Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza 7/2009. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti in materia di politica estera, difesa e sicurezza
Serie: Rassegna parlamentare comparata di politica internazionale e sicurezza    Numero: 7
Data: 18/05/2009
Descrittori:
DIFESA E SICUREZZA INTERNAZIONALE   POLITICA ESTERA
STATI ESTERI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

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RASSEGNA PARLAMENTARE COMPARATA
 DI POLITICA INTERNAZIONALE E SICUREZZA

 

L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti

in materia di politica estera, difesa e sicurezza

 

 

Anno III, n. 7                                                                                            18 Maggio 2009

 

 

Francia

Il 13 maggio presso la Commissione per gli affari esteri dell’Assemblea nazionale è stato presentato e approvato il Rapport d’information sur la défense de l’environnement comme  outil  de  la diplomatie française (http://www.assemblee-nationale.fr/13/dossiers/environnement_diplomatie.asp), riguardante la politica ambientale della Francia in sede internazionale e l’efficacia delle azioni della diplomazia in tale materia. Il relatore Jean-Jacques Guillet ha illustrato il Rapporto evidenziando la specificità dell’attività diplomatica sulle questioni ambientali che si esercita in un quadro essenzialmente multilaterale, considerata la globalità e la diversità dei temi affrontati. Il deputato ha posto l’accento sulla politica europea e sul ruolo svolto, in questo particolare settore, dalle ONG che costituiscono degli interlocuri preziosi per i pubblici poteri e sempre più spesso vengono coinvolte, in varie forme, nei negoziati multilaterali.

Il documento, in primo luogo, valuta se l’apparato diplomatico sia adeguato ai nuovi impegni assunti in campo internazionale, ricordando che il Governo ha emanato, a marzo 2009, un decreto di riforma del Ministero degli affari esteri che istituisce una Direzione generale della mondializzazione, dello sviluppo e della cooperazione il cui obiettivo è quello di occuparsi dei problemi ambientali secondo un approccio trasversale e in stretta collaborazione con il Ministero dell’ecologia. In particolare è stata realizzata una rete di correspondants environnement, presenti presso 96 rappresentanze diplomatiche, nominati dagli ambasciatori in funzione delle loro competenze con compiti di informazione e formazione.

Riguardo alla posizione francese sui diversi aspetti della protezione dell’ambiente, nel Rapporto sono presi in considerazione il pacchetto energia e clima, la biodiversità terrestre, la biomassa terrestre e la biodiversità e biomassa marina, sottolineando come la Francia non ha ancora definito una politica d’insieme che possa produrre iniziative e progetti da proporre e difendere a livello internazionale per contrastare il degrado ambientale.

Una delle questioni principali affrontate nel Rapporto è il problema del legame tra la formazione dei prezzi dell’energia e la tutela ambientale. Il relatore ha evidenziato che in campo internazionale l’energia è, per lo più, considerata dal punto di vista dell’accesso alle risorse e della loro distribuzione, con la rara eccezione dell’Unione europea. Ha poi constatato la debole influenza dei Governi nazionali sulla formazione dei prezzi delle energie fossili, così da limitare la loro capacità di azione a livello internazionale, auspicando l’attuazione di politiche interne volte a orientare la domanda di energia, in particolare attraverso provvedimenti a carattere fiscale.

In conclusione il relatore ha sottolineato la necessità di meglio definire la politica ambientale nel suo complesso, prendendo ad esempio la strategia già adottata in Francia per il pacchetto energia e clima a cui hanno aderito i paesi dell’Unione, per tutelare la biomassa e la biodiversità. Ha altresì richiamato l’attenzione sulla opportunità che la Francia proponga in sede OCSE l’integrazione dei grandi paesi emergenti, in particolare India, Brasile e Cina, nel processo di conciliazione dell’economia con l’ambiente, considerata la forte quantità di CO2 che essi emettono.

 

 

 

Germania

Nella seduta del 13 maggio 2009, il Bundestag ha avviato la discussione della mozione di iniziativa del Governo federale (stampato BT n. 16/12881http://dip21.bundestag.de/dip21/btd/16/128/1612881.pdf) per il prolungamento della partecipazione del contingente tedesco alla missione KFOR.  L’obiettivo della missione KFOR, basata sulla risoluzione n. 1244 adottata nel 1999 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è quello di stabilizzare la situazione nella provincia che si è autoproclamata indipendente il 17 febbraio 2008.

La nuova operazione prevede l’impiego, per ulteriori dodici mesi, di circa 3.500 soldati tedeschi con il compito di creare e mantenere un ambiente stabile e sicuro, al fine di porre le forze di sicurezza locali nella condizione di proteggere tutti i gruppi etnici presenti sul territorio.

Il dibattito in aula è iniziato con l’intervento dal ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier il quale ha  sottolineato che, nonostante permangano nella regione balcanica tensioni etniche, il pericolo della guerra è scongiurato e che non si sono verificati gli eventi tragici che erano stati paventati dalla dichiarazione di indipendenza (lo Stato del Kosovo è stato riconosciuto da 58 Stati, ad eccezione della Bosnia e della Serbia). Il ministro ha, altresì, ricordato che il Kosovo è diventato membro del Fondo monetario internazionale e che lo scorso giugno 2008 è entrata in vigore la Costituzione kosovara.  Nonostante tali progressi, il ministro degli esteri ha ribadito la necessità di mantenere le forze militari internazionali nella regione, al fine di garantirne la sicurezza e la stabilità. La missione delle Forze armate federali, ha concluso Frank-Walter Steinmeier, proseguirà con la medesima finalità, ma ai soldati è chiesto di  mettere a disposizione delle forze di sicurezza locali le proprie competenze e conoscenze nel campo dell’addestramento e della consulenza per la creazione di strutture per l’ordine e la difesa pubblica. 

