 dal comma 5 dell’art. 12 del D.L. 93/2013, attualmente in corso di esame per la conversione da parte della Camera dei deputati.

Le riduzioni di organico sono disposte con specifici D.P.C.M. da adottare entro il 31 ottobre 2012. In sede di attuazione, le amministrazioni possono adottare riduzioni in misura inferiore alle percentuali indicate a condizione che siano compensate per la differenza dalle maggiori riduzioni operate da altre amministrazioni (comma 5).

Nei casi di mancata adozione dei provvedimenti di riduzione entro il termine, il comma 6 prevede che l’amministrazione responsabile sia soggetta alla sanzione del divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto.

I criteri per l’applicazione delle misure di riduzione degli assetti organizzativi sono stati ulteriormente specificati con direttiva della Presidenza del consiglio n. 10/2012 del 24 settembre 2012.

 

Le misure sulla spending review concernenti la rideterminazione degli organici previste dal decreto-legge n. 95/2012 hanno ricevuto attuazione per le seguenti amministrazioni:

§         Ministero dell’economia e delle finanze, con d.P.C.M. 25 ottobre 2012;

§         forze armate (Esercito italiano, Marina militare e Aeronautica militare), con d.P.C.M. 11 gennaio 2013;

§         Ministero della difesa, Ministero dello sviluppo economico, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero per i beni e le  attività  culturali, Ministero della salute, nonché alcuni enti pubblici di ricerca (20) ed altri enti pubblici non economici (20) con unico con d.P.C.M. 22 gennaio 2013;

§         Enti parco, con d.P.C.M. 23 gennaio 2013;

§         INPS ed ENAV, con d.P.C.M. 23 gennaio 2013;

§         Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con d.P.C.M. 6 marzo 2013.

Nel disegno prefigurato dall’art. 2 del D.L. 95/2012, la riduzione delle dotazioni organiche si accompagna a una ridefinizione degli assetti organizzativi delle amministrazioni interessate che vi provvedono con regolamenti di organizzazione adottati secondo i rispettivi ordinamenti.

 

Ai sensi dell’art. 2, co. 10, i regolamenti devono contenere le seguenti misure:

§         la concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali (lettera a));

§         la riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo (lettera b));

§         la rideterminazione della rete periferica su base regionale o interregionale (lettera c));

§         l’unificazione delle strutture che svolgono funzioni logistiche e strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni (lettera d);

§         accordi tra amministrazioni per l'esercizio unitario delle funzioni di cui alla precedente lettera d), anche con strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica e l'utilizzo congiunto delle risorse umane (lettera e);

§         la 'tendenziale' eliminazione degli incarichi di cui all’articolo 19, comma 10, del D.Lgs. n. 165/2001[23] (lettera f).

Si ricorda inoltre, che, l’art. 2, comma 10-bis, del D.L. 95/2012 ha previsto che per le pubbliche amministrazioni dello Stato, il numero degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale non può essere incrementato se non con disposizione legislativa di rango primario.

 

Il termine originario per l’adozione dei nuovi regolamenti di organizzazione era stabilito in sei mesi dall’adozione dei rispettivi d.P.C.M. di riduzione delle dotazioni organiche. Con la disposizione in commento, invece, il termine diventa unico per tutte le amministrazioni che abbiano provveduto alla rideterminazione dell’organico ed è fissato alla data del 31 dicembre 2013.

Parallelamente, viene prorogato al 31 dicembre il termine entro il quale i Ministeri possono adottare i propri regolamenti mediante d.P.C.M., in deroga al procedimento ordinario stabilito dall’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988 (nonché dall’art. 4 del D.Lgs. 300/1999) che prevede regolamenti governativi di delegificazione, adottati con d.P.R. la disposizione specifica che per i Ministeri il termine s’intende rispettato con l’approvazione preliminare del Consiglio dei ministri degli schemi dei regolamenti.

 

 

Sul punto, si ricorda che al fine di semplificare ed accelerare il riordino organizzativo conseguente alla rideterminazione delle dotazioni organiche, lo stesso art. 2 del D.L. 95/2012 ha previsto, al comma 10-ter, che i regolamenti di organizzazione dei Ministeri siano adottati con D.P.C.M., su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze.

I suddetti decreti sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti ex art. 3, commi da 1-3, della legge n. 20/1994 e, sugli stessi, viene riconosciuta la facoltà al Presidente del Consiglio di richiedere il parere da parte del Consiglio di Stato. A differenza dei regolamenti adottati con d.P.R., non è, invece, previsto il parere delle commissioni parlamentari. A decorrere dalla data di efficacia di ciascuno dei predetti decreti cessa di avere vigore, per il Ministero interessato, il regolamento di organizzazione vigente.

Il termine per l’uso di tale deroga era inizialmente fissato al 31 dicembre 2012 e successivamente prorogato al 28 febbraio 2013 dall’art. 1, co. 406, L. 228/2012 (legge di stabilità 2013). Alla data odierna, sono stati adottati solo i regolamenti di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze (d.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 67) e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (d.P.C.M. 27 febbraio 2013, n. 105).

Si ricorda, peraltro, che la citata direttiva n. 10/2012 ha rimarcato come il d.P.C.M. costituisca uno strumento più celere in termini procedurali e temporali, che i Ministeri possono, ma non hanno l’obbligo di utilizzare, entro i termini previsti. Pertanto, nel caso in cui tale facoltà non venga esercitata, si ricorre al D.P.R. previsto dalla disciplina ordinaria.

 

Si valuti che la disposizione proroga una deroga all’ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri: infatti, l’intervento in tale materia spetta, in via ordinaria, a regolamento da adottare con D.P.R., previo esame parlamentare del relativo schema. La proroga, disposta per la terza volta, conferisce alla deroga ulteriore continuità di effetti.

In ogni caso si consideri che tale continuità di effetti non potrebbe consentire la modificabilità con d.P.C.M.di disposizioni contenute in regolamento adottato con D.P.R..

 

La disposizione in esame dispone, inoltre, la sanzione del divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto, in caso di mancata adozione dei regolamenti di riordino, che scatta a decorrere dal 1° gennaio 2014.

 

Il successivo comma 8 prevede che all'esito degli interventi di riorganizzazione di cui al comma 7, le amministrazioni interessate procedano al conferimento degli incarichi dirigenziali seguendo le modalità, le procedure ed i criteri previsti dall'articolo 19 del decreto legislativo 165/2001, che disciplina, in via generale, il conferimento dei predetti, nonché stabilisce alcune disposizioni di garanzia delle unità di personale dirigenziale che risulti in soprannumero.

 

Tale disciplina si coordina con le modifiche stabilite dal comma 1 dell’articolo 2 in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia) con novella dell’art. 2, co. 11, D.L. 95/2012, in relazione alle posizioni soprannumerarie conseguenti al riordino organizzativo.

 

Per le unità di personale in soprannumero all'esito delle riduzioni previste, fermo restando il divieto di assunzioni a qualsiasi titolo (compresi i trattenimenti in servizio), l’art. 2, comma 11, D.L. 95/2012 (come modificato dal provvedimento in esame) prevede il pensionamento anticipato (a determinate condizioni), il passaggio al part-time, l’avvio di procedure di mobilità e la ricollocazione presso altre P.A. con vacanze di organico; il personale non riassorbibile viene dichiarato in esubero (comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2013).

 

In particolare, i rapporti di lavoro in essere alla data di entrata in vigore del D.L. 95/2012 sono fatti salvi fino alla scadenza dei contratti con i quali sono stati conferiti i relativi incarichi, a meno che – come specificato con una modifica al testo introdotta nel corso dell’esame al Senato – nel singolo provvedimento di incarico non fosse contenuta una clausola espressa di decadenza in caso di riorganizzazione dell’amministrazione.

 

Per salvaguardare i rapporti in essere, in primo luogo si prevede la costituzione in via provvisoria ed, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2014, di un contingente ad esaurimento di incarichi dirigenziali da conferire ex art. 19, co. 10, D.Lgs. 165/2001 (ossia incarichi per lo svolgimento di funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali) per un numero corrispondente alle unità di personale risultante in soprannumero all'esito delle procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali.

Tale contingente si riduce progressivamente:

§         con le cessazioni dal servizio per qualsiasi causa dei dirigenti di ruolo, comprese le ipotesi di pensionamento anticipato a determinate condizioni (in applicazione dell’art. 2, co. 11, lett. a), del D.L. 95/2012);

§         con la scadenza degli incarichi dirigenziali non rinnovati del personale non appartenente ai ruoli dirigenziali dell'amministrazione.

 

La disposizione fa salvo l’obbligo di rispettare le percentuali previste dall'articolo 19, commi 5-bis e 6, del D.Lgs. 165/2001, calcolate sulla dotazione organica ridotta.

Si ricorda che le percentuali previste dal vigente art. 19, co. 5-bis sono modificate ai sensi del comma 8-ter dell’articolo in esame (su cui, v. infra).

 

I commi 5-bis e 6 dell’art. 19, D.Lgs. 165/2001 disciplinano la possibilità, a certe condizioni, di conferire incarichi di funzione dirigenziale a soggetti non appartenenti ai ruoli della dirigenza pubblica di cui all’articolo 23 del medesimo decreto.

In particolare, entro certi limiti (10% della dotazione organica della prima fascia e 5% della seconda fascia) gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui all’articolo 23 del D.Lgs. 165, purché dipendenti da altre amministrazioni pubbliche o da organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti (co. 5-bis).

A sua volta, il comma 6 del medesimo articolo prevede la possibilità, a certe condizioni, di conferire incarichi di funzione dirigenziale a soggetti esterni alla pubblica amministrazione ovvero a personale pubblico non dirigente (anche appartenente all’amministrazione conferente), con contratto a tempo determinato Il numero di incarichi non può comunque eccedere una certa soglia, per ciascuna amministrazione, pari al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e l’8% di quella di seconda fascia.

 

È fatta inoltre salva la possibilità, per esigenze funzionali strettamente necessarie e adeguatamente motivate, di proseguire gli incarichi conferiti a dirigenti di seconda fascia ai sensi dell’art. 19, co. 4, del D.Lgs. 165/2001, fino alla data di adozione dei regolamenti organizzativi e comunque non oltre il 31 dicembre 2013.

 

Ai sensi dell’articolo 19, co. 4, gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia o, in misura non superiore al 70% della relativa dotazione, ai dirigenti di seconda fascia, oppure con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali.

 

Infine, l’ultimo periodo del comma in esame prevede che nelle more dei processi di riorganizzazione, per il conferimento degli incarichi dirigenziali di cui all’articolo 19, co. 3, del D.Lgs. 165/2001, qualora l'applicazione percentuale per gli incarichi previsti dal comma 6 del medesimo articolo 19 (v. supra) determini come risultato un numero con decimali, si procederà all'arrotondamento all'unità superiore.

 

Ai sensi del co. 3 del citato art. 19, gli incarichi apicali (Segretario generale di ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente) sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali.

 

Tale disposizione costituisce una deroga a quanto previsto in via generale dal comma 6-bis del D.Lgs. 165/2001, in base al quale il quoziente derivante dall’applicazione delle percentuali è arrotondato all’unità inferiore se il primo decimale è inferiore a cinque, o all’unità superiore se esso è uguale o superiore a cinque (cosiddetto arrotondamento matematico).

 

Tale modalità si applica non solo al calcolo delle percentuali relative all’affidamento di incarichi ad esperti esterni (art. 5-bis e 6 dell’art. 19) ma anche a quelle concernenti gli affidamenti a dirigenti di seconda fascia (di cui al comma 4).

 

La disposizione limita l’efficacia temporale della deroga in attesa dei processi di riorganizzazione. Potrebbe essere opportuno circoscrivere con maggiore precisione tali limiti temporali.

 

Il nuovo comma 8-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, fa salvi, sino al 31 dicembre 2014, gli incarichi dirigenziali esterni conferiti, ai sensi del citato art. 19, co. 6, D.Lgs. 165/2001, dalle amministrazioni provinciali; il riferimento è ai contratti in essere al momento della entrata in vigore del decreto (quindi al 1° settembre 2013). Si tratta, dunque, di una proroga dei contratti in scadenza da oggi a tutto il 2014: infatti, la disposizione si riferisce al differimento della data di scadenza dei contratti precisando che detto differimento non rappresenta un nuovo incarico, ma la prosecuzione dell'efficacia del contratto vigente.

La proroga, tuttavia, non sembrerebbe operare in maniera automatica in quanto il riferimento ad alcune fattispecie sembrerebbe prefigurare delle vere e proprie condizioni; infatti, la proroga dei dirigenti è adottata:

§         nel rispetto del patto di stabilità interno;

§         nel rispetto della vigente normativa di contenimento della spesa di personale;

§         tenuto conto del loro fabbisogno;

§         tenuto conto dell'esigenza di assicurare la prestazione dei servizi essenziali.

 

Si consideri, in proposito, che nella primavera del 2014 verranno a scadenza gli organi di molte province. Dal momento che l’art. 110 del testo unico enti locali prevede che i contratti dei dirigenti esterni hanno una durata massima coincidente con il mandato elettivo del presidente della provincia, l’effetto della disposizione in esame è quello di prolungare tutti i contratti in scadenza in quelle province di circa 6 mesi.

 

Il D.Lgs. n. 267/2000 TUEL prevede, attraverso il ricorso all’art. 110, comma 1, la possibilità di ricorrere alla copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire (sul tema si richiamano il parere n. 308/2010 della sez. regionale della Corte dei Conti per la Lombardia e il parere n. 44/2010 della sez. regionale della Corte dei Conti per la Puglia[24]). In breve, ai sensi dell’art. 110 del TUEL, lo statuto dell’ente locale può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità[25].

I contratti di cui sopra non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica; sotto il profilo del trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, questo può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.

 

Come espressamente indicato nella disposizione, la proroga è stabilita nelle more del completamento del processo di riforma delle province.

Il dibattito politico-parlamentare sulla riorganizzazione del sistema provinciale ha attraversato tutta la scorsa legislatura ed è culminato con una profonda riforma effettuata con i decreti-legge 201/2011 e 95/2012. Il disegno delineato da tali decreti-legge è stato inciso dalla sentenza 220/2013 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle pertinenti disposizioni. La sentenza fonda la pronuncia di illegittimità sulla considerazione che lo strumento del decreto-legge, configurato dall'art. 77 della Costituzione come "atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza", non è "utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate".

 

L'art. 23 del D.L. 201/2011 (aveva circoscritto le funzioni delle province a quelle di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale e aveva limitato gli organi di governo della provincia al consiglio provinciale e al presidente della Provincia, prevedendone un’elezione di secondo grado, secondo modalità da definire con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2013. Le amministrazioni provinciali in scadenza sono commissariate fino alla definizione del sistema elettorale. Le funzioni residue venivano trasferite ai comuni, salve esigenze di carattere unitario che ne rendessero necessaria l'acquisizione alle regioni.

Il decreto-legge n. 95/2012 (conv. da L. 135/2012) aveva disposto, con l'articolo 17, un generale riordino delle province all'esito di un procedimento da condividere con le comunità locali e una ridefinizione delle loro funzioni, con conferimento di ulteriori funzioni oltre a quelle di coordinamento stabilite dal D.L. 201/2011. Il riordino delle province era strettamente collegato all'istituzione delle città metropolitane, prevista dall'articolo 18 del medesimo provvedimento, che avrebbe dovuto comportare la contestuale soppressione delle province nel relativo territorio.

Nello scorcio della legislatura era stato emanato anche un terzo decreto-legge n. 188/2012, decaduto per mancanza di conversione nel termine, che provvedeva al riordino delle province delle regioni a statuto ordinario sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 che ne aveva individuato i requisiti minimi: popolazione di almeno 350 mila abitanti e superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. Il testo disponeva anche in materia di istituzione e di organi di città metropolitane.

 

Per superare i rilievi della Corte costituzionale e proseguire nel progetto di riforma del sistema provinciale, il Governo ha presentato, nella legislatura in corso, due nuovi disegni di legge uno ordinario, uno di riforma costituzionale.

Il disegno di legge costituzionale A.C. 1543 (di cui non è iniziato l’esame) prevede la abolizione delle province.

L’altro disegno di legge (A.C. 1542) istituisce le città metropolitane e reca una disciplina transitoria per le province, in attesa della riforma costituzionale, oltre a introdurre alcune disposizioni in materia di unioni e fusioni di comuni.

Il 9 ottobre 2013 è iniziato l’esame in sede referente da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera. Sul provvedimento la conferenza dei capigruppo ha deliberato la procedura d’urgenza su richiesta del Governo.

 

Il disegno di legge A.C. 1542 istituisce a partire dal 2014 le città metropolitane, definendone organi (provvisori e a regime) e funzioni; le città metropolitane sono destinate a subentrare alle province entro il 1° luglio 2014, a meno che una significativa parte della popolazione non aderisca alla città metropolitana (in questo caso la provincia rimane nel territorio residuo). Entro il 31 dicembre 2014 il procedimento di istituzione delle città metropolitane si conclude con l’adozione dello statuto.

Una disciplina a parte è prevista per la città di Roma in considerazione delle sue specificità in quanto Capitale.

Le disposizioni in materia di province hanno un carattere transitorio, in vista della loro soppressione stabilita dal citato disegno di legge costituzionale A.C. 1543.

La disciplina transitoria prevede l’elezione di secondo grado degli organi politici provinciali e la abolizione delle giunte. In sede di prima applicazione, si prevede che il presidente della provincia o il commissario in carica provvede a convocare le elezioni per il rinnovo degli organi secondo la nuova disciplina subito dopo le prime elezioni amministrative successive alla data di entrata in vigore della legge.

Inoltre, vengono ridefinite le funzioni delle province, indicate come funzioni di area vasta, concernenti prevalentemente la pianificazione e la programmazione di alcuni settori (quali i trasporti e la rete scolastica) che trovano il loro naturale esercizio nell’ambito provinciale.

Le restanti funzioni, quali attualmente previste, sono in parte ereditate dalle città metropolitane, per altra parte, cioè per le funzioni conferite con legge dello Stato, sono trasferite ai comuni e alle unioni di comuni ai sensi dell'art. 15, commi 2 e 3.

In proposito, si segnala che il disegno di legge di conversione del D.L. 103/2013 (approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato) reca una disposizione mantiene fermo quanto previsto dal comma 115 dell’art. 1 della L.228/2012, con l’effetto di ribadire la già vigente proroga delle gestioni commissariali in essere al 31 dicembre 2013, nonché l’applicabilità dell’art. 141 TUEL (nomina di commissari) alle province per le quali tra il 5 novembre 2012 e il 31 dicembre 2013 si verifichino la scadenza naturale del mandato degli organi delle province, oppure la scadenza dell'incarico di Commissario straordinario delle province, o in altri casi di cessazione anticipata del mandato degli organi provinciali.

Inoltre, dispone, fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione, la salvezza dei provvedimenti di scioglimento delle province, dei conseguenti atti di nomina dei commissari, nonché degli atti da questi posti in essere.

 

Il nuovo comma 8-ter, introdotto nel corso dell’esame del Senato, novella integralmente il comma 5-bis dell’articolo 19 del D.Lgs. 165/2001, come risulta dal testo a fronte che segue.

 

D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

Testo vigente

Modifiche proposte dall’A.C. 1682

Art. 19
Incarichi di funzioni dirigenziali.

Art. 19
Incarichi di funzioni dirigenziali.

 

 

5-bis. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui al medesimo articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti.

5-bis Ferma restando la dotazione effettiva di ciascuna amministrazione, gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui all’articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. Gli incarichi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 possono essere conferiti entro il limite del 15 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui al medesimo articolo 23 e del 10 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia. I suddetti limiti percentuali possono essere aumentati, rispettivamente fino ad un massimo del 25 e del 18 per cento, con contestuale diminuzione delle corrispondenti percentuali fissate dal comma 6.

 

Nel testo vigente, tale disposizione prevede la possibilità di conferire tutti gli incarichi dirigenziali previsti dai commi 1-5 del medesimo articolo anche a dirigenti che non appartengono ai ruoli della dirigenza di cui all’art. 23 del D.Lgs. 165, purché si tratti di dipendenti da altre amministrazioni pubbliche o da organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti.

Il numero di tali incarichi non può comunque eccedere una certa soglia, per ciascuna amministrazione, pari al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e il 5% di quella di seconda fascia.

La novella in esame modifica tale disciplina apportando le seguenti modifiche:

§         esclude la possibilità prevista dal comma 5-bis per gli incarichi dirigenziali apicali (Segretario generale di ministeri, incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente) che ai sensi del co. 3 del citato art. 19 sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali;

§         innalza i limiti percentuali del conferimento, prevedendo che il numero di tali incarichi non può superare la soglia del 15 per cento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e il 10% di quella di seconda fascia;

§         introduce una clausola di flessibilità, in virtù della quale i predetti limiti possono essere ulteriormente aumentati, rispettivamente fino ad un massimo del 25 e del 18 per cento, purché si registri all’interno della stessa amministrazione una corrispondente diminuzione delle percentuali fissate dal comma 6 del medesimo articolo 19 per il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alla pubblica amministrazione.

Si ricorda che tali percentuali sono pari al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e l’8% di quella di seconda fascia per ciascuna amministrazione.

 

Il comma 8-quater, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, novella l’art. 19, co. 6 del D.Lgs. 165/2001, in relazione ai criteri per l’affidamento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni ai ruoli dell’amministrazione.

 

Ai sensi dell’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165 tali incarichi devono essere conferiti a personale di particolare e comprovata esperienza professionale. Tra le caratteristiche indicate si ricordano:

§         lo svolgimento di funzioni dirigenziali in organismi pubblici o privati per almeno cinque anni;

§         il conseguimento di una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile da una formazione universitaria oppure da concrete esperienze di lavoro anche presso amministrazioni statali, comprese le stesse che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza;

§         la provenienza da settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

 

Tra i requisiti soggettivi che si richiedono come condizioni per il conferimento, è previsto, in alternativa ad altri, il possesso di una particolare specializzazione professionale, culturale o scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria. La novella specifica che la formazione richiesta non può essere inferiore al possesso del diploma di laurea”.

 

In base al nuovo sistema di articolazione e denominazione dei titoli di studio universitari recato dall'art. 3 del DM 270/2004, si distinguono laurea e laurea magistrale. Ai sensi dell'art. 7, per conseguire la laurea lo studente deve aver acquisito 180 crediti, mentre  per conseguire la laurea magistrale deve aver acquisito 120 crediti.

Poiché, in base all'art. 5, co. 2, la quantità media di impegno complessivo svolto in un anno da uno studente a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60 crediti, la laurea si consegue al termine di tre anni di studio, la laurea magistrale al termine di ulteriori due anni di studio. Esistono, inoltre, alcuni corsi di laurea magistrale a ciclo unico.

 

Alla luce della analisi normativa, l’espressione ‘diploma di laurea’ è suscettibile di diverse interpretazioni. Anche sulla base della prassi legislativa più recente, andrebbe fatto riferimento alla laurea conseguita in base al vecchio ordinamento, di regola equiparata alla laurea magistrale nel nuovo ordinamento.

 


 

Articolo 2, comma 8-quinquies
(
Comitato per la verifica delle cause di servizio)

 

 

Il comma 8-quinquies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, attraverso una modifica all’articolo 2, comma 1-octies, del D.L. 225/2010, dispone che il Comitato per la verifica delle cause di servizio (chiamato ad accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione dei dipendenti pubblici) sia prorogato, nell'attuale composizione, fino al 31 dicembre 2015 (in luogo del 31 dicembre 2013).

 

Il Comitato di verifica per le cause di servizio è un organo consultivo che emana pareri sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte o lesioni subite da dipendenti pubblici, civili o militari, e sulla interdipendenza tra infermità.

Il Comitato opera presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e si avvale di una Segreteria nell'ambito del Dipartimento dell’Amministrazione generale del personale e dei servizi - Direzione dei servizi del tesoro.

I pareri emessi dal Comitato sono obbligatori e sostanzialmente vincolanti per le Amministrazioni richiedenti le quali, qualora ritengano di non conformarsi alla pronuncia del Comitato, hanno l’obbligo di richiedere, entro venti giorni dalla data di ricezione, per  motivate ragioni, un ulteriore parere, al quale le stesse amministrazioni poi si dovranno in ogni caso attenere.

I componenti del Comitato di verifica per le cause di servizio (da un minimo di 30 ad un massimo di 40, ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. n. 461 del 29.10.2001, come modificato dall'art. 1 del D.P.R. n. 282 del 18.09.2006) sono nominati con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze fra i magistrati, gli avvocati dello Stato ed i dirigenti dello Stato, gli ufficiali superiori medici delle Forze armate e qualifiche equiparate delle Forze di polizia di Stato, siano esse ad ordinamento militare o civile, ed i funzionari medici dello Stato preferibilmente specialisti in medicina legale e delle assicurazioni.

 

 


 

Articolo 2, comma 9
(Dotazione organica dirigenti della Presidenza del Consiglio)

 

 

Il comma 9 contiene una norma di interpretazione autentica dell’articolo 9-bis, co. 2, del decreto legislativo 303/1999, in base al quale le dotazioni organiche del personale dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri sono determinate in misura corrispondente ai posti di funzione di prima e di seconda fascia istituiti con i provvedimenti di organizzazione delle singole strutture.

 

Ai sensi del D.Lgs. 303/1999 che disciplina l’ordinamento della Presidenza del Consiglio, i dirigenti di prima e di seconda fascia sono inseriti, rispettivamente, nel ruolo dei consiglieri e dei referendari della Presidenza (art. 9-bis, co. 1).

Ai sensi dell'art. 7, commi 1, 2 e 3, il Presidente del Consiglio dei Ministri individua, con propri decreti, le aree funzionali omogenee da affidare alle strutture in cui si articola il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed indica, per tali strutture e per quelle di cui si avvalgono Ministri o Sottosegretari di Stato da lui delegati, il numero massimo degli Uffici e dei servizi, restando l'organizzazione interna delle strutture medesime affidata alle determinazioni del Segretario generale o dei Ministri e Sottosegretari delegati, secondo le rispettive competenze.

In relazione alle esigenze di revisione della spesa pubblica, è intervenuto il d.P.C.M. 15 giugno 2012, che ha disposto la riduzione del 20% delle dotazioni organiche dirigenziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del 10% delle dotazioni organiche non dirigenziali. Conseguentemente, con d.P.C.M. 1 ottobre 2012 è stato ridefinito l'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in modo da adeguare l'organizzazione della Presidenza alle riduzioni disposte. L’articolo 37, co. 6, di tale decreto rinvia ad un successivo decreto del Presidente per la rideterminazione delle dotazioni organiche del personale dirigenziale in relazione al nuovo ordinamento delle strutture.

 

L’interpretazione autentica recita che i posti di funzione relativi ai Capi dei Dipartimenti e degli Uffici autonomi, concorrono:

§         alla determinazione della complessiva dotazione organica dei dirigenti di prima fascia della Presidenza del Consiglio dei Ministri e:

§         al computo del rispetto dei limiti percentuali di incarichi conferibili a soggetti esterni ai ruoli dei dirigenti di prima fascia della Presidenza; come precisato in sede di esame al Senato, ciò non comporta tuttavia che siano incrementati gli incarichi attribuibili alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame a dirigenti non appartenenti ai predetti ruoli dell’amministrazione.

 

L’interpretazione autentica si riferisce all’esatto computo dei posti di funzione relativi ai capi delle strutture generali della Presidenza, (o di livello dirigenziale generale), costituite dai Dipartimenti della Presidenza e dagli Uffici autonomi ad essi equiparati, ai fini della rilevanza esterna e dell'autonomia funzionale ad essi attribuita, in quanto non facenti parte di altra struttura, comprese le strutture generali affidate a Ministri o Sottosegretari, in ogni caso denominate Dipartimenti se affidate a Ministri senza portafoglio (art. 1, d.P.C.M. 1 ottobre 2012).

 

Si rileva che le norme di interpretazione autentica hanno normalmente sostanza di norme modificatrici di precedenti disposizioni con effetto retroattivo operando, in quanto tali, su situazioni già verificatesi. Per questo motivo la giurisprudenza costituzionale prevede, nei loro confronti, uno stretto scrutinio (ex multis, sentenza 41/2011).

 


 

Articolo 2, comma 9-bis
(
Mobilità pubblico-privato)

 

 

Il comma 9-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone l’abrogazione del comma 10 dell’articolo 23-bis del D.Lgs. 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego), che rimette a un apposito regolamento l’individuazione degli enti presso i quali è possibile richiedere di svolgere la propria attività nell’ambito della mobilità del personale tra settore pubblico e privato.

Più precisamente, il richiamato articolo stabilisce in favore dei dipendenti pubblici indicati[26] la possibilità di chiedere il collocamento in aspettativa senza assegni per svolgere attività presso “soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale”. Resta ferma la disciplina del collocamento fuori ruolo, ove prevista, e il mantenimento della qualifica posseduta. E’ inoltre garantito a coloro i quali usufruiranno dell’aspettativa in questione la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell’interessato.

In particolare, per quanto concerne l’individuazione degli enti presso i quali è possibile richiedere di svolgere la propria attività, il comma 10 specifica che l’individuazione dei soggetti privati e degli organismi internazionali è rimessa ad un successivo regolamento[27] di attuazione, da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 1, della L. 400/1988, cui spetta anche la definizione delle modalità e delle procedure attuative dell’art. 23-bis.

 

 


 

Articolo 2, commi 10-11-bis
(Rilevazione del costo del lavoro)

 

 

Il comma 10 prevede, a decorrere dal 1º gennaio 2014, l’assoggettamento di tutte le amministrazioni pubbliche censite dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della L. 196/2009[28] (ad eccezione degli organi costituzionali e, come specificato nel corso dell’esame al Senato, di rilievo costituzionale), al controllo del costo del lavoro, previsto dall’articolo 60 del D.Lgs. 165/2001.

 

L’articolo 60 del D.Lgs. 165/2001 definisce un modello di rilevazione della consistenza di personale (in servizio e in quiescenza, e delle relative spese, ivi compresi gli oneri previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione a preventivo e a consuntivo) al fine di porre in essere un flusso sistematico di informazioni tra le singole amministrazioni ed il Ministero dell’Economia. A tal fine, le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di presentare (pena la sospensione di ogni versamento a carico del bilancio statale), entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate secondo specifici modelli. Oltre a ciò, la norma prevede specifici poteri ispettivi sulle pubbliche amministrazioni ad opera del Ministero dell’Economia – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – e del Dipartimento della funzione pubblica. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al personale pubblico, avvalendosi di tutti i dati e informazioni disponibili presso le pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 11 modifica, a decorrere dal 1° gennaio 2014, il comma 3 dell’articolo 60 del D.Lgs. 165/2001, che disciplina la rilevazione del costo del lavoro negli enti pubblici e nelle aziende che producono servizi di pubblica utilità (nonché negli enti ex articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001)[29].

 

Secondo il richiamato comma 3, anche tali enti (non rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001) sono tenuti a comunicare (alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’Economia) il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dallo stesso Ministero dell’Economia d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica.

 

Il nuovo testo del richiamato comma 3 estende alle società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 3, della L. 196/2009), diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, l’obbligo di comunicare ai richiamati organismi il costo annuo del personale utilizzato.

 

Il comma 11-bis, introdotto al Senato, dispone che il conto annuale delle spese sostenute per il personale, redatto dalle pubbliche amministrazioni (vedi supra), debba essere inviato non solo alla Corte dei conti, ma anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento della funzione pubblica (a cui ora, sulla base della normativa vigente, ne viene inviata solo copia).

 

 


 

Articolo 2, comma 12
(Assunzioni presso il Ministero dei beni e delle attività culturali
e del turismo)

 

 

Il comma 12 consente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di effettuare anche per il 2013 e il 2014 assunzioni in deroga al blocco previsto dall’art. 2, co. 11, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), fermo restando il divieto di effettuarle nelle qualifiche o nelle aree in cui sono presenti posizioni soprannumerarie.

A tal fine, al medesimo Ministero continuano ad applicarsi le disposizioni dettate, per gli anni 2012 e 2013, dall’art. 30, co. 8, del D.L. 201/2011 (L. 214/2011), infra illustrate. Qui si ricorda solo che, pertanto, ai sensi dell’art. 3, co. 102, della L. 244/2007, le assunzioni consentite ai sensi del co. 12 in esame sono disposte nel limite del 20% della spesa relativa al personale cessato nell’anno precedente, fermo restando che, in ogni caso, il numero delle unità da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20% delle unità cessate nella stessa annualità precedente.

Si segnala, inoltre, che, con riferimento al 2013, la parziale sovrapposizione temporale fra quanto già disposto dall’art. 30, co. 8, del D.L. 201/2011 e quanto disposto dal comma 12 in esame potrebbe essere spiegata con la necessità di fare riferimento alla deroga riferita all'art. 2, co. 11, del D.L. 95/2012, che si aggiunge a quelle già previste dall’art. 30, co. 8, citato.

 

L’art. 30, co. 8, del D.L. 201/2011, al fine di assicurare l'espletamento delle funzioni di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale statale e di far fronte alle richieste di una crescente domanda culturale, ha confermato che al MIBAC non si applicano le disposizioni recate dall’art. 2, co. 8-bis e 8-quater, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010), nonché dall’art. 1, co. 3 e 4, del D.L. 138/2011 (L. 148/2011), che prescrivono riduzioni organiche, in assenza delle quali non è possibile effettuare assunzioni[30].

Ha, altresì, autorizzato per gli anni 2012 e 2013 - come avvenuto per il 2011 ai sensi dell’art. 2, co. 3, del D.L. 34/2011 (L. 75/2011) - l'assunzione presso il Mibac di personale, anche dirigenziale, mediante l'utilizzazione di graduatorie in corso di validità, nel limite delle ordinarie facoltà di assunzione consentite dalla normativa vigente[31].

Al riguardo ha disposto che le assunzioni sono effettuate tenendo conto delle esigenze funzionali delle strutture centrali e periferiche e, ove necessario, anche attraverso la formazione di una graduatoria unica nazionale degli idonei[32]. In tale graduatoria gli idonei sono collocati secondo l’ordine di merito risultante dalla votazione riportata nella graduatoria regionale, con precedenza, in caso di parità di merito, per il soggetto più giovane[33]. La graduatoria unica è elaborata anche al fine di consentire ai candidati di esprimere la propria accettazione e non comporta la soppressione delle graduatorie regionali. I candidati che non accettano, mantengono la collocazione ad essi spettante nella graduatoria regionale di riferimento[34].

Infine, ha disposto che il MIBAC comunica al Dipartimento della funzione pubblica e alla Ragioneria generale dello Stato le assunzioni effettuate e i relativi oneri.

 

Con riferimento alle misure disposte dal comma 12, la relazione illustrativa dell’A.S. 1015 evidenziava la coerenza delle stesse con il programma organico di politiche del personale che il MIBACT intende attuare.

In particolare, ricordava che con il DPCM 22 gennaio 2013 la pianta organica del Mibac – relativamente al personale delle aree - è stata rideterminata in 18.947 unità, con una riduzione del 24,74% rispetto al 1997[35] e che, contemporaneamente, è aumentata l’offerta culturale, con un aumento dei visitatori (da 26.062.485 del 1997 a 36.426.794 del 2013) e degli introiti da bigliettazione (da € 56.248.195,76 del 1997 a € 113.318.445,32 del 2013).

Complessivamente, evidenziava la relazione, il sistema ha aumentato la produttività, sia grazie all’innovazione tecnologica introdotta nei processi gestionali, sia a seguito dell’attuazione di politiche del personale volte a rafforzare la componente tecnico-scientifica caratterizzante, rappresentata dai funzionari di III area con professionalità specialistiche (architetti, archeologi, storici dell’arte, archivisti, bibliotecari, restauratori) e, contemporaneamente, a ridurre la componente del personale ausiliario di supporto nella I area funzionale. Pertanto, a fronte di una riduzione complessiva dell’organico dell’11% tra il 2009 e il 2013, la I area è stata ridotta del 32,37% (fino alle attuali 700 unità), la II area è stata ridotta del 12,58% (fino alle attuali 12.847 unità), mentre la III area è stata ridotta dell’1,86% (fino alle attuali 5400 unità).

Conseguentemente, si sono prodotte posizioni soprannumerarie nella I area, mentre nella II e nella III area sono possibili nuove assunzioni, essendo vacanti, rispettivamente, 231 e 344 unità. Allo scopo, evidenziava la relazione, occorre attingere alle graduatorie dei concorsi pubblici banditi nel 2008, ancora in corso di validità.

 


 

Articolo 2, comma 13
(Assunzione di personale presso l’Agenzia per le erogazioni
in agricoltura (AGEA)

 

 

Il comma 13 autorizza l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) ad assumere 3 unità dirigenziali nell'ambito della attuale dotazione organica, anche attingendo all'ultima graduatoria approvata. Al relativo onere, pari ad euro 137.000 per l'anno 2013 e ad euro 410.000,00 a regime, si provvede mediante corrispondente riduzione della autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto-legge 182/2005 (risorse afferenti all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare - ISMEA). L’autorizzazione è volta, secondo quanto previsto dal comma in esame, a consentire all'organismo pagatore dell'Agenzia la gestione delle misure relative al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) nonché l’attuazione operativa delle misure previste dalla riforma della politica agricola comune (PAC) per il periodo 2014-2020.

 

Si ricorda, in proposito, che con l’art. 12, comma 7, del d.l. n.95 del 2012 ( convertito, con modificazioni, dalla legge n.135/2012) è stato previsto (con decorrenza 1° ottobre 2012) che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali subentri alle funzioni di coordinamento degli organismi pagatori relativamente al finanziamento della politica agricola comune, agendo come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relativa al FEAGA e al FEASR. Il medesimo provvedimento ha previsto l’emanazione di decreti attuativi per la definizione delle dotazioni organiche e strumentali del Ministero e per la correlata riduzione della dotazione organica di AGEA. Ad oggi è stato emanato il DPCM 27 febbraio 2013, recante regolamento di organizzazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

L’Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, è un Ente di diritto pubblico non economico istituito con Dlgs n.165/1999. Dal 16 ottobre 2000 è subentrata, in tutti i rapporti attivi e passivi, nonché nella qualifica di organismo pagatore, all’AIMA. L’atto istitutivo ha individuato in capo alle Regioni e alle Province autonome la competenza all’istituzione degli Organismi pagatori ed ha attribuito all’Agea, fino alla riforma disposta con il d.l. 95/2012, le funzioni di coordinamento dei servizi preposti.

 


Articolo 2, comma 13-bis
(Statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale)

 

 

Il comma 13-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, interviene sulla procedura di emanazione del decreto che approva lo statuto dell'Agenzia per l’Italia digitale.

 

Ai sensi dell’articolo 21, comma 4, del D.L. 83/2012 (decreto-legge c.d. crescita, conv. da L: 134/2012), tale decreto deve essere emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

La norma in esame sopprime il potere di iniziativa da parte dei Ministri interessati, prevedendo l’adozione semplicemente per DPCM, che comporta l’iniziativa da parte dello stessa Presidenza del Consiglio.

 

Si ricorda che gli artt. 19-22 del D.L. n. 83/2012 hanno disciplinato l’istituzione e le funzioni dell’Agenzia per l'Italia digitale, attribuendo a quest’ultima il compito di realizzare gli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia, istituita in precedenza sulla base delle disposizioni contenute nel D.L. 5/2012.

In base alle norme istitutive, lo statuto deve disciplinare le modalità di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del comitato di indirizzo e le modalità di nomina del collegio dei revisori dell’Agenzia. Inoltre, lo statuto deve conformarsi ai principi e criteri direttivi previsti in generale per le agenzie istituite ai sensi del D.lgs. 300/1999, in quanto compatibili con le disposizioni istitutive contenute nel citato D.L. 83/2012.

Inoltre, si ricorda che lo statuto dell’Agenzia che avrebbe dovuto essere adottato entro il 14 dicembre 2012 (e cioè entro quarantacinque giorni dalla nomina del direttore dell’Agenzia) non è stato invece fin qui adottato. Al riguardo, in risposta alle interrogazioni a risposta immediata 3-00055 e 3-00056, nella seduta dell’Assemblea della Camera del 15 maggio 2013, il Ministro dello sviluppo economico ha precisato che lo statuto dell’Agenzia per l’Italia digitale inviato in un primo momento per errore alla Corte dei conti è stato ritirato dalla Corte da parte del Governo, sottoposto all’esame dell’Ufficio centrale del bilancio della Presidenza del Consiglio e quindi nuovamente inviato alla Corte dei conti per la registrazione.

 

Tale intervento deve essere posto in relazione alle modifiche di recente intervenute nel settore della governance dell’Agenda per l’Italia digitale che, mediante l’articolo 13 del D.L. 69/2013 (c.d. decreto del fare, convertito da L. ), hanno rafforzato la centralità del ruolo del Presidente del Consiglio dei Ministri in tale settore.

 

In particolare l’articolo 13, co. 2, del D.L. 69/2013, novellando le norme istitutive:

§         ha attribuito al solo Presidente del Consiglio dei Ministri, o al Ministro da lui delegato, la vigilanza sull’Agenzia, escludendo la collegialità di tale funzione, nel quadro normativo originario, condivisa con il Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (lett. a);

§         in relazione al decreto di nomina del direttore dell’Agenzia, ha soppresso, in coerenza con la novella in tema di vigilanza, il concerto con i Ministri ai quali era attribuita la vigilanza (lett. c);

§         ha soppresso la previsione della concertazione con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione previsto dall’art. 22, comma 6 del D.L. 83/2012 ai fini del decreto del Presidente del Consiglio che determina la dotazione delle risorse umane dell’Agenzia, mantenendo solo quella con il Ministro dell'economia e delle finanze (lett. f).

 


 

Articolo 2, comma 13-ter
(Consultazione della documentazione antimafia da parte dell’AVCP)

 

 

Il comma 13-ter dell’articolo 2 novella il comma 1 dell’art. 97 del D.Lgs. 159/2011 (c.d. Codice delle leggi antimafia), al fine di inserire l'AVCP (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) tra i soggetti abilitati alla consultazione della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia istituita dall’art. 96 del medesimo decreto legislativo.

Lo stesso comma precisa che l’AVCP potrà consultare la banca dati per le finalità di cui all'art. 6-bis del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), vale a dire ai fini della gestione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP).

