Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza 1/2011. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti in materia di politica estera, difesa e sicurezza
Serie: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza    Numero: 1    Progressivo: 2011
Data: 24/03/2011
Descrittori:
DIFESA E SICUREZZA INTERNAZIONALE   ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI MILITARI   RELAZIONI INTERNAZIONALI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

Testatine Biblioteca internazionale.jpg

 

 

RASSEGNA PARLAMENTARE COMPARATA
 DI POLITICA INTERNAZIONALE E SICUREZZA

 

L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti

in materia di politica estera, difesa e sicurezza

 

 

Anno V, n. 1                                                                                            31 Gennaio 2011

 

Francia  

Il 18 gennaio 2011, la Commissione Affari esteri dell’Assemblea Nazionale ha proceduto all’audizione del Ministro degli Affari esteri ed europei, Michèle Alliot-Marie, sulla situazione in Tunisia (http://www.assemblee-nationale.fr/13/cr-cafe/10-11/c1011027.asp#P12_252).

Di fronte all’inaspettato cambiamento radicale della Tunisia con la caduta e la partenza dal Paese dell’ormai ex Presidente, Ben Ali, il quale, abbandonato dall’esercito e dopo 23 giorni di manifestazioni, ha dovuto cedere alla pressione della rivolta esplosa in tutto il Paese, il Ministro ha affermato la volontà francese di aiutare il popolo tunisino e sostenere la transizione della Tunisia verso la democrazia. Nel rispondere ad alcune critiche al Governo francese, ritenuto da alcuni troppo lento e “attendista” rispetto all’evoluzione degli avvenimenti tunisini, il Ministro ha difeso l’operato del Governo per aver rispettato, anche in questa occasione, i principi costanti della politica internazionale francese: la non ingerenza, il rispetto dello Stato di diritto, l’appello alla democrazia e alla libertà ed il loro sostegno.

E’ naturale, ha sostenuto il Ministro Alliot-Marie, che la Francia si schieri a fianco del popolo tunisino. Il gran numero di tunisini in Francia, di francesi in Tunisia (ca 25.000), di franco-tunisini e gli scambi di ogni natura esistenti tra i due Paesi rendono particolarmente stretti i rapporti tra i due popoli e tra i due Stati, ma giustificano anche un atteggiamento di cautela e moderazione.

Interrogata sulle cause degli avvenimenti in Tunisia, Michèle Alliot-Marie ha confermato che nessuno, in Francia o in altri paesi, aveva previsto quanto sarebbe accaduto in pochi giorni, sebbene si percepisse chiaramente un’esasperazione crescente della popolazione di fronte all’accaparramento dell’economia tunisina da parte di un unico clan. Gli osservatori francesi avevano notato la trasformazione, nelle ultime settimane, dell’ondata di manifestazioni - nata dal suicidio del giovane Mohamed Bouazizi - in un malcontento diffuso, senza tuttavia prevedere che questo sarebbe ben presto sfociato nella c.d. “rivoluzione dei gelsomini”.

La forza di internet e delle reti sociali hanno dato un’eco nuova alla contestazione, mentre l’uso massiccio della forza nei confronti dei manifestanti è stato uno degli elementi che ha sicuramente accelerato gli avvenimenti. Al momento dell’audizione, secondo le informazioni in possesso del Ministro, che si è dichiarata in costante contatto con il Ministro degli Esteri tunisino, ma anche con il nuovo Presidente e il Primo Ministro di transizione, Mohammed Ghannouchi, permanevano alcune manifestazioni di resistenza delle milizie fedeli a Ben Ali. Il Ministro ha riferito di aver proposto un eventuale aiuto in vettovagliamenti e generi di prima necessità, ma di aver ricevuto un gentile eppur fermo rifiuto dell’offerta, in ragione del rapido ritorno alla normalità che non ha reso necessario un simile aiuto. La vita sociale e  politica ha ripreso celermente il suo corso e il 17 gennaio è stata annunciata la composizione del nuovo Governo d’unità nazionale, con numerose personalità, non toccate dalle critiche, del vecchio partito al potere e tre personalità dell’opposizione: Ahmed Brahim, del partito “Ettadjdid”, Néjib Chebbi, del “Partito democratico progressista”, e Mustapha Ben Jaafar, del “Forum democratico per il Lavoro e le Libertà”. Fuori dalla compagine governativa di transizione sono rimasti i rappresentanti del “Partito comunista degli operai della Tunisia” e del movimento islamico “Ennahdha”. Il nuovo governo dovrà affrontare, secondo il Ministro, tre sfide principali: ristabilire l’ordine pubblico, convincere il popolo tunisino della sua credibilità e preparare le nuove elezioni. Secondo la Costituzione tunisina, infatti, le elezioni del futuro Presidente della Repubblica dovrebbero avere luogo al più tardi nei due mesi successivi alla constatazione dell’impedimento definitivo del precedente Presidente, avvenuto il 15 gennaio scorso, anche se oggi tale arco temporale è da molti oppositori giudicato troppo breve. Diversi i problemi rimasti ancora senza soluzione, secondo il Ministro: dal futuro del partito governativo “Raggruppamento Costituzionale Democratico”, che godeva del quasi monopolio dei posti nell’amministrazione, alla sorte dei poliziotti e dell’esercito sui quali si appoggiava il regime precedente, fino al posto da riservare ai partiti islamici.

