Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza 15/2009. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti in materia di politica estera, difesa e sicurezza
Serie: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza    Numero: 15
Data: 31/12/2009
Descrittori:
DIFESA E SICUREZZA INTERNAZIONALE   RELAZIONI INTERNAZIONALI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

Testatine Biblioteca internazionale.jpg

 

 

RASSEGNA PARLAMENTARE COMPARATA
 DI POLITICA INTERNAZIONALE E SICUREZZA

 

L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti

in materia di politica estera, difesa e sicurezza

 

 

Anno III, n. 15                                                                                        31 Dicembre 2009

 

 

Francia

Il 16 dicembre 2009 presso la Commissione per gli Affari esteri dell’Assemblea Nazionale si è svolta l’audizione di Jaques Barrot, Vice-Presidente della Commissione europea, incaricato per la giustizia, la libertà e la sicurezza, sul Programma di Stoccolma (il testo dell’audizione è disponibile all’indirizzo web http://www.assemblee-nationale.fr/13/cr-cafe/09-10/c0910029.asp#P12_285).

Come ha ricordato il Presidente della Commissione Affari esteri, Axel Poniatowski, il Programma di Stoccolma, adottato dal Consiglio europeo il 10-11 dicembre 2009 (http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/111895.pdf), fa seguito a due iniziative posteriori all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1999): il Programma di Tampere, lanciato per dare attuazione allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (1999-2004) e il successivo Programma de L’Aia (2004-2009).

Barrot ha presentato i principali obiettivi del nuovo Programma quinquennale (2010-2014), che fissa le priorità dell’Unione europea nel settore della giustizia e degli affari interni.

Sul I obiettivo (“un’Europa dei diritti”) ha segnalato in particolare: il testo in preparazione sulla protezione dei dati personali, che dovrebbe servire da modello nel mondo; il previsto rafforzamento della protezione consolare con la creazione di un consolato “pivot” che assicuri la protezione a tutti i cittadini europei residenti all’estero, qualunque sia il Paese di provenienza; l’obiettivo di una data unica per le elezioni del Parlamento europeo che Barrot ha personalmente proposto per il 9 maggio.

Sul II obiettivo (“un’Europa della giustizia”) il Vice-presidente ha sottolineato, tra le misure allo studio, la necessaria convergenza dei sistemi giudiziari, non facile da realizzare per la resistenza opposta dalle cancellerie e dai ministri della giustizia che spesso, secondo Barrot, sono i “guardiani” della sovranità dello Stato. In materia penale ha citato l’obiettivo di garanzie minime comuni di procedura per tutti i cittadini europei di qualunque Stato membro, ma ha anche ricordato l’importanza del riconoscimento reciproco delle infrazioni e delle sanzioni, evidenziando, ad esempio, le difficoltà a perseguire i reati legati alla contraffazione, definita in modo diverso da uno Stato all’altro, e le sanzioni in materia di sicurezza stradale. Nella consapevolezza che l’armonizzazione del diritto penale avrà bisogno di tempo, Barrot ha ricordato i lavori preliminari aperti in materia di condizioni di detenzione e misure alternative al carcere. In materia civile l’accento sarà messo sulle questioni legate all’esecuzione delle sentenze mentre, in materia di stato civile, sarà sempre più facile ottenere atti di stato civile nella prospettiva di un “atto autentico europeo”.

Sul III obiettivo (“un’Europa della sicurezza”) il Programma si basa sul nuovo concetto della sicurezza interna “decompartimentata” che si articolerà sulla cooperazione di polizia, giudiziaria penale, sulla sorveglianza alle frontiere e su un’architettura europea dei sistemi di scambio di informazioni, allestita intorno a EUROPOL, l’Ufficio europeo di polizia il cui potere dovrebbe aumentare per migliorare la circolazione di informazioni tra le polizie europee.

Sul IV obiettivo (“il controllo dell’accesso al territorio”) il Programma prevede un rafforzamento dei mezzi dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne dell’UE (FRONTEX), mentre è in corso la messa a punto di un sistema di registrazione delle entrate e delle uscite alle frontiere marittime nel quadro del Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (EUROSUR).

