Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità, nonché modifiche all'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228
Riferimenti:
AC N. 77/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 27
Data: 17/06/2013
Descrittori:
AMBIENTE   DL 2001 0228
PRODOTTI AGRICOLI   PRODOTTI ALIMENTARI
Organi della Camera: XIII-Agricoltura


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Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità, nonché modifiche all'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228

17 giugno 2013
Elementi per l'istruttoria legislativa



Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Compatibilità comunitaria|Incidenza sull'ordinamento giuridico|Coordinamento con la normativa vigente|



Contenuto

La proposta di legge in esame, l'AC 77 di iniziativa dell'on. Realacci ed altri è volta alla valorizzazione e alla promozione dei prodotti alimentari provenienti da filiera corta - la cui area di produzione è situata a breve distanza dal luogo di consumo finale - nonché dei prodotti di particolare pregio qualitativo ossia quelli provenienti da coltivazioni biologiche, a denominazione tutelata, tipici o tradizionali.

Per quanto attiene alle definizioni,l'AC 77 qualifica (articolo 2) a "chilometro zero" i prodotti il cui consumo avviene entro un raggio di 70 chilometri dal luogo di produzione. Rientrano nella suddetta definizione altresì i prodotti il cui trasporto - dalla fase della produzione a quella del consumo - produca un limitato apporto delle emissioni inquinanti. Ulteriore definizione attiene ai prodotti "di qualità" che provengono da coltivazioni biologiche, nonché quelli a denominazione tutelata, tipici o tradizionali riconosciuti dalla normativa nazionale e comunitaria.

Va rilevato che in mancanza di disposizioni di individuazione di specifici parametri può risultare problematica l'attribuzione ad un prodotto della qualifica "chilometro zero" in relazione alla contenuta emissione di inquinanti derivante dal trasporto di esso. Potrebbe dunque risultare opportuno demandare ad un decreto ministeriale l'individuazione di parametri certi attinenti al ridotto apporto di emissioni inquinanti.

La proposta in esame prevede disposizioni incentivanti l'impiego dei prodotti da filiera corta e di qualità nei servizi di ristorazione collettiva forniti dalle pubbliche amministrazioni. In particolare l'articolo 3 prevede che la fornitura di prodotti a chilometro zero o di qualità possa, a discrezione dell'ente regionale o locale, diventare titolo preferenziale per l'aggiudicazione degli appalti pubblici (emanati dalla regioni, o da enti da essa controllati, e dagli enti locali) di fornitura di mensa o servizio di ristorazione collettiva. All' aggiudicazione consegue un obbligo di idonea docu­mentazione dell'approvvigionamento, dell'impiego dei prodotti e dell'apporto di emissioni inquinanti connesso a tutti i movimenti che hanno interessato il prodotto fino alla fase finale del consumo.

Occorre anche segnalare al riguardo che nell'ambito della politica Integrata di Prodotto IPP, la Commissione europea nel 2003 invitava gli Stati Membri ad adottare dei Piani d'azione nazionale (COM(2003) 302), per definire l'approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull'ambiente.
L'Italia ha accolto quest'indicazione con la Legge n. 296/2006 (art. 1, comma 1126) ed ha adottato, con il D.M. 11 aprile 2008 del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con i Ministri dell'Economia e delle Finanze e dello Sviluppo Economico, il "Piano d'Azione per la sostenibilità dei consumi nel settore della Pubblica Amministrazione (PAN GPP)". Il Piano d'azione è stato recentemente aggiornato con D.M. 10 aprile 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2013. Il Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione è lo strumento attraverso il quale è possibile massimizzare la diffusione del GPP, i cosiddetti Acquisti Verdi. Il PAN GPP prevede che il Ministero dell'Ambiente definisca i "Criteri Ambientali Minimi" (CAM) (decreto del Ministro dell'ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 25 luglio 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2011) i quali rappresentano il punto di riferimento a livello nazionale in materia di acquisti pubblici verdi e che potranno essere utilizzati dalle stazioni appaltanti.

Al riguardo l'articolo 3 dell'AC 77, proprio al fine di promuovere la domanda e l'offerta dei prodotti agricoli a chilometro zero e dei prodotti agricoli di qualità provenienti da filiera corta stabilisce che nelle procedure per l'affidamento dei servizi di ristorazione collettiva, qualora si faccia riferimento ai suddetti criteri minimi ambientali, gli stessi devono far riferimento a quanto previsto nei paragrafi 5.3.1 e 6.3.1 dell'allegato 1 annesso al D.M. 25 luglio 2011.

