Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Delega al Governo in materia di produttività del lavoro pubblico - A.C. 2031 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 2031/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 100
Data: 14/01/2009
Descrittori:
DIRIGENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE   PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
PUBBLICO IMPIEGO   RESPONSABILITA' NEL PUBBLICO IMPIEGO
SANZIONI DISCIPLINARI NEL PUBBLICO IMPIEGO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
XI-Lavoro pubblico e privato
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Delega al Governo in materia di
produttività del lavoro pubblico

 

A.C. 2031

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 100

 

 

14 gennaio 2009

 


 

Alla stesura del presente dossier ha collaborato il Dipartimento Istituzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Lavoro

 

SIWEB

 

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File: LA0091.doc

 

 


INDICE

Contenuto del progetto di legge  3

§      Art. 1. (Delega al Governo in materia di riforma del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni).3

§      Art. 2. (Princìpi e criteri in materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche).12

§      Art. 3. (Princìpi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche e di azione collettiva. Disposizioni sul principio di trasparenza nelle amministrazioni pubbliche).24

§      Art. 4. (Princìpi e criteri finalizzati a favorire il merito e la premialità).37

§      Art. 5. (Princìpi e criteri in materia di dirigenza pubblica. Modifica all'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).42

§      Art. 6. (Princìpi e criteri in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici).53

§      Art. 7. (Norma interpretativa in materia di vicedirigenza).61

§      Art. 8. (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro - CNEL).63

§      Art. 9. (Corte dei conti).65

Testo a fronte

§      R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti (art. 41)107

§      D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri (art. 112)108

§      L. 27 aprile 1982, n. 186 Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali (art.1)111

§      L. 30 dicembre 1986, n. 936 Norme sul Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (art. 10)112

§      L. 13 aprile 1988, n. 117 Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (art. 10)114

§      L. 14 gennaio 1994, n. 20 Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti (art. 3, co. 8)116

§      D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195 Attuazione dell'art. 2 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate (art. 7)118

§      L. 15 maggio 1997, n. 127 Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo (art. 17, co. 14)122

§      D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281 Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (Artt. 2, 3, 4, 5, 8)123

§      D.Lgs. 19 maggio 2000, n. 139 Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'articolo 10 della L. 28 luglio 1999, n. 266 (art. 29)130

§      D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (Art. 2, co.2 e 3, artt, 14, 19, 17 bis, 22, 30, 32, 55, 60, co. 5 e 6, 70, co. 4)132

§      L. 5 giugno 2003, n. 131 Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (art. 7, co. 7)145

§      D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217 Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252 (art. 37)147

§      L. 23 dicembre 2005, n. 266 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006) (art. 1, co. 227)149

§      D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63 Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, a norma della L. 27 luglio 2005, n. 154 (art. 23)150

§      L. 24 dicembre 2007, n. 244 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) (art. 3, co. 63)152

§      D.L. 25 giugno 2008, n. 112 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (art. 72, co. 11)153

§      Codice Civile (Artt. 1339 e 1419)155

§      Codice Penale (Art. 640)156

 

 


Schede di lettura

 


 

Contenuto del progetto di legge

Art. 1.
(Delega al Governo in materia di riforma del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni).

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a riformare, anche mediante modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all'articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo, e della relativa contrattazione collettiva per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

a) convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro privato, con particolare riferimento al sistema delle relazioni sindacali;

b) miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia delle procedure della contrattazione collettiva;

c) introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, finalizzati ad assicurare l'offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità;

d) valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali;

e) definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici;

f) affermazione del principio di concorsualità per l'accesso al lavoro pubblico e per le progressioni di carriera;

g) introduzione di strumenti che assicurino una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale, conformemente al principio della parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici, da garantire, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nell'osservanza dei princìpi e criteri direttivi fissati dai seguenti articoli, nonché nel rispetto del principio di pari opportunità, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, relativamente all'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, lettera a), 3, 4 e 5, nonché previo parere della medesima Conferenza relativamente all'attuazione delle restanti disposizioni della presente legge, sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti, le quali esprimono il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono adottati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1, o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.

3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri.

4. I decreti legislativi di cui al comma 1 individuano le disposizioni rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, e quelle contenenti princìpi generali dell'ordinamento giuridico, ai quali si adeguano le regioni e gli enti locali negli ambiti di rispettiva competenza.

5. Le disposizioni della presente legge si applicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri, salvo che risultino incompatibili con la specificità del relativo ordinamento.

 


 

 

L’articolo 1 reca (comma 1) una delega al Governo, da esercitarsi entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, per l’adozione di uno o più decreti legislativi volti a riformare, anche mediante modifiche al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e della relativa contrattazione collettiva.

 

Gli obiettivi perseguiti sono i seguenti:

 

§      convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro privato, con particolare riferimento al sistema delle relazioni sindacali (comma 1, lettera a));

 

§      miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure della contrattazione collettiva (comma 1, lettera b));

 

§      introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, finalizzati ad assicurare l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità (comma 1, lettera c));

 

§      valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali (comma 1, lettera d));

 

§      definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici (comma 1, lettera e));

 

§      affermazione del principio di concorsualità per l’accesso al lavoro pubblico e per le progressioni di carriera (comma 1, lettera f));

 

§      introduzione di strumenti che assicurino una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale, conformemente al principio della parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici. Tali strumenti devono garantire, attraverso specifiche condizioni contenute nei bandi di concorso, il riferimento al luogo di residenza dei concorrenti nel caso in cui tale requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato (comma 1, lettera g)).

Si ricorda che l’articolo 6 del ddl recante la delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali, attualmente all’esame presso il Senato (AS 1167), reca alcune modifiche all’articolo 35 del D.Lgs. 165/2001 in materia di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni.

In particolare, il comma 3, modificando il comma 5[1] del richiamato articolo 35, introduce l’obbligo, per le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici, di individuare i posti per i quali avviare le procedure concorsuali dall'esterno e di progressione interna, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni, con riferimento alle sedi di servizio e, ove ciò non sia possibile, con riferimento agli ambiti regionali.

Il successivo comma 5 del richiamato articolo 6, inoltre, modificando a sua volata il comma 5-ter dell’articolo 35 del D.Lgs. 165/2001, prevede, tra gli altri, che il principio della parità di condizioni per l'accesso ai pubblici uffici debba essere garantito:

§       mediante specifiche disposizioni del bando;

§       con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti;

§       quando tale requisito sia strumentale all'assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato.

I richiamati decreti legislativi di attuazione, ai sensi del successivo comma 2, devono essere adottati nell’osservanza dei principi e criteri direttivi fissati dai successivi articoli, nonché nel rispetto del principio delle pari opportunità.

Più specificamente, il comma in esame prevede la trasmissione dei richiamati decreti alle Commissioni parlamentari competenti, ai fini dell’espressione del parere, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e previa intesa in sede di Conferenza Unificata (di cui all'articolo 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281), per quanto attiene l’attuazione delle disposizioni concernenti:

§      gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge (articolo 2, comma 2, lettera a));

§      i principi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche e di azione collettiva (articolo 3);

§      i principi e criteri finalizzati a favorire il merito e la premialità (articolo 4);

§      i principi e criteri in materia di dirigenza pubblica (articolo 5).

Le restanti disposizioni di attuazione sono invece sottoposte al solo parere della medesima Conferenza.

 

Le Commissioni parlamentari competenti hanno l’obbligo di esprimere il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.

 

Al Governo, inoltre, è data facoltà (comma 3) di emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei richiamati decreti legislativi di attuazione, eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri.

 

Il successivo comma 4 dispone l’obbligo, per i decreti legislativi di attuazione, di individuare le disposizioni rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, e quelle contenenti principi generali dell’ordinamento giuridico, ai quali si adeguano le Regioni e gli enti locali negli ambiti di rispettiva competenza.

 

Il comma 5, infine, prevede l’applicazione delle disposizioni in esame alla Presidenza del Consiglio dei ministri, salvo che risultino incompatibili con la specificità del relativo ordinamento.

 

 

 

 

Cenni sull’evoluzione della normativa sul lavoro pubblico

 

Per gran parte del secolo scorso la disciplina del lavoro pubblico è stata di carattere pubblicistico, ossia posta attraverso atti d’imperio (leggi, provvedimenti amministrativi), senza alcun rilievo attribuito alla fonte contrattuale[2].

Tale impostazione è stata messa in discussione, in sede politica e dottrinale, allorché all’inizio degli anni ‘80 è stata rilevata una crisi di efficienza del lavoro pubblico, imputata proprio alla differente regolazione rispetto al settore del lavoro privato.

 

Sulla scorta di tali rilievi, un primo avvicinamento a un assetto di tipo privatistico si è avuto con la legge-quadro sul pubblico impiego (L. 29 marzo 1983, n. 93).

Tale norma individuò due distinte aree di competenza: una - relativa agli aspetti definibili in senso ampio come di organizzazione amministrativa - demandata alla fonte legislativa; l’altra - relativa agli aspetti retributivi e, più in generale, riguardanti il rapporto di lavoro – affidata alla fonte contrattuale.

 

In particolare, erano demandati alla disciplina legislativa[3]: 1) gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, i principi fondamentali di organizzazione degli uffici; 2) i procedimenti di costituzione, modificazione di stato giuridico ed estinzione del rapporto di pubblico impiego; 3) i criteri per la determinazione delle qualifiche funzionali e dei profili professionali in ciascuna di esse compresi; 4) i criteri per la formazione professionale e l'addestramento; 5) i ruoli organici, la loro consistenza e la dotazione complessiva delle qualifiche; 6) le garanzie del personale in ordine all'esercizio delle libertà e dei diritti fondamentali; 7) le responsabilità dei dipendenti, comprese quelle disciplinari; 8) la durata massima dell'orario di lavoro giornaliero; 9) l'esercizio dei diritti dei cittadini nei confronti dei pubblici dipendenti ed il loro diritto di accesso e di partecipazione alla formazione degli atti della pubblica amministrazione.

Erano invece affidati alle norme di origine negoziale i seguenti aspetti[4]: 1) il regime retributivo di attività, con alcune limitate eccezioni; 2) i criteri per l'organizzazione del lavoro nell'ambito della disciplina legislativa; 3) l'identificazione delle qualifiche funzionali, in rapporto ai profili professionali ed alle mansioni; 4) i criteri per la disciplina dei carichi di lavoro e le altre misure volte ad assicurare l'efficienza degli uffici; 5) l'orario di lavoro, la sua durata e distribuzione, i procedimenti di rispetto; 6) il lavoro straordinario; 7) i criteri per l'attuazione degli istituti concernenti la formazione professionale e l'addestramento; 8) le procedure relative all'attuazione delle garanzie del personale; 9) i criteri per l'attuazione della mobilità del personale, nel rispetto delle inamovibilità previste dalla legge.