Si ricorda che la BDNCP è stata istituita presso l’AVCP dall'art. 44, comma 1, del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, che a tal fine ha introdotto l’art. 62-bis nel testo del D.Lgs. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale).

L’articolo 6-bis del D.lgs. 163/2006 ha disciplinato l’avvio dell’operatività della BDNCP, ai fini dell’acquisizione della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure disciplinate dal Codice dei contratti pubblici. Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori verificano il possesso dei predetti requisiti esclusivamente  tramite  la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.

 

 


 

Articolo 2, comma 13-quater
(Proroga contratti dirigenti AIFA )

 

 

Il comma in esame, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, prevede che i contratti in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, stipulati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per l'attribuzione di funzioni dirigenziali, alle unità di personale già assegnate agli uffici della Direzione Generale dei Farmaci e dei Dispositivi medici del Ministero della salute (ai sensi del comma 7 dell'articolo 48 del D.L. 269/2003[36]), anche eccedenti la quota di cui all'articolo 19, comma 6, del D. Lgs. 165/2001[37], possono essere prorogati, comunque non oltre il 31 dicembre 2014, anche in sede di riorganizzazione realizzata ai sensi dell'articolo 2, comma 10, del D.L. 95/2012, - che prevede regolamenti di organizzazione delle amministrazioni pubbliche ispirati a determinati criteri - nel limite dei posti disponibili in pianta organica.

 

Si ricorda che l’articolo 48, comma 7, del D.L. 269/2003 dispone, dal 1° gennaio 2004, che, con decreto del Ministro della salute, siano trasferite all'AIFA le unità di personale già assegnate agli uffici della Direzione Generale dei Farmaci e Dispositivi Medici del Ministero della salute, le cui competenze transitano alla medesima Agenzia. Il personale trasferito non può superare il 60 per cento del personale in servizio alla data del 30 settembre 2003 presso la stessa Direzione Generale. Detto personale conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento. A seguito del trasferimento del personale sono ridotte in maniera corrispondente le dotazioni organiche del Ministero della salute e le relative risorse sono trasferite all'Agenzia. In ogni caso le suddette dotazioni organiche non possono essere reintegrate. Resta confermata la collocazione nel comparto di contrattazione collettiva attualmente previsto per il personale trasferito. L'Agenzia può assumere, in relazione a particolari e motivate esigenze, cui non può far fronte con personale in servizio, e nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie, personale tecnico o altamente qualificato, con contratti a tempo determinato di diritto privato. L'Agenzia può altresì avvalersi, nei medesimi limiti di disponibilità finanziaria, e comunque per un numero non superiore a 40 unità, di personale in posizione di comando dal Ministero della salute, dall'Istituto Superiore di sanità, nonché da altre Amministrazioni dello Stato, dalle Regioni, dalle Aziende sanitarie e dagli Enti pubblici di ricerca.

 

Il comma 6 dell’articolo 19 del D.Lgs. 165/2001, come modificato dal D.Lgs. 150/2009, individua criteri, modalità e limiti percentuali di affidamento di incarichi dirigenziali a termine. In particolare, stabilisce che il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione può essere effettuato entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia; non può prevedere una durata superiore ai tre anni per gli incarichi di segretario generale e di funzione dirigenziale di livello generale e di cinque anni per gli altri incarichi dirigenziali; deve avvenire, dietro specifica motivazione, a favore di persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che possano dimostrare il possesso di specifiche esperienze; può prevedere l’integrazione del trattamento economico tramite un’indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il successivo comma 6-bis dispone che, per il calcolo delle percentuali di cui sopra, si deve operare un arrotondamento all’unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all’unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque.

 

L’articolo 2, comma 10, del D.L. 95/2012[38] (c.d. Spending Review) prevede che le amministrazioni adottino regolamenti di organizzazione, secondo i rispettivi ordinamenti, applicando misure volte: a) alla concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali, attraverso il riordino delle competenze degli uffici eliminando eventuali duplicazioni; b)  alla riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo; c) alla rideterminazione della rete periferica su base regionale o interregionale; d)  all'unificazione, anche in sede periferica, delle strutture che svolgono funzioni logistiche e strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni; e) alla conclusione di appositi accordi tra amministrazioni per l'esercizio unitario delle funzioni, ricorrendo anche a strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica e all'utilizzo congiunto delle risorse umane; f)  alla tendenziale eliminazione degli incarichi dirigenziali a termine di cui all'articolo 19, comma 10, del D. Lgs. 165/2001.

 

Viene poi inserita la clausola di invarianza finanziaria poiché la relativa spesa è finanziata con le risorse di cui all’articolo 48, comma 8, lettera b), del D.L. 269/2003, ovvero dalle tariffe e dai diritti derivanti dalla maggiorazione del 20 per cento delle tariffe per prestazioni rese a richiesta e ad utilità di soggetti interessati[39].

 


 

Articolo 3
(Misure urgenti in materia di mobilità nel pubblico impiego
e nelle società partecipate)

 

 

L’articolo 3, comma 1, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33 del decreto legislativo 165 del 2001 in materia di trasferimento unilaterale del personale eccedentario[40], consente alle amministrazioni pubbliche[41] che presentano posizioni soprannumerarie o di eccedenza, il passaggio diretto, a domanda, sino al 31 dicembre 2015[42], del proprio personale (dirigenziale e non dirigenziale) presso il Ministero della giustizia, al fine di ricoprire i posti vacanti del personale amministrativo degli uffici giudiziari.

L'inquadramento viene effettuato nella qualifica corrispondente. Il passaggio avviene mediante cessione del contratto di lavoro e previa selezione secondo criteri fissati in un bando dal Ministero della giustizia. Il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento nonché l'inquadramento previdenziale. Nel caso in cui il trattamento economico risulti più elevato rispetto a quello previsto, è attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

 

I commi da 2 a 7, che introducevano norme in materia di mobilità del personale delle società partecipate da soggetti pubblici, sono stati soppressi nel corso dell’esame al Senato.

 

Il comma 2 autorizzava accordi delle società (non quotate in borsa) controllate dalla pubblica amministrazione per realizzare, senza necessità del consenso del lavoratore, processi di mobilità interni alle diverse società. Tali processi (ai sensi del comma 3) assumevano carattere prioritario rispetto a nuove assunzioni. Il comma 4 prevedeva una rilevazione delle eccedenze del personale, da comunicare alle rappresentanze sindacali ed al Dipartimento della funzione pubblica. Le posizioni eccedentarie non potevano essere ripristinate nella dotazione di personale neanche mediante nuove assunzioni. Ai sensi del comma 5, l'ente controllante provvedeva in tempi stretti alla riallocazione del personale in eccedenza nell'ambito della stessa società mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, ovvero presso altre società controllate, anche da enti diversi, purché nell'ambito regionale. Con specifici accordi si poteva procedere anche (comma 6) a trasferimenti al di fuori del territorio regionale. Il comma 7, infine, autorizzava le società partecipate a farsi carico, per non più di tre anni, di una quota (non superiore al 30%) del trattamento economico del personale interessato dalla mobilità, senza oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 7-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, concerne i benefici economici spettanti ai dirigenti di società a controllo pubblico diretto o indiretto al momento della cessazione del loro rapporto di lavoro.

In particolare, il comma dispone che nella regolamentazione del rapporto di lavoro dei dirigenti, le società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni o enti pubblici non possono - in assenza di preventiva autorizzazione dei medesimi enti o amministrazioni - inserire clausole contrattuali che al momento della cessazione del rapporto prevedano per i soggetti di cui sopra benefici economici superiori a quelli derivanti ordinariamente dal contratto collettivo di lavoro applicato.

Tali clausole, inserite nei contratti in essere, sono nulle qualora siano state sottoscritte, in difetto dei prescritti poteri o deleghe in materia, per conto delle stesse società.

Si osserva che non appare chiara la locuzione “per conto delle stesse società”, posto che sono le società stesse ad essere diretta parte contrattuale. Inoltre, andrebbe chiarito a cosa si intenda fare riferimento con la locuzione “in difetto dei prescritti poteri o deleghe in materia”, posto che la norma utilizza, in precedenza (e ai medesimi fini), una terminologia diversa (“in assenza di una preventiva autorizzazione”), non del tutto sovrapponibile. A tale riguardo, inoltre, occorre considerare anche che la norma (laddove prevede la nullità delle clausole inserite nei contratti in essere) esplica effetti retroattivi con riguardo a diritti economici contrattualmente acquisiti.

 

Il comma 7-bis in esame si riferisce dunque ai benefici di fine rapporto dei dirigenti di tutte le tipologie di societàquotate e non quotate - a controllo pubblico diretto ed indiretto.

La norma fa riferimento ai “dirigenti” e, pertanto, riguarda - visto anche il richiamo ai contratti collettivi – non già il trattamento liquidatorio degli amministratori delle suddette società, quali i componenti degli organi di governo e controllo (CDA e collegio sindacale), bensì coloro i quali, nell’ambito dell’amministrazione societaria, hanno una posizione dirigenziale.

Si rileva, infatti, in proposito, che per i dirigenti la corresponsione delle competenze di fine rapporto avviene nel rispetto della normativa valida per la generalità dei lavoratori subordinati. Le eventuali particolarità per i dirigenti sono demandate alla contrattazione, trattandosi di rapporto di lavoro di natura privatistica.

 

Per quanto concerne il trattamento liquidatorio degli amministratori delle società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze, si ricorda che la legislazione vigente prevede il divieto di inserire clausole nel rapporto contrattuale di amministrazione che prevedono al momento della cessazione dell'incarico, benefici economici superiori ad una annualità di indennità (art. 1, comma 466 legge n. 296/2006, come modificato dall’articolo 3, comma 51, della legge n. 244/2007).

 

Si ricorda, infine, la normativa attualmente vigente sui limiti per il trattamento economico annuo degli amministratori e dei dipendenti di società pubbliche. Tale disciplina risulta differenziata, nell’ambito delle società direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni, tra società non quotate  e società quotate: la definizione di queste ultime è desumibile alla luce di quanto stabilito dall’articolo 34, comma 38, del decreto legge n.179 del 2012[43], nel quale si dispone che si intendono per società quotate le società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati (anche diversi dalle azioni, come ad esempio per i titoli obbligazionari[44]).

In particolare:

§       per ciò che concerne le società a controllo pubblico non quotate:

o        l’articolo 23-bis, commi da 1 a 5, del D.L. n. 201/2011 reca norme in materia di compensi degli amministratori rivestiti di particolari cariche (sostanzialmente, gli amministratori con deleghe) nelle società non quotate controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze[45], disponendo che tali società siano classificate per fasce, sulla base di appositi indicatori dimensionali e qualitativi, e per ciascuna fascia sia determinato, con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze(MEF), il compenso massimo al quale i rispettivi consigli di amministrazione dovranno far riferimento per la determinazione degli emolumenti di cui all’articolo 2389, terzo comma, del codice civile[46]

o      l’articolo 23-bis, comma 5-bis del D.L. n. 201/2011 limita i compensi da corrispondersi ai sensi dell’articolo 2389, terzo comma cc. agli amministratori con deleghe delle società non quotate controllate dalle altre pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165/2001 sul pubblico impiego[47] stabilendo che essi non possano essere superiori al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione; il comma 5-ter ricomprende nei limiti medesimi anche i dipendenti delle società non quotate.

Tale norma segue a quella, già contenuta nell’articolo 3, comma 44 della legge n. 244/2007, la quale, tra l’altro, aveva già disposto il medesimo limite retributivo del primo presidente di Corte di cassazione per il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate. Il medesimo comma 44 ha disposto l’applicazione del limite anche ai presidenti e componenti di collegi e organi di governo e controllo di società non quotate e ai dirigenti.

Inoltre, si ricorda che l’articolo 4, comma 11 del D.L. n. 95/2012 (legge n. 135/2012) dispone, dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014, che il trattamento economico complessivo, compreso quello accessorio, dei singoli dipendenti delle società non quotate a controllo pubblico diretto o indiretto strumentali (le società di cui al comma 1 del medesimo articolo 4[48]) non può superare quello ordinariamente spettante per l'anno 2011;

§       per ciò che concerne le società quotate e le società (quotate o non) controllate dalle prime:

o        per le società che emettono esclusivamente strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni, nonché per le società dalle stesse controllate, il comma 5-quater del già citato articolo 23-bis (introdotto dall’articolo 84-ter del D.L. n. 69/2012) dispone che il compenso per l’amministratore delegato e per il presidente del consiglio d’amministrazione non possa essere superiore al 75 per cento del trattamento economico complessivo, a qualunque titolo determinato, nel corso del mandato antecedente al rinnovo;

o        per le società direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni che emettono titoli azionari quotati, comma 5-quinquies (anch’esso introdotto dall’articolo 84-ter del D.L. n. 69/2012) dispone che, all’assemblea degli azionisti, in sede di rinnovo degli organi di amministrazione, debba essere sottoposta un proposta di remunerazione degli amministratori con delega delle società medesime – nonché delle controllate – conforme ai criteri di cui al comma 5-quater. La proposta deve essere assentita dall’azionista di controllo pubblico;

Ai sensi del comma 5-sexies, i predetti vincoli si applicano limitatamente al primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo al 10 agosto 2013, ovvero, se si è già provveduto al rinnovo, ai compensi ancora da determinare in via definitiva.

 


 

Articolo 3-bis
(Revisione con riduzione del prezzo dei contratti di servizio
della P.A.)

 

 

L’articolo 3-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, consente alle amministrazioni pubbliche (come definite dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[49]) di provvedere alla revisione con riduzione del prezzo dei contratti di servizio stipulati con società ed enti controllati (direttamente o indirettamente), con conseguente riduzione degli oneri contrattuali a carico della pubblica amministrazione.

Lo stesso articolo dispone che in tale ipotesi le società e gli enti controllati procedono, entro i successivi 90 giorni, alle rinegoziazione dei contratti aziendali relativi al personale impiegato nell'attività contrattualmente affidata, finalizzata alla correlata riduzione degli istituti di salario accessorio e dei relativi costi.

La norma provvede altresì ad enunciare esplicitamente la finalità della disposizione, che è volta ad assicurare il contenimento della spesa, degli oneri a carico del bilancio consolidato e il migliore svolgimento delle funzioni amministrative.

 

Si valuti che il primo periodo dell’articolo in esame sembra consentire alle amministrazioni pubbliche una revisione unilaterale di impegni contrattuali già assunti con enti o società direttamente o indirettamente controllati, pertanto con effetto retroattivo. Poiché si tratta di una facoltà che attiene a materia in cui le amministrazioni pubbliche agiscono sui privati, il concreto esercizio inciderebbe sull’adempimento di obblighi contrattualmente assunti, sul sinallagma contrattuale e sull’affidamento delle altre parti contraenti.

Si consideri inoltre che il secondo periodo incide sull’autonomia negoziale di queste ultime, predeterminando l’ambito entro il quale le stesse dovrebbero reperire risorse per fare fronte all’unilaterale riduzione del prezzo del servizio. Poiché l’ambito è costituito dalle voci di salario del personale da esso impiegato, la disposizione in esame interviene su rapporti di lavoro privati e su materie oggetto di contrattazione collettiva.

 

 


 

Articolo 4, commi 1 e 2
(Lavoro a tempo determinato nelle P.A.)

 

 

Il comma 1 apporta alcune modifiche all’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001. In particolare:

§      specifica che nelle pubbliche amministrazioni il ricorso al lavoro flessibile è consentito per rispondere ad esigenze esclusivamente temporanee o eccezionali (la normativa previgente usa la locuzione “esigenze temporanee ed eccezionali”) (lettera a))[50];

Al riguardo, si evidenzia che la nuova formulazione, laddove sostituisce la “e” congiuntiva con la “o” disgiuntiva, potrebbe avere l’effetto di ampliare (anziché restringere) il perimetro dei presupposti che legittimano il ricorso al lavoro flessibile.

§      aggiunge i commi 5-ter e 5-quater al richiamato articolo 36, con i quali si definisce, a regime, la nuova disciplina per il ricorso al lavoro flessibile (lettera b)). Più specificamente:

1.    estende alle pubbliche amministrazioni l'applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 368/2001 sul lavoro a tempo determinato, fermi restando l’obbligo di utilizzare contratti a tempo indeterminato per soddisfare il fabbisogno di personale di carattere ordinario; la possibilità di ricorrere a contratti di lavoro a termine per esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale; il divieto di trasformare il contratto di lavoro a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato (comma 5-ter));

2.    sancisce la nullità dei contratti conclusi in violazione delle disposizioni dello stesso articolo. 36, stabilendo altresì che in tal caso la loro stipulazione determini responsabilità erariale e dirigenziale (ai sensi dell’articolo 21 dello stesso D.Lgs. 165/2011). Inoltre si conferma il divieto di erogare la retribuzione di risultato al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del lavoro flessibile (comma 5-quater));

§      sopprime, per esigenze di coordinamento formale in virtù delle disposizioni del nuovo comma 5-quater, la disposizione contenuta nel secondo periodo del comma 3 dell’articolo 36, che prevedeva il divieto di erogazione della retribuzione di risultato al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del lavoro flessibile (lettera c)).

 

L’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001, nel ribadire che le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni avvengono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (comma 1), seguendo le apposite procedure di reclutamento previste dall’articolo 35 del medesimo D.Lgs. 165/2001, ha previsto la possibilità, per le amministrazioni pubbliche, di avvalersi, in caso di esigenze temporanee ed eccezionali, di contratti flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa (comma 2). Ai contratti collettivi nazionali si demanda, ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine all’individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalla legge, la disciplina in materia di contratti di lavoro a tempo determinato, di contratti di formazione e lavoro, di altri rapporti formativi, di somministrazione di lavoro (alla quale comunque non è possibile ricorrere per l’esercizio di funzioni direttive e dirigenziali) e di lavoro accessorio, in applicazione di quanto previsto dai provvedimenti legislativi riguardanti tali materie, con riferimento alla individuazione dei contingenti di personale utilizzabile.

Per quanto concerne la durata massima del rapporto di lavoro flessibile, al fine di evitare gli abusi si prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di ricorrere all’utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori ai tre anni nell’arco dell’ultimo quinquennio.

Per le amministrazioni è previsto l’obbligo, al fine di combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, di redigere, entro il 31 dicembre di ogni anno, un rapporto analitico informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al D.Lgs. 286/1999, nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento (comma 3). Le amministrazioni pubbliche, inoltre, comunicano, nell'ambito del richiamato rapporto, anche le informazioni concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili (coma 4).

In ogni caso, la violazione delle disposizioni relative all’utilizzo dei contratti flessibili da parte delle pubbliche amministrazioni non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (comma 5). Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.

La violazione delle disposizioni relative all’utilizzo dei contratti flessibili comporta, inoltre, la responsabilità dei dirigenti (ai quali in tal caso non può essere erogata la retribuzione di risultato). Di tali violazioni si tiene conto anche in sede di valutazione dell’operato del dirigente ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. 286/1999. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.

Infine, si riconosce a favore dei lavoratori flessibili nella P.A. il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato di cui all’articolo 35, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 165/2001 (comma 5-bis).

 

Il D.Lgs. 368/2001 detta (in attuazione delle Direttiva 1999/70/CE[51]) la disciplina generale sui contratti a tempo determinato, prevedendo, in particolare, che il termine del contratto a tempo determinato possa essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 3 anni (articolo 4). In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai 3 anni. Inoltre, l’articolo 5 dispone che (comma 1) se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell’articolo 4, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore. Inoltre, se il rapporto di lavoro continua (comma 2) oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini. Per quanto concerne l’ipotesi della stipula di successivi contratti a termine con il medesimo lavoratore (comma 3), nel caso in cui tale lavoratore venga riassunto a termine, entro un periodo di 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai 6 mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.

 

Il comma 2, apportando alcune modifiche all’articolo 7, comma 6, del D.Lgs. 165/2001, prevede l’applicazione (oltre alla sanzioni di cui all’articolo 36, comma 3, del D.Lgs. 165/2001) dell’apparato sanzionatorio previsto dal nuovo comma 5-quater dell'art. 36 del D.Lgs. 165/2001 (vedi supra) nelle ipotesi di violazione delle disposizioni di cui allo stesso comma 6, fermo restando il divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

 

Il richiamato articolo 7, comma 6, del D.Lgs. 165/2001, prevede che, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possano conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

§       l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;

§       l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

§       la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;

§       devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti d'opera per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nei campi individuati dalla norma in oggetto, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti.

 

 

 


 

Articolo 4, commi 3-5
(Efficacia delle graduatorie concorsuali)

 

 

Il comma 3 prevede che, fino al 31 dicembre 2016, l'autorizzazione all'avvio di nuovi concorsi, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (nonchè per le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca), è subordinata alla verifica dell’assenza di graduatorie concorsuali approvate dal 1º gennaio 2008, per ciascun soggetto pubblico interessato, relative alle professionalità necessarie, anche secondo criteri di equivalenza. Resta in ogni caso fermo che, prima di avviare nuovi concorsi, le amministrazioni:

-       possono utilizzare le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate (ai sensi dell’articolo 3, comma 61, ultimo periodo, della legge n.350/2003);

-       devono attivare procedure di mobilità (interna alla stessa P.A. o presso altre amministrazioni comprese, di norma, nel medesimo ambito regionale, previo accordo con le stesse) (ai sensi dell’articolo 33 del D.Lgs. 165/2001[52]).

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 24, comma 4, del D.L. 104/2013 ha previsto una deroga alla procedura per il reclutamento di ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca vigilati dal MIUR. In particolare, tali enti possono procedere al reclutamento delle figure professionali indicate, nei limiti delle facoltà assunzionali, senza l’osservanza delle procedure di cui all'articolo 34-bis del D.lgs. 165/2001[53].

 

Resta in ogni caso ferma l’applicabilità dell’articolo 3, comma 61, ultimo periodo, della L. 350/2003.

Il richiamato comma 61 ha disposto una disciplina transitoria - applicabile fino a quando non sarà emanato l'apposito regolamento previsto dall'articolo 9 della L. 3/2003[54] - in base alla quale le amministrazioni pubbliche hanno facoltà di procedere alle assunzioni di personale utilizzando le graduatorie di concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le stesse.

La possibilità di utilizzare le graduatorie è comunque condizionata al rispetto delle disposizioni in tema di programmazione delle assunzioni nella P.A. contenute nello stesso articolo 3 (commi da 53 a 71) della L. 350/2003.

 

Per quanto concerne, specificamente, gli enti di ricerca, la norma va letta congiuntamente con quanto previsto al comma 16, ai fini di un coordinamento che superi i dubbi interpretativi infra esposti.

 

Il comma 4 proroga al 31 dicembre 2016 l’efficacia delle graduatorie concorsuali relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni[55] vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, con esclusione delle graduatorie già prorogate di ulteriori 5 anni oltre la loro vigenza ordinaria.

 

In materia sono intervenuti numerosi provvedimenti. Da ultimo, il punto n. 24 dell’articolo 1, comma 388, della L. 228/2012 ha prorogato al 30 giugno 2013 l’articolo 1, comma 4, del D.L. 216/2011 che aveva prorogato al 31 dicembre 2012 l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, in riferimento alle graduatorie approvate successivamente al 30 settembre 2003. Successivamente, l’efficacia delle richiamate graduatorie è stata prorogata al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.P.C.M. 19 giugno 2013.

 

Il comma 5 dispone che il Dipartimento della funzione pubblica avvii, entro il 30 settembre 2013, un monitoraggio telematico (con contestuale obbligo per le pubbliche amministrazioni che intendano avvalersi delle procedure di cui ai successivi commi 6 e 8 di fornire le informazioni richieste) al fine di individuare quantitativamente:

·       i vincitori e gli idonei collocati nelle vigenti graduatorie concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato;

·       i soggetti che, in forza di contratti a tempo determinato, abbiano maturato i requisiti di durata alle dipendenze di una PA previsti al successivo comma 6 (vedi infra);

·       i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità, di cui al successivo comma 8 (vedi infra).

 

Ad un apposito D.P.C.M. è demandata la definizione, ai fini di una riduzione sostanziale dell’utilizzo dei contratti a termine presso le pubbliche amministrazioni, dell'avvio di nuove procedure concorsuali e dell'assunzione di soggetti collocati in posizione utile in graduatorie vigenti per concorsi a tempo indeterminato (nonché in coerenza con il fabbisogno di personale delle pubbliche amministrazioni e dei principi costituzionali sull'adeguato accesso dall'esterno), dei criteri di razionale distribuzione delle risorse finanziarie connesse alle facoltà di assunzione da parte delle pubbliche amministrazioni, nel rispetto della disciplina disposta dall’articolo in esame.

Si segnala, al riguardo, che il testo non individua il termine entro il quale tale decreto debba essere emanato.

 

 


 

Articolo 4, commi 6-10
(Stabilizzazione del personale precario della P.A)

 

Il comma 6, al fine di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al contempo, di ridurre il numero dei contratti a termine, prevede la possibilità per le P.A., dal 1° settembre 2013 fino al 31 dicembre 2015 e nel limite massimo del 50% delle risorse disponibili per le assunzioni[56], di bandire procedure concorsuali (per titoli ed esami) per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale).

Le procedure concorsuali sono riservate esclusivamente ai soggetti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 519 e 558 della L. 296/2006 e all’articolo 3, comma 90, della L. 244/2007[57], nonché ai soggetti che al 1° settembre 2013 abbiano maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione emanante il bando, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici.

 

Secondo la giurisprudenza costituzionale, «il principio del pubblico concorso ha un ampio ambito di applicazione tale da ricomprendere non solo le ipotesi di assunzione di soggetti in precedenza estranei all’amministrazione, ma anche casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo», per cui «deroghe a tale principio sono legittime solo in quanto siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sent. n. 52 del 2011 e sentenza n. 137/2013).

Con riferimento in particolare alla previsione di concorsi pubblici con riserva integrale di posti (come quello definito dalla disposizione in esame) la Corte costituzionale ha ritenuto che la «natura comparativa e aperta della procedura è (…) elemento essenziale del concorso pubblico», sicché «procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violano il “carattere pubblico” del concorso» (sentenza n. 100/2010; sentenza n. 293 del 2009).

La Corte ha dunque ritenuto che le disposizioni le quali prevedono procedure concorsuali che escludono la possibilità di accesso dall’esterno, nonché quelle che, senza essere giustificate da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico, prevedono soltanto categorie di riservatari, contrastano con il principio del pubblico concorso aperto, di cui all’art. 97, terzo comma, Cost., e con i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.) che esso assicura (sentenza n. 169/2010; nello stesso senso anche sentenza n. 137/2013)[58].

 

La previsione di procedure concorsuali con riserva integrale di posti, di cui all’articolo 4, comma 6, deve essere valutata alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale, che considera tale riserva integrale in contrasto con il principio del pubblico concorso aperto di cui all’art. 97, comma 3° della Costituzione.

 

Le procedure concorsuali possono essere avviate unicamente sulle risorse per assunzioni relative al triennio 2013-2015, anche considerate complessivamente e non anno per anno, e in misura non superiore al 50% (delle suddette risorse), mentre le relative graduatorie sono utilizzabili per le assunzioni nel triennio 2013-2015.

Tali procedure concorsuali sono alternative a quelle previste dall’articolo 35, comma 3-bis, del D.Lgs. 165/2001.

 

Un canale “privilegiato” per l’accesso dei c.d. precari della P.A. a contratti a tempo indeterminato è attualmente previsto dall’articolo 35, comma 3-bis, del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dall’articolo 1, comma 401, della L. 228/2012), il quale stabilisce che nel reclutamento di personale mediante concorsi pubblici, le pubbliche amministrazioni possono inserire nei bandi norme volte a garantire una riserva di posti (nel limite massimo del 40%) in favore dei titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato con la P.A. con almeno tre anni di anzianità (alla data di pubblicazione del bando), nonché specifici benefici, con il riconoscimento di un apposito punteggio, in favore dei titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa con la P.A. con almeno tre anni di anzianità (alla data di pubblicazione del bando).

 

Resta, infine, ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore.

 

L’ultimo periodo del comma 6, nonché i commi 6-bis e 6-ter – introdotti durante l’esame del provvedimento al Senato - recano disposizioni in materia di stabilizzazione del personale CONSOB.

 

In particolare, in base al nuovo periodo del comma 6, per il periodo in cui il rapporto di lavoro ha avuto effettiva esecuzione ed ha determinato il diritto a trattenere la corrispondente retribuzione, il dipendente si considera in effettivo servizio ai fini della procedura di cui all'articolo 1, comma 166 (relativo alla stabilizzazione del personale CONSOB), della legge 228/2012, da concludere entro i termini di cui al primo periodo.

 

I commi 6-bis e 6-ter modificano, rispettivamente, la disciplina contenuta nell’articolo 1, comma 166 della legge di stabilità 2012 (legge n. 228 del 2012) e nell’articolo 4 del D.L. n. 35 del 2005.

 

Il citato comma 166 ha autorizzato la Consob a immettere in ruolo il personale assunto a tempo determinato, allo scopo di attuare le prescrizioni di competenza dell’Autorità contenute nella legge di stabilità e le “connesse disposizioni di finanza pubblica”, avvalendosi delle procedure di stabilizzazione contenute nell’articolo 2, commi 4-duodecies (anch’esso oggetto di modifica delle disposizioni in esame) e 4-terdecies del D.L. n. 35 del 2005.

In sintesi, tali disposizioni (comma 4-duodecies) hanno consentito all’Autorità di inquadrare in ruolo i dipendenti assunti con contratto a tempo determinato in servizio ad una specifica data, nella qualifica corrispondente a quella presa a riferimento nel contratto e mediante apposito esame-colloquio. Il comma 4-terdecies dispone che gli oneri finanziari derivanti dall'applicazione delle predette procedure di inquadramento in ruolo siano finanziati mediante la rideterminazione dell'ammontare del contributo annuale versato all’Autorità da parte dei soggetti sottoposti alla sua vigilanza (ai sensi dell'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724).

 

Nella formulazione vigente, il combinato disposto delle norme citate consente di stabilizzare i dipendenti in servizio al 1° gennaio 2013 (data di entrata in vigore della legge in commento) entro dodici mesi dalla predetta data.

 

Dal tenore letterale del comma 6-bis in commento, che tuttavia non appare di chiara formulazione, le norme sembrano:

-    consentire la stabilizzazione del solo personale in effettivo servizio - come definito dal comma 6, ultimo periodo dell’articolo in esame - al primo gennaio 2013 (data di entrata in vigore della legge di stabilità 2012);

-    riaprire i termini per la stabilizzazione di detto personale riferendoli a quelli previsti dal comma 6, ovvero fino al 31 dicembre 2015.

 

Si osserva in proposito che la disposizione in esame sostituisce il testo del citato comma 166 in due punti; a tale duplice intervento non sembra corrispondere un contenuto pienamente normativo, apparendo piuttosto, la seconda modifica, una ripetizione delle modifiche apportate.

 

Il comma 6-ter modifica l'articolo 2, comma 4-duodecies, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, anche in tal caso specificando che l’inquadramento in ruolo, mediante apposito esame-colloquio, del personale assunto con contratto a tempo determinato è possibile solo per i soggetti che si trovino in effettivo servizio presso la CONSOB ad una determinata data di riferimento.

 

Il comma 6-quater, introdotto al Senato, prevede che le regioni e gli enti locali (nonché gli enti sottoposti al patto di stabilità interno) che hanno proceduto ad assunzioni a tempo determinato sulla base di procedure selettive per titoli ed esami ai sensi dell’articolo 1, comma 560, della legge n.296/2006 (ossia hanno indetto, nel triennio 2007-2009, prove selettive per l’assunzione di personale a tempo determinato, prevedendo una riserva di posti non inferiore al 60% a favore di lavoratori già titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa) possono procedere, per gli anni 2013, 2014 e 2015, alla stabilizzazione a domanda del personale (non dirigenziale) già assunto a tempo determinato (per effetto delle sopraindicate procedure selettive), a condizione che abbia maturato 3 anni di servizio negli ultimi 5 anni alle proprie dipendenze.

 

L’articolo 1, comma 558, della legge n.296/2006 ha autorizzato regioni[59] ed enti locali (nonché gli enti sottoposti al patto di stabilità interno), fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, a procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge, nonché del personale di cui al comma 1156, lettera f)[60], purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive.

 

Il comma 6-quinquies, introdotto al Senato, dispone che i lavoratori precari vincitori di un pubblico concorso per la qualifica ricoperta alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame sono esclusi dalle procedure concorsuali.

 

Al riguardo si osserva che la portata normativa della disposizione appare incerta, in quanto non chiarisce cosa si intende per “lavoratori precari” (in particolare, se si intenda fare riferimento ai soli lavoratori con contratto a tempo determinato o, anche, a lavoratori titolari di altre forme contrattuali), né cosa si intenda con il termine “esclusi” (se, cioè, non abbiano diritto a partecipare alle procedure concorsuali o, al contrario, ne siano esentati e, quindi, vengano stabilizzati a domanda), né a quali “procedure concorsuali” si intende fare riferimento (verosimilmente quelle di cui al comma 6).

 

La norma prevede, inoltre, che nelle more delle procedure di stabilizzazione, i contratti di lavoro in essere possono essere prorogati fino a conclusione delle procedure stesse.

 

Al riguardo si osserva che la norma non chiarisce se la proroga dei contratti in essere sia (o meno) ammessa (ed, eventualmente, con quale limite temporale) anche nei casi in cui le amministrazioni decidano di non svolgere procedure concorsuali.

 

Il comma 7 prevede che per il miglior perseguimento dei fini di cui al comma 6, le pubbliche amministrazioni adottano, “di norma” e salvo diversa motivazione, bandi per assunzioni a tempo indeterminato con contratti a tempo parziale, tenendo conto del fabbisogno di personale e delle risorse finanziarie all’uopo disponibili.

 

Il comma 8 dispone che le regioni, allo scopo di favorire l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori impiegati in lavori socialmente utili e di pubblica utilità, predispongono un elenco regionale di tali lavoratori, secondo criteri di priorità che contemperano l'anzianità anagrafica, l'anzianità di servizio e i carichi familiari.

Dal 1° settembre 2013 e al 31 dicembre 2016 gli enti territoriali con carenze di organico, relativamente a posti di livello retributivo-funzionale per cui non è richiesto titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo (ai sensi dell’articolo 16 della L. 56/1987), possono procedere (nel rispetto del loro fabbisogno e nell'ambito dei vincoli finanziari di cui al comma 6) in deroga al limite del 30% dei posti in organico previsto dall'articolo 12, comma 4, del D.Lgs. 468/1997, all'assunzione a tempo indeterminato (anche con contratti a tempo parziale) dei soggetti collocati nel suddetto elenco, facendone richiesta alla regione competente.

 

Appare opportuno chiarire se per “regione competente” si intende quella di appartenenza del lavoratore.

 

Il comma 9, con una norma avente carattere transitorio, consente alle pubbliche amministrazioni che nella programmazione del fabbisogno di personale per il triennio 2013-2015, prevedano di svolgere procedure di reclutamento ai sensi dell'articolo 35, comma 3-bis, lettera a), del D.Lgs. 165/2001[61] o ai sensi del comma 6 dell’articolo in esame (vedi supra), di prorogare - nel rispetto dei vigenti vincoli finanziari ed in particolare, come specificato nel corso dell’esame al Senato, dei limiti massimi della spesa annua per la stipula dei contratti a tempo determinato previsti dall'articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010[62] - i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che abbiano maturato almeno 3 anni di servizio alle loro dipendenze. La proroga (che ad ogni modo deve essere coerente ad un effettivo fabbisogno e, secondo la modifica apportata al Senato, ai posti in dotazione organica vacanti[63]) non può andare oltre il completamento delle predette procedure concorsuali e comunque non oltre il 31 dicembre 2015.

Per le regioni a statuto speciale e per gli enti territoriali facenti parte delle medesime regioni, vengono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 14, commi 24-bis e 24-ter, del D.L. 78/2010, che prevedono una deroga alle limitazioni alla spesa per il personale titolare di contratti flessibili nella pubblica amministrazione.

 

Il richiamato comma 24-bis ha autorizzato le Regioni a statuto speciale ed i relativi enti territoriali, al superamento - a determinati limiti e condizioni - dei limiti previsti dall’articolo 9, comma 28 del D.L. 78/2010 (vedi nota a piè di pagina). Ai fini del superamento, la disposizione in esame prevede le seguenti condizioni: che il superamento consegua alla proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle regioni a statuto speciale, e dai relativi enti territoriali;che il superamento sia praticato nei limiti delle risorse finanziarie aggiuntive appositamente reperite dalle regioni stesse attraverso apposite misure di riduzione e razionalizzazione della spesa, certificate dagli organi di controllo interno. La disposizione lascia comunque fermi, in ogni caso, i vincoli e gli obiettivi previsti dallo stesso articolo 14. In relazione a ciò, le pubbliche amministrazioni sono chiamate ad assumere prioritariamente i lavoratori individuati nel caso in cui le assunzioni siano consentite dalla normativa vigente, salva motivata indicazione concernente gli specifici profili professionali richiesti. Il successivo comma 24-ter ha previsto che le disposizioni di cui al comma 9 dell’articolo 14 (recante il contenimento dei costi del personale per gli enti locali e le C.C.I.A.A.) non trovano applicazione per le proroghe dei rapporti di cui al comma 24-bis.

 

Il comma 9-bis, introdotto al Senato, aggiungendo il comma 24-quater al richiamato articolo 14 del D.L. 78/2010, prevede l’obbligo, per gli enti territoriali individuati ai sensi del precedente comma 24-bis, di calcolare il complesso delle spese per il personale (esclusivamente per le finalità di cui agli stessi commi 24-bis e 24-ter nonché per consentire l'attuazione dei processi di stabilizzazione di cui al precedente articolo 4) al netto dell'eventuale contributo erogato dalle regioni.

A tal fine, la verifica del rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 557, della L. 296/2006 e dell'articolo 76, comma 7, del D.L. 112/2008, è effettuata tenendo conto di dati omogenei.

 

L’articolo 1, comma 557, della L. 296/2006 ha stabilito l’obbligo per gli enti sottoposti al patto di stabilità interno (ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica) di assicurare la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, a specifici ambiti prioritari di intervento (riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile; razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative; contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa).

 

L’articolo 76, comma 7, del D.L. 112/2008 ha stabilito il divieto per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 50% delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale. Allo stesso tempo, i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente. Ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, l'onere per le assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale è calcolato nella misura ridotta del 50%; le predette assunzioni continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle spese di personale previsto dal primo periodo del presente comma. Ai fini del computo della prima percentuale individuata, si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo (ad esclusione delle società quotate su mercati regolamentari) che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, nè commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. Ad uno specifico D.P.C.M. è demandata la facoltà di ridefinire i criteri di calcolo della spesa di personale per le predette società. Per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale sia pari o inferiore al 35% delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40% e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzioni per turn-over che consentano l'esercizio delle funzioni fondamentali previste dall'articolo 21, comma 3, lettera b), della L. 42/2009; in tal caso le disposizioni di cui al secondo periodo trovano applicazione solo in riferimento alle assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di istruzione pubblica e del settore sociale.

 

Il comma 9-ter, autorizza il Ministero dell’interno a bandire procedure concorsuali riservate al personale con contratto di lavoro a tempo determinato prorogato in deroga al limite dei 36 mesi e al personale con contratto di lavoro a tempo determinato impiegato presso gli Sportelli unici per l'immigrazione e presso gli Uffici immigrazione, nel rispetto di determinati requisiti soggettivi e nel limite del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili. Fino al completamento della procedura di assunzione, è autorizzata la proroga dei relativi contratti a tempo determinato secondo criteri individuati con decreto ministeriale.

Circa la previsione di procedure concorsuali con riserva integrale di posti, si rinvia a quanto osservato con riferimento al comma 6.

 

In particolare il comma in esame autorizza il Ministero dell’interno a bandire procedure concorsuali riservate al personale individuato dalle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 4 del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85, nel rispetto dei requisiti soggettivi di cui al comma 6 del presente articolo.

 

Il richiamo all’articolo 4, commi 4 e 5, del D.L. n. 54/2013 appare improprio in quanto le disposizioni non individuano personale ma si limitano a prorogare i termini di precedenti disposizioni.

 

In particolare, l'articolo 4, comma 4, del D.L. 54 – con una novella all’art. 1, comma 400, della L. 228/2012 - ha autorizzato le pubbliche amministrazioni a prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato nella P.A., in essere al 30 novembre 2012, che superino il limite di 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (o il diverso termine previsto dai contratti collettivi nazionali di comparto), fino al 31 dicembre 2013 (il termine previgente era, ai sensi dello stesso articolo 1, comma 400, della L. 228, il 31 luglio 2013) previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali.

L'articolo 4, comma 5, è invece finalizzato a prorogare al 31 dicembre 2013 il termine dei contratti di lavoro a tempo determinato, in scadenza il 30 giugno 2013, dei 632 lavoratori impiegati presso gli Sportelli unici per l'immigrazione delle Prefetture-Uffici territoriali del governo e presso gli Uffici immigrazione delle Questure.

La proroga riguarda i contratti stipulati dal Ministero dell'interno nel 2008, al fine di fronteggiare adeguatamente le maggiori esigenze organizzative connesse al protrarsi dello stato di emergenza sull'intero territorio nazionale, dichiarato nel 2002, a causa del massiccio afflusso di stranieri giunti irregolarmente in Italia. Lo stato di emergenza, era stato dichiarato con il D.P.C.M. 20 marzo 2002, e  poi più volte prorogato, da ultimo, fino al 31 dicembre 2012. In considerazione dell'emergenza immigrazione, l'art. 1, comma 1, dell'O.P.C.M. 29 marzo 2007, n. 3576 ha autorizzato il Ministro dell'interno ad espletare apposite procedure selettive di natura concorsuale per titoli ed esami per l'assunzione, con contratto di lavoro a tempo determinato, di unità di personale nel limite numerico di 650 unità, in deroga alla disciplina allora vigente in materia di impiego di personale a tempo determinato. I contratti sono stati stipulati dall'amministrazione dell'interno il 31 dicembre 2008 a seguito della procedura concorsuale indetta con decreto del Ministero dell'interno 11 settembre 2007. I contratti, scaduti il 31 dicembre 2010, sono stati prorogati, una prima volta, dal D.L. 225/2010 (art. 2, co. 6) e poi successivamente più volte, da ultimo dall'art. 1, comma 410, della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012).

