Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Il Trattato di Lisbona - Scheda di lettura - Edizione aggiornata
Serie: Questioni istituzionali    Numero: 1
Data: 10/07/2008
Descrittori:
TRATTATO DELL'UNIONE EUROPEA     


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 
 
 
Ufficio Rapporti con l’Unione europea

Questioni istituzionali

 

 

IL TRATTATO DI LISBONA

 

Scheda di lettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 1

 

19 maggio 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Segreteria generale -  Ufficio rapporti con l’Unione europea

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I N D I C E

Scheda di lettura      1

Il Trattato di Lisbona    3

Struttura e Principi4

Struttura del Trattato    4

Preambolo    5

Istituzione, valori ed obiettivi dell’Unione europea    5

Ripartizione delle competenze    6

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e Convenzione europea dei diritti dell’uomo    8

Istituzioni9

Parlamento europeo    9

Consiglio europeo    10

Consiglio dei ministri11

Commissione europea    11

L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza    13

Atti e procedure    13

Atti giuridici dell’unione    13

Maggioranza qualificata    15

Partecipazione dei cittadini ed Iniziativa legislativa popolare    18

Cooperazioni rafforzate    18

Politiche    20

Politica estera e di sicurezza comune    20

Politica di sicurezza e di difesa    22

Spazio di libertà sicurezza e giustizia    24

Finanze dell’Unione    27

Politiche di settore    28

Disposizioni finali30

Appartenenza all’Unione    30

Ratifica ed entrata in vigore    31

Procedura di revisione    31

Il ruolo dei Parlamenti nazionali33

Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali e Protocollo sui princìpi di sussidiarietà e proporzionalità                                                                                                                                                          33

Altre disposizioni del Trattato    36



 

 

 

Scheda di lettura


Il Trattato di Lisbona

 

 

Il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 dai Capi di Stato e di Governo, modifica il Trattato sull'Unione europea (TUE) - che mantiene il suo titolo attuale - e il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), che viene ridenominato Trattato sul funzionamento dell'Unione (TFUE).

Il processo di ratifica da parte dei 27 Stati membri dell’Unione europea, come previsto espressamente dal Trattato di Lisbona, si dovrebbe concludere entro il 1° gennaio 2009, prima delle elezioni del Parlamento europeo del giugno 2009.

Al momento hanno già ratificato il Trattato 13 Stati membri: Austria, Bulgaria, Danimarca, Francia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia ed Ungheria. Fino ad oggi, soltanto l’Irlanda ha annunciato che svolgerà il 12 giugno 2008 un referendum sull’approvazione del Trattato, obbligatorio secondo le disposizioni costituzionali.

Il Trattato di Lisbona riprende, con alcune modifiche, disposizioni già contenute nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, che non è mai entrato in vigore per il mancato completamento del processo di ratifica.

Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa era stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004[1]. A seguito dell’esito negativo dei referendum sulla ratifica del Trattato costituzionale in Francia e nei Paesi Bassi, il Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005 approvò una dichiarazione sulla ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa nella quale si invitava a promuovere un ampio dibattito nell’ambito di un periodo di riflessione. Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 ha proceduto a una valutazione del periodo di riflessione, prevedendo che una decisione sulle modalità con le quali proseguire il processo di riforma sarebbe dovuta essere assunta dal Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007, sulla base di una relazione presentata dalla Presidenza tedesca. Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 ha deciso la convocazione di una Conferenza intergovernativa, incaricata di elaborare un progetto di Trattato, secondo un mandato “che costituirà la base ed il quadro esclusivi dei suoi lavori”. La Conferenza intergovernativa, avviata sotto Presidenza portoghese il 23 luglio 2007, si è conclusa il 19 ottobre 2007.

La Camera dei deputati ha seguito quest’ultima fase del processo di riforma dei Trattati europei, in particolare mediante lo svolgimento di un’indagine conoscitiva deliberata il 1° agosto 2007. Nel corso dell’indagine, svolta congiuntamente dalle Commissioni Affari esteri e Politiche dell’Unione europea della Camera e del Senato, sono stati auditi il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri, Famiano Crucìanelli, e il Rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione europea, Rocco Cangelosi. Inoltre, membri delle Commissioni Politiche dell’Unione europea ed Affari esteri della Camera hanno partecipato alle sedute della Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo espressamente dedicate ai lavori della Conferenza intergovernativa. Infine, gli aspetti relativi al processo di riforma dei Trattati sono stati affrontati in occasione di due audizioni del Ministro degli esteri, Massimo D’Alema: la prima svoltasi il 20 giugno 2007, presso le Commissioni esteri e Politiche dell’Unione europea della Camera e del Senato, in vista del Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007; la seconda svoltasi il 17 dicembre 2007, presso la Commissione affari esteri della Camera.

Si illustrano di seguito le principali disposizioni del Trattato di Lisbona, con l’indicazione - ove difformi - delle disposizioni originariamente contenute nel Trattato costituzionale.

Struttura e Principi

Struttura del Trattato

Il Trattato di Lisbona - a differenza del Trattato costituzionale - non prevede l’abrogazione dei Trattati vigenti e la loro sostituzione con un unico testo, ma si configura – in linea con le modifiche fin qui realizzate dei Trattati di Roma - come un trattato di modifica dei trattati vigenti: il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato che istituisce una Comunità europea (TCE), quest’ultimo rinominato Trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE).

Il Trattato di Lisbona è dunque articolato in due parti, più le disposizioni finali: la prima parte modifica il TUE, la seconda il TFUE (ex TCE). Allegati al Trattato di Lisbona vi sono numerosi protocolli, che sono allegati ai Trattati modificati, e dichiarazioni che sono allegate all’atto finale della Conferenza intergovernativa (CIG)[2].

Scompare quindi la distinzione in quattro parti del Trattato costituzionale (recanti rispettivamente: parte I, norme propriamente costituzionali; parte II, Carta dei diritti fondamentali dell’UE; parte III, politiche dell’Unione; parte IV, disposizioni generali e finali). La Carta dei diritti fondamentali non è più compresa nel Trattato: il Trattato di Lisbona contiene solo un articolo di rinvio, che specifica che la Carta ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Sono stati eliminati i riferimenti espliciti ai simboli dell’Unione (bandiera, inno, motto, moneta, 9 maggio giornata dell’Europa) ed ogni riferimento terminologico che poteva ricondurre alla natura “costituzionale” del testo: il ministro degli affari esteri dell’Unione è stato ridenominato Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza; i termini “legge” e “legge quadro” sono stati abbandonati e sono mantenuti i termini attuali “regolamento”, “direttiva” e “decisione”; il primato del diritto dell’UE non è esplicitamente affermato nel testo del Trattato, ma in una dichiarazione.

Su iniziativa della Germania, 16 Stati membri, tra cui l’Italia, hanno firmato una dichiarazione, allegata all’atto finale della CIG, che riconosce il valore dei simboli dell’Unione (la dichiarazione è stata firmata da Belgio, Bulgaria, Germania, Grecia, Spagna, Italia, Cipro, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia).

Ciò nonostante, nella nuova riorganizzazione operata dal Trattato di Lisbona, nel TUE sono confluite le disposizioni di natura “costitutiva” ed “organizzativa” , mentre nel TFUE sono confluite sia disposizioni di applicazione delle disposizioni del TUE, sia disposizioni per le singole politiche dell’Unione.

Preambolo

Il Trattato di Lisbona modifica il vigente Preambolo del TUE, in particolare riprendendo il primo considerando del preambolo del Trattato costituzionale che fa riferimento alle “eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della democrazia, dell’uguaglianza, della libertà e dello Stato di diritto".

 

Istituzione, valori ed obiettivi dell’Unione europea

Il Trattato di Lisbona conferma l’attribuzione della personalità giuridica unica all'Unione europea[3] - già prevista dal Trattato costituzionale - che assorbirà la Comunità europea (il termine “Comunità” è sostituito ovunque dal termine “Unione”). Ciò comporterà la semplificazione dell’architettura istituzionale dell’Unione, con l’unificazione degli attuali tre pilastri[4] e l’attribuzione all’Unione della soggettività giuridica internazionale, con la connessa competenza di stipulare accordi con gli Stati terzi e le organizzazioni internazionali.

L'Unione si impegna a rispettare l'identità nazionale dei suoi Stati membri legata alla loro struttura fondamentale, compreso il sistema delle autonomie regionali e locali e le funzioni essenziali dello Stato. La sicurezza nazionale rimane di esclusiva competenza di ciascun Stato membro.

Il Trattato di Lisbona, riprendendo le disposizioni del Trattato costituzionale, introduce un articolo relativo ai valori su cui si fonda l’Unione: rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto, diritti umani, diritti delle minoranze. Tali valori sono indicati come patrimonio comune in una società caratterizzata da pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà e parità tra donne e uomini.

Il Trattato di Lisbona provvede, inoltre, a riorganizzare le disposizioni relative agli obiettivi dell’Unione, attualmente collocate nell’articolo 2 del TUE e negli articoli 2 e 3 del TCE. In particolare, il Trattato di Lisbona – sulla stregua di quanto già previsto dal Trattato costituzionale - opera una distinzione tra gli obiettivi dell’Unione, che sono collocati all’articolo 3 del TUE, e le competenze dell’Unione definite agli artt. 3-6 del TFUE, nelle quali sono ricompresi, sotto forma di competenze, molte aree di intervento attualmente indicate come obiettivi dal vigente articolo 3 del TCE. Particolare rilievo assume la trasformazione dell’obiettivo della concorrenza, in relazione al funzionamento del mercato interno, in una competenza dell’Unione.

A tale proposito, occorre ricordare che il Trattato costituzionale inseriva, invece, il riferimento ad una concorrenza non falsata in relazione al mercato interno tra gli obiettivi dell’Unione (oltre che tra le competenze esclusive dell’Unione). La proposta di eliminare tale riferimento tra gli obiettivi è stata avanzata nel corso dei negoziati della CIG dalla Francia[5].

Oltre alla riformulazione degli obiettivi dei trattati vigenti, il Trattato di Lisbona ne introduce di nuovi, tra i quali: la promozione della pace; una economia sociale di mercato fortemente competitiva e che miri alla piena occupazione ed al progresso sociale; la promozione del progresso scientifico e tecnologico; il rispetto della diversità culturale e linguistica e la salvaguardia del patrimonio culturale europeo; la lotta all’esclusione sociale ed alle discriminazioni, la solidarietà tra le generazioni; la tutela dei diritti del minore; la parità tra uomini e donne e la tutela dell’ambiente.