 

Si trattava però di un sistema non compiutamente privatistico, anche con riguardo alla disciplina del rapporto di lavoro, in quanto gli accordi previsti dalla L. 93/1983 erano resi operativi con decreti del Presidente della Repubblica, all’esito di una articolata procedura (“le norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sono recepite ed emanate con decreto del Presidente della Repubblica”, recitava l’articolo 6, ottavo comma, della richiamata L. 93).

 

La natura ibrida della disciplina sopra compendiata fu all’origine di alcune disfunzioni - rilevate dalla dottrina e successivamente affrontate dal legislatore con interventi di riforma - quali la difficile compatibilità, anche concettuale, fra fonte negoziale e successivo provvedimento pubblicistico di recepimento oppure la difficoltà della relativa procedura, l’incerto riparto di competenze fra fonti di diversa natura, nonché la rilevata incapacità di tale sistema “misto” di risolvere i problemi di efficienza del lavoro pubblico.

 

Nel 1993 si pervenne così a una nuova riforma del lavoro pubblico, questa volta più marcatamente improntata a una vera e propria privatizzazione, anche formale, attraverso il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29[5], adottato sulla base della delega contenuta nella L. 421/1992, il quale determinò la contrattualizzazione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, con alcune eccezioni rappresentate dai settori rimasti in regime di diritto pubblico. Gli aspetti relativi al trattamento economico vennero infatti riservati alla contrattazione collettiva, non più soggetta a un atto pubblicistico di recepimento. Venne inoltre sancito un nuovo assetto per la dirigenza pubblica (non ancora integralmente privatizzata, in questa prima fase), per la quale si accentuò il profilo di autonomia dal ceto politico, in correlazione a un sistema di valutazione e di responsabilità. Si diede particolare rilievo ai principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. Si potenziò l’istituto della mobilità e si ridefinì, in un’ottica di razionalizzazione, la disciplina dell’accesso all’impiego pubblico.

Il D.Lgs. 29/1993 divenne quindi la norma base del pubblico impiego dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, caratterizzandosi come una “legge a formazione progressiva”, in quanto contenente il complesso delle norme cardine di una disciplina o settore.

L’impatto di una riforma di questa portata fu tale da rendere necessari interventi di ulteriore sistemazione della materia. Dapprima si intervenne in forza della delega originaria, che consentiva l’emanazione di decreti legislativi “correttivi”.

In un secondo momento si pervenne al conferimento di una nuova delega, contenuta nella L. 15 marzo 1997, n. 59[6], in virtù della quale furono adottati alcuni decreti legislativi che completarono la riforma del lavoro pubblico.

La ratio di tale seconda delega appare evidenziata in particolare da uno dei principi direttivi (articolo 11, comma 4, lettera a)), che era così formulato: “completare l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell'impresa; estendere il regime di diritto privato del rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali ed equiparati delle amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le altre esclusioni”.

 

Successivamente, con il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80[7], si fece un passo ulteriore verso la contrattualizzazione del lavoro pubblico, attraendo nell’orbita del diritto civile anche le figure dirigenziali apicali.

 

Il successivo D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[8], adottato sulla base di una delega volta al riordino delle norme - diverse da quelle del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa - che regolano i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici, delega contenuta nell’articolo 1, comma 8, della L. 24 novembre 2000, n. 340[9], ha sostituto il D.Lgs. 29/1993, e, nel testo risultante dalle successive modificazioni, rappresenta attualmente la principale fonte di regolazione del lavoro pubblico[10].

In sostanza, il D.Lgs. 165 oltre a riprodurre senza sostanziali modifiche il testo aggiornato e vigente del D.Lgs. 23/1993, ha provveduto a ripulire dal testo le norme abrogate o che comunque avevano esaurito i propri effetti giuridici in virtù di ulteriori disposizioni sopravvenute, nonché ad integrare nel testo le disposizioni finali e transitorie contenute nei DD.Lgs. 80/1998 e 387/1998, che non erano stati trasfusi nel D.Lgs. 29.

 

Ad ogni modo, il principio fondamentale dell’impianto normativo contenuto nel D.Lgs. 165 resta il regime privatistico del rapporto di lavoro.

Tale principio è contenuto nel primo periodo dell’articolo 2, comma 2, e rappresenta una norma “chiave”, introdotta dalla riforma del 1993[11],.

Differentemente dal precedente assetto, infatti, in cui il rapporto di servizio era modellato sulla falsariga del rapporto di ufficio, con conseguente supremazia riconosciuta all’amministrazione, la nuova struttura del rapporto lavorativo pubblico ha introdotto una posizione paritaria tra datore di lavoro e dipendente, mediante la devoluzione della regolamentazione generale dei rapporti di lavoro al codice civile, dalla legislazione sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, e alla negoziazione con le organizzazioni sindacali, con ciò determinando il superamento della concezione autoritaria del rapporto e della subordinazione gerarchica del pubblico dipendente. In relazione a ciò, i poteri dell’amministrazione pubblica non possono più fondarsi sull’elevazione dell’interesse dell’organizzazione al rango di interesse pubblico, e, d’altro canto, i poteri della pubblica amministrazione non possono più rappresentare l’espressione di una discrezionalità amministrativa.

Tra le più importanti conseguenze derivanti dal processo di privatizzazione del rapporto di lavoro, è stato evidenziato il mutamento dei poteri di organizzazione e gestione del personale delle pubbliche amministrazioni, il quale è sottoposto ad una serie di limiti sia sostanziali sia procedurali, tra i quali senza dubbio il maggior e è rappresentato dalla contrattazione collettiva.

Tale impostazione non è stata esente da critiche, soprattutto da parte della dottrina, la quale ha evidenziato soprattutto il fatto che il rinvio alle disposizioni codicistiche e alle leggi sul lavoro subordinato nell’impresa è apparso incompleto e superato dalle leggi speciali di settore.

Lo stesso comma, però, delinea la differenza tra lavoro pubblico e lavoro privato, laddove espressamente fa salve “le diverse disposizioni contenute nel presente decreto”. Tali disposizioni, in sostanza numerose e rilevanti, insieme ad una serie di norme presenti in ulteriori fonti legislative, sono comunque sufficienti a delineare la specificità della disciplina in oggetto.

Il secondo periodo dello stesso comma, nell’ambito più generale del riconoscimento del principio di graduale delegificazione della disciplina legislativa pregressa, al fine di garantire un passaggio da una disciplina pubblicistica ad una privatistica in relazione al carattere di specialità che tuttavia il settore mantiene, ha introdotto una tecnica delegificativa per il futuro, basata sulla deroga, da parte dei contratti o accordi collettivi, alle leggi, regolamenti e statuti.

Rispetto all’originaria cessazione automatica dell’efficacia delle norme di legge a seguito della stipula di un contratto collettivo, rimasta solamente, ai sensi del successivo comma 3, per le disposizioni concernenti gli eventuali incrementi economici non previsti da contratti collettivi, il comma in esame ha previsto che eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possano essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi. Gli atti derogati, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Art. 2.
(Princìpi e criteri in materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche).

 


1. L'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della contrattazione collettiva nel settore pubblico al fine di conseguire una migliore organizzazione del lavoro e ad assicurare il rispetto della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge, nonché, sulla base di questa, ad atti organizzativi e all'autonoma determinazione dei dirigenti, e quelle sottoposte alla contrattazione collettiva.

2. Nell'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) precisare, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge, fermo restando che è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro;

b) fare in ogni caso salvo quanto previsto dagli articoli 2, comma 2, secondo periodo, e 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

c) prevedere meccanismi di monitoraggio sull'effettività e congruenza della ripartizione delle materie attribuite alla regolazione della legge o dei contratti collettivi;

d) prevedere l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, in caso di nullità delle clausole contrattuali per violazione di norme imperative e dei limiti fissati alla contrattazione collettiva;

e) individuare criteri per la fissazione di vincoli alla contrattazione collettiva al fine di assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio, anche mediante limiti massimi di spesa ovvero limiti minimi e massimi di spesa;

f) prevedere, ai fini dell'accertamento dei costi della contrattazione integrativa, uno schema standardizzato di relazione tecnica recante i contenuti minimi necessari per la valutazione degli organi di controllo sulla compatibilità economico-finanziaria, nonché adeguate forme di pubblicizzazione ai fini della valutazione, da parte dell'utenza, dell'impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento evidenziando le richieste e le previsioni di interesse per la collettività;

g) potenziare le amministrazioni interessate al controllo attraverso il trasferimento di personale in mobilità ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127;

h) riordinare le procedure di contrattazione collettiva nazionale, in coerenza con il settore privato e nella salvaguardia delle specificità sussistenti nel settore pubblico, nonché quelle della contrattazione integrativa e riformare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), con particolare riguardo alle competenze, alla struttura ed agli organi della medesima Agenzia, secondo i seguenti criteri:

1) rafforzamento dell'indipendenza dell'ARAN dalle organizzazioni sindacali anche attraverso la revisione dei requisiti soggettivi e delle incompatibilità dei componenti dei relativi organi, con particolare riferimento ai periodi antecedenti e successivi allo svolgimento dell'incarico, e del personale dell'Agenzia;

2) potenziamento del potere di rappresentanza delle regioni e degli enti locali;

3) ridefinizione della struttura e delle competenze dei comitati di settore, rafforzandone il potere direttivo nei confronti dell'ARAN;

4) riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione, ferma restando la competenza della contrattazione collettiva per l'individuazione della relativa composizione, anche con riferimento alle aziende ed enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni;

5) modificazione, in coerenza con il settore privato, della durata dei contratti al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo di regolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica;

6) rafforzamento del regime dei vigenti controlli sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo specifiche responsabilità della parte contraente pubblica e degli organismi deputati al controllo sulla compatibilità dei costi;

7) semplificazione del procedimento di contrattazione anche attraverso l'eliminazione di quei controlli che non sono strettamente funzionali a verificare la compatibilità dei costi degli accordi collettivi;

i) introdurre norme di raccordo per armonizzare con gli interventi di cui alla lettera h) i procedimenti negoziali, di contrattazione e di concertazione di cui all'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e ai decreti legislativi 12 maggio 1995, n. 195, 19 maggio 2000, n. 139, 13 ottobre 2005, n. 217, e 15 febbraio 2006, n. 63;

l) prevedere che le pubbliche amministrazioni attivino autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione, sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, con possibilità di ambito territoriale e di riferimento a più amministrazioni;

m) prevedere l'imputabilità della spesa per il personale rispetto ai servizi erogati e definire le modalità di pubblicità degli atti riguardanti la spesa per il personale e dei contratti attraverso gli istituti e gli strumenti previsti dal codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.