 

Devono comunque essere rispettati i requisiti soggettivi di cui al comma 6, che fa riferimento a coloro che, alla data di entrata in vigore del decreto, hanno maturato, negli ultimi 5 anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro a tempo determinato e a coloro che avevano maturato i requisiti secondo la disciplina delle leggi finanziarie 2007 e 2008, con esclusione dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici.

La norma è finalizzata al mantenimento degli standard di funzionalità dell’amministrazione dell’interno, anche in relazione ai compiti in materia di immigrazione.

Alla procedura di assunzione si applica il limite del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili.

Occorrerebbe in proposito chiarire a quali risorse fa riferimento la disposizione.

 

Fino al completamento della procedura di assunzione, è autorizzata la proroga dei contratti a tempo determinato relativi allo stesso personale nei limiti numerici e finanziari individuati con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 30 novembre di ciascun anno.

All’onere relativo alle predette proroghe, nel limite massimo di 20 milioni di euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 79 del 2012, n. 79 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 131/2012), tramite assegnazione all’apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell’interno delle risorse finanziarie necessarie individuate nel richiamato decreto ministeriale.

L’art. 5, comma 1, del D.L. n. 79/2012 fa in realtà riferimento a due diversi Fondi: il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di estorsione e di usura e il Fondo per il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi, successivamente finalizzato alle esigenze dei ministeri. Occorre pertanto chiarire quale dei due fondi la norma intenda ridurre.

 

L’art. 5, comma 1, del D.L. n. 79/2012 prevede in particolare che le somme del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura resesi disponibili al termine di ogni esercizio finanziario ed accertate con decreto ministeriale sono riassegnate al Fondo per il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi, istituito presso il Ministero dell’economia, per essere destinate alle esigenze dei Ministeri.

 

Il comma 10, modificato al Senato, prevede che le regioni, le province autonome e gli enti locali attuino le disposizioni di cui ai commi da 6 a 9 sopra illustrate, nel rispetto dei principi e dei vincoli ivi previsti e tenuto conto dei criteri stabiliti dal DPCM di cui al comma 5. Per gli enti del Servizio Sanitario Nazionale l'attuazione delle predette disposizioni - anche con riferimento alle professionalità del Servizio sanitario Nazionale - avviene, tenuto conto dei vincoli assunzionali vigenti, tramite apposito DPCM, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in commento, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Con una disposizione aggiunta nel corso dell’esame al Senato viene previsto che nel D.P.C.M. appena citato siano contenute anche specifiche disposizioni per il personale dedicato alla ricerca in sanità dirette anche ad individuare quali requisiti per l’accesso ai concorsi dei titoli di studio post laurea e di lauree possedute dal personale precario.

E' comunque fatta salva la previsione contenuta nell'art. 10, c. 4-ter, del decreto legislativo n. 368/2001 (recante la disciplina del lavoro a tempo determinato) che esclude i contratti a tempo determinato del personale sanitario del SSN, compresi quelli dei dirigenti, in considerazione della necessità di garantire la costante erogazione dei servizi sanitari e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, dall'applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo dirette a porre una serie di limiti alla stipulazione dei contratti a tempo determinato.

 


 

Articolo 4, comma 10-bis
(Visite mediche di controllo)

 

 

Il comma 10-bis, introdotto al Senato, visti i vincoli di bilancio e assunzionali e considerata l’autonomia organizzativa dell’INPS, dispone la trasformazione in liste speciali ad esaurimento delle liste speciali istituite presso lo stesso Istituto per l'effettuazione delle visite mediche di controllo dei lavoratori.

Stabilisce altresì che sono confermati nelle suddette liste i medici ivi inseriti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e già iscritti alla data del 31 dicembre 2007.

 

Si ricorda che l’articolo 5, comma 12, del D.L. 463/1983 dispone che per l'effettuazione delle visite mediche di controllo dei lavoratori, l’INPS, sentiti gli ordini dei medici, istituisce presso le proprie sedi liste speciali formate da medici, a rapporto di impiego con pubbliche amministrazioni e da medici liberi professionisti, ai quali possono fare ricorso gli istituti previdenziali o i datori di lavoro[64].

 

Si segnala che il comma in oggetto attua quanto disposto dal DM dell'8 maggio 2008 che ha cristallizzato la consistenza numerica dei sanitari inseriti nella lista alla data del 31.12.2007 in attesa della modifica del quadro normativo

 


 

Articolo 4, commi 11-12
(Disposizioni in materia di personale degli Enti locali)

 

 

Il comma 11, modificando il comma 4-bis del citato decreto legislativo 368/2011, esclude dall'applicazione del medesimo (come già previsto per le supplenze del personale docente e ATA del comparto delle scuole statali) anche i contratti a tempo determinato relativi al personale degli asili nido e delle scuole dell'infanzia degli enti locali, nel rispetto però del patto di stabilità e dei vincoli relativi alla spesa degli enti locali per il personale nonché del regime delle assunzioni.

 

Il comma 12, tramite specifica novella all'articolo 114, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 267/2000 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), relativo alla disciplina delle Aziende speciali e delle istituzioni degli enti locali, estende alle aziende speciali e istituzioni[65] che gestiscono servizi scolastici e per l'infanzia l'esclusione dal patto di stabilità interno e dalle altre misure di contenimento della spesa, espressamente previste dal comma 5-bis (limitazioni alle assunzioni di personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenza anche degli amministratori; obblighi e limiti alla partecipazione societaria degli enti locali).

 

Si ricorda che sono già escluse dall'applicazione delle disposizioni del comma 5-bis le aziende speciali e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie.

 

Il comma 5-bis dell’articolo 114 del TUEL, introdotto dal D.L. n. 1/2012 (art. 25, comma 2, lett. a), ha assoggettato al patto di stabilità interno, dal 2013, le aziende speciali e le istituzioni degli enti locali.

A tal fine, la norma prevede che le aziende speciali e le istituzioni devono iscriversi e depositare i propri bilanci al registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economico - amministrative della Camera di commercio del proprio territorio. L'Unioncamere trasmette poi al Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco delle predette aziende speciali e istituzioni ed i relativi dati di bilancio.

La norma prevede, altresì, l’applicazione alle aziende speciali ed alle istituzioni delle disposizioni del codice degli appalti (di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), nonché le disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali: divieto o limitazioni alle assunzioni di personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenza anche degli amministratori; obblighi e limiti alla partecipazione societaria degli enti locali.

Gli enti locali vigilano sull'osservanza delle disposizioni in questione da parte delle aziende speciali e delle istituzioni.

 

La novella riduce, dunque, la platea del complesso delle istituzioni assoggettate al Patto di stabilità interno, escludendo le aziende speciali e gli enti che gestiscono servizi scolastici e per l’infanzia, confermando, invece, l’assoggettamento al Patto di stabilità interno delle società in house, delle aziende speciali e delle restanti istituzioni che non gestiscono i predetti servizi.

 

 


 

Articolo 4, commi 13 e 14
(Proroga dei rapporti di lavoro per assicurare la continuità
delle attività di ricostruzione in Abruzzo)

 

 

I commi 13 e 14, al fine di assicurare la continuità dell'attività di ricostruzione e recupero della città dell'Aquila e dei comuni colpiti dal terremoto, consentono la proroga o il rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato per il biennio 2014-2015.

 

In particolare, il comma 13 consente la proroga o il rinnovo dei contratti di lavoro di cui all’articolo 7, comma 6-ter, del D.L. 43/2013 anche per il biennio 2014-2015, utilizzando all’uopo il sistema derogatorio previsto dal medesimo comma 6-ter, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili nei rispettivi bilanci, fermo restando il rispetto del patto di stabilità interno e della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di personale.

 

Il richiamato comma 6-ter ha autorizzato il comune de L’Aquila a prorogare e/o rinnovare i contratti di lavoro del personale a tempo determinato (fino e non oltre il 31 dicembre 2013), anche con profilo dirigenziale, assunto sulla base della normativa emergenziale ed in servizio presso l’ente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, anche in deroga alle vigenti normative limitative delle assunzioni a tempo determinato in materia di impiego pubblico. Per tale finalità è stata autorizzata la spesa nel limite di euro 1.200.000 per il 2013, a valere sulle risorse destinate all'Ufficio Speciale della città de L’Aquila e all’Ufficio speciale dei restanti comuni del cratere destinate all’assunzione di personale a tempo indeterminato, ai sensi dell'articolo 67-ter, comma 5, del D.L. 83/2012[66].

A valere sulle medesime risorse, sino ad un massimo di euro 1.000.000 per l'anno 2013, i comuni del cratere, in condivisione con i coordinatori delle aree omogenee dei comuni medesimi, sentito il parere del titolare dell’Ufficio speciale sono stati altresì autorizzati a prorogare e/o rinnovare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati in forza delle O.P.C.M. emergenziali, avvalendosi del sistema derogatorio in precedenza richiamato.

 

Ai sensi del comma 14, per le finalità di cui al comma 13, il comune dell'Aquila può prorogare o rinnovare i contratti di lavoro a tempo determinato previsti dall'articolo 2, comma 3-sexies, del D.L. 225/2010, avvalendosi del sistema derogatorio previsto dal richiamato articolo 7, comma 6-ter, del D.L. 43/2013, anche per il biennio 2014-2015, nel limite massimo di spesa di 1 milione di euro per ciascun anno a valere sulle disponibilità in bilancio, fermo restando il rispetto del patto di stabilità interno e della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di personale

 

L’articolo 2, comma 3-sexies, del D.L. 225/2010 ha disposto una deroga al blocco delle assunzioni per il Comune de L'Aquila e per i comuni montani della provincia de L'Aquila. Più specificamente, è stato previsto in deroga all'articolo 14, comma 9, del D.L. 78/2010, e all'articolo 24, comma 1, del D.Lgs. 150/2009, recanti, rispettivamente, norme volte al contenimento dei costi del personale degli enti territoriali e norme concernenti le progressioni di carriera nella P.A., che il Comune de L’Aquila possa stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per gli anni 2011, 2012 e 2013 nel limite massimo di spesa di 1 milione di euro per ciascun anno. Lo stesso comma ha previsto altresì la facoltà, per i comuni della provincia de L’Aquila e quelli di cui all'articolo 1, comma 2, del D.L. 39/2009[67], con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti che al 31 dicembre 2010 avessero avuto una dotazione di personale pari o inferiore ai due terzi della pianta organica, di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per gli anni 2011, 2012 e 2013, nel limite di spesa di 1 milione di euro per ciascun anno, per avvalersi di personale fino al limite di quattro quinti della pianta organica e nel rispetto delle condizioni prescritte dal patto dì stabilità interno, fatto comunque salvo il limite del 40% nel rapporto tra spese per il personale e spesa corrente. I predetti contratti sono consentiti nel rispetto del patto di stabilità interno. Infine, è stato stabilito che alla compensazione degli effetti intermini di fabbisogno ed indebitamento netto derivanti dall’applicazione delle misure di cui ai precedenti periodi, si provveda mediante utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del D.L. 154/2008, in misura pari ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, in termini di in termini di sola cassa.

 


 

Articolo 4-ter
(Profili pensionistici per i donatori di sangue ed emocomponenti )

 

 

L’articolo 4-ter, introdotto al Senato, integra l’articolo 6, comma 2-quater, del D.L. n. 216/2011, al fine di prevedere che le giornate dedicate dai lavoratori alla donazione di sangue e di emocomponenti vengano computate ai fini del calcolo dell’anzianità contributiva per l’accesso alla pensione anticipata senza penalizzazioni.

 

L’articolo 24, comma 10, del DL n.201/2011 (c.d. riforma Fornero), ha stabilito che l’accesso alla pensione anticipata (ossia in assenza dei nuovi requisiti anagrafici introdotti dalla riforma), a decorrere dal 1° gennaio 2012, è consentito esclusivamente se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti nell'anno 2012. Tali requisiti contributivi sono aumentati di un ulteriore mese per l'anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dall'anno 2014. Sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012, è applicata una riduzione percentuale pari ad 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni.

Successivamente, l’articolo 6, comma 2-quater, del D.L. n.216/2011, ha previsto che le disposizioni dell’ articolo 24, comma 10, del D.L. n. 201/2011, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione, limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la predetta anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.

La legge 21 ottobre 2005, n. 219 reca la disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati. L’articolo 8, in particolare, prevede che i donatori di sangue e di emocomponenti con rapporto di lavoro dipendente o parasubordinati hanno diritto ad astenersi dal lavoro per l'intera giornata in cui effettuano la donazione, conservando la normale retribuzione per l'intera giornata lavorativa e l’accredito dei contributi figurativi. In caso di inidoneità alla donazione è garantita la retribuzione dei donatori lavoratori dipendenti, limitatamente al tempo necessario all'accertamento dell'idoneità e alle relative procedure. I certificati relativi alle prestazioni effettuate sono rilasciati al donatore dalla struttura trasfusionale che le ha effettuate.

 

 


 

Articolo 4, comma 15
(Concorsi in magistratura)

 

 

Il comma 15 - in analogia a quanto già disposto per i concorsi da dirigente nelle amministrazioni pubbliche - introduce anche per la partecipazione ai concorsi per l’accesso in magistratura l’obbligo di corrispondere un contributo tra i 10 e i 15 euro a titolo di diritto di segreteria (l’importo esatto è fissato dal bando) quale partecipazione alle spese della procedura concorsuale.

Le entrate relative, in riferimento ai concorsi per l’accesso in magistratura ordinaria, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero della giustizia.

Il Senato ha corretto il richiamo contenuto nel secondo periodo, che fa riferimento alle entrate “di cui al comma 1” ai fini dell’assegnazione delle entrate da contributo allo stato di previsione del Ministero della Giustizia e lo ha sostituito con il riferimento alle entrate derivanti dalla disposizione di cui al “primo periodo del presente comma”.

 

Si osserva che, in base alla formulazione letterale del primo periodo, l’obbligo di versamento del contributo interessa i concorsi per l’accesso in qualsiasi magistratura, mentre la riserva di assegnazione delle risorse derivanti dal contributo, in base al secondo periodo, riguarda i soli concorsi per l’accesso alla magistratura ordinaria.

 

 


 

Articolo 4, comma 16
(Personale enti di ricerca)

 

 

Il comma 16 stabilisce che l'autorizzazione all'avvio delle procedure concorsuali per gli enti di ricerca è concessa in sede di approvazione – tramite decreto direttoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell’economia e delle finanze – del piano triennale del fabbisogno del personale e della consistenza dell'organico.

 

Si ricorda che l’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 ha stabilito, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, che l'avvio delle procedure concorsuali sia subordinato all'emanazione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Enti di ricerca vigilati dal MIUR

Al riguardo, il comunicato dell’Ufficio stampa del MIUR del 26 agosto 2013 evidenzia che la norma semplifica notevolmente la procedura delle assunzioni da parte degli enti di ricerca da esso vigilati, riducendo le autorizzazioni necessarie.

Infatti, con riferimento agli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di cui al capo I del d.lgs. 213/2009, sembrerebbe si apportino modifiche (non testuali) sia alla procedura di approvazione del piano triennale del fabbisogno del personale e della consistenza dell’organico, come definita dall’art. 5, co. 4, del d.lgs. 213/2009 – che, tra l’altro, coinvolge il MIUR – sia al regime autorizzatorio per l’avvio delle procedure concorsuali, di cui all’art. 35, co. 4, del d.lgs. 165/2001.

 

L’art. 5, co. 4, del d.lgs. 213/2009, dispone, infatti, che, per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR, di cui al capo I del medesimo d.lgs., il fabbisogno di personale, la consistenza e la variazioni dell’organico, sono approvati dal MIUR, previo parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze e del Dipartimento della funzione pubblica.

 

L’art. 35, co. 4, secondo periodo, del d.lgs. 165/2001 prevede, invece, che l’avvio delle procedure concorsuali è subordinato all’emanazione di apposito DPCM, limitatamente (fra gli altri) agli enti di ricerca con organico superiore alle 200 unità[68].

 

Occorre coordinare le disposizioni recate dal comma 16 con quelle recate dal comma 3 dell’articolo in esame.

Infatti, con riguardo alla procedura di autorizzazione all’avvio di nuove procedure concorsuali per gli enti di ricerca, il comma 3 si riferisce esplicitamente alla disciplina recata dall’art. 35, co. 4, del d.lgs. 165/2001 che, come si è visto, prevede l’intervento di un DPCM, esclusivamente per gli enti con un organico superiore alle 200 unità. Dunque, nella compresenza dei commi 3 e 16, dubbi interpretativi potrebbero sorgere circa la necessità di autorizzazione per l’avvio delle procedure concorsuali per tutti gli enti di ricerca, indipendentemente alla dimensione del loro organico, e circa il relativo atto formale (decreto direttoriale o decreto del Presidente del Consiglio dei ministri).

Inoltre, con riferimento alla procedura di approvazione del piano triennale del fabbisogno del personale e della consistenza dell’organico per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR, occorrerebbe chiarire se l’intenzione sia effettivamente quella di non coinvolgere più il MIUR.

Al riguardo si segnala, peraltro, che l’art. 24, co. 2, del D.L. 104/2013, in corso di esame, prevede che l’approvazione del fabbisogno di personale, la consistenza e le variazioni dell’organico dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sono disposti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo parere favorevole del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione (ossia, con la procedura prevista dall’art. 5, co. 4, del d.lgs. 213/2009), da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. Anche in questo caso, pertanto, occorre coordinare le disposizioni.

 

 


 

Articolo 4, comma 16-bis
(Assenze per malattia nella P.A.)

 

 

Il comma 16-bis, introdotto al Senato, reca modifiche all’articolo 55-septies, comma 5-ter, del D.Lgs. 165/2001, in materie di assenze per malattia nel pubblico impiego, prevedendo:

§      una modifica tecnica, volta a stabilire che la “giustificazione” è da riferirsi al permesso richiesto e non all’assenza in quanto tale (lettera a));

§      che l’attestazione del medico competente vada rilasciata anche in ordine all’orario (lettera b));

§      che l’attestazione giustificatrice la malattia possa essere trasmessa dai medici preposti anche mediante posta elettronica (lettera c)).

 

In tema di assenze per malattia nel pubblico impiego si ricorda che l’articolo 71 del D.L. 112/2008 ha introdotto misure volte a regolare le assenze per malattia, soprattutto in riferimento al trattamento economico, alla certificazione della malattia e alle fasce orarie di reperibilità, con l'obiettivo di ridurre il tasso di assenteismo nel settore pubblico.

In particolare, in deroga ai contratti collettivi e alla normativa di settore, per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, si prevede che ai lavoratori venga corrisposto, nei primi 10 giorni di assenza, il solo trattamento economico fondamentale, escludendo ogni indennità o emolumento aventi carattere fisso e continuativo, nonché ogni altro trattamento accessorio. Resta comunque fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. Ulteriori disposizioni sono contenute nell’articolo 55-septies del D.Lgs. 165/2001, che in primo luogo, al fine di rendere più rigorosa la certificazione della malattia nelle ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a 10 giorni e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare, ha disposto l’obbligo di ricorrere ad una struttura sanitaria pubblica per il rilascio della certificazione medica, nonché ad un medico convenzionato con il S.S.N.. Oltre a ciò, si prevede la trasmissione della certificazione medica per via telematica direttamente dal medico o struttura sanitaria all’INPS e inoltrata dall’istituto alla amministrazione di appartenenza. Inoltre, è stato disposto anche l’espletamento dei controlli da parte delle amministrazioni anche per assenza di un solo giorno e l'individuazione delle fasce orarie di reperibilità del lavoratore ai fini delle visite mediche di controllo (in attuazione di tale norma il D.M. 18 dicembre 2009 fissa gli orari dalle ore 9 alle 13 e dalle ore 15 alle 18, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi). Lo stesso articolo 55-septies stabilisce altresì che le pubbliche amministrazioni dispongano il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti, valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione della visita, tenendo conto dell’esigenza di contrastare e prevenire l’assenteismo. Ai sensi del comma 5-ter, se l'assenza ha luogo per l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici, l'assenza può essere giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione.

Da ultimo, l’articolo 7 del D.L. 179/2012 ha in primo luogo esteso l'ambito di applicazione (ad eccezione del personale delle Forze Armate e dei Corpi armati dello Stato, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) delle norme già vigenti sulle certificazioni di malattia per i dipendenti pubblici e sulla loro trasmissione per via telematica al personale non contrattualizzato della P.A. (a decorrere dal 18 dicembre 2012). Allo stesso tempo, è stato previsto l’obbligo, per il medico o la struttura sanitaria, di inviare telematicamente la medesima certificazione anche all’indirizzo di posta elettronica personale del lavoratore, nel caso in cui quest’ultimo ne faccia espressamente richiesta fornendo un valido indirizzo.

 

 


 

Articolo 4, comma 16-ter
(Personale delle C.C.I.A.A.)

 

 

Il comma 16-ter, introdotto al Senato, riguarda le assunzioni di personale a tempo indeterminato delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA).

In particolare, la norma integra il comma 5 dell’articolo 14 del decreto-legge 95/2012 (cd. “decreto spending review”), che pone dei limiti di spesa per le assunzioni di personale a tempo indeterminato delle CCIAA in percentuale della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente (il 20% per il 2014, il 50% per il 2015 e il 100% dal 2016).

L’integrazione proposta prevede che:

§      l'individuazione dei limiti avvenga complessivamente su base nazionale;

§      l’assegnazione alle singole Camere di commercio delle unità di personale da assumere è stabilita con decreto del Ministero dello sviluppo economico sulla base dei criteri individuati da un'apposita commissione.

Tale commissione, costituita senza oneri presso il medesimo Ministero, è composta da cinque componenti: due in rappresentanza del Ministero dello sviluppo economico, dei quali uno con funzione di Presidente, uno in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze, uno in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento funzione pubblica ed uno di Unioncamere.

La norma contiene una clausola di salvaguardia finanziaria.

 


 

Articolo 4-bis
(Disciplina delle IPAB)

 

 

L’articolo 4-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, prevede che, per finalità di razionalizzazione delle attività delle amministrazioni pubbliche nel processo di revisione della spesa pubblica, le Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza e le Aziende pubbliche di servizi alla persona di cui al decreto legislativo n. 207/2001, sono sottoposte alla medesima disciplina prevista per gli Enti del Servizio sanitario Nazionale o per le Aziende Speciali dei comuni che operino nel settore dei servizi socio-sanitari, assistenziali, culturali ed educativi.

 

Va osservato che la disposizione in commento non chiarisce quali siano le norme effettivamente applicabili alle IPAB nel caso in esame. Andrebbe quindi inserito il riferimento esatto alle disposizioni normative che si intendono richiamare. Poiché la finalità dichiarata dalla norma è quella di razionalizzare l’attività delle amministrazioni pubbliche nel processo di revisione della spesa è da ritenere che debbano intendersi richiamate le disposizioni che configurano i soggetti sopracitati come enti che agiscono con criteri imprenditoriali tenuti a depositare e a certificare i propri bilanci.

 

Va ricordato che la legge 8 novembre 2000, n. 328 sull'integrazione degli interventi sociali, all'articolo 10, prevede una norma di delega per il riordino delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB) nel quadro della realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. A norma della delega, è stato emanato il D. Lgs. 4 maggio 2001, n. 207 per cui:

la competenza per le IPAB è delle Regioni che stabiliscono:

a) le modalità di partecipazione delle istituzioni e delle loro associazioni o rappresentanze, alle iniziative di programmazione e gestione dei servizi;

b) l'apporto delle istituzioni al sistema integrato di servizi sociali e socio-sanitari;

c) le risorse regionali eventualmente disponibili per potenziare gli interventi e le iniziative delle istituzioni nell'ambito della rete dei servizi (articolo 2);

le IPAB sono riordinate in aziende pubbliche di servizi o in persone giuridiche private nelle veste di associazioni o fondazioni di diritto privato, senza fini di lucro (articoli 4 e 16); le Regioni, al fine di incentivare e potenziare la prestazione di servizi alla persona nelle forme dell'azienda pubblica di servizi alla persona, stabiliscono, i criteri per la corresponsione di contributi ed incentivi alle fusioni di più istituzioni (articolo 19).

 


 

Articolo 5
(Disposizioni in materia di trasparenza, anticorruzione e valutazione della performance)

 

 

L’articolo 5, ampiamente modificato nel corso dell’esame presso il Senato, introduce alcune modifiche alle funzioni e all’organizzazione della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), in conseguenza dell’individuazione della CIVIT quale Autorità nazionale anticorruzione da parte dell’art. 1, co. 2, della legge n. 190/2012 (c.d. legge anticorruzione).

Tra le modifiche più rilevanti, si segnalano la nuova denominazione di Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (A.N.AC.) attribuita alla Commissione e l’aumento da 3 a 5 del numero dei componenti.

 

Si ricorda che la CIVIT, infatti, è stata istituita dall’art. 13 del D.Lgs. 150/2009[69] (cd. decreto Brunetta) con la funzione di indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione delle amministrazioni; di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale. A tali attribuzioni si affianca il compito di garantire la trasparenza totale delle amministrazioni, cioè l’accessibilità dei dati inerenti al loro funzionamento.

Successivamente, l’art. 1 della L. 6 novembre 2012 n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), attuando le Convenzioni internazionali in materia di lotta alla corruzione, ha individuato l’Autorità nazionale competente a coordinare l’attività di contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione nella Civit, modificando la distribuzione delle competenze in materia, con la sostituzione della Civit al Dipartimento della funzione pubblica, che ricopriva tale ruolo secondo la normativa previgente.

Pertanto, alle attribuzioni originarie della Commissione, la legge anticorruzione ha affiancato nuove funzioni in materia di lotta alla corruzione, che attengono prevalentemente al ruolo di rappresentanza istituzionale, specie nei rapporti con i competenti organismi internazionali, nonché di vigilanza e controllo sulle politiche di contrasto alla corruzione e sull’efficacia delle singole misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. Più nel dettaglio, alla Commissione è affidato il compito di:

§         collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;

§         approvare il Piano nazionale anticorruzione che viene predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica;

§         analizzare cause e fattori della corruzione e individuare gli interventi di prevenzione;

§         esprimere parere obbligatorio sugli atti di direttiva e di indirizzo, nonché sulle circolari del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico;

§         esercitare la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. A tal fine, alla Commissione sono riconosciuti poteri ispettivi, che le consentono di richiedere notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, nonché il potere di ordinare la rimozione di comportamenti o atti, dandone notizia nel sito web;

§         riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e all’illegalità e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stata profondamente modificata l’impostazione originaria del decreto, che prevedeva il trasferimento all’ARAN di una parte delle funzioni della CIVIT.

In particolare, i commi 1-2 del testo del decreto, soppressi nel corso dell’esame al Senato, proprio al fine di concentrare l'attività della Commissione sui nuovi compiti relativi alla garanzia della trasparenza e alla prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni, prevedevano il trasferimento delle funzioni finora spettanti alla suddetta Commissione in materia di misurazione e valutazione della performance, individuate in dettaglio mediante rinvio agli artt. 7, 10, 12, 13 e 14 del D.Lgs. n. 150 del 2009, all'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN).

 

L’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), istituita dal D.Lgs 29/1993 e disciplinata dall’articolo 46 del D.Lgs. 165/2001 (come modificato dall’articolo 58 del D.Lgs. 150/2009), è l’organismo preposto alla negoziazione nel pubblico impiego e rappresenta le pubbliche amministrazioni nella contrattazione collettiva nazionale di lavoro. L’ARAN è dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa, gestionale e contabile nei limiti del proprio bilancio, al quale affluiscono direttamente i contributi posti a carico delle singole amministrazioni dei vari comparti, (corrisposti in misura fissa per dipendente in servizio) e le quote per l'assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei soggetti che se ne avvalgano.

L’Aran svolge ogni attività diretta alla negoziazione e definizione dei contratti collettivi del personale dei vari comparti del pubblico impiego, alla assistenza delle pubbliche amministrazioni, ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi, e allo studio, monitoraggio e documentazione necessarie all'esercizio della contrattazione collettiva.

 

Il comma 2, anch’esso soppresso dal Senato, prevedeva un'integrazione della composizione del collegio di indirizzo e controllo dell’ARAN, a fronte delle funzioni trasferite ai sensi del comma 1, mediante scelta di due ulteriori componenti, anche estranei alla pubblica amministrazione, esperti in tema di servizi pubblici, management, misurazione della performance e valutazione del personale.

Nel testo approvato dal Senato è stata soppressa anche la disposizione del comma 3 che demandava ad un regolamento dell’ARAN la definizione dell'organizzazione della propria attività, con la distinzione dell'esercizio delle funzioni ad essa trasferite ai sensi del comma 1, dall'esercizio delle funzioni relative alla contrattazione.

 

Tale disposizione è stata sostituita con altra che, al comma 3, modifica la denominazione della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche in Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (A.N.AC.)

 

Il comma 4 trasferisce al Dipartimento della funzione pubblica le funzioni in materia di qualità dei servizi pubblici svolte finora dalla CIVIT.

 

Sul punto, si ricorda che l’art. 13 co. 6, lett. f), del D.Lgs. 150/2009 attribuisce alla CIVIT il compito di adottare le linee guida per la definizione degli Strumenti per la qualità dei servizi pubblici. In particolare, ai sensi dell’art. 11 della D.Lgs. 286/1999, come modificato dall’art. 28 del D.Lgs. 150, la Commissione ha un potere di proposta al Presidente del Consiglio dei ministri ai fini della emanazione delle direttive sugli standard qualitativi dei servizi pubblici.

 

Sarebbe opportuno pertanto coordinare la disposizione del comma in esame con quelle contenute nel D.Lgs. 150/2009.

 

I commi 5-7 modificano la disciplina della composizione della CIVIT (rectius, ANAC), organo collegiale originariamente di 5 componenti, ridotti a 3 ai sensi dell'art. 23, comma 1, lettera h), del D.L. n. 201/2011 (convertito dalla L. 216/2011) che, per finalità di contenimento della spesa pubblica, ha ridotto il numero dei membri di quasi tutte le autorità amministrative indipendenti.

In particolare, il comma 5, modificato nel corso dell’esame al Senato, novella integralmente l’art. 13, co. 3, del D.Lgs. 150/2009, che disciplina la composizione della Commissione e che era già stato oggetto di modifiche non testuali introdotte dall’art. 34-bis, co. 1, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221).

 

L’articolo 34-bis, co. 1, del D.L. 179/2012 ha modificato, senza novellare il citato art. 13, le modalità di elezione del Presidente della Civit, quale autorità nazionale anticorruzione, stabilendo la nomina, con le forme e le modalità già previste ex lege, su proposta dei Ministri della pubblica amministrazione, della giustizia e dell'interno, tra persone di notoria indipendenza che hanno avuto esperienza in materia di contrasto alla corruzione e persecuzione degli illeciti nella pubblica amministrazione (mentre in precedenza l’iniziativa della proposta spettava ai Ministri della pubblica amministrazione e per l’attuazione del programma di governo, e i requisiti professionali del Presidente erano quelli propri di tutti i componenti, da scegliere tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione con comprovate competenze in Italia e all'estero, sia nel settore pubblico che in quello privato in tema di servizi pubblici, management, misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale).

 

Con la novella integrale dell’articolo 13, comma 3, si conforma il testo a parte delle modifiche già introdotte con le modifiche non testuali del D.L. 201/2011 e del D.L. 179/2012 e si apportano ulteriori modifiche, come evidenziato nel testo a fronte che segue:

 

D.Lgs. 27 ottobre 2009 n. 150

Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività
del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

Testo previgente

Testo introdotto dall’art. 5 del D.L. 101/2013

Testo introdotto dall’art. 5 del D.L. 101/2013, come modificato dal Senato A.C. 1682

Art. 13
Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche.

 

 

3. La Commissione è organo collegiale composto da cinque componenti scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione con comprovate competenze in Italia e all'estero, sia nel settore pubblico che in quello privato in tema di servizi pubblici, management, misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale. I componenti sono nominati, tenuto conto del principio delle pari opportunità di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. I componenti della Commissione non possono essere scelti tra persone che rivestono incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano rivestito tali incarichi e cariche nei tre anni precedenti la nomina e, in ogni caso, non devono avere interessi di qualsiasi natura in conflitto con le funzioni della Commissione. I componenti sono nominati per un periodo di sei anni e possono essere confermati una sola volta. In occasione della prima seduta, convocata dal componente più anziano di età, i componenti eleggono nel loro ambito il Presidente della Commissione. All'atto dell'accettazione della nomina, se dipendenti da pubblica amministrazione o magistrati in attività di servizio sono collocati fuori ruolo, se ne fanno richiesta, e il posto corrispondente nella dotazione organica dell'amministrazione di appartenenza è reso indisponibile per tutta la durata del mandato; se professori universitari, sono collocati in aspettativa senza assegni.

3. La Commissione è organo collegiale composto dal Presidente e da due componenti scelti tra esperti di elevata professionalità anche estranei all'amministrazione, di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione. Il Presidente e i componenti sono nominati, nel rispetto del principio delle pari opportunità di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. Il Presidente su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, i due componenti su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro per la pubblica amministrazione.

3. L'Autorità è organo collegiale composto dal Presidente e quattro componenti scelti tra esperti di elevata professionalità, anche estranei all'amministrazione con comprovate competenze in Italia e all'estero, sia nel settore pubblico che in quello privato, di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione, di management e misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale. Il Presidente e i componenti sono nominati, tenuto conto del principio delle pari opportunità di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. Il Presidente è nominato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro della giustizia e del Ministro dell'interno, i componenti sono nominati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione. Il Presidente e i componenti dell'Autorità non possono essere scelti tra persone che rivestono incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano rivestito tali incarichi e cariche nei tre anni precedenti la nomina e, in ogni caso, non devono avere interessi di qualsiasi natura in conflitto con le funzioni dell'Autorità. I componenti sono nominati per un periodo di sei anni e non possono essere confermati nella carica.

 

Rispetto al testo originario dell’articolo 13, co. 3, il testo del comma 5 approvato dal Senato contiene le seguenti modifiche:

§         la Commissione torna ad essere organo collegiale di cinque membri (come previsto dalla norma istitutiva, poi superata dalle previsioni del D.L. 201/2011);

§         sia il Presidente che gli altri componenti della Commissione sono scelti tra esperti di notoria indipendenza e comprovata esperienza in materia di contrasto alla corruzione (non più di servizi pubblici), oltre che nei settori di management, misurazione della performance, nonché di gestione e valutazione del personale;

§         si conferma quanto già stabilito dal citato art. 34-bis, del D.L. 179/2012, che il Presidente non è scelto tra i componenti della Commissione, ma direttamente individuato in sede di nomina;

§         il potere di proposta per la nomina con d.P.R. dei componenti viene differenziato, in quanto spetta al solo Ministro per la pubblica amministrazione per il Presidente, mentre per gli altri due componenti è richiesto il concerto con il Ministro dell’interno; rimane fermo il procedimento ed in particolare la necessità del parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi;

§         si conferma la durata del mandato (pari a sei anni), ma viene introdotto il divieto di rinnovo dell’incarico per tutti i componenti (mentre nel testo originario dell’articolo 13 è prevista la possibilità di conferma per una sola volta);

§         si sopprimono le norme sulla possibilità di collocamento fuori ruolo e (per i professori universitari) sul collocamento in aspettativa senza assegni.

 

La norma contenuta nel testo del decreto-legge vigente differisce rispetto al testo approvato dal Senato in quanto: conferma la presenza di tre membri, un Presidente e due componenti, individua i requisiti dei membri della comprovata esperienza nel solo settore del contrasto alla corruzione, sopprime le disposizioni sulla durata del mandato e sulle incompatibilità.

 

Il comma 6 dell’articolo in commento abroga i commi 1 e 4 dell’art. 34-bis del citato D.L. 179/2012 (convertito da L. 221/2012).

L’abrogazione del comma 1 è direttamente conseguente alla novella prevista dal comma 5.

Si segnala che l’integrale abrogazione del comma 1 dell’art. 34-bis comporta la soppressione anche della disposizione che rinviava ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia, la definizione dei compensi dei componenti della Commissione, nel rispetto dell’art. 23-ter, D.L. 201/2011 e dell’invarianza della spesa complessiva.

 

Quanto all’abrogazione dell’art. 34, comma 4, del D.L. 179, si ricorda che tale disposizione differiva al 31 marzo 2013, in sede di prima applicazione, il termine per l’adozione del piano triennale di prevenzione della corruzione di cui all'art. 1, comma 8, L. n. 190/2012. Pertanto, resta vigente, a regime, il termine annuale del 31 gennaio.

 

Il comma 8 citato stabilisce che l'organo di indirizzo politico preposto alle attività volte alla prevenzione e alla repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. Si ricorda, in proposito, che il procedimento ha subito un rallentamento nella fase iniziale: l’11 settembre 2013, la CIVIT ha approvato la proposta di Piano nazionale anticorruzione elaborata dal Dipartimento della funzione pubblica. Sulla base di questo, ciascuna amministrazione dovrà adottare e comunicare il proprio Piano triennale anticorruzione entro il 31 gennaio 2014.

 

Il successivo comma 7 reca le norme transitorie, specificando che le proposte di nomina del nuovo Presidente e dei nuovi componenti della CIVIT devono essere formulate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sino al momento delle nuove nomine restano in carica il Presidente e i componenti attualmente insediati.

 

Alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame risultano insediati i seguenti componenti: Romilda Rizzo (presidente dal 29 marzo 2012); Antonio Martone (componente dal 14 marzo 2012 e già Presidente dal 22 dicembre 2009 al 14 marzo 2012); Alessandro Natalini (componenti dal 12 dicembre 2011).

 

Il comma 8 reca la clausola di invarianza degli oneri di finanza pubblica con riferimento all’attuazione delle disposizioni dell’articolo in commento.

 

In relazione alla clausola di invarianza degli oneri, si consideri che il comma 5, come modificato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, eleva a cinque il numero dei componenti dell’Autorità, attualmente pari a tre.

 


 

Articolo 6
(Disposizioni in materia di controllo aeroportuale e sulle concessionarie autostradali)

 

 

L’articolo 6 (commi 1 e 2) disciplina l’affidamento dei servizi di controllo del personale aeroportuale. I commi 3, nonché 3-bis e 4-bis (inseriti nel corso dell’esame al Senato) recano norme sul personale da destinare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la vigilanza delle concessionarie autostradali. Il comma 4 dispone risorse finanziarie per l’avvio dell’Autorità di regolazione dei trasporti.

Il comma 1 aggiunge 3 nuovi commi, dopo il comma 4-bis, all’articolo 5, del decreto-legge 9/1992[70] che disciplina i servizi in aree aeroportuali non richiedenti l’impiego di forze di polizia, consentendone l’affidamento in concessione qualora non sia richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego di appartenenti alle forze di polizia. All’attuazione ha provveduto il regolamento di cui al decreto ministeriale n. 85/1999[71] indicando i seguenti servizi:

a)      controllo dei passeggeri in partenza ed in transito;

b)    controllo radioscopico o con altri tipi di apparecchiature del bagaglio al seguito dei passeggeri;

c)    controllo radioscopico o con altri tipi di apparecchiature dei bagagli da stiva, della merce e dei plichi dei corrieri espresso.

 

Il nuovo comma 4-ter consente “altresì” l’affidamento da parte dell’ENAC (Ente nazionale dell’aviazione civile) al gestore aeroportuale dei seguenti servizi di controllo:

·         del personale aeroportuale e degli equipaggi, compresi gli oggetti trasportati ed il possesso delle previste autorizzazioni, che accedono alle aree sterili attraverso le aerostazioni passeggeri;

·         del personale aeroportuale, e di qualunque altro soggetto, compresi gli oggetti trasportati ed il possesso delle previste autorizzazioni, che, attraverso varchi diversi da quelli interni alle aerostazioni, accedono alle aree sterili;

·         dei veicoli che, muniti delle previste autorizzazioni, debbano recarsi in un'area sterile del sedime aeroportuale per il cui accesso è richiesta l'effettuazione di specifici controlli.

L’espressione “altresì” sembra ricollegare l’affidamento da parte dell’ENAC al gestore aeroportuale dei servizi indicati dai nuovi commi 4-ter, quater e quinquies agli altri servizi indicati dai commi 1-4, dell’articolo 5; tuttavia si rileva che mentre i servizi dei commi 1-4 possono essere affidati, dall’ENAC o dal gestore aeroportuale, ad imprese private, quelli dei nuovi commi sembrerebbero poter essere affidati solo da ENAC al gestore aeroportuale. Potrebbe essere ritenuto opportuno precisare se i servizi dovranno essere gestiti direttamente dal gestore aeroportuale o potranno da questi essere affidati a terzi, analogamente a quanto disposto per i servizi dei commi 1-4.

Il nuovo comma 4-quater dispone che servizi di cui al comma 4-ter sono svolti secondo le procedure indicate dal Programma nazionale per la sicurezza dell'aviazione civile, con la supervisione della forza di polizia prevista dal locale dispositivo di sicurezza.

Il Programma nazionale per la sicurezza dell'aviazione civile è previsto dal Regolamento CE 300/2008 [72]ed è stato approvato dall’ENAC con provvedimento del 19 marzo 2012. Il Capitolo 1, dedicato alla sicurezza negli aeroporti, esplicita le modalità attuative per la definizione dei confini aeroportuali, per la regolamentazione delle aree sterili e delle parti critiche delle aree sterili, le disposizioni e le modalità da osservare per il controllo dell'accesso alle aree regolamentate di persone e veicoli, specificando inoltre le modalità di controllo del personale operante in un aeroporto.

Il nuovo comma 4-quinquies consente che la supervisione sui servizi di controllo di cui al comma 4-ter possa essere svolta secondo le esigenze locali con le modalità stabilite dai Comitati di Sicurezza Aeroportuali (organismi presieduti dal Direttore dell’aeroporto ed in cui sono rappresentate le autorità aeroportuali e gli operatori economici presenti in aeroporto) con il concorso delle altre forze di polizia previste dal locale dispositivo di sicurezza (potrebbe essere ritenuto opportuno precisare quali possano essere le “altre” forze di polizia, perché nel comma in esame non si rinvengono riferimenti ad alcuna forza di polizia).