Il Ministro Alliot-Marie ha infine ribadito che la Francia è e sarà in prima linea, sul fronte europeo, per la realizzazione di un’associazione di partenariato rafforzato tra la Tunisia e l’UE, mentre, sul fronte bilaterale, conta di approfondire le relazioni con la Tunisia secondo tre assi principali: l’asse politico, con il rafforzamento del dialogo e della cooperazione, dal quale deve scaturire un’armonizzazione delle legislazioni dei due Paesi soprattutto nella comune lotta al terrorismo; l’asse economico, con iniziative a favore di una migliore integrazione, a livello europeo, delle economie tunisina ed europea; infine, l’asse delle cooperazioni settoriali, in particolare nei campi dell’energia e dei trasporti.

 

 

Francia  

Lo stesso 18 gennaio 2011, nella seduta pomeridiana, la Commissione Affari esteri dell’Assemblea Nazionale ha proceduto anche all’audizione di Xavier Driencourt, Ambasciatore della Francia ad Algeri, sulla situazione in Algeria in relazione ai moti di protesta che hanno avuto luogo anche in quel Paese e alle possibilità che lo scenario tunisino possa ripetersi anche in Algeria (http://www.assemblee-nationale.fr/13/cr-cafe/10-11/c1011029.asp#P12_158).

L’Ambasciatore ha ricordato che il movimento di protesta, partito dalla capitale, si è allargato ben presto alle città principali algerine, con manifestazioni e saccheggi durati poco meno di una settimana, tra il 7 e l’11 gennaio. Il movimento è stato pertanto assolutamente spontaneo, ma anche molto breve. Già l’11 gennaio il Ministro dell’Interno algerino ha dichiarato “il ritorno della pace”. I partecipanti alle manifestazioni sono stati principalmente giovani tra i 14 e i 18 anni, mentre le classi medie non vi hanno preso parte. Secondo le fonti ufficiali ci sono stati 6 morti e 863 feriti, soprattutto tra i poliziotti, e circa un migliaio di arresti.

Sulle cause delle manifestazioni, l’Ambasciatore francese ha citato, in primo luogo, l’aumento dei prezzi dei prodotti di base, zucchero, farina e olio soprattutto, l’aumento dell’IVA al 17% previsto dal prossimo 1° aprile ed una tassa del 3% sui prodotti interni, oltre all’obbligo di pagamento con chèque per importi superiori a 500.000 dinari, pari a 5.000 euro. Oltre alle cause economiche, l’Ambasciatore Driencourt ha fatto cenno a problemi più generali, come la malavita, la disoccupazione giovanile e il problema degli alloggi. Driencourt ha anche aggiunto, tuttavia, che le autorità hanno risposto rapidamente alle manifestazioni con una tattica di polizia più “sottile”, improntata ad una maggiore moderazione rispetto all’eccessivo uso della forza a cui si è ricorsi in Tunisia, e che, sul piano politico, nessun partito politico né movimento religioso ha capeggiato le manifestazioni. Anche in Algeria, come in Tunisia, la classe dirigente è al potere da lungo tempo, così come esiste un dibattito politico monopolizzato dai partiti governativi, nonché gravi problemi di alloggi e di precariato con un conseguente malessere sociale. Tuttavia, ha sostenuto Driencourt, molti fattori differenziano i due Paesi: in Algeria il potere non è concentrato nelle mani di un clan, come era avvenuto in Tunisia, ma è più diffuso e complesso, suddiviso in vari circoli che intervengono a vario titolo nel sistema di  potere del Paese; l’Algeria dispone dal 1991 di una stampa che gode di una notevole libertà di espressione con più di 80 quotidiani, alcuni dei quali hanno una tiratura che tocca le 600.000 copie; in Algeria la maggior parte dei manifestanti erano costituiti da ragazzi di età inferiore ai 18 anni, mentre in Tunisia, oltre ai giovani, la rivolta ha coinvolto diversi strati della popolazionetra cui avvocati, sindacalisti, dipendenti pubblici.