 

 

L’articolo 2 detta i principi e criteri in materia di contrattazione collettiva e integrativa, nonché per l’organizzazione delle amministrazioni pubbliche.

 

In particolare, si stabilisce che l’esercizio della delega è finalizzato a modificare la disciplina della contrattazione collettiva nel settore pubblico al fine di conseguire una migliore organizzazione del lavoro e ad assicurare il rispetto della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge, nonché, sulla base di questa, ad atti organizzativi e alla determinazione autonoma dei dirigenti, e quelle sottoposte alla contrattazione collettiva (comma 1).

 

Il rapporto tra le fonti nel lavoro pubblico

Si ricorda, in proposito, che oltre alle disposizioni dell’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 165, in precedenza richiamate, il successivo comma 3 dello stesso articolo 2 ha riprodotto uno dei capisaldi della riforma del 1993 e rappresenta il fondamento contrattuale dei rapporti individuali di lavoro pubblico. Come anche rilevato dalla dottrina[12], infatti, la delegificazione operata dalla privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico ha portato ad una riscrittura delle fonti, con conseguente cessione di sovranità da parte della legge nei confronti della contrattazione collettiva. Un punto fondamentale della nuova struttura è il ruolo riconosciuto al contratto collettivo. Più specificamente, i contratti collettivi possono essere stipulati “secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III” del D.Lgs. 165, distinguendosi in tal modo dai contratti collettivi di diritto comune caratteristici del settore privato e qualificandosi quindi come contratti di diritto speciale. Tale specialità ha indotto un’ampia discussione tra i giuslavoristi in ordine alle limitazioni che i richiamati contratti possono incontrare rispetto a quelli di diritto comune. Al riguardo, parte della dottrina[13] ha sottolineato come lo spazio riservato alla contrattazione collettiva incontra limiti non presenti nel settore privato a causa di norme concepite non per la protezione del lavoratore bensì per la protezione di determinati interessi pubblici, con ciò rispettando anche il dettato dell’articolo 97 della Costituzione secondo il quale l’organizzazione degli uffici pubblici necessita di direttive da parte del legislatore. Al contrario, altra parte della dottrina[14] ritiene l’autonomia contrattuale delle amministrazioni pubbliche libera da vincoli al pari di quella del lavoro privato, in quanto tale rapporto non snatura la produzione a livello collettivo di regole generali destinate ad incidere sui rapporti individuali di lavoro, anche se la soluzione delle questioni caratterizzanti l’operatività del contratto collettivo sarà all’interno della regolamentazione dettata dal legislatore. In altre parole, le effettive diversità presenti nella contrattazione collettiva “pubblica” è da considerarsi totale considerato che viene privatizzato il rapporto di lavoro, e non il datore di lavoro, che rimane ovviamente pubblico. I limiti imposti dal legislatore, quindi, secondo questa dottrina vanno interpretati come limiti esteri e specifici, al di là dei quali l’autonomia collettiva è libera ed incondizionata al pari di quella relativa al settore privato.

Alla contrattazione collettiva delle pubbliche amministrazioni, quindi, sarebbe affidato un duplice compito: tutelare i dipendenti pubblici compatibilmente con gli obiettivi prioritari relativi alla P.A. contenuti nell’articolo 2 della L. 421/1192 (razionalizzazione della spesa, efficienza, ecc.), e delegificare la disciplina dei rapporti di pubblico impiego.

Anche in relazione al dettato dell’articolo 97 della Costituzione, richiamato in precedenza, si creerebbe quindi una sorta di funzionalizzazione del contratto collettivo pubblico agli obiettivi principali del buon andamento e dell’imparzialità della P.A.. In altri termini, secondo parte della dottrina, quindi, proprio il compito di delegificazione attribuito al contratto collettivo imporrebbe una “legificazione” del sistema di contrattazione, cioè la previsione legale dei soggetti, dei limiti di contenuto, dei livelli, delle procedure, e quindi un vincolo rispetto ai fini preposti, con ciò funzionalizzando la contrattazione stessa ad interessi diversi da quelli delle parti contrapposte. La tesi della funzionalizzazione non trova comunque sostegno in larga parte della dottrina, secondo la quale[15] la contrattazione collettiva pubblica non deve essere funzionalizzata bensì finalizzata al buon andamento della P.A. e al contemperamento con gli interessi degli utenti. In base a tale teoria, il fatto che l’azione della P.A. nella fase di stipulazione e applicazione dei contratti collettivi sia inquadrato in una apposita cornice legale, che ne fissa le regole di azione, non giustifica la tesi che il contratto collettivo pubblico sia una fonte normativa in senso tecnico, anche se consensuale, essendo lo stesso espressione di libertà negoziale[16]. Da qui discende che essendo espressione di autonomia negoziaIe, inoltre, il contratto collettivo pubblico non è funzionalizzato ad interessi generali, appartenendo allo stessa fattispecie del contratto collettivo privato[17].

 

Il comma 2 detta i principi e criteri direttivi, i quali dispongono:

 

§         la precisazione, ai sensi dell'articolo 2 del D.Lgs. 165/2001, degli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati alla contrattazione collettiva e alla legge. In ogni caso, è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro (lettera a));

In proposito, si ricorda che l’articolo 2, comma 35, della L. 22 dicembre 2008, n. 203 (legge finanziaria per il 2009), introducendo rilevanti novità per quanto riguarda la disciplina relativa ai rinnovi contrattuali del personale delle pubbliche amministrazione, e attuando una rilegificazione di una materia attualmente rimessa alla contrattazione collettiva, ha disposto che, dalla data di presentazione del disegno di legge finanziaria (29 settembre), decorrono le trattative per i rinnovi contrattuali del personale contrattualizzato delle pubbliche amministrazioni, nonché di alcune categorie di personale in regime di diritto pubblico delle pubbliche amministrazioni, per il periodo di riferimento previsto dalle norme vigenti. Inoltre, si stabilisce che dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria (cioè dal 1° gennaio di ogni anno) le somme stanziate per i rinnovi contrattuali possano essere erogate anche mediante atti unilaterali, previo conguaglio all’atto della stipulazione dei contratti collettivi nazionali, fermo restando che l’importo da erogare non possa andare oltre il 90% del tasso di inflazione programmata per il biennio di riferimento applicato alla voce stipendio;

 

§         la salvaguardia delle disposizioni concernenti la possibilità di deroga da parte della contrattazione collettiva alle discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nonché la disciplina applicabile al personale in regime di diritto pubblico, di cui, rispettivamente, agli articoli 2, comma 2, secondo periodo, e 3 del D.Lgs. 165 (lettera b));

 

§         la prospettiva di meccanismi di monitoraggio sull'effettività e congruenza della ripartizione delle materie attribuite alla regolazione della legge o dei contratti collettivi (lettera c));

 

§         l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, in caso di nullità delle clausole contrattuali per violazione di norme imperative e dei limiti fissati alla contrattazione collettiva (lettera d));

L’articolo 1339 c.c. stabilisce, in tema di contratti, che le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti, mentre il secondo comma dell’articolo 1419 c.c., in materia di nullità parziale del contratto, dispone che la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.

 

§         l’individuazione di criteri per la fissazione di vincoli alla contrattazione collettiva al fine di assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio, anche mediante limiti massimi di spesa, ovvero limiti minimi e massimi di spesa (lettera e));

In proposito, la Relazione della Corte dei conti sul costo del lavoro pubblico[18], riferita al periodo 2003-2005, nel ribadire l’esistenza di un’asimmetria temporale tra rilevazioni del costo del lavoro pubblico, che emergono dai conti annuali disponibili, e l’effettiva ricaduta della spesa conseguente ai diversi rinnovi contrattuali, di non agevole identificazione, sottolinea la complessità della verifica degli effettivi andamenti dei richiamati parametri, a causa della diversità di impostazione metodologica, al fine di una reimpostazione sia della programmazione finanziaria generale sia di quella relativa ai nuovi cicli contrattuali. Tale criticità, prosegue la Corte, crea sensibili problemi di ricostruzione dei flussi finanziari, risolvibile con una definizione del ruolo e dei contenuti dei principali strumenti contabili e programmatori.

Per quanto attiene più specificamente al costo del personale non dirigenziale, la relazione ha individuato nel periodo 2002-2005 un incremento della spesa per retribuzioni del 5,3% (da 62,5 mld a 66 mld di euro). In particolare, la spesa per il trattamento fondamentale è cresciuta in misura pari allo 0,7% rispetto al 2001(da 54 mld a 54,4 mld di euro), mentre un aumento significativo ha fatto registrare la spesa per la retribuzione accessoria, con una crescita pari al 31%. (da 9,5 mld a 12,5 mld di euro)[19].