 

L'articolo 4 dell'AC 77, pur intitolato alla "vendita dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta e dei prodotti di qualità" detta disposizioni riguardanti sia la vendita diretta tout court (commi 1 e 3) sia quella esercitata per i soli prodotti provenienti da filiera corta.

Il comma 1 consente ai comuni di riservare alla vendita diretta dei prodotti agricoli almeno il 20 per cento delle aree di posteggio dei mercati.

I commi 2 e 3, invece, al fine di agevolare l'acquisto e il consumo dei prodotti a chilometro zero e di quelli di qualità, consentono agli esercizi commerciali di destinare alla vendita degli stessi almeno il 30 per cento della propria superficie e di destinare specifiche aree per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta.

Il comma 4 prevede che sia assicurato uno spazio per la vendita dei prodotti provenienti dalla filiera corta appositamente dedicato.

 

Le disposizioni di cui all'articolo 4 dell'AC 77 introducono una facoltà e non un obbligo in capo ai comuni e agli esercizi commerciali di riservare rispettivamente "almeno" il venti per cento e il trenta per cento delle aree. La locuzione "almeno" appare però più consona ad un obbligo che ad una possibilità. Potrebbe dunque valutarsi l'opportunità di chiarire se i soggetti interessati possano riservare percentuali inferiori a quelle indicate nel testo.

 

L'articolo 5 modifica la disciplina legislativa vigente in materia di esercizio della vendita diretta, intervenendo su più punti dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001.
  In primo luogo (lett. a) si prevede che la disciplina amministrativa di cui al citato articolo si applichi anche alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, purché costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci.

In secondo luogo (lett. b) si stabilisce che anche per la vendita diretta esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non sia richiesta la comunicazione di inizio attività (al pari di quanto oggi già previsto per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità).

Interviene, inoltre, sul comma 4 dell'art. 4 del D.Lgs: 22872001 (lett. c) prevedendo che l'attività di vendita diretta:

  • nel caso di vendita al dettaglio in forma non itinerante su aree pubbliche, può essere iniziata contestualmente alla concessione dell'area da parte del comune (n. 1) o all'assegnazione del posteggio richiesto (n.2);
  • in locali aperti al pubblico, ivi compresi i locali facenti parte dell'azienda agricola, è soggetta a comunicazione al comune nel cui territorio sono ubicati i locali e può essere effettuata a decorrere dalla data di invio della stessa comunicazione (n. 3);
  • se svolta mediante il commercio elettronico, può essere iniziata contestualmente all'invio della comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione
  • consente il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell'imprenditore agricolo con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie;
  • non comporta cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge la vendita e può esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati.
Si rammenta che anche il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 è intervenuto sull'articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001 modificando però soltanto il primo periodo del comma 2 allo scopo di favorire la vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante. Quest'ultima, infatti, pur essendo sempre soggetta a comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione, può ora essere effettuata a decorrere dalla data di invio della medesima comunicazione.

 

L' articolo 6 prevede quale ulteriore incentivol'abbattimento per il 50% dei contributi dovuti da grandi strutture di vendita o centri commerciali - nei quali siano venduti prodotti agroalimentari a chilometro zero - per il rilascio del permesso di costruzione o di altra autorizzazione a fini edilizi, qualora sia assunto l'impegno ad acquistare e porre in vendita prodotti a filiera corta e prodotti di qualità nella misura complessiva annua non inferiori al 30% in termini di valore. Il mancato rispetto dell'impegno comporta il versamento per intero del contributo maggiorato dall'applicazione di un tasso d'interesse.

 

Sotto il profilo dei controlli,l'articolo 8 dispone l'istituzione nell'ambito del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari del MIPAAF di un nucleo votato ai prodotti di qualità e da filiera corta, e consente alle regioni per la realizzazione dei controlli di competenza di avvalersi degli organi di polizia amministrativa locale.

Si segnala che la proposta estende le norme in merito ai controlli anche alle disposizioni concernenti la materia di prodotti ortofrutticoli freschi.

 

L'articolo 7 demanda ad un decreto del dicastero agricolo la istituzione entro due mesi dalla entrata in vigore della legge, di un marchio di filiera "Chilometro zero", che attesta la qualità ambientale del prodotto in relazione all'apporto ridotto di emissioni inquinanti prodotte dal trasporto dello stesso . Il decreto dovrà essere emanato nel rispetto dei criteri e dei principi indicati nell'Allegato al provvedimento in esame, che disciplina le modalità d'uso del marchio e del logo "chilometro zero". Alle Regioni e province autonome spetta la istituzione di un albo nel quale hanno titolo ad iscriversi, gratuitamente e secondo le modalità precisate in  allegato alla proposta, tutte le imprese (agricole, agroalimentari, di acquacoltura e commerciali) che vendono prodotti a chilometro zero. Dall'iscrizione all'albo deriva la possibilità di avvalersi del logo.

