Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria - D.L. 35/2013 ' A.C. 676-B - Schede di lettura e profili finanziari
Riferimenti:
AC N. 676-B/XVII   DL N. 35 DEL 08-APR-13
Serie: Progetti di legge    Numero: 1    Progressivo: 3
Data: 04/06/2013
Descrittori:
DEBITI   DECRETO LEGGE 2013 0035
ENTI LOCALI   FINANZA LOCALE
PAGAMENTO   PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
SISTEMA TRIBUTARIO     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento
di tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza
della giustizia tributaria

D.L. 35/2013 – A.C. 676-B

Schede di lettura e profili finanziari

 

 

 

 

 

 

n. 1/3

 

 

 

4 giugno 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Scheda di analisi n. 2

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

§      Le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§      Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

Avvertenza

 

Il disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato, dispone la conversione del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, recante “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria”.

Il presente Dossier esamina le norme introdotte o modificate dal Senato.

 

La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

File: D13035c.doc


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1, comma 2, legge di conversione (Rinnovo del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria) 3

§      Articolo 1, comma 4 (Azione della Corte dei conti verso i responsabili dei servizi che non hanno chiesto gli spazi finanziari consentiti) 6

§      Articolo 1, comma 10 (Riduzione del Fondo per assicurare la liquidità per il pagamento dei debiti) 9

§      Articolo 1, comma 13-bis (Utilizzo di somme residue ricevute a titolo di anticipazioni di liquidità e ricevute dalle regioni e province autonome) 11

§      Articolo 1, comma 14 (Soggetti tenuti a fornire a CDP, per conto dell’ente locale, certificazione dell’avvenuto pagamento dei debiti) 13

§      Articolo 1, comma 17-ter (Versamenti in tesoreria di risorse per potenziamento infrastrutture) 14

§      Articolo 1, comma 17-quater (Esclusione dei contributi in conto capitale dei comuni da variazioni compensative di cassa) 15

§      Articolo 1, comma 17-quinquies (Mancato rispetto patto di stabilità 2012 per pagamento dei debiti) 17

§      Articolo 2, commi 5 e 6 (Pagamenti dei debiti delle Regioni) 20

§      Articolo 5-bis (Cessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie) 22

§      Articolo 6, comma 01 (Estensione della disciplina della certificazione ai crediti per prestazioni professionali) 23

§      Articolo 6, commi 1-bis - 1-ter e comma 9 (Disposizioni in materia di pagamenti) 24

§      Articolo 7, commi 1, 4 e 6 (Estensione della ricognizione dei crediti alle obbligazioni per prestazioni professionali) 26

§      Articolo 7, comma 9-bis (Eventuale concessione della garanzia dello Stato nel 2014) 28

§      Articolo 10, comma 2, lettera d) (Disposizioni in materia di Tares) 29

§      Articolo 10, comma 2-ter (Proroga Equitalia per la riscossione delle entrate locali) 31

§      Articolo 10, comma 4, lettera b) (Modifica dei termini di invio e pubblicazione delle delibere IMU) 33

§      Articolo 10, comma 4-bis (Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato) 34

§      Articolo 10, comma 4-ter (Utilizzo dei proventi derivanti dai permessi di costruire e dalle sanzioni in materia edilizia) 36

§      Articolo 10, comma 4-quater, lettera a) (Immobili ad uso produttivo del gruppo catastale D) 38

§      Articolo 10, comma 4-quater, lettera b) (Differimento del termine per l’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali) 40

§      Articolo 10-bis (Interpretazione autentica del divieto di acquisto di immobili da parte delle PA per il 2013) 42

§      Articolo 10-ter (Esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale) 44

§      Articolo 10-quater (Attribuzione ai comuni del corrispettivo del gettito IMU immobili di proprietà comunale) 45

§      Articolo 10-quinquies (Criteri per la ripartizione del fondo sperimentale di riequilibrio) 47

§      Articolo 10-sexies (Semplificazione dei criteri per il riparto del fondo di solidarietà comunale nell’anno 2013) 49

§      Articolo 11, comma 5-bis (Rapporti finanziari tra Stato e Regione Sardegna) 51

§      Articolo 11, comma 8-bis (Uffici legali delle regioni) 53

§      Articolo 12, comma 3 (Copertura finanziaria) 54

Profili finanziari

§      Articolo 1, comma 17-ter – Versamento in tesoreria di disponibilità finanziarie relative al potenziamento di infrastrutture. 59

§      Articolo 1, comma 17-quater – Contributi in conto capitale ai comuni 59

§      Articolo 1, comma 17-quinquies – Sanzioni in materia di patto di stabilità 2012  60

§      Articolo 2, comma 6 - Modalità di utilizzo del Fondo per il pagamento dei debiti della PA – Sezione regionale. 61

§      Articolo 5-bis – Cessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie  62

§      Articolo 6, comma 01 – Certificazione dei debiti per prestazioni professionali 62

§      Articolo 6, comma 1-ter – Pagamenti in favore di società. 63

§      Articolo 6, comma 9 – Responsabilità dei dirigenti 63

§      Articolo 7, commi 1 e 6 – Estensione della ricognizione dei crediti alle obbligazioni per prestazioni professionali 64

§      Articolo 7, comma 9-bis – Cessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie  65

§      Articolo 10, comma 2, lettera d) – Disciplina della maggiorazione TARES in Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Province autonome di Trento e Bolzano. 66

§      Articolo 10, comma 2-ter – Attività di riscossione. 66

§      Articolo 10, comma 4-ter – Disposizioni in materia di utilizzo delle entrate da concessioni e sanzioni in materia edilizia. 67

§      Articolo 10 comma 4-quater, lettera a) – Disapplicazione della riserva erariale sugli immobili propri dei comuni di categoria D.. 67

§      Articolo 10-bis – Norma interpretativa del divieto di acquisto di immobili 68

§      Articolo 10-quater – Articolo 1, comma 10 – Articolo 12 - Attribuzione ai comuni del corrispettivo del gettito IMU relativo agli immobili di proprietà comunale. 69

§      Articolo 10-quinquies – Criteri per la ripartizione del fondo sperimentale di riequilibrio  70

§      Articolo 10-sexies – Semplificazione dei criteri per il riparto del Fondo di solidarietà comunale nell’anno 2013. 71

§      Articolo 11, comma 5-bis – Modifiche al patto di stabilità interno della regione Sardegna  72

§      Articolo 11, comma 8-bis – Patrocinio gratuito degli enti regionali 73

§      Articolo 12, comma 3, lettera c)-bis - Utilizzo di accantonamenti del fondo speciale di parte corrente  74

 

 


Schede di lettura


Articolo 1, comma 2, legge di conversione
(Rinnovo del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria)

 

 

Il nuovo comma 2, dell’articolo 1 della legge di conversione, esclude dall’elettorato attivo e passivo per il rinnovo del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria:

§      i componenti delle commissioni tributarie soprannumerari che entro la data delle elezioni non siano stati immessi nelle funzioni giurisdizionali;

§      i componenti della Commissione tributaria centrale.

 

Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria costituisce l’organo di autogoverno della magistratura tributaria ed è competente ad adottare tutti i provvedimenti relativi ai componenti delle commissioni tributarie. È stato introdotto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, e in analogia al Consiglio Superiore della Magistratura, la sua composizione è stata in seguito modificata dalla legge 21 novembre 2000, n. 342. Il Consiglio di presidenza è composto da undici componenti eletti dai giudici tributari e da quattro componenti eletti dal Parlamento, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i professori di università in materie giuridiche o i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni. L’articolo 17, comma 3, del D.Lgs. 545 del 1992 in particolare stabilisce che i componenti del consiglio di presidenza sono eletti da tutti i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali con voto personale, diretto e segreto, e non sono rieleggibili.

In tema di ineleggibilità l’articolo 20 del D.Lgs. 545/92 stabilisce che non possono essere eletti al Consiglio di presidenza, e sono altresì esclusi dal voto, i componenti delle commissioni tributarie sottoposti, a seguito di giudizio disciplinare, ad una sanzione più grave dell'ammonimento. Il componente di commissione tributaria sottoposto alla sanzione della censura è eleggibile dopo tre anni dalla data del relativo provvedimento, se non gli è stata applicata altra sanzione disciplinare.

Le attribuzioni del Consiglio, che qui non si dettagliano, sono elencate nell'articolo 24, comma 1, del D.Lgs. n. 545 del 1992.

 

Con riferimento ai componenti soprannumerari si ricorda che i commi 39 e 40 dell’articolo 4 della legge n. 183 del 2011 hanno disposto norme di dettaglio riguardanti il concorso bandito ai sensi dell'articolo 39, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per la copertura di 960 posti vacanti presso le commissioni tributarie, prevedendo, in primo luogo, la nomina e l’immissione in servizio dei candidati risultati idonei, anche in sovrannumero; sono inoltre prevista procedure di interpello per i trasferimenti dei componenti delle commissioni tributarie per la copertura di posti resisi vacanti a livello nazionale nelle commissioni provinciali o regionali.

 

Il comma 39-bis (introdotto dall’articolo 12, comma 4-bis, del D.L. n. 16 del 2012) ha istituito il ruolo unico nazionale dei componenti delle Commissioni tributarie presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, nel quale sono inseriti i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, nonché i componenti della commissione tributaria centrale. Nel ruolo unico sono inseriti, anche se temporaneamente fuori ruolo, i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, nonché i componenti della commissione tributaria centrale in servizio secondo la rispettiva anzianità di servizio nella qualifica. A decorrere dall'anno 2013, il ruolo unico è reso pubblico annualmente, entro il mese di gennaio, attraverso il sito istituzionale del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

La legge n. 228 del 2012 ha modificato le procedure di trasferimento dei componenti delle Commissioni tributarie nominati a seguito del concorso bandito il 3 agosto 2011 ed immessi in servizio, anche in sovrannumero, nella sede di commissione tributaria scelta per prima da ciascuno di essi. In particolare si prevede il loro inserimento in organico previo espletamento della procedura di interpello bandita dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria per la copertura di posti resisi vacanti a livello nazionale nelle commissioni provinciali o regionali. Le domande dei componenti in sovrannumero sono proponibili sia per la copertura della sede presso la quale sono soprannumerari sia per la copertura di altre sedi.

 

Con riferimento alla Commissione tributaria centrale, i cui componenti sono esclusi da parte della norma in esame dall’elettorato attivo e passivo per il rinnovo del Consiglio di Presidenza, si ricorda che tale organo, con sede in Roma, era previsto dal previgente D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, costituendo un terzo grado di giudizio. Il D.Lgs. n. 545/1992 ha soppresso detta commissione, mantenendola in funzione per i giudizi pendenti.

A seguito della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (articolo 1, comma 351) la Commissione tributaria centrale è stata suddivisa in 21 sezioni, con sede in tutti i capoluoghi di regione o provincia autonoma, alle quali sono stati riassegnati i procedimenti pendenti per accelerare lo smaltimento dell’arretrato.

 

Si osserva che la norma in esame presenta un carattere ordinamentale, estranea al contenuto del decreto-legge. A tale proposito, si ricorda che l'inserimento di disposizioni di carattere sostanziale in un disegno di legge di conversione non appare corrispondente ad un corretto utilizzo dello specifico strumento normativo rappresentato da tale tipologia di legge e che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 22 del 2012, tenuto conto che il secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione "istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario" ha affermato che "l'esclusione della possibilità di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalità del testo originario non risponde soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposta" dalla stessa norma costituzionale.


 

Articolo 1, comma 4
(Azione della Corte dei conti verso i responsabili dei servizi che non hanno chiesto gli spazi finanziari consentiti)

 

 

Il comma 4, modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede un intervento a titolo di accertamento e, ricorrendone i presupposti, di sanzione da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.

Presupposto dell’intervento è la segnalazione del collegio dei revisori degli enti locali di inadempimenti aventi ad oggetto:

§      la richiesta degli spazi finanziari, nei termini e secondo le modalità di cui al comma 2;

§      l’effettuazione di pagamenti per almeno il 90 per cento degli spazi concessi entro l’esercizio finanziario 2013.

Per questa parte, la modifica approvata dal Senato ripristina il testo originario del decreto-legge, eliminando la possibilità per la Procura di procedere anche al di fuori delle ipotesi di segnalazione dell’organo di controllo contabile, in primis d’ufficio.

 

L’art. 234 del D.Lgs. 267/2000, recante testo unico per gli enti locali, c.d. TUEL, come modificato dall’art. 3 del D.L. 174/2012, prevede che i consigli comunali degli enti locali eleggano un collegio di revisori composto da tre membri. Nelle unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali dei comuni che ne fanno parte, la revisione economico-finanziaria è svolta da un collegio di revisori composto da tre membri, che svolge le medesime funzioni anche per i comuni che fanno parte dell'unione. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità montana a maggioranza assoluta dei membri.

Gli enti locali strutturalmente deficitari, dissestati o che si trovano nelle specifiche condizioni indicate dall’art. 243 TUEL sono soggetti a controlli centrali della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali. Per quelli di grandi dimensioni (province, città metropolitane, comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti) e per quelli i cui rendiconti si chiudono in disavanzo, ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio, la norma prevede che il rendiconto venga presentato alla Sezione Enti locali della Corte dei conti per il referto di cui all'articolo 13 del D.L. 22 dicembre 1981, n. 786. Per tali enti sono altresì trasmesse alla Corte le relazioni dei revisori nominati dal consiglio comunale e ogni altro documento e informazione che questa richieda. Tale attività della Corte è oggetto di comunicazione e relazione alle Camere. La Sezione Enti locali può richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali ai fini del referto di cui all’articolo 3 della legge n. 20/1994 e del consolidamento dei conti pubblici.

Le funzioni dei revisori sono disciplinate dall’art. 239 TUEL, anch’esso modificato dal citato dall’art. 3 del D.L. 174/2012. A seguito delle modifiche introdotte le funzioni dei revisori dei conti sono significativamente ampliate, in particolare quanto all’ambito dei pareri. Sotto tale profilo le vigenti disposizioni non distinguono, quanto all’oggetto, tra competenze del consiglio, della giunta e dei dirigenti. Tuttavia, ferma restando la competenza degli enti locali in merito alle modalità di emanazione dei pareri, gli oggetti sono quelli fissati dall’art. 239.

Tra di essi, alla lett. b), n. 4, vi sono le proposte di indebitamento.

Inoltre, la lett. e) stabilisce la funzione dei revisori di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità, consentendo la tecnica del campionamento.

 

Premesso che la disposizione non contiene alcuna previsione di carattere sanzionatorio nei confronti dei revisori nel caso di assenza di segnalazione, come previsto invece dalla legislazione vigente per altre fattispecie, a.e. art. 248 TUEL, si segnala poi che dal punto di vista della formulazione letterale della disposizione, per il riferimento al “collegio” dei revisori negli enti con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore.

 

L’accertamento che mette capo all’attività sanzionatoria ha ad oggetto una condizione di tipo positivo e una di tipo negativo:

§      deve sussistere una delle fattispecie di inadempimento delineate dal comma in esame;

§      non deve sussistere un motivo che giustifichi l’inadempimento. La disposizione non indica una casistica cui siano riconducibili giustificati motivi.

Quando ricorrono entrambe le condizioni le sezioni giurisdizionali regionali irrogano una sanzione pecuniaria pari a due mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali, per i responsabili dei servizi interessati e, come specificato nel corso dell’esame al Senato, per gli eventuali corresponsabili per i quali risulti accertata la responsabilità ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. Le somme oggetto delle sanzioni irrogate sono acquisite al bilancio dell’ente.

 

Le sezioni giurisdizionali regionali hanno competenza in primo grado nei giudizi di responsabilità, di conto e pensionistici. Per i giudizi di responsabilità la legge individua le fattispecie oggetto di giudizio sotto il profilo della responsabilità amministrativa o erariale e stabilisce l’elemento soggettivo richiesto, in termini di dolo o colpa. Inoltre, l’art. 1 della legge 20/1994 limita la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave. Il comma in esame non qualifica gli inadempimenti indicati come fattispecie di responsabilità né contiene specificazioni in merito all’elemento soggettivo richiesto.

 

L’ultimo periodo del comma 4, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prescrive la pubblicazione delle sentenze di condanna al pagamento della sanzione pecuniaria sul sito istituzionale dell'ente, con l'indicazione degli estremi della decisione e della somma a credito, sino a quando le stesse non siano state eseguite per l'intero importo.

 

La disposizione richiede il rispetto delle cautele previste dal Codice della privacy. Alle stesse rinvia, del resto, anche l'art. 56, comma 2, del d. lg. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale) che, con riferimento alle "sentenze e alle altre decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese pubbliche mediante deposito in segreteria", ne prevede la pubblicazione anche sul sito istituzionale della rete Internet "osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali". Il comma 2-bis della medesima disposizione aggiunge che "i dati identificativi delle questioni pendenti, le sentenze e le altre decisioni depositate in cancelleria o segreteria dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono, comunque, rese accessibili ai sensi dell'articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo n. 196 del 2003".


 

Articolo 1, comma 10
(Riduzione del Fondo per assicurare la liquidità per
il pagamento dei debiti)

 

 

Il comma 10 dell’articolo 1 prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un Fondo con obbligo di restituzione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili.

Il Fondo è distinto in tre sezioni (a cui corrispondono tre articoli del relativo capitolo di bilancio):

§      “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali”;

§      “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”;

§      “Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale”.