§         la previsione, ai fini dell’accertamento dei costi della contrattazione integrativa, di uno schema standardizzato di relazione tecnica recante i contenuti minimi necessari per la valutazione degli organi di controllo sulla compatibilità economico-finanziaria; nonché la previsione di adeguate forme di pubblicizzazione ai fini della valutazione, da parte dell’utenza, dell’impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento, evidenziando allo stesso tempo le richieste e le previsioni di interesse per la collettività (lettera f));

 

§         il potenziamento delle amministrazioni interessate al controllo attraverso il trasferimento di personale in mobilità ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della L. 15 maggio 1997, n. 127[20] (lettera g));

il richiamato comma ha previsto che nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione, presso le amministrazioni pubbliche, di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando[21], le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta;

§         il riordino delle procedure di contrattazione collettiva nazionale, in coerenza con il settore privato e nella salvaguardia delle specificità sussistenti nel settore pubblico, nonché quelle della contrattazione integrativa e la riforma, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell’ARAN, con particolare riguardo alle competenze, alla struttura ed agli organi della medesima Agenzia, secondo i seguenti criteri (lettera h)):

à        rafforzamento dell’indipendenza dell’ARAN dalle organizzazioni sindacali anche attraverso la revisione dei requisiti soggettivi e delle incompatibilità dei componenti dei relativi organi, con particolare riferimento ai periodi antecedenti e successivi allo svolgimento dell’incarico, e del personale dell’Agenzia (punto 1);

à        potenziamento del potere di rappresentanza delle Regioni e degli enti locali (punto 2);

à        ridefinizione della struttura e delle competenze dei comitati di settore, rafforzandone il potere direttivo nei confronti dell'ARAN (punto 3);

à        riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione, ferma restando la competenza della contrattazione collettiva per l’individuazione della relativa composizione, anche con riferimento alle aziende ed enti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[22] (punto 4);

à        modificazione, in coerenza con il settore privato, della durata dei contratti al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo di regolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica (punto 5);

à        rafforzamento del regime dei controlli vigenti sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo specifiche responsabilità della parte contraente pubblica e degli organismi deputati al controllo sulla compatibilità dei costi (punto 6);

à        semplificazione del procedimento di contrattazione anche attraverso l'eliminazione di quei controlli che non sono strettamente funzionali alla verifica della compatibilità dei costi degli accordi collettivi (punto 7);

L’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (ARAN), istituita dall’articolo 50 del D.Lgs 29/1993 ed attualmente regolamentata dall’articolo 46 del D.Lgs. 165/2001, è un organismo tecnico, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa, gestionale e contabile, che ha la rappresentanza legale di tutte le pubbliche amministrazioni in sede di contrattazione collettiva nazionale. Le pubbliche amministrazioni, inoltre, possono avvalersi dell'assistenza dell'ARAN ai fini della contrattazione integrativa. Sulla base di apposite intese, l'assistenza può inoltre essere assicurata anche collettivamente ad amministrazioni dello stesso tipo o ubicate nello stesso ambito territoriale

L’ARAN ha il compito di svolgere ogni attività relativa alla negoziazione e definizione dei contratti collettivi del personale dei vari comparti del pubblico impiego, compresa l’interpretazione autentica delle clausole contrattuali e la disciplina delle relazioni sindacali nelle amministrazioni pubbliche. Nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali, l’Agenzia si attiene agli atti di indirizzo dei Comitati di settore, che sono organismi collegiali costituiti per rappresentare categorie omogenee di amministrazioni.

L’ARAN ha anche il compito di assistere le pubbliche amministrazioni per  applicazione uniforme dei contratti collettivi di lavoro e, su richiesta dei comitati di settore, ha facoltà di costituire delegazioni temporanee a livello regionale, o interregionale, al fine di soddisfare specifiche esigenze delle amministrazioni interessate.

Per la sua attività, l'ARAN si avvale sia delle risorse derivanti da contributi[23] posti a carico delle singole amministrazioni dei vari comparti, corrisposti in misura fissa per dipendente in servizio, sia di quote per l'assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei soggetti che se ne avvalgano.

Il comitato direttivo dell'ARAN è costituito da cinque componenti ed è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. I componenti sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche estranei alla pubblica amministrazione. Il comitato dura in carica quattro anni e i suoi componenti possono essere riconfermati. Non possono far parte del comitato persone che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali, ovvero che ricoprano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.

§         l’introduzione di norme di raccordo ai fini dell’armonizzazione, insieme agli interventi di cui alla precedente lettera h), dei procedimenti negoziali, di contrattazione e di concertazione di specifiche disposizioni legislative (lettera i)).

Più precisamente, si fa riferimento:

à        al procedimento negoziale per la disciplina di alcuni aspetti del rapporto di impiego del personale della carriera diplomatica, di cui all’articolo 112 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18;

Relativamente al servizio prestato in Italia, per il richiamato personale è previsto un procedimento negoziale tra una delegazione di parte pubblica, presieduta dal Ministro per la funzione pubblica (attualmente Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione), ed una delegazione delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale diplomatico, con cadenza quadriennale per gli aspetti giuridici e biennale per quelli economici, i cui contenuti sono recepiti con decreto del Presidente della Repubblica. Si considerano rappresentative del personale diplomatico le organizzazioni sindacali con rappresentatività non inferiore al 5%, calcolata sulla base del dato associativo espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Le organizzazioni sindacali dissenzienti possano trasmettere al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai ministri che compongono la delegazione di parte pubblica le loro osservazioni entro il termine di 5 giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo. L’ipotesi di accordo ed il relativo schema di decreto del Presidente della Repubblica, per il quale si prescinde dal parere del Consiglio di Stato, vengono approvati dal Consiglio dei Ministri, entro 15 giorni dalla sottoscrizione, eseguita una serie di verifiche in ordine alla compatibilità finanziaria ed ai costi relativi per l'intero periodo di validità.

à        il procedimento che disciplina i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia, anche ad ordinamento militare, e delle Forze armate, esclusi i rispettivi dirigenti civili e militari ed il personale di leva nonché quello ausiliario di leva[24], di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195;

Le procedure negoziali relative alle Forze di polizie e alle Forze armate presentano elementi di specificità, dato la peculiarità delle istituzioni interessate. Le procedure per l'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica sono avviate dal Ministro per la funzione pubblica (attualmente Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione) almeno 4 mesi prima dei termini di scadenza previsti dai precedenti decreti. Entro lo stesso termine, le organizzazioni sindacali del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile possono presentare proposte e richieste relative alle materie oggetto delle procedure stesse. E’ inoltre previsto che il COCER interforze possa presentare, per ogni sezione di riferimento (Carabinieri, Guardia di Finanza e Forze Armate), specifiche proposte. Tutte le procedure hanno inizio contemporaneamente e si sviluppano con carattere di contestualità nelle fasi successive, compresa quella della sottoscrizione dell'ipotesi di accordo sindacale, per quanto attiene alle Forze di polizia ad ordinamento civile, e della sottoscrizione dei relativi schemi di provvedimento, per quanto attiene le Forze di polizia ad ordinamento militare e al personale delle Forze armate.

E’ prevista, anche in questo caso, la possibilità, per le organizzazioni sindacali dissenzienti dall'ipotesi di accordo, la trasmissione delle loro osservazioni, entro il termine di 5 giorni dalla sottoscrizione dell'accordo, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai componenti la delegazione di parte pubblica. I Lavori per la formulazione dello schema di provvedimento seguono poi procedure diverse per ogni singola Sezione.

L'ipotesi di accordo sindacale e gli schemi di provvedimento sono corredati da appositi prospetti contenenti specifiche valutazioni in ordine al personale interessato, ai costi unitari e alla quantificazione complessiva della spesa, diretta ed indiretta. L’ipotesi di accordo ed i relativi D.P.R., per i quali si prescinde dal parere del Consiglio di Stato, sono approvati dal Consiglio dei Ministri, entro 15 giorni dalla sottoscrizione, verificate le compatibilità finanziarie ed esaminate le osservazioni proprie di ogni sezione di riferimenti.

E’ prevista, infine, la possibilità che la Corte dei conti, in sede di esercizio del controllo preventivo di legittimità, richieda chiarimenti o elementi integrativi.

à        la procedura di negoziazione del personale della carriera prefettizia, di cui all’articolo 29 del D.Lgs. 19 maggio 2000, n. 139;

La richiamata procedura è avviata, ai sensi del richiamato articolo 29, dal Ministro per la funzione pubblica (attualmente Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione) almeno 4 mesi prima della scadenza dei termini quadriennali (per gli aspetti giuridici) o biennali (per gli aspetti economici). La delegazione di parte pubblica, prima di procedere alla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verifica, sulla base dei criteri utilizzati per l'accertamento della rappresentatività sindacale, che le organizzazioni sindacali aderenti all'ipotesi stessa rappresentino almeno il 51% del dato associativo complessivo espresso dal totale delle deleghe sindacali rilasciate. La procedura prevista, per quanto attiene ai requisiti dell’ipotesi di accordo e dei termini, è in sostanza simile a quella prevista per la carriera diplomatica.

à        la procedura di negoziazione del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217;

Anche in questo caso la procedura negoziale è avviata dal Ministro per la funzione pubblica (attualmente Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione) almeno 4 mesi prima della scadenza dei termini quadriennali o biennali, le trattative si svolgono tra i soggetti deputati e si concludono con la sottoscrizione di un'ipotesi di accordo. La delegazione di parte pubblica deve verificare che le organizzazioni sindacali aderenti all'ipotesi rappresentino più del 50% come media tra il dato associativo e il dato elettorale, ovvero almeno il 60% per cento del dato elettorale. Anche in questo caso le organizzazioni sindacali dissenzienti possono trasmettere agli stessi soggetti richiamati in precedenza le loro osservazioni entro il termine di 5 giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo. La procedura prevista, per quanto attiene ai requisiti dell’ipotesi di accordo e dei termini, è sostanzialmente simile a quella prevista per la carriera diplomatica.

à        la procedura di negoziazione del personale della carriera dirigenziale penitenziaria, di cui all’articolo 23 del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63;

La procedura di negoziazione, per quanto attiene ai requisiti dell’ipotesi di accordo e dei termini, anche in questo caso è sostanzialmente simile a quelle già analizzate in precedenza. In ogni caso, la delegazione di parte pubblica, prima di procedere alla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verifica che le organizzazioni sindacali aderenti all'ipotesi rappresentino più del 50% del dato complessivo espresso dal totale delle deleghe sindacali rilasciate.

 

Sotto il profilo della redazione formale del testo, si segnala l’opportunità di individuare puntualmente le norme di riferimento delle procedure negoziali richiamate.

 

§         l’attivazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, di autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione, sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, con possibilità di ambito territoriale e di riferimento a più amministrazioni (lettera l));

 

§         la previsione dell’imputabilità della spesa per il personale rispetto ai servizi erogati e della definizione delle modalità di pubblicità degli atti riguardanti la spesa per il personale e dei contratti attraverso gli istituti e gli strumenti previsti dal codice dell’amministrazione digitale, di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (lettera m)).

 

 

 

 

 

 


 

Art. 3.
(Princìpi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche e di azione collettiva. Disposizioni sul principio di trasparenza nelle amministrazioni pubbliche).