 

Il comma 2 contiene una clausola di salvaguardia per le finanze pubbliche.

 

Il comma 3 novella l’art. 9, comma 28, del D.L. 78/2010 il quale ha disposto che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato e ulteriori enti pubblici ivi indicati possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

La novella consiste nell’inserimento di un nuovo periodo, dopo il nono, che introduce una deroga al predetto limite posto alle assunzioni di personale, prevedendone la disapplicazione per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), nei limiti di 50 unità di personale ed esclusivamente per lo svolgimento dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale.

Lo stesso comma precisa che la deroga si giustifica al fine di assicurare la continuità della citata attività di vigilanza, ai sensi dell'art. 11, comma 5, secondo periodo, del D.L. 216/2011, che ha trasferito al MIT tale attività in seguito alla soppressione dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali.

La finalità perseguita dalla disposizione è la medesima del comma 1 dell’art. 25 del D.L. 69/2013, che ha previsto l’emanazione di un apposito D.P.C.M. per l’individuazione delle unità di personale trasferito al MIT.

Relativamente alla richiamata Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali si ricorda che essa è stata istituita (a decorrere dal 1° gennaio 2012) dall’art. 36 del D.L. 98/2011, che ha introdotto un’articolata disciplina volta a ridefinire l’assetto delle funzioni e delle competenze in materia di gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale. L’art. 36, comma 2, ha quindi provveduto ad elencare le funzioni attribuite all’Agenzia. Il successivo comma 4 ha disposto il subentro (entro il 30 settembre 2012) dell'Agenzia ad ANAS S.p.A. nelle funzioni di concedente per le convenzioni in essere alla stessa data, mentre il comma 5 ha disposto, relativamente alle attività e ai compiti di cui al comma 2, che l'Agenzia esercita ogni competenza già attribuita in materia all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali e ad altri uffici di ANAS o ad uffici di amministrazioni dello Stato, i quali sono conseguentemente soppressi. A tal fine il comma 5 ha previsto il trasferimento all’Agenzia del personale degli uffici soppressi con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e di risorse finanziarie.

Nelle more dell’adozione dello statuto della nuova Agenzia, l’art. 11, comma 5, del D.L. 216/2011 (come novellato dall'art. 12, comma 79, lett. a), del D.L. 95/2012) ha previsto, in caso di mancata adozione entro il 30 settembre 2012 dello statuto e del D.P.C.M. di individuazione delle unità di personale da trasferire all'Agenzia, la soppressione dell'Agenzia stessa e il trasferimento al MIT, a decorrere dal 1° ottobre 2012, delle attività e dei compiti già attribuiti alla medesima. Lo stesso comma 5 dell’art. 11 ha chiarito che il MIT, in caso di soppressione dell’Agenzia, sarebbe rimasto titolare delle risorse previste dall'art. 36, comma 5, del D.L. 98/2011.

Scaduto inutilmente il termine per l’emanazione dello statuto, l’Agenzia è stata considerata soppressa (ai sensi del citato art. 11) e quindi con il decreto 1° ottobre 2012, n. 341, il MIT ha provveduto all’istituzione della Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, cui è stata affidata la gran parte delle funzioni indicate dal comma 2 dell’art. 36, del D.L. 98/2011, che inizialmente erano state affidate all’Agenzia.

L’art. 4 del citato decreto ha altresì provveduto a fissare provvisoriamente le unità di personale della Struttura “nel limite massimo delle unità trasferite ex lege, con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in servizio al 31 maggio 2012 presso l’Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali, salvo integrazioni a seguito della verifica a regime, delle singole attività e funzioni che transitano nella P.A.”. Lo stesso articolo ha previsto, fino al definitivo inquadramento con D.P.C.M., che il personale in servizio presso I’IVCA alla data del 31 maggio 2012 con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato “prosegue la propria attività presso le attuali sedi di servizio continuando a svolgere i compiti attribuiti”.

 

Il comma 3 prevede, inoltre, che alla copertura del relativo onere si provveda mediante l'attivazione della procedura per l'individuazione delle risorse di cui all'art. 25, comma 2, del D.L. 69/2013.

Si ricorda che il comma 1 dell’art. 25 del D.L. 69/2013 ha previsto l’emanazione di un apposito D.P.C.M. per l’individuazione delle unità di personale trasferito al MIT. Il successivo comma 2, ai fini della copertura degli oneri connessi, ha previsto che il citato D.P.C.M. provveda all’individuazione delle risorse derivanti:

-      dalle sub-concessioni su sedime autostradale (la relazione tecnica al ddl di conversione del D.L. 69/2013 ha quantificato tali risorse in “21,7 milioni di euro come da bilancio ANAS 2011 e previsti per il 2013 nell’ordine di 17 milioni di euro”);

-      e, ove necessario, di quelle derivanti dal canone comunque corrisposto all’ANAS ai sensi dell’art. 1, comma 1020, secondo periodo, della L. 296/2006, anche mediante apposita rideterminazione della quota percentuale del predetto canone da corrispondere direttamente ad ANAS S.p.a. da parte dei concessionari autostradali.

Si ricorda in proposito che l’art. 10, comma 3, della L. 537/1993 ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 1994, gli enti concessionari di autostrade sono tenuti a corrispondere allo Stato un canone annuo, la cui misura è stata più volte modificata: dall’art. 1, comma 1020, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), dall’art. 1-bis del D.L. 162/2008 e dall’art. 19, comma 9-bis, del D.L. 78/2009. A seguito di tali modifiche, la misura del canone annuo è fissata nel 2,4% dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari. In particolare, per quanto rileva ai fini del citato comma 2, si evidenzia che, ai sensi del secondo periodo del comma 1020 della L. 296/2006, il 42% di tale canone è corrisposto direttamente all’ANAS che provvede a darne distinta evidenza nel piano economico-finanziario e lo destina prioritariamente alle sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari predetti, fino alla concorrenza dei relativi costi, ivi compresa la corresponsione di contributi alle concessionarie, secondo direttive impartite dal MIT volte anche al conseguimento della loro maggiore efficienza ed efficacia. Si ricorda, inoltre, che il D.L. 78/2009 ha aumentato il canone incorporandovi un sovrapprezzo sui pedaggi (che era previsto dall’art. 1, comma 1021, della legge finanziaria 2007, abrogato dal citato comma 9-bis dell’art. 19 del D.L. 78/2009) e che un ulteriore aumento, basato sulla percorrenza chilometrica dei veicoli, è stato disposto dal comma 4 dell’art. 15 del D.L. 78/2010[73]. L’art. 33, comma 4, del D.L. 179/2012 ha trasferito inoltre alla Regione Toscana i canoni di cui all'art. 1, comma 1020, della L. 296/2006 derivanti dalla realizzazione del completamento dell'autostrada Livorno-Civitavecchia, tratto Cecina-Civitavecchia, per i primi dieci anni di gestione dell'infrastruttura, fino alla quota massima annua del 75%.

 

Il comma 3-bis, inserito durante lesame al Senato, novella l’art. 25, comma 1, del D.L. 69/2013, modificando gli incrementi previsti nella dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) in conseguenza del trasferimento delle funzioni relative alla vigilanza sui concessionari della rete autostradale.

Si ricorda che il citato comma 1 dell’art. 25 del D.L. 69/2013, al fine di assicurare la continuità della citata attività di vigilanza, ha previsto l’emanazione di un apposito D.P.C.M. per l’individuazione delle unità di personale trasferito al MIT e disposto un incremento nella dotazione organica del MIT di un numero pari alle unità di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato individuate dal citato D.P.C.M.

La misura dell’incremento nella dotazione organica del MIT viene modificata prevedendo che l’incremento sia:

§         per l'area funzionale, di un numero di unità pari al numero di unità di personale individuato nella predetta area dal citato D.P.C.M.;

§         per l'area dirigenziale, di una unità di prima fascia e dodici unità di seconda fascia, come individuato dal predetto decreto.

 

Il comma 4 novella l’articolo 37, comma 6, lettera a) del decreto-legge 201/2011[74] relativamente al finanziamento dell’attività dell’Autorità di regolazione dei trasporti (si veda il testo a fronte).

Istituita dall’articolo 37 del decreto legge n. 201/2011 l’autorità è un organo collegiale composto da un presidente e due componenti individuati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente. Le designazioni effettuate dal Governo sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari. In nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle predette Commissioni a maggioranza dei due terzi dei componenti. Le Commissioni possono procedere all'audizione delle persone designate. I componenti durano in carica sette anni, senza possibilità di conferma. All’Autorità sono affidati compiti significativi di regolazione, di promozione e tutela della concorrenza, nel settore dei trasporti stradali, sia nazionali che locali, nel trasporto ferroviario, aereo, marittimo, nonché nel settore portuale. Il Presidente e i due componenti l’Autorità sono stati nominati con decreto del Presidente della Repubblica 9 agosto 2013.

 

Il nuovo testo dell'articolo 37, comma 6, lettera a) prevede che:

·         primo periodo: agli oneri derivanti dall'istituzione dell'Autorità e dal suo funzionamento, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro per l'anno 2013 e 2,5 milioni di euro per l'anno 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;

·         secondo periodo: al fine di assicurare l'immediato avvio dell'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato anticipa, nei limiti di stanziamento del proprio bilancio, le risorse necessarie per la copertura degli oneri derivanti dall'istituzione dell'Autorità di regolazione dei trasporti e del suo finanziamento, nella misura di 1,5 milioni di euro per l'anno 2013 e di 2,5 milioni di euro per l'anno 2014;

·         terzo periodo: le somme anticipate sono restituite all'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato a valere sulle risorse di cui al primo periodo;

·         quarto periodo: fino all'attivazione del contributo di cui all’articolo 37, comma 6, lettera b) del decreto-legge 201/2011 (un contributo versato dai gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati, in misura non superiore all'uno per mille del fatturato derivanti dall'esercizio delle attività svolte percepiti nell'ultimo esercizio) l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, nell'ambito delle risorse predette (lo stanziamento di 1,5 milioni di euro per il 2013 e 2,5 milioni per il 20149, assicura all'Autorità di regolazione dei trasporti, tramite apposita convenzione, il necessario supporto operativo-logistico, economico e finanziario per lo svolgimento delle attività strumentali all'implementazione della struttura organizzativa dell'Autorità di regolazione dei trasporti.

La convenzione tra l’Autorità di regolazione dei trasporti e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in attuazione della disposizione in commento, è stata stipulata il 23 settembre 2013[75]

 

Si ricorda che nel testo originario, l’articolo 37 del decreto-legge n. 201/2011 aveva previsto per l’istituzione e il funzionamento dell'Autorità nel 2012 un onere di 5 milioni di euro, coperto mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica. Tuttavia, come si è visto, il collegio dell’Autorità è stata nominato solo nel 2013.

 

Il comma 4-bis, inserito durante lesame al Senato, integra il disposto del comma 5 dell’art. 11 del D.L. 216/2011, che ha previsto il trasferimento al MIT delle risorse finanziarie, umane e strumentali relative all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali (IVCA) dell’ANAS.

L’integrazione della predetta disposizione è finalizzata a trasferire al MIT anche le risorse delle altre strutture dell'ANAS che svolgono le funzioni di concedente di cui all'art. 36, comma 2, del D.L. 98/2011.

Il citato art. 36, comma 2, elenca, tra l’altro, le seguenti funzioni di amministrazione concedente attribuite all’Agenzia (e quindi transitate al MIT in seguito alla sua soppressione; sul punto si veda la ricostruzione riportata nel commento al comma 3):

-      selezione dei concessionari autostradali e relativa aggiudicazione;

-      vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, inclusa la vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e il controllo della gestione delle autostrade il cui esercizio è dato in concessione;

-      possibilità di avvalersi, nell'espletamento delle proprie funzioni, delle società miste regionali (Autostrade del Lazio, Autostrade del Molise, Concessioni Autostradali Lombarde e Concessioni Autostradali Piemontesi), relativamente alle infrastrutture autostradali, assentite o da assentire in concessione, di rilevanza regionale.

 

La norma provvede altresì a quantificare le risorse citate, che vengono individuate in:

§         dieci unità di personale per l'area funzionale;

§         e due dirigenti di seconda fascia.

 

Viene pertanto conseguentemente e corrispondentemente incrementata la dotazione organica del MIT.

 


 

Articolo 7, commi 1-2
(Disposizioni in materia di collocamento obbligatorio
di testimoni di giustizia)

 

 

I commi 1-2 dell'articolo 7 integrano le disposizioni dell'articolo 16-ter del D.L. 8/1991 (L. conv. 82/1991), in materia di speciali misure in favore dei testimoni di giustizia.

 

I testimoni di giustizia cui è applicato lo speciale programma di protezione hanno diritto, ai sensi dell’art. 16-ter, comma 1, del D.L. 8/1991: a) a misure di protezione fino alla effettiva cessazione del pericolo per sé e per i familiari; b) a misure di assistenza, anche oltre la cessazione della protezione, volte a garantire un tenore di vita personale e familiare non inferiore a quello esistente prima dell'avvio del programma, fino a quando non riacquistano la possibilità di godere di un reddito proprio; c) alla capitalizzazione del costo dell'assistenza, in alternativa alla stessa; d) se dipendenti pubblici, al mantenimento del posto di lavoro, in aspettativa retribuita, presso l'amministrazione dello Stato al cui ruolo appartengono, in attesa della definitiva sistemazione anche presso altra amministrazione dello Stato; e) alla corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno, concordata con la commissione, derivante dalla cessazione dell'attività lavorativa propria e dei familiari nella località di provenienza, sempre che non abbiano ricevuto un risarcimento al medesimo titolo; f) a mutui agevolati volti al completo reinserimento proprio e dei familiari nella vita economica e sociale.

 

Viene aggiunta al comma 1 dell’art. 16-ter del D.L. 8/1991 una lett. e-bis) che prevede il diritto di accesso del testimone ad un programma di assunzione in una pubblica amministrazione, con qualifica e funzioni corrispondenti al titolo di studio ed alle professionalità possedute, fatte salve quelle che richiedono il possesso di specifici requisiti. Un emendamento approvato dal Senato ha precisato che il diritto all’assunzione spetta anche nel caso in cui il testimone di giustizia non sia più sottoposto al programma di protezione.

 

E’ poi aggiunto all’art. 16-ter un ulteriore comma 2-bis che precisa che tale assunzione avverrà per chiamata nominativa nelle pubbliche amministrazioni, nei limiti dei posti vacanti nelle piante organiche delle amministrazioni interessate e nel rispetto delle disposizioni limitative in materia di assunzioni, sulla base delle intese conseguite tra Ministero dell'interno e amministrazioni interessate. A tal fine il comma 2-bis provvede ad applicare ai testimoni di giustizia il diritto al collocamento con precedenza già previsto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata dall'articolo 1, comma 2, della legge 407/1998. Il medesimo comma precisa inoltre che le modalità di attuazione, anche al fine di garantire la sicurezza delle persone interessate, sono stabilite con decreto del Ministro dell'interno, emanato ai sensi dell'articolo 17-bis, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, sentita la commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, di cui all'articolo 10, comma 2. Una ulteriore modifica introdotta al Senato precisa che lo stesso D.M debba espressamente stabilire i criteri di riconoscimento del diritto ai soggetti usciti dal programma di protezione, anche in relazione alla qualità ed entità economica dei benefici già riconosciuti e alle cause e modalità della revoca del programma di protezione. La modifica pare ricollegarsi alle ipotesi di revoca del programma non in relazione alla cessazione del pericolo per il testimone di giustizia bensì alla sua condotta e alla osservanza degli impegni assunti.

Si ricorda che l'art. 17-bis del dl 8/1991 prevede, al comma 1, che contenuti e modalità di attuazione delle speciali misure di protezione vengano precisati con uno o più decreti del Ministro dell'interno, emanati di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica e la commissione centrale già richiamata; al comma 4 precisa che tali decreti hanno natura regolamentare, ai sensi dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988.

Il comma 2 dell’art. 7 in esame precisa che da tali assunzioni, nei limiti dei posti vacanti nelle piante organiche delle amministrazioni interessate e nel rispetto delle disposizioni limitative in materia di assunzioni, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 7, commi 3-5
(Disposizioni in materia di commissioni mediche dell'amministrazione della pubblica sicurezza)

 

 

I commi 3-5 dell'articolo 7 recano disposizioni in materia di commissioni mediche per gli accertamenti dei requisiti psicofisici e per altri accertamenti sanitari relativi al personale del comparto sicurezza e difesa. I commi in oggetto consentono che le convenzioni per l'istituzione di commissioni mediche eroganti le funzioni in comune (per le amministrazioni stipulanti) siano concluse anche tra il Ministero dell'interno ed il Ministero della difesa (l'eventuale convenzione concernerebbe anche il personale militare del Corpo della Guardia di finanza) - mentre la disciplina previgente prevede la possibilità di convenzioni tra l'Amministrazione della pubblica sicurezza, altre Forze di polizia ad ordinamento civile e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco -. La novella di cui al comma 4, lettera a), in particolare, concerne la composizione e le modalità di funzionamento delle commissioni istituite in base alle varie convenzioni summenzionate.

Il comma 3 autorizza il Ministero dell'interno, ai sensi dell'art. 1-ter del D.L. n. 45/2005, a stipulare, a condizioni di reciprocità, convenzioni anche con il Ministero della Difesa per l'espletamento delle attività delle commissioni mediche anche nei confronti del personale militare - ivi compreso quello del Corpo della Guardia di Finanza - al fine di assicurare la funzionalità e la razionalizzazione della spesa del comparto sicurezza e difesa.

Si ricorda che l'art. 1-ter del D.L. n. 45/2005 autorizza l'Amministrazione della pubblica sicurezza a stipulare, senza oneri per il bilancio dello Stato, convenzioni con altre Forze di polizia ad ordinamento civile e con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco per la prestazione di servizi sanitari comuni, anche attraverso l'istituzione di apposite commissioni mediche incaricate dell'espletamento, nei confronti del rispettivo personale, dei compiti di accertamento dei requisiti psicofisici nei casi in cui è prevista la collegialità del giudizio e di accertamento sanitario relativo ai procedimenti previsti dal D.P.R. n. 461 del 2001 in materia di cause di servizio.

Nella relazione tecnica si afferma che le norme corrispondono alle contingenti esigenze di funzionalità del comparto conseguenti alla recente soppressione di alcune Commissioni medico-ospedaliere militari competenti per accertamenti sanitari che svolgono le funzioni previste dal D.P.R. n. 461 del 2001, con conseguente allungamento dei tempi degli accertamenti presso le commissioni mantenute e maggiori oneri se le sedi sono distanti da quelle in cui il personale presta servizio. La disposizione prevede pertanto l'immediata attivazione nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, delle commissioni mediche dell'amministrazione di pubblica sicurezza già previste dall'art. 1-ter del D.L. n. 45/2005 e non ancora attuate. L'intervento è finalizzato a creare, a condizioni di reciprocità, una sinergia con le commissioni medico-ospedaliere attraverso l'estensione delle previste convenzioni allo Stato maggiore della Difesa per prevedere l'espletamento delle attività delle nuove commissioni sanitarie agli accertamenti nei confronti del personale militare. Sempre secondo la relazione, l'intervento comporta un risparmio di spesa stimato in una riduzione di circa 4000 missioni annue per il solo personale della Polizia di Stato che dovrà raggiungere la sede delle commissioni medico militari mantenute. Si possono stimare rilevanti riduzioni in proporzione dei rispettivi organici per il personale degli altri corpi di polizia e per il personale militare che fruirà delle suddette commissioni, nonché risparmi di spesa connessi alla riduzione dei tempi di attesa della pronuncia del Comitato di verifica per le cause di servizio, la cui entità sarà verificabile solo a consuntivo.

Il comma 4, lettera a), novella la composizione e le modalità di funzionamento delle commissioni di cui al comma 2 dell'art. 1-ter del D.L. n. 45/2005. Innanzitutto stabilisce che si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al D.P.R. n. 461 del 2001, nonché quelle di cui al titolo V (sanità militare) del libro I del Codice dell'ordinamento militare[76], ferme restando le funzioni di presidente della Commissione assunte da un appartenente ai ruoli professionali dei sanitari della Polizia di Stato disciplinati dall'articolo 43 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 33426[77]. Si precisa che i riferimenti alle commissioni mediche interforze e alle commissioni mediche contenute nei predetti decreti, nonché nel D.P.R. n. 1092 del 1973, si intendono, ai fini dell'applicazione del presente articolo, riferiti alle commissioni sanitarie di cui al comma 1 del presente articolo1-ter.

Si ricorda che il testo attualmente vigente prevede che la composizione e le modalità di funzionamento delle commissioni siano definite con regolamento, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri interessati.

La novella prevede inoltre che vengano definite con decreto del capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, anche in relazione ai contenuti delle convenzioni, la competenza territoriale delle commissioni, nonché l'organizzazione delle stesse e le modalità per l'avvio delle attività. La novella di cui al comma 4, lettera b), stabilisce che, fino all'emanazione di tale decreto del capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Il comma 5 stabilisce che all'attuazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 3-4 si provveda nell'ambito delle risorse umane, strutturali e finanziarie delle Amministrazioni interessate disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 


 

Articolo 7, commi 6 e 7
(Assunzioni obbligatorie di soggetti nell’ambito delle categorie protette da parte delle pubbliche amministrazioni)

 

 

I commi 6 e 7 dell’articolo 7 sono volti a favorire l’ingresso nelle pubbliche amministrazioni dei lavoratori appartenenti alle categorie protette, imponendone l’assunzione, nel rispetto delle quote e dei criteri di computo vigenti, anche in soprannumero ed in deroga ai divieti di assunzione posti in materia di contenimento dei costi di personale.

Più precisamente, il comma 6 dispone che le amministrazioni pubbliche procedano alla rideterminazione del numero delle assunzioni obbligatorie nell’ambito delle categorie protette sulla base delle quote e dei criteri di computo previsti dalla normativa vigente, tenendo conto, se necessario, della dotazione organica come rideterminata secondo la legislazione in vigore.

Ciascuna amministrazione, eseguita la suddetta rideterminazione, ha quindi l’obbligo di assumere un numero di lavoratori pari all'eventuale differenza tra il numero che risulta dal ricalcolo e quello attualmente esistente, anche in soprannumero ed in deroga ai divieti di assunzione posti in materia di contenimento dei costi di personale.

Il comma 7, infine, dispone che il Dipartimento per la funzione pubblica e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per quanto di rispettiva competenza, provvedano a monitorare l’adempimento dell’obbligo previsto dal comma 6.

 

L’articolo 1, comma 2, della L. 407/1998, ha previsto il diritto al collocamento obbligatorio a favore delle vittime del terrorismo, del dovere e delle altre categorie ad esse equiparate, nonché dei familiari (coniuge e figli superstiti, ovvero fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti) dei soggetti deceduti. Tale obbligo è stato successivamente specificato dall’articolo 18, comma 2, della L. 68/1999, con cui è stata prevista (peraltro in attesa di una disciplina organica della materia), limitatamente alle aziende (pubbliche e private) con più di 50 dipendenti, una quota di riserva pari all’1% dei lavoratori impiegati (e ad un'unità per i datori di lavoro che occupano da 51 a 150 dipendenti)[78].

 

La legge 12 marzo 1999, n. 68, ha introdotto una nuova disciplina per il diritto al lavoro dei disabili i quali, considerata la comprovata difficoltà di rendersi “appetibili” sul mercato del lavoro, usufruiscono di uno speciale regime di collocamento obbligatorio, in base al quale ai datori di lavoro viene imposto di assumere un certo numero di lavoratori disabili, i quali devono tuttavia possedere una (anche solo minima) capacità lavorativa residua.

Le principali categorie di lavoratori disabili coinvolti dal collocamento obbligatorio sono:

§       gli invalidi civili in età lavorativa affetti da minorazioni fisiche o psichiche che comportino una riduzione della capacità lavorativa sopra il 45%;

§       gli invalidi del lavoro che abbiano una riduzione della capacità lavorativa sopra il 33%;

§       le persone non vedenti o sordomute;

§       persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria.

Le condizioni di disabilità vengono accertate attraverso apposita visita medica effettuata da commissioni mediche istituite presso le ASL.

I datori di lavoro, pubblici e privati, hanno l’obbligo di impiegare un certo numero o una certa quota di lavoratori disabili (quote di riserva[79]):

§       per i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti, il 7% della forza lavoro deve essere costituita da disabili;

§       i datori che occupano da 36 a 50 dipendenti devono assumere almeno 2 disabili;

§       i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti devono assumere almeno un disabile;

§       i datori di lavoro che occupano meno di 16 dipendenti sono invece esentati dal collocamento obbligatorio.

 

Per quanto riguarda le dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni, l'articolo 2 del D.L. 95/2012 (spending review) dispone la riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato in misura non inferiore al 20 per cento per il personale dirigenziale di livello generale e di livello non generale e del 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico, per il personale non dirigenziale.

Le riduzioni organiche sono disposte con uno o più D.P.C.M., da adottare entro il 31 ottobre 2012, adottati operando selettivamente anche in misura inferiore alle percentuali previste a condizione di effettuare una maggiore riduzione delle rispettive dotazioni organiche in altra amministrazione. Laddove non si provveda alla riduzione entro il termine del 31 ottobre 2012, è vietato procedere a qualsivoglia assunzione di personale fatte salve le procedure concorsuali e di mobilità già in essere.

Dalla riduzione degli organici vengono escluse le strutture e il personale del comparto sicurezza e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il personale amministrativo degli uffici giudiziari, il personale di magistratura, le amministrazioni interessate dalla riduzione disposta dal D.L. n. 87/2012 e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, già interessata dal D.P.C.M. del 15 giugno 2012. Alla riduzione degli organici segue la ridefinizione degli assetti organizzativi delle amministrazioni interessate entro sei mesi dal provvedimento di determinazione della nuova dotazione organica, con regolamenti di organizzazione.

Per i casi di soprannumerarietà del personale all'esito delle riduzioni di organico, le amministrazioni avviano le procedure previste adottando uno specifico ordine di priorità (pensionamento, mobilità, part-time).

Per il personale non riassorbile con il pensionamento, la mobilità o il part-time, si prevede che l'amministrazione dichiari l'esubero, comunque non oltre il 31 dicembre 2013 (termine introdotto dall’articolo 2, comma 1, lett. a), numero 5, del provvedimento in esame, in luogo del 30 giugno 2013), estendendo fino a 48 mesi il periodo di corresponsione dell'indennità pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale per il personale in disponibilità che in tale lasso di tempo maturi i requisiti per il pensionamento.

 

Procedure di contenzioso (a cura dell’ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Si ricorda che, con riferimento al tema del collocamento obbligatorio dei disabili, la Corte di giustizia ha condannato l’Italia per il mancato corretto recepimento dell’articolo 5 della direttiva 2000/78/CE, che istituisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro dei disabili, recepita nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo n. 216/2003 (Causa C312/11).

In particolare, ad avviso della Corte, non esiste nell’ordinamento italiano alcuna disposizione che recepisca l’obbligo generale previsto dall’articolo 5 della direttiva. Le garanzie e le agevolazioni disposte dalle norme italiane non riguardano tutti i disabili, non gravano su tutti i datori di lavoro e non riguardano neppure tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro. Infine, l’attuazione delle soluzioni in favore dei disabili previste dalla legislazione italiana, richiedendo l’adozione di ulteriori provvedimenti da parte delle autorità locali o la conclusione di apposite convenzioni, non conferisce ai disabili diritti invocabili direttamente in giudizio.

Alla luce di tali contestazioni, con l’articolo 9, comma 4-ter, del decreto-legge n. 76/2013 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 99/2013), l’Italia ha provveduto ad adeguare il nostro ordinamento a quanto disposto dall’articolo 5 della direttiva 2000/78, introducendo il principio dell’obbligatorietà a provvedere per i datori di lavoro pubblici e privati.

 


 

Articolo 7, comma 8
(Credito d’imposta per assunzioni di lavoratori detenuti o internati
o per svolgimento di attività formative nei loro confronti)

 

 

Il comma 8 dell'articolo 7 corregge alcuni errori materiali nella recente disciplina in materia di credito di imposta per le assunzioni di lavoratori detenuti o internati o per lo svolgimento di attività formative nei loro confronti, disciplina posta dalla novella di cui all'articolo 3-bis, comma 2, del D.L. 1° luglio 2013, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94, che ha modificato l’articolo 3 della legge 22 giugno 2000, n. 193 (cd. legge Smuraglia).

 

Tale disciplina ha concesso, in favore delle imprese, un credito di imposta mensile - utilizzabile esclusivamente mediante compensazione - nella misura massima di 700 euro per ogni lavoratore assunto per un periodo minimo di 30 giorni, o per lo svolgimento di effettive attività formative nei confronti dei soggetti in esame[80]. Il credito di imposta si applica (sempre che prosegua il rapporto di lavoro o l'attività formativa) anche per un periodo di 24 mesi successivo alla cessazione dello stato di detenzione, oppure di 18 mesi, qualora il detenuto o l'internato abbia beneficiato di misure alternative alla detenzione ovvero del lavoro all'esterno di cui all'articolo 21 dell’ordinamento penitenziario (L. 354/1975).

 

La riformulazione di cui al presente comma 8 chiarisce che:

§      i lavoratori in questione sono i soggetti "detenuti o internati" - anziché "detenuti e internati", come nella versione letterale finora vigente[81];

§      che il credito di imposta non riguarda esclusivamente le assunzioni di detenuti ammessi al lavoro all'esterno (come poteva indurre a ritenere il comma 1 della novella di cui al citato art. 3-bis - in contrasto, peraltro, con il successivo comma 3) bensì tutti i detenuti o internati.

 

La novella introdotta dalla norma in esame all’art. 3 della legge 193/2000 è evidenziata dal seguente testo a fronte.

 

D.L. n. 78/2013

D.L. n. 101/2013

Art. 3, legge n. 193 del 2000

Art. 3, legge n. 193 del 2000

1. Alle imprese che assumono, per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni, lavoratori detenuti e internati ammessi al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, o che svolgono effettivamente attività formative nei loro confronti, è concesso un credito d'imposta mensile nella misura massima di settecento euro per ogni lavoratore assunto.

1. Alle imprese che assumono, per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni, lavoratori detenuti o internati, anche quelli ammessi al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, o che svolgono effettivamente attività formative nei loro confronti, è concesso un credito di imposta mensile nella misura massima di settecento euro per ogni lavoratore assunto.

2. Alle imprese che assumono, per un periodo di tempo non inferiore ai trenta giorni, detenuti semiliberi provenienti dalla detenzione, o che svolgono effettivamente attività formative nei loro confronti, è concesso un credito d'imposta mensile nella misura massima di trecentocinquanta euro per ogni lavoratore assunto.

2. Identico

3. I crediti d'imposta di cui ai commi 1 e 2 sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, e si applicano per un periodo di diciotto mesi successivo alla cessazione dello stato di detenzione per i detenuti ed internati che hanno beneficiato di misure alternative alla detenzione o del lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di ventiquattro mesi per i detenuti ed internati che non ne hanno beneficiato.

3. Identico

 

 


 

Articolo 7, comma 9
(Disposizioni di interpretazione autentica)

 

 

Il comma 9 reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 34 della legge di stabilità per il 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228), che ha autorizzato l'Avvocatura dello Stato ad effettuare, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ulteriori assunzioni di Avvocati dello Stato, entro il limite di spesa pari a euro 272.000 annui a decorrere dall'anno 2013.

 

In particolare, la norma contenuta nella legge di stabilità per il 2013 autorizza la spesa di euro 272.000 a decorrere dall’anno 2013 per consentire all’Avvocatura dello Stato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, di effettuare il reclutamento di ulteriori Avvocati dello Stato, al fine di consentire all’Avvocatura stessa l’efficace svolgimento dei compiti di rappresentanza e difesa davanti ai giudici amministrativi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nei giudizi che questa è stata legittimata a promuovere dall’art. 21-bis della legge n. 187 del 1990, introdotto con l’art. 35 del D.L. 201/2011 (convertito da L. 216/2011).

Il richiamato art. 21-bis prevede infatti che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, emetta, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indichi gli specifici profili delle violazioni riscontrate, e che, ove la pubblica amministrazione non si conformi nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità, tramite l'Avvocatura dello Stato, possa presentare il ricorso entro i successivi trenta giorni.

 

Tale disposizione si interpreta nel senso che le ulteriori assunzioni di avvocati dello Stato possono essere effettuate

§         nel rispetto della vigente dotazione organica; nel silenzio della disposizione interpretata, di fatto, si poteva ritenere anche la possibilità di assunzioni in esubero;

§         mediante il conferimento della qualifica di avvocato dello Stato ai procuratori dello Stato con un'anzianità di servizio di otto anni nella qualifica, anche in deroga al limite di accantonamento e conferimento (pari ad un’unità) recato dalla legge n. 103 del 1979.

 

Si ricorda ai sensi dell’articolo 4 della legge 103/1979, la nomina ad avvocato dello Stato è conferita a seguito di concorso per esame teorico e pratico, al quale possono partecipare, purché non abbiano superato il 45° anno di età, procuratori, magistrati, avvocati, professori universitari e dipendenti pubblici, in possesso dei requisiti specificamente elencati nella disposizione citata[82].

Contestualmente, l’articolo 5 della richiamata legge stabilisce che per ogni tre posti che si rendono vacanti nella qualifica di avvocato dello Stato, un posto viene accantonato per essere conferito previo giudizio di promovibilità e secondo l'ordine di merito, ai procuratori dello Stato che abbiano conseguito una anzianità di otto anni nella qualifica. Gli altri posti di avvocato dello Stato sono conferiti mediante concorso per esame.

 

Si ricorda in proposito che le norme di interpretazione autentica hanno normalmente sostanza di norme modificatrici di precedenti disposizioni con effetto retroattivo operando, in quanto tali, su situazioni già verificatesi. Per questo motivo la giurisprudenza costituzionale prevede, nei loro confronti, uno stretto scrutinio (ex multis, sentenza 41/2011).

 

 


 

Articolo 7, comma 9-bis
(Sindacati del personale della Polizia di Stato)

 

 

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, è stato aggiunto un comma 9-bis, che novella l’articolo 83 della legge 121/1981 (recante l’ordinamento dell’amministrazione di pubblica sicurezza), riguardante i sindacati del personale della Polizia di Stato.

 

Si ricorda che gli appartenenti alla Polizia di Stato hanno diritto ad associarsi in sindacati. Non possono iscriversi a sindacati diversi da quelli di Polizia né assumere la rappresentanza di altri lavoratori.

In base all’articolo 83 della L. 121/1981 i sindacati d’istituto devono essere formati, diretti e rappresentati solo da appartenenti alla Polizia di Stato in servizio o assoggettabili agli obblighi di servizio. Non possono aderire o affiliarsi ad altre sigle sindacali.

 

La modifica proposta prevede che tali sindacati possono essere formati, diretti e rappresentanti da appartenenti alla Polizia di Stato, oltre che in attività di servizio, anche in quiescenza, mentre nella versione vigente del testo si fa riferimento a coloro che, pur non essendo in servizio, sono comunque assoggettabili ad obblighi di servizio.

 

 


 

Articolo 7, commi 9-ter e 9-quater
(Attribuzione al Ministero del lavoro della vigilanza su alcuni Enti. Regolamento per la ripartizione del finanziamento alle associazioni
di promozione sociale)

 

 

Il comma 9-ter, inserito nel corso dell’esame al Senato, attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali le funzioni di vigilanza sull’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordomuti, di cui alla legge n. 698/1950, sull’Unione nazionale mutilati per servizio, di cui alla legge 337/1953 - enti attualmente sottoposti alla vigilanza del Ministero dell’interno - e sull’Unione generale invalidi civili, di cui alla legge n. 458/1965 - attualmente sottoposta alla vigilanza del Ministero dell’interno e di quello della salute -. Viene poi inserita la clausola di invarianza finanziaria.

 

Il comma 9-quater, anch’esso inserito al Senato, fissa al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione del regolamento che, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, della legge 438/1998 (Contributo statale a favore delle associazioni nazionali di promozione sociale), è deputato a stabilire i criteri per la ripartizione del finanziamento destinato agli enti e alle associazioni di promozione sociale di cui alla legge n. 476/1987 (Nuova disciplina del sostegno alle attività di promozione sociale e contributi alle associazioni combattentistiche) disponendo contestualmente che, nelle more dell’emanazione del regolamento si applicano le disposizioni della citata legge 476/1987, e vengono fatti salvi gli atti compiuti nella sua vigenza.

 

 

L’articolo 5 della citata legge 438/1998 stabilisce che a decorrere dall'anno 2001, al finanziamento delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 19 novembre 1987, n. 476, si provvede a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali nei limiti delle risorse a tal fine destinate dal decreto del Ministro per la solidarietà sociale previsto dall'articolo 59, comma 46, della stessa legge n. 449 del 1997 , come modificato dall'articolo 133 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 .

Come sopra ricordato il finanziamento è ripartito secondo i criteri definiti con regolamento – che avrebbe dovuto essere adottato entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge -, nel rispetto di alcuni princìpi relativi

§         alla  previsione di requisiti soggettivi delle associazioni tali da garantirne l'effettiva presenza sul territorio nazionale e da assicurare la più ampia partecipazione degli associati;

§         all’assegnazione del finanziamento in base al programma di attività predisposto dalle associazioni ed in relazione alla funzione sociale effettivamente svolta;

 

 

§         alla garanzia di un sistema di controlli tale da consentire la verifica delle attività svolte a favore degli associati;

§         alla previsione della trasmissione di una relazione annuale al Parlamento da parte del Ministro per la solidarietà sociale relativa al perseguimento dei fini istituzionali da parte delle associazioni destinatarie del finanziamento.

Veniva poi stabilito che a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento, gli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 della legge 19 dicembre 1987, n. 476 , venissero abrogati.

Si tratta degli articoli relativi ai requisiti dei beneficiari, alla presentazione delle domande, al Fondo globale, ai rendiconti e all’assegnazione dei contributi che continuerebbero, quindi, ad applicarsi sino all’emanazione del regolamento sopracitato.

 

 


 

Articolo 7, comma 9-quinquies
(Prima verifica delle attrezzature di lavoro da parte dell’INAIL)

 

 

Il comma 9-quinquies, introdotto al Senato, dispone che l’INAIL provveda all’espletamento della prima verifica delle attrezzature di lavoro (ai sensi dell’art. 71, comma 11, del D.Lgs. 81/2008) entro quarantacinque giorni a decorrere dalla richiesta del datore di lavoro (e non più dalla messa in sevizio dell’attrezzatura, come attualmente previsto).

Si ricorda che l’articolo 71, comma 11, del D.Lgs. 81/2008 prevede che il datore di lavoro svolga verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro a volte a valutarne l'effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell'INAIL, che vi provvede nel termine di quarantacinque giorni dalla messa in servizio dell'attrezzatura. Una volta decorso inutilmente il termine sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive verifiche sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall'ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati. Per l'effettuazione delle verifiche l'INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all'esito delle verifiche (effettuate a titolo oneroso e poste a carico del datore di lavoro) devono essere conservati e tenuti a disposizione dell'organo di vigilanza.

 

 


 

Articolo 8
(Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 8 contiene disposizioni relative alle risorse strumentali, umane e finanziarie, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Il comma 1 incrementa di 1.000 unità la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza ed efficacia del Corpo. Attualmente, la dotazione organica del ruolo dei vigili del fuoco risulta pari a 17.193 unità.

La relazione illustrativa motiva tale disposizione in ordine all’eccezionale frequenza degli eventi emergenziali negli ultimi anni che hanno richiesto l’intervento del Corpo; a ciò consegue la necessità di immettere risorse umane stabili e professionalmente attrezzate. Secondo la relazione, il rafforzamento della dotazione organica è necessario anche in considerazione delle vigenti disposizioni sul turn over che limitano la possibilità per il Corpo di coprire le cessazioni dal servizio.

 

Sul punto, si ricorda che al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (al pari dei Corpi di polizia) si applica un regime permanente e speciale in materia di turn over, previsto dall’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008 (conv. da L. 133/2008), derogatorio rispetto a quello previsto al precedente comma 7 per la generalità delle pubbliche amministrazioni. In tal senso, per il biennio 2010-2011 tali amministrazioni hanno potuto procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. È inoltre previsto che il ricambio del turn-over sia limitato al 20% nel triennio 2012-2014, al 50% nel 2015 e al 100% dal 2016, analogamente alle altre amministrazioni dello Stato.

Merita ricordare, inoltre, che l’articolo 2 del D.L. 95/2012 ha escluso dalla riduzione delle dotazioni organiche ivi prevista le strutture e il personale, tra gli altri, del comparto sicurezza e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (co. 7).

 

L’intervento che si dispone con il comma 1 prosegue nella direzione già indicata dall’articolo 1, commi 89-91, della legge di stabilità per il 2013 (L. 228/2012), che ha autorizzato le assunzioni dei Vigili del fuoco (e di altri comparti) in deroga alle stesse percentuali del turn over indicate nell’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008, che possono essere incrementate fino al 50% (in luogo del 20%) per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e al 70% (in luogo del 50%) nel 2015.

 

Le assunzioni in deroga possono essere effettuate a condizione che siano realizzate sulla base delle procedure concorsuali già espletate (il testo al riguardo non individua un limite temporale per le richiamate procedure) e nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 70 milioni di euro nel 2013 e 120 milioni a decorrere dal 2014. A tal fine è stato istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze con una dotazione annua pari a 70 milioni di euro nel 2013 e 120 milioni di euro a decorrere dal 2014. Inoltre, si è previsto – in conseguenza dell’obbligo i per i Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e finanze, della giustizia e delle politiche agricole alimentari e forestali, di rimodulare e di riprogrammare le dotazioni dei programmi di spesa delle rispettive amministrazioni al fine di incrementare l’efficienza nell’impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze del comparto sicurezza-difesa e dei Vigili del fuoco – che le risorse rese disponibili dall’esito della rimodulazione fossero destinate ad un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, articolato in piani di gestione riferiti alle singole amministrazioni interessate. Tali risorse sono destinate all’assunzione di personale a tempo indeterminato sulla base delle procedure concorsuali già espletate.

 

Pur tuttavia, la relazione illustrativa prospetta che con le risorse previste dalla legge di stabilità sarà possibile reintegrare nel 2013 fino ad un massimo di 263 unità di vigili del fuoco.