Ripartizione delle competenze

La ripartizione delle competenze tra Unione europea e Stati membri si fonda sul principio di attribuzione, per il quale l’Unione agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite dagli Stati membri nei trattati; qualsiasi competenza non attribuita all’Unione appartiene agli Stati membri.

Il primato del diritto dell’UE non è più esplicitamente affermato nel testo del Trattato (come invece era previsto dal Trattato costituzionale), ma trasferito in una dichiarazione che richiama la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE in merito alla prevalenza del diritto adottato dall’UE sul diritto degli Stati membri.

Nell’ambito della procedura di revisione ordinaria dei trattati si prevede che il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati, che possono, tra l'altro, essere mirati ad accrescere o a ridurre le competenze attribuite all'Unione nei trattati (tale ultima previsione non era contenuta nel Trattato costituzionale).

L’esercizio delle competenze è sottoposto a due princìpi: sussidiarietà, per cui l’Unione interviene nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri, sia a livello centrale, che regionale o locale (i parlamenti nazionali vigilano sul rispetto di tale principio secondo la procedura prevista nel protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità); proporzionalità, per il quale il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione non vanno al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione.

Il Trattato di Lisbona riprende la ripartizione delle competenze, già previste dal Trattato costituzionale, in tre grandi categorie:

Ø      competenze esclusive: l'Unione è l'unica a poter legiferare e adottare atti giuridicamente obbligatori. Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo previa autorizzazione dell'Unione oppure per l'attuazione degli atti da questa adottati[6];

Ø      competenze concorrenti:sia l'Unione, sia gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare e adottare atti giuridicamente obbligatori. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l'Unione non esercita la propria. Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l’Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria[7];

Ø      azioni di sostegno, di coordinamento o di completamento: l’Unione può condurre azioni che completano l’azione degli Stati membri, senza tuttavia sostituirsi alla loro competenza[8].

L'Unione ha, infine, competenza per:

Ø      promuovere le politiche economiche e dell'occupazione degli Stati membri e assicurarne il coordinamento;

Ø      definire e attuare una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune.

La portata e le modalità d'esercizio delle competenze dell'Unione sono determinate dalledisposizioni  specifiche per ciascun settore.

Il Trattato contiene una clausola di flessibilità (art. 308 del Trattato di Lisbona, art. 352 del TFUE), in base alla quale se un’azione appare necessaria per realizzare uno degli obiettivi stabiliti dai Trattati, senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate. Le misure proposte non possono comportare un’armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei casi in cui i Trattati la escludano. La clausola di flessibilità non può essere utilizzata per il raggiungimento degli obiettivi di politica estera e di sicurezza comune.

La Commissione è impegnata a richiamare l’attenzione dei Parlamenti nazionali, nell’ambito della procedura di controllo sul principio di sussidiarietà prevista dal relativo protocollo, sulle eventuali proposte presentate.

La dichiarazione n. 18 allegata all’atto finale della CIG prevede, inoltre, che il Consiglio, su iniziativa di uno Stato membro, può chiedere alla Commissione europea di presentare proposte per abrogare un atto legislativo.

 

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e Convenzione europea dei diritti dell’uomo

La Carta dei diritti fondamentali assume – attraverso un apposito articolo di rinvio (art. 6 TUE) - carattere giuridicamente vincolante, anche se il testo della Carta non è incluso nei Trattati (come invece era previsto dal Trattato costituzionale). 

La Carta, con le modifiche apportate in occasione del suo inserimento nel Trattato costituzionale, è stata proclamata solennemente in occasione della seduta plenaria del Parlamento europeo del 12 dicembre 2007 dai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea ed è stata poi pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea[9].

Rispetto al testo della Carta originariamente proclamata a Nizza nel 2000, si prevede esplicitamente che le disposizioni della Carta siano interpretate dai giudici dell’Unione e degli Stati membri tenendo in debito conto le spiegazioni predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta stessa ed aggiornate dal Praesidium della Convenzione europea.

Un protocollo introduce misure specifiche per il Regno Unito e la Polonia, in particolare apportando limitazioni alla giurisdizione della Corte di giustizia europea e dei tribunali nazionali in materia di conformità della normativa nazionale dei due Stati membri rispetto ai diritti, libertà e princìpi sanciti dalla Carta, e prevedendo che ove una disposizione della Carta faccia riferimento a leggi e pratiche nazionali, essa si applicherà a Regno Unito e Polonia solo nella misura in cui i princìpi e i diritti in essa contenuti siano riconosciuti nelle leggi e nelle pratiche di Regno Unito e Polonia.

Una dichiarazione unilaterale della Polonia, allegata all’atto finale, afferma che la Carta lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di legiferare nel settore della moralità pubblica, del diritto di famiglia nonché della protezione della dignità umana e del rispetto dell'integrità fisica e morale dell'uomo.

Il Trattato contiene una base giuridica (art. 6 TUE) per l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

L’articolo 218 del TFUE, relativo alla procedura unitaria per la conclusione di accordi internazionali prevede che l’accordo sull’adesione dell’Unione alla CEDU sia concluso dal Consiglio all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo e con ratifica da parte degli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali. Allegato al Trattato vi è un protocollo sull’adesione dell’Unione alla CEDU ed una dichiarazione relativa al dialogo tra la Corte di giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo.

 

Istituzioni

Parlamento europeo

Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio[10]; elegge il Presidente della Commissione europea[11], su proposta del Consiglio europeo (art. 9 A del Trattato di Lisbona, art. 14 del TUE rinumerato).

La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale con una soglia minima di 6 seggi per Stato membro ed una soglia massima di 96 seggi. La composizione del Parlamento europeo è stabilita dal Consiglio europeo, su proposta del PE e con l’approvazione di quest’ultimo, nel rispetto di tali princìpi.

Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha invitato il Parlamento europeo a presentare, entro ottobre 2007, una proposta di decisione sulla propria futura composizione. L’11 ottobre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una proposta di decisione sulla composizione del PE basata sul criterio della popolazione residente e non su quello del numerodei cittadini, previsto dall’articolo 9A del Trattato sull’Unione europea come modificato dal Trattato di Lisbona. Inoltre, alterava la situazione fin qui consolidata secondo cui, in assenza di significative variazioni demografiche, ai tre Stati più popolosi dopo la Germania, vale a dire Gran Bretagna, Francia e Italia, è sempre stato attribuito lo stesso numero di seggi. All’Italia erano dunque attribuiti 72 seggi, senza variazioni rispetto a quanto previsto dal Trattato CE (come modificato dall’atto di adesione di Bulgaria e Romania) che prevede, infatti, una riduzione dagli attuali 78 a 72 seggi a partire dalla prossima legislatura (2009-2014)[12]. I 16 seggi da distribuire erano attribuiti a vari Stati membri, tra cui la Francia (da 72 a 74 seggi) e il Regno Unito (da 72 a 73 seggi).

In occasione dell’accordo complessivo raggiunto in sede di CIG il 19 ottobre 2007, è stato concordato di innalzare da 750 a 751 (750 membri, più il Presidente), la composizione del Parlamento europeo. Una apposita dichiarazione prevede che il seggio supplementare sia attribuito all’Italia (che quindi avrà 73 seggi a partire della legislatura 2009 – 2014 del PE).

Consiglio europeo

Il Consiglio europeo - che, innovando rispetto ai trattati vigenti, è compreso tra le istituzioni dell’Unione[13] - definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali dell’Unione, ma non esercita funzioni legislative. Il Consiglio europeo si riunisce due volte per semestre e si pronuncia per consenso, salvo i casi espressamente previsti dal Trattato (art. 9 B del Trattato di Lisbona, art. 15 del TUE rinumerato).

Il Presidente è eletto dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata[14] per un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una volta; non può esercitare un mandato nazionale (il Trattato non prevede un divieto di mandato presso un’altra Istituzione europea); presiede ed anima i lavori del Consiglio europeo; assicura la preparazione e la continuità dei suoi lavori in cooperazione con il Presidente della Commissione europea; si adopera per facilitare la coesione e il consenso  in seno al Consiglio europeo; presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ogni riunione del Consiglio europeo e assicura al suo livello la rappresentanza esterna dell’Unione per le materie relative alla PESC, fatte salve le responsabilità dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Consiglio dei ministri

Il Consiglio (art. 9 C del Trattato di Lisbona, art. 16 del TUE rinumerato) si riunisce in varie formazioni, il cui elenco è adottato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata. Il Consiglio "Affari generali"  assicura la coerenza dei lavori di tutte le formazioni del Consiglio, prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il Presidente del Consiglio europeo e la Commissione. Il Consiglio "Affari esteri" - presieduto dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (vedi oltre) - elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione. L'elenco delle altre formazioni del Consiglio è stabilito dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata.

Il Consiglio si riunisce in seduta pubblica quando delibera e vota su un progetto di atto legislativo. A tal fine, ciascuna sessione del Consiglio è suddivisa in due parti dedicate rispettivamente alle deliberazioni su atti legislativi dell'Unione e alle attività non legislative.

La Presidenza delle formazioni del Consiglio è esercitata dagli Stati membri secondo un sistema di rotazione paritaria, conformemente alle modalità fissate a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo e già definite in un progetto di decisione sull’esercizio della Presidenza – contenuto in una dichiarazione allegata al Trattato - che sarà adottato dal Consiglio europeo il giorno dell’entrata in vigore del Trattato. Tale progetto prevede che la Presidenza sia esercitata da gruppi predeterminati di 3 Stati membri (composti tenendo conto della diversità degli Stati membri e degli equilibri geografici in seno all’Unione) per un periodo di 18 mesi. Ciascun membro del gruppo eserciterà la Presidenza di tutte le formazioni del Consiglio per un periodo di sei mesi, con l’assistenza degli altri membri del gruppo sulla base di un programma comune. I membri del gruppo possono decidere tra loro modalità alternative.

Fa eccezione a questa disciplina generale il Consiglio “Affari esteri”, che è presieduto dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (denominazione che sostituisce quella di “Ministro degli Affari esteri dell’Unione”, originariamente prevista del Trattato costituzionale).

 

Commissione europea

La prima Commissione nominata dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (2009) sarà composta da un rappresentante per ogni Stato membro, compreso il Presidente della Commissione e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è uno dei vicepresidenti (art. 9 D del Trattato di Lisbona, art. 17 del TUE rinumerato). A partire dalla Commissione successiva (2014) la composizione è fissata ad un numero corrispondente ai due terzi degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, decida di modificare tale numero. I membri dovranno essere scelti sulla base di un sistema di rotazione paritaria tra gli Stati. Tale sistema è stabilito dal Consiglio europeo all’unanimità, sulla base dei seguenti criteri:

Ø      gli Stati membri sono trattati su un piano di assoluta parità per quanto concerne la determinazione dell'avvicendamento e del periodo di permanenza dei loro cittadini in seno alla Commissione (lo scarto tra il numero totale dei mandati di cittadini di due Stati membri non può mai essere superiore ad uno);

Ø      ciascuna delle Commissioni successive è costituita in modo da riflettere in maniera soddisfacente la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri dell'Unione.