 


1. L'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare ed integrare la disciplina del sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici dell'intero procedimento di produzione del servizio reso all'utenza tramite la valorizzazione del risultato ottenuto dalle singole strutture, a prevedere mezzi di tutela giurisdizionale degli interessati nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che si discostano dagli standard qualitativi ed economici fissati o che violano le norme preposte al loro operato, nonché a prevedere l'obbligo per le amministrazioni, i cui indicatori di efficienza o produttività risultino peggiori rispetto alla media delle amministrazioni omologhe, di fissare ai propri dirigenti l'obiettivo di allineamento alla media entro un termine ragionevole e, infine, a prevedere l'attivazione di canali di comunicazione diretta utilizzabili dai cittadini per la segnalazione di disfunzioni di qualsiasi natura nelle amministrazioni pubbliche.

2. Nell'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) individuare sistemi di valutazione delle amministrazioni pubbliche diretti a rilevare, anche mediante ricognizione e utilizzo delle fonti informative anche interattive esistenti in materia, nonché con il coinvolgimento degli utenti, la corrispondenza dei servizi e dei prodotti resi ad oggettivi standard di qualità, rilevati anche a livello internazionale;

b) prevedere l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di predisporre, in via preventiva, gli obiettivi che l'amministrazione si pone per ciascun anno e di rilevare, in via consuntiva, quanta parte degli obiettivi dell'anno precedente è stata effettivamente conseguita, assicurandone la pubblicità per i cittadini, anche al fine di realizzare un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale, correlato al rendimento individuale ed al risultato conseguito dalla struttura;

c) prevedere l'organizzazione di confronti pubblici annuali sul funzionamento e sugli obiettivi di miglioramento di ciascuna amministrazione, con la partecipazione di associazioni di consumatori e utenti, organizzazioni sindacali, studiosi e organi di informazione, e la diffusione dei relativi contenuti mediante adeguate forme di pubblicità, anche in modalità telematica;

d) promuovere la confrontabilità tra le prestazioni omogenee delle pubbliche amministrazioni anche al fine di consentire la comparazione delle attività e dell'andamento gestionale nelle diverse sedi territoriali ove si esercita la pubblica funzione, stabilendo annualmente a tal fine indicatori di andamento gestionale, comuni alle diverse amministrazioni pubbliche o stabiliti per gruppi omogenei di esse, da adottare all'interno degli strumenti di programmazione, gestione e controllo e negli strumenti di valutazione dei risultati;

e) riordinare gli organismi che svolgono funzioni di controllo e valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche secondo i seguenti criteri:

1) estensione della valutazione a tutto il personale dipendente;

2) estensione della valutazione anche ai comportamenti organizzativi dei dirigenti;

3) definizione di requisiti di elevata professionalità ed esperienza dei componenti degli organismi di valutazione;

4) assicurazione della piena indipendenza e autonomia del processo di valutazione, nel rispetto delle metodologie e degli standard definiti dall'organismo di cui alla lettera f);

f) prevedere, nell'ambito del riordino dell'ARAN di cui all'articolo 2, l'istituzione, in posizione autonoma e indipendente, di un organismo centrale che opera in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed eventualmente in raccordo con altri enti o istituzioni pubbliche, con il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di cui alle lettere a) e b), di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il Ministro per l'attuazione del programma di Governo sull'attività svolta. I componenti, in numero non superiore a cinque, sono scelti tra persone di elevata professionalità, anche estranee all'amministrazione, che non abbiano interessi di qualsiasi natura in conflitto con le funzioni dell'organismo, con comprovate competenze in Italia o all'estero nelle materie attinenti la definizione dei sistemi di cui alle lettere a) e b), e sono nominati, nel rispetto del principio della rappresentanza di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, per un periodo di sei anni e previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari, espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti;

g) assicurare la totale accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione tramite la pubblicità e la trasparenza degli indicatori e delle valutazioni operate da ciascuna pubblica amministrazione anche attraverso:

1) la disponibilità immediata mediante la rete internet di tutti i dati sui quali si basano le valutazioni, affinché possano essere oggetto di autonoma analisi ed elaborazione;

2) il confronto periodico tra valutazioni operate dall'interno delle amministrazioni e valutazioni operate dall'esterno, ad opera delle associazioni di consumatori o utenti, dei centri di ricerca e di ogni altro osservatore qualificato;

3) l'adozione da parte delle pubbliche amministrazioni, sentite le associazioni di cittadini, consumatori e utenti rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di un programma per la trasparenza, di durata triennale, da rendere pubblico anche attraverso i siti web delle pubbliche amministrazioni, definito in conformità agli obiettivi di cui al comma 1;

h) prevedere l'ampliamento dei poteri ispettivi con riferimento alle verifiche ispettive integrate di cui all'articolo 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;

i) consentire a ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonché dei concessionari di servizi pubblici, se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall'omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali derivi la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori, nel rispetto dei seguenti criteri:

1) consentire la proposizione dell'azione anche ad associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati;

2) devolvere il giudizio alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo;

3) prevedere che il ricorso sia preceduto da una diffida all'amministrazione o al concessionario ad assumere, entro un termine fissato dai decreti legislativi, le iniziative utili alla soddisfazione degli interessati;

4) prevedere che, nei casi di perdurante inadempimento di una pubblica amministrazione, possa essere disposta, dal giudice amministrativo, la nomina di un commissario;

5) prevedere che la sentenza definitiva comporti l'obbligo di attivare le procedure relative all'accertamento di eventuali responsabilità disciplinari o dirigenziali;

6) prevedere forme di idonea pubblicità del procedimento giurisdizionale e della sua conclusione.

3. Per il funzionamento dell'organismo di cui al comma 2, lettera f), è autorizzata la spesa massima di 4 milioni di euro per il 2009 e di 8 milioni di euro a decorrere dal 2010, compresi i compensi ai componenti. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1, comma 227, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di organizzazione dell'organismo e fissati i compensi per i componenti.

4. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, ad eccezione del comma 2, lettera f), non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

5. La trasparenza costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

6. Ai fini del comma 5 la trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche

attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti internet delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta in proposito dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei princìpi di buon andamento e imparzialità.

7. Le amministrazioni pubbliche adottano ogni iniziativa utile a promuovere la massima trasparenza nella propria organizzazione e nella propria attività.

8. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale.


 

 

L’articolo 3 individua principi e criteri in materia di valutazione delle prestazioni delle strutture pubbliche e del personale dipendente.

 

Ai sensi del comma 1, l’esercizio della delega è finalizzato alla modifica ed all’integrazione della disciplina del sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici dell’intero procedimento di produzione del servizio reso all’utenza tramite la valorizzazione del risultato ottenuto dalle singole strutture, nonché a prevedere mezzi di tutela giurisdizionale degli interessati nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che si discostano dagli standard qualitativi ed economici fissati, o che violano le norme preposte al loro operato.

Lo stesso comma, inoltre, prevede l'obbligo, per le amministrazioni con indicatori di efficienza o produttività peggiori rispetto alla media delle amministrazioni omologhe, di fissare ai propri dirigenti l'obiettivo di allineamento alla media entro un termine ragionevole (peraltro non chiaramente indicato).

Infine, si dispone l'attivazione di canali di comunicazione diretta utilizzabili dai cittadini per la segnalazione di disfunzioni di qualsiasi natura nelle amministrazioni pubbliche.

In proposito, si ricorda che il memorandum d'intesa su lavoro pubblico e riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche, siglato il 18 gennaio del 2007 tra il precedente Governo e le parti sociali, nel premettere, tra l’altro, che la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione e delle funzioni pubbliche, a livello centrale e locale, dovessero essere ispirata all'obiettivo di accrescere la produttività del sistema Paese, ha sottolineato l’esigenza di creare “condizioni di misurabilità, verificabilità e incentivazione della qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche”, con ciò valorizzando le professionalità dei lavoratori pubblici e motivando la dirigenza pubblica.

Lo stesso memorandum, inoltre, ha affermato l’esigenza di adottare e diffondere “un metodo fondato sulla fissazione di obiettivi e sulla misurazione dei risultati dell'azione amministrativa”, che possono e devono costituire la base dell'intero impianto di riorganizzazione della Pubblica Amministrazione. “La misurazione dei servizi in tutte le amministrazioni”, continua il memorandum, “deve divenire lo strumento con cui valutare il conseguimento degli obiettivi delle azioni amministrative, fissati in termini sia di realizzazioni, sia di effetti sul benessere dei cittadini. Deve essere la base e il riferimento oggettivo per la valutazione della dirigenza”.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 2, comma 32, L. 22 dicembre 2008, n. 203 (legge finanziaria per il 2009), ha disposto, a decorrere dal 2009, l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di corrispondere il trattamento economico accessorio deidipendenti in base a specifici criteri di priorità. In particolare, la disposizione fa riferimento alla qualità, produttività e capacità innovativa della prestazione lavorativa.

Si ricorda, inoltre, che la relazione sullo stato della pubblica amministrazione per il 2007, trasmessa alla Camera dei deputati il 26 settembre 2008, nell’ambito della valutazione della performance[25], ribadendo che il problema meritocratico rappresenta a tutt’oggi uno dei profili di maggiore criticità dell’organizzazione dell’apparato pubblico, ha sottolineato che condizione necessaria è responsabilizzare i dirigenti e i dipendenti pubblici in funzione del perseguimento di concreti risultati, migliorando la tendenza all’appiattimento che è considerata come il maggiore ostacolo all’incentivazione dei lavoratori. In relazione a ciò, “serve dunque un sistema di valutazione che contribuisca, non solo a motivare il personale, ma a utilizzarlo meglio, a migliorare la sua soddisfazione (…) condizione essenziale per rendere effettivo il principio meritocratico, è impedire erogazioni generalizzate e indifferenziate di quote retributive a titolo di premi o indennità, che se vengono erogate a pioggia non possono che essere inefficaci”. La stessa relazione, inoltre, sottolinea come a le misure richiamate debbano affiancarsi interventi per la realizzazione di progetti che amplino i servizi al pubblico sia quantitativamente si qualitativamente, prevedendo altresì ulteriori e specifici criteri premiali per il personale coinvolto nei richiamati progetti.

La stessa relazione, inoltre, evidenzia anche la necessità di valutare le amministrazioni pubbliche, costruendo “un sistema effettivo e funzionante di indicatori con cui valutare la performance delle amministrazioni tanto in senso assoluto, che relativo, rispetto cioè ai risultati di amministrazioni nazionali ed internazionali analoghe”.