Sul V obiettivo (“la ricerca di un approccio globale in materia di asilo e di immigrazione”), oltre alla lotta contro l’immigrazione clandestina, gestita soprattutto attraverso FRONTEX, il Programma prevede anche l’esame di misure che organizzino meglio l’immigrazione legale e le politiche di integrazione. In materia di asilo il Consiglio europeo si è impegnato a “varare” un sistema europeo di asilo entro il 2012. Barrot ha tuttavia sottolineato con forza la sempre maggiore importanza degli aspetti esterni delle politiche dell’immigrazione e asilo, come la necessità di negoziati molto “significativi” con i Paesi di origine, per arginare l’immigrazione clandestina e il necessario collegamento tra lo sviluppo di quei Paesi e i problemi migratori e ha infine ricordato che tutte le politiche di sicurezza dovranno obbligatoriamente valicare i confini dell’Unione europea.

 

Francia

Il 17 dicembre 2009 presso le Commissioni per gli Affari esteri dell’Assemblea Nazionale e del Senato si sono svolte le audizioni di Alain Le Roy, Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite incaricato delle operazioni di peacekeeping (il testo delle due audizioni è disponibile agli indirizzi web http://www.assemblee-nationale.fr/13/cr-cafe/09-10/c0910030.asp#P6_47 e http://www.senat.fr/bulletin/20091214/etr.html#toc9).

Le Roy, nella presentazione del quadro generale delle operazioni di peacekeeping, ha messo in evidenza le profonde trasformazioni di tali operazioni negli ultimi dieci anni, per numero di persone impiegate (dai 20.000 soldati nel 2000 agli attuali 119.000 agenti, tra militari, esponenti delle forze di polizia e civili, che partecipano alle 17 missioni in corso), per grado di complessità (i mandati delle operazioni spaziano ormai dall’assistenza alla costruzione di uno stato di diritto alla protezione dei diritti umani, al sostegno del processo politico, alla protezione delle popolazioni civili contro le estorsioni da parte di forze non governative e altri) e per impegno finanziario (7,8 miliardi di dollari nel 2009). Tra i 118 paesi partecipanti alle operazioni figurano al primo posto paesi come il Pakistan, il Bangladesh, l’india, la Nigeria, l’Egitto, mentre l’Italia è il primo tra i Paesi europei (dodicesimo in assoluto) in termini di forze impiegate a causa dell’importanza del suo contingente presente in Libano. Il Segretario generale aggiunto è passato poi a indicare le più recenti evoluzioni in atto, prima fra tutte il mutato atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti delle operazioni di peacekeeping dopo il discorso del Presidente Obama a Oslo, in occasione della cerimonia in cui è stato insignito del Premio Nobel (http://www.whitehouse.gov/the-press-office/remarks-president-acceptance-nobel-peace-prize), e il suo impegno a versare gli arretrati dovuti dalla precedente amministrazione (800 milioni di dollari), nonché a pagare l’intero contributo finanziario americano per il 2010 (più di 2 miliardi di dollari). Per quanto riguarda i progetti di riforma delle operazioni, Le Roy ha ricordato le prime proposte formulate nel 2000 nel Rapporto Brahimi (http://www.un.org/peace/reports/peace_operations/), rinnovate a luglio 2009 nel Rapporto “New Horizon” (http://www.un.org/en/peacekeeping/documents/newhorizon.pdf) che ha permesso l’adozione da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU di una dichiarazione presidenziale a favore di una riforma (http://daccess-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N09/445/35/PDF/N0944535.pdf?OpenElement). La riforma sarà sottoposta nei prossimi mesi all’approvazione dell’Assembelea generale dell’ONU. Un nuovo Rapporto contenente una “traccia” di riforma, con proposte di peacekeeping “robusta”, soprattutto in materia di protezione delle popolazioni civili e di collegamenti più stretti con le operazioni di peacebuilding, dovrebbe essere sottoposto nel mese di gennaio 2010 all’approvazione del Comitato C34, specializzato nelle operazioni di peacekeeping.

Le Roy ha infine presentato rapidamente le principali operazioni militari di peacekeeping dell’Onu attualmente in corso in Congo, Costa d’Avorio, Chad, Darfour, Sudan del Sud. Per quanto riguarda il Libano, ha ricordato che il mandato della relativa missione è stato rafforzato nel 2006 grazie al forte coinvolgimento di Paesi come la stessa Francia, l’Italia o la Spagna, mentre per l’operazione ad Haiti ha sottolineato con favore la recente designazione dell’ex Presidente americano Bill Clinton come inviato speciale del Segretario generale dell’ONU che dovrebbe consentire di attirare investimenti stranieri nel Paese. Ha infine concluso con una sintetica illustrazione delle due operazioni civili in Afghanistan e Burundi e delle altre operazioni militari in Kosovo, Georgia, Cipro, Timor orientale e Liberia.