 

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell’esame al Senato, la dotazione complessiva del Fondo è stata ridotta di 200 milioni di euro nel 2013 e nel 2014 a parziale copertura degli oneri derivanti dall’articolo 10-quater del provvedimento (vedi relativa scheda), che ha disposto la restituzione ai comuni dei contributi tagliati per effetto dell’assoggettamento anche degli immobili posseduti dai comuni stessi all’imposta municipale propria (IMU).

 

Nel complesso, la dotazione del Fondo per la liquidità viene ridotta[1] da 9,528 a circa 9,328 miliardi per l’anno 2013 e da 14,728 a circa 14,528 miliardi per l’anno 2014.

Tale riduzione viene imputata, specificamente, alla Sezione del Fondo destinata ad assicurare la liquidità agli enti locali per il pagamenti dei debiti, che diminuisce, pertanto, da 2 miliardi a 1,8 miliardi sia per il 2013 che per il 2014.

 

Si riporta di seguito la tabella ricostruttiva delle risorse del Fondo, come rideterminate a seguito dell’iter parlamentare del provvedimento:


(milioni di euro)

Sezioni del Fondo

2013

2014

Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali

1.800

1.800

Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari

2.528

3.728

Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale

5.000

9.000

Totale Fondo

9.328

14.528

 

Si ricorda che ai sensi dei successivi commi da 11 a 17 dell’articolo 1, l’utilizzo delle risorse del Fondo per gli enti locali è disposto per il tramite della Cassa Depositi e prestiti, attraverso il trasferimento delle risorse della relativa Sezione ad un apposito conto corrente, acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell’economia, la cui gestione è appunto affidata a Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale è allo scopo autorizzata ad effettuare operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto.

Le risorse del Fondo relative alle altre due Sezioni, destinate alle regioni, sono, invece, gestite direttamente dal Ministero dell’economia, ai sensi dei successivi articoli 2 e 3 del provvedimento, che vi provvede attraverso la concessione di anticipazioni di somme, su richiesta delle regioni medesime, da destinare ai pagamenti dei debiti per i quali la regione non è in grado di far fronte per carenza di liquidità.

 

L’ultimo periodo del comma 10, modificato dal Senato, dispone la costituzione di un accantonamento di una quota, pari al 10 per cento, della dotazione complessiva della Sezione del Fondo relativa alle regioni per i debiti non sanitari che, unitamente alle eventuali disponibilità non assegnate in prima istanza e con le medesime procedure, è destinata ad anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti non sanitari delle regioni richieste in data successiva a quella prevista dall’articolo 2, e precisamente nel periodo dal 30 aprile 2013 fino al 30 settembre 2013.

Le relative anticipazioni saranno erogate entro il 31 ottobre 2013.

 

Rispetto al testo originario, la costituzione dell’accantonamento del 10 per cento delle risorse del Fondo interessa ora soltanto le regioni, per anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti non sanitari, richieste successivamente al 30 aprile, e non più anche gli enti locali.


 

Articolo 1, comma 13-bis
(Utilizzo di somme residue ricevute a titolo di anticipazioni di liquidità e ricevute dalle regioni e province autonome)

 

 

Il comma 13-bis, stabilisce che gli enti locali che ricevono anticipazioni di liquidità a valere sul Fondo anticipazioni di cui al comma 13 e che ricevono dalla regione o dalla provincia autonoma somme ad essi dovute ai sensi dell’articolo 2 comma 6 del provvedimento – sono tenuti – una volta estinti tutti i debiti per i quali è stata chiesta l’anticipazione di liquidità o per i quali sono state utilizzate le somme di provenienza regionale – ad utilizzare le somme residue per l’estinzione dell’anticipazione di liquidità alla prima scadenza di pagamento della rata contrattualmente prevista.

La mancata estinzione dell’anticipazione entro il termine di cui sopra è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi del Decreto legislativo sul pubblico impiego, D.Lgs. n. 165/2001 e successive modificazioni.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 10 del decreto legge prevede l'istituzione nel bilancio dello Stato di un unico Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, con una dotazione di 9,3 milioni per il 2013 e di 14,5 milioni per il 2014. Il Fondo è distinto in tre Sezioni dedicate, rispettivamente, agli enti locali, alle Regioni e alle Province autonome, agli enti del Servizio sanitario nazionale.

Per ciò che concerne la Sezione enti locali del Fondo, dotata, a seguito delle modifiche operate dal Senato, di 1,8 miliardi per il 2013 e il 2014, si ricorda che l’articolo 1, comma 11 al fine di garantire l’immediata operatività della medesima Sezione enti locali, dispone il trasferimento delle relative disponibilità su un apposito conto corrente acceso presso la Tesoreria centrale dello Stato, intestato al Ministero dell’economia, la cui gestione viene affidata a Cassa depositi e prestiti S.p.A., la quale viene autorizzata ad effettuare, operazioni di prelevamento e versamento sul medesimo conto.

L’articolo 1, comma 13, definisce le modalità con le quali Cassa depositi procede all’anticipazione di liquidità agli enti locali a valere sulle risorse della predetta Sezione, nonché le modalità attraverso le quali gli stessi enti provvederanno alla restituzione delle anticipazioni. Ciò avverrà attraverso la predisposizione di un piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e di quota interessi, con durata fino ad un massimo trent’anni. La norma specifica che l’anticipazione è concessa agli enti locali che non possono far fronte con disponibilità di risorse proprie al pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero di quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il medesimo termine, a causa di carenza di liquidità.

Infine, l’articolo 2, comma 6 del provvedimento in esame stabilisce che il pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome deve riguardare, per almeno due terzi, residui passivi, anche perenti, nei confronti degli enti locali, purché nel limite di corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi ovvero, ove inferiori, nella loro totalità.

Queste risorse, ove nulla osti, essere utilizzate dagli enti locali prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012 ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il predetto termine[2].

Infine, si ricorda che valutazione della performance dei dirigenti è stata introdotta dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 150/2009, che prevede che “la prestazione individuale dei dirigenti è valutata annualmente in base «a) agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità; b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate; d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi”. Ai sensi del successivo articolo 10, gli indicatori, sulla base dei quali parametrare o meno il raggiungimento degli obiettivi prefissati sono individuati, per ciascuna amministrazione dal Piano della performance triennale.


 

Articolo 1, comma 14
(Soggetti tenuti a fornire a CDP, per conto dell’ente locale, certificazione dell’avvenuto pagamento dei debiti)

 

 

Il comma 14 dispone in ordine all’obbligo, per gli enti locali di procedere alla estinzione dei propri debiti certi liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012 di cui al comma 13:

§      immediatamente all’atto dell’erogazione delle anticipazioni concesse da parte di Cassa depositi e prestiti a valere sulle risorse della Sezione Enti locali del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili;

§      in ogni caso entro e non oltre i successivi 30 giorni dall’atto della stessa erogazione.

 

Il comma in esame è stato modificato nel corso dell’esame al Senato, nella parte in cui impegna l'ente locale a fornire a Cassa depositi e prestiti formale certificazione dell’avvenuto pagamento e dell’effettuazione delle relative registrazioni contabili.

In particolare, il comma ora dispone che tale certificazione è fornita dal responsabile finanziario dell’ente, ovvero da altra persona formalmente indicata dall'Ente, il quale fornisce alla Cassa depositi e prestiti formale certificazione dell’avvenuto pagamento e dell’effettuazione delle relative erogazioni contabili.


 

Articolo 1, comma 17-ter
(Versamenti in tesoreria di risorse per potenziamento infrastrutture)

 

 

Il comma 17-ter dell’articolo 1 reca una modifica all'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (legge n. 148/2011), che prevede il versamento in Tesoreria delle disponibilità derivanti da specifiche autorizzazioni legislative di spesa iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'interno, relative al potenziamento di infrastrutture.

Nello specifico, la norma citata prevede il versamento in Tesoreria su richiesta dell'ente interessato, entro 30 giorni dalla richiesta.

L’ente destinatario del finanziamento è tenuto a rendicontare le modalità di utilizzo delle risorse.

In merito a tale comma, si ricorda che la relazione tecnica all’emendamento che lo ha introdotto nel D.L. n. 138/2011, precisava che tale disposizione è finalizzata a disciplinare le modalità di erogazione delle risorse derivanti dalle autorizzazioni legislative di spesa relative al potenziamento delle infrastrutture da parte del Ministero dell’Interno a favore dei comuni.

 

La modifica introdotta dal comma in esame è volta ad introdurre un obbligo inderogabile di versamento in Tesoreria delle suddette disponibilità, entro trenta giorni dalla richiesta dell'ente interessato.


 

Articolo 1, comma 17-quater
(Esclusione dei contributi in conto capitale dei comuni da variazioni compensative di cassa)

 

 

Il comma 17-quater dell’articolo 1, reca una modifica all'articolo 6, comma 15-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (legge n. n. 135/2012), volta ad escludere i contributi in conto capitale assegnati dalla legge direttamente al comune beneficiario dalle misure di flessibilità che possono interessare i capitoli del bilancio dello Stato, in applicazione dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge medesimo.

 

Si ricorda che il citato comma 14 dell’articolo 6 del D.L. n. 95/2012 ha introdotto, quale ulteriore forma di flessibilità del bilancio statale, la possibilità che in ciascun stato di previsione della spesa possano essere disposte, tra capitoli, variazioni compensative di sola cassa, al fine di preordinare nei tempi stabiliti le disponibilità di cassa dei capitoli medesimi, occorrenti per disporre i pagamenti previsti nel corrente esercizio finanziario e in quello successivo.

Tale norma è da mettere in relazione con quanto disposto dal comma 10 del medesimo articolo 6, il quale prevede l'obbligo per il dirigente responsabile della gestione - in relazione a ciascun impegno assunto sui capitoli di bilancio di propria pertinenza relativo a spese per somministrazioni, forniture e appalti - di predisporre, in via sperimentale a partire dall’esercizio finanziario 2013, un apposito piano finanziario pluriennale che consenta di programmare i flussi di cassa connessi agli impegni di spesa derivanti dalla gestione.

Secondo quanto riportato dalla Relazione illustrativa al D.L. n. 95/2012, l'introduzione del piano finanziario è finalizzata a consentire - data l'invarianza dei saldi di cassa di ciascuno stato di previsione - una più agevole programmazione dei pagamenti, avendo lo scopo di contemperare l'accelerazione dei pagamenti dei debiti commerciali contratti dall'Amministrazione con l'utilizzo razionale delle disponibilità di cassa autorizzate a legislazione vigente.

In relazione a ciò, è stato contestualmente disposto l’aumento della flessibilità nella gestione di bilancio sia all’interno di un esercizio, mediante variazioni di cassa compensative tra capitoli - con la sola eccezione per i pagamenti effettuati mediante l’emissione di ruoli di spesa fissa -, sia tra esercizi successivi, mediante la reiscrivibilità in bilancio di stanziamenti annuali non totalmente impegnati alla scadenza dell’esercizio e di rimodulare le autorizzazioni di spesa pluriennale.

 

La norma in esame è volta pertanto ad evitare che variazioni compensative di cassa possano essere effettuate sui capitoli recanti stanziamenti relativi a contributi in conto capitale, quali indicati dall’articolo 6, comma 15-bis, del D.L. n. 95/2012, vale a dire quelli assegnati direttamente da disposizioni legislative a specifici comuni beneficiari.

 

Si ricorda, infine, che la norma novellata dal comma in esame dispone, altresì, l’esclusione dei contributi in conto capitale assegnati dalla legge direttamente al comune beneficiario dal calcolo per la riduzione delle spettanze dei comuni, effettuate, a decorrere dal 2011, in applicazione dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, 78[3]. A tal fine, il Ministero dell'interno è stato autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni ai decreti ministeriali di attuazione già adottati, al fine di escludere dal calcolo, per la determinazione delle suddette riduzioni, i contributi in conto capitale assegnati direttamente al comune beneficiario.


 

Articolo 1, comma 17-quinquies
(Mancato rispetto patto di stabilità 2012 per pagamento dei debiti)

 

 

Il comma 17-quinquies dell’articolo 1 dispone in merito all’applicazione delle sanzioni nel caso di mancato adempimento del patto di stabilità interno nell’anno 2012 da parte degli enti locali.

La norma dispone che, laddove il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dal patto per l’anno 2012, sia dovuto al pagamento dei debiti di cui al comma 1, vale a dire dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali maturati alla data del 31 dicembre 2012, la sanzione consistente nella riduzione dei trasferimenti provenienti dai Fondi sperimentali di riequilibrio o perequativi in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo predeterminato - prevista dall'articolo 31, comma 26, lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183 - si applica limitatamente all'importo non imputabile ai predetti pagamenti.

Resta ferma l’applicazione delle altre sanzioni previste dalla normativa vigente.

 

L’articolo 31, comma 26, della legge n. 183/2011, come modificato, da ultimo dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012, articolo 1, comma 439), reca le misure di carattere sanzionatorio applicabili, a regime, agli enti locali che non rispettano gli obiettivi del patto di stabilità. Il sistema sanzionatorio prevede per gli enti inadempienti, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

a)    l’assoggettamento ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo[4] in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Tale sanzione si applica anche agli enti locali della Regione siciliana e della regione Sardegna, quale riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata. In caso di incapienza dei predetti fondi, gli enti interessati dovranno versare le somme residue all’entrata del bilancio dello Stato. La sanzione in questione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente.

Si segnala che per i comuni, a seguito della soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale - nonché dei trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, limitatamente alle tipologie di trasferimenti fiscalizzati – disposta, in ragione della complessiva ridefinizione della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU, dall’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), le disposizioni in materia di sanzioni che richiamano il fondo sperimentale di riequilibrio o i trasferimenti erariali in favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna devono intendersi riferite al Fondo di solidarietà comunale[5].

b)    il divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all’importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio[6];

c)    il divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti.

Per quanto concerne la contrazione di mutui e di prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, si precisa, in linea con la normativa vigente, che essi devono essere corredati da apposita attestazione, da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. In assenza della predetta attestazione, l’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito[7].

d)    il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento a processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della sanzione[8];

e)    l’obbligo di procedere ad una rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza, apportando una riduzione del 30% rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010[9].


 

Articolo 2, commi 5 e 6
(Pagamenti dei debiti delle Regioni)

 

 

La norma in esame reca modifiche all'articolo 2, che dispone in merito al pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

La prima modifica interviene al comma 5, che disciplina gli adempimenti successivi all'erogazione della anticipazione destinata al pagamento dei debiti.

Una volta ricevuta l'anticipazione, ciascuna regione, dovrà immediatamente provvedere al pagamento del debiti inseriti nel "piano di pagamento" (redatto ai sensi del comma 3, lett. b) del medesimo art. 2); il responsabile finanziario della Regione provvederà quindi a dare formale certificazione dei pagamenti effettuati e delle relative registrazioni contabili al tavolo di verifica degli adempimenti (istituito ai sensi del comma 4 dell'art. 2).

La modifica in esame aggiunge un'altro soggetto abilitato a rilasciare tale certificazione, al fine di rendere la disciplina omogenea con quella dettata dall'articolo 3 del decreto legge in esame recante le disposizioni concernenti il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale.

Quella norma infatti (articolo 3, comma 6) prevede la possibilità che la certificazione degli avvenuti pagamenti sia rilasciata – in quel caso - dal responsabile della gestione sanitaria accentrata, ovvero da altra persona formalmente indicata dalla Regione all'atto dell'istanza di anticipazione (disciplinata al comma 4 dell'articolo 3).

In modo analogo, la modifica in esame prevede la possibilità che la certificazione degli avvenuti pagamenti sia rilasciata dal responsabile finanziario della Regione ovvero da altra persona formalmente indicata dalla Regione di cui al all'articolo 3, comma 6.

Il riferimento all'articolo 3, comma 6 – sopra illustrato - sembrerebbe far intendere che il soggetto debba essere formalmente indicato dalla regione all'atto della richiesta di anticipazione che, nel caso delle Regioni, è disciplina dal comma 1 dell'articolo 2.

 

La seconda norma modificata concerne il pagamento dei debiti nei confronti degli enti locali, disciplinato al comma 6.

La norma - già modificata nel corso dell'esame alla Camera - specifica che due terzi dei debiti inseriti nel piano di pagamento della regione deve avere ad oggetto residui passivi, anche perenti, nei confronti degli enti locali, nel limite dei corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi, ovvero, ove inferiori, nella loro totalità. Gli enti locali, a loro volta, dovranno utilizzare le risorse ricevute in tal modo dalla regione, prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012.

Una prima modifica aggiunge una specificazione in relazione ai residui passivi nei confronti degli enti locali che la regione è tenuta a saldare, questi infatti debbono essere in via prioritaria di parte capitale.

La seconda modifica inserisce una forma di concertazione con gli organismi rappresentativi degli enti locali, ANCI per i comuni e UPI per le province. Ciascuna regione è tenuta a concordare con le associazioni regionali Anci e UPI la ripartizione dei pagamenti tra i comuni e le province.


 

Articolo 5-bis
(Cessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie)

 

 

La norma dispone che, per consentire l'integrale pagamento dei debiti della pubblica amministrazione maturati alla data del 31 dicembre 2012, nonché per motivate esigenze economico-finanziarie, il Ministero dell'economia possa autorizzare la cessione di garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie nazionali, comunitarie e internazionali. Viene inoltre espressamente disposto che la norma debba operare senza aggravio dei potenziali oneri per l’erario.