 

Il comma 2 detta i principi e criteri direttivi, che riguardano:

 

§         l’individuazione dei sistemi di valutazione delle amministrazioni pubbliche diretti a rilevare, la corrispondenza dei servizi e dei prodotti resi ad oggettivi standard di qualità, rilevati anche a livello internazionale, anche mediante ricognizione e utilizzo delle fonti informative anche interattive esistenti in materia, nonché con il coinvolgimento degli utenti (lettera a));

 

§         l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di predisporre, in via preventiva, gli obiettivi annui posti da ciascuna amministrazione, nonché di rilevare, in via consuntiva, la parte degli obiettivi dell'anno precedente effettivamente conseguita, anche al fine di realizzare un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale, correlato al rendimento individuale ed al risultato conseguito dalla struttura (lettera b));

 

§         l'organizzazione di confronti pubblici annuali sul funzionamento e sugli obiettivi di miglioramento di ciascuna amministrazione, con la partecipazione di associazioni di consumatori e utenti, organizzazioni sindacali, studiosi e organi di informazione, e la diffusione dei relativi contenuti mediante adeguate forme di pubblicità, anche in modalità telematica (lettera c));

 

§         la confrontabilità tra prestazioni omogenee delle pubbliche amministrazioni, a tal fine stabilendo annualmente indicatori di andamento gestionale, comuni alle diverse amministrazioni pubbliche o stabiliti per gruppi omogenei di esse, da adottarsi all'interno degli strumenti di programmazione, gestione e controllo e negli strumenti di valutazione dei risultati (lettera d));

 

§         il riordino degli organismi che svolgono funzioni di controllo e valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche secondo i seguenti criteri (lettera e)):

à        estensione della valutazione a tutto il personale dipendente (punto 1);

à        estensione della valutazione anche ai comportamenti organizzativi dei dirigenti (punto 2);

à        definizione di requisiti di elevata professionalità ed esperienza dei componenti degli organismi di valutazione (punto 3);

à        assicurazione della piena autonomia del processo di valutazione, nel rispetto delle metodologie e degli standard definiti dall'organismo di cui alla successiva lettera f) (punto 4);

 

§         l’istituzione, nell'ambito della procedura di riordino dell'ARAN, di cui al precedente articolo 2, di un organismo centrale autonomo e indipendente operante in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, eventualmente in raccordo con altri enti o istituzioni pubbliche, avente il compito di:

à        indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione;

à        garantire la trasparenza dei sistemi di utilizzo delle forme informative e di controllo degli obiettivi raggiunti, cui alle precedenti lettere a) e b);

à        assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il Ministro per l'attuazione del programma di Governo sull'attività svolta.

 

L’organismo è formato al massimo da cinque componenti, scelti tra persone di elevata professionalità, anche estranee all'amministrazione, che non abbiano interessi di qualsiasi natura in conflitto con le funzioni dell'organismo, con comprovate competenze in Italia o all'estero nelle materie attinenti la definizione dei sistemi di cui alle lettere a) e b), e sono nominati, nel rispetto del principio della rappresentanza di genere, con decreto de  l Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, per un periodo di sei anni e previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari, espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti (lettera f));

 

§         la totale accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione tramite la pubblicità e la trasparenza degli indicatori e delle valutazioni operate da ciascuna pubblica amministrazione (lettera g)), anche attraverso:

à        la disponibilità immediata mediante la rete internet di tutti i dati sui quali si basano le valutazioni, affinché possano essere oggetto di autonoma analisi ed elaborazione (punto 1);

à        il confronto periodico tra valutazioni operate dall'interno delle amministrazioni e valutazioni operate dall'esterno, ad opera delle associazioni di consumatori o utenti, dei centri di ricerca e di ogni altro osservatore qualificato (punto 2);

à        l'adozione da parte delle pubbliche amministrazioni, sentite le associazioni di cittadini, consumatori e utenti rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di un programma per la trasparenza, di durata triennale, da rendere pubblico anche attraverso i siti web delle pubbliche amministrazioni, definito in conformità agli obiettivi di cui al comma 1 (punto 3);

 

§         l’ampliamento dei poteri ispettivi con riferimento alle verifiche ispettive integrate di cui all’articolo 60, commi 5 e 6, del D.Lgs. 165/2001 (lettera h));

Tali commi intestano al Dipartimento della ragioneria Generale dello Stato incisivi poteri ispettivi, se necessario da esercitare unitamente all’Ispettorato operante presso il Dipartimento della funzione pubblica, ai fini della valutazione e la verifica delle spese relative al personale, con particolare riguardo agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, con susseguente obbligo di denuncia alla Corte dei conti delle irregolarità riscontrate;

 

§         la possibilità, per ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonché dei concessionari di servizi pubblici[26], se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall'omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali, deriva la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori (lettera i)), nel rispetto dei seguenti criteri:

à        consentire la proposizione dell'azione anche ad associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati (punto 1);

à        devolvere il giudizio alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo (punto 2);

à        prevedere che il ricorso sia preceduto da una diffida all'amministrazione o al concessionario ad assumere, entro un termine fissato dai decreti legislativi, le iniziative utili alla soddisfazione degli interessati (punto 3);

à        prevedere che, nei casi di perdurante inadempimento di una pubblica amministrazione, possa essere disposta, dal giudice amministrativo, la nomina di un commissario (punto 4);

à        prevedere che la sentenza definitiva comporti l'obbligo di attivare le procedure relative all'accertamento di eventuali responsabilità disciplinari o dirigenziali (punto 5);

à        prevedere forme di idonea pubblicità del procedimento giurisdizionale e della sua conclusione (punto 6).

Una forma di azione collettiva di natura risarcitoria nei confronti delle imprese è stata di recente introdotta nell’ordinamento italiano dalla legge finanziaria 2008 che ha introdotto l’art. 140-bis del Codice del consumo (D.Lgs 206/2005). Legittimati all’azione sono le sole associazioni di consumatori ed utenti ed i comitati rappresentativi dei diritti collettivi che si intende far valere in giudizio. Essa mira ad ottenere dal giudice una pronuncia di accertamento della lesione degli interessi di consumatori e utenti, ai fini del risarcimento del danno subito (in mancanza di accordo, demandato ad un’ulteriore fase conciliativa). L’istituto trova applicazione rispetto ai rapporti giuridici originati dai contratti cd. di massa o per adesione, conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile (con moduli o formulari); agli atti illeciti extracontrattuali (risarcimento ex art. 2043 c.c.); alle pratiche commerciali scorrette o ai comportamenti anticoncorrenziali, quando ledano i diritti di una pluralità di consumatori o utenti.

La disciplina della cd. class action sarebbe dovuta inizialmente entrare in vigore il 30 giugno 2008. Tale termine è stato inizialmente prorogato al 1° gennaio 2009 dall’art. 36 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), proroga disposta “anche al fine di individuare e coordinare specifici strumenti di tutela risarcitoria collettiva, anche in forma specifica nei confronti delle pubbliche amministrazioni”. Da ultimo, l’art. 19 del D.L. 207/2008 (cd. milleproroghe), in corso di conversione, ha ulteriormente prorogato tale termine al 1° luglio 2009.

Si segnala inoltre cheè stato depositato un emendamento del Governo al disegno di legge AS 1195 (cd. Collegato sviluppo economico)[27] volto a modificare in modo sostanziale la disciplina della class action disegnata dalla finanziaria 2008. In particolare:

-        la legittimazione ad agire in giudizio è estesa anche ai singoli cittadini-consumatori;

-        viene razionalizzato e semplificato il procedimento giudiziario, anche in riferimento alla liquidazione del danno;

-        sono rafforzate le forme di pubblicità dell’azione proposta.

-        l’esercizio dell’azione è ammesso solo per gli illeciti compiuti dopo il 30 giugno 2008, data di entrata in vigore della prima versione dell’art. 140-bis del Codice del consumo.

Le caratteristiche dell’azione in esame appaiono, sulla base dei criteri di delega enunciati, solo parzialmente analoghe a quelle della class action contro le imprese prevista dall’art. 140-bis del Codice del consumo.

Anzitutto, mentre l’azione collettiva prevista dal citato Codice del consumo è esclusivo appannaggio degli enti associativi (associazioni di consumatori e comitati) l’azione contro la P.A. può essere attivata anche dal singolo cittadino consumatore o utente, sempre che la lesione dell’interesse non sia individuale ma riguardi una pluralità di soggetti. La proposizione dell’azione deve essere consentita anche ad associazioni o comitati a tutela degli interessi degli associati (lett. i, n. 1). Dal tenore della disposizione si desume la possibilità della coesistenza di una pluralità di azioni, individuali o collettive, rispetto al medesimo fatto. Inoltre, in relazione all’azione individuale, la disposizione non detta alcun criterio in ordine all’attivazione del nuovo istituto o al ricorso agli ordinari mezzi di tutela.

 

In proposito, tenuto conto della legittimazione del singolo ad agire individualmente, occorre valutare la correttezza della definizione “azione collettiva” contenuta nella rubrica dell’articolo 3.

 

In relazione ai presupposti dell’azione, la norma di delega in esame fa riferimento alle seguenti ipotesi:

-              violazione di standard quantitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle carte dei servizi;

-              omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori;

-              violazione dei termini o mancata emanazione di atti amministrativi generali.

In ogni caso, è necessaria la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori.

Per quanto riguarda la giurisdizione, il giudizio viene devoluto alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo (lett. i, n. 2), senza peraltro precisare i criteri di radicamento della competenza.

Si ricorda che nella disciplina dell’articolo 140-bis del codice del consumo, la giurisdizione appartiene invece al giudice ordinario (tribunale in composizione collegiale del luogo in cui ha sede l’impresa).

Elemento caratterizzante il nuovo istituto è l’obbligo di diffida (alla P.A. o al concessionario) ad assumere, entro un termine dato, le “iniziative utili alla soddisfazione degli interessati” (lett. i). n. 3). Tale obbligo deve precedere il ricorso al giudice amministrativo.

E’ poi stabilita, in capo al giudice amministrativo, la possibilità di nomina di un commissario nell’eventualità che la pubblica amministrazione perduri nella sua inadempienza (lett. i, n. 4).

In sede di giudizio di ottemperanza (art. 37, L. 1034/1971), il giudice  può imporre alla P.A. in via sostitutiva, direttamente o a mezzo di un commissario ad acta, i comportamenti necessari (emanazione di provvedimenti, risarcimenti, ecc.) per assicurare l’adempimento del giudicato. Si segnala che l’articolo 3 della legge 205 del 2000 ha espressamente previsto la possibilità di consentire l’esecuzione delle ordinanze cautelari mediante l’attribuzione al giudice degli stessi poteri previsti nel giudizio di ottemperanza; sulla base di ciò si ritiene ammissibile il ricorso alla nomina del commissario ad acta anche in sede cautelare.