 

Per la copertura dei posti portati in aumento, il comma 2 autorizza l'assunzione di personale mediante il ricorso, in parti uguali, alle graduatorie di cui all’articolo 4-ter del D.L. 79/2012 (convertito da L. 131/2012).

Come specificato nel corso dell’esame del Senato, il novero dei candidati da assumere è peraltro limitato a coloro che sono già stati sottoposti agli accertamenti per l’idoneità psico-fisica e attitudinale.

Occorre valutare se questa limitazione sia suscettibile di determinare una disparità di trattamento tra gli appartenenti alla graduatoria.

 

Inoltre, sempre al Senato, è stata specificato che il riferimento è alle graduatorie approvate al 1° gennaio 2008 e che l’indizione di un eventuale nuovo concorso è subordinato all’esaurimento di dette graduatorie. E’ stato di conseguenza eliminato il vincolo all’assunzione di candidati, tramite le graduatorie, per un corrispondente numero di unità (1.000), lasciando così aperta la possibilità di un nuovo concorso per la copertura dei posti qualora il numero dei candidati nelle graduatorie fosse insufficiente.

Il citato art. 4-ter del D.L. 79/2012 ha prorogato al 31 dicembre 2014 (a sua volta ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2015 dal comma 4 dell’articolo in esame) i termini di validità delle graduatorie relative a due procedure selettive, ai fini delle assunzioni nel Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, e cioè:

·       il concorso per titoli ed accertamento della idoneità motoria per la copertura di posti, nei limiti stabiliti dall’art. 1, comma 519 della legge n. 296/2006, nella qualifica di vigile del fuoco riservata al personale volontario del C.N.V.F. che, alla data del 1° gennaio 2007, risulti iscritto negli appositi elenchi di cui all’art. 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni e, alla medesima data, abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio (D.M. n. 3747 del 27 agosto 2007, G.U., 4a serie speciale. n. 72 dell'11 settembre 2007);

·       il concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco indetto con D.M. n. 5140 del 6 novembre 2008 (G.U., 4a serie speciale, n. 90 del 18 novembre 2008).

 

Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, determinati nel limite della misura massima complessiva di euro 1.003.130 per l'anno 2013, di euro 29.848.630 per l'anno 2014 e di euro 40.826.681 a decorrere dall'anno 2015, mediante la corrispondente riduzione degli stanziamenti di spesa per la retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito della missione "Soccorso civile".

La copertura per l’anno 2013 e a decorrere dal 2015 è stata così determinata nel corso dell’esame del Senato. Nel testo originario del decreto gli importi sono pari rispettivamente a euro 5.306.423 e 39.798.173. La copertura per il 2014 è rimasta invariata.

 

Nello stato di previsione del Ministero dell’interno, gli stanziamenti di spesa dei capitoli destinati alla retribuzione del personale volontario dei Vigili del fuoco risultano pari a 106, 5 mln di euro (cap. 1802 ) per le competenze fisse e accessorie e 7,4 mln di euro (cap. 1822) a titolo di Irap sulle retribuzioni per un totale di circa 114 mln di euro per ciascuno degli anni del triennio 2013-2015.

 

In conseguenza della copertura prevista, il successivo comma 5 individua il limite annuale dell’autorizzazione di spesa per l'impiego del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 9 del D.Lgs. 139/2006[83], riducendolo di una somma pari agli stanziamenti previsti per le nuove assunzioni, come segue:

·       euro 84.105.233 per l'anno 2014;

·       euro 73.127.182 a decorrere dall’anno 2015 (l’importo è stato così ricalcolato dal Senato, nel testo originario è di 74.155.690).

 

Si ricorda che la spesa per il personale volontario ha già subìto negli anni recenti importanti misure di riduzione. In particolare, la legge di stabilità 2012 (L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 4., co. 10) ha ridotto gli stanziamenti per la retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in misura pari a 57,7 milioni di euro per il 2012 e circa 30 milioni a decorrere dal 2013. La suddetta diminuzione concerneva una posta di bilancio che nel 2011 ammontava complessivamente a 143,9 milioni (inclusi gli incrementi conseguenti al contratto collettivo nazionale di lavoro), traducendosi in una riduzione per lo più dei richiami di personale volontario per turni di lavoro di venti giorni. La riduzione è stata prevista con riferimento a 26.800 richiami nel 2012 (rispetto a un totale di 65.000 richiami nel 2011) e 14.000 richiami dal 2013. Successivamente, l’art. 4, co. 1, del D.L. 79/2012 (conv. da L. 131/2012) ha ridimensionato l’entità del taglio, stabilendo che già a decorrere dall'anno 2012 la riduzione della spesa fosse in misura pari a 30.010.352 euro.

 

Il comma 4 proroga dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2015 i termini di validità delle graduatorie relative alle due procedure selettive, ai fini delle assunzioni nel Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, indicate al comma 2, ai fini:

·       delle assunzioni di cui ai commi 1 e 2;

·       delle assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco necessarie a garantire il turn-over ai sensi del citato articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008, da effettuarsi con la medesima ripartizione di cui al comma 2, ossia in parti uguali tra le due graduatorie.

 

Il comma 5-bis, introdotto dal Senato, pone a carico dell’Amministrazione dell’Interno gli oneri per gli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio necessari per la verifica del possesso dei requisiti di idoneità psicofisica ed attitudinale richiesta per il reclutamento del personale volontario del vigili del fuoco. Tali oneri sono attualmente a carico degli interessati, come stabilito dall’art. 4, comma 14 della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012). La norma in esame dunque modifica questa disposizione senza tuttavia novellarla.

Si osserva che andrebbe presa in considerazione la possibilità di introdurre la disposizione in esame in forma di novella del citato art. 4, comma 14, legge 183/2011.

 

Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è formato da personale permanente e da personale volontario. Il personale volontario viene reclutato a domanda ed impiegato nei servizi di istituto a seguito del superamento di un periodo di addestramento iniziale (D.Lgs. 139/2006, art. 8).

Le modalità di reclutamento e d'impiego, l'addestramento iniziale, il rapporto di servizio e la progressione del personale volontario sono disciplinati dal D.P.R. 76/2004.

I volontari, per essere reclutati, devono essere in possesso di una serie di requisiti tra l’idoneità psicofisica ed attitudinale (art. 5, D.P.R. 76/2004) da accertarsi, secondo i criteri stabiliti dalla tabella I allegata al medesimo D.P.R. 76. L’accertamento è effettuato a cura dei competenti comandi provinciali, che possono avvalersi anche delle strutture del Servizio sanitario nazionale o di altre apposite strutture convenzionate. Le spese relative sono appunto a carico degli interessati.

 

L’onere conseguente al trasferimento delle spese degli accertamenti medici dai candidati volontari all’Amministrazione è valutato in 500 mila euro all’anno (tale cifra è indicata come importo massimo) alla cui copertura si provvede mediante riduzione degli stanziamenti di spesa destinati alle retribuzioni dei volontari medesimi, iscritti nella missione “Soccorso civile” dello stato di previsione dell’Amministrazione dell’interno.

Per la missione “Soccorso civile” il bilancio di previsione ha stanziato 1.779.734.910 euro (tale cifra è stata incrementata in sede di assestamento di 5 milioni, interamente destinati al programma “Protezione civile”). Le competenze fisse ed accessorie al personale volontario, allocate nel capitolo 1802, sono pari a 106.533.832 euro.

 

Il comma 6 novella l’articolo 24 del decreto legislativo 139/2006, in ordine alle funzioni spettanti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, relativamente all’utilizzo della componente aerea, aggiungendo i commi 6-bis e 6-ter.

 

Il nuovo comma 6-bis prevede che il Corpo può realizzare interventi di soccorso pubblico integrato con le regioni e le province autonome, in contesti di particolare difficoltà operativa e di pericolo, utilizzando la propria componente aerea, mediante accordi per disciplinare lo svolgimento di tale attività, stipulati tra il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno e le regioni e le province autonome che vi abbiano interesse, ponendo i relativi oneri finanziari a carico delle regioni e delle province autonome.

 

Inoltre, il nuovo comma 6-bis fa salve le funzioni spettanti al Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (CNSAS), nonché le competenze delle regioni e delle province autonome in materia di soccorso sanitario.

 

Per quanto riguarda il CNSAS si ricorda che l’articolo 2, comma 3, della legge n. 74 del 2011, “Disposizioni per favorire l'attività svolta dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico”, stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito dell’organizzazione dei servizi di urgenza ed emergenza sanitaria, possono stipulare apposite convenzioni con le strutture operative regionali e provinciali del CNSAS, atte a disciplinare i servizi di soccorso e di elisoccorso. Inoltre l’articolo 80, comma 39, della legge n. 289 del 2002 stabilisce che spetta al CNSAS ed al BRD (Bergrettungs - Dienst dell'Alpenverein Südtirol (AVS) il coordinamento dei soccorsi in caso di presenza di altri enti o organizzazioni, con esclusione delle grandi emergenze o calamità.

 

Il nuovo comma 6-ter dispone l’applicazione agli aeromobili del Corpo nazionale dei vigili del fuoco impiegati negli interventi di soccorso pubblico integrato di cui al comma 6-bis, delle disposizioni di cui all'articolo 744, comma 1, e 748 del codice della navigazione[84].

 

L’articolo 744, comma 1, del codice della navigazione individua gli aeromobili di Stato:

§         gli aeromobili militari;

§         di proprietà dello Stato, impiegati in servizi istituzionali: delle Forze di polizia dello Stato; della Dogana; del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; del Dipartimento della protezione civile; in altro servizio di Stato.

L’articolo 748 del codice esclude dall’applicabilità del codice della navigazione gli aeromobili: a) militari; b) di dogana; c) delle Forze di polizia dello Stato; d) del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; e) gli aeromobili previsti nel quarto comma dell'articolo 744 (gli aeromobili utilizzati da soggetti pubblici o privati, anche occasionalmente, per attività dirette alla tutela della sicurezza nazionale).

 

Si rileva che l’articolo 744, comma 1, nonché l’articolo 748, del codice della navigazione già individuano espressamente gli aeromobili del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; d'altra parte il comma in esame non appare riferibile agli aeromobili delle forze "integrate", diversi da quelli del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco. Potrebbe pertanto essere ritenuto opportuno un chiarimento.

 

Sul comma in esame è intervenuta l’Autorità garante della concorrenza e del mercato con la segnalazione del 23 settembre 2013, n. S1875, che ha auspicato una modifica della disposizione in quanto, tra l’altro, viola per certi aspetti il principio della libera concorrenza.

In primo luogo, l’Autorità osserva che il Corpo dei vigili del fuoco ha un obbligo legale di interventi in merito ad eventi di carattere strettamente urgente per il quali i relativi beneficiari non sono tenuti a sopportare alcun onere finanziario. Quindi ben può la legge prevedere che gli interventi di soccorso pubblico integrato possano avvenire anche tramite accordi con le regione, ma alla condizione che gli oneri economici non devono gravare sui soggetti beneficiari.

Inoltre, l’Antitrust segnala che gli interventi, per i quali gli aeromobili dei vigili del fuoco godono del regime più favorevole previsto per gli aeromobili di Stato, dovrebbero riguardare esclusivamente contesti di pubblica calamità richiedenti l’intervento coordinato della protezione civile. Infatti, gli altri interventi, quali eliosoccorso sanitario e elioambulanza, non rientrano nei compiti istituzionali dei vigili del fuoco e sono servizi assoggettati alla regole del libero mercato (come rilevato da Cons. Stato, V sez., sent. 4539/2010).

E’ quindi ingiustificato, per questo tipo di interventi, il trattamento di maggior favore riservato agli aeromobili dei vigili, equiparati a quelli di Stato.

Analogamente, il regime di libera concorrenza di tali interventi non consente l’affidamento diretto del servizio al corpo da parte delle regioni senza esperire alcuna procedura concorsuale aperta a tutti gli operatori economici presenti sul mercato.

 

Il comma 7 estende, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le disposizioni del regolamento sulla semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi di cui al D.P.R. 151/2011[85], agli stabilimenti con deposito di sostanze pericolose che sono soggetti alla presentazione del rapporto di sicurezza ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 334/1999.

 

Il D.P.R. 151/2011 individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e disciplina la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco: per il deposito dei progetti, per l'esame dei progetti, per le visite tecniche, per l'approvazione di deroghe a specifiche normative.

Il D.Lgs. 334/1999 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose) detta disposizioni finalizzate a prevenire incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. L’articolo 8 individua il contenuto del rapporto di sicurezza che sono tenuti a redigere gli stabilimenti ove sono presenti sostanze pericolose in determinate quantità.

 

La disposizione inoltre stabilisce che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, si procede all’adeguamento delle procedure semplificate di prevenzione incendi di cui al decreto del Ministro dell'interno 19 marzo 2001[86], adottato ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 334/1999.

 

 


 

Articolo 9
(Misure urgenti per le istituzioni scolastiche e culturali
italiane all'estero)

 

 

Il comma 1 assegna alle scuole italiane all'estero un numero predefinito di dirigenti scolastici, docenti per discipline curricolari, lettori ed impiegati amministrativi, in deroga alle riduzioni previste dalle norme sulla c.d. «spending review», in particolare all'art. 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.

 

Il comma 2, soppresso nel corso dell’esame al Senato, consentiva, in primo luogo, di avvalersi anche di personale italiano a contratto locale, residente nel paese ospitante da almeno un anno, oltre che straniero, per l'insegnamento delle materie obbligatorie nei paesi esteri. In secondo luogo, per gli insegnamenti di materie obbligatorie nelle scuole italiane, si consentiva la conclusione di contratti con personale italiano o straniero, con conoscenza dell'italiano e residente nel paese da almeno un anno.

 

Il comma 2-bis, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, dispone alcune modifiche alla legge 401/1990, recante riforma degli Istituti italiani di cultura e interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane all'estero.

 

Il comma 2-ter, parimenti aggiunto nel corso dell’esame al Senato, modifica la tabella che fissa la base dell’indennità di servizio all’estero, per recepirvi alcune delle modifiche apportate dal comma 2-bis.

 

Il comma 3 prevede, per le predette disposizioni, l'invarianza finanziaria e, come disposto più specificamente da emendamento del Senato, l’attuazione nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali a legislazione vigente.

 

 

In particolare, il comma 1 dell'art. 9 in esame - che consente l'assegnazione alle scuole italiane all'estero di un numero predefinito di dirigenti scolastici, docenti per discipline curricolari, lettori e amministrativi, in deroga alle riduzioni previste dalle norme sulla c.d. «spending review», in particolare all'art. 14 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 - opera inserendo un nuovo comma 12-bis all'art. 14 citato.

 

Come ricorda la relazione illustrativa del provvedimento (A.S. 1015), tale norma, nell'ambito della c.d. «spending review», ha previsto la progressiva riduzione del personale di ruolo della scuola in servizio all’estero. Entro l’anno scolastico 2016/17 si dovrà arrivare a un contingente pari a 624 unità, previsto dalla normativa vigente (v. nota infra). Vengono così disposte alcune deroghe, all'interno della revisione annuale del contingente del personale della scuola in servizio all’estero (dirigenti scolastici, docenti, lettori e amministrativi). La riduzione del contingente avviata la scorsa estate potrà concludersi - informa ancora il Governo - entro l’anno scolastico 2016/2017, ipotizzando una riduzione media progressiva del contingente esistente pari a 80 unità l’anno, sulla base del criterio della scadenza dei collocamenti fuori ruolo in atto.

 

Il nuovo comma autorizza - alle condizioni e con i limiti previsti - la conservazione di un limitato numero di posti vacanti e disponibili nel contingente di cui all'art. 639 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297[87], (Testo unico delle disposizioni in materia di istruzione), individuato con lo stesso decreto interministeriale che fissa i contingenti (ex art. 639 cit.). Su tale disponibilità possono essere assegnate:

·       unità di personale, individuate attraverso le graduatorie previste dall'art. 640 del citato T.U. (che disciplina le modalità di selezione e di assegnazione del suddetto personale), riformulate sulla base di prove selettive antecedenti al 6 luglio 2012,

·       i dirigenti scolastici individuati dalle procedure selettive anch'esse indette prima del 6 luglio 2012, ai sensi dell'art. 46 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per il quadriennio 2002-2005 dell'area dirigenziale V.

 

L’attuazione dell’innovazione normativa  senza variazioni di spesa; si ripete poi - nel testo del comma 1 - che dall'attuazione del comma non devono derivare maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comma 3 ribadisce poi che - dall'art. nel suo complesso - non devono derivare maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si sancisce, infine, che deve restare fermo il raggiungimento del livello medio annuo dei risparmi scontati nei saldi di finanza pubblica in relazione al comma 12 del pur novellato art. 14.

 

La relazione governativa - sul punto della conciliabilità tra invarianza di oneri e previsione di nuove risorse umane - informa che la "deroga non comporta un numero di posti aggiuntivi al contingente annuale, la cui riduzione continuerà fino al raggiungimento dell’obiettivo previsto, atteso che potrà essere conservato, anno per anno, per le specifiche ed insopprimibili esigenze di cui sopra, solo un numero di posti eccedente la media (80) che consente di assicurare al bilancio dello Stato le economie previste dall’attuazione della norma. La disposizione non comporta oneri derivanti da nuove selezioni. In relazione a questo ultimo aspetto si precisa che le prove di accertamento linguistico per l’aggiornamento delle graduatorie relative a docenti e personale amministrativo si sono già svolte nel dicembre 2011; quanto ai dirigenti scolastici i colloqui di cui all’art. 46 del Contratto collettivo nazionale di lavoro normativo per il quadriennio 2002-2005 dell’area dirigenziale V sono state già organizzate nell’ambito di una procedura indetta con avviso antecedente al 6 luglio 2012".

 

La disposizione decorre dall'anno scolastico 2013/2014, e ha come finalità espressa quella di far fronte a specifiche ed insopprimibili esigenze didattiche o amministrative, che non trovino gradatamente idonea soluzione attraverso il ricorso:

o     al personale a contratto reclutato in loco (art. 653 del T.U.);

o     alle operazioni di mobilità del personale scolastico a tempo indeterminato, già collocato fuori ruolo all'estero, in deroga al comma 12.

 

La relazione tecnica che accompagna l’A.S. 1015 quantifica in apposite tabelle i maggiori risparmi sul cap. 2503/Esteri – concernente gli assegni di sede per il personale della scuola in servizio all’estero - attesi dall’applicazione del comma 1 in commento rispetto a quanto previsto nel D.L. 95/2012.

L’applicazione del comma 1 dovrebbe altresì determinare il raggiungimento con un anno d’anticipo, ovvero entro l’anno scolastico 2015-2016, degli obiettivi di risparmio previsti dal medesimo D.L. 95/2012. In particolare, i maggiori risparmi si prevedono nella misura seguente:

 

 

ANNO SCOLASTICO

 

 

Maggiori risparmi (in euro)

2012-2013

2.851.200

2013-2014

1.636.800

2014-2015

   422.400

2015-2016

4.224.000

2016-2017

-

T O T A L E

9.134.400

 

 

Si ricorda infine che la legge di stabilità 2013 (legge 228/2012), all’art. 1, comma 38, ha disposto la riduzione degli assegni di sede del personale delle scuole all’estero, disciplinati dall’art. 658 del Decreto legislativo n. 297 del 1994, nella misura di 712.265 euro annui a decorrere dal 2013.

 

Il comma 2-bis prevede alcune modifiche alla legge 401/1990, recante riforma degli Istituti italiani di cultura e interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane all'estero. In particolare, viene operata un’aggiunta al comma 1 dell’art. 7 della L. 401/1990, nel quale si stabilisce che gli Istituti operano negli Stati in cui hanno sede: l’aggiunta mira ad ampliare la competenza territoriale degli Istituti anche ad altri Stati individuati mediante decreto del Direttore generale competente del MAE, adottato di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

 

Si ricorda che l’art. 7 della L. 401/1990 prevede che gli Istituti italiani di cultura all'estero siano istituiti nelle capitali e nelle principali città degli Stati con i quali l'Italia intrattiene relazioni diplomatiche: gli Istituti sono istituiti e soppressi con decreto del Ministro degli Affari Esteri, e nei limiti delle risorse finanziarie previste nell'apposito capitolo di bilancio del Ministero. Pur sottoposti alla funzioni di vigilanza dell'Amministrazione degli affari esteri, gli Istituti godono di autonomia operativa e finanziaria, con controllo consuntivo da parte della Corte dei conti sui bilanci annuali. Un regolamento emanato con decreto del Ministro degli Affari Esteri, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e con il Ministro della Funzione pubblica, detta i criteri generali dell'organizzazione e del funzionamento degli Istituti - si tratta in effetti del D.M. 27 aprile 1995, n. 392, che reca il regolamento sull'organizzazione, il funzionamento e la gestione finanziaria ed economico-patrimoniale degli Istituti italiani di cultura all'estero.

La disciplina dell'attività degli istituti italiani di cultura all'estero e degli interventi per la promozione della cultura e della lingua italiana è posta dalla legge 22 dicembre 1990, n. 401: le finalità della normativa sono fissate dall’art. 2, in base al quale “la Repubblica promuove la diffusione all'estero della cultura e della lingua italiana onde contribuire allo sviluppo della reciproca conoscenza fra i popoli, nel quadro più generale dei rapporti tra il nostro Paese e la comunità degli altri Stati”.

La responsabilità istituzionale per il perseguimento di tali finalità è posta in capo al Ministero degli affari esteri, ferme restando le competenze previste dalle leggi vigenti per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e per le singole Amministrazioni dello Stato. Il MAE opera mediante la Direzione generale per la promozione del sistema paese, che cura, tra l’altro, “la diffusione della lingua, della cultura, della scienza, della tecnologia e della creatività italiane all’estero, anche attraverso il coordinamento e la gestione della rete degli istituti di cultura e degli addetti scientifici”.

Per quanto concerne le funzioni specifiche del Ministero degli affari esteri, delineate all’art. 3 della legge n. 401/1990, esse consistono anzitutto nella definizione degli accordi sugli scambi culturali con gli altri Stati, e nella cura della loro attuazione. Il Ministero, inoltre, promuove il coordinamento da un lato delle Amministrazioni dello Stato e degli enti e istituzioni pubblici, e dall'altro delle associazioni, fondazioni e privati, al fine della massimizzazione della promozione culturale dell'Italia all'estero. Il Ministero provvede altresì all'istituzione ed eventuale soppressione degli Istituti italiani di cultura all'estero, la cui attività è sottoposta all’indirizzo e alla vigilanza nell'Amministrazione degli Affari esteri tramite le Rappresentanze diplomatiche e gli Uffici consolari.

Per quanto riguarda gli obiettivi e gli indirizzi della promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, essi sono definiti dal Ministero degli Affari esteri, sentita la Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, alla quale compete anche esaminare in sede consultiva i progetti proposti in materia di diffusione della cultura italiana all'estero da associazioni, fondazioni e privati.

Il Ministero degli Affari esteri, infine, cura la raccolta e la diffusione dei dati relativi alla vita culturale italiana nel suo complesso, avvalendosi delle informazioni che al riguardo le Amministrazioni statali, nonché gli enti ed istituzioni pubblici sono tenuti a trasmettere – uguale obbligo è posto in capo ad associazioni, fondazioni e privati; e presenta annualmente al Parlamento una relazione sull'attività svolta per la diffusione della cultura italiana all'estero, congiuntamente al rapporto predisposto dalla citata Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero.

 

Il comma 2-bis in commento novella inoltre il comma 1 dell’art. 13 della legge 401/1990: la nuova formulazione amplia l’impiegabilità del personale dell'area della promozione culturale, il quale presta servizio presso la competente Direzione generale del Ministero degli Affari esteri o presso gli Istituti di cultura con funzioni di direttore o addetto, ovvero presso gli Uffici all'estero previsti dall'art. 30 del DPR n. 18 del 1967 con le sole funzioni di addetto.

 

La vigente formulazione del comma 1 dell’art. 13 prevede invece che il personale dell'area della promozione culturale in servizio all'estero operi solamente nell'ambito degli Istituti di cultura, con funzioni di direttore o di addetto.

Si segnala altresì che, a norma dell’art. 30 del DPR 18/1967 – che costituisce tuttora la fonte principale dell’ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri – sono Uffici all’estero del MAE le rappresentanze diplomatiche, distinte in ambasciate e missioni diplomatiche, le rappresentanze permanenti presso organizzazioni internazionali, gli uffici consolari di prima e seconda categoria, gli istituti italiani di cultura. L'art. 30 prevede inoltre le modalità dell'istituzione e della soppressione di tutte queste categorie di Uffici all'estero.

 

Il comma 2-ter modifica il quadro D della tabella A di cui all’art. 171, comma 2, del citato DPR 18/1967 - allegata al Decreto legislativo 62/1998[88] -, onde recepire l’ampliamento dell’impiegabilità degli addetti agli Istituti di cultura all’estero stabilita nella novella sopra illustrata all’art. 13 della L. 401/1990. La tabella A fissa la base che, assieme alle maggiorazioni diverse per i singoli Uffici, contribuisce a formare l’indennità di servizio all’estero nel suo complesso.

 

L’indennità di servizio all’estero è dettagliatamente regolata dall’art. 171 del DPR 18/1967: la novella allo stesso apportata dal Decreto Legislativo 27 febbraio 1998, n. 62, ha comportato una ristrutturazione dell’istituto, ora consistente in una indennità di base (rideterminata per ciascun posto-funzione secondo una tabella allegata al provvedimento), cui si applicano i coefficienti attribuiti ad ogni sede con apposito decreto del ministro degli esteri di concerto con il ministro del tesoro. Rispetto alla normativa previgente, l’elemento del disagio della sede è stato espunto dai parametri per la formazione dei coefficienti di sede e dà luogo invece ad un’apposita maggiorazione dell’ISE; analogamente, è stata scorporata dall’ISE la componente relativa alle spese di rappresentanza, istituendo – va infatti ricordato che il D.Lgs. n. 62/1998 ha inciso su numerosi altri articoli del D.P.R. 18/1967 - un apposito assegno di rappresentanza e dettando i criteri per la determinazione dello stesso. E’ stata altresì modificata la normativa sia su altri istituti direttamente incidenti sul trattamento economico (quali le indennità di prima sistemazione e per carichi di famiglia, i contributi per spese di abitazione e per trasporto mobili, le provvidenze scolastiche, i rimborsi delle spese di viaggio), sia su istituti che solo indirettamente hanno riflessi sul trattamento economico (congedi, assenze dal servizio per ragioni di salute, maternità o altre cause).

 

La legge di stabilità 2013 (legge 228/2012), all’art. 1, comma 37 ha disposto  la riduzione dell’autorizzazione di spesa per l’indennità di servizio all’estero,  nella misura di 5.287.735 euro annui con decorrenza dal 2013.

 


 

Articolo 9-bis
(Potenziamento della revisione della spesa di personale
del Ministero degli Affari esteri)

 

 

L’art. 9-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, detta norme concernenti le spese di personale del Ministero degli Affari esteri.

In particolare, il comma 1 apporta una serie di modificazioni al DPR n. 18 del 1967, recante ordinamento dell'Amministrazione degli Affari esteri: la prima novella, introdotta dalla lettera a), aggiunge un comma all'art. 170, concernente gli assegni e le indennità per il personale in servizio all'estero: in base a tale modifica, il personale destinato all'estero per esigenze di servizio per un periodo che, anche includendo eventuali proroghe, non superi complessivamente la durata di un anno, ha titolo al trattamento economico all'estero previsto dalla Parte III dello stesso DPR 18, con una serie di eccezioni.

Tali eccezioni riguardano i benefici previsti dagli articoli 173 (aumenti per situazione di famiglia), 175 (indennità di sistemazione), 176 (indennità di richiamo dal servizio all'estero), 179 (provvidenze scolastiche), 196 (viaggi dei familiari a carico), 197 (viaggi dei domestici), 199 (trasporto bagagli, mobili e masserizie), 200 primo comma (trasporto per aereo o automezzo), 205 (trattamento del personale cessato dalle funzioni all'estero), 206 (trasferimento del personale cessato dalle funzioni all'estero).

 

Si segnala che l’art. 170 dell’ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri, di cui al D.P.R. n. 18 del 1967, stabilisce che il personale dei ruoli organici dell’Amministrazione degli Affari esteri, oltre allo stipendio e agli assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l’interno – compresa, nella misura minima, l’eventuale indennità o retribuzione di posizione - percepisce, quando è in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria, l’indennità di servizio all’estero, stabilita per il posto di organico che occupa, nonché le altre competenze eventualmente spettanti in base alle disposizioni del medesimo D.P.R. 18/1967. Nessun’altra indennità ordinaria e straordinaria può essere concessa al personale suddetto in relazione al servizio prestato all’estero in aggiunta al trattamento previsto dal D.P.R. 18/1967.

 

Il medesimo comma 1, alla lettera b), dispone l’integrale sostituzione dell’art. 199, riguardante, come prima richiamato, il trasporto di bagagli, mobili e masserizie del personale in servizio all’estero.

La nuova formulazione dell'art. 199 dispone al comma 1 che per i viaggi di trasferimento del personale destinato all'estero spetti a tale personale un contributo fisso onnicomprensivo, calcolato in misura rapportata alle indennità previste dagli articoli 175 e 176 dello stesso DPR per la sistemazione ed il richiamo dal servizio all'estero del personale. In particolare, il contributo è calcolato in una percentuale compresa fra il 30 e il 100% delle indennità previste dagli articoli 175 e 176, in ragione della minore o maggiore distanza intercorrente tra la sede di servizio in quella di destinazione.

 

Il comma 2 del nuovo art. 199 prevede la possibilità, senza introdurre maggiori oneri, di modificare i parametri di cui sopra con decreto del Ministro degli Affari esteri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 3, nella nuova formulazione dell'art. 199, dispone la corresponsione del contributo fisso onnicomprensivo per il 75% all'atto dell'assunzione in servizio presso una sede all'estero  o presso il Ministero, mentre il residuo 25% viene corrisposto entro novanta giorni dalla presentazione al Ministero di idonea attestazione, rilasciata dalla sede all'estero presso la quale il dipendente è destinato o dalla quale è in rientro presso l'Amministrazione centrale. La mancata presentazione al Ministero, entro sei mesi dalla data di assunzione del servizio, di tale attestazione da parte del dipendente, e per causa lui imputabile, comporta la revoca della corresponsione del contributo fisso, con recupero della quota già pagata all'atto dell'assunzione di servizio.

 

Infine, il comma 4 della nuova formulazione stabilisce che, in caso di dipendenti coniugati trasferiti allo stesso ufficio all'estero, o comunque nella stessa città, le cui assunzioni di servizio siano avvenute in un intervallo inferiore  a 180 giorni, il contributo del precedente comma 1 spetta soltanto al dipendente che ne goda nella misura più elevata, inclusi gli incrementi che spetterebbero se il coniuge fosse a carico. Le sedi all'estero caratterizzate da particolari situazioni abitative e logistiche, ovvero da condizioni eccezionali di disagio e di rischio per il personale, oppure ancora da particolari livelli delle indennità di base, sì da determinare una misura diversa del contributo di cui al comma 1, sono individuate con decreto del Ministro degli Affari esteri di concerto con il Ministro dell'economia delle finanze, da rivedere annualmente, e senza determinare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

La lettera c) dispone conseguentemente l’abrogazione dell’art. 200 del richiamato DPR 18/1967, che disciplina attualmente in economia il trasporto per aereo o automezzo del personale e, con determinati limiti, dell’eventuale bagaglio eccedente quello in franchigia: tali trasporti non sono più previsti, infatti, nella nuova formulazione dell’art. 199.

 

Per la stessa ragione la lettera d) elimina dall’art. 201 il riferimento ai trasporti previsti dall’art. 199. L’art. 201 riguarda i limiti di spesa eventualmente superati dal personale per sé, i familiari a carico o i domestici.

 

La lettera e) sopprime nell’art. 202 il riferimento alle eventuali spese di spedizione degli effetti dagli impegni che il dipendente assume in ordine all’esercizio finanziario dell’anno in cui egli dichiara avranno luogo i viaggi e le spedizioni connessi alla propria funzione.

 

Il comma 2 dell’art. 9-bis in commento prevede per le disposizioni di cui alle lettere b)-e) del comma 1 precedente l’applicabilità dal 1° gennaio 2014.

 

Il comma 3, infine, esclude nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica dall’applicazione delle disposizioni precedenti.

 

 


 

Articolo 10
(Misure urgenti per il potenziamento delle politiche di coesione)

 

 

Il comma 1 istituisce l’Agenzia per la coesione territoriale[89], sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per la politica di coesione, al fine di rafforzare l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione, nell’ambito delle attribuzioni.

 

Attualmente la politica per la coesione territoriale è conferita al Ministro senza portafoglio, Carlo Trigilia (DPR 27 aprile 2013), al quale è stato delegato, con DPCM 27 maggio 2013, l’esercizio delle funzioni di coordinamento, di indirizzo, di promozione di iniziative, anche normative, di vigilanza e verifica, nonché ogni altra funzione attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei ministri, relativamente alla materia delle politiche per la coesione territoriale.

Per quanto riguarda le competenze del Ministro delegato che risultano interessate dalle disposizioni recate dall’articolo 1 in esame, si segnalano le seguenti:

a)    esercitare le funzioni di programmazione economica e finanziaria, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione, con particolare riferimento alle aree depresse, esercitando a tal fine le funzioni attribuite dalla legge in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari (art. 7, comma 26 del D.L. n. 78/2010). Per l'esercizio di tali funzioni, il Ministro delegato si avvale del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico, ad eccezione della Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali (comma 27) – che già dipende funzionalmente dal Ministro per la coesione territoriale -, nonché dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (INVITALIA) e, limitatamente alle funzioni delegate dal decreto stesso, del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici;

b)    promuovere e coordinare le politiche e gli interventi finalizzati allo sviluppo economico dei territori, ivi comprese le aree interne, avuto anche riguardo all'utilizzo dei fondi strutturali europei ed alla strategia di attuazione della programmazione comunitaria 2014-2020.

Ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 88 del 2011 al Ministro delegato per la politica di coesione spetta, altresì, il coordinamento di tale politica e dei relativi fondi a finalità strutturale dell'Unione Europea, assicurando i relativi rapporti con i competenti organi dell'Unione, adottando gli atti di indirizzo e quelli di programmazione rimessi dai regolamenti dell'Unione europea agli Stati membri. Al fine di garantire la tempestiva attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali e l'integrale utilizzo delle relative risorse dell'Unione europea assegnate allo Stato membro, il Ministro delegato adotta, ove necessario e nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell'Unione europea, le opportune misure di accelerazione degli interventi anche relativamente alle amministrazioni che risultano non in linea con la programmazione temporale degli interventi medesimi.

 

Le funzioni relative alla politica di coesione, fermo restando le attribuzioni del Ministro delegato, sono ripartite tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri (comma 2) e l'Agenzia (comma 3) secondo le disposizioni di cui ai successivi commi.

 

In particolare, il comma 2 elenca le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, ferme restando le competenze delle amministrazioni titolari di programmi e delle relative autorità di gestione. In particolare assegna alla Presidenza del Consiglio:

a)  il raccordo - nell'attività istruttoria - con le amministrazioni statali e regionali competenti nella predisposizione di proposte di programmazione economica e finanziaria e di destinazione territoriale delle risorse della politica di coesione europea e nazionale di natura finanziaria e non finanziaria miranti ad accrescere la coesione territoriale, anche ai fini dell'adozione degli atti di indirizzo e di programmazione relativi all'impiego dei fondi a finalità strutturale dell'Unione Europea, nonché all'impiego del Fondo per lo sviluppo e la coesione da realizzare in forma integrata con le risorse europee per lo sviluppo regionale;

b)  la promozione e il coordinamento dei programmi e degli interventi finanziati dai fondi strutturali, dei programmi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, nonché delle attività di valutazione delle politiche di coesione;

c)  la raccolta ed elaborazione, in collaborazione con le amministrazioni statali e regionali competenti, di informazioni e dati sull'attuazione dei programmi operativi dei fondi a finalità strutturale dell'Unione europea, nonché sull'attuazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche ai fini dell'adozione delle misure di accelerazione degli interventi necessari;

d)  il supporto al Presidente o al Ministro delegato nei rapporti con le istituzioni dell'Unione europea relativi alla fase di definizione delle politiche di sviluppo regionale e di verifica della loro realizzazione, predisponendo, ove necessario, proposte di riprogrammazione;

e)  la raccolta ed elaborazione di informazioni, dati e analisi in materia di sviluppo regionale;

f)   l'istruttoria relativa all'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dall'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo n. 88 del 2011 in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare l'efficace utilizzo delle risorse per la politica di coesione.

Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte altre due lettere, in base alle quali, la Presidenza del Consiglio:

f-bis) può avvalersi dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa (INVITALIA), al fine di rafforzare l'attuazione della politica di coesione ed assicurare il perseguimento degli obiettivi dell’articolo 3, comma 3, del D.Lgs. n. 88 del 2011 (tempestiva attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali) nonché per dare esecuzione alle determinazioni assunte ai sensi del comma 6, articolo 6, del medesimo D.Lgs. n. 88 (relativamente ai poteri sostitutivi), anche attraverso il ricorso alle misure di accelerazione degli interventi strategici di cui all'articolo 55-bis del D.L. n. 1 del 2012, cioè alla possibilità per le amministrazioni centrali di avvalersi delle convenzioni con INVITALIA per le attività economiche, finanziarie e tecniche occorrenti per la realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese.

Al riguardo si segnala che analoghe previsioni, in tema di misure di accelerazione e di poteri sostitutivi, sono contenute anche alla lettera d) del successivo comma 3, relativo alle competenze dell’Agenzia.

Si ricorda, peraltro, che il DPCM 27 maggio 2013 di conferimento delle deleghe al Ministro per la coesione già prevede che esso si avvalga, come sopra ricordato, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (INVITALIA). Per quanto riguarda le competenze di INVITALIA, si rinvia ai commi 14-bis e 14-ter.

f-ter) promuove il ricorso alle modalità di attuazione di cui all'articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011 e alle misure previste dagli articoli 9 e 9-bis, D.L. n. 69 del 2013.

Il richiamo all’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011 (relativo al contratto istituzionale di sviluppo) sembrerebbe doversi riferire al comma 4 (relativo alla gestione delle risorse) e al comma 5 (relativo al coordinamento degli interventi di attuazione, attualmente in capo al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione), in quanto i poteri sostitutivi disciplinati dal comma 6 del medesimo articolo sono già considerati alla precedente lettera f) del comma 2. Per quanto concerne, poi, i richiamati articoli 9 e 9-bis del D.L. n. 69 del 2013, essi riguardano, rispettivamente l’accelerazione nell’utilizzazione dei fondi strutturali europei e l’attuazione rafforzata degli interventi per lo sviluppo e la coesione territoriale attraverso il contratto istituzionale di sviluppo.

 

Il comma 3 indica le competenze dell'Agenzia, la quale, tenuto conto degli obiettivi definiti dagli atti di indirizzo e programmazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri relativamente ai fondi strutturali europei e al Fondo per lo sviluppo e la coesione:

a)  opera in raccordo con le amministrazioni competenti il monitoraggio sistematico e continuo dei programmi operativi e degli interventi della politica di coesione, anche attraverso specifiche attività di valutazione e verifica, ferme restando le funzioni di controllo e monitoraggio attribuite alla Ragioneria generale dello Stato.

b)  svolge azioni di sostegno e di assistenza tecnica alle amministrazioni che gestiscono programmi europei o nazionali con obiettivi di rafforzamento della coesione territoriale sia attraverso apposite iniziative di formazione del personale delle amministrazioni interessate, che con l'intervento di qualificati soggetti pubblici di settore per l'accelerazione e la realizzazione dei programmi, anche con riferimento alle procedure relative alla stesura e gestione di bandi pubblici;

b-bis) vigila nel rispetto delle competenze delle singole amministrazioni pubbliche sull'attuazione dei programmi e sulla realizzazione dei progetti che utilizzano i fondi strutturali;

b-ter) promuove, nel rispetto delle competenze delle singole amministrazioni pubbliche, il miglioramento della qualità, della tempestività, dell'efficacia e della trasparenza delle attività di programmazione e attuazione degli interventi;

c) il Senato ha sostituito la lettera, specificando che l’Agenzia può assumere le funzioni dirette di autorità di gestione per la conduzione di specifici progetti a carattere sperimentale nonché nelle ipotesi di cui al successivo punto d);

d)  dà esecuzione alle determinazioni adottate ai sensi degli articoli 3 e 6, comma 6, del decreto legislativo n. 88 del 2011, relativi, rispettivamente, all’accelerazione dei programmi e ai poteri sostitutivi.

 

Il comma 4 affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione, l'approvazione - entro il 1° marzo 2014 - dello statuto dell'Agenzia. Lo statuto:

§      disciplina l'articolazione dell'Agenzia, la composizione, le competenze e le modalità di nomina degli organi di direzione e del collegio dei revisori;

§      stabilisce i principi e le modalità di adozione dei regolamenti e degli altri atti generali che disciplinano l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia;

§      prevede forme di rappresentanza delle amministrazioni territoriali all'interno del Comitato direttivo dell'Agenzia.

 

L'Agenzia dispone di una dotazione organica di 200 unità di personale e gode di autonomia organizzativa, contabile e di bilancio. Sono organi dell'Agenzia: il direttore generale; il Comitato direttivo[90]; il Collegio dei revisori dei conti. La partecipazione al Comitato direttivo dell'Agenzia non comporta alcuna forma di compenso.

 

L'Agenzia assicura lo svolgimento delle attività strumentali e di controllo interno nell'ambito delle risorse disponibili o per il tramite della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri senza oneri aggiuntivi.

Come riportato nella relazione tecnica (A.S. 1015) l’Agenzia farà fronte alle spese derivanti dallo svolgimento delle attività istituzionali e di controllo interno con le proprie risorse disponibili o per il tramite della struttura Dipartimentale della Presidenza. Relativamente alle spese per acquisizione di beni e servizi e per investimenti funzionali, la dotazione dell’Agenzia sarà stabilita in base agli stanziamenti previsti a legislazione vigente per il soppresso Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.

 

Il rapporto di lavoro presso l'Agenzia è regolato dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto Ministeri.

Con contestuale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato, è nominato il direttore generale scelto tra personalità di comprovata esperienza nella materia delle politiche di coesione, con trattamento economico non superiore a quello massimo previsto per i Capi dipartimento del Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri[91].