Si rammenta che In base all’articolo 31 della legge n. 196/2009 le garanzie (principali e sussidiarie) prestate dallo Stato a favore di enti od altri soggetti pubblici sono contenute in un elenco allegato allo stato di previsione del MEF, cap. 7407, rubricato come “Oneri derivanti dalle garanzie assunte dallo Stato in dipendenza di varie disposizioni legislative” e la cui dotazione per l’anno 2013 reca uno stanziamento di bilancio pari a circa 79 milioni di euro. Poiché tali oneri hanno natura obbligatoria, qualora se ne presenti la necessità – vale a dire in caso di ricorso alla garanzia statale – è anche consentito il prelevamento di ulteriori risorse dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie, previsto in bilancio ai sensi dell’articolo 26 della medesima legge n.196/2009.

 

Premesso che, con riguardo alla formulazione del testo, potrebbe essere opportuno meglio precisare se la norma, come desumibile dal tenore letterale della stessa, faccia riferimento a crediti già assistiti da garanzia statale, andrebbe chiarito se la cessione di garanzia in esame, avendo carattere eventuale – in quanto rimessa ad una valutazione del Ministero dell’economia e delle finanze – incida, e nel caso secondo quali modalità, nell’elenco allegato al capitolo 7407 sopracitato.

In tale ipotesi l’articolo in esame potrebbe peraltro presentare profili di rilievo finanziario, anche in relazione alla espressa previsione che esso debba operare “senza aggravio dei potenziali oneri per l’erario” per i quali si rinvia al commento della norma stessa contenuto nella parte finale del presente dossier (relativo agli aspetti finanziari del provvedimento).

Va altresì rilevato come, anche in tal caso sotto il profilo della formulazione della norma, qualora il sopradetto inciso in ordine all’assenza di potenziali oneri sia da intendersi come clausola di neutralità finanziaria, lo stesso potrebbe essere più opportunamente formulato in termini di assenza di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 6, comma 01
(Estensione della disciplina della certificazione ai crediti per prestazioni professionali)

 

 

Il comma 01 opera una modifica al comma 3-bis dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008 (legge n. 2/2009), al fine di estendere anche ai crediti delle imprese per prestazioni professionali la disciplina della certificazione del credito da parte delle pubbliche amministrazioni, contenuta nella citata disposizione.

In particolare, l’articolo 9, comma 3-bis D.L. n. 185/2008 prevede che, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali nonché gli enti del Servizio sanitario nazionale certificano, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.

Scaduto tale termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell'ente debitore. La nomina è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali, o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali periferiche, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

La certificazione di cui al comma 3-bis non può essere rilasciata a pena di nullità dagli enti locali commissariati e dagli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, i quali non possono rilasciare certificazione a pena di nullità (articolo 9, 3-ter del D.L. n. 185/2008).

Infine si ricorda che l’articolo 12, comma 11-quinquies, D.L. n. 16/2012 ha esteso l’applicazione della procedura di certificazione del credito di cui al comma 3-bis allo Stato ed agli enti pubblici nazionali.

 

Con tale modifica, dunque, anche i debiti per prestazioni professionali sono assoggettati alla procedura di ricognizione dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni prevista dall’articolo 7 del decreto legge in esame. Ed a tal fine, nel corso dell’esame al Senato sono state operate modifiche ai commi 1 e 4 del medesimo articolo 7 (si rinvia alla relativa scheda di lettura).


 

Articolo 6, commi 1-bis - 1-ter e comma 9
(Disposizioni in materia di pagamenti)

 

 

Il comma 1-bis, modificato nel corso dell’esame al Senato, autorizza il Governo a promuovere la stipula di convenzioni aventi ad oggetto la creazione di sistemi di monitoraggio per verificare che la liquidità derivante dal pagamento dei crediti ceduti e dal recupero di risorse finanziarie da parte delle imprese la cui posizione si era deteriorata a causa del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni sia impiegata a sostegno dell'economia reale e del sistema produttivo.

Tali convenzioni sono stipulate dal Governo con le associazioni di categoria del sistema creditizio e – in virtù di quanto inserito al Senato – con le associazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Si ricorda, infine, che il comma 1-bis prevede che ogni dodici mesi dalla data di approvazione della legge di conversione del decreto-legge, il Governo deve trasmettere alle Camere una relazione concernente le convenzioni sottoscritte e i risultati del monitoraggio.

 

Il comma 1-ter prevede che i pagamenti effettuati dalle amministrazioni pubbliche ai sensi del Capo I in favore degli enti, delle società o degli organismi a totale partecipazione pubblica sono prioritariamente destinati al pagamento dei debiti di cui, rispettivamente, degli articoli 1, 2, 3 e 5 del provvedimento, nei confronti dei rispettivi creditori.

Nel corso dell’esame al Senato è stata introdotta la previsione che le società di cui sopra sono quelle inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate annualmente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), in apposito elenco[10].

La norma sembra potersi interpretare nel senso che le risorse di cui gli enti, le società o gli organismi privati a totale partecipazione pubblica è creditore ai sensi del Capo I del provvedimento, che vengono pagate dalla pubblica amministrazione, dovranno essere prioritariamente destinate dai medesimi soggetti al pagamento delle stesse tipologie di debiti certi liquidi ed esigibili previste dal Capo I, articoli 1, 2, 3 e 5 nei confronti dei relativi creditori.

 

Nel corso dell’esame al Santo è stato modificato il comma 9, che concerne l’obbligo di comunicazione ai creditori, da parte delle amministrazioni pubbliche (gli enti territoriali di cui agli articoli da 1 a 3 e lo Stato, di cui all’articolo 5 del provvedimento) entro il 30 giugno 2013, anche mediante posta elettronica certificata[11], dell’importo e della data entro la quale verranno effettuati i pagamenti. La mancata comunicazione rileva ai fini della responsabilità per danno erariale a carico del responsabile dell'ufficio competente.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stata introdotta la previsione per cui, entro il 5 luglio 2013, le pubbliche amministrazioni di cui sopra sono tenute a pubblicare sul proprio sito internet l'elenco completo, per ordine cronologico di emissione della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, dei debiti per i quali è stata effettuata la sopra descritta comunicazione di pagamento ai creditori, indicando l'importo e la data prevista di pagamento comunicata al creditore.

La mancata pubblicazione è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo sul pubblico impiego, D.Lgs. n. 165/2001. Inoltre, i dirigenti responsabili sono assoggettati ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella certificazione del credito.

E’ presumibile che per certificazione del credito si intenda, in questa sede, la pubblicazione dell’elenco dei debiti per cui è intervenuta comunicazione di pagamento.

 

La valutazione della performance dei dirigenti è stata introdotta dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 150/2009, che prevede che “la prestazione individuale dei dirigenti è valutata annualmente in base «a) agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità; b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate; d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi”. Ai sensi del successivo articolo 10, gli indicatori, sulla base dei quali parametrare o meno il raggiungimento degli obiettivi prefissati sono individuati, per ciascuna amministrazione dal Piano della performance triennale.

 

Infine si prevede che all’attuazione dell’intero disposto del comma 9 in commento si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente.


 

Articolo 7, commi 1, 4 e 6
(Estensione della ricognizione dei crediti alle obbligazioni per prestazioni professionali)

 

Il comma 1 dell’articolo 7, prevede che le amministrazioni pubbliche - ai fini della certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, e, secondo quanto introdotto dal Senato, per la certificazione delle somme dovute per obbligazioni relative a prestazioni professionali - provvedono a registrarsi sulla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell’economia e finanze – RGS, entro il 29 aprile 2013 (20 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge).

 

Si ricorda che, ai sensi della disciplina in materia di certificazioni richiamata nel comma 1 in esame (articolo 9, commi 3-bis e 3-ter, D.L. n. 185/2008, e articolo 12, comma 11-quinquies, D.L. n. 16/2012), la certificazione del credito è rilasciata, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti – qualora il credito è certo, liquido ed esigibile - anche al fine di consentirne la cessione pro soluto o pro solvendo a banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.

Le pubbliche amministrazioni che sono tenute a rilasciare certificazione sono:

§       le regioni e dagli enti locali, ad eccezione degli enti locali commissariati e dagli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, i quali non possono rilasciare certificazione a pena di nullità (articolo 9, comma 3-bis e 3-ter del D.L. n. 185/2008);

§       Stato e gli enti pubblici nazionali (articolo 12, comma 11-quinquies, D.L. n. 16/2012).

Si ricorda inoltre, che ai sensi della disciplina attuativa delle citate norme (D.M. 25 giugno 2012, come modificato dal D.M. 19 ottobre 2012 e D.M. 22 maggio 2012, come modificato dal D.M. 24 settembre 2012, anch’essi richiamati nel comma 1 dell’articolo 7), la forma ordinaria/cartacea di certificazione è stata sostituita a fine ottobre 2012 dall’apposita piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, istituita dal Ministero dell’economia e finanze – RGS avvalendosi di Consip.

 

Con riferimento alle procedure di accreditamento delle amministrazioni pubbliche presso la piattaforma elettronica si ricorda che esse sono di fatto ancora in corso.

 

Il comma 4 prevede che le pubbliche amministrazioni debitrici di cui al comma 1 sono tenute a comunicare attraverso la piattaforma elettronica, a partire dal 1° giugno 2013 ed entro il termine del 15 settembre 2013, l’elenco completo dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, con l’identificazione dei dati identificativi del creditore e ferma restando la possibilità di acquisire nelle forme ordinarie già previste a legislazione vigente la certificazione di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, e – in virtù della modica apportata al Senato – per obbligazioni relative a prestazioni professionali.

L’estensione ai debiti per prestazioni professionali delle pubbliche amministrazioni della procedura di ricognizione prevista dall’articolo 7 va messa in correlazione con il nuovo comma 01 dell’articolo 6, anch’esso introdotto al Senato, il quale – attraverso una modifica al comma 3-bis dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008 (legge n. 2/2009) - estende anche ai crediti delle imprese per prestazioni professionali la disciplina della certificazione del credito, contenuta nella citata disposizione (cfr. relativa scheda di lettura).

 

Infine, il comma 6, terzo periodo, come modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede ora come obbligatoria - e non più facoltativa, come invece previsto dal testo del provvedimento come approvato dalla Camera- l’indicazione, da parte delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, in sede di comunicazione dei propri debiti di cui al comma 4, della data prevista per il pagamento degli stessi debiti o per parte di essi.

L’indicazione avviene nei limiti degli spazi finanziari derivanti dalle esclusioni dai vincoli del patto del patto di stabilità interno disposti dall’articolo 1 del decreto legge e dalle anticipazioni di liquidità concesse agli enti territoriali a valere sull’apposito “Fondo per assicurare liquidità per pagamenti debiti certi liquidi ed esigibili” di cui all’articolo 1, comma 10.

Il comma 6 prevede, inoltre, che per i debiti per cui è indicata data di pagamento, la certificazione si intende rilasciata con apposizione della data di pagamento anche ai fini della disciplina della compensazione dei medesimi crediti con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo ai sensi dell’articolo 28-quater e 28-quinquies del D.P.R. 602/73.

In relazione alle esclusioni dai vincoli del patto di stabilità nonché alle anticipazioni, definite dopo la comunicazione dell’elenco dei debiti commerciali ai sensi del comma 4, le amministrazioni interessate possono aggiornare la comunicazione effettuata limitatamente ai debiti privi di data. Le date indicate nella comunicazione non possono essere modificate in sede di aggiornamento.

 

Con riferimento all’obbligo di indicare la data di pagamento dei debiti o di parte di essi, in sede di comunicazione degli stessi alla piattaforma elettronica ai sensi del comma 4, si sottolinea che si tratta di debiti per somministrazioni forniture appalti e prestazioni professionali, “certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2012”.

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, comma 14, l’obbligo, per gli enti locali, di procedere alla estinzione dei propri debiti certi liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012 di cui al comma 13, immediatamente all’atto dell’erogazione delle anticipazioni di liquidità ad essi concesse e in ogni caso entro e non oltre i successivi 30 giorni dall’atto della stessa erogazione.

Si osserva infine che l’obbligo di indicazione della data di pagamento per tutti i debiti o “per parte” di essi sembra doversi mettere in correlazione con il rispetto dei limiti degli spazi finanziari derivanti dalle esclusioni dai vincoli del patto del patto di stabilità interno disposti dall’articolo 1 del decreto legge e dalle anticipazioni di liquidità concesse agli enti territoriali.

Articolo 7, comma 9-bis
(Eventuale concessione della garanzia dello Stato nel 2014)

 

 

Il comma 9-bis dell’articolo 7 prevede che alla Nota di aggiornamento del DEF 2013 sia allegata una relazione che dà conto dello stato di attuazione del decreto legge in esame.

Oltre ad indicare lo stato dei pagamenti dei debiti effettuati dagli enti territoriali e dalle amministrazioni statali, nonché gli esiti dell'attività di ricognizione svolta dalle amministrazioni pubbliche sui propri debiti commerciali maturati alla data del 31 dicembre 2012, tale relazione deve in particolare indicare altresì le iniziative eventualmente necessarie, da assumersi anche con la legge di stabilità per il 2014, per il completamento del pagamento dei debiti delle amministrazioni pubbliche maturati alla data del 31 dicembre 2012, inclusi i debiti fuori bilancio per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali.

Tale comma è stato modificato nel corso dell’esame presso il Senato, disponendosi che le iniziative da assumersi con la legge di stabilità 2014 per il pagamento dei debiti in questione possano concernere anche la concessione, nell’anno 2014 medesimo, della garanzia dello Stato al fine di agevolare la cessione dei relativi crediti a banche ed altri intermediari finanziari.

Tale concessione, si precisa con la modifica in esame, deve avvenire nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica (che, com’è noto sono indicati nel Documento di economia e finanza e poi nella Nota di aggiornamento al medesimo).


 

Articolo 10, comma 2, lettera d)
(Disposizioni in materia di Tares)

 

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 10 dettano una disciplina transitoria per il pagamento della Tares (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) consentendo ai comuni, per il solo anno 2013 di modificare la scadenza (fissata al mese di luglio) e il numero delle rate di versamento del tributo; inviare ai contribuenti i modelli di pagamento precompilati già predisposti per la Tarsu, la Tia 1 o la Tia 2; avvalersi per la riscossione del tributo dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani. La maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato – per la quale i comuni, nel 2013, non possono esercitare la facoltà di aumento fino a 0,40 euro – viene riservata allo Stato. Viene, inoltre, estesa l’esclusione dalla tassazione alle aree scoperte pertinenziali o accessorie di tutti i locali tassabili.

 

Ai sensi della lettera d) del comma 2, per l’anno 2013 non sono applicate le riduzioni delle somme assegnate ai comuni dal comma 13-bis dell’articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 (istitutivo del tributo) in relazione alle maggiori entrate derivanti dalla predetta maggiorazione di 0,30 euro per metro quadro, atteso che tali entrate vengono per il medesimo anno riservate Stato.

 

La modifica introdotta al Senato esclude da tale norma le regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché nelle Province autonome di Trento e di Bolzano. Per le predette regioni e Province autonome non si applica inoltre, la lettera c) del comma 2, che prevede la riserva allo Stato della maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato.

In sostanza sono escluse dalle norme citate quelle regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono con risorse del proprio bilancio al finanziamento dei comuni del loro territorio o in altre parole in cui i comuni dei rispettivi territori non ricevono alcun finanziamento dallo Stato[12].

Le disposizioni richiamate riguardano i comuni delle regioni a statuto ordinario e quelli delle regioni Sicilia e Sardegna, vale a dire i comuni che ricevono finanziamenti dallo Stato. Il comma 13-bis del citato art. 14 istitutivo del tributo, in conseguenza della maggiorazione standard (disposta dallo stesso art. 14, al comma 13) disponeva riduzioni delle assegnazioni statali ai comuni, in particolare del fondo sperimentale di riequilibrio e del fondo perequativo, fondi a cui non partecipano i comuni delle citate regioni a statuto speciale. Poiché la lettera c) dell'articolo 10 del testo di legge in esame, dispone ora la riserva all'erario per il 2013 della citata maggiorazione, ai predetti comuni non devono più essere applicate – per lo stesso anno – le riduzioni dei due fondi.

Si ricorda, inoltre, che lo stesso articolo 13-bis, reca disposizioni differenziate per il 'recupero' al bilancio statale del predetto maggior gettito dei comuni ricadenti nel territorio delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. La norma prevede infatti che fino all'emanazione delle norme di attuazione dello statuto speciale – procedura 'concordataria' privilegiata ai sensi di quanto disposto dall'articolo 27 della legge 42/2009 sul federalismo fiscale - è accantonato un importo pari al maggior gettito derivante dalla maggiorazione, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.


 

Articolo 10, comma 2-ter
(Proroga Equitalia per la riscossione delle entrate locali)

 

 

Il nuovo comma 2-ter, consente ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia fino al 31 dicembre 2013. Tale norma consente quindi di superare la scadenza del 30 giugno prossimo, a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata dovrebbero cessare - secondo quanto stabilito all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, e successive proroghe - di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.

Tale termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto – legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto – legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali.

Si osserva che la modifica, in analogia con le precedenti proroghe alla disposizione in commento, non interviene con una novella all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, ma con una proroga non testuale.

 

La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. 70/2011

Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies del decreto-legge 70/2011 ha recato importanti novità sul sistema di accertamento e riscossione delle entrate di comuni e società partecipate.