In relazione alla nomina del commissario, occorre valutare se prevedere in modo più esplicito la necessità di un previo accertamento da parte del giudice dell’inadempienza, nonché una più chiara definizione dei presupposti.

 

Si prevede, inoltre, come conseguenza del giudicato l’obbligo di attivare le procedure di verifica delle responsabilità disciplinari o dirigenziali nella pubblica amministrazione (lett. i, n. 5).

Un ultimo criterio di delega riguarda infine gli obblighi di idonea pubblicità del procedimento giurisdizionale e della sua conclusione (lett. i, n. 6).

 

Il comma 3 prevede una spesa massima di 4 milioni di euro per il 2009 e di 8 milioni di euro a decorrere dal 2010, compresi i compensi dei componenti, per il funzionamento dell'organismo centrale di cui al comma 2, lettera f). Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1, comma 227, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006). Le modalità di organizzazione dell'organismo e la fissazione dei compensi per i componenti dello stesso sono stabilite con un successivo decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si evidenzia che mentre la disposizione in esame comporta oneri per la finanza pubblica, nella relazione illustrativa del decreto-legge (AS 847) si afferma che “non si provvede alla redazione della relazione tecnica in quanto dall’attuazione della delega non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, trattandosi di attività che saranno svolte a titolo gratuito dagli esperti chiamati alla validazione dei sistemi di valutazione e monitoraggio”.

Inoltre, si segnala che la disposizione in esame non prevede il termine entro il quale il richiamato decreto deve essere emanato.

Il richiamato articolo 1, comma 227, della legge n.266/2005 ha disposto specifici stanziamenti destinati a consentire l’attuazione di quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 17-bis del D.Lgs. 165/2001, in materia di vicedirigenza (per una disamina più puntuale dell’istituto si rimanda alla scheda relativa all’articolo 7). Tale articolo, in particolare, ha affidato alla contrattazione collettiva del comparto Ministeri la disciplina dell’istituzione di un’apposita area separata riservata, appunto, alla vicedirigenza, nella quale è inquadrato il personale in possesso di specifiche qualifiche e requisiti. A tal fine, il comma ha stanziato le risorse finalizzate all’istituzione dell’area separata, nella misura di:

§         15 milioni di euro per l'anno 2006;

§         20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

 

Il comma 4, stabilisce che dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, ad eccezione del comma 2, lettera f), non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

I successivi commi da 5 a 8 recano alcune disposizioni  relative al principio di trasparenza nelle pubbliche amministrazioni.

In particolare:

§         si stabilisce che la trasparenza costituisce il livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (comma 5);

Il richiamato articolo 117 stabilisce che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. In particolare, lo Stato ha legislazione esclusiva in materia determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (secondo comma, lettera m)).

 

§         si precisa che per trasparenza, percepita appunto come livello essenziale delle prestazioni erogate, si intende l’accessibilità totale, anche attraverso l’utilizzo di siti internet, alle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, agli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, ai risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta in proposito dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità (comma 6);

 

§         si dispone l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche, di adottare ogni iniziativa utile a promuovere la massima trasparenza nella propria organizzazione e nella propria attività (comma 7);

 

§         si stabilisce, in deroga alla normativa vigente, che le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione, non sono oggetto di protezione della riservatezza personale (comma 8).

 

La disposizione, introdotta dall’Assemblea del Senato a seguito dell’approvazione di un emendamento di iniziativa parlamentare[28], è finalizzata a dare attuazione al principio di trasparenza, il cui contenuto è definito dal comma 6.

Con riferimento alla nozione di “pubblica funzione”, si richiama l’articolo 357 c.p.. Tale disposizione, agli effetti della legge penale, fornisce la definizione di “pubblico ufficiale”, facendo riferimento all’esercizio di una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

In particolare, in base al secondo comma, per pubblica funzione amministrativa si intende la funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dal fatto che colui che la esercita manifesta la volontà della pubblica amministrazione attraverso poteri autoritativi o di certificazione. Occorre pertanto che la funzione sia regolata da norme di diritto pubblico, cioè dalla Costituzione o dal diritto amministrativo, non da quello privato; in secondo luogo, occorre che coloro che la esercitano abbiano il potere di manifestare la volontà della pubblica amministrazione, e ciò avviene qualora essi abbiano in tale campo poteri autoritativi o certificativi. I poteri autoritativi esprimono un'autorità nei confronti dei cittadini: sono quindi pubblici ufficiali gli agenti di polizia, i controllori ferroviari ecc.; i poteri certificativi sussistono in quanto colui che li esercita può redigere documenti che, in base alla legge, valgono come prove: sono quindi pubblici ufficiali i notai, gli agenti di cambio, ecc.

La disciplina generale in materia di tutela della riservatezza personale è contenuta nel decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), adottato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 1, comma 4, della legge 24 marzo 2001, n. 127, relativa all’emanazione di un testo unico delle disposizioni sul trattamento dei dati personali.

 

 

 

 


 

Art. 4.
(Princìpi e criteri finalizzati a favorire il merito e la premialità).

 


1. L'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato ad introdurre nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa, secondo le modalità attuative stabilite dalla contrattazione collettiva, anche mediante l'affermazione del principio di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera e nel riconoscimento degli incentivi.

2. Nell'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) stabilire percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa valutazione del contributo e del rendimento del singolo dipendente formulati in relazione al risultato, evitando la corresponsione generalizzata ed indifferenziata di indennità e premi incentivanti a tutto il personale;

b) prevedere che la valutazione positiva conseguita dal dipendente in un congruo arco temporale costituisca un titolo rilevante ai fini della progressione in carriera e dei concorsi riservati al personale interno;

c) destinare al personale, direttamente e proficuamente coinvolto nei processi di ristrutturazione e razionalizzazione, parte delle economie conseguite con risparmi sui costi di funzionamento;

d) stabilire che le progressioni meramente economiche avvengano secondo princìpi di selettività;

e) definire una riserva di accesso dall'esterno alle posizioni economiche apicali nell'ambito delle rispettive aree funzionali, anche tramite un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione;

f) stabilire che le progressioni di carriera avvengano per concorso pubblico, limitando le aliquote da destinare al personale interno ad una quota comunque non superiore al 50 per cento;

g) individuare specifici e ulteriori criteri premiali per il personale coinvolto in progetti innovativi che ampliano i servizi al pubblico, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.


 

 

L’articolo 4 delega il Governo ad introdurre nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa. Nel perseguire tali obiettivi, alla contrattazione collettiva viene attribuito un ruolo centrale nella definizione delle modalità attuative, nel rispetto dei principi di selettività e di concorsualità sia nelle progressioni di carriera e nel riconoscimento degli incentivi.

Tra i principi e criteri direttivi per l’adozione dei decreti legislativi vi sono:

·         la fissazione di un ammontare minimo di risorse da destinare al merito e alla produttività, sulla base della valutazionedel contributo e del rendimento del singolo dipendente in relazione al risultato: a tal fine, si stabilisce espressamente di evitare la corresponsione generalizzata ed indifferenziata di indennità e premi incentivanti a tutto il personale (lettera a);

·         la previsione che la valutazione positiva conseguita dal dipendente in un congruo arco temporale sia titolo rilevante ai fini della progressione in carriera e dei concorsi riservati al personale interno(lettera b);

·         la destinazione al personale coinvolto nei processi di ristrutturazione e razionalizzazione di parte delle economie conseguite con risparmi sui costi di funzionamento (lettera c);

·         l’applicazione dei principi di selettività nelle progressioni meramente economiche (lettera d);

·         la definizione di una riserva di accesso dall’esterno alle posizioni economiche apicali nell’ambito delle rispettive aree funzionali, anche tramite un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (lettera e).

 

La Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA) è un’istituzione di alta cultura e formazione, posta nell’ambito e sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio.

Istituita nel 1957, essa è stata soggetta a diversi riordinamenti, i più recenti dei quali sono stati operati con il D.Lgs. 287/1999[29] e successivamente con il D.Lgs. 381/2003[30], che con una novella ha integralmente sostituito gli articoli da 1 a 8 del D.Lgs. 287/1999.

La legge finanziaria 2007 (commi 580-585)[31] istituiva e disciplinava l’Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche – Scuola nazionale della pubblica amministrazione, destinata a sostituire la Scuola superiore della pubblica amministrazione, della quale si disponeva la soppressione a decorrere dal 31 marzo 2007 (termine prorogato al 15 giugno dal D.L. 300/2006)[32]. Il decreto legge 112/2008[33] (art. 26, comma 3) ha ripristinato la situazione previgente disponendo l’abrogazione dei citati commi 580-585.

Tra i compitiprimari della Scuola sono da ricordare:

-        il reclutamento dei dirigenti e dei funzionari dello Stato, secondo quanto disposto dalla L. 145/2002 che ha reintrodotto, per l’accesso alla dirigenza, anche la modalità del corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale bandito dalla SSPA;

-        l’attività formativa iniziale dei dirigenti dello Stato;

-        la formazione permanente dei dirigenti e dei funzionari dello Stato;

-        lo svolgimento di attività di ricerca, e, su richiesta, di attività di consulenza e supporto tecnico per la Presidenza del Consiglio e per le amministrazioni pubbliche su tematiche istituzionali, progetti di riforma e in materia di innovazione amministrativa, formazione e di organizzazione dell’attività formativa;

-        il coordinamento delle attività delle scuole pubbliche statali di formazione e l’individuazione e l’attuazione di forme di cooperazione con le scuole pubbliche diverse da quelle dello Stato, nonché la cura di un Osservatorio sui bisogni di formazione e qualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche.

La Scuola ha sede in Roma. Le attività di insegnamento e formazione sono tenute presso la sededi Roma e quelle distaccate di Acireale, Bologna, Caserta, Reggio Calabria e del Centro residenziale studi di Caserta.

La legge individua tra gli organi della Scuola, il direttore, unitamente al comitato di indirizzo, al comitato operativo e al dirigente amministrativo.

Spetta al direttore, in qualità di vertice dell’istituzione, il compito di assicurare lo svolgimento delle attività istituzionali: egli è responsabile dell’attività didattica e scientifica della Scuola, nomina le commissioni esaminatrici per i concorsi e i corsi ed esercita le altre attribuzioni previste dal D.Lgs. 287/1999, dal regolamento della Scuola e dalle delibere con cui lo stesso direttore definisce, sentito il comitato operativo e il dirigente amministrativo, per quanto di sua competenza, l’organizzazione interna della Scuola e detta le ulteriori disposizioni occorrenti per il suo funzionamento.

