Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera | ||
Titolo: | Rassegna parlamentare conparata di politica internazionale e sicurezza 3/2010. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti in materia di politica estera, difesa e sicurezza | ||
Serie: | Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza Numero: 3 | ||
Data: | 30/04/2010 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa |
L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti
in materia di politica estera, difesa e sicurezza
Anno IV, n. 3 31 Marzo 2010 |
Germania
Durante la seduta del Bundestag del 25 marzo 2010 (resoconto stenografico su http://www.bundestag.de/dokumente/protokolle/plenarprotokolle/17034.pdf),
Sebbene il tema principale dell’intervento
fosse la strategia Europa 2020 per lo stimolo della crescita economica dell’Un
La Merkel ha ribadito la sua posiz
Durante il dibattito parlamentare, la
posiz
L’opposiz
Spagna
Presso la Commissione Affari esteri del Congresso dei Deputati, nella seduta del 9 marzo 2010, è intervenuto il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione Miguel Ángel Moratinos Cuyabé per esprimere la posizione spagnola in merito al Sahara occidentale (http://www.congreso.es/public_oficiales/L9/CONG/DS/CO/CO_485.PDF). Come noto, il territorio in questione, Sahara spagnolo fino al 1976, è d’allora motivo di scontro tra la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi e il Marocco.
Il Ministro ha innanzitutto ricordato la recente vicenda
dell’attivista saharawi Aminetu Haidar,
respinta dalle autorità marocchine, che è potuta rientrare ad El Ayun il 17
dicembre, e le numerose manifestaz
In conclusione, egli ha confermato il totale appoggio spagnolo agli sforzi dell’ambasciatore Ross, ribadendo che il Sahara occidentale costituisce una delle priorità della politica estera spagnola e l’impegno della Spagna ad inserire il problema all’interno dell’agenda internazionale. Per la creazione di uno spazio di sicurezza, sviluppo e democrazia nel Maghreb, ha concluso il Ministro, è indispensabile la soluzione definitiva del conflitto del Sahara occidentale all’interno del quadro delle risoluzioni delle Nazioni Unite.
Nel dibattito che ne è seguito, il rappresentante popolare ha ribadito la necessità dell’unione del Maghreb arabo, a cui deve però accompagnarsi la democratizzazione piena e il rispetto assoluto dei diritti e delle libertà fondamentali. La rappresentante socialista ha ricordato l’impegno spagnolo degli ultimi anni nei confronti del Sahara occidentale, anche in termini di cooperazione, e la necessità di trovare una soluzione giusta, duratura e reciprocamente accettabile, che garantisca comunque il diritto alla libera determinazione del popolo del Sahara occidentale.
Nella replica, il Ministro ha riconfermato l’impegno della diplomazia spagnola, in collaborazione con quelle statunitense e francese, ribadendo l’impegno di tutte le forze politiche per una soluzione definitiva del problema.
Stati Uniti
Presso la Commissione Affari esteri del Senato, il 10 marzo 2010, si sono tenute delle audizioni sul futuro della diplomazia statunitense[1] (http://foreign.senate.gov/hearings/hearing/20100310).
Evelyn S. Lieberman,
direttore dell’ufficio Communications and
Public Affairs della Smithsonian
Institution
di Washington, ed ex Sottosegretario per la diplomazia e gli affari pubblici
del Dipartimento di Stato (1999-2001), ha ricordato la sua esperienza in
occasione della creazione del Sottosegretariato durante l’amministrazione
Clinton, anche grazie l’impulso del Segretario di Stato Albright. Sebbene siano
trascorsi solo dieci anni, i progressi tecnologici e comunicativi sopraggiunti
e i cambiamenti dello scenario internazionale, dopo l’11 settembre, hanno
completamente modificato la situazione. Comunque la creazione di tale ufficio
non ha significato la fine della diplomazia tradizionale, che ha bisogno di
essere accresciuta e migliorata.