In primo luogo esso prevede che a partire da una specifica data – originariamente fissata al 31 dicembre 2012 e posticipata al 30 giugno 2013 - Equitalia Spa e le società da essa partecipate cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate. Dal momento di tale cessazione spetterà dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o dall’affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:

§       la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo. L’ingiunzione fiscale consiste in un atto amministrativo dell’ufficio finanziario contenente l’ordine per il debitore di imposta di pagare l’importo dovuto entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi. L’ingiunzione costituisce un atto complesso con molteplici funzioni e contenuti quali: determinare l’ammontare del tributo; mettere in mora il debitore; creare il titolo esecutivo;

§       le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.

Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati (per effetto delle modifiche apportate alla lettera gg-septies dall’articolo 5, comma 8-bis del D.L. 16 del 2012) questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione – entro la prima decade del mese.

Il vigente sistema di riscossione delle entrate locali

A seguito della riforma della riscossione – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare, ai sensi del citato comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.a. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).

In alternativa, e fino al momento dell'eventuale cessione, totale o parziale, del proprio capitale sociale ad Equitalia, ai concessionari è stato consentito di scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai cessionari è stato concesso di agire mediante la ricordata procedura dell'ingiunzione fiscale, fatta eccezione per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali avrebbero trovato applicazione le ordinarie disposizioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Ai sensi del successivo comma 25, fino al 30 giugno 2013, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi fosse diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica.

Infine, fatto salvo l'eventuale affidamento temporaneo a Equitalia, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica, con decorrenza 30 giugno 2013.


 

Articolo 10, comma 4, lettera b)
(Modifica dei termini di invio e pubblicazione delle delibere IMU)

 

 

Il Senato ha novellato la lettera b) del comma 4 relativo all’invio e alla pubblicazione delle delibere comunali in materia di IMU, previste dal comma 13-bis dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011.

Fermo restando che il versamento della seconda rata è eseguito a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno con eventuale conguaglio sulla prima rata versata, le modifiche apportate dal Senato differiscono di 12 giorni, rispetto a quelli già novellati dalla Camera (riportati in corsivo tra parentesi), i termini per l’invio e la pubblicazione delle delibere comunali in materia di IMU.

In particolare il versamento della seconda rata dell’IMU dovrà essere effettuato sulla base degli atti pubblicati nel sito informatico (già previsto per la pubblicazione delle delibere in materia di addizionale comunale IRPEF ai sensi dell’art. 1, co. 3, del D.Lgs. n. 360/1998) alla data del 28 ottobre (16 ottobre) di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto a effettuare l'invio di cui al primo periodo entro il 21 ottobre (9 ottobre) dello stesso anno. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre (16 ottobre), si applicano gli atti adottati per l'anno precedente

 

Si ricorda che il testo originario del D.L. prevedeva il versamento della seconda rata dell’IMU in base agli atti pubblicati alla data del 16 novembre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto a effettuare l’invio entro il 9 novembre. In caso di mancata pubblicazione entro il termine, si applicano gli atti pubblicati entro il 16 maggio dell’anno di riferimento oppure, in mancanza, quelli adottati per l’anno precedente.


 

Articolo 10, comma 4-bis
(Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato)

 

 

Il comma 4-bis dell’articolo 10 reca una modifica all'articolo 259 del Testo unico degli enti locali (di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 - TUEL), che disciplina l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato che deve essere approvato dagli enti locali che hanno deliberato lo stato di dissesto finanziario.

In particolare, il comma 1 della norma citata dispone che il Consiglio dell'ente locale è tenuto ad approvare e presentare al Ministro dell'interno un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di nomina dell’organo straordinario di liquidazione, previsto dall'articolo 252 del TUEL.

Secondo le disposizioni dettate dal capo IV del Titolo VIII del TUEL (artt. 259-263), il bilancio stabilmente riequilibrato, approvato e presentato al Ministero nei termini suddetti, deve riferirsi all’esercizio finanziario successivo a quello nel corso del quale è stato dichiarato il dissesto qualora per tale anno sia stato approvato il bilancio di previsione[13] oppure all’esercizio in corso qualora non sia stato approvato il bilancio di previsione.

 

La norma in esame reca un comma aggiuntivo 1-bis nell’articolo 259 del TUEL volto a precisare che nei casi in cui la dichiarazione di dissesto viene adottata nel corso del secondo semestre dell'esercizio finanziario per il quale risulta non essere stato ancora validamente deliberato il bilancio di previsione[14], o sia adottata nell'esercizio successivo, l’ipotesi di bilancio che il Consiglio dell'ente presenta all'approvazione del Ministro dell'interno deve essere tale da garantire l'effettivo riequilibrio entro il secondo esercizio.

 

L'ipotesi di bilancio, si ricorda, è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti.

Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e di competenze tra la gestione passata e quella corrente. All’organo straordinario di liquidazione è demandata la competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Esso provvede pertanto alla: rilevazione della massa passiva; all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; alla liquidazione e pagamento della massa passiva.

L’amministrazione locale deve occuparsi esclusivamente del bilancio risanato al fine di non incorrere in un nuovo dissesto.

Si ricorda, infine, che l’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con D.Lgs. n. 267/2000).


 

Articolo 10, comma 4-ter
(Utilizzo dei proventi derivanti dai permessi di costruire e dalle sanzioni in materia edilizia)

 

 

Il comma 4-ter novella l’articolo 2, comma 8, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) disponendo l’applicazione, per gli anni 2013 e 2014, della disciplina ivi prevista concernente l’utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Tale norma ha consentito di utilizzare, dal 2008 al 2012, i predetti proventi per una quota non superiore al 50 per cento per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

Premesso che il citato T.U. in materia edilizia ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di permesso di costruire, si segnala che in base all’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, abrogato dal medesimo testo unico[15], i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni in materia edilizia erano considerati quali risorse vincolate a destinazione specifica, in quanto erano versati su conti correnti speciali presso le tesorerie comunali ed erano destinati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, all'acquisizione delle aree da espropriare, nonché, nel limite massimo del 30 per cento, a spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. Si ricorda che il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministrazione comunale comporta per il privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione" (art. 16, comma 1, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).

Nel corso degli anni sono state adottate alcune norme volte a disciplinare l’utilizzo dei predetti proventi al fine di destinarli, tra l’altro, in misura prevalente alle spese correnti. L’articolo 1, comma 43, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), aveva stabilito la possibilità di destinare i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico n. 380 del 2001 al finanziamento di spese correnti entro il limite del 75 per cento per il 2005 e del 50 per cento per il 2006. L’articolo 2, comma 8, della legge n. 244 del 2007[16] ha disciplinato il regime di utilizzo dei proventi dal 2008 fino al 2012.

Da ultimo, l’articolo 4, comma 3, della legge 14 gennaio 2013, n. 10, recante norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, ha introdotto una norma a regime in base alla quale “le maggiori entrate derivanti dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia sono destinate alla realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio comunale in misura non inferiore al 50 per cento del totale annuo”.

Si segnala infine che, per quanto riguarda i lavori parlamentari in corso, l’VIII Commissione ha avviato, nella seduta del 29 maggio 2013, l’esame in sede referente della proposta di legge A.C. 70, recante norme per il contenimento dell’uso del suolo e la rigenerazione urbana, che, all’articolo 8, comma 2, riprendendo il contenuto del citato art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, disciplina l’utilizzo dei proventi degli oneri relativi all'urbanizzazione primaria e secondaria e al costo di costruzione previsti dall'art. 16 del D.P.R. 380/2001 prevedendo che siano versati in un conto corrente vincolato presso la tesoreria del comune e destinati esclusivamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e in altri tessuti urbani da tutelare, all’acquisizione delle aree da espropriare, nonché, nel limite massimo del 30%, a spese di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio comunale.

 

Sembrerebbe, pertanto, opportuno un coordinamento tra la disposizione in commento, che consente di destinare anche per gli anni 2013 e 2014 i proventi dei permessi di costruire e delle sanzioni previste dal T.U. n. 380/2001, nella misura massima del 50 per cento al finanziamento delle spese correnti e, per un’ulteriore quota non superabile del 25%, alle spese di manutenzione ordinaria, e l’articolo 4, comma 3, della legge n. 10 del 2013, che reca una disciplina a regime in cui si dispone la destinazione delle maggiori entrate derivanti dal rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni in materia edilizia alla realizzazione delle opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione in misura almeno pari al 50 per cento del totale annuo.


 

Articolo 10, comma 4-quater, lettera a)
(Immobili ad uso produttivo del gruppo catastale D)

 

 

Il Senato, nell’introdurre il comma 4-quater, alla lettera a), ha novellato il comma 380, lettera f), della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), concernente gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D.

 

La norma richiamata ha riservato allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria IMU - prevista dall'articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011 - derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato articolo 13. Si ricorda che tale riserva allo Stato risultava quale compensazione della attribuzione ai comuni dell’intero gettito IMU e che per gli immobili del gruppo catastale D il richiamato articolo 13, comma 4, lett. d), ai fini della determinazione del valore su cui applicare l’IMU, prevede a decorrere dal 2013 un aumento del moltiplicatore dal 60 al 65.

 

Il Senato ha introdotto ulteriori periodi alla lettera f), disponendo che la riserva allo Stato non si applica agli immobili del gruppo catastale D posseduti dai comuni e che insistono sul proprio territorio.

 

Dalla formulazione della norma sembrerebbe dedursi che il comune è tenuto in ogni caso al versamento dell’IMU per i propri immobili di categoria catastale D, ma tali somme, per le quali è esclusa la riserva allo Stato, vengono riversate al comune stesso. Tale disposizione sembrerebbe collegarsi a quanto previsto dal successivo articolo 10-quater, che provvede ad attribuire ai comuni un corrispettivo del gettito IMU da essi pagato per gli immobili di proprietà comunale (contributo complessivo di 330 milioni nel 2013 e di 270 milioni nel 2014). In sostanza, dopo una serie di giri contabili, il comune si troverebbe a risultare esente dal pagamento dell’IMU per i propri immobili.

 

La disposizione introdotta al Senato reca inoltre norme di carattere generale concernenti gli immobili ad uso produttivo del gruppo catastale D. In particolare, poiché il gettito proveniente da tali immobili è dal 2013 riservato allo Stato, al fine di evitare confusione ed eventuali contenziosi, si stabilisce che per essi si applicano ugualmente le disposizioni vigenti relative all’IMU per le attività di accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso. Le attività di accertamento e riscossione ad essi relativi sono comunque svolte dai comuni (anche se non destinatari del gettito), ai quali tuttavia spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento di tali attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

 

Si ricorda che l’articolo 9, comma 7, del D.Lgs. n. 23 del 2011 (c.d. federalismo municipale), istitutivo dell’IMU, dispone che per l'accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15 del decreto legislativo n. 504 del 1992 (ICI) e l'articolo 1, commi da 161 a 170, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

Per quanto concerne le entrate da accertamento e riscossione, l’articolo 1, comma 1 del D.L. 203/2005 disponeva in origine l’attribuzione a tali enti di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse con il concorso dei medesimi; tale ammontare è stato poi elevato al 50 per cento da disposizioni successive (articolo 2, comma 10, lettera b), del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) e, da ultimo, dall’articolo 1, comma 12-bis, del D.L. 138 del 2011 che ha assegnato ai comuni, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

 

Infine il Senato ha ulteriormente esteso la non applicazione della riserva allo Stato relativamente ai fabbricati rurali ad uso strumentale ubicati nei comuni classificati dall’ISTAT montani o parzialmente montani assoggettati all’IMU dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Si ricorda che l’articolo 9, comma 8, del D.Lgs. n. 23 del 2011 (Federalismo municipale), come novellato dall’articolo 4, comma 1-ter, lett. a), D.L. n. 16 del 2012, esenta dall’imposta i fabbricati rurali a uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 557 del 1993, a condizione che siano ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani, di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

La medesima norma tuttavia inserisce una riserva di disciplina a favore delle province autonome di Trento e Bolzano. Esse, conformemente ai propri statuti e in deroga alle agevolazioni ed esenzioni previste dalla legge, potranno assoggettare a IMU i fabbricati rurali strumentali con l’aliquota allo 0,2 per cento (abbassabile dai comuni allo 0,1), ferma la possibilità di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni ai sensi delle norme del TU delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, ovvero in base all’articolo 80 del D.P.R. n. 670 del 1972.

 

Pertanto, con la presente disposizione, la quota IMU relativa ai fabbricati rurali ad uso strumentale dei comuni montani o parzialmente montani delle province autonome di Trento e di Bolzano – che sono assoggettati ad IMU - continua a confluire nelle contabilità degli stessi enti locali, in luogo di essere destinata allo Stato.


 

Articolo 10, comma 4-quater, lettera b)
(Differimento del termine per l’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali)

 

 

Il comma 4-quater dell’articolo 10 reca alla lettera b) alcune modifiche al comma 381 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) relativo alla fissazione del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’anno 2013.

 

In particolare, una prima modifica è volta a differire ulteriormente il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’anno 2013 dal 30 giugno ivi previsto al 30 settembre 2013.

 

Si ricorda che il termine per la deliberazione del bilancio di previsione è ordinariamente fissato al 31 dicembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 1, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000.

Tale articolo demanda ad un decreto del Ministro dell’interno, da adottare d’intesa con il Ministro dell’economia, previo parere della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, la possibilità di differire tale termine, in presenza di motivate esigenze.

Questa disposizione, che si configura, sostanzialmente, come una norma di delegificazione, è stata adottata proprio al fine di evitare il ricorso alla decretazione d’urgenza[17]. Non sono mancati, tuttavia, casi di differimenti nuovamente approvati con decretazione d’urgenza. Tali disposizioni, tuttavia, non sembrerebbero aver determinato una generale rilegificazione della materia, in quanto si riferiscono espressamente a determinati esercizi finanziari[18].

Il differimento dei termini di approvazione del bilancio di previsione degli enti locali si rende necessario pressoché ogni anno per consentire agli enti locali una più precisa conoscenza delle risorse disponibili.

Si ricorda, infine, che a norma dell’articolo 53, comma 16, della legge n. 388/2000, entro la data stabilita dalle norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione è fissato anche il termine per deliberare le tariffe e le aliquote di imposta per i tributi e per i servizi locali e l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

In connessione con il differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione, la norma in esame introduce altresì una integrazione della disposizione di cui al citato comma 381 dell’articolo 1 della legge di stabilità, finalizzata a rendere facoltativa anziché obbligatoria l’adozione della deliberazione per la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, nei casi in cui il bilancio di previsione sia deliberato dall’ente locale successivamente alla data del 1° settembre 2013.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 193, comma 2, del TUEL prevede che, almeno una volta all’anno, entro il 30 settembre di ciascun anno, il Consiglio dell’ente locale provveda, con propria deliberazione, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, dando atto del permanere degli equilibri generali di bilancio. Tale deliberazione è allegata al rendiconto del relativo esercizio finanziario.

Il differimento, come detto, è da porre in relazione allo slittamento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’anno 2013 al 30 settembre 2013.


 

Articolo 10-bis
(Interpretazione autentica del divieto di acquisto di immobili
da parte delle PA per il 2013)

 

 

L’articolo 10-bis, nel testo approvato dalla Camera, fornisce un’interpretazione autentica della norma che vieta alle pubbliche amministrazioni per il 2013 di acquistare immobili (articolo 12, comma 1-quater, del D.L. n. 98 del 2011). In particolare si prevede che sono escluse dal suddetto divieto le procedure di acquisto a titolo oneroso di immobili o terreni effettuate tramite espropriazioni per pubblica utilità.

Nel rispetto del patto di stabilità interno, sono inoltre escluse dal divieto di acquisto di immobili per il 2013 da parte delle PA:

§      le permute a parità di prezzo;

§      le operazioni di acquisto programmate da delibere assunte prima del 31 dicembre 2012 dai competenti organi degli enti locali e che individuano con esattezza i compendi immobiliari oggetto delle operazioni;

§      le procedure relative a convenzioni urbanistiche previste dalle normative regionali e provinciali.

 

Si ricorda che i commi 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 12 del D.L. n. 98 del 2011 sono stati inseriti dalla legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013). Le norme prevedono che, per l’anno 2013, tutte le amministrazioni pubbliche, incluse le autorità indipendenti tra cui la CONSOB, non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti.

Sono poi individuate espressamente alcune fattispecie escluse dal divieto:

§      gli enti previdenziali pubblici e privati; restano ferme le disposizioni che autorizzano tali enti ad acquistare immobili adibiti ad ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche (operazioni subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto del MEF, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali);

§      le operazioni di acquisto di immobili già autorizzate con decreto ministeriale prima dell’entrata in vigore della legge n. 228/2013;

§      le operazioni destinate a soddisfare le esigenze allocative in materia di edilizia residenziale pubblica;

§      le operazioni di acquisto previste in attuazione di programmi e piani concernenti interventi speciali realizzati al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs. n. 88 del 2011 (in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, in attuazione di quanto previsto dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale).


 

Articolo 10-ter
(Esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale)

 

 

L’articolo 10-ter reca disposizioni volte a semplificare la procedura di esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale che, a norma dell’articolo 243-quater del TUEL[19], deve essere predisposto dagli enti locali che presentino squilibri di bilancio tali da provocarne il dissesto.