La Commissione è responsabile collegialmente dinanzi al Parlamento europeo: nel caso di una mozione di censura adottata dal PE, tutti i commissari devono abbandonare collettivamente le loro funzioni e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezzadeve dimettersi dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione. La Commissione ha il monopolio dell’iniziativa legislativa, salvo che i trattati non dispongano diversamente; promuove l’interesse generale europeo; avvia il processo di programmazione annuale e pluriannuale dell’Unione e, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) e per gli altri casi previsti dai trattati, garantisce la rappresentanza esterna dell’Unione.

Il Presidente della Commissione europea è eletto dal PE, a maggioranza dei membri che lo compongono, sulla base di una candidatura proposta dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, tenendo conto delle elezioni del PE e previe consultazioni appropriate.

Una dichiarazione allegata al Trattato stabilisce che Parlamento europeo e Consiglio europeo sono congiuntamente responsabili del corretto svolgimento del processo che porta all’elezione del Presidente della Commissione. Pertanto rappresentanti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo procederanno, preliminarmente alla decisione del Consiglio europeo, alle consultazioni necessarie che riguarderanno il profilo dei candidati alla carica di Presidente della Commissione, tenendo conto delle elezioni del Parlamento europeo. Le modalità di tali consultazioni potranno essere precisate di comune accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio europeo.    

Il Presidente della Commissione definisce gli orientamenti nel cui quadro opera la Commissione; decide l’organizzazione interna della Commissione; nomina tra i membri del collegio gli altri vicepresidenti, ad esclusione dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e coopera con il Presidente del Consiglio europeo nella preparazione dei lavori del Consiglio europeo. Un membro della Commissione rassegna le dimissioni se il Presidente glielo chiede.

Gli altri membri della Commissione sono designati dal Consiglio, di comune accordo con il Presidente della Commissione. Il Presidente, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezzae gli altri membri della Commissione sono soggetti collettivamente ad un voto di approvazione da parte del Parlamento europeo.

 

L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (tale denominazione sostituisce quella di “Ministro per gli affari esteri dell’Unione” utilizzata dal Trattato costituzionale)  è nominato dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata con l’accordo del Presidente della Commissione(art. 9 E del Trattato di Lisbona, art. 18 del TUE rinumerato). L’Alto rappresentanteguida la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione e la attua in qualità di mandatario del Consiglio; assicura la coerenza dell’azione esterna dell’Unione; presiede il Consiglio “Affari esteri” ed è uno dei Vicepresidenti della Commissione (cosiddetto “doppio cappello”), all’interno della quale è incaricato delle relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell’azione esterna dell’Unione: limitatamente all’esercizio di queste funzioni, è soggetto alle procedure che regolano il funzionamento della Commissione.

Si prevede, inoltre, l'istituzione di un “Servizio europeo per l’azione esterna”, con il compito di assistere l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza[15]. Tale Servizio lavora in collaborazione con i servizi diplomatici degli Stati membri ed è composto da funzionari dei servizi competenti del Segretariato generale del Consiglio e della Commissione e da personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali.

 

Atti e procedure

Atti giuridici dell’unione

Il Trattato di Lisbona mantiene la denominazione vigente degli atti dell’Unione (il Trattato costituzionale prevedeva, invece, una loro ridenominazione). Il Trattato riprende, invece, dal Trattato costituzionale la gerarchia tra le norme mediante la distinzione tra atti di natura “legislativa”, atti delegati ed atti di esecuzione ed introduce il nuovo strumento dei regolamenti delegati (v. artt. 249 – 249 D del Trattato di Lisbona, artt. 288 - 292 del TFUE).

Il Trattato, in seguito all’eliminazione della distinzione tra gli attuali diversi “pilastri”, prevede quindi un’armonizzazione degli atti giuridici. Nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), l’attuale secondo pilastro, scompaiono le strategie comuni, le azioni comuni, le posizioni comuni e le dichiarazioni comuni. Nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, l’attuale terzo pilastro, scompaiono le posizioni comuni, le decisioni-quadro e le convenzioni.

Il Trattato prevede, infatti, una generale estensione del ricorso alla procedura di codecisione (di Parlamento e Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione) con voto a maggioranza qualificata, che diventa la procedura legislativa ordinaria. In casi specifici – espressamente previsti dal Trattato - gli atti possono essere adottati secondo procedure legislative speciali che concernono la modalità di voto del Consiglio (unanimità e non maggioranza qualificata) e/o il grado di partecipazione dal Parlamento europeo e del Consiglio e/o il diritto di iniziativa della Commissione europea.

In base alla clausola evolutiva generale (clausola “passerella”, art. 48 TUE) il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, può decidere di estendere la procedura legislativa ordinaria ai settori cui si applicano procedure legislative speciali a condizione che nessun Parlamento nazionale presenti obiezioni entro sei mesi dalla trasmissione di una iniziativa in tal senso assunta dal Consiglio europeo.

Gli atti giuridici adottati mediante procedura legislativa (ordinaria o speciale) sono atti legislativi.

Il Trattato di Lisbona conserva l’attuale distinzione tra:

Ø      regolamento: atto legislativo con portata generale, obbligatoria in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri;

Ø      direttiva: atto legislativo che vincola lo Stato membro cui è rivolto per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla scelta della forma e dei mezzi;

Ø      decisione europea: atto legislativo obbligatorio in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati;

Ø      raccomandazioni e pareri: atti che non hanno effetto vincolante.

In casi specifici, previsti dai trattati gli atti legislativi possono essereadottati su iniziativa di un gruppo di Stati membri o del Parlamento, su raccomandazione della Banca centrale europea o su richiesta della Corte di giustizia o della Banca europea per gli investimenti.

Le raccomandazioni sono adottate dal Consiglio e dalla Commissione e, in casi specifici previsti dai Trattati, anche dalla Banca centrale europea.

 

Il Trattato di Lisbona introduce la nuova categoria di atti giuridici (prevista dal Trattato costituzionale) degli atti delegati. Gli atti legislativi possono, infatti, delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale, che completano o modificano determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo quadro, delimitando esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere.

La disciplina degli elementi essenziali di un settore è riservata all’atto legislativo enon può essere oggetto di delega. L’atto legislativo fissa esplicitamente le condizioni generali cui è soggetta la delega:

Ø      il Parlamento europeo o il Consiglio dei ministri possono decidere di revocare la delega;

Ø      l’atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall’atto legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio dei ministri non sollevino obiezioni.

Gli atti esecutivi per l’attuazione nel diritto interno degli atti giuridicamente vincolanti sono adottati dagli Stati membri. Nel caso siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione, questi attribuiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici al Consiglio.

Le regole e i princìpi generali relativi alle modalità di controllo degli atti esecutivi dell'Unione da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione sono stabilite preventivamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio mediante regolamenti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria.

 

Maggioranza qualificata

Definizione della maggioranza qualificata

Il sistema di voto ponderato previsto dal Trattato di Nizza si applicherà, in principio, fino al 1° novembre 2014[16](il Trattato costituzionale in precedenza aveva fissato la data del 1° novembre 2009); a decorrere da tale data, entrerà in vigore un sistema che si fonda sul principio della doppia maggioranza di Stati e di popolazione. La maggioranza qualificata è definita come il 55% degli Stati membri dell’Unione – con un minimo di 15 - che rappresentino almeno il 65% della popolazione[17]e, in deroga alla norma generale, quando il Consiglio non delibera su proposta della Commissione o dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, come il 72% degli Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione[18] (art. 205 del Trattato di Lisbona, art. 238 del TFUE). La maggioranza qualificata si ritiene comunque conseguita se i voti contrari sono espressi da meno di quattro rappresentanti degli Stati al Consiglio.

La minoranza di blocco di una decisione in seno al Consiglio è pari al 45%+1 dei membri del Consiglio (cioè 13 Stati membri, in un’Europa a 27) o dal 35%+1 della popolazione[19].

Il Trattato di Lisbona contiene però disposizioni che affievoliscono notevolmente l’impatto dell’introduzione del principio della doppia maggioranza, rispetto a quanto previsto dal Trattato costituzionale.

Infatti, ai sensi del protocollo sulle disposizioni transitorie, nel periodo tra il 1° novembre 2014 e il 31 marzo 2017 un membro del Consiglio può chiedere che le deliberazioni a maggioranza qualificata del Consiglio si svolgano secondo il sistema di voto ponderato previsto dal Trattato di Nizza (tale possibilità non era contemplata dal Trattato costituzionale).

Inoltre, una dichiarazione allegata al Trattato di Lisbona, adottata dal Consiglio il giorno della firma del Trattato e che entrerà in vigore il giorno della entrata in vigore del Trattato -, ripropone il meccanismo previsto dal cosiddetto “compromesso di Ioannina[20]: tra il 1° novembre 2014 e il 31 marzo 2017, se un numero di membri del Consiglio che rappresenti almeno il 75% della popolazione, o almeno il 75% del numero degli Stati membri necessari per costituire una minoranza di blocco, manifesta l'intenzione di opporsi all'adozione da parte del Consiglio di un atto a maggioranza qualificata, il Consiglio discute la questione. Durante le discussioni, il Consiglio fa tutto il possibile per raggiungere, entro un tempo ragionevole e senza pregiudicare i limiti di tempo obbligatori stabiliti dal diritto dell'Unione, una soluzione soddisfacente che tenga conto delle preoccupazioni manifestate dai membri del Consiglio. A tal fine, il Presidente del Consiglio mette in atto ogni iniziativa necessaria per facilitare la realizzazione di una più ampia base di accordo nel Consiglio. Le stesse disposizioni si applicano in modo permenente, a decorrere dal 1º aprile 2017, se un numero di membri del Consiglio che rappresenti almeno il 55% della popolazione, o almeno il 55% del numero degli Stati membri, necessari per costituire una minoranza di blocco manifesta l'intenzione di opporsi all'adozione da parte del Consiglio di un atto a maggioranza qualificata.