Partendo dai differenti status quo dei due Paesi, Xavier Driencourt non ha voluto fare previsioni, sostenendo che occorrerà comunque attendere l’evoluzione della situazione tunisina delle settimane successive per giudicare le possibili ripercussioni in Algeria: sicuramente se la Tunisia, passando di manifestazione in manifestazione, precipiterà nel caos fino alle elezioni presidenziali, le classi medie algerine ne saranno spaventate e rigetteranno con decisione la “via tunisina”, mentre potrebbe manifestarsi una reazione diversa nel caso di una transizione pacifica verso la democrazia.

 

 

Regno Unito

La Commissione Affari Esteri della Camera dei Comuni ha pubblicato, il 12 gennaio 2011, la prima relazione della sessione parlamentare corrente dedicata al ruolo dei parlamenti nazionali rispetto alle politiche dell’Unione europea in materia di affari esteri, di difesa e di sicurezza (il documento, intitolato Future inter-parliamentary scrutiny of EU foreign, defence and security policy, può consultarsi all’indirizzo: http://www.publications.parliament.uk/pa/cm201011/cmselect/cmfaff/697/69702.htm).

La relazione trae origine dalle innovazioni conseguenti alla decisione del Consiglio europeo (adottata a Colonia nel 1999) di conferire all’Unione europea i compiti precedentemente attribuiti alla UEO in relazione alla gestione delle crisi internazionali. Secondo la Commissione, la natura intergovernativa delle decisioni europee assunte nel quadro della politica estera, di sicurezza e di difesa comune (PESC/PESD) rende infatti necessario l’aggiornamento delle modalità di esercizio del controllo interparlamentare.

A tale scopo la Commissione Affari Esteri ha condotto una consultazione informale alla quale hanno partecipato, per gli aspetti di loro competenza, altri select committees di entrambi i rami del Parlamento (il Defence Committee e lo European Scrutiny Committee della Camera dei Comuni, e, in particolare, lo European Union Committee della Camera dei Lord, la cui posizione è espressa nella relazione pubblicata il 24 gennaio 2011: http://www.publications.parliament.uk/pa/ld201011/ldselect/ldeucom/85/8502.htm); essa si è conclusa con la formulazione di proposte dirette a configurare in nuovi termini lo scrutinio interparlamentare sulle politiche europee nelle note materie, e ad individuare il ruolo che in tale ambito possono esercitare i parlamenti degli Stati membri.

A tale riguardo, la Commissione ha raccomandato l’istituzione, in luogo dell’Assemblea europea di sicurezza e difesa (nucleo residuo della UEO dopo le modifiche apportate dal Trattato di Nizza), di una conferenza interparlamentare sugli affari esteri, sulla difesa e sulla sicurezza (COFADS nell’acronimo inglese), che, senza costituire un organismo autonomo, possa assicurare la continuità della supervisione sulle politiche europee, valorizzando l’attività svolta dai singoli parlamenti nazionali nell’esercizio dei loro poteri di controllo. Annunciando la presentazione di una mozione in materia, la Commissione ha quindi rivolto la raccomandazione alla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee parlamentari dell’Unione europea di adoperarsi affinché il COSAC (Conferenza degli organismi specializzati negli affari comunitari ed europei dei Parlamenti dell’UE), avvalendosi dei poteri attribuiti dall’art. 10 del Protocollo 1 del Trattato Europeo, provveda ad istituire la conferenza interparlamentare biennale denominata COFADS, di cui nella relazione sono delineate la composizione (formata da delegazioni dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo) e le principali modalità organizzative.

 

 

 

 

 

 

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