Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza 14/2009. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti in materia di politica estera, difesa e sicurezza
Serie: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza    Numero: 14
Data: 30/11/2009
Descrittori:
DIFESA E SICUREZZA INTERNAZIONALE   RELAZIONI INTERNAZIONALI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

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RASSEGNA PARLAMENTARE COMPARATA
 DI POLITICA INTERNAZIONALE E SICUREZZA

 

L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti

in materia di politica estera, difesa e sicurezza

 

Anno III, n. 14                                                                                       30 Novembre 2009

 

Germania

Il 28 novembre si è dimesso dal suo incarico Franz Josef Jung (CDU), Ministro del Lavoro nel nuovo governo di Angela Merkel. All’origine delle dimissioni di Jung, che nella passata legislatura ricopriva la carica di Ministro della Difesa, la vicenda del raid aereo NATO su Kunduz (Afghanistan) il 4 settembre scorso. L’intervento fu richiesto dal contingente tedesco dopo la notizia del sequestro, da parte dei Talebani, di due camion cisterna di carburante, a sei chilometri dal quartier generale. A seguito del bombardamento si registrarono oltre 140 vittime, per la maggior parte civili.

Le polemiche, dopo una campagna di stampa condotta da alcuni quotidiani conservatori, si sono acuite durante il dibattito svoltosi in Parlamento il 27 novembre riguardo alla prosecuzione dell’intervento tedesco in Afghanistan (resoconto stenografico su http://www.bundestag.de/dokumente/protokolle/plenarprotokolle/17007.pdf). Durante il primo intervento parlamentare del nuovo Ministro della Difesa zu Guttenberg, le forze dell’opposizione (SPD, die Linke e Verdi) hanno chiesto che il Ministro Jung chiarisse la sua posizione. Per questo motivo, dopo un accordo tra le varie frazioni, è stato aggiunto un nuovo punto all’ordine del giorno in relazione al quale sono intervenuti Jung e numerosi esponenti di maggioranza e opposizione. Jung, accusato di reticenza e lentezza nel fornire all’opinione pubblica le informazioni in proprio possesso, ha ribadito di aver comunicato al Parlamento tutte le notizie di cui disponeva e di essere stato informato in materia direttamente dal vertice del contingente tedesco, il colonnello Klein, e dal comandante delle truppe NATO in Afghanistan, il generale americano McChristal. Arnold, responsabile della difesa per la SPD, ha accusato il ministro di aver deliberatamente adottato una strategia di cattiva comunicazione con il Parlamento, informato attraverso canali ufficiali solo quando le notizie erano già apparse su tutti gli organi di stampa. Gysi, presidente della frazione die Linke, ha chiesto le dimissioni di Jung per la sua mancanza di responsabilità istituzionale, mentre Trittin (Verdi) l’ha accusato di aver deliberatamente imbrogliato l’opinione pubblica dichiarando che le vittime del raid aereo erano tutti terroristi talebani. Il giorno dopo il dibattito parlamentare, Jung ha presentato le dimissioni assumendosi la responsabilità della politica delle sue scelte ed al suo posto, quale nuovo Ministro del Lavoro, è stata nominata Ursula von Layen (CDU).

 

Regno Unito

Il 12 novembre è stata pubblicata la relazione della Commissione bicamerale sui diritti umani (Joint Committee on Human Rights) in materia di conservazione, utilizzazione ed eliminazione dei dati biometrici (Retention, use and destruction of biometric data: correspondence with Government, consultabile all’indirizzo di rete: http://www.publications.parliament.uk/pa/jt200809/jtselect/jtrights/182/182.pdf). Il tema della rilevazione, della raccolta e della conservazione nel tempo dei dati personali di natura biometrica (ossia concernenti le caratteristiche fisico-anatomiche o costituiti da campioni cellulari dell’individuo a cui sono riferiti) si è posto particolarmente all’attenzione del Parlamento in occasione dell’esame di un disegno di legge del Governo (Policing and Crime Bill) nella cui versione iniziale tali operazioni di trattamento dei dati erano contemplate a fini investigativi e di repressione dei reati. Tuttavia l’intervenuta decisione di condanna del Regno Unito da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) nel caso S. and Marper (http://www.bailii.org/eu/cases/ECHR/2008/1581.html) faceva sì che la relativa previsione del testo normativo fosse dapprima sostituita dal Governo con altra di rinvio alla normazione secondaria, e poi soppressa a seguito degli emendamenti approvati dalla Camera dei Lord.