Un apposito protocollo prevede che prima che il Consiglio esamini qualsiasi progetto che miri alla modifica od alla abrogazione delle sopracitate disposizione, spetti al Consiglio europeo deliberare per consenso su tali progetti. (le disposizioni relative al cosiddetto compromesso di Ioannina erano presenti anche nel Trattato costituzionale, anche se erano state previste per il periodo transitorio 2009 -2014, con la previsione che dopo tale ultima data il Consiglio le avrebbe potute abrogare a maggioranza qualificata).

 

Campo di applicazione della votazione a maggioranza qualificata

Il  Trattato di Lisbona, secondo quanto già previsto dal Trattato costituzionale, estende notevolmente il campo di applicazione del voto a maggioranza qualificata. La maggioranza qualificata è la norma e l’unanimità si applica come regola speciale se espressamente prevista dai Trattati.

Il Trattato prevede la generalizzazione della procedura legislativa ordinaria (l’attuale procedura di codecisione), grazie alla quale il Parlamento europeo diventa co-legislatore su un piano di parità con il Consiglio nella quasi totalità delle procedere legislative (il 95%, secondo fonti del Parlamento europeo).

E’ stata mantenuta la clausola evolutiva generale (clausola “passerella”)  - già contenuta nel Trattato costituzionale - che consente al Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, di estendere la procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all’unanimità – ad eccezione, per  l’estensione del voto a maggioranza qualificata, delle decisioni che hanno implicazioni militari o rientrano nel settore della difesa – a condizione che nessun Parlamento nazionale presenti obiezioni entro sei mesi dalla trasmissione di una iniziativa in tal senso assunta dal Consiglio europeo.

Per quanto concerne il settore della sicurezza sociale e della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, il Trattato prevede – riprendendo analoghe disposizioni contenute nel Trattato costituzionale - il meccanismo del cosiddetto “freno di emergenza”: qualora un membro del Consiglio ritenga che una proposta incida su aspetti fondamentali del suo sistema di sicurezza sociale o del suo ordinamento giudiziario penale, può sospendere l’iter di approvazione chiedendo che sia sottoposta al Consiglio europeo. Esso dispone di quattro mesi per rinviare la proposta al Consiglio dell’UE o chiedere che venga presentata una nuova proposta. In caso di mancata decisione del Consiglio europeo entro il termine stabilito, un terzo degli Stati membri può istituire una cooperazione rafforzata. 

Infine, sempre riprendendo una disposizione già prevista dal Trattato costituzionale, il Trattato di Lisbona contiene una specifica clausola passerella (art. 48 del TUE) volta a consentire, con decisione all’unanimità, il passaggio dall’unanimità al voto a maggioranza qualificata o da una procedura legislativa speciale alla procedura legislativa ordinaria nell’ambito di una cooperazione rafforzata (ad esclusione delle decisioni che hanno implicazioni militari o di difesa).

 

Partecipazione dei cittadini ed Iniziativa legislativa popolare

Il Trattato introduce un nuovo articolo (art. 8 B del Trattato di Lisbona, art. 11 del TUE rinumerato).relativo alla partecipazione dei cittadini, nel quale, oltre a disposizioni volte a promuovere un dialogo aperto, trasparente e regolare tra le istituzioni dell’Unione europea e i cittadini e le associazioni rappresentative ed ampie consultazioni delle parti sociali da parte della Commissione europea, è contenuta la previsione dell’iniziativa legislativa popolare.

Un milione di cittadini europei, provenienti da un rilevante numero di Stati membri possono invitare la Commissione a presentare una proposta legislativa. Le condizioni e le procedure per l’esercizio dell’iniziativa popolare, incluso il numero minimo di Stati membri cui devono appartenere i cittadini promotori, saranno disciplinate da un regolamento adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Cooperazioni rafforzate

Il Trattato di Lisbona riprende le disposizioni sulle cooperazioni rafforzate già contenute nel Trattato costituzionale. Le cooperazioni rafforzate sono intese a promuovere la realizzazione degli obiettivi dell'Unione, a proteggere i suoi interessi e a rafforzare il suo processo di integrazione. Esse sono escluse per i settori di competenza esclusiva dell’Unione e sono aperte a tutti gli Stati membri al momento della loro instaurazione e in qualsiasi momento.

L'autorizzazione a procedere ad una cooperazione rafforzata è accordata dal Consiglio dei ministri in ultima istanza, qualora abbia stabilito che gli obiettivi da essa perseguiti non possono essere conseguiti entro un termine ragionevole dall'Unione nel suo insieme, e a condizione che vi partecipino almeno 9 Stati membri (se il numero degli Stati membri dovesse aumentare oltre i 27 la soglia resterà identica; il Trattato costituzionale prevedeva invece la soglia “mobile” – in caso di ulteriori ampliamenti - di un terzo degli Stati membri).

Tutti gli Stati membri possono partecipare alle deliberazioni del Consiglio, ma solo i membri del Consiglio che rappresentano gli Stati partecipanti ad una cooperazione rafforzata partecipano al voto degli atti.

L’unanimità è costituita solo dai voti degli Stati membri partecipanti e la maggioranza qualificata è definita come almeno il 55% degli Stati partecipanti che rappresenti almeno il 65%della popolazione degli Stati membri partecipanti. In mancanza di una minoranza di blocco pari ad almeno il numero minimo di Stati rappresentanti più del 35 % della popolazione degli Stati membri, più uno Stato membro, la maggioranza qualificata si intende acquisita.

Nel caso in cui il Consiglio deliberi non su proposta della Commissione o dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la maggioranza qualificata è definita come almeno il 72% degli Stati Partecipanti che rappresenti almeno il 65 %della popolazione di tali Stati.

L'autorizzazione a procedere a una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione europea del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione eprevia approvazione del Parlamento europeo. Nel settore della politica estera e di sicurezza comune[21] l'autorizzazione a procedere a una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione europea del Consiglio, che delibera all'unanimità.

Ogni Stato membro che intenda partecipare ad una cooperazione rafforzata in corso notifica tale intenzione al Consiglio ed alla Commissione che entro quattro mesi, constatando che le condizioni di partecipazione siano soddisfatte e adottando le misure transitorie necessarie, conferma la partecipazione dello Stato membro in questione. Nel caso di cooperazioni rafforzate nel settore della politica estera e di sicurezza comune, è il Consiglio che conferma all’unanimità la partecipazione dello Stato membro in causa, previa consultazione del Ministro degli affari esteri dell’Unione e dopo avere constatato che le condizioni di partecipazione siano soddisfatte.

Gli atti adottati nel quadro di una cooperazione rafforzata vincolano solo gli Stati partecipanti. Essi non sono considerati un acquis che deve essere accettato dai candidati all'adesione all'Unione.

Il Trattato contiene una clausola passerella per le cooperazioni rafforzate: qualora una disposizione dei trattati – ad eccezione delle decisioni che hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difesa - applicabile nel quadro di una cooperazione rafforzata, preveda che il Consiglio adotti atti conformemente a una procedura legislativa speciale o che deliberi all'unanimità, il Consiglio all'unanimità può decidere, rispettivamente, che delibererà a norma della procedura legislativa ordinaria  o che delibererà a maggioranza qualificata. La clausola passerella non si applica per le decisioni che hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difesa.

 

Politiche

Politica estera e di sicurezza comune

Il Trattato riprende le disposizioni già previste dal Trattato costituzionale. E’ prevista la realizzazione di una politica estera e di sicurezza comune fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri, sull'individuazione delle questioni di interesse generale e sulla realizzazione di un livello di convergenza delle azioni degli Stati membri.

La CIG ha però introdotto due dichiarazioni volte a preservare le prerogative e le competenze nazionali dei singoli Stati membri in tale ambito. La dichiarazione n. 13, allegata all’atto finale della CIG, sottolinea che le disposizioni riguardanti la politica estera e di sicurezza comune, compresa l’istituzione di un Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e l’istituzione di un servizio per l’azione esterna, lasciano impregiudicate le attuali competenze degli Stati membri per la formulazione e la conduzione della loro politica estera e la rappresentanza nazionale nei paesi terzi e presso le organizzazioni internazionali. La dichiarazione n. 14 ribadisce che le disposizioni dei trattati non incidono sulla base giuridica, sulle responsabilità ed i poteri esistenti di ciascuno Stato membro per: la formulazione e la conduzione della politica estera, il servizio diplomatico nazionale, le relazioni con i paesi terzi e la partecipazione ad organizzazioni internazionali, compresa l’appartenenza di uno Stato membro al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

La politica estera e di sicurezza comune è soggetta a norme e procedure specifiche. Essa è definita e attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimità, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente. È esclusa l'adozione di atti legislativi.

Il Consiglio europeo individua gli interessi strategici dell'Unione e fissa gli obiettivi della sua politica estera e di sicurezza comune.

Il Consiglio elabora tale politica nel quadro delle linee strategiche definite dal Consiglio europeo.

L’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli Stati membri attuano la politica estera e di sicurezza comune, ricorrendo ai mezzi nazionali e a quelli dell'Unione.

Gli Stati membri si concertano in sede di Consiglio europeo e di Consiglio su qualsiasi questione di politica estera e di sicurezza di interesse generale per definire un approccio comune. Prima di intraprendere qualsiasi azione sulla scena internazionale o di assumere qualsiasi impegno che possa incidere sugli interessi dell'Unione, ciascuno Stato membro consulta gli altri in sede di Consiglio europeo o di Consiglio.

In materia di politica estera e di sicurezza comune la procedura legislativa ordinaria non si applica.  La disciplina di tale settore è affidata alla decisioni europee adottate dal Consiglio europeo e dal Consiglio all'unanimità - salvo i casi previsti di voto a maggioranza qualificata da parte del Consiglio (vedi oltre) - su iniziativa di uno Stato membro, su proposta dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, o su proposta di quest'ultimo con l'appoggio della Commissione. 

In caso di astensione dal voto, ciascun membro del Consiglio dei ministri può motivare la propria astensione con una dichiarazione formale. In tal caso non è obbligato ad applicare la decisione europea, ma accetta che questa impegni l'Unione. In uno spirito di reciproca solidarietà, lo Stato membro interessato si astiene da azioni che possano contrastare o impedire l'azione dell'Unione basata su tale decisione. Qualora i membri del Consiglio dei ministri che motivano in tal modo l'astensione rappresentino almeno un terzo degli Stati membri che totalizzano almeno un terzo della popolazione dell'Unione, la decisione non è adottata.