Per quanto non previsto dallo statuto e dalle disposizioni del presente articolo, si rinvia a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 300 del 1999, relativo all’ordinamento delle agenzie.

 

Ai sensi del comma 5, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, per la pubblica amministrazione, si provvederà al trasferimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri e all'Agenzia, sulla base delle funzioni rispettivamente attribuite, delle unità di personale di ruolo e dei rapporti di lavoro a tempo determinato per la loro residua durata, nonché le risorse finanziarie e strumentali del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) del Ministero dello sviluppo economico, ad eccezione di quelle afferenti alla Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali.

 

 

Il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica - DPS

Ai sensi dell’articolo 14 del DPR n. 197 del 2008 (Regolamento di riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico), il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica provvede alla programmazione, al coordinamento, all'attuazione, al monitoraggio e alla verifica degli interventi per lo sviluppo e la coesione economica e sociale sul territorio nel contesto di una politica regionale unitaria. Il Dipartimento svolge, inoltre, l'istruttoria per le deliberazioni del CIPE, nelle materie di competenza, e l'attività di vigilanza di competenza del Ministero nei confronti della società «Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a.» e provvede ai connessi adempimenti.

Il Dipartimento si articola in tre Uffici di livello dirigenziale generale:

a)       Direzione generale per la politica regionale unitaria comunitaria;

b)       Direzione generale per la politica regionale unitaria nazionale;

c)       Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali (che non viene trasferita e rimane nell’ambito del MISE).

In base al successivo articolo 15, la Direzione generale per la politica regionale unitaria comunitaria si articola in quattordici Uffici di livello dirigenziale non generale e svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero, nei seguenti ambiti:

a)       supporto al Capo Dipartimento per il coordinamento e la definizione delle iniziative in materia di programmazione strategica e di utilizzazione dei fondi strutturali comunitari e nazionali, secondo le direttive generali del CIPE e valutazione dei relativi impatti a livello del bilancio comunitario e nazionale;

b)       istruttoria e partecipazione ai processi di definizione e attuazione delle politiche comunitarie connesse alle politiche di sviluppo e di coesione economica, sociale e territoriale;

c)       istruttoria e partecipazione all'attività negoziale per la definizione, revisione e riforma degli strumenti comunitari d'intervento finanziario strutturale e di coesione;

d)       istruttoria e partecipazione all'attività negoziale con la Commissione europea per la definizione della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale nelle aree ammissibili alle deroghe di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato CE;

e)       promozione e verifica, nel rispetto delle competenze delle singole amministrazioni pubbliche interessate, dell'attuazione dei programmi che utilizzano fondi strutturali comunitari, coerentemente con le politiche comunitarie e nazionali rilevanti;

f)         programmazione, coordinamento e gestione di programmi operativi nazionali di assistenza tecnica e di azioni di sistema, promossi nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali;

g)       inoltro agli organismi comunitari delle richieste di cofinanziamento;

h)       segnalazioni per l'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di inerzia o ritardo delle competenti amministrazioni statali e delle amministrazioni ed enti regionali e locali nell'adozione dei provvedimenti necessari all'attuazione degli interventi cofinanziati;

i)         promozione e coordinamento delle azioni innovative comunitarie, con particolare riferimento a quelle cofinanziate dai fondi strutturali comunitari;

j)         esercizio delle funzioni previste dal Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativamente ai Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT);

k)       analisi in materia di struttura e tendenze socio-economiche territoriali e in materia di politiche di sviluppo socio-economico territoriale; progetto «obiettivi di servizio» del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013;

l)         analisi in materia di politiche per la competitività e flussi finanziari delle politiche pubbliche;

m)     analisi delle politiche e degli strumenti per lo sviluppo territoriale locale; relative statistiche e indicatori;

n)       progetti di cooperazione bilaterale e assistenza tecnica al settore pubblico di altri Paesi e attività di relazione con organismi internazionali.

 

La Direzione generale per la politica regionale unitaria nazionale (articolo 16) si articola in dodici Uffici di livello dirigenziale non generale e svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero, nei seguenti ambiti:

a)       coordinamento e definizione di iniziative per lo sviluppo territoriale da attuare, secondo le direttive del CIPE, con le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate;

b)       programmazione, promozione, coordinamento e monitoraggio, specie nelle aree sottoutilizzate, delle iniziative e degli interventi nazionali per lo sviluppo economico territoriale, attraverso gli strumenti negoziali previsti dalla legislazione vigente, avuto riguardo, in particolare, per quelli finanziati dal Fondo per le aree sottoutilizzate;

c)       attività preordinate alla promozione, stipula e gestione delle intese istituzionali di programma e degli strumenti di programmazione che attuano le intese;

d)       attività preordinate alla programmazione, promozione, stipula e gestione degli accordi di programma quadro, ivi compresi il coordinamento delle attività istruttorie degli organi di gestione, nonché la quantificazione delle risorse da trasferire per l'attuazione degli interventi;

e)       promozione e coordinamento di azioni innovative di supporto all'attuazione ed al monitoraggio delle Intese istituzionali di programma e degli Accordi di programma quadro;

f)         proposte normative relative al FAS e istruttoria delle delibere di riparto e assegnazione FAS da parte del CIPE;

g)       supporto al Capo Dipartimento per la programmazione finanziaria del FAS. Verifica delle risultanze di monitoraggio e degli avanzamenti finanziari del FAS e della programmazione unitaria di politica regionale. Costruzione del Quadro Finanziario Unico di cassa della spesa in conto capitale della pubblica amministrazione;

h)       gestione contabile del FAS e trasferimento delle risorse ai soggetti responsabili dell'attuazione di programmi e progetti;

i)         sviluppo e implementazione dei sistemi informativi dipartimentali, delle banche dati degli interventi territoriali e integrazione delle informazioni di monitoraggio; consulenza e supporto informatico;

j)         progetti per il miglioramento delle competenze tecnico-amministrative degli organi per le politiche regionali.

 

Alle dirette dipendenze del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica opera il Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici (art. 14, co. 3, DPR n. 197 del 2008).

 

Il comma 5 fa salvo, per il personale del DPS trasferito, il diritto di opzione (inteso come facoltà di rimanere nell’ambito del MISE), da esercitare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della conversione in legge del presente decreto-legge.

 

Il Senato ha introdotto una ulteriore disposizione al comma 5, prevedendo che nei successivi 30 giorni (dal termine per l’opzione, dunque, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge) si provvede al riordino del Ministero dello sviluppo economico. I provvedimenti di riordino, corredati di relazione tecnica, sono sottoposti, per il parere, alle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari.

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico:

§      sono conseguentemente ridotte le dotazioni organiche, le relative strutture e le risorse finanziarie e strumentali del medesimo ministero;

§      sono stabilite le procedure selettive per l'assegnazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri di un numero massimo di 50 unità nell'ambito del personale oggetto di trasferimento, e, comunque, per un onere non superiore a 1.100.000 euro annui, con conseguente aumento della relativa dotazione organica della Presidenza. Le 50 unità di personale assegnate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri sono organizzate in una struttura dedicata (dipartimento o ufficio) disciplinata ai sensi dell'articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 303 del 1999.

 

Nelle more della definizione dell'assetto organizzativo dell'Agenzia e delle strutture del Ministero dello sviluppo economico, gli incarichi di livello dirigenziale conferiti nell'ambito del Dipartimento sono mantenuti fino alla naturale scadenza e comunque fino all'effettiva operatività dell'Agenzia e, relativamente ai contratti, anche in deroga ai contingenti indicati dalla normativa vigente, previa indisponibilità della medesima quota utilizzabile a valere sulla dotazione organica dei dirigenti del Ministero dello sviluppo economico.

 

I commi 6 e 7 provvedono alla copertura degli oneri derivanti dai commi 4 e 5, pari ad euro 1.450.000 annui a decorrere dall'anno 2014, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente (Tabella A).

 

Il comma 10 dispone che fino alla effettiva operatività dell'Agenzia, come definita dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dal comma 4, il Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS) assicura la continuità della gestione amministrativa, nonché la tempestiva ed efficace attuazione degli adempimenti connessi alla fine del ciclo di programmazione 2007-2013 e all'avvio della programmazione 2014-2020.

 

Il comma 8 dispone il trasferimento del Fondo per lo sviluppo e la coesione e delle relative risorse finanziarie (cap. 8425/MISE) dallo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico a quello del Ministero dell'economia e delle finanze.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione territoriale, sono definite le procedure di spesa, le modalità di gestione delle risorse e la rendicontazione dell'utilizzo delle risorse in attuazione dei programmi delle delibere CIPE.

 

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante “Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali”, attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) ha assunto la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC).

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione è finalizzalo a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese. Il Fondo è destinato a finanziare interventi speciali dello Stato e l’erogazione di contributi speciali, secondo le modalità stabilite dal presente decreto. L’intervento del Fondo è finalizzato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi di consistenza progettuale ovvero realizzativa tra loro funzionalmente connessi.

Per effetto della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) le disponibilità in bilancio del Fondo per lo sviluppo e la coesione viene determinata in circa 8 miliardi per il 2013, in 5,8 miliardi per il 2014 e in 8,6 miliardi per il 2015. Complessivamente sono presenti autorizzazioni di spesa per 22,1 miliardi. Non risultano presenti autorizzazioni di spesa pluriennali per gli anni 2016 e seguenti.

Le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione sono allocate sul capitolo 8425 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 9 prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato, per la riorganizzazione del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, anche ai fini di individuare le funzioni da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e all'Agenzia senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il Senato ha specificato che i componenti del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici restano in carica sino alla naturale scadenza degli stessi incarichi.

 

Il D.Lgs. n. 430 del 1997, all’articolo 3, comma 5, ha istituito il Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, attraverso l’accorpamento in un'unica struttura del Nucleo di valutazione degli investimenti pubblici e del Nucleo ispettivo per la verifica degli investimenti pubblici, già operanti presso il Ministero del bilancio e della programmazione economica, che sono stati conseguentemente soppressi. Il Nucleo è articolato in due unità operative, rispettivamente, per la valutazione degli investimenti pubblici (UVAL) e per la verifica degli investimenti pubblici (UVER). Il Nucleo opera alle dirette dipendenze del Capo Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPR n. 197/2008, art. 14, co. 3). Ai componenti del Nucleo è attribuito il trattamento economico stabilito con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica. Il Ministro trasmette annualmente al Parlamento una relazione riguardante l'attività della pubblica amministrazione in materia di investimenti pubblici per lo sviluppo economico territoriale e settoriale, sulla base dell'attività svolta dal Nucleo.

 

Si segnala che il Senato, alla luce del parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, da parte della 5a Commissione Bilancio, ha soppresso i commi da 11 a 14.

Il comma 11 autorizzava l'assunzione a tempo indeterminato di un contingente di personale nel numero massimo di 120 unità altamente qualificate per l'esercizio di funzioni di carattere specialistico, appartenente all'Area terza, al fine di rafforzare le strutture della Presidenza del Consiglio, dei Ministeri e dell'Agenzia per la coesione territoriale preposte, per quanto di competenza, a funzioni di coordinamento, gestione, monitoraggio e controllo degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali europei anche per il periodo 2014-2020.

Con decreto del Presidente del Consiglio sarebbero stati definiti criteri e modalità di tali assunzioni, ivi compresa la selezione del personale mediante la Scuola nazionale dell'Amministrazione e la ripartizione del personale tra le amministrazioni interessate.

Il comma 12 provvedeva alla copertura degli oneri finanziari recati dall’assunzione di tali 120 unità relativamente agli esercizi dal 2014 al 2020, definendo, al comma 13, la relativa procedura amministrativa-contabile; infine il comma 14, trattandosi di assunzioni a tempo indeterminato, ne definiva la copertura a decorrere dall’esercizio 2021.

 

I successivi commi 14-bis e 14-ter, introdotti nel corso dell’esame al senato, riguardano la disciplina delle competenze dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa (INVITALIA),

In particolare, con il comma 14-bis si dispone che l'Agenzia può assumere, in casi eccezionali, le funzioni dirette di autorità di gestione e di soggetto responsabile per l'attuazione di programmi ed interventi speciali, anche a carattere sperimentale, nonché nelle ipotesi previste dalla lettera d) del precedente comma 3, cioè l’esecuzione delle determinazioni adottate ai sensi degli articoli 3 e 6, comma 6, del decreto legislativo n. 88 del 2011, relativi, rispettivamente, all’accelerazione dei programmi e ai poteri sostitutivi.

 

Per come formulata la norma, si tratta di funzioni per casi eccezionali, come tali diversi da quelli di cui al precedente comma 3, lettera c), ove si prevedono specifiche funzioni dirette di autorità di gestione da parte dell’Agenzia.

La norma non reca specifiche indicazioni in ordine alle procedure per l’individuazione dei ”casi eccezionali” da essa previsti che dovrebbero consentire all’Agenzia di assumere funzioni dirette di autorità di gestione. Può peraltro presumersi – ma su tale aspetto andrebbe acquisita una conferma - che la relativa disciplina potrebbe essere dettata dal D.P.C.M. previsto al successivo comma 14-ter.

 

Il comma 14-ter rinvia all’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione territoriale ed il Ministro dello sviluppo economico, per la definizione dei rapporti tra l'Agenzia per la coesione territoriale e l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, anche al fine di individuare le più idonee forme di collaborazione per l'esercizio delle rispettive competenze e prerogative di legge.

 

L’attuale assetto della dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A., si è attuato, ai sensi dell’articolo 1, comma 459-464, della legge n. 296/2006, mediante un piano di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute nei settori non strategici e di cessione delle società regionali. I settori di intervento della società riguardano, in particolare, l’attrazione degli investimenti esteri (contratto di localizzazione), gli incentivi alle imprese (autoimpiego e autoimprenditorialità; interventi di deindustrializzazione ex lege n. 181/1989; contratti di sviluppo).

L’articolo 55-bis del D.L. n. 1 del 2012 consente alle amministrazioni centrali di avvalersi delle convenzioni con l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. per le attività economiche, finanziarie e tecniche - comprese quelle di progettazione in materia di lavori pubblici – occorrenti ai fini della realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento agli interventi di rilevanza strategica per la coesione territoriale, finanziati con risorse nazionali, comunitarie e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche mediante finanza di progetto.

Da ultimo, l’articolo 9-bis del D.L. n. 69 del 2013, ai commi da 3 a 7, novellando l’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011, pone l'Agenzia quale soggetto centrale di coordinamento delle attività di progettazione e di realizzazione degli interventi ricompresi nei contratti istituzionali di sviluppo.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (A cura dell’Ufficio Rapporti dell’Unione europea)

L'assetto della politica regionale dell'Unione europea, in vista della scadenza dell'attuale periodo di programmazione 2007-2013, è oggetto di una profonda revisione nell'ambito della definizione del nuovo quadro finanziario dell'UE per il 2014-2020.

Si segnala, in particolare, che la proposta di regolamento concernente regole comuni per il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo di coesione, il Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, e del Fondo europeo per la pesca (COM(2011)615), introduce profonde modificazioni alla programmazione e gestione dei fondi mediante:

·      la concentrazione dell’intervento dei fondi strutturali su un ristretto numero di obiettivi tematici comuni, connessi gli obiettivi della strategia Europa 2020 (rafforzare la ricerca e lo sviluppo tecnologico; promuovere la competitività delle PMI; sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio; promuovere sistemi di trasporto sostenibili; promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori; promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà; investire nell'istruzione e nell'apprendimento permanente; promuovere un'amministrazione pubblica efficiente);

·      l’istituzione di un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali, per tradurre in priorità d'investimento;

·      la conclusione di un contratto di partenariato tra la Commissione e ciascuno Stato membro, recante l'impegno dei contraenti a livello nazionale e regionale ad utilizzare i fondi stanziati per dare attuazione alla strategia Europa 2020, nonché un quadro di riferimento dei risultati con il quale valutare i progressi in relazione agli impegni;

·      lo stretto collegamento con i programmi nazionali di riforma e i programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri, nonché con le raccomandazioni specifiche per ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi.

In tema di gestione e controllo, la Commissione propone che per ciascun programma operativo (o per gruppi di programmi operativi), lo Stato membro designi tra le autorità pubbliche o gli organismi pubblici nazionali, regionali o locali:

·      una autorità di gestione (già prevista nella disciplina vigente);

·      una autorità di certificazione (tale funzione, introdotta ex nova dalla proposta in esame, può tuttavia essere esercitata anche dall’autorità di gestione), incaricata di elaborare e trasmettere alla Commissione le domande di pagamento, preparare i bilanci annuali e certificarne la completezza, esattezza e veridicità;

·      un’autorità di audit, funzionalmente indipendente dall'autorità di gestione e dall'autorità di certificazione, che garantisce lo svolgimento di attività di audit sui sistemi di gestione e controllo, utilizzando un campione adeguato di interventi e sui bilanci annuali.

Per quanto concerne l’iter della proposta, benché sia stato ormai raggiunto l’accordo sugli stanziamenti complessivi della politica di coesione per il periodo 20142020 (325,14 miliardi di euro, con una riduzione di circa l’8% rispetto al periodo 2007-2013), il negoziato sulla proposta di regolamento in oggetto è tuttora in corso, dal momento che il Parlamento europeo non intende accettare la proposta della Commissione (sostenuta dal Consiglio dell’UE) in base alla quale l’erogazione dei fondi strutturali sarebbe subordinata al rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell’ambito delle governance economica dell’UE.

Qualora vengano sciolti gli ultimi nodi negoziali, il Parlamento europeo dovrebbe approvare la proposta nella sessione del 21-24 ottobre 2013.

 

 


 

Articolo 11, commi 1-13
(Semplificazione e razionalizzazione del sistema di controllo
della tracciabilità dei rifiuti)

 

 

L'articolo 11, commi da 1 a 13, modifica la disciplina del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), circoscrivendo la platea dei soggetti obbligati ad aderire al sistema e fissando le norme per la specificazione dei soggetti e l’individuazione di ulteriori categorie cui applicare il sistema medesimo (comma 1). L’articolo fissa, inoltre, i nuovi termini per l’operatività del SISTRI (commi 2-5), detta norme per l’applicazione delle sanzioni per le violazioni connesse al sistema (commi 3-bis e 11), nonché per la semplificazione del sistema medesimo (commi 7-8), i rapporti con la società concessionaria del sistema (commi 9-10) e l’istituzione di un tavolo tecnico di monitoraggio (comma 13).

 

Il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) è stato istituito con il D.M. 17 dicembre 2009 in attuazione dell'art. 14-bis del decreto-legge 78/2009, che aveva demandato al Ministero dell'ambiente la definizione dei tempi e delle modalità di attivazione del sistema.

La disciplina del SISTRI è stata, successivamente, inserita, nel D.lgs. 152/2006 (norme in materia ambientale) in conseguenza di quanto disposto dal D.lgs. 205/2010, che ha recepito la direttiva europea quadro sui rifiuti 2008/98/CE. In particolare, il D.lgs 205/2010 ha introdotto nel D.lgs. 152/2006 alcuni articoli aggiuntivi (artt. 188-bis e 188-ter) e provveduto a riscriverne altri (artt. da 188 a 190, 193 e 194), al fine di coordinare le disposizioni sul SISTRI con quelle del D.M. 17 dicembre 2009 e di integrare gli adempimenti documentali, adattandoli con i principi della direttiva 2008/98/CE che prevedono che la tracciabilità dei rifiuti debba essere garantita dalla loro produzione alla loro destinazione finale.

Tra le finalità del SISTRI si annovera la semplificazione di alcuni adempimenti documentali costituiti da registri di carico/scarico, formulari di trasporto (articoli 190 e 193 del d.lgs. 152/2006), e Mud (Modello unico di dichiarazione ambientale).

I destinatari del sistema sono elencati nell’articolo 188-ter del D.lgs. 152/2006 (che sul punto ha dettato disposizioni di coordinamento con quanto già previsto dal D.M. 17 dicembre 2009), sul quale incide l’articolo commento (v. infra), e sono suddivisi in due gruppi: soggetti obbligati ad aderire al sistema e soggetti che possono aderire su base volontaria.

Per una descrizione più approfondita della normativa riguardante il Sistri adottata nella precedente legislatura, si rinvia alla scheda di approfondimento Tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), che ovviamente non tiene conto dei provvedimenti adottati a decorrere dal mese di marzo 2013. La scheda dà conto delle numerose proroghe adottate nella precedente legislatura per differire l’avvio dell’operatività del sistema.

In estrema sintesi, infatti, il termine di entrata in operatività del SISTRI, già fissato dall'articolo 12, comma 2 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 e prorogato, da ultimo, dall'art. 6, comma 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138 e dall'art. 13, commi 3 e 3-bis, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, è stato sospeso allo scopo di procedere alle ulteriori verifiche amministrative e funzionali, fino al compimento delle verifiche medesime e comunque non oltre il 30 giugno 2013, dall’art. 52, comma 1, D.L. 22 giugno 2012, n. 83. Il comma 2 del medesimo articolo 52 ha previsto inoltre l’emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente per fissare il nuovo termine di entrata in vigore del SISTRI, disponendo, fino a tale termine, la sospensione degli effetti del contratto stipulato tra Ministero dell'ambiente e Selex-Se.Ma (società affidataria del servizio di progettazione, gestione e manutenzione del SISTRI sulla base di un apposito contratto stipulato in data 14 dicembre 2009 e successivamente integrato con atto stipulato il 10 novembre 2010), e dei pagamenti dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.

Il D.M. 20 marzo 2013 ha stabilito i termini di riavvio progressivo del Sistri. In particolare, l’articolo 1, ora abrogato dal comma 6, lettera b) dell’articolo 11 in esame, per i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi con più di dieci dipendenti e per gli enti e le imprese che gestiscono rifiuti speciali pericolosi[92], aveva fissato al 1° ottobre 2013 il termine iniziale di operatività del SISTRI. Per gli altri enti o imprese obbligati all'iscrizione al SISTRI il termine iniziale di operatività era fissato al 3 marzo 2014. L’art. 3 ha stabilito un regime transitorio pari a 30 giorni dalla data di operatività del SISTRI prevista dal decreto ministeriale per le diverse categorie di enti o imprese a cui si continuano ad applicare gli adempimenti e gli obblighi di cui agli articoli 190 e 193 del D.Lgs. n. 152 del 2006, relativi rispettivamente ai registri di carico e scarico dei rifiuti, nonché ai formulari di trasporto dei rifiuti.

In accordo con Selex-SeMa, il versamento del contributo di iscrizione al Sistri è sospeso per l'anno 2013 per gli enti e imprese già iscritti alla data del 30 aprile 2013, come era già avvenuto, con il D.M. 17 ottobre 2012, n. 210, per l'iscrizione al Sistri dell'anno 2012, sospeso sino al 30 giugno 2013.

Sull’applicazione delle norme introdotte dall’art. 11 nel testo originario adottato dal Governo, il Ministero dell’ambiente ha risposto ad una interrogazione parlamentare del 17 settembre 2013 e, successivamente, il 1°ottobre 2013 ha emanato una nota esplicativa.

 

Si passa ora a descrivere il contenuto dell’articolo nel testo risultante a seguito delle modiche approvate nel corso dell’esame al Senato.

Il comma 1 dell’articolo 11, modificato durante l’esame al Senato,  sostituisce i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, sull’adesione obbligatoria o volontaria al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI).

 

L’adesione obbligatoria al SISTRI (comma 1, che modifica il comma 1 dell’art. 188-ter del D.lgs. 152/2006)

 

Il nuovo comma 1 dell'articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato durante l’esame al Senato, interviene, di fatto circoscrivendolo, sul novero dei soggetti tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis comma 2, lettera a), del medesimo decreto legislativo, prevedendo l'obbligo per:

-          gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi;

-          gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale, compresi i vettori esteri che operano sul territorio nazionale;

-          gli enti e le imprese che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi: in tale categoria rientrano anche i nuovi produttori che trattano o producono rifiuti pericolosi.

 

Il testo originario del decreto legge prevede il suddetto obbligo per:

-          i produttori iniziali di rifiuti pericolosi;

-          gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale;

-          gli enti o le imprese che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi, inclusi i nuovi produttori.

I produttori di rifiuti, si distinguono in: soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore), secondo quanto stabilito dall'articolo 183, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n.152 del 2006, come modificato dal comma 12 dell'articolo in commento (v. infra).

Rispetto al testo originario del decreto legge tuttora vigente, le modifiche approvate dal Senato sono volte ad intervenire ulteriormente sul novero dei soggetti obbligati ad aderire al SISTRI limitando la platea dei destinatari e introducendo talune specificazioni. Si tratta di modifiche che di fatto inseriscono nella normativa di rango primario le indicazioni che erano state fornite dalla citata nota esplicativa del Ministero dell’ambiente ai fini dell’applicazione dell’articolo 11. Ciò vale, infatti, per:

-          i produttori iniziali di rifiuti pericolosi per i quali si precisa, per un verso, che devono intendersi tali i produttori di rifiuti speciali pericolosi (escludendo pertanto dalla previsione normativa i rifiuti urbani, ancorché pericolosi) e, per l’altro, che sono esclusi i produttori che non sono organizzati in enti o imprese;

-          gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale per i quali si specifica il riferimento ai soli rifiuti speciali pericolosi;

-          gli enti o le imprese che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento di rifiuti pericolosi per i quali si precisa che si tratta sia di rifiuti urbani sia di rifiuti pericolosi;

-          gli enti o le imprese che effettuano operazioni di commercio ed intermediazione dei rifiuti pericolosi per i quali si precisa che si tratta sia di rifiuti urbani sia di rifiuti pericolosi;

-          i nuovi produttori di rifiuti per i quali si precisa che si tratta di soggetti che trattano o producono rifiuti pericolosi.

Il nuovo testo, come modificato dal Senato, include, inoltre, tra gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, i vettori esteri che operano sul territorio nazionale.

Da una comparazione tra il novero dei soggetti obbligati a seguito della nuova disciplina introdotta dal decreto legge e l’elencazione dei soggetti obbligati nella normativa previgente emerge, come già anticipato, una platea dei medesimi soggetti più circoscritta.

 

Erano, infatti, obbligati ad aderire al SISTRI, secondo quanto stabilito dal testo previgente dell'articolo 188-ter, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006:

1) enti e imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi, compresi quelli indicati all’art. 212, comma 8, del d.lgs. 152/2006, indipendentemente dal numero di dipendenti;

2) enti e imprese produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, artigianali, attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi da potabilizzazione e altri trattamenti di acque, da depurazione di acque reflue e da abbattimento fumi (art. 184,comma 3, lettere c), d) e g) con più di dieci dipendenti;

3) enti e imprese che effettuano operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e che producono rifiuti non pericolosi, indipendentemente dal numero di dipendenti;

4) commercianti e intermediari di rifiuti;

5) consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati;

6) enti e imprese che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti;

7) enti e imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. In caso di trasporto navale, l’armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto o il raccomandatario marittimo indicato dalla legge n. 135/1977, delegato per gli adempimenti relativi al SISTRI dall'armatore o noleggiatore medesimi;

8) affidatari - per trasporto intermodale: i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto.

9) comuni e imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania.

A tale elenco andavano ad aggiungersi, ai sensi del comma 5 dell’art. 230 del Codice, anche i soggetti che svolgono attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati. Relativamente ai soggetti che svolgono attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie, si rammenta, infatti, che il comma 5 dell’articolo 230 prevede l’adesione di tali imprese al sistema SISTRI ai sensi dell’articolo dell’art. 188-ter, comma 1, lettera f), che faceva riferimento agli enti e alle imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. In proposito, si osserva che la norma fa ancora riferimento alla versione previgente dell’articolo 188-ter e che, pertanto, andrebbe valutata l’opportunità di un coordinamento con le modifiche apportate dal decreto legge in commento.

 

Si rammenta, infine, che la classificazione dei rifiuti, ai sensi dell’articolo184, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006, è effettuata secondo l’origine, distinguendo i rifiuti urbani (prodotti in insediamenti civili ed in aree pubbliche) e i rifiuti speciali (industriali, artigianali, agricoli e commerciali), e secondo le caratteristiche di pericolosità, i rifiuti pericolosi e i non pericolosi. Di norma sono pericolosi i rifiuti non domestici che nell'elenco dei rifiuti di cui all'Allegato D alla Parte IV del D.Lgs. 152/2006, ossia nel Catalogo europeo dei rifiuti (CER), sono contrassegnati con un asterisco (art. 184, comma 5 del D.Lgs. 152/2006).

 

Si osserva che, anche ai fini di coordinamento del testo, andrebbe valutata l’opportunità di modificare i commi 2 e 3, che hanno previsto l’entrata in operatività del sistema per taluni soggetti obbligati ad aderire al sistema medesimo, introducendo le specificazioni apportate a tali categorie di soggetti - al comma 1 dell’articolo 188-ter del D.lgs. 152/2006 - in conseguenza delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato. Ciò vale, in particolare, al comma 2, per gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale (per i quali si è provveduto a specificare che deve trattarsi di rifiuti speciali) o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi (per i quali la norma specifica che si tratta di rifiuti urbani e speciali), inclusi i nuovi produttori (per i quali si specifica che si tratta di nuovi produttori che trattano o producono rifiuti pericolosi). Analoga considerazione andrebbe svolta per il comma 3 laddove si fa riferimento ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi (per i quali è stato specificato che deve trattarsi di enti o imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi), il cui termine iniziale di operatività del sistema è stato fissato al 3 marzo 2014.

Come precedentemente rilevato, la nota del Ministero dell’ambiente ha fornito le predette specificazioni ai fini dell’applicazione dell’articolo 11.

 

L’adesione volontaria al SISTRI (comma 1, che modifica il comma 2 dell’art. 188-ter del D.lgs. 152/2006)

 

Il nuovo comma 2 dell'articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato durante l’esame al Senato, stabilisce che possono aderire al SISTRI su base volontaria i produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti dei rifiuti diversi da quelli tenuti all'iscrizione obbligatoria, individuati al comma 1.

La modifica del Senato aggiunge, ai non obbligati che possono aderire volontariamente, previsti nel testo vigente del decreto legge, gli intermediari e i commercianti.

Tale indicazione residuale sostituisce la più articolata elencazione contenuta nel testo previgente del comma 2.

 

In base al testo previgente del comma 2 dell’articolo 188-ter del d.lgs. 152/2006, potevano aderire al SISTRI su base volontaria:

1) enti e imprese produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, artigianali, attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi da potabilizzazione e altri trattamenti di acque, da depurazione acque reflue e da abbattimento fumi (art. 184,comma 3, lettere c), d) e g), vedi supra) che non hanno più di dieci dipendenti;

2) imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’art. 212, comma 8, del Codice ambientale[93];

3) imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del cod. civ.[94] che producono rifiuti non pericolosi;

4) imprese ed enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’art. 184, comma 3, lett. c), d) e g) del Codice ambientale;

5) comuni, centri di raccolta e imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di regioni diverse dalla regione Campania.

 

La specificazione dei soggetti obbligati all'iscrizione al Sistri (comma 1 che modifica il comma 3 dell’art. 188-ter del D.lgs. 152/2006)

 

Il nuovo comma 3 dell'articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato durante l’esame al Senato, demanda ad uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la specificazione dei soggetti obbligati all'iscrizione al SISTRI nell'ambito delle categorie di cui al nuovo comma 1 del medesimo articolo 188-ter, e l'individuazione di ulteriori categorie di soggetti a cui è necessario estendere il sistema Sistri nell'ambito degli enti o imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti.

La norma vigente del decreto legge prevede, invece, che all'individuazione di ulteriori categorie di soggetti a cui è necessario estendere il sistema Sistri si provveda nell’ambito degli enti o delle imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti di cui agli articoli 23 e 35 della direttiva 2008/98/CE (per una descrizione di tali articoli si rinvia al commento del comma 4 che ancora fa riferimento a tali direttive). Il richiamo agli articoli di tale direttiva scompare, pertanto, a seguito delle modifiche approvate al Senato.

Il previgente testo del comma 5 dell'articolo 188-ter del D.Lgs. n. 152 del 2006, soppresso dal comma 6, lettera a) dell’articolo 11 in esame (vedi infra), prevedeva, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la facoltà di estendere l’obbligo di iscrizione al Sistri: ai soggetti che producono o trattano rifiuti non pericolosi; ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa; ai soggetti addetti alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE); ai gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature.

 

Si osserva che, anche ai fini di coordinamento del testo, in conseguenza delle modifiche apportate nel corso dell’esame al Senato al comma 3 dell’articolo 188-ter del D.lgs. 152/2006, andrebbe valutata l’opportunità di modificare il comma 4 dell’articolo 11 che, nel fissare la data per l’adozione del decreto ministeriale di cui al citato comma 3 dell’articolo 188-ter, fa ancora riferimento agli enti o alle imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, di cui agli articoli 23 e 35 della direttiva 2008/98/CE, mentre il riferimento a tali articoli è stato soppresso nel corso dell’esame al Senato.

 

I nuovi termini per l'operatività del SISTRI (commi 2-5)

 

I commi da 2 a 5 dell’articolo 11 stabiliscono i nuovi termini per l'operatività del SISTRI.

Il comma 2, modificato durante l’esame al Senato, fissa il termine iniziale di operatività del SISTRI al 1° ottobre 2013 per:

-            gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, compresi i vettori esteri che effettuano trasporti di rifiuti all'interno del territorio nazionale o trasporti transfrontalieri in partenza dal territorio;

-            gli enti o le imprese che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti pericolosi, inclusi i nuovi produttori.

 

In particolare, la modifica del Senato si è tradotta nell’inserimento dei vettori esteri che effettuano trasporti di rifiuti all'interno del territorio nazionale o trasporti transfrontalieri in partenza dal territorio tra i soggetti, già indicati dalla normativa vigente, che devono dal 1°ottobre 2013 utilizzare il sistema SISTRI. La nota esplicativa del Ministero dell’ambiente, in proposito, ha precisato che i vettori nazionali e stranieri che, a titolo professionale, effettuano trasporti esclusivamente all’interno del territorio nazionale, ovvero in partenza dal territorio nazionale e verso Stati esteri, sono soggetti all’obbligo di iscrizione al SISTRI.

 

Come già si è avuto modo di osservare in precedenza, infatti, il comma 2 non è stato modificato in conseguenza delle ulteriori specificazioni apportate dal citato comma 1 dell’articolo 188-ter del D.lgs. 152/2006, ad opera del comma 1 dell’articolo in commento. Tali specificazioni di fatto, che sono conseguenti alle indicazioni contenute nella nota esplicativa del Ministero dell’ambiente, ai fini dell’applicazione dell’articolo 11 del decreto legge, sono confluite nel disposto del citato articolo 188-ter.

 

Il comma 3 fissa il termine iniziale di operatività del SISTRI al 3 marzo 2014 per:

-            i produttori iniziali di rifiuti pericolosi;

-            i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania, che sono tenute ad aderire al Sistri come previsto dal comma 4 dell'articolo 188-ter, del decreto legislativo n.152 del 2006.

Il comma 4 del citato articolo 188-ter prevede, infatti, che sono tenuti ad aderire al sistema i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della regione Campania.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto al successivo comma 8, che, in sede di prima applicazione delle semplificazioni del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti previste al comma 7, consente il differimento di tale data, per non oltre sei mesi, con decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Il comma 4 fissa al 3 marzo 2014 la data entro la quale adottare il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previsto dal nuovo comma 3 dell'articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di individuare, nell'ambito degli enti o imprese che effettuino il trattamento dei rifiuti, di cui agli articoli 23 e 35 della direttiva 2008/98/CE, ulteriori categorie di soggetti a cui è necessario estendere il sistema SISTRI. Già si è avuto modo di osservare che il riferimento a tali articoli della direttiva è stato soppresso nel corso dell’esame al Senato, atteso che il comma 3 dell’articolo 188-ter fa ora riferimento all’individuazione di ulteriori categorie di soggetti a cui è necessario estendere il sistema nell’ambito degli enti o imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti.

L'articolo 23 della direttiva 2008/98/CE richiede a qualsiasi ente o impresa che intende effettuare il trattamento dei rifiuti di ottenere un'autorizzazione dell'autorità competente che precisi: i tipi e i quantitativi di rifiuti che possono essere trattati; per ciascun tipo di operazione autorizzata, i requisiti tecnici e di altro tipo applicabili al sito interessato; le misure di sicurezza da prendere; il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione; le operazioni di monitoraggio e di controllo che si rivelano necessarie; le disposizioni relative alla chiusura e agli interventi ad essa successivi che si rivelano necessarie.

L'articolo 35 della medesima direttiva prevede che gli enti o le imprese che trattano rifiuti (all'articolo 23, paragrafo 1), i produttori di rifiuti pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, o che operano in qualità di commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi, debbano tenere un registro cronologico in cui sono indicati la quantità, la natura e l'origine dei rifiuti, nonché, se opportuno, la destinazione, la frequenza di raccolta, il mezzo di trasporto e il metodo di trattamento previsti per i rifiuti e forniscono, su richiesta, tali informazioni alle autorità competenti. Prevede, inoltre, l'obbligo di conservazione dei registri riguardanti i rifiuti pericolosi per un periodo minimo di tre anni, che sono ridotti a dodici mesi per le imprese che trasportano rifiuti pericolosi.

 

La norma non sembrerebbe, invece, fissare un termine per l’adozione del o dei decreti attuativi cui è demandata la specificazione delle categorie di soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

Il comma 5 consente ad enti e imprese, previste ai suddetti commi 3 e 4, di anticipare su base volontaria l’utilizzazione del SISTRI a decorrere dal 1° ottobre 2013.

 

Abrogazioni (comma 6)

Il comma 6 dispone:

-            l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 188-ter del D.lgs. n. 152 del 2006, che demandava a uno o più decreti del Ministro dell'ambiente la facoltà di estendere l’obbligo di iscrizione al Sistri: ai produttori e ai gestori dei rifiuti non pericolosi; ai produttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadrati in un'organizzazione di ente o di impresa; ai soggetti addetti alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE); ai gestori dei centri di assistenza tecnica di tali apparecchiature (lettera a).

Tale abrogazione è conseguente all'introduzione del nuovo comma 3 dell'articolo 188-ter, ad opera del comma 1 dell'articolo in commento, ove si demanda ad uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tra l'altro, l'individuazione di ulteriori categorie di soggetti a cui e' necessario estendere il sistema SISTRI;

 

-            l'abrogazione dell'articolo 1 del citato D.M. 20 marzo 2013 riguardante i termini di riavvio progressivo del Sistri (lettera b).

L’art. 1 disponeva il termine del 1° ottobre 2013 per i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi con più di dieci dipendenti e per gli enti e le imprese che gestiscono rifiuti speciali pericolosi, mentre per gli altri enti o imprese obbligati all'iscrizione al Sistri il termine iniziale di operatività veniva fissato al 3 marzo 2014. Per i soggetti che potevano comunque utilizzare il Sistri su base volontaria il termine di operatività era quello del 1° ottobre 2013.

Applicazione delle sanzioni relative al SISTRI (commi 3-bis e 11)

Alla disciplina delle sanzioni da applicare per le violazioni relative al SISTRI, l’articolo 11 reca, a seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato, due specifici commi: il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, e il comma 11, il cui contenuto non è stato modificato dal Senato.

 

In particolare, il comma 3-bis, introdotto durante l’esame al Senato,  prevede che le sanzioni relative al SISTRI si applicano a decorrere dalla scadenza dei novanta giorni successivi alla data di avvio dell'operatività del SISTRI.

Conseguentemente:

-            per i soggetti indicati al comma 2 dell’articolo 11 in commento, il cui termine iniziale di operatività del SISTRI è fissato al 1° ottobre 2013, le sanzioni decorrono dal 31 dicembre 2013;

-            per i soggetti indicati al comma 3 dell’articolo 11 in commento, il cui termine  iniziale di operatività del SISTRI è fissato al  3 marzo 2014, le sanzioni decorrono dal 2 giugno 2014.

Restano ferme, nelle more di dette scadenze, gli obblighi relativi alla tenuta del regime cartaceo di controllo costituito da registri di carico/scarico, formulari di trasporto di cui agli articoli 190 e 193 del D.lgs. n. 152 del 2006 e l'applicazione delle relative sanzioni.

Il comma 1 dell’articolo 190 obbliga alla tenuta del registro di carico e scarico, su cui annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, i soggetti di cui all’articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno aderito su base volontaria al sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI). Si trattava, prima della sostituzione effettuata dall’art. 11, comma 1 del decreto legge in esame (vedi supra) del previgente articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), di imprese ed enti, produttori di rifiuti speciali non pericolosi (provenienti da lavorazioni industriali, artigianali e recupero e smaltimento di rifiuti, potabilizzazione e altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e abbattimento di fumi)  con non più di dieci dipendenti (lettera a)), ed enti ed imprese, che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8 (lettera b)). Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo.

Il comma 2 stabilisce che i registri di carico e scarico sono tenuti presso ogni impianto di produzione o, nel caso in cui ciò risulti eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda SISTRI, trasmessa dall’impianto di destinazione dei rifiuti stessi, e sono conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione.

Il comma 3 dell’art. 190 consente a tutti coloro che non hanno aderito su base volontaria al sistema di tracciabilità dei rifiuti, ai sensi del comma 1 dell’articolo 190, la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi, di adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le associazioni imprenditoriali interessate o società di servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.

Il comma 1 dell’art. 193 stabilisce, per gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8 (si tratta di produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno) e che non aderiscono su base volontaria al SISTRI, che i rifiuti devono essere accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati:

a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;

b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;

c) impianto di destinazione;

d) data e percorso dell'istradamento;

e) nome ed indirizzo del destinatario.

Il comma 2 stabilisce, tra l’altro, che il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che in tal modo dà atto di aver ricevuto i rifiuti. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.

L’articolo 258 disciplina le violazioni degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari.

Il comma 1 prevede che i soggetti di cui all’articolo 190, comma 1, che non abbiano aderito al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), e che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.

Il comma 2 stabilisce che i produttori di rifiuti pericolosi non inquadrati in un’organizzazione di ente o di impresa, che non adempiano all’obbligo della tenuta del registro di carico e scarico, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila euro.

Il comma 3 prevede che, per le imprese con meno di 15 dipendenti, le misure minime e massime di cui al comma 1 sono ridotte rispettivamente da millequaranta euro a seimiladuecento euro.