Dal canto suo Karen P. Hughes, vicepresidente dell’agenzia di pubbliche relazioni Burson-Marsteller, ed ex Sottosegretario per la diplomazia e gli affari pubblici del Dipartimento di Stato (2005-2007), ha ricordato che il suo impegno al Dipartimento di Stato si focalizzò intorno a tre strategie imperative: offrire una visione positiva della speranza e dell’opportunità dei valori di base, non solo americani, ma universali, legati ai diritti umani, alla libertà e alla giustizia; isolare e screditare Al Qaeda; alimentare gli interessi comuni agli Americani e ai popoli degli altri Paesi. Le attività della diplomazia americana ruotano attorno a quattro categorie principali: comunicazioni, campo in cui appare necessario creare un’unità che sia in grado di monitorare i media internazionali, creare blog su Internet in lingue come l’arabo e il persiano, inoltre è importante far capire che le vittime di Al Qaeda sono soprattutto musulmani; istruzione e programmi di scambio, che costituiscono il cuore della diplomazia, anche in questo campo è necessario migliorare l’uso delle tecnologie; i “fatti” della diplomazia, ovverosia le cose concrete che si fanno nel campo dell’istruzione e dello sviluppo economico e sociale che incidono sulle vite delle persone, quali le iniziative per combattere l’Aids e l’uso della nave ospedale USNS Comfort; le trasmissioni internazionali, con il potenziamento di canali radiotelevisivi soprattutto in arabo. Tra le cose da fare per il futuro, la Hughes ha ricordato, tra l’altro, la necessità di modificare l’addestramento del personale, migliorando le competenze nelle lingue straniere, di aprire spazi all’estero per far conoscere l’America (“American corners”), nonché di stabilire un forte punto di contatto per il Dipartimento di Stato presso la Casa Bianca.
James K. Glassman, direttore esecutivo del George W. Bush Institute di Dallas, ed ex Sottosegretario per la diplomazia e gli affari pubblici del Dipartimento di Stato (2008-2009), ha illustrato un quadro di “Strategic Public Diplomacy”, basandosi sulla diplomazia intesa come “comprensione, impegno, informazione ed influenza dell’opinione pubblica straniera allo scopo di realizzare gli interessi degli Stati Uniti d’America”. In quest’ambito, per combattere il terrorismo, è necessario creare un ambiente ad esso ostile, utilizzando parole, fatti e messaggi. Per Glassman è necessario che l’immagine americana sia fatta conoscere all’estero, soprattutto verso i Paesi musulmani. Occorre altresì comprendere i tre conflitti principali all’interno dello scenario musulmano: tra religione e terrore, Iran e alleati, democrazia e diritti umani. Le comunità musulmane devono essere spinte a ragionare su questi problemi sapendo di poter contare sugli Stati Uniti, nella direzione di essere protagoniste nella sfida per una giustizia globale. Glassman ha quindi ricordato alcuni punti essenziali, tra cui: fare della diplomazia una priorità; distinguere tra la Strategic Public Diplomacy proposta e la diplomazia a lungo termine; istituire una struttura apposita affidata a un funzionario che interagisca con il Presidente; usare la tecnologia per migliorare la comunicazione globale. In chiusura, per Glassman, occorre “raccontare al mondo la storia di una buona e compassionevole nazione e, al contempo, impegnarsi nel più importante conflitto ideologico del nostro tempo”.
Infine Judith A. McHale, attuale Sottosegretario per la diplomazia e gli affari pubblici del Dipartimento di Stato, ha riconosciuto l’eredità dei suoi predecessori, sottolineando gli sforzi del Presidente Obama e del Segretario di Stato Clinton nello sviluppo della diplomazia americana. Nel mondo contemporaneo, molte cose sono cambiate e cambiano a velocità inimmaginabili: le comunicazioni sono state rivoluzionate, modificando anche i comportamenti e le aspirazioni dei singoli, 40 democrazie elettorali sono nate negli ultimi 25 anni, il 45% della popolazione mondiale è al di sotto dei 25 anni, le donne sono oltre la metà della popolazione, questi e altri fattori devono essere tenuti presente nell’ambito di un approccio diplomatico complesso e multi-dimensionale. La diplomazia americana lavora con successo nell’interesse dell’America, è però necessario, per la McHale, fornirsi di un quadro concettuale strategico per il 21° secolo, che comprenda cinque imperativi strategici: migliorare il quadro della descrizione della nazione, ad esempio informando sugli sforzi americani per la soluzione di tragedie, quali il terremoto di Haiti; espandere le relazioni interpersonali mediante i programmi diplomatici, migliorando la diffusione della lingua inglese e le collaborazioni scientifiche e tecnologiche; incrementare gli sforzi per far fronte al terrorismo e alle minacce estremistiche, operando anche in termini di contro-informazione; assicurare che i progetti e i programmi diplomatici americani siano correttamente compresi dalle opinioni pubbliche straniere, incrementando le risorse del settore; migliorare in generale la distribuzione delle risorse a favore delle priorità politiche estere. La McHale ha infine ricordato la necessità di coordinamento a tutti i livelli, ad esempio all’interno del National Security Council e altri organi e mediante la collaborazione con il Dipartimento della difesa, nonché la necessità di studiare dei piani strategici per contesti particolarmente a rischio, per “costruire ponti di conoscenza e comprensione con la gente ovunque”.
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