In deroga alla regola  generale dell’unanimità, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata nel settore della politica estera e di sicurezza comune quando adotta una decisione europea – che non abbia implicazioni militari o rientri nel settore della difesa – relativa a:

Ø      un'azione o una posizione dell'Unione, sulla base di una decisione europea del Consiglio europeo relativa agli interessi e obiettivi strategici dell'Unione;

Ø      un'azione o una posizione dell'Unione in base a una proposta dell’Alto Rappresentante  per gli affari esteri e la politica di sicurezza presentata in seguito a una richiesta specifica rivolta a quest'ultimo dal Consiglio europeo di sua iniziativa o su iniziativa dell’Alto Rappresentante;

Ø      l’attuazione di una decisione europea che definisce un'azione o una posizione dell'Unione;

Ø      la nomina di un rappresentante speciale.

Se un membro del Consiglio dichiara che, per vitali ed espliciti motivi di politica nazionale, intende opporsi all'adozione di una decisione europea che richiede la maggioranza qualificata, non si procede alla votazione. Il Ministro degli affari esteri dell'Unione cerca, in stretta consultazione con lo Stato membro interessato, una soluzione accettabile per quest'ultimo. In mancanza di un risultato il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo, in vista di una decisione europea all'unanimità.

Il Consiglio europeo può decidere all'unanimità di estendere i casi in cui il Consiglio deliberi a maggioranza qualificata.

Il Parlamento europeo è consultato regolarmente sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune ed ètenuto al corrente della sua evoluzione.

E’ stata introdotta una base giuridica specifica per la protezione dei dati personali nel settore della PESC. Il Consiglio adotta una decisione che stabilisce le norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale da parte degli Stati membri. Il rispetto di tali norme è soggetto al controllo di autorità indipendenti.

La Corte di giustizia dell'Unione europea non è competente riguardo alle disposizioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, ad eccezione della competenza a controllare gli ambiti di delimitazione delle competenze dell’Unione rispetto a quelli PESC e viceversa, ed a controllare le decisioni europee nell’ambito della PESC che prevedano misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche.

Politica di sicurezza e di difesa

Il Trattato di Lisbona prevede la graduale definizione di una politica di difesa comune dell'Unione, attraverso una decisione del Consiglio europeo all’unanimità.

La capacità operativa dell’Unione si fonda sul ricorso a mezzi civili e militari, attraverso i quali l'Unione può svolgere missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. L'esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri.

La politica di sicurezza e difesa dell'Unione non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti dal Trattato del Nord-Atlantico per alcuni Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l'Organizzazione del Trattato del Nord-Atlantico, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto.

Il Trattato prevede l’impegno degli Stati membri a migliorare progressivamente le loro capacità militari e nell’ambito dell'Agenzia europea per gli armamenti, la ricerca e le capacità militari per coordinare lo sviluppo delle capacità militari[22].

Le decisioni europee relative all'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune sono adottate dal Consiglio all'unanimità. Il diritto di proposta è attribuito all’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza  o ad uno Stato membro.

Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto tra loro impegni più vincolanti in materia ai fini delle missioni più impegnative instaurano una cooperazione strutturata permanente, i cui criteri sono specificati in un apposito Protocollo allegato al Trattato.

La procedura di avvio di una cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa si base sui seguenti elementi:

      la decisione che instaura la cooperazione strutturata permanente è assunta entro tre mesi dalla notifica al Consiglio degli Stati membri che intendono avviarla (non è previsto un numero minimo di Stati membri);

      la decisione è assunta a maggioranza qualificata dal Consiglio sulla base della consultazione dell’Alto rappresentante.Gli ingressi successivi sono decisi a maggioranza qualificata dal Consiglio con il voto dei soli Stati membri che fanno parte della cooperazione[23], sulla basedei criteri e degli impegni di cui al Protocollo. Se uno Stato partecipante non soddisfa più i criteri, il Consiglio può deliberare, sempre a maggioranza qualificata, di sospenderne la partecipazione. Se uno Stato membro partecipante desidera ritirarsi dalla cooperazione strutturata permanente notifica la sua decisione al Consiglio, che ne prende atto;

      le altre decisioni concernenti la cooperazione  - e diverse da quelle relative all’instaurazione, alla partecipazione successiva ed alla sospensione - sono assunte all’unanimità dagli Stati che ne fanno parte.

Il Protocollo sulla cooperazione strutturata permanente prevede che essa sia aperta ad ogni Stato membro che si impegni, in particolare, a:

      procedere più intensamente allo sviluppo delle sue capacità di difesa;

      fornire entro il 2010 unità di combattimento capaci di intraprendere missioni Petersberg entro un termine da 5 a 30 giorni e sostenerle per un periodo iniziale di 30 giorni, prorogabile di 120 giorni;

      riesaminare regolarmente gli obiettivi relativi al livello delle spese di investimento in materia di equipaggiamenti di difesa, alla luce della situazione internazionale delle responsabilità dell’Unione;

      ravvicinare, nella misura del possibile, gli strumenti di difesa, armonizzando l’identificazione dei bisogni militari, mettendo in comune e se del caso specializzando mezzi e capacità di difesa e promuovendo la cooperazione nella formazione e logistica;

      prendere misure concrete per rafforzare la disponibilità, interoperabilità, flessibilità e capacità di dispiegamento delle forze, anche eventualmente riesaminando le rispettive procedure decisionali nazionali;

      cooperare per assicurare l’adozione delle misure necessarie per colmare le lacune che siano state constatate nel quadro del meccanismo di sviluppo delle capacità;

      partecipare, se del caso, allo sviluppo di programmi comuni o europei nel quadro delle attività promosse dall’Agenzia europea per la difesa.

Il Trattato contiene inoltre:

Ø      una clausola di mutua assistenza in caso di aggressione armata subita da uno Stato membro nel suo territorio: gli altri Stati membri devono prestare - in conformità delle disposizioni dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e senza che ciò pregiudichi il carattere specifico della loro politica di sicurezza e difesa - aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso. Gli impegni e la cooperazione in tale settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito della NATO;

Ø      una clausola di solidarietà tra l’Unione o ogni Stato membro qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o di una calamità naturale o provocata dall'uomo.

Il Parlamento europeo è consultato regolarmente sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica di sicurezza e di difesa comune edè tenuto al corrente della sua evoluzione.

La Corte di giustizia non è competente riguardo alle disposizioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune e su gli atti adottati in base a tale disposizioni.

La Corte di giustizia può solo esercitare un controllo per così dire “di competenza” sul fatto che l’attuazione della politica estera e di sicurezza comune lasci impregiudicate l’applicazione delle procedure e le attribuzioni delle istituzioni previste per l’esercizio delle competenze dell’Unione nei vari settori fissate dal TFUE, e viceversa che l’attuazione delle politiche dell’Unione lascino impregiudicate le attribuzioni e le procedure previste nel settore della politica estera e di sicurezza comune. La Corte di giustizia è inoltre competente a pronunciarsi sulla legittimità delle decisioni del Consiglio, nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, che prevedano misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche.

 

Spazio di libertà sicurezza e giustizia

Il Trattato di Lisbona prevede la costituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali, dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri.

La soppressione della attuale struttura “per pilastri” dell’ordinamento dell’Unione europea (che comporta l’adozione di procedure decisionali differenziate a seconda della materia trattate) comporterà l’applicazione a tale settore della procedura legislativa ordinaria[24] e l’estensione della votazione a maggioranza qualificata, tranne alcune eccezioni[25].

Attualmente le disposizioni relative a visto, asilo e immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone sono collocate nel titolo IV del TCE e quindi sottoposte al metodo comunitario, mentre le disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale sono collocate nel TUE e sottoposte a procedure ed atti ad hoc.

 

Il Trattato prevede che l’Unione europea:

Ø      garantisca che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppi una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi;

Ø      si adoperi per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, il razzismo e la xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti, nonché tramite il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali;

Ø      faciliti l'accesso alla giustizia, in particolare attraverso il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali in materia civile.

 

Spetta al Consiglio europeo definire gli orientamenti strategici della programmazione legislativa in tale ambito.

Nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia, il diritto di iniziativa legislativa è attribuito, oltre che alla Commissione – anche ad un quarto degli Stati membri

Il Trattato di Lisbona prevede espressamente che i Parlamenti nazionali vigilino sul rispetto del principio di sussidiarietà da parte delle proposte e iniziative legislative presentate nei settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale[26]; siano associati (insieme al Parlamento europeo) al controllo politico dell'Europol e alla valutazione delle attività dell'Eurojust.

Relativamente ai controlli alle frontiere il Trattato prevede lo sviluppo di una politica volta a garantire:

Ø      che non vi siano controlli sulle persone, a prescindere dalla cittadinanza, all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne;

Ø      il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell'attraversamento delle frontiere esterne;

Ø      l’instaurazione progressiva un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne.

Il Trattato prevede un politica comune in materia di asiloe di protezione temporanea, attraverso la definizione di un sistema europeo comune d’asilo volto a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale ed a garantire il rispetto del principio di non respingimento, conformemente alla convenzione di Ginevra e al protocollo relativi allo status dei rifugiati ed agli altri trattati pertinenti.

Il Trattato promuove una politica comune sull’immigrazione, definita dai seguenti principi comuni:

Ø      assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori e l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente negli Stati membri:

Ø      intensificare la prevenzione e il contrasto dell'immigrazione illegale e della tratta di esseri umani.

Nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale il Trattato prevede che il Consiglio possa, a partire da Eurojust, istituire - all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo - una Procura europea, con il compito di combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione.

In mancanza di unanimità, un gruppo di almeno nove Stati membri può chiedere che il Consiglio europeo sia investito del progetto relativo all’istituzione di una Procura europea, che previa discussione e in caso di consenso può rinviare il progetto al Consiglio per l’adozione. In caso di disaccordo, è possibile – se almeno nove Stati membri lo desiderino – instaurare una cooperazione rafforzata sulla base del progetto relativo all’istituzione di una Procura europea (la possibilità di ricorrere alla cooperazione rafforzata in tale ambito non era prevista nel trattato costituzionale)

La Procura europea è competente per individuare, perseguire e trarre in giudizio, eventualmente in collegamento con l'Europol, gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione: esercitando quindi l'azione penale per tali reati dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri.

Il Consiglio europeo può - all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione - estendere le attribuzioni della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale.

Il Trattato riprende – riformulandoli - i princìpi vigenti in materia di cooperazione di polizia, prevedendo che essa sia sviluppi associando tutte le autorità competenti degli Stati membri, compresi i servizi di polizia i servizi delle dogane e altri servizi specializzati nel settore della prevenzione o dell’individuazione dei reati e delle relative indagini. Per quanto riguarda in particolare l’adozione di misure relative alla cooperazione operativa in materia di cooperazione di polizia, il Trattato contiene disposizioni volte a facilitare il ricorso a cooperazione rafforzate.