 

Regno Unito

Il 15 dicembre 2009 è stata pubblicata la relazione della Commissione Affari Interni della Camera dei Comuni dedicata al sistema di raccolta e di trattamento informatizzato dei dati personali operante alle frontiere del Regno Unito (The E-Borders programme, terzo rapporto della sessione parlamentare 2009-2010, all’indirizzo: http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200910/cmselect/cmhaff/170/17002.htm). Avviato circa quindici anni or sono con prevalenti finalità di semplificazione e di informatizzazione delle procedure di imbarco e di transito dei viaggiatori, il programma E-Borders è stato gradualmente orientato, a partire dal 2003, al controllo dell’immigrazione e alle esigenze della sicurezza nazionale, in un quadro reso critico dalla minaccia terroristica e dai traffici della criminalità internazionale. Le categorie di dati personali oggetto di raccolta sono state individuate dall’Immigration, Asylum and Nationality Act 2006, che prevede, a seconda dei casi, la loro rilevazione obbligatoria al momento del transito oppure la loro comunicazione qualora siano stati già raccolti dai vettori per finalità gestionali e commerciali. Di queste informazioni è prevista la condivisione tra le autorità di polizia, tributarie e di controllo sull’immigrazione, le quali vi accedono e ne fanno uso nel rispetto delle previsioni di un codice di condotta (Code of Practice on the management of information shared by the Border and Immigration Agency, Her Majesty’s Revenue and Customs and the Police, entrato in vigore il 1° marzo 2008).

La prospettiva di una generalizzata applicazione di questa modalità di controllo alle frontiere (con l’obiettivo di sottoporvi, secondo le stime, il 95% delle persone in transito entro il dicembre 2010) ha fatto registrare posizioni discordi. Se, da una parte, le autorità investite dei relativi poteri - tra cui, principalmente, la UK Borders Agency – hanno ravvisato nel sistema E–Borders lo strumento idoneo alla tempestiva identificazione delle persone potenzialmente pericolose e alla compilazione di liste di sospetti, dall’altra gli operatori economici (vettori aerei, ferroviari e marittimi, autorità portuali, esponenti della travel industry) hanno formulato riserve in ordine ai costi (stimati in 100 milioni di sterline annui) e alle difficoltà tecniche che tali modalità di controllo comportano. Le posizioni dei soggetti interessati, esposte nel quadro di una serie di audizioni parlamentari, sono riportate nella relazione della Home Affairs Committee, che, esaminando lo stato di attuazione del sistema, ha preso atto di taluni progressi compiuti nel settore del trasporto aereo (da attribuire in parte alle raccomandazioni formulate dalla stessa Commissione in una precedente occasione) e delle criticità presenti in altri (ad esempio, i trasporti marittimi e ferroviari). Resta tuttava impregiudicata, nell’opinione della Commissione parlamentare, la questione della compatibilità del programmma E-Borders con il principio comunitario della libera circolazione delle persone, posto che eventuali restrizioni di tale principio possono giustificarsi – secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia – non come pre-condizione rispetto al conseguimento del diritto di ingresso e di soggiorno in uno Stato dell’Unione europea, bensì come mera possibilità di limitarne l’esercizio in singoli casi e in presenza di fondati motivi. Non potrebbero dunque ritenersi conformi con il diritto comunitario, a parere della Commissione, misure amministrative che in modo sistematico e generalizzato impongano ai cittadini europei che transitano alle frontiere oneri ulteriori rispetto alla produzione del passaporto o di un valido documento di identità.

Il tema dei poteri di controllo alle frontiere, che nei propositi del Governo costituiscono parte essenziale delle strategie anti-terrorismo, è recentemente tornato all’attenzione a seguito della sentenza di condanna del Regno Unito emessa, il 12 gennaio 2010, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Gillan and Quinton v. The United Kingdom, in cui è stata affermata la violazione dell’art. 8 CEDU da parte delle autorità britanniche che, nello svolgere i controlli di polizia alla frontiera, avevano effettuato perquisizioni personali senza legittimo sospetto (il testo della sentenza può leggersi all’indirizzo di rete:

http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?action=html&documentId=860909&portal=hbkm&source=externalbydocnumber&tabl).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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