Tale articolo prevede che il piano di riequilibrio sia trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, nonché alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (di cui all'articolo 155 del TUEL) che deve nominare una apposita sottocommissione per l’esame del piano, che entro sessanta giorni dalla presentazione del piano svolge la necessaria istruttoria. La sottocommissione opera sulla base delle Linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti e delle indicazioni fornite dalla competente Sezione regionale di controllo della stessa, redigendo poi una relazione finale, con gli eventuali allegati, che è trasmessa alla Sezione regionale di controllo della Corte dal competente Capo Dipartimento del Ministero dell'interno e dal Ragioniere generale dello Stato, di concerto fra loro.

 

Tale procedura viene semplificata dall’articolo 10-ter in esame, che, modificando l’articolo 243-quater:

§      elimina la sottocommissione, affidando lo svolgimento dell’istruttoria sul piano di riequilibrio direttamente alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali;

§      dispone che l’istruttoria medesima sia effettuata sulla base delle sole Linee guida della Sezione delle autonomie della Corte dei conti (e non anche delle indicazioni della Sezione di controllo);

§      prevede che la relazione sia trasmessa direttamente dalla Commissione (e non più dal Capo Dipartimento del Ministero dell’interno e dal Ragioniere generale dello Stato) alla Sezione di controllo della Corte.

 

Viene altresì modificato il comma 6 del medesimo articolo, prevedendo che la relazione sullo stato di attuazione del piano sia trasmesso dall’organo di revisione dell’ente locale al solo Ministero dell’interno, e non anche a quello dell’economia e finanze.


 

Articolo 10-quater
(Attribuzione ai comuni del corrispettivo del gettito IMU
immobili di proprietà comunale)

 

Il Senato ha introdotto l’articolo 10-quater con cui si attribuisce ai comuni un contributo corrispondente al gettito dell’IMU calcolato con riferimento agli immobili di loro proprietà.

 

Più precisamente, per effetto dell’assoggettamento all’imposta municipale propria anche degli immobili posseduti dai comuni nel proprio territorio, in sede di calcolo del gettito IMU relativo ad ogni singolo comune, gli uffici ministeriali hanno considerato anche la quota IMU che, teoricamente, l’ente locale avrebbe dovuto pagare a se stesso per gli immobili di sua proprietà. Sebbene all’apparenza sembrava trattarsi di una mera partita di giro, tali risorse andavano, in realtà, ad incrementare le entrate “teoriche” dell’ente, riflettendosi, dunque, nei tagli compensativi ai fondi di riequilibrio di spettanza dei comuni, determinando, quindi, minori entrate da trasferimenti.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 13 del D.L. n. 201/2011, che ha anticipato al 2012 l’applicazione in via sperimentale dell’imposta municipale propria (IMU), ha disposto la contestuale riduzione delle risorse dei comuni derivanti da trasferimenti statali di cui al Fondo sperimentale di riequilibrio - ovvero del Fondo perequativo, di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n. 23 del 2011[20] - nonché dei trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna, in misura corrispondente al maggior gettito derivante dalla nuova disciplina dell’imposta municipale recata dai commi da 1 a 14 dell’articolo 13 del D.L. n. 201 medesimo.

 

La disposizione, infatti, fa riferimento ai comuni “che hanno registrato il maggior taglio di risorse nel 2012 e nel 2013 per effetto dell’assoggettamento degli immobili da essi posseduti nel proprio territorio all’IMU”: a tali enti viene attribuito un contributo pari a 330 milioni nel 2013 e a 270 milioni nel 2014, che sarà ripartito con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Città entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

Il contributo sarà ripartito in proporzione alle stime di gettito IMU relativo agli immobili posseduti dai comuni nel proprio territorio comunicate dal Dipartimento delle finanze del MEF.

 

Il comma 3 esclude dal computo del saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità interno per gli anni 2013 e 2014 il contributo assegnato a ciascun comune ai sensi del comma precedente.

Si ricorda che il patto di stabilità interno per gli enti locali è attualmente disciplinato dall’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato dall’articolo 1, commi 428-447, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012). Il vincolo imposto dal patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali - con l’eccezione di alcune voci - espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita). In particolare, il saldo obiettivo per ciascun ente viene determinato applicando alla spesa corrente media da esso sostenuta nel triennio 2007-2009 - così come desunta dai certificati di conto consuntivo - determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni.

 

I commi 4 e 5 provvedono alla copertura parziale degli oneri recati dal comma 1 (pari a 330 milioni nel 2013 e a 270 milioni nel 2014), attraverso la riduzione delle disponibilità del Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario, che abbiano deliberato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale introdotta, ai sensi del decreto-legge n. 174 del 2012, all’articolo 243-bis del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali.

In particolare il comma 4 riduce da 190 a 120 milioni (-70 milioni) le disponibilità del richiamato Fondo per il 2014, come determinate dall’articolo 4 del decreto-legge n. 174/2012[21].

Il comma 5 sopprime il comma 228 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), che ha disposto l’incremento di 130 milioni di euro per il 2013 del suddetto Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario.

Le ulteriori risorse necessarie alla copertura degli oneri recati dal comma 1, sono poste a carico dell’articolo 1, comma 10, del presente provvedimento, mediante una riduzione delle risorse del Fondo per assicurare la liquidità per il pagamenti dei debiti delle P.A., di 200 milioni sia per il 2013 che per il 2014.


 

Articolo 10-quinquies
(Criteri per la ripartizione del fondo sperimentale di riequilibrio)

 

 

L’articolo 10-quinquies interviene sul Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni[22], modificando i criteri di distribuzione tra gli enti locali della riduzione di 2.250 milioni prevista per il 2013 dall’articolo 16, comma 6, del D.L. n.95/2012[23], nonché recando un disposizione volta al coordinamento normativo tra il primo ed il secondo periodo del comma 6 medesimo.

 

L’articolo 16, comma 6, del D.L. n. 95/2012 dispone, al primo periodo, una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni, ovvero del fondo perequativo, come determinati, rispettivamente ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 23/2011[24], e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna nei seguenti importi:

§      500 milioni di euro per il 2012;

§      2.250 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014;

§      2.500 milioni a decorrere dall’anno 2015.

Il secondo periodo esclude dalle riduzioni, per gli anni 2012 e 2013, i comuni interessati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo), fermo restando il complessivo importo delle riduzioni sopradette, che tuttavia tale periodo indica in 500 milioni per il 2012 e “2.000 milioni” (anziché 2.250) per il 2013.

Il comma 10-quinquies in esame corregge tale erronea indicazione (dovuta al sovrapporsi di più disposizioni intervenute sul punto), modificando tale importo in “2.250 milioni”, in coerenza con la cifra indicata nel primo periodo del comma 6.

Il medesimo comma 6 stabilisce che le riduzioni da imputare a ciascun comune sono determinate dalla Conferenza Stato-città, tenendo conto delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario per la spending review[25], degli elementi di costo nei singoli settori merceologici e della procedura di determinazione dei fabbisogni standard sulla base dell’istruttoria condotta dall’ANCI, e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 15 ottobre, relativamente alle riduzioni da effettuare nell’anno 2012[26], “ed entro il 31 gennaio 2013 relativamente alle riduzioni da operare per gli anni 2013 e successivi. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il decreto del Ministero dell’interno è comunque emanato entro i 15 giorni successivi, ripartendo la riduzione in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE”.

Tali prescrizioni, relative all’anno 2013 – per il quale tuttavia al momento non è ancora intervenuto il decreto ministeriale di ripartizione -, vengono soppresse dall’articolo 10-ter in esame, che introduce per gli anni 2013 e successivi un nuovo criterio.

Questo prevede che le riduzioni siano determinate (mediante decreto ministeriale) in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi nel triennio 2010-2012 desunte dal SIOPE, fermo restando che la riduzione per abitante per ciascun ente non può assumere valore superiore al 250 per cento della media costituita dal rapporto fra riduzioni calcolate sulla base dei dati SIOPE 2012-2012 predetti e la popolazione residente in tutti i comuni, per classe demografica.

L’articolo 156 del TUEL prevede undici classi demografiche, così contraddistinte:

a) comuni con meno di 500 abitanti; b) comuni da 500 a 999 abitanti; c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti; d) comuni da 2.000 a 2.999 abitanti; e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti; f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti; g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti; h) comuni da 20.000 a 59.999 abitanti; i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti; l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti; m) comuni da 250.000 a 499.999 abitanti; n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre.


 

Articolo 10-sexies
(Semplificazione dei criteri per il riparto del fondo di solidarietà comunale nell’anno 2013)

 

 

L’articolo 10-sexies reca disposizioni in tema di riparto per l’anno 2013 del Fondo di solidarietà comunale istituito a seguito della complessiva ridefinizione della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU, effettuata dall’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).

 

In particolare, l’articolo in esame introduce un nuovo comma 380-bis nella sopra citata legge di stabilità volto a semplificare i criteri cui dovrà attenersi il D.P.C.M. di riparto del Fondo per l’anno 2013.

 

Si rammenta che la legge di stabilità per il 2013 (articolo 1, commi 380 e da 382 a 384 della legge n. 228/2012) ha innovato l’assetto della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU come definito dall’articolo 13 del D.L. n. 201/2011, ridefinendo conseguentemente i rapporti finanziari tra Stato e comuni, rispetto a quanto delineato dal D.Lgs. n. 23/2011, adottato in attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo municipale.

In particolare, la nuova disciplina prevede l’attribuzione ai comuni dell’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato.

Contestualmente all’attribuzione dell’intero gettito IMU ai comuni, è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale - del quale sono anche stabiliti la dotazione finanziaria ed i criteri di riparto - alimentato da una quota dell'imposta municipale propria (di spettanza dei comuni) da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

La norma prevede che il D.P.C.M. debba essere emanato entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014. Corrispondentemente, nei predetti esercizi è versata all'entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni; tale importo è poi rideterminato a seguito dell'emanazione dei suddetti D.P.C.M.

Ciò comporta, in sostanza, che il gettito IMU affluirà ai comuni in parte direttamente, sulla base degli esiti della riscossione, e in parte, dopo essere stato versato al bilancio dello Stato, mediante trasferimento dal Fondo di solidarietà comunale iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’interno, per la quota di spettanza di ciascun ente locale.

Di conseguenza, in relazione all'istituzione del nuovo Fondo di solidarietà comunale, il medesimo comma 380 della legge di stabilità 2013 ha provveduto alla soppressione del Fondo sperimentale di riequilibrio, nonché dei trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, limitatamente alle tipologie di trasferimenti fiscalizzati.

 

Per quanto concerne i criteri di formazione e riparto del Fondo di solidarietà comunale, si ricorda che la lettera d) del citato comma 380 li affida al D.P.C.M. che dovrà determina la quota dell’IMU che deve affluire al fondo, il quale, alla data attuale, non risulta ancora emanato. A tal fine, ai sensi della lettera d) il D.P.C.M. dovrà tener conto, per i singoli comuni:

1)   degli effetti finanziari derivanti dall’abolizione della riserva statale di gettito IMU stabilita dall’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011 e dalla contestuale attribuzione allo Stato del gettito derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento (rispettivamente, lettere a) ed f) del comma 380).

2)   della definizione dei costi e dei fabbisogni standard;

3)   della dimensione demografica e territoriale;

4)   della dimensione del gettito dell'imposta municipale propria ad aliquota base di spettanza comunale;

5)   della diversa incidenza delle risorse complessive per l'anno 2012 del Fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, soppresse dalla successiva lettera e) del comma 380 medesimo;

6)   delle riduzioni determinate dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95/2012 (legge 7 agosto 2012, n. 135)[27].

Tale comma, più volte modificato da successive disposizioni legislative, dispone una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni, ovvero del fondo perequativo, come determinati, rispettivamente ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 23/2011, e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna nei seguenti importi: 500 milioni di euro per il 2012; 2.250 milioni di euro per l’anno 2013; 2..500 milioni per l’anno 2014; 2.600 milioni a decorrere dall’anno 2015.

Per quanto concerne i criteri di distribuzione tra gli enti locali delle suddette riduzioni si veda l’articolo 10-sexies del provvedimento in esame.

7)   dell'esigenza di limitare le variazioni, in aumento ed in diminuzione, delle risorse disponibili ad aliquota base, attraverso l'introduzione di un'appropriata clausola di salvaguardia.

In base alla novella apportata dall’articolo 10-sexies in esame, per l’anno 2013, il D.P.C.M. di riparto del Fondo dovrà tener conto esclusivamente:

§      dei criteri di cui ai sopra descritti numeri 1, 5, 6 e 7 della lettera d), i quali in sostanza attengono agli effetti finanziari scaturenti dalla ridefinizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e i comuni operata con il citato comma 380.

§      dei dati del gettito dell’IMU ad aliquota base spettante ai comuni per l’anno 2013, come stimata dal Ministero dell’economia e finanze.


 

Articolo 11, comma 5-bis
(Rapporti finanziari tra Stato e Regione Sardegna)

 

La norma in esame inserisce il comma 5-bis recante disposizioni sulla definizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna.

 

La disposizione, di carattere programmatico, pone il termine di 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione in esame, per la definizione dell'accordo tra Stato e Regione sulle modifiche da apportate al patto di stabilità per la regione Sardegna.

Va rammentato come una revisione del patto di stabilità si renda necessaria a seguito delle modifiche apportate all'ordinamento finanziario della regione con la legge finanziaria del 2007, che ha rideterminato le entrate tributarie spettanti alla regione Sardegna e a cui non è seguito una rimodulazione degli obiettivi del patto.

Sulla quantificazione delle entrate spettanti alla Regione Sardegna – ed esattamente dall'esercizio 2010, decorrenza delle modifiche statutarie – è, infatti, in corso quella che viene definita “vertenza entrate” tra lo Stato e, appunto, la regione Sardegna. La Corte dei conti, nella relazione che accompagna il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Sardegna aveva già segnalato in riferimento all'esercizio 2010 e ribadito in riferimento all'esercizio 2011[28], la non conclusione della vertenza entrate come punto problematico del rapporto tra Stato e Regione e come ulteriore motivo di difficoltà per l'impostazione delle manovre di bilancio e delle politiche di intervento della Regione.

 

La norma in esame definisce obiettivi e limiti normativi entro cui deve avvenire l'accordo.

L'obiettivo dell'accordo deve essere dare piena attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 834 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), vale a dire la nuova determinazione delle quote di compartecipazione ai tributi erariali attribuite alla regione, a decorrere dal 2010, i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre imposte.

L'ordinamento finanziario – e nello specifico – le fonti di finanziamento della Regione Sardegna, al pari delle altre regioni a statuto speciale, è dettato da norme di rango costituzionale. Per ciascun tributo, la quota di compartecipazione regionale è determinata nell'articolo 8 dello statuto (L.cost. 4/1948), modificato da ultimo con la legge finanziaria del 2007. Si ricorda inoltre che, nel caso della Regione Sardegna, i tributi sono riscossi dallo Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la quota spettante. E' il Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, la Ragioneria generale dello Stato che provvede alla esatta quantificazione delle entrate da erogare alla regione sulla base delle quote dei tributi erariali ad essa spettanti in base allo statuto di autonomia.

L'attuazione del nuovo ordinamento finanziario dovrà avvenire secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012[29], sentenza che evidenzia come la determinazione dei livelli di spesa non può prescindere dall'attuazione della revisione delle entrate regionali. L'equilibrio di bilancio «non potrà che realizzarsi all'interno dello spazio delimitato, in modo compensativo, dalle maggiori risorse regionali risultanti dall'entrata in vigore dell'art. 8 dello statuto modificato, e dalla riduzione della spesa conseguente alla applicazione del patto di stabilità (…) non possono rimanere indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli dell'entrata»[30]

Restano ferme, inoltre, le disposizioni concernenti il contributo agli obiettivi di finanza pubblica della regione Sardegna, recate per il complesso delle regioni a statuto speciale dall'art. 16, comma 3, del D.L. 95/2012; restano ferme altresì le disposizioni concernenti il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato recate dai commi 1 e 2 della legge di stabilità 2013.

Nel definire il nuovo patto di stabilità si dovrà tenere conto degli stanziamenti di competenza e cassa allo scopo previsti nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013 e nel bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015.

 

Si ricorda infine che la disciplina del patto di stabilità per le regioni a statuto speciale e le province autonome è dettata dai commi 454-459 e 469 dell'unico articolo della legge di stabilità 2013 (L. 228/2012). In particolare per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna, gli obiettivi di risparmio sono definiti dal comma 454. Le norme confermano la necessità, per ciascun ente, di concordare con il Ministero dell'economia e delle finanze per ciascuno degli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, l'obiettivo specifico, al pari delle regioni a statuto ordinario, in termini di competenza eurocompatibile e competenza finanziaria. Questo verrà calcolato sottraendo alle spese finali 2011 (sempre in termini di competenza eurocompatibile) una serie di voci elencate dalla norma stessa.


 

Articolo 11, comma 8-bis
(Uffici legali delle regioni)

 

 

Il comma 8-bis consente – con la finalità del contenimento della spesa pubblica - all’ufficio legale di ciascuna regione di assumere, gratuitamente, il patrocinio degli enti e delle agenzie istituite dalla regione stessa con propria legge e che per essa svolgono funzioni amministrative.

 

Si ricorda che le regioni possono avvalersi del patrocinio legale e della consulenza dell'avvocatura dello stato (D.P.R. 616/1977, art. 107). In alternativa esse possono, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, istituire proprie Avvocature regionali a cui demandano il compito di rappresentare e difendere in giudizio l'amministrazione regionale (cfr. ad esempio L.R. Veneto 16 agosto 2001, n. 24; L.R. Toscana, 2 dicembre 2005 n. 63; L.R. Puglia 26 giugno 2006 n. 18). Qualora non sia stata istituita l’Avvocatura regionale, l’ufficio legale istituito presso la Giunta regionale, per potere svolgere le funzioni che gli attribuisce la disposizione in commento, dovrebbe comunque essere costituito da soggetti in possesso delle competenze e delle abilitazioni necessarie per poter patrocinare l’ente in giudizio.