Infatti, in mancanza di unanimità in seno al Consiglio un gruppo di almeno 9 stati membri può chiedere che del progetto sia investito il Consiglio europeo ed in caso di disaccordo all’interno del Consiglio europeo, può procedere ad una cooperazione rafforzata. Tale possibilità non si può applicare agli atti che costituiscono uno sviluppo dell’acquis di Schengen.

Il campo di applicazione del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al Trattato di Amsterdam, e che già prevede un opting-out del Regno Unito e dell'Irlanda, è stato esteso per includervi le nuove disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

E’ prevista, infine, la generalizzazione del  controllo da parte della Corte di giustizia sull’azione dell’Unione nell’ambito dello spazio di libertà sicurezza e giustizia (attualmente la competenze della Corte è limitata ad alcune fattispecie e solo previo consenso degli Stati membri).

Finanze dell’Unione

Il Trattato di Lisbona riprende l’impianto previsto dal Trattato costituzionale. Il bilancio dell’Unione si fonda sui principi di unità (le entrate e le spese sono disciplinate in un unico documento); annualità (il ciclo di bilancio è annuale, ha inizio il 1° gennaio e si chiude il 31 dicembre) ed equilibrio (le entrate e le spese devono risultare in pareggio). Il Trattato attribuisce alla Commissione un formale diritto di iniziativa[27], elimina la distinzione tra spese obbligatorie e non obbligatorie, rafforzando così il potere decisionale del Parlamento europeo[28]. Il bilancio è adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio con una procedura legislativa speciale (modellata sulla base della attuale procedura di codecisione). Il bilancio dell’Unione deve essere fissato nei limiti previsti dal quadro finanziario pluriannuale.

Al fine di assicurare l'ordinato andamento delle spese dell'Unione entro i limiti delle risorse proprie, si introduce la disciplina sul quadro finanziario pluriannuale (attualmente disciplinato da un accordo interistituzionale), con il quale sono definiti i plafonds per le varie categorie di spese. Il quadro finanziario pluriannuale è stabilito per un periodo almeno quinquennale.

Per le risorse proprie il Trattato ripropone sostanzialmente la procedura attualmente in vigore (unanimità e ratifica nazionale). Una decisione del Consiglio,che delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, fissa i limiti delle risorse dell'Unione e può stabilire nuove categorie di risorse o sopprimere una categoria esistente. Detta decisione entra in vigore soltanto previa approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali.

 

Politiche di settore

Il Trattato di Lisbona modifica i Trattati vigenti, riprendendo il contenuto delle disposizioni già contenute nel Trattato costituzionale, relativamente alle disposizioni di applicazione delle diverse politiche di settore.

Si evidenziano, in particolare, le seguenti novità:

Ø      un articolo (art. 16 C del Trattato di Lisbona, art. 17 del TFUE) in cui l’Unione europea si impegna a rispettare e non pregiudicare lo status delle chiese e delle associazioni o comunità religiose, e delle organizzazioni filosofiche o non confessionali ed a promuovere un dialogo aperto e trasparente con tali organizzazioni (queste disposizioni sono attualmente contenute in una dichiarazione allegata al Trattato di Amsterdam);

Ø      l’introduzione di una base giuridica (art. 16 del Trattato di Lisbona, art. 14 del TFUE) per la definizione di princìpi e condizioni per il funzionamento dei servizi di interesse generale (fatta salva la competenza degli Stati membri di fornire, fare eseguire e finanziare tali servizi). Allegato al Trattato vi è inoltre un protocollo sui servizi d’interesse generale;

Ø      l’introduzione di un nuovo articolo (art. 176 C del Trattato di Lisbona, art. 196 del TFUE) relativo alla protezione civile, in base al quale l’Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri per rafforzare l’efficacia dei sistemi di prevenzione e protezione contro le calamità naturali o di origine umana;

Ø      l’introduzione di basi giuridiche per l’azione dell’UE nel settore dell’energia. Un nuovo articolo (art. 176 A del Trattato di Lisbona, art. 194 del TFUE) fissa i seguenti obiettivi dell’UE nel settore dell’energia: assicurare il funzionamento del mercato interno dell’energia; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici; promuovere l’efficienza energetica, il risparmio energetico e lo sviluppo delle energie nuove e rinnovabili. Un distinto articolo (art. 100 del Trattato di Lisbona, art. 122 del TFUE) prevede l’adozione di misure a livello europeo, qualora sorgano gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell'energia, in spirito di solidarietà tra Stati membri;

Ø      nell’ambito delle disposizioni relative alla politica agricola, l’attuale procedura di consultazione da parte del Parlamento europeo è stata sostituita dalla procedura codecisione (art. 37 del Trattato di Lisbona, art. 43 del TFUE);

Ø      l’introduzione di un articolo (art. 136 bis del Trattato di Lisbona, art. 152 del TFUE) nel quale si riconosce e si promuove il ruolo delle parti sociali ed il loro dialogo. Viene inoltre riconosciuto il contributo del vertice sociale trilaterale[29] al dialogo sociale;

Ø      la lotta ai cambiamenti climatici è stato inserita tra gli obiettivi dell’Unione da promuovere a livello internazionale;

Ø      in materia di politica economica e monetaria, è attribuito alla Commissione il diritto di proposta nell’ambito della procedura in caso di disavanzo eccessivo (secondo i Trattati vigenti la Commissione ha solo un diritto di raccomandazione[30]) e, attraverso un protocollo sull’Eurogruppo, viene dato riconoscimento alle riunioni informali dei ministri degli Stati appartenenti alla zona dell’Euro, prevedendo che essi eleggano un presidente per un periodo di due anni e mezzo;

Ø      la previsione di un nuovo articolo (art. 97 bis del Trattato di Lisbona, art. 118 del TFUE) per la creazione di titoli europei per la protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell’Unione e per l’istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione;

Ø      l’introduzione di una base giuridica per una politica spaziale europea (art. 172 bis del Trattato di Lisbona, art. 189 del TFUE);

Ø      l’inserimento di un articolo (art. 188 J del Trattato di Lisbona, art. 214 del TFUE) relativo alle azioni dell’Unione europea nel settore dell’aiuto umanitario, con la previsione dell’istituzione di un corpo volontario europeo di aiuto umanitario, per inquadrare contributi comuni dei giovani europei alle azioni di aiuto umanitario dell’Unione;

Ø      nell’ambito delle azioni dell’Unione nel settore della sanità pubblica è stata inserita una base giuridica (art. 152 del Trattato di Lisbona, art. 168 del TFUE) per l’adozione di misure per proteggere e migliorare la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli e minacce per la salute a carattere transfrontaliero, e misure il cui obiettivo diretto sia la protezione della sanità pubblica in relazione al tabacco e all'abuso di alcool;

Ø      l’introduzione di un nuovo articolo (art. 176 B del Trattato di Lisbona, art. 195 del TFUE) relativo al turismo (materia inserita tra quelle nelle quali l’Unione europea può condurre azioni disostegno, di coordinamento o di completamento);

Ø      l’introduzione di una base giuridica (art. 149 del Trattato di Lisbona, art. 165 del TFUE) per l’adozione di azioni di incentivazione e raccomandazioni nel settore dello sport;

Ø      l’introduzione di un nuovo articolo (art. 176 D del Trattato di Lisbona, art. 197 del TFUE) relativo alla cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per migliorare l’attuazione effettiva del diritto dell’Unione europea.

 

Disposizioni finali

Appartenenza all’Unione

Il Trattato di Lisbona riprende le disposizioni relative all’appartenenza all’Unione, già contenute nel Trattato costituzionale. In particolare: per la procedura di adesione all’Unione si introduce – rispetto ai Trattati vigenti – la previsione della trasmissione al Parlamento europeo ed ai Parlamenti nazionali delle domande di adesione e – innovando rispetto, invece, a quanto previsto dal Trattato costituzionale - la considerazione dei criteri definiti dal Consiglio europeo per l’adesione all’Unione europea[31]; si prevedono nuove disposizioni che disciplinano il ritiro volontario dall’Unione (anch’esse non previste dai trattati vigenti, ma già contenute nel Trattato costituzionale). In base a tali disposizioni ogni Stato membro può decidere di ritirarsi dall’Unione europea, notificando tale intenzione al Consiglio europeo e negoziando un accordo con l’Unione volto a definire le modalità del suo ritiro.

 

Ratifica ed entrata in vigore

Il Trattato di Lisbona dovrà essere ratificato da tutti gli Stati membri dell’Unione, secondo le rispettive norme costituzionali ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2009, se tutti gli strumenti di ratifica saranno stati depositati, altrimenti il primo giorno del mese successivo all’avvenuto deposito dello strumento di ratifica dello Stato che avrà proceduto per ultimo. Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il governo della Repubblica italiana.

Procedura di revisione

Procedura di revisione ordinaria

La procedura di revisione rimane analoga a quella attualmente prevista dall’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea: le modifiche devono essere ratificate da tutti gli Stati membri, in esito ad una Conferenza intergovernativa.

I progetti intesi a modificare i Trattati – che possono essere mirati ad accrescere o ridurre le competenze attribuite all’Unione (ipotesi quest’ultima non prevista dal Trattato costituzionale, né dei Trattati vigenti) possono essere presentati oltre che da uno Stato membro o dalla Commissione, come attualmente, anche dal Parlamento europeo. Tali progetti, presentati al Consiglio, sono trasmessi al Consiglio europeo e notificati ai Parlamenti nazionali.

E’ previsto che la Conferenza intergovernativa sia preparata da una Convenzione composta di rappresentanti dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, dei Capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione. Il Consiglio europeo può decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare una Convenzione qualora l’entità delle modifiche non lo giustifichi e, quindi, definire direttamente il mandato per una Conferenza intergovernativa.

Qualora al termine di due anni dalla firma di un trattato di modifica, i quattro quinti degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato e uno o più Stati membri abbiano incontrato delle difficoltà nelle procedure di ratifica, è previsto che la questione sia deferita al Consiglio europeo.

Procedure di revisione semplificate

Il Trattato prevede una procedura semplificata di revisione limitatamente alle disposizioni della parte terza del Trattato sul funzionamento dell’Unione relativa alle politiche interne dell’Unione ed a condizione che le modifiche non comportino ampliamento delle competenze attribuite all’Unione. Tale procedura semplificata prevede la delibera all’unanimità del Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, senza la convocazione  di una Conferenza intergovernativa, ma con la previsione della successiva la ratifica da parte di tutti gli Stati membri, secondo le rispettive procedure costituzionali.