Il comma 4 stabilisce che le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8 (vedi supra), che non aderiscono, su base volontaria, al sistema SISTRI,  ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro.

Il comma 5 prevede, se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge, consentono di ricostruire le informazioni dovute, l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193 da parte dei soggetti obbligati.

Si segnala che la nota esplicativa del Ministero dell’ambiente ha già precisato che le sanzioni relative al SISTRI si applicheranno a partire dal trentunesimo giorno successivo alla data di avvio dell’operatività del sistema. Sulla base di quanto contenuto nella predetta nota, per i trenta giorni successivi alla data di avvio dell’operatività definita per la categoria di appartenenza, gli operatori sono obbligati alla tenuta del registro carico e scarico e del formulario di trasporto e vengono applicate le relative sanzioni, secondo quanto disposto dagli articoli 190 e 193 del d.lgs. 152/2006, nella formulazione previgente alle modifiche introdotte dal d.lgs. 205/2010.

 

Il comma 3-bis prevede inoltre che il decreto di cui al successivo comma 4 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla modifica ed integrazione della disciplina delle sanzioni relative al SISTRI, anche al fine di assicurare il coordinamento con l'articolo 188-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal presente articolo. La modifica e l’integrazione del sistema delle sanzioni è, pertanto, demandata al decreto, che dovrà individuare gli ulteriori soggetti a cui è necessario estendere il SISTRI e che dovrà essere adottato entro il 3 marzo 2014.

 

Il comma 11 fissa una soglia, fino ad un massimo di tre violazioni previste dall'articolo 260-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006, oltrepassata la quale sono irrogate le sanzioni per le medesime violazioni. Si tratta, in particolare, delle:

-            violazioni per informazioni incomplete o inesatte nella compilazione del registro cronologico o scheda SISTRI - Area Movimentazione (comma 3 dell'articolo 260-bis);

Il comma 3 sanziona l'omissione della compilazione del registro cronologico o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, le informazione informazioni incomplete, o inesatte e i comportamenti fraudolenti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. Se le indicazioni riportate pur incomplete o inesatte non pregiudicano la tracciabilità dei rifiuti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.

-            violazioni degli ulteriori obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), (comma 5 dell'articolo 260-bis);

Il comma 5 sanziona l'inadempienza di ulteriori obblighi riguardanti il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento ad euro novantatremila.

-            violazioni in materia di documentazione da parte del trasportatore di rifiuti (comma 7 primo periodo dell'articolo 260-bis).

Il comma 7 al primo periodo punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti.

 

La norma precisa, infine, che ai fini dell’irrogazione delle predette sanzioni, deve farsi riferimento alle violazioni compiute in un determinato arco temporale, che viene fissato:

-            fino al 31 marzo 2014 per i soggetti per i quali il SISTRI è obbligatorio dal 1° ottobre 2013;

-            fino al 30 settembre 2014 per i soggetti per i quali il SISTRI é obbligatorio dal 3 marzo 2014.

 

Norme per la semplificazione del sistema (commi 7-8)

Il comma 7 inserisce nella disciplina sul controllo della tracciabilità dei rifiuti, prevista all'articolo 188-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006, una serie di adempimenti finalizzati alla semplificazione periodica del sistema.

Il comma 4-bis, aggiunto all’articolo 188-bis, dispone con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in particolare:

-            la semplificazione periodica del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, sulla base dell’evoluzione tecnologica e comunque nel rispetto della disciplina europea, anche tenendo conto delle proposte delle associazioni rappresentative degli utenti e ovvero delle risultanze delle rilevazioni di soddisfazione dell’utenza. Le semplificazioni, adottate previa verifica tecnica e della congruità dei costi da parte dell'Agenzia per l'Italia Digitale, sono finalizzate, tra l'altro, alla riduzione dei costi di esercizio del sistema per gli utenti, anche mediante integrazione con altri sistemi di logistica e mobilità delle merci e delle persone, nonché attraverso innovazioni di processo che consentano la delega della gestione operativa alle associazioni degli utenti.   Le semplificazioni sono, altresì, volte ad assicurare la modifica, la sostituzione o l’evoluzione degli apparati tecnologici, anche con riferimento ai dispositivi periferici per la misura e la certificazione dei dati.

Si ricorda che con il citato decreto-legge n. 83 del 2012 (articoli 19-22), affrontando il tema dell'innovazione tecnologica e della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, è stata prevista l’istituzione di un organismo unico, denominato Agenzia per l’Italia digitale (e contestualmente sopprimendo DigitPA e l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione).

-            l’individuazione dei requisiti tecnologici ed organizzativi per l’accreditamento delle associazioni di utenti da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

-            la rideterminazione dei contributi a carico degli utenti in relazione alla riduzione dei costi conseguita, con decorrenza dall’esercizio fiscale successivo a quello di emanazione del decreto, o la determinazione delle remunerazioni dei fornitori delle singole componenti dei servizi.

Il comma 4-bis prevede, inoltre, che il concessionario del sistema informativo, o altro soggetto subentrante, possa essere autorizzato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo parere del Garante per la privacy, a rendere disponibile l’informazione territoriale a favore di altri enti pubblici o società interamente a capitale pubblico, nell’ambito dell’integrazione dei sistemi pubblici e secondo le regole tecniche recate dai regolamenti attuativi[95] della direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, anche al fine di fornire servizi aggiuntivi agli utenti, senza nuovi o maggiori oneri per gli stessi. Sono comunque assicurate la sicurezza e l'integrità dei dati di tracciabilità. Le disposizioni concernenti la disponibilità delle informazioni – secondo quanto previsto dalla norma – sono volte alla riduzione dei costi e al miglioramento dei processi produttivi degli utenti.

La direttiva 2007/2/CE, recepita con il decreto legislativo n. 32 del 2010, istituisce un'Infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE) per gli scopi delle politiche ambientali comunitarie e delle politiche o delle attività che possono avere ripercussioni sull'ambiente.

 

Il comma 8 prevede che, in sede di prima applicazione, agli interventi di semplificazione del SISTRI, di cui al comma 7, si proceda entro il 3 marzo 2014. Tale data può essere differita, per non oltre sei mesi, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, solo nel caso in cui fosse necessario per rendere operative le semplificazioni introdotte. Sono fatte salve le operazioni di collaudo, che verificano la conformità del Sistri alle norme e finalità vigenti prima dell'emanazione del decreto di semplificazione del sistema, previsto al comma 7, che devono concludersi entro 60 giorni lavorativi dalla data di costituzione della commissione di collaudo e, per quanto riguarda l’operatività del sistema sulla base di una modifica approvata nel corso dell’esame al Senato, entro i sessanta giorni lavorativi dalla data di inizio dell’operatività medesima (il testo del decreto approvato dal Governo prevede invece che si concludano il 31 gennaio 2014).

La commissione di collaudo si compone di tre membri di cui uno scelto tra i dipendenti dell'Agenzia per l'Italia Digitale o della Sogei s.p.a. e due tra professori universitari di comprovata competenza ed esperienza sulle prestazioni oggetto del collaudo. Ai relativi oneri si provvede nell'ambito delle risorse di cui all'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, riguardante il finanziamento del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti.

L’articolo 14-bis del D.L. n. 78 del 2009, che ha istituito il sistema di tracciabilità dei rifiuti ha previsto in particolare che i contributi da porre a carico dei soggetti interessati, a copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del sistema, devono essere versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al capitolo 7082 dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. In attuazione di quanto disposto, diversi decreti ministeriali, e da ultimo, il D.M. del 18 febbraio 2011, n. 52, (art. 7 e allegato II), come modificato dal D.M 17 ottobre 2012, n. 210,  hanno confermato che la copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI, è a carico degli operatori iscritti ed è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale, da attribuire sul capitolo 7082 del Ministero dell’Ambiente.

Si ricorda inoltre che Sogei SpA - Società Generale d'Informatica SpA - è una società totalmente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze. L’articolo 4, commi 3-bis e 3-ter, del decreto-legge n. 95 del 2012, dispone l’affidamento alla Sogei S.p.A. delle attività di Consip S.p.a. in materia di gestione e sviluppo del sistema informatico della pubblica amministrazione.

 

Selex service management s.p.a (commi 9-10)

Il comma 9 prevede la modifica del contenuto e della durata del contratto con Selex Service Management s.p.a. e del relativo piano economico-finanziario, all’esito:

-            dell'approvazione delle semplificazioni del sistema previste al comma 7;

-            delle operazioni di collaudo di cui al comma 8;

-            in considerazione delle modifiche legali intervenute, anche tenendo conto dell'audit di cui al successivo comma 10.

Tali modifiche contrattuali ed economico-finanziarie devono essere coerenti con gli interventi di semplificazione introdotti dal citato comma 4-bis dell'articolo 188-bis del D.lgs. 152/2006 (introdotto dal comma 7), e nel limite delle risorse derivanti dai contributi a carico degli utenti, di cui al citato articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 (vedi supra), finalizzati al finanziamento del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, come rideterminati ai sensi del decreto ministeriale di cui al comma 4-bis.

Il comma 2 dell’art. 52 del citato D.L. n. 83 del 2012 ha sospeso gli effetti del contratto stipulato tra il Ministero dell'ambiente e la Selex-SeMa (società affidataria del servizio di progettazione, gestione e manutenzione del SISTRI, sulla base di apposito contratto stipulato in data 14 dicembre 2009 e successivamente integrato con atto stipulato il 10 novembre 2010) e sono conseguentemente inesigibili le relative prestazioni. La stessa norma ha altresì sospeso il pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.

Successivamente, con il D.M. 20 marzo 2013, in accordo con Selex-SeMa, il versamento del contributo di iscrizione al Sistri è stato sospeso anche per l'anno 2013, per gli enti e imprese già iscritti alla data del 30 aprile 2013.

Quanto alle ragioni che hanno motivato la sospensione dell’operatività del SISTRI, si ricorda che, in attuazione della norma del D.L. 216/2011 che ha previsto il coinvolgimento di DigitPA (ora Agenzia per l’Italia digitale) nelle attività di verifica del funzionamento tecnico del sistema SISTRI, il 16 maggio 2012 DigitPA ha trasmesso al Ministero dell'ambiente le sue valutazioni. Come riportato in un comunicato del Ministero dell’ambiente del 12 giugno 2013, tali valutazioni hanno sollevato una serie di questioni, in merito ai costi ed al funzionamento del sistema, tali da non consentire l’entrata in funzione del sistema il 1° luglio 2013.

Il comma 10 prevede, al fine di assicurare la funzionalità del SISTRI senza soluzione di continuità, che il Ministero dell’ambiente provveda, sulla base dell’audit dei costi, effettuato da una società specializzata terza e della conseguente valutazione di congruità dell’Agenzia per l’Italia digitale (AGID), al versamento alla società concessionaria (Selex-Se.Ma.) dei contributi degli utenti per il finanziamento del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti riassegnati al Ministero, come disposto dall’art. 14-bis del D.l. 78/2009 (vedi supra):

-            nel limite massimo del trenta per cento dei costi della produzione come risultanti dal consuntivo sino al 30 giugno 2013;

-            sino alla concorrenza delle risorse riassegnate sullo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge;

-            al netto di quanto già versato dal Ministero, sino alla data di entrata in vigore della medesima legge di conversione, per lo sviluppo e la gestione del sistema.

Il pagamento e' subordinato alla prestazione di fideiussione che viene svincolata all'esito positivo del collaudo, previsto al comma 8 e che ha per oggetto la verifica di conformità del SISTRI alla normativa e alle finalità vigenti prima dell’emanazione del decreto del Ministero dell’Ambiente riguardante la semplificazione di cui al comma 7.

Nel corso dell’esame al Senato, è stata aggiunta una clausola di invarianza finanziaria volta a specificare che dall'attuazione del comma 10 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Definizione di “nuovo produttore” di rifiuti (comma 12)

Il comma 12, come già anticipato in precedenza, novella l'articolo 183 comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 152 del 2006, distinguendo, nella definizione di «produttore di rifiuti», tra il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) e chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti, attribuendo a quest'ultimo la qualifica di "nuovo produttore".

 

Tavolo tecnico di monitoraggio del SISTRI (comma 13)

Il comma 13, con l’abrogazione dell'articolo 27 del D.M. 18 febbraio 2011, n. 52, sopprime il Comitato di vigilanza e controllo per il monitoraggio del SISTRI – e la partecipazione dei rappresentanti delle categorie interessate al medesimo monitoraggio – e istituisce un Tavolo tecnico di monitoraggio e concertazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti.

L'articolo 27 del citato D.M. n. 52 del 2011 (Regolamento recante l’istituzione del SISTRI ai sensi dell’articolo 189 del D.lgs. 152/2006 e dell’articolo 14-bis del D.L. 78/2009) ha istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Comitato di vigilanza e controllo al fine di garantire il monitoraggio del SISTRI,composto da quindici membri, esperti nella materia, nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Di seguito, si elencano il numero degli esperti e i soggetti rispettivamente deputati a designarli:

a) tre designati dallo stesso Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, tra cui il Presidente;

b) uno designato da ISPRA;

c) uno  designato da Unioncamere;

d) quattordici designati dalle associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative dei produttori, trasportatori, recuperatori e smaltitori di rifiuti.

Si ricorda che la soppressione del comitato era prevista anche dall'art. 6, comma 2, lett. h), del D.L n. 138 del 2011, che provvedeva ad abrogare l’intero D.M. 52/2011, ma non è stata confermata dalla legge di conversione del decreto legge.

 

In particolare, il comma 13 istituisce mediante decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, presso l'Ufficio di Gabinetto del Ministro, un Tavolo tecnico di monitoraggio e concertazione del sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti ai sensi dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, senza compensi o indennizzi per i partecipanti né altri oneri per il bilancio dello Stato.

 

Si rammenta che il citato articolo 14-bis del D.L. 78/2009 demandava a una serie di decreti ministeriali taluni adempimenti tra i quali la definizione delle misure idonee per Il monitoraggio del sistema e per la partecipazione dei rappresentanti delle categorie interessate al medesimo monitoraggio, anche attraverso un apposito comitato senza oneri per il bilancio dello Stato.

 

Con riguardo alla previsione di un decreto di natura non regolamentare, si segnala che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, ha definito un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (articolo 3 del decreto-legge n. 279/2004) “un atto statale dalla indefinibile natura giuridica”.

 

Durante l’esame al Senato è stata introdotta una modifica al comma 13 che prevede la partecipazione al suddetto Tavolo tecnico, oltre ai soggetti già partecipanti al soppresso comitato di vigilanza, di almeno un rappresentante scelto tra le associazioni nazionali di tutela ambientale riconosciute dal Ministero dell’Ambiente.

Gli articoli 13, comma 1 e 18, comma 5 della legge n. 349 del 1986 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale) e successive modificazioni, prevedono, rispettivamente, il riconoscimento con decreti del Ministro dell’Ambiente delle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e di quelle presenti in almeno cinque regioni e la possibilità delle associazioni individuate in base all'articolo 13 di intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Si segnala che nel luglio 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2013)516) che modifica il regolamento (CE) n. 1013/2006, relativo alle spedizioni di rifiuti. La proposta, che fissa le norme per le spedizioni di rifiuti sia all'interno dell'UE sia tra l'UE e paesi terzi, allo scopo di tutelare l'ambiente, è volta a combattere il fenomeno delle esportazioni illegali dei rifiuti attraverso l’inasprimento delle disposizioni relative alle ispezione e al controllo.

Come risulta dalla relazione allegata alla proposta, all’origine di tale fenomeno vi sono di frequente impianti non controllati di raccolta, deposito e cernita, gestiti da operatori abusivi che entrano in possesso dei rifiuti e li spediscono illegalmente nei paesi in via di sviluppo, spesso servendosi, di siti intermedi di deposito per coprire le vere destinazioni finali dei rifiuti e per impedire alle autorità di contrasto di individuare le imprese da cui provengono i rifiuti.

La proposta di regolamento è all’ordine del giorno del Consiglio Ambiente del prossimo 14 ottobre 2013.

 


 

Articolo 11, comma 14
(Vigilanza AEEG sul divieto di traslazione dell’addizionale IRES)

 

 

Il comma 14 disciplina le modalità con cui l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) provvede alla vigilanza sul divieto di traslazione sui consumatori dell’addizionale IRES imposta sul settore energetico.

 

In particolare, viene modificato l'articolo 81, comma 18, del decreto-legge n. 112/2008, che vieta agli operatori economici dei settori

§      la ricerca e coltivazione di idrocarburi;

§      la raffinazione petrolio;

§      la produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli, oli lubrificanti, gas di petrolio liquefatto e gas naturale;

§      la produzione, trasmissione o commercializzazione dell'energia elettrica, trasporto o distribuzione del gas naturale;

§      di traslare l'onere della maggiorazione d'imposta sui prezzi al consumo e incarica l'Autorità per l'energia elettrica e il gas di vigilare sull' osservanza della disposizione.

 

La modifica apportata dal comma in esame stabilisce che tale vigilanza si svolga

§      mediante accertamenti a campione;

§      nei confronti dei soli soggetti appartenenti alla fascia superiore di fatturato.

La soglia di fatturato è attualmente fissata a quattrocentottantadue milioni di euro.

Essa viene individuata richiamando l’articolo 16, comma 1, prima ipotesi della legge n. 287/1990, che individua in cinquecento miliardi di lire (incrementati ogni anno di un ammontare equivalente all'aumento dell'indice del deflattore dei prezzi del prodotto interno lordo) la soglia di fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'insieme delle imprese interessate. Tale valore, come si è detto, è attualmente fissato in 482 milioni di euro dal Provvedimento n. 24278 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, pubblicato sul Bollettino n. 12 del 2 aprile 2013.

 

Si ricorda che l’articolo 81 del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede un'addizionale all'aliquota IRES (di 6,5 punti percentuali) nei confronti delle società che operano nel settore petrolifero, nel settore dell’energia elettrica e nel trasporto e distribuzione del gas naturale, con volume di ricavi superiori a 3 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro (secondo le ultime modifiche introdotte dal decreto-legge n. 69 del 2013, cd. decreto del fare, che ha abbassato le predette soglie, rispettivamente, da 10 milioni a 3 milioni di euro per quanto riguarda il volume di ricavi e da 1 milione a 300 mila euro per quanto riguarda il reddito imponibile.

 

Si segnala che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas il 24 gennaio 2013 ha trasmesso al Parlamento la relazione sull'attività di vigilanza svolta nell'anno 2012 sul divieto di traslazione della maggiorazione IRES (c.d. Robin Hood Tax) sui prezzi al consumo, previsto dall’articolo 81, comma 18. Nelle conclusioni si legge che alla luce dell'esito dell'attività svolta nel corso dell'anno 2012 resta confermata l'esigenza di una puntuale vigilanza sul rispetto del divieto di traslazione, pur senza sottacere i profili contenziosi che derivano dalla norma; le analisi relative all'ultimo esercizio monitorato hanno infatti mostrato che una parte dei soggetti vigilati ha continuato ad attuare politiche di prezzo tali da costituire una possibile violazione del divieto di traslazione, comportando comunque uno svantaggio economico per i consumatori finali.

 


 

Articolo 11, comma 14-bis
(Impiego di personale nella Direzione Investigativa Antimafia)

 

 

Il comma 14-bis dell’art. 11 in esame prevede che il personale del Corpo di Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato possa operare anche nell’ambito delle articolazioni periferiche della Direzione Investigativa Antimafia (DIA).

Attualmente, ai sensi del D.Lgs. 218/2012, l’impiego di tale personale è possibile solo nelle articolazioni centrali della DIA per le esigenze di collegamento con le strutture di appartenenza nonché per l'attività di analisi sullo scambio delle informazioni di interesse all'interno delle strutture carcerarie e di quelle connesse al contrasto delle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e agli altri compiti di istituto (art. 8).

 

La DIA è un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all’associazione medesima Le articolazioni periferiche della DIA, istituite nelle aree di maggiore presenza della criminalità mafiosa, ricomprendono, ad oggi, 12 Centri Operativi nelle sedi di Torino, Milano, Genova, Padova, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Caltanissetta, nonché 8 Sezioni Operative dislocate nelle sedi di Trieste, Salerno, Lecce, Agrigento, Messina, Catanzaro, Trapani e Bologna. I Centri Operativi sono organizzati, di norma, su 3 Settori riconducibili alle seguenti aree omogenee di intervento: investigazioni preventive; investigazioni giudiziarie; affari generali e gestione delle risorse umane e strumentali.

 

Il testo della norma ne esplicita la finalità facendo riferimento alla necessità di: razionalizzare l’impiego del personale del Corpo forestale ai fini del contenimento della spesa pubblica e rafforzare l’azione di contrasto svolta dal Corpo nel traffico illecito dei rifiuti.

 

II Corpo forestale delle Stato è stato istituito nel 1822. La legge n. 36 del 2004 ha introdotto un nuovo ordinamento del Corpo prevedendo che esso è una forza di polizia ad ordinamento civile, specializzata nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico ed agroalimentare.

Il Corpo, che svolge attività di polizia giudiziaria ed è, altresì, struttura operativa nazionale di protezione civile,  è alle dirette dipendenze del Ministero delle politiche agricole e forestali, fatta salva la dipendenza funzionale dal Ministro dell'interno per le questioni inerenti l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza, il pubblico soccorso e la protezione civile. L’art. 2, comma 1, lett. h) della stessa legge, richiamato dalla norma in esame, ha previsto, l’attribuzione, tra gli altri, di compiti riguardanti l’accertamento degli illeciti relativi all’inquinamento delle acque ed ai traffici illeciti dei rifiuti.

Con la legge 3 febbraio 2011, n.4 è stata prevista la presenza del personale del Corpo nelle sezioni di polizia giudiziaria per la tutela dei prodotti agroalimentari.

Come sopra accennato, il decreto legislativo 15 novembre 2012, n. 218, che ha recato alcune disposizioni integrative e correttive al codice antimafia, ha previsto la possibilità per il personale del Corpo Forestale di operare nell’ambito delle articolazioni centrali della Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Il 23 aprile 2012 è stato firmato un Protocollo tra la Direzione nazionale antimafia ed il Corpo forestale che ha previsto l’utilizzo di personale del Corpo con compiti di impulso alla lotta alle agromafie.

Relativamente ai compiti cui è chiamato a svolgere il Corpo forestale nell’ambito della tutela della qualità agroalimentare, si ricorda che il 3 ottobre scorso la XIII Commissione Agricoltura ha svolto l’audizione informale del Capo del Corpo forestale dello Stato nell’ambito dell’esame delle abbinate proposte di legge C. 367 e C. 1051, recanti istituzione di organismi per la tutela dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità e per la lotta contro le frodi e le contraffazioni.

 

 


 

Articolo 12
(Disposizioni in materia di imprese di interesse strategico nazionale)

 

 

L'articolo 12, che è stato modificato nel corso dell’esame al Senato, ai commi 1 e 2 dispone in merito alla costruzione di discariche per rifiuti nel perimetro dell'impianto dell'Ilva di Taranto; i commi da 3 a 5-quinquies dettano disposizioni in materia di gestione commissariale di imprese di interesse strategico nazionale, mentre i restanti commi 6 e 7 riguardano specificamente la disciplina normativa e gli aspetti finanziari dello smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo dell'Ilva di Taranto.

 

Il comma 1 autorizza la costruzione e la gestione delle discariche per rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi localizzate nel perimetro dell'impianto produttivo dell'Ilva di Taranto.

Rispetto al testo iniziale del decreto-legge, nel corso dell’esame al Senato la disposizione è stata modificata al fine di individuare in maniera precisa le discariche cui fa riferimento la norma.

Infatti mentre nel testo iniziale si fa generico riferimento alle discariche in possesso, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, di parere di compatibilità ambientale e valutazione d'impatto ambientale positivi, il nuovo testo chiarisce che le discariche autorizzate sono:

§         la discarica di rifiuti non pericolosi che ha ottenuto parere di compatibilità ambientale positivo nel 2010;

La norma fa riferimento alla Determinazione del dirigente dell’ufficio programmazione, politiche energetiche, v.i.a. e v.a.s. 11 maggio 2010, n. 160, con la quale la Regione Puglia ha espresso parere favorevole di compatibilità ambientale per l’intervento “concernente la discarica per rifiuti speciali non pericolosi prodotti dallo stabilimento ILVA S.p.A. di Taranto e delle aziende partecipate presenti nel territorio della provincia di Taranto, in area cava Mater Gratiae, in agro di Statte, proposto da Ilva S.p.A.”

Sul punto merita richiamare quanto affermato nella “Relazione sull’ottemperanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, concernente lo stabilimento Ilva di Taranto (aggiornata al 12 luglio 2013)” (Doc. CCIV, n. 1), ove si legge che “risulta critico il fatto che la nuova discarica di rifiuti non pericolosi potrebbe essere stata realizzata non conformemente con il progetto approvato con il decreto di VIA regionale”.

 

§      la discarica di rifiuti pericolosi che ha ottenuto valutazione d'impatto ambientale positiva nel 1995.

La norma qui si riferisce al DEC/VIA/2158 del 28 giugno 1995, con cui i Ministeri dell’ambiente e dei beni culturali hanno espresso giudizio positivo “circa la compatibilità ambientale del progetto di discariche di ll categoria tipo B e C per rifiuti tossici e nocivi da realizzarsi in Comune di Statte (TA) Iocalità Cava Mater Gratiae, presentato dalla Società ILVA S.p.A.”, condizionato ad una serie di prescrizioni riportate nel decreto medesimo.

In merito alle citate discariche, nella “Proposta di Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria”, elaborata in attuazione dell’art. 1, comma 5, del D.L. 61/2013 (e consultabile, per quanto prescritto dalla medesima norma, sul sito web del Ministero dell’ambiente), si legge che sono “stati ultimati i lavori per la realizzazione del primo modulo di una nuova discarica ex 2^ categoria di tipo “C” in area Cava Mater Gratiae di capacità pari a 300.000 m3, suddivisa in due moduli da 150.000 m3, ed è stato presentato il SIA per una nuova discarica per rifiuti speciali non pericolosi da 2.900.000 m3, per il quale è stato formulato parere favorevole di compatibilità ambientale da parte dell’ufficio VIA/VAS della Regione Puglia”.

 

Il comma 1 dispone che le citate discariche dovranno essere destinate esclusivamente al conferimento dei rifiuti prodotti:

-      dall'attività dell'ILVA di Taranto e;

-      dagli interventi necessari per il risanamento ambientale.

 

Il testo iniziale del decreto-legge prevedeva che l’autorizzazione alle citate discariche si perfezionasse sentita l’ARPA della Regione Puglia.

Tale coinvolgimento dell’ARPA pugliese è stato eliminato nel corso dell’esame al Senato. Di conseguenza l’autorizzazione prevista dal comma 1 sembrerebbe essere immediatamente operativa.

Il coinvolgimento dell’ARPA pugliese viene invece mantenuto con riferimento alla determinazione (prevista dal successivo comma 2) delle modalità di costruzione e di gestione delle discariche.

 

Lo stesso comma 1 precisa che la finalità della norma è quella di garantire l'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di cui al comma 5 dell'art. 1 del D.L. 61/2013 (v. supra). Il perseguimento di tale finalità – secondo quanto specificato dalla disposizione – è necessario per “assicurare il rispetto delle prescrizioni di legge e dell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata allo stabilimento ILVA di Taranto, in considerazione dell’urgente necessità di provvedere e di evitare ulteriori ritardi”.

Ai sensi del comma 5 dell'art. 1 del D.L. 61/2013 (convertito dalla L. 89/2013), contestualmente alla nomina del commissario straordinario, il Ministro dell'ambiente è tenuto a nominare un comitato di tre esperti, scelti tra soggetti di comprovata esperienza e competenza in materia di tutela dell'ambiente e della salute, nonché di ingegneria impiantistica. Tale comitato, sentito il commissario straordinario, entro sessanta giorni dalla nomina, propone al Ministro il Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria. Il Piano deve altresì prevedere le azioni ed i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale), la cui contestata violazione ha determinato il commissariamento dell’ILVA. Nel medesimo comma vengono dettate norme per garantire la necessaria pubblicità dello schema di Piano e la partecipazione di tutti gli interessati alla sua elaborazione, nei tempi indicati.

Il successivo comma 6 stabilisce che entro il termine di trenta giorni dal decreto di approvazione del piano di cui sopra, il commissario straordinario, comunicato il piano industriale ai responsabili dell'impresa, e acquisite e valutate le eventuali osservazioni pervenute entro i successivi dieci giorni, predispone il Piano industriale di conformazione delle attività produttive, che consente la continuazione dell'attività produttiva nel rispetto delle prescrizioni di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza. Il piano è approvato con decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la regione competente (comma 7). L'approvazione da parte del Ministero dell'ambiente del citato piano equivale a modifica dell'AIA, ma limitatamente alla modulazione dei tempi di attuazione delle relative prescrizioni. Viene altresì disposto che l'approvazione del piano deve consentire, entro e non oltre 36 mesi dalla data di conversione in legge del D.L. 61/2013, il completamento degli adempimenti previsti nell'AIA.

Si ricorda che il D.L. 61/2013 rappresenta il terzo decreto-legge finora emanato per cercare di superare la situazione di emergenza ambientale nell’area di Taranto , che è strettamente collegata alle vicende dello stabilimento ILVA. La citata emergenza è stata affrontata inizialmente dal Governo con l'emanazione del D.L. 7 agosto 2012, n. 129, che ha dettato norme concernenti la realizzazione degli interventi di riqualificazione e ambientalizzazione dell'area di Taranto e, per assicurarne l'attuazione, ha nominato un Commissario straordinario.

In precedenza, con decreto direttoriale del 15 marzo 2012 del Ministero dell'ambiente, era stato disposto d'ufficio l'adeguamento dell'autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), rilasciata con decreto del 4 agosto 2011, alle conclusioni delle migliori tecniche disponibili europee (BAT - Best Available Techniques) relative al settore siderurgico. Successivamente il Ministero dell'ambiente ha concluso il riesame dell’AIA (decreto prot. DVA/DEC/2012/0000547 del 26 ottobre 2012) per l'esercizio dello stabilimento siderurgico ubicato nei comuni di Taranto e di Statte.

In conseguenza dell'emanazione di un nuovo provvedimento da parte del GIP di Taranto (datato 26 novembre 2012), con cui è stato disposto il sequestro dei prodotti finiti e semilavorati dello stabilimento, e del rigetto (avvenuto in data 30 novembre 2012), da parte del medesimo Gip, dell'istanza di dissequestro degli impianti a caldo dell'ILVA avanzata dall'azienda, è stato adottato un nuovo decreto-legge (D.L. 3 dicembre 2012, n. 207) che ha dichiarato l'ILVA stabilimento di interesse strategico nazionale e dettato specifiche misure per garantire la continuità produttiva aziendale e la commercializzazione dei prodotti, anche di quelli realizzati antecedentemente all'entrata in vigore del medesimo decreto. Lo stesso decreto ha previsto la nomina di un garante (avvenuta con D.P.R. 16 gennaio 2013), incaricato di vigilare, avvalendosi dell'ISPRA, sull'attuazione delle disposizioni del medesimo decreto-legge.

Nel successivo mese di gennaio 2013 il Tribunale di Taranto ed il G.I.P. del medesimo tribunale, nell'ambito di ricorsi volti ad ottenere il dissequestro dei citati prodotti, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della legge di conversione del decreto n. 207 e rimesso gli atti alla Consulta, la quale, con la sentenza 9 maggio 2013, n. 85, ha dichiarato in parte inammissibili ed in parte infondate le questioni sollevate. A seguito del deposito delle motivazioni della sentenza, è stato disposto il dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati.

Le ulteriori vicende giudiziarie (in particolare il sequestro preventivo dei beni della capogruppo Riva Fire per 8,1 miliardi di euro, che ha portato alle dimissioni del Consiglio di amministrazione) hanno creato le premesse per l’emanazione del D.L. 61/2013, che disciplina – in via generale (articolo 1) e con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto (articolo 2) – il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inosservanza reiterata delle disposizioni dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA). Oltre alle già citate disposizioni finalizzate all’emanazione di un “piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria” e di un “piano industriale di conformazione delle attività produttive, che consente la continuazione dell'attività produttiva nel rispetto delle prescrizioni di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza”, lo stesso decreto ha provveduto a sopprimere la figura del Garante (istituita dal D.L. 207/2012).

 

Secondo quanto disposto dal comma 2, le modalità di costruzione e di gestione delle suddette discariche debbono essere definite entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, mediante decreto del Ministro dell'ambiente e su proposta del sub-commissario previsto dal comma 1 dell'art. 1 del citato D.L. 61/2013 a supporto del commissario straordinario, sentita l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) della regione Puglia.

Il testo iniziale del decreto-legge prevedeva anche che fosse sentito l'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale); tale coinvolgimento è stato soppresso nel corso dell’esame al Senato.

Con la medesima procedura, sentito il comune di Statte, nonché il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite anche le misure di compensazione ambientale.

Il comma 1 dell’art. 1 del D.L. 61/2013 prevede una norma di carattere generale che consente al Consiglio dei Ministri di deliberare il commissariamento straordinario dell'impresa, esercitata anche in forma di società, che:

§         impieghi almeno 1.000 lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione guadagni;

§         e gestisca almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale (ai sensi dell'art. 1 del D.L. 207/2012), la cui attività produttiva abbia comportato e comporti oggettivamente pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute a causa della inosservanza reiterata dell'AIA.

Lo stesso comma prevede che il commissario sia nominato con D.P.C.M. e si avvalga di un sub commissario nominato dal Ministro dell'ambiente. Al commissario e al sub commissario sono attribuiti poteri per i piani e le azioni di bonifica previsti dall'AIA.

Si ricorda che con il D.P.C.M. 5 giugno 2013 (pubblicato nella G.U. n. 147 del 25 giugno 2013) Enrico Bondi è stato nominato Commissario straordinario della società ILVA e con il successivo D.M. Ambiente 17 giugno 2013 (pubblicato nella G.U. n. 195 del 21 agosto 2013) il ruolo di Sub-Commissario è stato affidato a Edoardo Ronchi.

Con riferimento all’attuazione del provvedimento di riesame dell’AIA, si ricorda quanto affermato nel succitato Doc. CCIV, n. 1, ove si legge che, in attuazione del decreto di riesame dell'AlA del 26 ottobre 2012, “in data 27 gennaio 2013 ed in data 27 aprile 2013 ILV A S.p.A. ha trasmesso le relazioni trimestrali sullo stato degli adempimenti relative rispettivamente al primo ed al secondo trimestre di vigenza del provvedimento (periodi dal 27 ottobre 2012 al 26 gennaio 2013 e dal 27 gennaio 2013 al 26 aprile 2013). L'esame di tali rapporti, nonché gli esiti delle ispezioni condotte presso lo stabilimento e le istruttorie sulla documentazione presentata da ILVA in attuazione dell'AIA, ha reso evidenti ritardi nell'attuazione delle prescrizioni e altre specifiche violazioni”.

 

Il comma 3 interviene in materia di poteri del commissario straordinario di cui al D.L. 61/ 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 89/2013.

In base a quanto previsto dalla disposizione in esame il commissario straordinario è autorizzato a sciogliersi da eventuali contratti in corso di esecuzione alla data di avvio del commissariamento, qualora tali contratti siano incompatibili con la predisposizione e l'attuazione del piano ambientale e del piano industriale previsti rispettivamente ai commi 5 e 6 dell’articolo 1 del citato D.L. 61/2013.

Il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dei lavoratori e della popolazione e di prevenzione del rischio di incidenti rilevanti di cui al comma 5 del D.L. 61/2013, è predisposto dal comitato di tre esperti, nominato dal Ministro dell’Ambiente. Tale comitato, sentito il commissario straordinario, deve infatti predisporre e proporre il piano al Ministro dell’Ambiente, entro 60 giorni dalla nomina. Il piano deve altresì prevedere le azioni ed i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'A.I.A., la cui contestata violazione ha determinato il commissariamento.

Il piano industriale, di cui all’articolo 6 del D.L. 61/2013, predisposto dal commissario straordinario deve contenere le misure per la conformazione delle attività industriali alle prescrizioni di tutela ambientale, di sicurezza e salute di cui al piano ambientale stesso. Nel procedimento di adozione del piano è previsto l'obbligo di acquisizione e valutazione delle eventuali osservazioni del rappresentante di impresa cui il piano deve essere comunicato.

 

La norma non si applica:

·         ai contratti di lavoro subordinato;

·         ai contratti preliminari di compravendita di immobili che siano già stati trascritti e che siano destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente;

·         ai contratti relativi ai finanziamenti destinati ad uno specifico affare (articolo 2447-bis, 1 comma, lett. b), del Codice civile);

·         ai contratti di locazione di immobili nei quali l'impresa commissariata è parte locatrice.

 

Il comma 4 specifica che la disciplina della responsabilità per il commissario, il sub-commissario e gli esperti del comitato prevista dal comma 9 dell’articolo 1 del D.L. 61/2013 (ove si prevede il possibile esonero della responsabilità del commissario e del sub-commissario per i possibili illeciti commessi in relazione all'attuazione dell'A.I.A. e delle altre norme di tutela ambientale e sanitaria) deve intendersi estesa anche ai soggetti da questi delegati, che seguano la predisposizione e l'attuazione:

·         del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria;

·         del piano industriale di conformazione delle attività produttive.

 

Il citato comma 9 dell'art. 1 del decreto-legge n. 61 del 2013 prevede, in forza del richiamo all'art. 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001, il possibile esonero della responsabilità del commissario e del sub-commissario per i possibili illeciti commessi in relazione all'attuazione dell'A.I.A. e delle altre norme di tutela ambientale e sanitaria. L'esonero è esteso altresì agli esperti del comitato. Il comma 9 stabilisce, quindi, che la predisposizione dei piani e delle misure di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza, del piano industriale di conformazione della produzione nel rispetto delle suddette prescrizioni nonché – fino all'approvazione dello stesso piano industriale - la predisposizione delle misure previste dall'autorizzazione integrata ambientale, equivalgono all'adozione di idonei modelli di organizzazione dell'impresa.

Si ricorda che, ai sensi del comma 5 del medesimo articolo, contestualmente alla nomina del commissario straordinario, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, nomina un comitato di tre esperti, scelti tra soggetti di comprovata esperienza e competenza in materia di tutela dell'ambiente e della salute e di ingegneria impiantistica, che, sentito il commissario straordinario, predispone il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che prevede le azioni e i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'a.i.a..

 

Nel corso dell’esame in Senato è stata aggiunta la specificazione che l’estensione ai soggetti delegati della disciplina della responsabilità del commissario trova applicazione dalla data di nomina del commissario straordinario.

 

Il comma 5 dispone la prededucibilità, ai sensi e agli effetti di cui all'articolo 182-quater del regio decreto n. 267 del 1942, dei finanziamenti a favore dell'impresa commissariata in qualsiasi forma effettuati, anche da parte di società controllanti o sottoposte a comune controllo, che siano funzionali alla predisposizione e all'attuazione del piano ambientale e del piano industriale sopra citati.

L'art. 182-quater, relativo alle disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, stabilisce che i crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti siano prededucibili. Sono parificati a questi crediti anche quelli derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di concordato preventivo o dall'accordo di ristrutturazione e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato.

 

Il comma 5-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, aggiunge un comma 1-bis all’art. 53 del D.Lgs 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche).

La nuova disposizione prevede il possibile utilizzo di beni e altre disponibilità finanziarie oggetto di sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria, in modo da garantire la continuità della produzione e dell'attività di impresa e quindi di salvaguardare e tutelare i livelli occupazionali e i lavoratori.

La disposizione, pur di carattere generale, mira nell’immediato ad intervenire sulla situazione dell’ILVA di Taranto dopo il sequestro che il GIP di Taranto, nell'ambito dell'inchiesta sul disastro ambientale della stessa Ilva, ha disposto ai primi di settembre su Riva Acciaio.

Il comma 1-bis stabilisce, infatti, che il custode amministratore giudiziario consente l'uso, da parte degli organi societari, dei beni sequestrati ai fini della confisca per equivalente (aventi ad oggetto società, aziende ovvero beni, ivi compresi i titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche se in deposito) «esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando i poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria. In caso di violazione della finalità – si precisa ancora – l'autorità giudiziaria adotta i provvedimenti conseguenti e può nominare un amministratore nell'esercizio dei poteri di azionista». Il comma 1-bis precisa che, a seguito della nomina, si intendono eseguiti gli adempimenti in materia di sequestro preventivo di cui all’art. 104 della disp. att. c.p.p.

Lo stesso comma 1-bis, inoltre, prevede - in caso di sequestro in danno di società che gestiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale e di loro controllate - l’applicazione della disciplina sul commissariamento straordinario di cui al D.L. 61/2013 (convertito dalla legge 89/2013).

 

Il D.L. 61/2013 (cd. decreto Ilva-bis) ha previsto lo svincolo da parte dell’autorità giudiziaria delle somme oggetto di sequestro preventivo, somme che debbono essere messe a disposizione del commissario e destinate a interventi di bonifica (art. 1, comma 11).

 

La disposizione estende pertanto la disciplina già prevista per le società che gestiscono stabilimenti di interesse strategico nazionale anche alle loro controllate.

 

Può essere utile, per comprendere la ratio della disposizione introdotta al Senato, ricordare la ricostruzione delle vicende che hanno portato alla chiusura di sette stabilimenti produttivi del Gruppo Riva Acciaio, effettuata dal Ministro delle attività produttiva nel corso dell’audizione del 18 settembre 2013, alle Commissioni riunite Attività produttive della Camera e Industria del Senato.

In particolare il 17 luglio 2013, con un provvedimento di natura interpretativa del decreto di sequestro emesso il 24 maggio 2013, il GIP del tribunale di Taranto ha precisato che il predetto sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, dispone fino a concorrenza della somma di 8 miliardi e 100 milioni di euro e colpisce anche le azioni, le quote sociali, i cespiti aziendali, le partecipazioni e la liquidità delle società controllate e collegate o, comunque, sottoposte all’influenza dominante di Riva Fire Spa e di Riva Forni Elettrici Spa.