Peraltro, alcune leggi regionali già attualmente consentono all’Avvocatura regionale di difendere gli enti, le società, le aziende e le agenzie istituite con leggi regionali, qualora non sussistano conflitti di interessi, anche potenziali, con la regione.


 

Articolo 12, comma 3
(Copertura finanziaria)

 

 

Il comma 3, modificato nel corso dell’esame al Senato, provvede in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento, i quali risultano rideterminati in conseguenza delle nuove misure introdotte nel corso dell’esame presso quel ramo del Parlamento.

In particolare, sono stati rideterminati gli oneri per maggiori interessi del debito pubblico derivanti dall’emissione di titoli di Stato, autorizzati dal comma 1 per un importo fino a 20 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, finalizzati, per la gran parte, a fornire liquidità alle P.A. per il pagamento dei loro debiti, anche attraverso la costituzione di un apposito Fondo a restituzione, istituito nel bilancio dello Stato.

Tali oneri sono aumentati da 576,6 a 583,9 milioni di euro per l'anno 2014 e da 640,8 a 656,6 milioni a decorrere dall'anno 2015.

Si osserva che la rideterminazione degli oneri operata dal Senato è ascrivibile alla riduzione, disposta sempre in quella stessa sede, della dotazione del Fondo anticipazioni liquidità di cui all’articolo 1, comma 10, conseguentemente all’attribuzione ai comuni di un contributo quale corrispettivo del gettito IMU per gli immobili posseduti dagli stessi ricadenti nel medesimo territorio (vedi articolo 10-quater).

Dunque, gli oneri per interessi del debito risultano incrementati - rispetto al testo del provvedimento come approvato dalla Camera – di 7,3 milioni nel 2014 e di 15,8 milioni a decorrere dal 2015.

Per la copertura di tali maggiori oneri, si provvede:

§      quanto ai 7,3 milioni dell’anno 2014, una ulteriore riduzione del Fondo speciale di parte corrente, iscritto presso il Ministero dell’economia e delle finanze, ci sui alla lettera c-bis), che passa da 5 a 12,3 milioni di euro per il 2014;

§      quanto ai 15,8 milioni a decorrere dal 2015, mediante una ulteriore riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all’8 per mille IRPEF di competenza statale, di cui alla lettera c-sexies), che passa da 20 milioni a 35,8 milioni a decorrere dal 2015.

Si ricorda che nella legge di bilancio 2013-2015 (Legge n. 229/2012 e relativo D.M. Economia 31 dicembre 2012 di riparto in capitoli dei programmi di spesa), la quota dell’otto per mille IRPEF di pertinenza statale, iscritta sul cap. 2780 dello stato di previsione del Ministero dell’economia, risulta pari a 13,8 milioni di euro nel 2013, 86,1 milioni nel 2014 e a 95,7 milioni nel 2015.

 

Inoltre, in sede di esame al Senato, è stata modificata la lettera c-quinquies) del comma 3 - la quale dispone una riduzione di 12 milioni a decorrere dal 2015 dell’autorizzazione di spesa relativa alle indennità di servizio all'estero previste di cui al D.P.R. n. 18/1967 (Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri) - ed in particolare è stata soppressa la previsione che, al fine di dare attuazione a alla lettera qui in esame rimandava ad un successivo decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’adozione delle misure incidenti sui trattamenti economici corrisposti ai sensi del citato D.P.R. n. 18/1967.


Profili finanziari

 


PREMESSA

 

Il disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato, dispone la conversione del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.

Al momento della predisposizione del presente Dossier non sono stati ancora trasmessi la relazione tecnica e il prospetto riepilogativo aggiornati al passaggio fra i due rami del Parlamento.

La presente sezione del Dossier esamina i profili finanziari delle norme introdotte o modificate dal Senato.

Articolo 1, comma 17-ter – Versamento in tesoreria di disponibilità finanziarie relative al potenziamento di infrastrutture

La norma, introdotta dal Senato, integra l’articolo 5, comma 1-ter, del D.L. 138/2011. Quest’ultimo ha stabilito che le disponibilità derivanti da specifiche autorizzazioni legislative di spesa iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'interno, e relative al potenziamento di infrastrutture, siano versate in tesoreria entro trenta giorni dalla richiesta dell'ente interessato. L'ente destinatario del finanziamento è tenuto a rendicontare le modalità di utilizzo delle risorse a richiesta dell'ente erogante.

La norma in esame è volta a rendere maggiormente vincolante l’obbligo di versamento in tesoreria, precisando che tali disponibilità debbano essere “comunque e inderogabilmente” versate in tesoreria entro il termine previsto dal testo (trenta giorni dalla richiesta dell'ente interessato).

 

In merito ai profili di quantificazione, non si formulano osservazioni, attesa la natura ordinamentale della norma.

Articolo 1, comma 17-quater – Contributi in conto capitale ai comuni

Le norme, introdotte dal Senato, integrano l’articolo 6, comma 15-bis del D.L. 95/2012, disponendo in materia di variazioni compensative per cassa tra capitoli di spesa dei Ministeri. La modifica proposta esclude dalle suddette compensazioni i contributi in conto capitale assegnati dalla legge direttamente al comune beneficiario.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare in quanto la disposizione del comma 14 dell’articolo 5 del citato D.L. 95/2012 prevede che le suddette compensazioni siano comunque effettuate previa verifica della compatibilità delle stesse con gli obiettivi di finanza pubblica.

Andrebbe valutato sotto il profilo gestionale se la disposizione sia suscettibile di ridurre i margini di flessibilità per la realizzazione degli obiettivi cui sono preordinate le disposizioni dello stesso D.L. 95/2012.

Articolo 1, comma 17-quinquies – Sanzioni in materia di patto di stabilità 2012

La norma dispone che la sanzione comminata agli enti locali che non hanno rispettato nel 2012 i vincoli del patto di stabilità in conseguenza del pagamento dei debiti di cui al comma 1, consistente nella riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo[31], si applichi limitatamente all’importo non imputabile ai predetti pagamenti, ferma restando l’applicazione delle sanzioni residue.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1, sopra richiamato, prevede – nel testo approvato in prima lettura dalla Camera – che siano esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno, per un importo di 5 miliardi di euro, i pagamenti sostenuti nel corso del 2013 dagli enti locali per determinate tipologie di debiti in conto capitale riconosciuti come esigibili alla data del 31 dicembre 2012.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che la norma in esame non determina effetti diretti sui saldi di finanza pubblica, in quanto a normativa vigente il gettito derivante dall’applicazione delle sanzioni è destinato a meccanismi di premialità nei confronti degli enti locali virtuosi.

Ciò premesso, si osserva che la norma sembrerebbe finalizzata a escludere dalle sanzioni gli enti locali che abbiano già provveduto al pagamento dei propri debiti di parte capitale nel corso del 2012 e che, per questo motivo, abbiano superato i limiti del patto per il medesimo anno (non potendo quindi usufruire, in tutto o in parte, dell’agevolazione concessa ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge in esame).

Qualora la finalità della norma fosse quella esposta, andrebbe chiarito se il richiamo ai “debiti di cui al comma 1” non debba invece essere riferito ai debiti esistenti alla data del 31 dicembre 2011. Infatti i debiti di cui al comma 1 sono quelli esigibili o riconosciuti alla data del 31 dicembre 2012: si tratta, quindi, di debiti non pagati nel corso del predetto esercizio e dunque non computabili nell’ambito delle somme che hanno determinato il mancato rispetto del patto.

In tal caso, dovrebbe comunque considerarsi che i tempi ordinari di pagamento della spesa in conto capitale in genere non sono inferiori a 30 giorni dall’esigibilità del debito. Pertanto almeno 1/12 della predetta spesa costituirebbe residuo passivo esistente alla predetta data del 31.12.2011 e la disapplicazione delle sanzioni potrebbe risultare di portata significativa.

Qualora, invece, il predetto riferimento individui in via generica tutti i pagamenti di conto capitale effettuati nel 2012, andrebbe valutato se una disapplicazione di sanzioni di tale ampiezza possa di fatto influire sul potere deterrente dei vincoli del patto di stabilità interno (ove si generassero aspettative di analoghe disapplicazioni anche per il futuro).

Articolo 2, comma 6 - Modalità di utilizzo del Fondo per il pagamento dei debiti della PA – Sezione regionale

La norma, approvata nel corso dell’esame presso il Senato, modifica la disciplina recata dai commi da 1 a 6 dell’articolo in esame che individua le modalità di utilizzo del Fondo per il pagamento dei debiti della PA – Sezione regionale.

Il testo licenziato dalla Camera stabiliva che le Regioni e le Province autonome che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili a causa di carenza di liquidità, possono chiedere al Ministero dell’economia e delle finanze, l’anticipazione di somme da destinare ai predetti pagamenti, a valere sulle risorse della “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”. All’erogazione delle somme si provvede soltanto qualora la Regione: abbia predisposto misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell’anticipazione di liquidità, maggiorata degli interessi; abbia presentato un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili; abbia sottoscritto un apposito contratto con il Ministero dell’economia e delle finanze nel quale dovranno essere definite le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni. All’atto dell’erogazione dell’anticipazione, le Regioni interessate dovranno provvedere all’immediata estinzione dei debiti elencati nel piano di pagamento. Le norme prevedevano, infine, che il pagamento dei debiti in esame dovesse riguardare, per almeno due terzi, residui passivi, anche perenti, nei confronti degli enti locali, purché a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi.

La modifica approvata stabilisce che le somme ricevute dalle Regioni e dalle Province autonome, già destinate nel testo licenziato dalla Camera al pagamento, in generale, dei residui passivi nei confronti degli enti locali, siano prioritariamente destinate al pagamento dei residui di parte capitale.

 

In merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni, tenuto conto che il pagamento prioritario dei residui passivi di conto capitale è disposto senza che sia concessa un’ulteriore deroga al patto di stabilità interno. Pertanto la liquidazione dei residui aventi tale natura dovrà essere effettuata dalle Regioni e dalle Province autonome avendo riguardo ai vincoli finanziari fissati a legislazione vigente per tali enti.

La modifica sembrerebbe, pertanto, finalizzata a convogliare la liquidità destinata alle Regioni e Province autonome verso gli enti locali, dal momento che l’eventuale pagamento dei residui passivi di parte capitale può avvenire solo nell’ambito degli spazi finanziari concessi dal patto di stabilità: risulterebbe, conseguentemente, limitata la possibilità di procedere al pagamento dei debiti in conto capitale propri delle Regioni e Province autonome stesse. A tale proposito si rileva che la cogenza del vincolo posto dall’espressione “in via prioritaria” non risulta determinata in termini quantitativi certi.

Articolo 5-bis – Cessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie

La norma, introdotta dal Senato, dispone che, senza aggravio dei potenziali oneri per l'erario, per consentire l'integrale pagamento dei debiti della pubblica amministrazione maturati alla data del 31 dicembre 2012, nonché per motivate esigenze economico-finanziarie, il Ministero dell'economia possa autorizzare la “cessione di garanzia dello Stato” a favore di istituzioni finanziarie nazionali, dell’Unione europea e internazionali.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente la necessità di chiarire se la norma intenda, come sembrerebbe dal tenore letterale della stessa, far riferimento a crediti già assistiti da garanzia statale. In tal caso, pur essendo la cessione stessa configurata come facoltà, appare opportuno che il Governo chiarisca entro quali limiti ed in quali termini essa possa concretizzarsi.

Ciò al fine di valutare se la predetta previsione sia o meno suscettibile di incrementare i rischi di escussione, con conseguenti effetti sui saldi, ovvero eventuali rischi di riclassificazione delle garanzie stesse come debito pubblico.

 Infatti, secondo gli indirizzi espressi da Eurostat, in linea generale, le garanzie pubbliche potrebbe determinare effetti di incrementi del debito pubblico nel caso in cui, alla luce di una valutazione caso per caso delle condizioni complessive dell’operazione, dovessero emergere elementi tali da indurre a considerare certo o molto elevato il rischio per lo Stato di dover onorare la posizione debitoria oggetto di garanzia.

Ulteriori precisazioni andrebbero fornite in merito alle istituzioni finanziarie a favore delle quali potrà essere concessa la garanzia statale, con particolare riferimento a quelle dell’Unione europea ed internazionali.

Articolo 6, comma 01 – Certificazione dei debiti per prestazioni professionali

Legislazione vigente. L’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. 185/2008 prevede che regioni, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle vigenti norme del patto di stabilità interno, possano certificare ai creditori l’esigibilità di crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture ed appalti. Tale certificazione, che deve essere effettuata entro il termine di 30 giorni dalla data di ricevimento dell’istanza del creditore, è finalizzata a consentire che il credito dichiarato certo, liquido ed esigibile possa essere ceduto pro soluto o pro solvendo a favore di banche o di intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto tale termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell'ente debitore.

 

La norma, introdotta dal Senato, estende l’ambito di applicazione dell’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. 185/2008 anche alle prestazioni professionali.

Sulla base di tale previsione, pertanto, le regioni, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono certificare ai creditori l’esigibilità, oltre che dei crediti relativi a somministrazioni, forniture ed appalti, anche di quelli derivanti da prestazioni professionali.

 

In merito ai profili di quantificazione andrebbe chiarito se l’estensione della certificazione dei crediti anche alle somme dovute per prestazioni professionali, favorendo la cessione dei crediti stessi in favore di intermediari finanziari, possa incidere - nell’ipotesi di cessione pro soluto - sullo stock di debito della PA, in relazione alla possibile trasformazione di debiti non inclusi nell’aggregato del debito pubblico in debiti verso il sistema bancario (inclusi nel predetto aggregato).

Articolo 6, comma 1-ter – Pagamenti in favore di società

La modifica, introdotta dal Senato, interviene sul disposto di cui al comma 1-ter che impone agli enti e alle società o organismi a totale partecipazione pubblica di destinare i pagamenti ricevuti prioritariamente al pagamento dei debiti di cui agli articoli 1-3 e 5, negli ambiti dei rispettivi creditori.

La modifica introdotta precisa che le “società” destinatarie del predetto obbligo siano quelle inserite nel conto economico consolidato della PA.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

Articolo 6, comma 9 – Responsabilità dei dirigenti

La norma, introdotta dal Senato, dispone che in aggiunta alla comunicazione ai (singoli) creditori, le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare sui rispettivi siti internet l’elenco completo dei debiti per i quali è stata effettuata la comunicazione, indicando l’importo e la data prevista per il pagamento. La mancata pubblicazione comporta la responsabilità dirigenziale e disciplinare.

Fermo restando che l’omessa comunicazione rileva ai fini della responsabilità per danno erariale, è anche prevista una sanzione pecuniaria di 100 euro a carico del dirigente per ogni giorno di ritardo per la certificazione del credito.

 

In merito ai profili di quantificazione, rilevato che il comma prevede una clausola di invarianza, che è stata estesa a tutto il comma 9 nel corso dell’esame presso il Senato, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 7, commi 1 e 6 – Estensione della ricognizione dei crediti alle obbligazioni per prestazioni professionali

La norma, approvata nel corso dell’esame presso il Senato, modifica la disciplina recata dall’articolo 7, commi da 1 a 7, in materia di ricognizione dei debiti delle pubblici amministrazioni.

Il testo licenziato dalla Camera prevede, per le amministrazioni debitrici di somme per somministrazioni, forniture e appalti, l’obbligo di registrarsi sulla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni[32] (comma 1). Stabilisce inoltre il termine del 15 settembre 2013 entro il quale le amministrazioni debitrici sono tenute a comunicare l’elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012 (comma 3). A decorrere dal 1° gennaio 2014, le comunicazioni relative all’elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre di ciascun anno, sono trasmesse dalle amministrazioni pubbliche per il tramite della piattaforma elettronica entro il 30 aprile dell’anno successivo (comma 4).

Per i crediti diversi da quelli già oggetto di cessione o certificazione, la comunicazione equivale a certificazione del credito[33]. La certificazione si intende rilasciata senza apposizione di data di pagamento. Le amministrazioni pubbliche nei limiti degli spazi finanziari derivanti dalle esclusioni dai vincoli del patto di stabilità interno previste ai commi 1 e 7 dell’articolo 1 e dalle anticipazioni concesse a valere sul Fondo di cui al comma 10 del medesimo articolo 1, possono indicare, per parte dei debiti ovvero per la totalità di essi, in sede di comunicazione, la data prevista per il pagamento. Per tali debiti la certificazione si intende rilasciata con apposizione della data di pagamento (comma 6).

Viene inoltre prevista la possibilità per il creditore di richiedere la nomina di un commissario ad acta qualora l’amministrazione non ottemperi alla richiesta di integrazione o modifica della comunicazione relativa ad uno o più crediti (comma 7).

Alle norme recate dal testo in esame non erano ascritti effetti finanziari.

 

La modifica approvata prevede:

§      che la ricognizione dei debiti riguardi anche le obbligazioni relative a prestazioni professionali (comma 1);

§      che - nei limiti degli spazi finanziari derivanti dalle esclusioni dai vincoli del patto di stabilità interno previste ai commi 1 e 7 dell’articolo 1 e dalle anticipazioni concesse a valere sul Fondo di cui al comma 10 del medesimo articolo 1 - le amministrazioni pubbliche “debbano” - e non “possano” come previsto dal testo licenziato dalla Camera - indicare la data prevista del pagamento per parte dei debiti ovvero per la totalità di essi (comma 6).