Va sottolineato che si tratta in ogni caso di un marchio di conformità volontario e non obbligatorio, in quanto attesta la sussistenza di qualità di carattere ambientale, certificando il limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale.



Relazioni allegate o richieste

Alla proposta, di iniziativa parlamentare, è allegata la sola relazione illustrativa.



Necessità dell'intervento con legge

Il provvedimento modifica in taluni punti le disposizioni contenute nel decreto legislativo 18-05-2001, n. 228, e, limitatamente a tali aspetti, necessita dell'intervento con fonte di natura legislativa.

Si fa presente, inoltre, che a seguito dell'emanazione di numerose leggi regionali in materia, si potrebbe rendere necessario un provvedimento che fornisce criteri e principi direttivi alla materia.



Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta incide sia sulle regole della concorrenza (competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), sia sulla materia "alimentazione", attribuita alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni dall'art. 117, terzo comma.

Nella proposta vi sono inoltre disposizioni riguardanti la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari afferente alla materia del commercio, attribuita alla competenza residuale delle Regioni.

 

Si segnala che sulla medesima materia trattata dalle proposte in esame, vi è un'abbondante produzione normativa regionale. Tra gli interventi più recenti si ricordano la legge regionale n.7 del 25-07-2008 della Regione Veneto (così come modificata dalla legge regionale n. 3 del 22-01-2010); la legge regionale n. 16 del 07-07-2009 della regione Marche; la legge regionale n. 19 del 30-04-2012 della regione Liguria; la legge regionale n. 43 del 13-12-2012 della Regione Puglia.

Si rileva che recentemente, in data 18-02-2013, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha presentato contro la Regione Puglia un ricorso per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale Puglia n. 43 del 13-12-2012. Si contesta la illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera c), nel combinato disposto con il art. 4, comma 5, in relazione agli artt. 117, comma 1 e 120, comma 1 della Costituzione.

Nello specifico, secondo il Governo le menzionate previsioni della legge regionale, che finiscono per privilegiare i prodotti pugliesi solo in base alla loro provenienza territoriale e non in base a motivi ambientali, risultano discriminatorie in quanto i gestori dei servizi di ristorazione collettiva, al fine di conseguire l'aggiudicazione dell'appalto regionale, si riforniranno preferibilmente presso le aziende agricole del luogo a discapito delle altre. Ciò risulterebbe in evidente contrasto con l'ordinamento dell'Unione europea sia sotto il profilo della restrizione alla libera circolazione delle merci e dell'ostacolo agli scambi intracomunitari sia  sotto il profilo della restrizione alla concorrenza.



Compatibilità comunitaria



Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

 

Una particolare attenzione viene dedicata all'agricoltura locale dalla proposta modificata (COM(2012)655) sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che, insieme alle altre proposte del pacchetto di riforma della PAC, è oggetto attualmente di negoziati interistituzionali (triloghi) tra Consiglio, Parlamento europeo e Commissione europea, iniziati l'11 aprile e in corso di conclusione (probabilmente nel corso del mese di giugno).

In particolare, si auspica che gli Stati membri includano nei loro programmi di sviluppo rurale tematici sottoprogrammi per esigenze specifiche in settori di particolare importanza come, ad esempio, la creazione di filiere corte.

La filiera corta viene definita come una forma di approvvigionamento, formata da un numero limitato di operatori economici che si impegnano a promuovere la cooperazione, lo sviluppo economico locale e stretti rapporti socio-territoriali tra produttori e consumatori.



Incidenza sull'ordinamento giuridico

L'articolo 6, comma 1, demanda a un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da emanare entro due mesi dall'entrata in vigore della legge, l'istituzione del marchio "Chilometro zero".



Coordinamento con la normativa vigente

L'articolo 4, comma 1, interviene sull'articolo 4 del decreto legislativo n.228/2001 senza apportare le necessarie modificazioni al testo di riferimento.

L'articolo 6 interviene in materia urbanistica e di contributi per il rilascio del permesso di costruire senza apportare le necessarie e puntuali modifiche alla normativa di riferimento.