In previsione dell’esame da parte della Camera dei Comuni del testo emendato dalla Camera Alta, il Joint Committee (preposto al controllo sull’esecuzione delle sentenze della CEDU di condanna del Regno Unito) ha ritenuto di rendere pubblica la corrispondenza scambiata con il Ministro dell’Interno e con l’associazione rappresentativa del personale di polizia (Association of Chief Police Officers) circa i termini di compatibilità delle disposizioni del bill in discussione con la sentenza S. and Marper (pronunciata nel giudizio promosso da cittadini britannici dei quali le autorità di polizia, in applicazione del Police and Criminal Evidence Act 1984, avevano conservato i dati biometrici in assenza di condanne penali). Nella sua interlocuzione con lo Home Office, il Joint Committee ha rilevato l’isolamento del Regno Unito rispetto ai Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, determinato dalla sua legislazione che consente una sistematica e illimitata conservazione del DNA, di campioni cellulari e delle impronte digitali (anche quando il procedimento penale si concluda con l’assoluzione o sia dichiarato il non luogo a procedere); e, richiamando la necessità di adeguare il diritto interno alla Convenzione dei diritti dell’uomo (art. 8), ha prospettato la possibile sua violazione per effetto di di talune modalità e caratteristiche della banca dati nazionale del DNA la cui costituzione è da tempo nei programmi del Governo. Inoltre, la disposizione del Policing and Crime Bill che devolve alla regolamentazione di fonte ministeriale (seppure sottoposta a risoluzione parlamentare) è stata criticata dalla Commissione, in quanto sottrae ad un più penetrante scrutinio del Parlamento materie che, per loro natura, dovrebbero essere disciplinate dalla legislazione primaria.

Nelle sue repliche il Ministro dell’Interno, riconosciuta l’esigenza di un bilanciamento tra i diritti individuali e la tutela della collettività, ha dapprima assunto l’impegno di promuovere una consultazione pubblica sulla banca dati del DNA, che ha poi avuto luogo concludendosi il 7 agosto 2009 (il consultation paper - dal titolo Keeping the Right People on the DNA database - è disponibile all’indirizzo di rete: http://www.homeoffice.gov.uk/documents/cons-2009-dna-database/); e ha più recentemente prospettato, intervenendo l’11 novembre alla Camera dei Comuni (con un written ministerial statement il cui testo può leggersi all’indirizzo di rete: http://www.homeoffice.gov.uk/documents/cons-2009-dna-database/wms-dna-fingerprints-2009?view=Binary), l’introduzione di limiti temporali differenziati per la conservazione dei dati biometrici (variabili da 6 mesi a 12 anni) in assenza di condanna penale. Il Policing and Crime Act è stato quindi approvato nella versione emendata dalla Camera dei Lord (senza le previsioni in materia di data retention) e promulgato il 12 novembre scorso.

 

Stati Uniti

Il 30 novembre il Presidente della Commissione Affari esteri del Senato John F. Kerry ha trasmesso il rapporto sulla cosiddetta “mancata cattura di Bin Laden” nel 2001, dal titolo “Tora Bora Revisited: How We Failed to Get Bin Laden and Why It Matters Today”(http://foreign.senate.gov/imo/media/doc/Tora_Bora_Report.pdf). Lo scontro armato, avvenuto a Tora Bora nel dicembre 2001 nel corso dell’intervento americano in Afghanistan, ebbe luogo in quanto l’esercito statunitense riteneva che il capo di Al Qaeda potesse essere nascosto tra le montagne di quella regione.

Kerry ricorda come la cattura “vivo o morto” del leader talebano fosse uno degli scopi principali dell’intervento statunitense in Afghanistan dopo l’11 settembre 2001 e come proprio il fatto di non “aver finito il lavoro” abbia contribuito, a suo avviso, al coinvolgimento degli Stati Uniti e dei Paesi alleati in una guerra che dura ormai da otto anni e che rischia di coinvolgere anche una potenza nucleare, come il Pakistan, nelle tensioni esistenti. Fino ad oggi la presenza di Bin Laden nella zona non era provata; tuttavia il rapporto sostiene che egli era effettivamente presente in loco e che la sua voce era stata intercettata il 14 dicembre. Inoltre la letteratura esistente, i documenti governativi non classificati e le dichiarazioni dei comandanti partecipanti, nonché la CIA e i vertici della Delta Force, sono concordi nel sostenere la presenza di Bin Laden in quella regione. Pertanto, secondo il senatore Kerry, la decisione di non stringere d’assedio il presunto rifugio è da ritenersi sbagliata e foriera di gravi conseguenze. La responsabilità è addebitata sia al Segretario alla Difesa dell’epoca, Donald Rumsfeld, che al capo delle truppe in Afghanistan, il generale Tommy Franks. Il rapporto sottolinea altresì l’esiguità delle truppe presenti, non sufficienti ad impedire la fuga dei capi talebani in Pakistan.

In conclusione, il rapporto critica il modello militare afgano (Afghan model) predisposto nell’occasione, indicando possibili piani alternativi di battaglia e quantificando il “prezzo del fallimento” (price of failure) nella spesa sostenuta di 243 miliardi di dollari per otto anni di guerra e soprattutto nella perdita delle vite di 950 soldati americani e di 600 militari dei Paesi alleati.

 

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