 

In merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni, considerato che la norma opera nei limiti degli spazi finanziari concessi dal decreto in esame alle amministrazioni pubbliche per il pagamento dei debiti e valutato, inoltre, che l’indicazione della data di pagamento può essere apposta anche solo per parte dei debiti.

Articolo 7, comma 9-bisCessione della garanzia dello Stato a favore di istituzioni finanziarie

La norma, introdotta dal Senato, integra il disposto dell’art. 7, comma 9-bis, introdotto dalla Camera.

Il comma 9-bis dispone che alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013 sia allegata una relazione relativa all’attuazione del provvedimento in esame. La relazione dà conto dello stato dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni effettuati ai sensi degli articoli 1, 2, 3 e 5, nonché degli esiti dell’attività di ricognizione svolta ai sensi dell’articolo 7. La relazione indica altresì le iniziative eventualmente necessarie, da assumere anche con la legge di stabilità 2014, al fine di completare il pagamento dei debiti delle amministrazioni pubbliche maturati al 31 dicembre 2012, ivi inclusi i debiti per obbligazioni giuridicamente perfezionate relativi a somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali a fronte dei quali non sussistono nei bilanci residui passivi anche perenti.

La modifica introdotta dal Senato precisa che il completamento dei pagamenti dei predetti debiti può avvenire anche mediante la concessione nel 2014 della garanzia dello Stato al fine di agevolare la cessione dei relativi crediti a banche e ad altri intermediari finanziari, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che la norma riveste un carattere programmatico. Pertanto il possibile impatto finanziario della stessa potrà essere valutato soltanto sulla base della specifica disciplina applicativa.

Quanto ai profili problematici connessi alla garanzia dello Stato, si rinvia comunque alle considerazioni espresse con riferimento all’art. 5-bis. Si rileva altresì che le previsioni introdotte sono espressamente finalizzate ad agevolare la cessione dei crediti a banche ed intermediari finanziari, ma non precisano se la cessione medesima debba intendersi pro solvendo o pro soluto, modalità quest’ultima che, in base ai recenti orientamenti europei, determinerebbe un incremento del debito pubblico.

Articolo 10, comma 2, lettera d) – Disciplina della maggiorazione TARES in Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Province autonome di Trento e Bolzano

Normativa vigente L’art. 14, c. 13, del D.L. n. 201/2011 ha introdotto, con decorrenza 2013, una maggiorazione TARES (fissata in misura pari a 0,30 euro per metro quadrato, elevabile dai comuni fino a 0,40 euro) il cui gettito è destinato ai comuni per la copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili. Il successivo comma 13-bis ha stabilito che l’ammontare delle risorse assegnate dallo Stato ai comuni[34] si riduce di un importo corrispondente al gettito derivante dalla maggiorazione di cui al comma 13; in caso di incapienza, sono previsti meccanismi che assicurano, in ogni caso, il recupero da parte dell’Erario delle predette risorse.

Il D.L. n. 35/2013 in esame, nel testo approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati (S 662) ha stabilito che, per l’anno 2013, il gettito della maggiorazione TARES[35] è attribuito allo Stato (art. 10, c. 2, lett. c)) e che, pertanto, per il medesimo anno non si applica la corrispondente riduzione delle risorse erariali (di cui al comma 13-bis del sopra richiamato art. 14) attribuite ai comuni (art. 10, c. 2, lett. d)).

 

La norma, modificata dal Senato, sostituisce la lettera d) del comma 2.

In base alla nuova formulazione, nelle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano si applica la disciplina previgente il decreto legge in esame in materia di maggiorazione TARES.

In altri termini, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano, per il 2013, il recupero al bilancio statale del gettito della maggiorazione TARES a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare, nel presupposto che, tenuto conto del particolare statuto di autonomia delle Regioni interessate (titolari delle funzioni in materia di finanza locale), la copertura integrale del costo dei servizi indivisibili possa comunque essere assicurata attraverso misure adottate nell’esercizio delle predette funzioni.

Articolo 10, comma 2-ter – Attività di riscossione

La norma, modificata dal Senato, consente ai comuni di avvalersi fino al 31 dicembre 2013 (in luogo del 30 giugno 2013) della società Equitalia e sue partecipate nonché della società Riscossione Sicilia Spa per la riscossione dei tributi comunali nel 2013.

La disciplina vigente[36] stabilisce che a decorrere dal 1° luglio 2013 la società Equitalia, e sue partecipate, e la società Riscossione Sicilia Spa cessano di effettuare le attività di accertamento e di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali dei comuni e delle società da essi partecipate.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

Alle precedenti proroghe relative al termine di cessazione dell’attività di riscossione da parte di Equitalia e delle società partecipate nonché da parte di Riscossione Sicilia Spa non sono stati ascritti effetti finanziari.

Articolo 10, comma 4-ter – Disposizioni in materia di utilizzo delle entrate da concessioni e sanzioni in materia edilizia

La norma proroga al 2014 la possibilità di utilizzare i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni in materia edilizia[37], per una quota non superiore al 50 per cento delle stesse, per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

In merito ai profili di quantificazione si segnala che la proroga in esame, analogamente a quelle operate precedentemente, presenta profili di dequalificazione della spesa consentendo l’utilizzo di entrate di parte capitale per finalità di natura corrente.

Articolo 10 comma 4-quater, lettera a) – Disapplicazione della riserva erariale sugli immobili propri dei comuni di categoria D

La norma prevede che la riserva erariale del gettito IMU relativa agli immobili classificati nella categoria catastale D non si applichi agli immobili posseduti dai comuni e che insistono sul rispettivo territorio, nonché ai fabbricati rurali ad uso strumentale ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani, assoggettati dalle province autonome di Trento e di Bolzano all’IMU.

La norma prevede inoltre che le attività di riscossione e accertamento relative agli immobili della categoria D siano svolte dai comuni ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle predette attività di accertamento a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

Al riguardo si osserva che la disapplicazione della riserva erariale sugli immobili di categoria D posseduti dai comuni appare suscettibile di determinare minori entrate per lo Stato, con effetti negativi riferibili a tutti i saldi di finanza pubblica. In proposito andrebbe acquisita una valutazione dal Governo.

Andrebbe inoltre precisato se l’ammontare annuo delle entrate suscettibili di venir meno possa essere rapportato alla somma di 270 mln, importo compensativo previsto, per il 2014, in favore dei comuni dall’articolo 10-quater.

Ulteriori effetti negativi, imputabili su tutti i saldi di finanza pubblica, potrebbero scaturire dalla disapplicazione della riserva erariale con riferimento ai fabbricati rurali dei comuni della provincia di Trento e di Bolzano. Anche in tal caso andrebbero fornite indicazioni quantitative sull’ammontare del gettito interessato dalla disposizione.

Con riferimento all’attribuzione ai comuni delle maggiori somme derivanti dall’attività di accertamento con riferimento agli immobili di categoria D, andrebbe chiarito se si determinino variazioni rispetto agli incassi erariali da accertamento iscritti a legislazione vigente.

Articolo 10-bis – Norma interpretativa del divieto di acquisto di immobili

La legislazione vigente[38] prevede che tutte le amministrazioni pubbliche, incluse le autorità indipendenti, non possano acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, oppure la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti. Sono esclusi dal divieto gli enti previdenziali pubblici e privati. Sono fatte salve, altresì, le operazioni di acquisto di immobili già autorizzate con decreto ministeriale in data antecedente a quella di entrata in vigore del divieto.

La norma approvata dalla Camera, fermi restando i vincoli del patto di stabilità interno, prevede che il divieto di cui sopra non si applichi agli acquisti di immobili o terreni effettuati per pubblica utilità[39].

 

La norma estende la deroga introdotta in prima lettura dalla Camera. In particolare il divieto di acquistare immobili non si applica anche alle permute a parità di prezzo e alle operazioni di acquisto programmate da delibere assunte prima del 31 dicembre 2012.

 

Al riguardo andrebbe chiarito se l’estensione della deroga in esame sia compatibile con la finalità di riduzione del debito apparentemente sottostante al divieto di procedere ad acquisizioni immobiliari imposto dalla norma oggetto di modifica.

Articolo 10-quater – Articolo 1, comma 10 – Articolo 12 - Attribuzione ai comuni del corrispettivo del gettito IMU relativo agli immobili di proprietà comunale

Le norme, approvate dal Senato con l’emendamento 1.700, introducono l’articolo 10-quater, modificando conseguentemente l’articolo 1, comma 10, e l’articolo 12, comma 3.

In particolare, le norme prevedono l’attribuzione di un contributo pari a 330 mln per il 2013 e 270 mln per il 2014 ai comuni ai quali, per effetto dell’assoggettamento ad IMU degli immobili da essi stessi posseduti nel proprio territorio, sia stato praticato un maggior taglio di risorse negli anni 2012 e 2013. Il contributo non concorre alla determinazione del saldo rilevante ai fini del patto di stabilità interno (articolo 10-quater).

A copertura del relativo onere, le norme prevedono:

§      l’utilizzo del fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario[40], nella misura di 130 milioni di euro nell’anno 2013 e di 70 milioni di euro nell’anno 2014 (articolo 10-quater);

§      la riduzione di 200 mln per ciascuno degli anni 2013-2014 del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili, Sezione relativa agli enti locali. E’ contestualmente prevista la soppressione dell’accantonamento del 10% del fondo stesso (accantonamento pari al medesimo importo di 200 mln) destinato all’attribuzione di liquidità con riferimento alle richieste pervenute successivamente al termine del 30 aprile 2013 (articolo 1, comma 10);

§      a fronte della riduzione del fondo di cui al punto precedente, una copertura dei minori interessi attivi per il bilancio dello Stato versati da parte degli enti locali beneficiari del fondo stesso, in misura pari a 7,3 mln nel 2014 e 15,8 nel 2015 (articolo 12, comma 3). Tale copertura è prevista a valere sugli accantonamenti di fondo speciale relativi ai Ministeri degli affari esteri e dell’istruzione (per complessivi 7,3 mln nel 2014) e a valere sulle risorse della quota dell’8 per mille di competenza statale.

 

Al riguardo andrebbero chiariti gli elementi posti alla base della quantificazione del contributo di 270 mln riferito all’esercizio 2014[41]: in particolare, occorrerebbe chiarire se tale importo faccia riferimento all’IMU gravante sugli immobili di categoria D di proprietà dei comuni, interamente riservata all’Erario.

Si segnala inoltre che l’articolo 10, comma 4-quater, introdotto dal Senato[42], esclude l’applicazione della predetta riserva erariale per gli immobili propri dei comuni. Poiché tale norma esplica i propri effetti dal 2013, a decorrere dall’esercizio 2014 non dovrebbero determinarsi esigenze compensative, mentre la norma in esame prevede un contributo compensativo per il 2014. In proposito andrebbe acquisito un chiarimento del Governo.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento all’utilizzo del fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario di cui all’articolo 4 del decreto-legge n. 174 del 2012 (capitolo 7030 - Ministero dell’interno), nella misura di 130 milioni di euro nell’anno 2013 e di 70 milioni di euro nell’anno 2014, si segnala che con riferimento all’anno 2013, da una interrogazione effettuata al sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato sul suddetto capitolo sono presenti le necessarie disponibilità. Inoltre, con riferimento agli anni 2013 e 2014, appare necessario che il Governo chiarisca se l’utilizzo di tali somme possa pregiudicare gli interventi già previsti a valere sulle medesime a legislazione vigente.

 

Appare inoltre opportuno, dal momento che le risorse delle quali è previsto l’utilizzo presentano una natura di conto capitale, che il Governo chiarisca se, qualora le stesse vengano impiegate per il pagamento di spese di parte corrente da parte dei comuni, possa determinarsi una dequalificazione della spesa non consentita dalla vigente normativa contabile.

Articolo 10-quinquies – Criteri per la ripartizione del fondo sperimentale di riequilibrio

La norma:

§      rettifica da 2.000 a 2.250 l’importo del taglio del fondo sperimentale di riequlibrio previsto all’articolo 16, comma 6, secondo periodo, del D.L. n. 95/2012, al fine di rendere il predetto importo conforme a quello indicato nel primo periodo del medesimo comma;

§      modifica i criteri di determinazione del riparto delle riduzioni del predetto fondo da operarsi ai sensi del citato D.L. n. 95/12, prevedendo, in particolare, che i predetti tagli vadano ripartiti in proporzione della spesa per consumi intermedi registrata nel triennio 2010-2012, desunta dal SIOPE, con un criterio di salvaguardia che prevede che la riduzione per abitante per ciascun ente non possa essere superiore al 250% della media costituita dal rapporto tra le predette riduzioni e la popolazione residente di tutti i comuni, relativamente a ciascuna classe demografica.

 

Al riguardo, appare opportuno che sia fornita conferma che la modifica dell’importo delle riduzioni a carico dei comuni sia volta ad una mera rettifica di carattere formale.

Appare inoltre opportuno acquisire chiarimenti sulla modalità operativa della clausola di salvaguardia prevista dai nuovi criteri di riparto. In particolare andrebbe confermato che l’operatività della predetta clausola non possa in nessun caso impedire l’integrale attribuzione dei tagli complessivamente previsti.

Non è chiaro infatti se i minori tagli imputabili agli enti per i quali risulti operativa la predetta clausola di salvaguardia possano essere ripartiti a carico dei restanti enti[43].

Articolo 10-sexies – Semplificazione dei criteri per il riparto del Fondo di solidarietà comunale nell’anno 2013

La norma prevede che nei criteri di riparto del Fondo per il 2013 non si tenga conto della determinazione dei costi e dei fabbisogni standard e della dimensione demografica e territoriale. Prevede inoltre che, ai fini della stima delle spettanze di ciascun comune, si tenga conto del gettito IMU 2013 ad aliquota di base, come risultante dalle stime prodotte dal MEF.

 

Al riguardo andrebbe chiarito se, in caso di eventuali scostamenti tra i risultati effettivi del gettito IMU 2013 e le stime prodotte dal MEF, possano determinarsi richieste di carattere compensativo da parte degli enti locali a fronte di eventuali penalizzazioni per errori di stima.

Articolo 11, comma 5-bis – Modifiche al patto di stabilità interno della regione Sardegna

Legislazione vigente. L’articolo 1, commi da 834 a 840, della legge n. 296/2006 ha introdotto modifiche all’ordinamento finanziario della regione Sardegna, prevedendo, da un lato, l’attribuzione di maggiori risorse finanziarie, dall’altro, il trasferimento di funzioni precedentemente esercitate dallo Stato.

In particolare, in conseguenza dell’aumento delle entrate, la norma prevedeva:

§       a decorrere dal 2007, il finanziamento integrale a carico della regione del Servizio sanitario nazionale;

§       a decorrere dal 2010, il trasferimento alla regione delle funzioni inerenti il trasporto pubblico locale (in particolare le funzioni relative alle ferrovie Sardegna e alle ferrovie meridionali sarde) e la contiguità territoriale.

La relazione tecnica allegata alla legge 296/2006 operava una quantificazione limitatamente al triennio 2007-2009, mentre nessun effetto veniva indicato a decorrere dal 2010, nell’implicito presupposto che la maggiore attribuzione di risorse alla regione sarebbe stata compensata dall’accollo da parte di quest’ultima delle spese inerenti le funzioni trasferite. Non era peraltro espressamente prevista dalla norma una ridefinizione dei vincoli del patto di stabilità interno, operanti per la regione Sardegna sul lato della spesa, al fine di tenere conto, a decorrere dal 2010, dei maggiori spazi finanziari necessari per consentire l’incremento di spesa corrispondente alle maggiori funzioni trasferite.

 

La norma, introdotta dal Senato, prevede che - entro centoventi giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione in esame - il Ministro dell'economia concordi con la regione Sardegna, con le procedure di cui all'articolo 27 della legge 42/2009 e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, le modifiche da apportare al Patto di stabilità interno per la medesima regione.

In base all’articolo 27 della legge 42/2009, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono, nel rispetto degli statuti speciali, al patto di stabilità interno e all’assolvimento degli obblighi posti dall’ordinamento comunitario. I relativi criteri e modalità di attuazione dovranno tenere conto di una serie di fattori indicati dal testo[44]. A tal fine può anche prevedersi l’assunzione di oneri derivanti dal trasferimento o dalla delega di funzioni statali, a fronte delle quali saranno definite le corrispondenti modalità di finanziamento aggiuntivo attraverso forme di compartecipazione a tributi erariali e alle accise.

La norma è espressamente finalizzata a dare piena applicazione - secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012[[45]] - al regime regolatore dei rapporti finanziari tra lo Stato e la regione Sardegna disciplinato dall'articolo 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006 (regime delle entrate della regione Sardegna)[46].

Viene in proposito specificato che si dovrà tenere conto degli stanziamenti di competenza e di cassa previsti a tale scopo nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 2013 e nel bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015,

Il testo precisa - infine - che sono comunque fatte salve le previsioni dell'articolo 16, comma 3, del D.L. 95/2012 e dall’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 228/2012. Tale precisazione sembrerebbe riferita ai limiti finanziari vigenti nel rapporto fra Stato e autonomie speciali, nonché agli obiettivi di bilancio già approvati dal Parlamento e quindi pienamente operanti.