E’ stata mantenuta la clausola evolutiva generale (clausola “passerella”)  - già contenuta nel Trattato costituzionale - che consente al Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, di estendere la procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all’unanimità – ad eccezione e limitatamente all’ipotesi di estensione del voto a maggioranza qualificata, delle decisioni che hanno implicazioni militari o rientrano nel settore della difesa – a condizione che nessun Parlamento nazionale presenti obiezioni entro sei mesi dalla trasmissione di una iniziativa in tal senso assunta dal Consiglio europeo.


Il ruolo dei Parlamenti nazionali

Il ruolo dei Parlamenti nazionali è disciplinato essenzialmente nei due Protocolli - allegati al Trattato di Lisbona -sul ruolo dei Parlamenti nazionali e sui princìpi di sussidiarietà e proporzionalità; ulteriori disposizioni sono contenute nel Trattato.

In particolare, il Trattato di Lisbona introduce nel Trattato sull’Unione europea (TUE), nel titolo II Disposizioni relative ai principi democratici, un nuovo articolo 8C (art. 12 del TUE rinumerato) che illustra il ruolo dei Parlamenti nazionali nel contesto europeo.

L’articolo recita come segue:

“I parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell'Unione:

a) venendo informati dalle istituzioni dell'Unione e ricevendo i progetti di atti legislativi europei in conformità del protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea;

b) vigilando sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo le procedure previste dal protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

c) partecipando, nell'ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ai meccanismi di valutazione ai fini dell'attuazione delle politiche dell'Unione in tale settore, in conformità dell'articolo 64 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ed essendo associati al controllo politico di Europol e alla valutazione delle attività di Eurojust, in conformità degli articoli 69 K e 69 H di detto trattato;

d) partecipando alle procedure di revisione dei trattati in conformità dell'articolo 33 del presente trattato;

e) venendo informati delle domande di adesione all'Unione in conformità dell'articolo 34 del presente trattato;

f) partecipando alla cooperazione interparlamentare tra parlamenti nazionali e con il Parlamento europeo in conformità del protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea."

 

Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali e Protocollo sui princìpi di sussidiarietà e proporzionalità[32]

 

 
I due protocolli prevedono:

·         la trasmissione diretta ai Parlamenti nazionali:

-          dei documenti di consultazione della Commissione;

-          di tutte le proposte legislative, nonché delle loro modifiche nel corso del procedimento[33];

-          del programma legislativo annuale, della strategia politica annuale e degli altri strumenti di programmazione della Commissione;

-          della relazione annuale della Commissione sull’applicazione dei princìpi fondamentali in tema di delimitazione delle competenze;

-          della relazione annuale della Corte dei conti.

·         Il vincolo di far intercorrere un periodo di otto settimane  (tale termine è stato allungato rispetto a quello di sei settimane previsto dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa) tra la data in cui si mette a disposizione dei parlamenti nazionali, nelle lingue ufficiali dell'Unione, un progetto di atto legislativo e la data in cui questo è iscritto all'ordine del giorno provvisorio del Consiglio ai fini della sua adozione o dell'adozione di una posizione nel quadro di una procedura legislativa. Nel corso di queste otto settimane non può essere constatato alcun accordo riguardante il progetto di atto legislativo e tra l'iscrizione di un progetto di atto legislativo all'ordine del giorno provvisorio del Consiglio e l'adozione di una posizione devono trascorrere dieci giorni. Sono ammesse eccezioni nei casi urgenti debitamente motivati (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale);

·         la comunicazione diretta ai Parlamenti nazionali degli ordini del giorno e dei risultatidei lavori del Consiglio –compresi i processi verbali delle sessioni nelle quali il Consiglio delibera su progetti di atti legislativi europei - nello stesso momento in cui sono comunicati ai Governi degli Stati membri (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale);

·         la possibilità per ciascun Parlamento nazionale (o Camera) di sollevare obiezioni, entro un termine di otto settimane (tale termine è stato allungato rispetto a quello di sei settimane previsto dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa) dalla data di trasmissione di un progetto, sulla corretta applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto early warning o allerta precoce) in relazione alle proposte legislative.

L’obiezione assume la forma di un parere motivato da inviare ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione nel quale sono esposte le ragioni per le quali si ritiene che la proposta in causa  non sia conforme al principio di sussidiarietà.

Il Trattato di Lisbona riprende la procedura prevista dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, e prevede che qualora i pareri motivati rappresentino almeno un terzo dell’insieme dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali il progetto deve essere riesaminato (cosiddetto “cartellino giallo”). A tal fine ciascun Parlamento nazionale dispone di due voti, ripartiti in funzione del sistema parlamentare nazionale; in un sistema parlamentare nazionale bicamerale ciascuna delle due Camere dispone di un voto. Ciascun Parlamento nazionale o ciascuna Camera può consultare all’occorrenza i Parlamenti regionali con poteri legislativi.

La soglia per l’obbligo di riesame è abbassata a un quarto, nel caso di proposte della Commissione o di una iniziativa di un gruppo di Stati membri che si riferiscono allo spazio di libertà sicurezza e giustizia; Al termine del riesame il progetto in questione può essere – con una decisione motivata - mantenuto, modificato o ritirato.

A tale procedura di riesame, il Trattato di Lisbona ne affianca - come espressamente previsto dal mandato definito dal Consiglio europeo del 21 -23 giugno 2007 per la CIG - una nuova procedura, non prevista dal Trattato costituzionale, che attribuisce ai Palamenti nazionali un potere di attivare una procedura di intervento sul procedimento legislativo (cosiddetto “cartellino arancione”). In base a tale nuova procedura qualora i pareri motivati sul mancato rispetto del principio di sussidiarietà da parte di una proposta di atto legislativo rappresentino almeno la maggioranza semplice dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali la proposta è riesaminata. Al termine di tale riesame, la Commissione può decidere di mantenere la proposta, di modificarla o di ritirarla. Qualora scelga di mantenerla, la Commissione spiega, in un parere motivato, perché ritiene la proposta conforme al principio di sussidiarietà. Il parere motivato della Commissione e i pareri motivati dei parlamenti nazionali sono sottoposti al legislatore dell'Unione affinché ne tenga conto nella procedura:

a) prima della conclusione della prima lettura, il legislatore (Consiglio e Parlamento europeo) esamina la compatibilità della proposta legislativa con il principio di sussidiarietà, tenendo particolarmente conto delle ragioni espresse e condivise dalla maggioranza dei parlamenti nazionali, nonché del parere motivato della Commissione;

b) se, a maggioranza del 55% dei membri del Consiglio o a maggioranza dei voti espressi in sede di Parlamento europeo, il legislatore ritiene che la proposta non sia compatibile con il principio di sussidiarietà, la proposta legislativa non forma oggetto di ulteriore esame.

 

·         la facoltà per ciascun Parlamentonazionale (oCamera) di presentare – attraverso la trasmissione effettuata dai relativi Stati membri - un ricorso alla Corte di giustizia per violazione del principio di sussidiarietà (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale).;

·         l’organizzazione di una efficace e regolare cooperazione interparlamentare definita congiuntamente da Parlamento europeo e Parlamenti nazionali (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale).;

·         la possibilità per la Conferenza degli organismi specializzati negli affari comunitari ed europei (COSAC) di sottoporre all'attenzione delle istituzioni europee i contributi che ritiene utili[34]; la Conferenza promuove inoltre lo scambio di informazioni e buone prassi tra i Parlamenti degli Stati membri e il Parlamento europeo, nonché tra le loro commissioni specializzate, e può altresì organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune e nella politica di sicurezza e di difesa comune (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale)..

 

Altre disposizioni del Trattato

L’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea (TUE),come modificato dal Trattato di Lisbona, relativamente alla procedura di revisione ordinaria, stabilisce che:

·         i progetti di modifica del Trattato sono notificati ai Parlamenti nazionali (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale);

·         nel caso in cui il Consiglio europeo decida di procedere nell’esame delle modifiche proposte, esso convoca una Convenzione composta da rappresentanti dei Parlamenti nazionali, dei Governi, del Parlamento europeo e della Commissione. La Convenzione esamina i progetti di revisione e adotta per consenso una raccomandazione alla Conferenza dei rappresentanti dei Governi, cui spetta di comune accordo di stabilire le modifiche da apportare al Trattato (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale).

Sempre l’articolo 48 del TUE,come modificato dal Trattato di Lisbona, relativamente alla procedura di revisione semplificata, prevede che ogni iniziativa del Consiglio europeo volta ad estendere, deliberando all’unanimità, la procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all’unanimità (c.d. clausola passerella) sia trasmessa ai Parlamenti nazionali. In caso di opposizione di un Parlamento nazionale, notificata entro sei mesi dalla data di trasmissione, la decisione non è adottata (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale).

L’articolo 49 del TUE,come modificato dal Trattato di Lisbona,relativo alla procedura di adesione all’Unione europea, prevede che i Parlamenti nazionali (e il Parlamento europeo) siano informati della domanda di adesione proveniente da uno Stato europeo che desideri diventare membro dell’Unione  (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale).

 

L’articolo 61 C del TCE (art. 70 del TFUE) introdotto dal Trattato di Lisbona, prevede che i Parlamenti nazionali siano informati dei risultati della valutazione dell’attuazione delle politiche dell’Unione relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

L'articolo 61 D del TCE (art. 71 del TFUE), anch’essointrodottodal Trattato di Lisbona, dispone che i Parlamenti nazionali siano informati dei lavori che si svolgono nel comitato permanente, istituito all'interno del Consiglio, per la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna nell'ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia;

Gli articoli 69 D69 G del TCE (rispettivamente, art. 85 e art 88 del TFUE), anch’essiintrodottodal Trattato di Lisbona, prevedono che i Parlamenti nazionali siano associati rispettivamente alle valutazioni dell’attività di Eurojust ed al controllo delle attività dell’Europol. I Parlamenti nazionali sono inoltre tenuti informati dei lavori del Comitato politico istituito in seno al Consiglio dell’UE per promuovere e rafforzare la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (tali disposizioni erano previste anche nel Trattato costituzionale).

 

L'articolo 65 del TCE introdotto dal Trattato di Lisbona (art. 81 del TFUE), prevede che i Parlamenti nazionali debbano essere informati in merito a proposte su aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali. Se un Parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro sei mesi dalla data di tale informazione, la decisione non è adottata (tale disposizione non era prevista dal Trattato costituzionale).