Nel corso del dibattito è intervenuto, a nome del gruppo dei liberali (FDP), Rainer Stinner per il  quale il numero dei soldati di stanza in Kosovo deve essere ridotto il prima possibile a 400 unità. Il gruppo liberale ha, comunque, espresso il proprio consenso alla mozione del Governo. Una netta opposizione al prolungamento della partecipazione del contingente tedesco alla missione KFOR è stata espressa dai rappresentanti del gruppo “die Linke” per i quali non esisterebbe più il fondamento giuridico del mandato delle Forze armate federali e come unica soluzione è stata proposto il ritiro dei soldati tedeschi dalla missione. Il dibattito si è concluso con la trasmissione della mozione alla Commissione per gli affari esteri (http://dip21.bundestag.de/dip21/btp/16/16221.pdf).

 

 

 

Stati Uniti

Il 5 maggio 2009, presso la Commissione Servizi Armati del Senato, si sono tenute audizioni sugli sforzi per combattere la pirateria in alto mare (http://armed-services.senate.gov/e_witnesslist.cfm?id=3815).

Michèle A. Flournoy, Sottosegretario alla difesa, e il viceammiraglio James A. Winnefeld, Jr., hanno riconosciuto come quello della pirateria sia un problema crescente, anche se non nuovo. Nel 2007 il golfo di Guinea è stato il luogo principale in cui ha agito la pirateria, un’altra zona calda è stata poi la costa somala. Nei primi tre mesi del 2009, 102 incidenti di pirateria sono stati segnalati all’Ufficio marittimo internazionale. Il Dipartimento della difesa, insieme ad altri Dipartimenti ed Agenzie, lavora all’adozione di strategie in materia. Numerosi altri paesi e organizzazioni internazionali sono impegnate nella stessa direzione. Essi hanno sottolineato come rimanga un problema di non facile soluzione, sebbene sia importante segnalare come la principale motivazione dei pirati sia quella economica, quindi scevra da implicazioni ideologiche, soprattutto in Somalia. Per combattere la pirateria occorrono molte risorse, che il Dipartimento della difesa non riesce facilmente ad assicurare, visti gli impegni americani nel mondo, soprattutto in Iraq e Afghanistan. Appare necessario aumentare anche la collaborazione con le imprese del settore. La pirateria, in ogni caso, riguarda non solo la Somalia, ma anche altre parti del mondo, tra cui i Caraibi e il Mare della Cina meridionale, e sebbene sia impossibile eliminare il fenomeno, è necessario ridurre la possibilità di attacchi di pirati attraverso la deterrenza e la punizione. Ciò richiede un’azione internazionale coordinata e un insieme di partnership pubblico-private. Il Congresso, dal canto suo, hanno concluso, può incoraggiare e incentivare le imprese marittime ed assicurative a prendere adeguate misure attive e passive per difendere le loro navi.

L’ambasciatore Stephen D. Mull, dal canto suo, ha ripreso alcune argomentazioni del precedente intervento, ricordando come la lotta alla pirateria sia uno degli obiettivi strategici americani in Somalia, a cui si accompagnano la protezione della navigazione, gli investimenti sulla consapevolezza internazionale e la mobilitazione in materia di cooperazione; è comunque necessario trovare una soluzione permanente al problema della sicurezza marittima della regione. Mull ha ricordato la collaborazione con l’ONU e con il Consiglio di sicurezza nonché la creazione del Contact Group for Piracy off the Coast of Somalia e la necessità di collaborazioni in campo internazionale, nella speranza che gli sforzi di cooperazione possano assicurare un regime marittimo sicuro. Nessuna soluzione a lungo termine del problema appare possibile se non si risolvono i problemi politici, di sicurezza e di governo della Somalia. Un mutamento sostenibile in questo paese richiede una soluzione politica che sia operata dai somali stessi e non da soggetti esterni, e gli Stati Uniti cercheranno di collaborare nel sostenere il processo di pace di Gibuti, sotto l’egida dell’ONU.

Anche James A. Caponiti, del Dipartimento dei trasporti, ha infine riconosciuto come la pirateria sia un fenomeno in aumento: nel 2008 in Africa si sono registrati 42 navi assaltate, 889 marinai fatti prigionieri, 11 morti, 30 milioni di dollari spesi per i riscatti. Tuttavia gli USA sono in prima linea nel promuovere la collaborazione internazionale in materia di lotta alla pirateria, anche in base alla risoluzione ONU 1851 del 2008, che autorizza i paesi che collaborano con il governo federale transitorio della Somalia a entrare nel territorio per combattere la pirateria. Anche Caponiti ha sottolineato l’importanza del meccanismo di cooperazione internazionale istituito in materia, il Contact Group, formato da 28 paesi, con altri 7 in attesa di aderire, e 6 organizzazioni internazionali. Dopo aver ricordato gli impegni sostenuti dal Dipartimento dei trasporti contro la pirateria, egli ha affermato che, viste le limitate risorse militari destinate allo scopo, una strada possibile è rappresentata dall’aumento della vigilanza privata sulle navi. La lotta alla pirateria non è un impegno di poco conto, molto è stato già fatto, ma ancora vi è da fare e in questo il Dipartimento, ha assicurato Caponiti, svolgerà un ruolo essenziale.

 

 

 

 

 

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