Con successivo provvedimento della procura della Repubblica di Taranto, incaricata di eseguire il sequestro preventivo, sono state individuate le società del gruppo interessate dal provvedimento del gip. I provvedimenti di sequestro e i relativi ordini di esecuzione sono stati notificati alle società interessate e sono in corso di esecuzione. Il recente provvedimento del GIP interessa, dunque, le società controllate da Ilva Spa. Le stesse non ricadono direttamente nel commissariamento straordinario disposto dal citato decreto-legge n. 61 del 2013. Si tratta di beni a disposizione di proprietà della famiglia Riva e di altri soggetti che non hanno a che fare con i reati commessi, ma costituiscono un patrimonio sottoposto a sequestro ai fini di raggiungere l’equivalente degli 8 miliardi e 100 milioni di euro in caso di condanna a confiscare questi beni.

Per quanto riguarda tale ultimo gruppo, sono state, tra l’altro, sequestrate le disponibilità di conto corrente pari a 49 milioni di euro. In conseguenza di tale provvedimento, gli organi amministrativi hanno disposto la cessazione delle attività, ponendo in libertà i lavoratori occupati nei sette stabilimenti che fanno capo alla Riva Acciaio Spa. Riva Acciaio Spa, con un fatturato che si è attestato, nel 2012, in 867 milioni e, nel 2011, in 1 miliardo e 46.000.000 milioni di euro, conta 1.402 dipendenti, dislocati in sette stabilimenti produttivi: Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero e Cerveno (Brescia), Annone, Brianza (Lecco).

 

Il comma 5-ter, inserito nel corso dell’esame in Senato, interviene in merito ai poteri del commissario straordinario specificando che allo stesso è attribuito il potere di redigere e approvare il bilancio di esercizio e, laddove applicabile, il bilancio consolidato dell'impresa soggetta a commissariamento.

 

Il comma 5-quater, inserito nel corso dell’esame in Senato, contiene una norma interpretativa con la quale si definisce la nozione di "beni d'impresa" (cui l'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, in legge 24 dicembre 2012, n. 231, ricollegava l'immissione nel possesso e l'autorizzazione alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento ed alla conseguente commercializzazione dei prodotti per un periodo di 36 mesi), ricomprendendovi anche le partecipazioni dirette e indirette in altre imprese, nonché i cespiti aziendali alle stesse facenti capo.

 

Il comma 5-quinquies, introdotto nel corso dell’esame in Senato, contiene un’ulteriore norma interpretativa, con riguardo al rapporto tra i poteri del commissario straordinario e l’impresa commissariata, specificando che la titolarità delle linee di credito e dei finanziamenti resta in capo all'impresa commissariata ferma restando la legittimazione del commissario straordinario a gestire e disporre degli stessi.

Il comma 3 dell’art. 1 del D.L. 61/2013 attribuisce al commissario i poteri ordinariamente di competenza degli organi di amministrazione dell'impresa, sospendendo i poteri di disposizione e gestione dei titolari nonché per l'intera durata del commissariamento, quelli dell'assemblea dell'impresa se costituita in società. E', infatti, previsto il trasferimento in capo al commissario di tutti i crediti e i debiti della società, compresi quelli relativi a società facenti parte del gruppo. Il comma precisa che il trasferimento dei citati rapporti avviene ai sensi degli artt. 1339 (inserzione automatica di clausole) e 2558 (successione nei contratti) del codice civile. Sostanzialmente, il Commissario succede nei contratti stipulati dall'azienda al pari dell'acquirente della stessa. L'art. 2558 c.c., infatti, riguarda, in caso di cessione di azienda, il subentro dell'acquirente in tutti i contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale.

 

Il comma 6 prevede l’emanazione, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento, di un apposito decreto del Ministero dell’ambiente con cui siano individuate le modalità di gestione e smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo dell'ILVA di Taranto.

Ai sensi del medesimo comma, l’emanazione deve avvenire su proposta del sub-commissario, in coerenza con le prescrizioni dell'AIA e sentite la regione Puglia e l'ARPA della regione Puglia.

Viene altresì previsto il parere del Ministro dell'economia e delle finanze in merito alle misure di compensazione ambientale per i comuni interessati.

 

Il comma 7 dispone che gli oneri derivanti dall'attuazione dei commi 1, 2 e 6 siano totalmente a carico dell'ILVA e senza alcun onere a carico della finanza pubblica.

 

Procedure di contenzioso (a cura dell’ufficio rapporti con l’Unione Europea)

La Commissione ha avviato il 26 settembre 2013 una procedura di infrazione (n. 2177/2013) nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto della normativa europea sia in materia di emissioni industriali sia di responsabilità ambientale. La risposta delle Autorità italiane dovrà pervenire entro il 26 novembre 2013.

Si ricorda che lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto era uno degli impianti industriali oggetto della procedura di infrazione n. 2008/2071, riguardante numerosi stabilimenti industriali privi di autorizzazione ai sensi della direttiva 2008/1/CE (IPCC). In esito a tale procedura di infrazione, la Corte di giustizia dell’UE, nel marzo 2011, ha dichiarato l’inadempienza dell’Italia per la mancata adozione delle misure necessarie a garantire che il funzionamento degli impianti industriali sia conforme a quanto disposto dalla direttiva (causa 50/10).

Il 4 agosto 2011, allo stabilimento ILVA di Taranto è stata rilasciata un’autorizzazione integrata ambientale (AIA), parzialmente rivista da una successiva nuova autorizzazione rilasciata il 26 ottobre 2012.

Lo stabilimento è, inoltre, oggetto di indagini giudiziarie e, in esito ad esse, anche di provvedimenti cautelari, tra cui, si ricorda, il sequestro di alcune unità produttive.

Infine, il Governo italiano ha emanato una serie di misure legislative volte ad assicurare la continuazione delle attività produttive, sia pure a precise condizioni (si ricordano, in primo luogo, il DL n. 207/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 231/2012, e il DL n. 61/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89/2013).

In particolare, ad avviso della Commissione, il gestore dello stabilimento ILVA di Taranto risulta inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste dall’AIA dell’ottobre 2012.

Le inadempienze riguardano:

-     la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti, il mancato adeguamento della macchine per lo scarico dei materiali e dei nastri trasportatori, al fine di evitare emissioni di polveri;

-     la mancata realizzazione di una nuova rete di idranti e di macchine per la nebulizzazione di acqua sui materiali stoccati, sempre al fine di ridurre le emissioni di polveri;

-     la mancata adozione di misure per la riduzione delle emissioni di polveri dagli altoforni;

-     la mancata copertura delle unità produttive nonché la mancata realizzazione di sistemi di captazione e convogliamento delle emissioni;

-     la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas;

-     la mancata adozione di misure per il controllo dell’emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento;

-     mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.

Sul rispetto delle altre prescrizioni dell’AIA, le autorità italiane stanno ancora conducendo verifiche.

Alla luce di quanto premesso, ad avviso della Commissione risulta evidente che lo stabilimento siderurgico di Taranto è gestito in violazione dell’articolo 14, lettera a), della direttiva 96/61/CE (Integrated Pollution Prevention and Control - IPCC), a norma del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il gestore rispetti, nel proprio impianto, le condizioni dell’autorizzazione.

Inoltre, la Commissione sottolinea che l’AIA, che doveva essere rilasciata entro il 30 ottobre 2007, è stata rilasciata solo nell’agosto 2011, malgrado la citata sentenza a conclusione della procedura di infrazione.

La Commissione elenca una serie di circostanze dalle quali risulta evidente la consapevolezza delle autorità italiane delle conseguenze inquinanti della condotta del gestore dello stabilimento.

In particolare, si ricordano:

-     l’inclusione della zona industriale di Taranto tra i Siti di Interesse Nazionale (SIN) altamente inquinati e da bonificare;

-     la caratterizzazione cui è stato sottoposto il sito di pertinenza dell’ILVA, da cui è risultato che il suolo, le acque superficiali e le acque sotterranee del sito sono fortemente inquinate. Per il contrasto di tale inquinamento, attribuito dal ministero dell’Ambiente all’attività produttiva dello stabilimento ILVA (nota 8898/TRI/VIII del 28/3/2013), non risultano ancora intraprese azioni di bonifica;

-     il grave inquinamento anche dei comuni limitrofi di Taranto, da attribuire all’attività dello stabilimento ILVA. Tale inquinamento è dimostrato dalle ordinanze del sindaco di Taranto che interessano, in particolare, il quartiere Tamburi, il più vicino alo stabilimento, nonché dallo stanziamento di 8 milioni di euro disposto dalle autorità italiane per bonificare il quartiere.

La responsabilità dell’attività industriale dello stabilimento ILVA è comprovata dalle dimensioni dello stabilimento medesimo (il più grande stabilimento industriale della provincia di Taranto).

Le altre prove di responsabilità sono individuate dalla Commissione nelle seguenti circostanze:

-     la vicinanza dello stabilimento con le zone della provincia di Taranto più inquinate (il quartiere Tamburi e il comune di Statte);

-     le rilevazioni del Ministero della salute che provano il livello di inquinamento delle aree di Statte e del quartiere Tamburi. A tali aree sono, inoltre, riconducibili anche le percentuali più alte di ricoveri in ospedali e di decessi per patologie quali il cancro, le malattie cardiovascolari e quelle respiratorie;

-     la condanna della Corte di giustizia europea dell’Italia (causa C-68/11) per il superamento dei valori limite di PM10 nel 2006 e 2007 in 55 zone e agglomerati italiani, Taranto compresa. Ulteriori superamenti dono stati registrati anche nel 2008 e nel 2011, come risulta dalle valutazioni sulla qualità dell’aria inviate ogni anno dall’Italia alla Commissione.

Infine, la consapevolezza delle autorità italiane dei pericoli legati all’attività dello stabilimento ILVA sono ulteriormente dimostrati dalla decisione di prevedere, nel DL n. 61/2013, di nominare un commissario straordinario per l’ILVA, per oggettivi pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute a causa della reiterata inosservanza dell’autorizzazione integrata ambientale.

Il comportamento dell’Italia, ad avviso della Commissione, è in violazione anche dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IPCC, a norma del quale gli Stati membri devono garantire che gli impianti siano gestiti in modo da evitare fenomeni di inquinamento significativo.

Infine, la Commissione ritiene che l’Italia abbia violato anche l’articolo 6, paragrafo 3, e l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva sulla responsabilità ambientale (2004/35/CE). In base a tali norme, infatti, l’operatore responsabile del danno ambientale deve adottare le necessarie misure di riparazione o, quanto meno, sostenere i relativi costi (principio “chi inquina paga”). Se l’operatore non adempie, lo Stato può adottare le misure di riparazione necessarie e recuperarne i costi dall’operatore inadempiente.

Secondo la Commissione, non risulta che le autorità italiane abbiano preso provvedimenti in tale senso, dal momento che lo stabilimento ILVA di Taranto continua a inquinare, funzionando in violazione della direttiva IPCC e del’AIA, le cui scadenze, inoltre, sono state prorogate, differendo nel tempo l’adozione dei provvedimenti che potrebbero ridurre l’impatto ambientale dell’attività produttiva.

 

Si ricorda, infine, che l’avvio della procedura di infrazione segue la conclusione della procedura EU Pilot (caso 3268/2012 ENVI), avviata dalla Commissione europea sul funzionamento dell’ILVA di Taranto, il 26 maggio 2012, la cui documentazione è disponibile sul sito dell’ISPRA (http://www.isprambiente.gov.it/it/garante_aia_ilva/monitoraggio-della-commissione-europea).

 

 


 

Articolo 12-bis
(Norma di coordinamento per le Regioni e per le Province autonome)

 

 

L'articolo 12-bis, aggiunto durante l'esame del provvedimento al Senato, introduce nella legge una norma di coordinamento con l'ordinamento regionale e, con riferimento all'ordinamento alle autonomie speciali, la clausola di “compatibilità”. Le disposizioni della legge non modificano, infatti, il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti.

 

Il comma 1, contiene una generica norma di coordinamento con l'ordinamento regionale, secondo cui ciascuna regione e ciascuna provincia autonoma dovrà adeguare il proprio ordinamento alle disposizioni di principio tratte dalla legge in esame e in accordo con quanto disposto dal terzo dall'articolo 117 Cost., terzo comma, concernente la competenza legislativa concorrente Stato – Regioni e, in riferimento alle autonomie speciali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione.

 

La clausola di “compatibilità” di tutte le disposizioni della legge con l'ordinamento delle autonomie speciali, è contenuta nel comma 2, in cui è stabilito che sono fatte salve le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali, dalle relative norme di attuazione ed, inoltre, secondo quanto disposto da due articoli della legge costituzionale 3/2001 di modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione.

In particolare la norma fa riferimento all'articolo 2 che ha modificato l'art. 116 Cost., in cui sono elencate le regioni a statuto speciale e le due province autonome e l'articolo 10, recante la cosiddetta clausola di maggior favore, che ha disposto la possibile applicazione delle disposizioni della legge costituzionale alle regioni a statuto speciale «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite», fino all’adeguamento dei rispettivi statuti. La legge costituzionale 3/2001, infatti, ha riformato il sistema delle autonomie lasciando inalterato la distinzione tra autonomie ordinarie e speciali; in ragione della clausola di maggior favore, la Corte costituzionale valuta in relazione a ciascuna questione di legittimità - se prendere a parametro l’articolo 117 Cost. anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nella materia oggetto della questione, assicura una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.


 

Articolo 13
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 13 dispone l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 



[1]     Si veda, da ultimo, l’elenco di cui al Comunicato ISTAT pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 settembre 2013, n. 229.

[2]     Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario.

[3]     Si ricorda che in materia di contenimento dei costi delle c.d. “auto blu” si sono succeduti nel corso degli anni numerosi interventi normativi, a partire dalla legge finanziaria 2006 (articolo 1, comma 11, legge n. 266/2005), che ha vietato alle P.A., a decorrere dall'anno 2006, di effettuare spese per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture di ammontare superiore al 50% della spesa sostenuta per tali finalità nell'anno 2004. Il D.L. n. 78/2010 è nuovamente intervenuto in materia, limitando ulteriormente, a decorrere dal 2011, la spesa per acquisto, manutenzione, noleggio e esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi da parte della P.A., nella misura massima dell’80% rispetto alla spesa sostenuta nel 2009. Su tali livelli di spesa, già ridimensionati, è, da ultimo, intervenuto il citato D.L. n. 95/2012 (spending review), che ha ridotto il limite di spesa per le P.A. a decorrere dal 2013 al 50% della spesa sostenuta nell'anno 2011 per le medesime finalità.

[4]     Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.

[5]     Utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni.

[6]     Si ricorda che la norma citata prevedeva l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per la disposizione di modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.P.C.M. 3 agosto 2011.

[7]     Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica

[8]     D.Lgs. n. 91 del 31 maggio 2011, Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di adeguamento ed armonizzazione dei sistemi contabili. In particolare esso prevede, all’articolo 4, l’adozione di un comune piano dei conti integrato per le amministrazioni pubbliche che utilizzano la contabilità finanziaria. Esso è costituito da conti che rilevano le entrate e le spese in termini di contabilità finanziaria e da conti economico-patrimoniali ed è redatto secondo comuni criteri di contabilizzazione.

[9]     D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 149, recante “Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42”.Si ricorda che il  Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria generale dello Stato può attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi del citato articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, anche nei confronti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:

a)       ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;

b)       disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;

c)       anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi;

c-bis)               aumento non giustificato delle spese in favore dei gruppi consiliari e degli organi istituzionali.

[10]    L’articolo 248 del TUEL, interamente sostituito dall’articolo 3, comma 3, lettera e) del D.L. n. 174/2012 (legge n. 213/2012), dispone che il Ministero dell'economia e delle finanze - Ragioneria generale dello Stato può attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi del citato articolo 14 della legge di contabilità nazionale, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:

a)       ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;

b)       disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;

c)       anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi;

d)       aumento non giustificato di spesa degli organi politici istituzionali.

[11]    Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell'attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell'articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

[12]    Il richiamato articolo 8, comma 3, del D.L. 95/2012 ha appunto assicurato il contenimento della spesa per consumi intermedi degli enti e organismi pubblici, costituiti anche in forma societaria, in misura pari al 5% per il 2012 e al 10% dal 2013 della spesa sostenuta per consumi intermedi nel 2010. A tale riduzione sono sottoposti, in particolare, gli enti pubblici inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione , quale ne sia la forma giuridica, nonché le autorità indipendenti.

[13]    Le dotazioni organiche per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare tengono conto della previsione di cui all’art. 1, co. 3, in base alla quale in tali ordini di scuole l’insegnamento della religione cattolica può essere affidato ai docenti di sezione o di classe riconosciuti idonei dalla competente autorità ecclesiastica.

[14]    In particolare, nelle scuole secondarie di primo e secondo grado l'insegnamento della religione cattolica può essere affidato a chi abbia almeno uno dei seguenti titoli:

a) titolo accademico (baccalaureato, licenza o dottorato) in teologia o nelle altre discipline ecclesiastiche, conferito da una facoltà approvata dalla Santa Sede;

b) attestato di compimento del regolare corso di studi teologici in un Seminario maggiore;

c) diploma accademico di magistero in scienze religiose, rilasciato da un Istituto di scienze religiose approvato dalla Santa Sede;

d) diploma di laurea valido nell'ordinamento italiano, unitamente a un diploma rilasciato da un istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale italiana.

Nella scuola materna ed elementare l'insegnamento della religione cattolica può essere impartito dagli insegnanti del circolo didattico che abbiano frequentato nel corso degli studi secondari superiori l'insegnamento della religione cattolica, o comunque siano riconosciuti idonei dall'ordinario diocesano. Nel caso in cui l'insegnamento non venga impartito da un insegnante del circolo didattico, esso può essere affidato:

a) a sacerdoti e diaconi, oppure a religiosi in possesso di qualificazione riconosciuta dalla Conferenza episcopale italiana in attuazione del can. 804, par. 1, del codice di diritto canonico e attestata dall'ordinario diocesano;

b) a chi, fornito di titolo di studio valido per l'insegnamento nelle scuole materne ed elementari, abbia frequentato nel corso degli studi secondari superiori l'insegnamento della religione cattolica, o comunque sia riconosciuto idoneo dall'ordinario diocesano; oppure a chi, fornito di altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia conseguito almeno un diploma rilasciato da un Istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale italiana.

[15]    L'assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato dei vincitori del concorso è disposta dal dirigente regionale, d'intesa con l'ordinario diocesano competente per territorio. Ai motivi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dalle disposizioni vigenti si aggiunge la revoca dell'idoneità da parte dell'ordinario diocesano competente per territorio. Per tutti i posti non coperti da insegnanti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, si provvede mediante contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dai dirigenti scolastici, su indicazione del dirigente regionale, d'intesa con l'ordinario diocesano competente per territorio.

[16]    L’indizione del concorso non ha riguardato i posti d’insegnamento della religione cattolica nelle province di Trento e Bolzano e nella regione Valle d’Aosta, per i quali la normativa vigente prevede autonome procedure di reclutamento del personale docente.

[17]    Di cui all’avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 4a Serie Speciale, n. 10 del 6 febbraio 2004.

[18]   L’art. 39, co. 1, della L. 449/1997 ha posto in capo agli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche l’obbligo della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Il comma 3 ha individuato la disciplina autorizzatoria, prevedendo che il numero delle assunzioni che le singole amministrazioni possono effettuare viene determinato sulla base delle priorità e delle necessità operative da soddisfare, stabilite dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della funzione pubblica e del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Ai sensi del comma 3-bis, la disciplina autorizzatoria prevista dal comma 3 si applica, a decorrere dal 1999, a tutte le amministrazioni e per tutte le nuove procedure di reclutamento e le nuove assunzioni. Inoltre, con D.P.C.M., da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno, sono previsti criteri, modalità e termini delle assunzioni da disporre.

[19]    L’articolo 33 del D.Lgs. 165/2001 obbliga le pubbliche amministrazioni che abbiano situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, ad osservare una specifica procedura, dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica. In caso di mancato adempimento, le amministrazioni non possono effettuare assunzioni o instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di contratto pena la nullità degli atti posti in essere. Inoltre, la mancata attivazione delle procedure in esame da parte del dirigente responsabile è valutabile ai fini della responsabilità disciplinare. In particolare, il comma 5 dell’articolo 33 dispone che, trascorsi 10 giorni dalla comunicazione del dirigente responsabile a RSU e alle organizzazioni sindacali, trovi applicazione l’articolo 72, comma 11 del D.L. 112/2008, sulla risoluzione del rapporto di lavoro con preavviso di sei mesi nei confronti del personale dipendente che ha compiuto l’anzianità massima contributiva di 40 anni. Subordinatamente, si procede alla ricollocazione totale o parziale del personale in soprannumero o in eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione ricorrendo a forme flessibili della gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell’ambito regionale, tenendo conto di specifici parametri. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni al di fuori del territorio regionale, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro. Entro 90 giorni dalla comunicazione del dirigente responsabile alle RSU e alle organizzazioni sindacali, l'amministrazione dispone il collocamento in disponibilità del personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni in ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilità. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un'indennità pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi.

[20] Dalla disposizione in esame consegue dal 2013, per un periodo transitorio e con riferimento a specifiche e selezionate fattispecie, un anticipo del pensionamento sia per i soggetti che hanno maturato i requisiti al pensionamento al 31 dicembre 2011 e che per propensione individuale hanno optato per un posticipo del pensionamento sia per coloro che maturano i requisiti successivamente per i quali la disposizione in esame prevede l’applicazione dei requisiti e del regime delle decorrenze vigente prima della recente riforma pensionistica, a condizione che il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico venga comunque conseguito entro l’anno 2014.

[21]    L’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbano intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300/1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).

[22]    Tali riduzioni si applicano agli uffici e alle dotazioni organiche risultanti a seguito degli interventi già disposti, dal precedente D.L. 138/2011 per le amministrazioni destinatarie. Per le restanti amministrazioni si prendono a riferimento gli uffici e le dotazioni previsti dalla normativa vigente.

[23]    L’articolo 19, comma 10, del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che i dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgano, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni interessate, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali.

[24]    Seppur contrariamente a quanto affermato dal parere della sez. regionale delle Corte dei Conti per la Puglia, appare confermato il contenuto del comma 2 dell’art. 110 del D.Lgs. n. 267/2000 con riferimento alla attribuzione di incarichi dirigenziali a termine al di fuori della dotazione organica: il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire.

[25]    Sui presupposti di legittimità del conferimento di incarico di consulenza a soggetto esterno la Corte dei Conti ha avuto modo di precisare che essi consistono ne: l'impossibilità oggettiva di reperire risorse umane disponibili all'interno della P.A., la straordinarietà della situazione che giustifica il ricorso alla convenzione e la natura temporanea, determinata ed altamente qualificata della prestazione (Sez. giurisdiz., Sent. n. 000141 del 05-03-2007 (ud. del 27-02-2007).

[26]    I dirigenti pubblici, i soggetti appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e i procuratori dello Stato (limitatamente agli incarichi pubblici). Dall’ambito soggettivo di applicazione sono, invece, esclusi gli appartenenti al personale militare, alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

[27]    Il regolamento non risulta ancora emanato.

[28] Per l’elenco si rinvia alla G.U. n. 229 del 30 settembre 2013.

[29]    Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[30]    In tal senso aveva già disposto, in precedenza, l’art. 24, co. 2, della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012), attraverso una modifica apportata all’art. 2, co. 3, del D.L. 34/2011 (L. 75/2011).

[31]    Il riferimento è alla disciplina in materia di turn over di cui all’art. 3, co. 102, della L. 244/2007, richiamata nel testo.

[32]    A titolo di esempio: con D.D. 26 giugno 2012 è stata approvata la graduatoria unica nazionale per il profilo professionale di Assistente alla vigilanza, sicurezza, accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico (ora, Assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza), seconda Area, fascia retributiva F3, dei candidati già collocati nelle singole graduatorie regionali in corso di validità, per il settore dei beni archeologici e per il settore dei beni architettonici storico-artistici.

[33]    L'art. 3, co. 7, della L. 127/1997, come modificato dall'art. 2 della L. 191/1998, ha disposto che, se due o più candidati ottengono, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, pari punteggio, è preferito il candidato più giovane di età.

[34]    La soluzione era analoga a quella proposta dall’art. 24, co. 2, della L. di stabilità 2012 per le assunzioni presso la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e di Pompei.

[35]    Più ampiamente si veda, sull’argomento, il tema web La dotazione organica del Ministero per i beni e le attività culturali.

[36]    D.L. 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326.

[37]    D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[38]    D.L. 6 luglio 2012, n. 95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 7 agosto 2012, n. 135.

[39]    Ai sensi del comma 295 dell'articolo unico della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), tali risorse affluiscono direttamente al bilancio dell'Agenzia italiana del farmaco e devono essere versate su un apposito conto corrente intestato alla medesima.

[40]    L’articolo 33 del D.Lgs. 165/2001 obbliga le pubbliche amministrazioni che abbiano situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, ad osservare una specifica procedura, dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica. In caso di mancato adempimento, le amministrazioni non possono effettuare assunzioni o instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di contratto pena la nullità degli atti posti in essere. Inoltre, la mancata attivazione delle procedure in esame da parte del dirigente responsabile è valutabile ai fini della responsabilità disciplinare. In particolare, il comma 5 dell’articolo 33 dispone che, trascorsi 10 giorni dalla comunicazione del dirigente responsabile a RSU e alle organizzazioni sindacali, trovi applicazione l’articolo 72, comma 11 del D.L. 112/2008, sulla risoluzione del rapporto di lavoro con preavviso di sei mesi nei confronti del personale dipendente che ha compiuto l’anzianità massima contributiva di 40 anni. Subordinatamente, si procede alla ricollocazione totale o parziale del personale in soprannumero o in eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione ricorrendo a forme flessibili della gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell’ambito regionale, tenendo conto di specifici parametri. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni al di fuori del territorio regionale, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro. Entro 90 giorni dalla comunicazione del dirigente responsabile alle RSU e alle organizzazioni sindacali, l'amministrazione dispone il collocamento in disponibilità del personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni in ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilità. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un'indennità pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi.

[41]    Le amministrazioni richiamate dalla disposizione, di cui all’articolo 2, comma 1, del D.L n.95/2012, sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (ossia ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Ente nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.)).

[42]    Il testo originario del decreto-legge prevede il termine del 31 dicembre 2014, ed è stato spostato di un anno nel corso dell’esame al Senato.

[43]    Recante misure urgenti per la crescita del Paese e convertito con la legge n.221 del 2012.

[44]    Secondo quanto precisato da un apposito parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, n.125227P del 19 marzo 2013.

[45]    Si ricorda, in proposito, che l’articolo 3, comma 12, lettera b), della legge n. 244/2007 prevede, per le società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato, che - previa delibera dell'assemblea dei soci, sulle materie delegabili -al Presidente possano essere attribuite deleghe operative da parte dell'organo di amministrazione, che provvede a determinarne in concreto il contenuto ed il compenso ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile, e che – fermo restando quanto ora descritto - l'organo di amministrazione possa delegare proprie attribuzioni a un solo componente, al quale possono essere riconosciuti compensi ai sensi del già citato articolo 2389 del codice civile unitamente al Presidente nel caso di attribuzione di deleghe operative.

      Inoltre, si ricorda che ai sensi dell’articolo 3, comma 27-bis della legge n. 244/2007, nel caso di costituzione di società statali che producono servizi di interesse generale, ovvero di assunzione di partecipazioni da parte dello Stato in tali società, i diritti dell’azionista sono esercitati dal MEF di concerto con i Ministeri competenti per materia.

[46]    L'articolo 2389, terzo comma c.c. prevede che la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

[47]    La norma fa riferimento all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n.165/2001: si tratta di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999.

[48]    In particolare, si tratta delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni di cui D.Lgs. n. 165/2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato.

[49]    Relativamente alla definizione di amministrazioni pubbliche recata dal D.Lgs. 165/2001 (recante “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), si ricorda che essa comprende “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al decreto continuano ad applicarsi anche al CONI”.

 

[50]    La medesima lettera a) apporta anche alcune modifiche formali in relazione ai richiami normativi al lavoro accessorio, in virtù delle modifiche apportate di recente alla disciplina dell’istituto.

[51]    La direttiva 1999/70/CE recepisce l’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalle parti sociali a livello europeo (UNICE, CEEP e CES), il quale, per quanto riguarda la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato (clausola 5), si limita a prevedere che gli Stati membri (previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse) debbano introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative alle “ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti” e alla “durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi”.

[52]    V. al riguardo la nota n. 1 all’articolo 2 della disposizione in esame.

[53]    Tale articolo stabilisce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità o in mobilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni. Le assunzioni effettuate in violazione di tale previsione sono nulle di diritto.

[54]    Tale comma ha stabilito, in relazione al ricorso alle procedure concorsuali da parte delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, e degli enti pubblici non economici, che con decorrenza dall'anno 2003 i medesimi enti possano ricoprire le eventuali vacanze in organico con i soggetti risultati idonei nelle graduatorie di concorsi pubblici approvate da altre amministrazioni, purché appartenenti al medesimo comparto di contrattazione. Il regolamento richiamato non risulta ancora pubblicato sulla G.U..

[55]    Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al provvedimento, questa disciplina costituisce norma di principio per regioni, province autonome, enti locali ed enti del S.S.N..

[56]    Ai sensi dell’articolo 35, comma 3-bis, del D.Lgs. 165/2001.

[57]    Si tratta:

§          del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno 3 anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data del 1° gennaio 2007, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (articolo 1, comma 519, della L. 296/2006);

§          del personale non dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519 (articolo 1, comma 526, della L. 296/2006);

§          del personale degli enti territoriali (fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno) non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno 3 anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore al 1° gennaio 2007, nonché del personale impiegato in LSU, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (articolo 1, comma 558, della L. 296/2006);

§          personale di specifiche amministrazioni ammesso alla procedura di stabilizzazione di cui all’articolo 1, comma 526, della L.296/2206, che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 90, lettera a), della L. 244/2007). Il richiamato comma 526 ha ammesso la stabilizzazione del personale non dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519;

§          personale degli enti territoriali ammessi alla procedura di stabilizzazione di cui all’ articolo 1, comma 558, della L. 296/2006 in possesso dei requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 90, lettera b), della L. 244/2007).

[58] Si ricorda altresì che la giurisprudenza costituzionale meno recente ha ritenuto in passato ammissibili procedure integralmente riservate (così sentenze n. 228 del 1997, n. 477 del 1995 e ordinanza n. 517 del 2002), comunque sempre in considerazione della specificità delle fattispecie che di volta in volta venivano in rilievo ed esigendo, inoltre, che le stesse fossero coerenti con il principio del buon andamento dell’amministrazione.

 

[59]    Si fa presente che tale disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza della Corte costituzionale n. 95/2008 nella parte in cui si applica anche alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano.

[60]    Si tratta di lavoratori socialmente utili operanti (LSU) di cui l’articolo 1, comma 1156, lettera f), della legge n. 296/2006, ha consentito (nei limiti di un contingente di 2.450 lavoratori) l’assunzione, a livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, da parte di comuni con meno di 5.000 abitanti che presentavano vuoti di organico.

[61]    Si tratta della possibilità delle amministrazioni pubbliche di avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico con riserva dei posti, nel limite massimo del 40% di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, abbiano maturato almeno 3 anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione emanante il bando.

[62]    Il comma 28 dell’articolo 9 ha ridotto del 50% rispetto alla spesa sostenuta nell’anno 2009 la spesa delle pubbliche amministrazioni per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio. La disposizione si applica a partire dall’anno 2011 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non economici, alle università, agli enti di ricerca e agli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001. Inoltre, i richiamati contenuti costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, e gli enti del S.S.N.. E’ prevista la possibilità che a decorrere dal 2013 gli enti locali possano superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio (sempre comunque nel rispetto del limite di spesa in precedenza richiamato). Specifiche disposizioni sono previste per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore, nonché per gli enti di ricerca. Le disposizioni richiamate non trovano applicazione, nei limiti di 50 unità di personale, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esclusivamente per lo svolgimento di specifiche attività. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Per le amministrazioni che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità testè individuate, il richiamato limite è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.

[63]    Il testo originario prevede che la proroga deve essere disposta anche in coerenza con i requisiti relativi alle tipologie di professionalità da assumere a tempo indeterminato.

[64]  Per la disciplina delle visite mediche di controllo dei lavoratori da parte dell’INPS si veda il D.M. 15 luglio 1986.

[65]    In base all’articolo 114 del TUEL, l'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale. L'istituzione è organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale.

[66]    L’articolo 67-ter del D.L. 83/2012 reca le disposizioni per la ricostruzione e gli altri interventi necessari per il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite dal sisma del 6 aprile 2009 che, a decorrere dal 16 settembre 2012, debbano essere gestiti sulla base del riparto costituzionale di competenze tra gli enti territoriali e lo Stato.

In particolare, il comma 5 ha disposto specifiche misure volte al reclutamento di risorse umane al fine di potenziare le strutture degli enti locali – comune de L’Aquila e comuni del cratere - impegnati nelle opere di ricostruzione, attraverso l’assunzione, a tempo indeterminato, di 200 unità di personale a decorrere dall’anno 2013: fino a 128 unità assegnate al comune de L’Aquila e fino a 72 unità assegnate alle aree omogenee. Tale assunzione avviene in deroga a quanto previsto dall'articolo 76, commi 4 e 7, del decreto-legge n. 112 del 2008.

Conseguentemente viene aumentata la pianta organica dei comuni interessati. Si specifica che l’incremento della pianta organica è temporaneo e che dal 2021 il personale eventualmente risultante in soprannumero sarà riassorbito secondo le ordinarie procedure vigenti.

[67]    Cioè i comuni interessati dagli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 che, sulla base dei dati risultanti dai rilievi macrosismici effettuati dal Dipartimento della protezione civile, abbiano risentito un’intensità MSC uguale o superiore al sesto grado, identificati con il decreto del Commissario delegato 16 aprile 2009, n. 3.

[68]    Al riguardo, si ricorda che, mentre per l’avvio delle procedure concorsuali è previsto – come già detto – l’intervento di un DPCM esclusivamente per quelli che abbiano un organico superiore alle 200 unità, l’applicazione a tutti gli enti di ricerca, a decorrere dal 2008, indipendentemente dall’organico, della procedura di autorizzazione alle assunzioni di cui all’art. 35, co. 4, del d.lgs. 165/2001 (ovvero, previa emanazione di un DPCM) è stata prevista dall’art. 12, co. 3, 2° capoverso, del D.L. 248/2007 (L. 31/2008), come chiarito dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri con nota circolare del 27 gennaio 2009, n. 3851.

[69]    Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

[70]    Decreto-legge 7 gennaio1992, n. 5 “Autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonché perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre forze di polizia”.

[71]    Decreto ministeriale 29 gennaio 1999, n. 85 “Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 5 del D.L. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1992, n. 217, in materia di affidamento in concessione dei servizi di sicurezza”.

[72]    Regolamento del parlamento europeo e del consiglio che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile e che abroga il regolamento (CE) n. 2320/2002”.

[73]    Per i dettagli relativi agli aumenti disposti dai decreti-legge nn. 78/2009 e 78/2010 si rinvia al paragrafo “Disciplina del canone annuo e del sovrapprezzo autostradale” del dossier “L’Anas e le concessioni autostradali” del 6 luglio 2011.

[74]    L. 6 dicembre 2011, n. 201, recante, “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”.

[75]    Audizione del presidente e dei componenti l’Autorità di regolazione dei trasporti di fronte alla IX Commissione della Camera e alla 8ª Commissione del Senato dell’8 ottobre 2013.

[76] Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.

[77] Recante Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, a norma dell’articolo 5, comma 1, della L. 31 marzo 2000, n. 78.

[78]    Su tale complesso normativo è intervenuto l’articolo 5, comma 7, del D.L. 102/2010, che ha stabilito la non applicazione della quota di riserva per le assunzioni di tali categorie di lavoratori. Per effetto di tale disposizione, interpretata in via amministrativa nel senso di consentire le assunzioni anche oltre la prevista quota di riserva dell’1%, tali categorie di lavoratori hanno cominciato ad essere assunte a valere anche sulla quota di riserva prevista a favore dei lavoratori disabili dall’articolo 3 della L. 68/1999 (7%) (suscitando le rimostranze delle associazioni rappresentative di quest’ultimi). Sul quadro normativo venutosi a determinare per effetto di quanto stabilito dall’articolo 5, comma 7, del D.L. 102/2010, la legge 25/2011 è quindi intervenuta a precisare che tale disposizione deve interpretarsi nel senso che il superamento della quota di riserva dell’1% (prevista, come detto, a favore delle vittime del terrorismo del dovere e delle altre categorie ad esse equiparate, nonché dei familiari dei soggetti deceduti), deve in ogni caso avvenire, per le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei limiti delle assunzioni consentite dalla normativa vigente per l'anno di riferimento e che resta comunque ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 della L. 68/1999, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva, trattandosi di norme ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili.

[79]    In tema di quote di riserva e base di computo si ricorda che l’articolo 4, comma 27, della L. 92/2012 (riforma del mercato del lavoro) ha modificato, con l'obiettivo di favorire il più ampio inserimento e l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità, i criteri di computo della quota di riserva (di cui all’articolo 4, comma 1 della L. 68/1999). prevedendo che, di norma, vengano inseriti nella base di computo aziendale tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato. Dalla base di computo restano esclusi i soci di cooperative, i dirigenti, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero, i lavoratori socialmente utili, i lavoratori a domicilio e quelli aderenti al programma di emersione (di cui all’articolo 1, comma 4-bis della L. 383/2001) i lavoratori con contratto di inserimento e, infine, quelli occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore. La legge prevede, poi, che la disciplina sui procedimenti relativi agli esoneri parziali (dagli obblighi di assunzione), sui criteri e le modalità per la loro concessione e la definizione di norme volte al potenziamento delle attività di controllo, venga ridefinita con un regolamento ministeriale finalizzato ad evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero e a garantire il rispetto delle quote di riserva (il decreto, che doveva essere emanato entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge, non risulta fin qui adottato). Da ultimo, sui criteri di calcolo della base di computo è intervenuto, in senso restrittivo, l'articolo 46-bis del D.L. 83/2012, che ha escluso i lavoratori con contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesi.

[80]    La suddetta novella di cui all’art. 3-bis comma 2, del D.L. n. 78 reca inoltre, in materia, misure specifiche per i detenuti semiliberi provenienti dalla detenzione.

[81]    Si ricorda che gli internati sono i soggetti sottoposti all’esecuzione di misure di sicurezza detentive.

[82]    In particolare: i procuratori dello stato con almeno due anni di effettivo servizio; i magistrati dell'ordine giudiziario che abbiano conseguito la nomina ad aggiunto giudiziario ed i magistrati della giustizia militare di qualifica equiparata; i magistrati amministrativi; gli avvocati iscritti all'albo da almeno un anno; i dipendenti dello Stato appartenenti ai ruoli delle carriere direttive con almeno cinque anni di effettivo servizio, i quali abbiano superato l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di procuratore legale; i professori universitari di materie giuridiche di ruolo o stabilizzati e gli assistenti universitari di materie giuridiche, appartenenti al ruolo ad esaurimento, che abbiano superato gli esami di abilitazione all'esercizio della professione di procuratore legale; i dipendenti di ruolo delle regioni, degli enti locali, degli enti pubblici a carattere nazionale, assunti mediante pubblici concorsi e con almeno cinque anni di effettivo servizio nella carriera direttiva o professionale legale, che abbiano superato l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di procuratore legale.

[83]    D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 “Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229”.

[84]    Regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 “Codice della navigazione”.

[85]    D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[86]    D.M. 19 marzo 2011, Procedure di prevenzione incendi relative ad attività a rischio di incidente rilevante.

[87] Si tratta dei contingenti - stabiliti annualmente dal Ministro degli affari esteri insieme al relativo limite di spesa - del personale di ruolo dello Stato da assegnare alle iniziative ed istituzioni scolastiche italiane all'estero (di cui all'articolo 625 del T.U.), alle scuole europee e alle istituzioni scolastiche ed universitarie estere, tenendo conto delle indicazioni fornite dalle autorità diplomatiche e consolari anche in riferimento ad osservazioni e proposte di apposite commissioni sindacali istituite presso ciascun consolato. Il contingente del personale di ruolo, escluso quello da destinare senza oneri a carico dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, è stabilito entro il limite massimo di 624 unità.

[88]  Disciplina del trattamento economico per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in servizio all’estero, a norma dell’articolo 1, commi da 138 a 142, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[89]    La cui istituzione, si rammenta, era stata già prevista dal d.d.l. di stabilità 2013 (A.C. 5534 della XVI legislatura), all’articolo 10, poi stralciato dal testo del provvedimento ai sensi dell'articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera.

[90]    Si rammenta che l’articolo 10 del d.d.l. n. 5534 della passata legislatura, stabiliva che il comitato direttivo fosse composto da quattro membri e dal direttore generale dell'Agenzia che lo avrebbe presieduto. Il successivo comma 11 ne indicava la composizione: oltre al direttore, un rappresentante del Presidente del Consiglio dei ministri, un rappresentante del Ministro dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministro dell'economia e delle finanze e un rappresentante della Conferenza unificata. I componenti sarebbero stati nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

[91]    La Relazione tecnica (A.S. 1015) indica la cifra di 300.000 euro annui.

[92]    Tali soggetti, individuati dall'art. 3, comma 1, lettere c), d), e), f) g), h), del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52, sono i seguenti: imprese ed enti che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti (lett. c); commercianti e intermediari di rifiuti (lett. d); consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati (lett. e); imprese ed enti che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale; nel caso di trasporto navale, l'armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto o il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, delegato per gli adempimenti relativi al SISTRI dall'armatore o noleggiatore medesimo (lett. f); nel caso di trasporto intermodale marittimo di rifiuti, il terminalista concessionario dell'area portuale di cui all'articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e l'impresa portuale di cui all'articolo 16 della citata legge n. 84 del 1994, ai quali sono affidati i rifiuti in attesa dell'imbarco o allo sbarco, in attesa del successivo trasporto.

[93]    Sono i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non soggetti all’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali.

[94]    È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

[95]    Per l'attuazione della direttiva, si vedano: il regolamento (CE) n. 1205/2008, la decisione 2009/442/CE, il regolamento (CE) n. 976/2009, il regolamento (UE) n. 268/2010 e il regolamento (UE) n. 1089/2010.