Nello specifico, l'articolo 16, comma 3, del D.L. 95/2012 ha previsto la riduzione dei trasferimenti statali alle regioni a statuto speciale e alle province autonome per un ammontare di 1,57 miliardi di euro annui a regime. L’articolo 1, comma 1, della legge 228/2012 ha stabilito – fra l’altro – i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per gli anni 2013, 2014 e 2015. Il successivo comma 2 (trasferimenti statali alle gestioni previdenziali) non sembrerebbe invece riguardare la materia oggetto della norma in esame.

 

In merito ai profili di quantificazione si segnala che la norma appare finalizzata a concedere alla regione Sardegna maggiori spazi finanziari in misura equivalente alle minori spese per lo Stato derivanti dal trasferimento alla stessa regione di funzioni precedentemente esercitate a livello centrale.

Ferma restando la sostanziale neutralità della disposizione a regime, andrebbe chiarito se con riferimento agli esercizi pregressi (dal 2010 al 2012) si siano accumulati residui passivi a carico della regione stessa, in ragione del trasferimento di funzioni e di risorse alla regione stessa in assenza dell’adeguamento dei vincoli previsto dalla norma in esame. In tal caso andrebbe chiarito se, a seguito della norma in esame, residuino profili di criticità finanziaria con riferimento al predetto periodo transitorio.

Articolo 11, comma 8-bis – Patrocinio gratuito degli enti regionali

La norma, introdotta dal Senato, autorizza gli uffici legali delle regioni – ai fini del contenimento della spesa pubblica – ad assumere gratuitamente il patrocinio degli enti e delle agenzie regionali o degli organismi istituiti con legge regionale per l’esercizio di funzioni amministrative.

In merito ai profili di quantificazione si osserva che il patrocinio gratuito previsto dalla norma appare di carattere facoltativo e sembrerebbe quindi sottoposto sia al limite delle risorse disponibili sia al rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno. In proposito appare opportuno acquisire la conferma del Governo.

Articolo 12, comma 3, lettera c)-bis - Utilizzo di accantonamenti del fondo speciale di parte corrente

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento all’utilizzo degli accantonamenti del fondo speciale di parte corrente relativi agli stati di previsione del Ministero degli affari esteri, nella misura di 4.901.000 euro per l’anno 2014 e di 15.515.000 euro annui a decorrere dall’anno 2015, e del Ministero dell’istruzione, dell’università e delle ricerca, nella misura di 6,7 milioni di euro per l’anno 2014, si osserva che gli accantonamenti dei quali si prevede l’utilizzo, sebbene privi di una apposita voce programmatica, recano le necessarie disponibilità.

 



[1]     Si ricorda che la dotazione del Fondo per garantire la liquidità per i pagamenti dei debiti era fissata originariamente dal decreto-legge in esame in 10 miliardi per l’anno 2013 e in 16 miliardi per l’anno 2014.

[2]     Limitatamente alla Regione siciliana, il principio di cui al comma 6 si estende anche alle somme assegnate agli enti locali dalla regione e accreditate sui conti correnti di tesoreria regionale.

[3]     Si ricorda che il D.L. n. 78/2010, all’articolo 14, comma 1, nel determinare il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011-2013, ha espressamente specificato, per le province e i comuni, che il concorso alla manovra dovesse essere garantito attraverso la riduzione dei trasferimenti erariali ad essi spettanti, disposta dal comma 2 del medesimo articolo 14, nei medesimi importi.

Le riduzioni dei trasferimenti, effettuate ai sensi della normativa descritta, sono state operate per l’anno 2011 con il D.M. Interno 9 dicembre 2010 e per l’anno 2012 con i due decreti del Ministro dell’interno 22 marzo 2012 “Determinazione delle riduzioni di risorse per i comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti a decorrere dall’anno 2012” e 13 marzo 2012 “Determinazione delle riduzioni di risorse per le provincie a decorrere dall’anno 2012”.

[4]     Il fondo sperimentale di riequilibrio e il fondo perequativo dei comuni sono determinati, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 23/2011, recante Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. Il fondo sperimentale di riequilibrio e il fondo perequativo delle province sono determinati, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 21 e dell’articolo 23 del D.Lgs. n. 68/2011, recante “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”. Il fondo sperimentale di riequilibrio è finalizzato a realizzare “in forma progressiva e territorialmente equilibrata” la devoluzione ai comuni e alle province della fiscalità propria. Il secondo fondo è destinato al finanziamento delle spese dei comuni e delle province successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard.

[5]     Contestualmente all’attribuzione dell’intero gettito IMU ai comuni (con l’eccezione di quello sugli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, che è rimasto allo Stato), è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale, alimentato da una quota dell'imposta municipale propria da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

[6]     Ai fini dell’applicazione della suddetta sanzione, la Circolare del Ministero dell’economia e finanze 7 febbraio 2013, n. 5, esplicativa del patto di stabilità interno per i comuni e le province per il triennio 2013-2015, ha precisato che i limiti agli impegni si applicano alle spese correnti identificate dal Titolo I della spesa, senza alcuna esclusione.

[7]     La Circolare n. 5/2013 ha precisato in merito che, ai fini dell’applicazione della sanzione, il divieto non opera nei riguardi delle devoluzioni di mutui già in carico all’ente locale contratti in anni precedenti. Non rientrano, inoltre, nel divieto le operazioni che non configurano un nuovo debito, quali i mutui e le emissioni obbligazionari, il cui ricavato è destinato all’estinzione anticipata di precedenti operazioni di indebitamento, che consentono una riduzione del valore finanziario delle passività, né le sottoscrizioni di mutui la cui rata di ammortamento è a carico di un’altra amministrazione pubblica.

[8]     In relazione a tale disposizione, la Circolare n. 5/2013 ha precisato che devono considerarsi riconducibili alla spesa di personale degli enti locali le spese sostenute da tutti gli organismi variamente denominati (istituzioni, aziende, fondazioni, ecc.) che non abbiano indicatori finanziari e strutturali tali da attestare una sostanziale posizione di effettiva autonomia rispetto all’amministrazione controllante. La Circolare evidenzia, altresì, che il divieto di assunzione sussiste per tutti gli enti in cui il rapporto tra spesa di personale(comprensiva delle spese di personale delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo[1]) e spesa corrente sia pari o superiore al 50%.

[9]     Si ricorda, al riguardo, che i componenti degli organi esecutivi degli enti locali (sindaci, presidenti di provincia, assessori ecc.) e i presidenti dei consigli (comunali e provinciali) percepiscono una indennità di funzione (art. 82, co. 1 TUEL), mentre i componenti degli organi elettivi (consiglieri comunali e consiglieri provinciali) hanno diritto ad un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni (art. 82, co. 2 TUEL). La misura dell’indennità e dei gettoni è determinata dal decreto del Ministro dell’interno n. 119/2000.

      La Circolare n. 5/2013 ha precisato che la sanzione in questione si applica soltanto nei confronti degli amministratori in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione dei vincoli del patto di stabilità interno.

[10]    L’ultimo elenco degli enti ed organismo facenti parte del conto economico consolidato della P.A. è stato pubblicato dall’ISTAT in G.U. del 27 settembre 2012.

[11]    Il comma, in particolare, prevede che la comunicazione inviata con posta elettronica certificata è sottoscritta dal dirigente responsabile dell'ufficio competente con firma elettronica idonea a garantire l'identificabilità dell'autore, l'integrità e l'immodificabilità del documento ovvero con firma digitale, rispettivamente, ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera q-bis), e 24 del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 7 n. 82/2005).

[12]    Si ricorda che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: Valle d’Aosta L. Cost. 4/1948 art. 2 e D.Lgs. 431/1989; Trentino-Alto Adige, D.P.R. 670/1972 artt. 4, 80, D.P.R. 473/1975 e D.Lgs. 268/1992; Friuli-Venezia Giulia, L. Cost. 1/1963 art. 4, D.P.R. 114/1965 art. 8 e D.Lgs. 9/1997; Sicilia, R.DLgs. 455/1946 art. 14; Sardegna, L.Cost. 3/1948 art. 3. Per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato.

[13]    Sul punto si ricorda che l’articolo 246, comma 4, del TUEL prevede che se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario. Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso.

[14]    Con riferimento all’anno 2012, si ricorda che il termini per la deliberazione del bilancio di previsione da parte degli enti locali è stato più volte differito nel corso dell’esercizio e, da ultimo, fissato al 31 ottobre 2012 con D.M. interno 2 agosto 2012.

      Per l’anno 2013, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione è stato dapprima differito al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma 381, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2013).

[15]    L’art. 12 della legge n. 10 del 1977 era stato abrogato dall’art. 136 del D.Lgs. 6 giugno 2001 n. 378 (Disposizioni legislative in materia edilizia) e dall’art. 136 del D.P.R. n. 380 del 2001.

[16]    La norma riproduceva di fatto, per il triennio 2008-2010, quanto disposto per il solo 2007 dal comma 713 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296). L’articolo 2, comma 41, del D.L. 225/2010 ha prorogato gli effetti di tale norma fino al 2012.

[17]    In passato, infatti, il differimento di tali termini richiedeva l’intervento legislativo, ed era affidato, a singoli provvedimenti d’urgenza annuali di finanza locale, recanti le disposizioni destinate a disciplinare i singoli esercizi finanziari.

[18]    Da ultimo, si ricorda, quello relativo al bilancio di previsione per il 2012, per la cui deliberazione il termine è stato dapprima differito al 31 marzo 2012 con D.M. Interno 21 dicembre 2011 e poi al 30 giugno 2012 con l’articolo 29, comma 16-quinquies, della D.L. n. 216/2011. Il termine è stato, poi, ulteriormente differito (al 31 agosto e al 31 ottobre) con decreti del Ministro dell’interno (D.M. 20 giugno 2012 e D.M. 2 agosto 2012).

[19]    D.Lgs. 18 agosto 200, n.267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[20]    Si rammenta che il Fondo sperimentale di equilibrio è previsto dall’articolo 2 del D.Lgs. 23/2011 allo scopo di realizzare in forma graduale la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare prevista dal medesimo articolo 2. La durata del Fondo è prevista per tre anni, e comunque fino all’attivazione del Fondo perequativo di cui all’articolo 13 dello stesso decreto legislativo: tale secondo Fondo ha la funzione di assicurare il finanziamento delle spese degli enti locali dopo determinati i fabbisogni standard relativi alle spese per le funzioni fondamentali di comuni e province. Si ricorda che per i comuni, il Fondo sperimentale di riequilibrio risulta soppresso, in ragione della complessiva ridefinizione della destinazione del gettito rinveniente dall’IMU disposta dall’articolo 1, comma 380, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) e dalla contestualmente istituzione del Fondo di solidarietà comunale, alimentato da alimentato da una quota dell'imposta municipale propria.

[21]    L’articolo 4 del decreto-legge n. 174/2012 prevede una dotazione del Fondo di 30 milioni di euro per il 2012, di 90 milioni per il 2013, di 190 milioni per il 2014 e di 200 milioni per ciascuna annualità dal 2015 al 2020.

[22]    Si rammenta che il fondo sperimentale di equilibrio dei comuni ricadenti nei territori delle regioni a statuto ordinario è stato istituito nel 2011 ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 23/2011, allo scopo di realizzare in forma graduale la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare, prevista dal medesimo articolo 2. La durata del fondo è stabilità in tre anni, e comunque fino all’attivazione del fondo perequativo vero e proprio, di cui all’articolo 13 dello stesso decreto legislativo, che avrà la funzione di assicurare il finanziamento delle spese degli enti locali successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard relativi alle spese per le funzioni fondamentali di comuni e province.

[23]    Recante disposizioni per la revisione della spesa pubblica e misure di rafforzamento patrimoniale del settore bancario, convertito dalla legge n.135/2012.

[24]    Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.

[25]    Commissario straordinario istituito dall’articolo 2 del D.L. n,52 /2012, convertito dalla legge n.94/2012

[26]    Per l’anno 2012 la descritta procedura di imputazione delle riduzioni si è svolta secondo la suesposta disciplina, ad opera del decreto del Ministero dell’interno 25 ottobre 2012, emanato sulla base dell’Accordo sancito nella Conferenza Stato-città dell’11 ottobre 2012 circa la metodologia di calcolo da adottare tra i comuni interessati per la riduzione del previsto importo di 500 milioni di euro.

[27]    Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario.

[28]    Delibera n. 1/2012/SSRR/PARI - 2 luglio 2012 - Sezioni Riunite per la Regione autonoma della Sardegna - Giudizio di parificazione e relazione sul rendiconto generale della Regione Sardegna per l'esercizio 2011; pubblicato nel sito della Corte dei conti: http://www.corteconti.it/controllo/finanza_pubblica/bilanci_manovra_leggi/. Dalla Nota Introduttiva: "Il mancato accordo investe senza dubbio la correttezza dei rapporti tra Stato e Regione ed il rispetto delle prerogative di autonomia, ma merita in questa sede attenzione anche sotto il profilo del mantenimento degli equilibri del bilancio regionale e sulle possibilità della Regione di concorrere alle politiche di rigore programmate a livello centrale, aggravando le difficoltà create dai vincoli posti dal Patto di stabilità interno e dai tetti fissati alla spesa pubblica da disposizioni emanate in passato e tuttora in vigore. Risultano, infatti, fortemente ridotti i livelli di spesa della Regione tanto da pregiudicare gli interventi di sostegno e di sviluppo sul territorio."

[29]    La sentenza n. 118 del 2012 decide il conflitto di attribuzione sollevato dalla regione Sardegna a seguito della nota del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del 7 giugno 2011, n. 50971, avente ad oggetto: «Patto di stabilità interno per l'anno 2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna», con la quale la RGS invitava la regione a riformulare la proposta di patto al fine di addivenire al perfezionamento dell'accordo per il patto di stabilità. La Corte, dopo aver ribadito come l'accordo sia "lo strumento ormai consolidato per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata", respinge il ricorso in quanto la nota della RGS e la richiesta sottostante non è in contrasto con la ratio dell'accordo. La Corte, inoltre, nell'esposizione della ricostruzione normativa e nell'analisi del contenuto dell'accordo, enuncia alcuni principi che dovrebbero essere alla base dell'accordo stesso.

[30]    Sentenza Corte costituzionale n. 118 del 2012, Considerato in diritto, punto 2.

[31]    Di cui all’articolo 31, comma 26, lettera a), della legge 183/2011 (Legge di stabilità2012).

[32]    Predisposta dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del D.M. n. 25 giugno 2012.

[33]   Ai sensi dell’articolo 9, commi 3-bis e 3-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.185 e dell’articolo 12, comma 11-quinquies, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16.

[34]    Per le regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le province autonome di Trento e Bolzano opera il meccanismo della compartecipazione a tributi erariali. Per i comuni delle regioni Sicilia e Sardegna le partite finanziarie sono regolate mediate trasferimenti. Per le regioni a statuto ordinario si fa riferimento al fondo sperimentale di riequilibrio.

[35]    Gettito recato dalla maggiorazione calcolata in misura pari a 0,30 euro per metro quadrato. E’ sospesa, per il 2013, la possibilità per i comuni di aumentare tale misura (lettera f)).

[36]    D.L. n. 70/2011, art. 7, comma 2, lett. gg-ter). L’ultima proroga (al 30 giugno 2013) è stata disposta dall’art. 9, comma 4, del D.L. n. 174/2012.

[37]    Di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

[38]    Cfr. l’art. 12, comma 1-quater, del D.L. n. 98/2011, coma modificato dall’art. 1, comma 138, della L. n. 228/2012.

[39]    Ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.

[40]    Di cui all’articolo 4 del decreto-legge n. 174 del 2012.

[41]    Per quanto riguarda il contributo compensativo riferito all’anno 2013, pari a 330 mln, l’importo è stato determinato sulla base di quantificazioni riportate nelle precedenti relazioni tecniche riferite alla medesima materia.

[42]    Si veda la precedente scheda riferita all’articolo 10, comma 4-quater.

[43]    Ulteriori chiarimenti risulterebbero opportuni con riferimento alle modalità di determinazione del rapporto rispetto al quale è prevista la soglia del 250%. Tale soglia sembrerebbe impedire che al singolo ente siano imputati tagli superiori a due volte e mezzo quelli medi della classe demografica di appartenenza. In tal caso il numeratore del predetto rapporto dovrebbe essere dato dalla somma dei tagli proporzionalmente determinati riferita alla specifica classe demografica di appartenenza del singolo ente.

[44]    Dimensione della finanza degli enti interessati; funzioni effettivamente esercitate e conseguenti oneri; svantaggi strutturali permanenti; costi dell’insularità; livelli di reddito pro capite; modalità attraverso le quali lo Stato assicura il conseguimento degli obiettivi costituzionali di perequazione e di solidarietà, ferma restando la copertura del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

[45]    Con la quale la Corte nel dichiarare l’inammissibilità del conflitto di attribuzione promosso dalla regione Sardegna nei confronti dello Stato, in riferimento alla nota del Ministero dell’economia–RGS 5097/2011 avente ad oggetto: «Patto di stabilità interno per l’anno 2011. Proposta di accordo per la Regione Sardegna», ha affermato che “il principio inderogabile dell’equilibrio in sede preventiva del bilancio di competenza comporta che non possono rimanere indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli dell’entrata”.

[46]    Il comma 834, in particolare, stabilisce la ripartizione delle entrate fra lo Stato e la regione, individuando le entrate della regione (quote di gettito delle imposte dirette e indirette ed altre entrate patrimoniali e demaniali).