 

Il nuovo articolo 308 TCE, come modificato dal Trattato di Lisbona (art 352 del TFUE), prevede che se un’azione appare necessaria per realizzare obiettivi stabiliti dai Trattati, senza che questi abbiano previsto i poteri d’azione da parte dell’Unione, il Consiglio dei ministri può deliberare all’unanimità, su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo (clausola di flessibilità). In questo caso la Commissione europea deve richiamare l’attenzione dei Parlamenti nazionali, nel quadro della procedura di controllo del principio di sussidiarietà (tale disposizione era prevista anche nel Trattato costituzionale).

 

 

 



[1] Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa era stato ratificato da 18 Stati membri: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Estonia, Germania, Grecia, Finlandia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna ed Ungheria. Francia e Paesi Bassi hanno respinto la ratifica del Trattato in seguito all’esito negativo dei referendum. L’Italia aveva ratificato il Trattato con la legge 7 aprile 2005, n. 57.

[2] Le disposizioni contenute nei protocolli hanno lo stesso valore giuridico delle disposizioni dei Trattati, non ugualmente le dichiarazioni.

[3] La mancanza di personalità giuridica ha fino ad ora impedito all’Unione in quanto tale di stipulare accordi con Stati terzi o con organizzazioni internazionali, di possedere beni e presentarsi in giudizio.

[4]  Gli attuali tre pilastri sono i seguenti: I, comunità europea; II, politica estera e di sicurezza comune; III, cooperazione giudiziaria e di polizia nel settore penale.

[5] Il riferimento ad una concorrenza non falsata nel mercato interno è stato spostato nel protocollo sul mercato interno e la concorrenza.

[6]  Settori di competenza esclusiva: unione doganale; definizione di regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno; politica monetaria per l’area l'euro; conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca; politica commerciale comune. L’Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali, quando tale conclusione è prevista in una atto legislativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le proprie competenze a livello interno o nella misura in cui tale conclusione può incidere su norme comuni o alterarne la portata.

[7]  Settori di competenza concorrente: mercato interno; politica sociale(per gli aspetti definiti nel TFUE; coesione economica, sociale e territoriale; agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare; ambiente; protezione dei consumatori; trasporti; reti transeuropee;  energia; spazio di libertà, sicurezza e giustizia; problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica. L'Unione ha inoltre competenza per condurre azioni nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio e della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario senza che l'esercizio di tale competenza possa avere per effetto di vietare agli Stati membri di esercitare la loro.

[8] Settori dell’azione di sostegno, di coordinamento o di completamento: tutela e miglioramento della salute umana; industria; cultura; istruzione; gioventù, sport e formazione professionale; turismo; protezione civile; cooperazione amministrativa.

[9]  La Carta dei diritti fondamentali dell’UE era stata originariamente proclamata il 7 dicembre 2000. Successivamente la Carta era stata modificata nel corso dei lavori della Convezione che ha redatto il testo del Trattato costituzionale. Il testo proclamato il 12 dicembre 2007 è quindi identico a  quello originariamente inserito nella parte II del Trattato costituzionale.

[10] E’ stata eliminata la distinzione tra spese obbligatorie e non obbligatorie, prevista dai trattati vigenti.

[11] Attualmente l’articolo 214 del TCE prevede che il Parlamento europeo approvi la nomina del candidato proposto dal Consiglio europeo.

[12] All'inizio dell'attuale legislatura del PE (2004-2009) il numero massimo di seggi era di 732, tetto previsto dall’articolo 190, paragrafo 2, del Trattato CE, come modificato dal Trattato di Nizza del 2002, e riconfermato dall'articolo 11 dell’Atto del 2003 relativo all’adesione di 10 nuovi Stati membri all’Unione europea. In seguito all'adesione di Bulgaria e Romania, nel gennaio 2007, il numero dei seggi è stato temporaneamente aumentato a 785 ed è stato stabilito che, dopo le elezioni del PE del 2009, il numero massimo di seggi sia pari a 736. Il numero massimo di seggi innalzato da 736 a 750, ha reso necessario procedere alla distribuzione dei 14 seggi risultanti da tale incremento ai quali se ne aggiungono altri 2 derivanti dalla riduzione, a carico della Germania, del numero massimo dei seggi da 99 a 96 (1 dei 3 seggi perduti dalla Germania sarà attribuito a Malta, che attualmente ne ha 5, per raggiungere la nuova soglia minima di 6 seggi).

[13] Il riconoscimento del Consiglio europeo come istituzione dell’Unione comporta che, ove ne ricorrano le condizioni, i suoi atti potranno essere sottoposti alla giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea.

[14] Poiché in tal caso il Consiglio europeo non si esprime su proposta della Commissione, la maggioranza qualificata è costituita, ai sensi dell’articolo 205, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione, come modificato dal Trattato di Lisbona, dal 72 % degli Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione.

[15] L’organizzazione e il funzionamento del Servizio europeo per l’azione esterna sono fissati da una decisione del Consiglio, che delibera su proposta dell’Alto rappresentante, previa consultazione del Parlamento europeo e previa approvazione della Commissione

[16] Le disposizioni transitorie relative alla definizione della maggioranza qualificata applicabili fino al 31 ottobre 2014 e quelle applicabili tra il 1° novembre 2014 e il 31 marzo 2017 sono stabilite da un apposito protocollo sulle disposizioni transitorie. Tale protocollo riprende, per i periodi transitori sopra citati, le disposizioni relative alla definizione della maggioranza qualificata secondo il sistema di voto ponderato previsto dagli attuali Trattati.

[17] La popolazione complessiva dell’UE ammonta a 492.966.967 (Fonte Eurostat per il 2006); il 65% della popolazione è pari a 320.428.529 abitanti.

[18] Questo ad esempio può verificarsi nei settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale; della politica estera e di sicurezza comune; della politica economica e monetaria e per procedure di nomine

[19] Pari a 172.538.439 abitanti.

[20] Il compromesso di Ioannina è un accordo raggiunto il 29 marzo 1994 nella città greca di Ioannina, durante un Consiglio straordinario degli Stati membri dell'Unione europea, in previsione dell'adesione di Austria, Finlandia e Svezia. Oggetto del compromesso era la definizione del numero minimo di voti sufficiente per impedire la formazione di una maggioranza qualificata ("minoranza di blocco"). Il compromesso stabiliva che, nel caso in cui una minoranza non costituisse ostacolo ad una maggioranza qualificata, ma fosse comunque importante in termini di numeri, il Consiglio non dovesse passare subito al voto ma discutere in tempi ragionevoli al fine di raccogliere un consenso più ampio di quello che sarebbe comunque sufficiente ma esiguo.

 

[21] Per la politica di sicurezza e difesa comune è previsto un sistema di cooperazione strutturata permanente (vedi sopra).

[22] L’Agenzia europea per la difesa è stata istituita con l’azione comune 2004/551/PESC del Consiglio del 12 luglio 2004.

[23] In tal caso la maggioranza qualificata è definita come la maggioranza degli Stati membri partecipanti alla cooperazione che rappresentino almeno i tre quinti della popolazione di tali Stati .

[24] La procedura di decisione attualmente prevalente in materia di giustizia e affari interni prevede la consultazione del Parlamento europeo e decisione del Consiglio all'unanimità.

[25] In particolare per quanto riguarda le disposizioni di cui agli artt. 81 TFUE (diritto di famiglia); 82 TFUE (individuazione di  ulteriori elementi specifici della procedura penale in relazione ai quali stabilire norme minime per  facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e la cooperazione giudiziaria nelle materia penali); 83 TFUE (individuazione di ulteriori sfere di criminalità rispetto ai quali la legge europeo può stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni); 86 TFUE (Procura europea); 87 TFUE (cooperazione operativa di polizia); 89 TFUE (definizione e limiti per l’intervento di autorità giudiziarie e di polizia nel territorio di un altro Stato membro).

[26] Secondo modalità particolari definite nel protocollo sull’applicazione dei principio di sussidiarietà e proporzionalità: per le proposte presentate nei settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale la Commissione europea è tenuta a riesaminare la proposte se le obiezioni sono avanzate anche solo da un quarto dei parlamenti nazionali degli Stati membri (e non un terzo, come per tutte le altre proposte legislative) .

[27] In base ai Trattati in vigore, la Commissione presenta un progetto preliminare di bilancio, che non ha lo status giuridico di proposta: il diritto di iniziativa è quindi attribuito al Consiglio.

[28] In base ai Trattati in vigore, il Parlamento europeo ha un potere decisionale autonomo limitato alla definizione delle spese non obbligatorie.

[29] Il Vertice, istituito nel 2003, ha il compito di assicurare la concertazione tra il Consiglio, la Commissione e le parti sociali. Esso è composto da rappresentanti al massimo livello della Presidenza in carica del Consiglio, dalle due Presidenze successive, dalla Commissione e dalle parti sociali.

[30] Quando il Consiglio delibera non su proposta della Commissione il quorum per la maggioranza qualificata è alzato dal 55% al 72% dei membri del Consiglio.

[31] Criteri per l’adesione all’UE sono stati definiti in occasione del Consiglio europeo di Copenhagen, nel 1993, e successivamente modificati in occasione del Consiglio europeo di Madrid nel 1995. Per aderire all'UE, un nuovo Stato membro deve ottemperare a tre criteri distinti: il criterio politico: la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell'uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela; il criterio economico: l'esistenza di un'economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all'interno dell'Unione; il criterio dell'"acquis comunitario": l'attitudine necessaria per accettare gli obblighi derivanti dall'adesione e, segnatamente, gli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria.Affinché il Consiglio europeo possa decidere di aprire i negoziati, deve risultare rispettato il criterio politico.

 

[32] L’art. 5 del Trattato sull’Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona, fissa i princìpi fondamentali in materia di competenze dell’Unione e prevede che i Parlamenti nazionali vigilino sul rispetto del principio di sussidiarietà secondo la procedura prevista dal Protocollo sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.

[33] Per “progetto di atto legislativo europeo” si intende la proposta della  Commissione, l’iniziativa di un gruppo di Stati membri, l’iniziativa del Parlamento europeo, la richiesta della Corte di giustizia, la raccomandazione della Banca centrale europea, la richiesta della Banca europea per gli investimenti, intese all’adozione di un atto legislativo europeo. I progetti presentati dalla Commissione sono trasmessi dalla Commissione; i progetti presentati dal Parlamento europeo sono trasmessi dal Parlamento europeo; tutti gli altri progetti sono trasmessi ai Parlamenti nazionali dal Consiglio.

[34] I contributi della Conferenza  non vincolano i Parlamenti nazionali e non pregiudicano la loro posizione.