L’attività di formazione è svolta da un gruppo di 30 docenti stabili, scelti tra dirigenti di amministrazioni pubbliche, docenti universitari, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato e consiglieri parlamentari, esperti - italiani o stranieri - di comprovata professionalità. La Scuola può, inoltre, avvalersi di docenti incaricati, anche temporaneamente, di specifiche attività di insegnamento e conferire a persone di comprovata professionalità specifici incarichi finalizzati alla pubblicazione di ricerche e studi[34].

 

Il corso-concorsoselettivo della Scuola superiore della pubblica amministrazione è previsto all’articolo 28 del D.lgs. 165/2001 (come modificato dalla legge n.145 del 2002) come canale di accesso alla dirigenza alternativo a quello del concorso per esami. A tale procedura selettiva possono partecipare: i soggetti con laurea specialistica, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri; i dipendenti delle amministrazioni pubbliche muniti di laurea e con cinque anni di servizio in posizione funzionale  per l’accesso delle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea; i dipendenti in strutture private in posizioni professionali equivalenti a quelle indicate per l’ammissione dei dipendenti pubblici laureati e con cinque anni di esperienza lavorativa in tali posizioni. Il corso-concorso ha durata di 12 mesi ed è seguito da un semestre di applicazione presso amministrazioni pubbliche o private con superamento di un esame.

 

·         stabilire che le progressioni di carriera avvengano per concorso pubblico, limitando la riserva da destinare al personale interno ad una quota comunque non superiore al 50 per cento (lettera f);

·         l’individuazione di criteri premiali specifici ed ulteriori per il personale coinvolto in progetti innovativi che ampliano i servizi al pubblico, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo (lettera g).

 

In tema di valutazione della prestazione lavorativa si segnala che il D.Lgs. 165/2001 contiene la disciplina della verifica dei risultati dell’attività dei dirigenti. Anzitutto, vi è l’articolo 5 comma 3 riguardante il potere di controllo dell’amministrazione, il quale prevede il ruolo degli organismi di controllo i quali periodicamente verificano la rispondenza delle attività concretamente messe in atto rispetto alle determinazioni organizzative, per compiere eventuali interventi correttivi o anche adottare misure nei confronti dei responsabili della gestione. Su questo ambito intervengono l’articolo 20, che individua i responsabili delle operazioni di verifica dei risultati dell’attività dei dirigenti (i ministri o il Consiglio dei ministri), e l’articolo 18, il quale impone ai dirigenti generali di adottare le misure organizzative per la rilevazione e l’analisi dei costi e dei rendimenti dell’attività amministrativa e gestionale.

 

Il procedimento relativo alla valutazione delle prestazioni del personale è disciplinato dagli articoli da 42 a 54 del D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, recante il “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”, ed in particolare al Titolo III, concernente i “Rapporti informativi, Organi competenti a compilarli, Gravami e Documenti”.

In tal senso, si fa presente che l’Accordo del 18 novembre 2004[35] ha disposto all’articolo 16 la disapplicazione di alcune norme del TU 3/1957 ed, in particolare, per quanto concerne la valutazione delle prestazioni, delle seguenti disposizioni:

·         articolo 42, sul rapporto informativo e il giudizio complessivo;

·         articolo 47, sugli organi competenti alla compilazione del rapporto per il personale della carriera direttiva dell'amministrazione centrale;

·         articolo 48, sugli organi competenti alla compilazione del rapporto informativo per il personale delle carriere direttive presso l'amministrazione periferica;

·         articolo 54, relativo al ricorso gerarchico avverso il giudizio complessivo.

 

Sui rapporti informativi, prima disciplinati al TU 3/1957, era già intervenuto il D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, che all’articolo 36 definisce il loro contenuto in maniera differenziata rispetto alle diverse categorie di impiegati dello Stato.

Per la carriera direttiva gli elementi di cui tenere conto sono l’osservanza dell'orario e degli altri doveri di ufficio, la qualità del servizio prestato, la capacità organizzativa, il rendimento, la cultura generale e la capacità professionale, l’attitudine ad assumere maggiori responsabilità e ad assolvere le funzioni della qualifica superiore, i lavori originali elaborati per il servizio, gli incarichi svolti, i corsi professionali superati, le pubblicazioni scientifiche, nonché le qualità morali e di carattere e la stima e il prestigio goduti in ufficio.

Anche per l’impiegato della carriera di concetto si tiene conto di tali elementi di giudizio in relazione alle diverse funzioni svolte ed alle relative responsabilità.

Per l’impiegato della carriera esecutiva gli elementi di cui tenere conto sono l’osservanza dell'orario e degli altri doveri di ufficio, la qualità del servizio prestato, il rendimento, la cultura generale e la capacità professionale, l’attitudine ad assolvere le mansioni della qualifica superiore, i corsi professionali superati e le qualità morali e di carattere. Gli stessi elementi valgono per l’impiegato della carriera ausiliaria in relazione alle diverse funzioni svolte ed alle relative responsabilità.

L’organo competente per la redazione del rapporto informativo attribuisce un coefficiente numerico per ciascuno degli elementi sopra indicati, con esclusione di alcune voci.

Nei successivi articoli dal 49 al 52 del TU 3/1957 sono attribuite le competenze in ordine alla redazione del rapporto informativo e all’espressione del giudizio complessivo per gli impiegati della carriera di concetto, esecutiva e ausiliaria, mentre l’articolo 53 si occupa del personale comandato e fuori ruolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Art. 5.
(Princìpi e criteri in materia di dirigenza pubblica. Modifica all'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).

 


1. L'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della dirigenza pubblica, al fine di conseguire la migliore organizzazione del lavoro e di assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato, nonché al fine di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico e di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti, anche attraverso la ridefinizione dell'ambito di applicazione delle norme in materia di indirizzo politico-amministrativo relative all'assegnazione degli incarichi dirigenziali, di cui agli articoli 14 e 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell'indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo.

2. Nell'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane, attraverso il riconoscimento in capo allo stesso della competenza con particolare riferimento ai seguenti ambiti:

1) individuazione dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali dell'ufficio al quale è preposto;

2) valutazione del personale e conseguente riconoscimento degli incentivi alla produttività;

3) utilizzo dell'istituto della mobilità individuale di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo criteri oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte operate;

b) prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente, in relazione agli effettivi poteri datoriali, nel caso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull'efficienza della relativa struttura nonché, all'esito dell'accertamento della predetta responsabilità, il divieto di corrispondergli il trattamento economico accessorio;

c) prevedere la decadenza dal diritto al trattamento economico accessorio nei confronti del dirigente il quale, senza giustificato motivo, non abbia avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti, nei casi in cui sarebbe stato dovuto;

d) limitare la responsabilità civile dei dirigenti alle ipotesi di dolo e di colpa grave, in relazione alla decisione di avviare il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti della pubblica amministrazione di appartenenza;

e) prevedere sanzioni adeguate per le condotte dei dirigenti i quali, pur consapevoli di atti posti in essere dai dipendenti rilevanti ai fini della responsabilità disciplinare, omettano di avviare il procedimento disciplinare entro i termini di decadenza previsti, ovvero in ordine a tali atti rendano valutazioni irragionevoli o manifestamente infondate;

f) prevedere che l'accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche concorsuali per una percentuale dei posti, adottando le necessarie misure volte a mettere a regime il nuovo sistema di accesso in raccordo con il regime vigente, e prevedere, inoltre, che l'accesso sia subordinato a un periodo di formazione, non inferiore a quattro mesi, presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale, secondo modalità determinate da ciascuna amministrazione d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica e con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, tenuto anche conto delle modalità previste nell'articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilendo che, mediante intesa fra gli stessi soggetti istituzionali, sia concordato un apposito programma per assicurare un'adeguata offerta formativa ai fini dell'immediata applicazione della disciplina nel primo biennio successivo alla sua entrata in vigore;

g) ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità ed ai princìpi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell'incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati valutati sulla base dei criteri e degli obiettivi indicati al momento del conferimento dell'incarico, secondo i sistemi di valutazione adottati dall'amministrazione, e ridefinire, altresì, la disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli, prevedendo comunque la riduzione, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, delle quote percentuali di dotazione organica entro cui è possibile il conferimento degli incarichi medesimi;

h) ridefinire e ampliare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le competenze e la struttura del Comitato dei garanti di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con particolare riferimento alla verifica sul rispetto dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi, nonché sull'effettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento o della mancata conferma degli incarichi;

i) valorizzare le eccellenze nel raggiungimento degli obiettivi fissati mediante erogazione mirata del trattamento economico accessorio ad un numero limitato di dirigenti nell'ambito delle singole strutture cui può essere attribuita la misura massima del trattamento medesimo in base ai risultati ottenuti nel procedimento di valutazione di cui all'articolo 3;

l) rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e rafforzarne l'autonomia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e all'autorità politica;

m) semplificare la disciplina della mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di renderne più ampia l'applicazione e di valorizzare il relativo periodo lavorativo ai fini del conferimento degli incarichi;

n) promuovere la mobilità professionale e intercompartimentale dei dirigenti, con particolare riferimento al personale dirigenziale appartenente a ruoli che presentano situazioni di esubero;

o) prevedere che la componente della retribuzione legata al risultato sia fissata per i dirigenti in una misura non inferiore al 30 per cento della retribuzione complessiva;

p) stabilire il divieto di corrispondere l'indennità di risultato ai dirigenti qualora le amministrazioni di appartenenza, decorso il periodo transitorio fissato dai decreti legislativi di cui al presente articolo, non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i princìpi contenuti nella presente legge.

3. Al comma 11 dell'articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e ai primari ospedalieri».


 

 

L’articolo 5 – che il Senato, nel corso dell’esame in prima lettura, ha in più punti modificato e integrato – delinea i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega di cui al precedente articolo 1 (vedi supra) nella materia della dirigenza pubblica.

 

Princìpi e criteri generali (comma 1)

In via generale, il comma 1 individua le finalità dell’intervento in questo settore:

§         nella migliore organizzazione del lavoro,

§         nel progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico,

§         nella realizzazione di adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico, favorendo il riconoscimento di meriti e demeriti.

Quali criteri generali di intervento, il comma prevede:

§         che si faccia ricorso “anche” ai criteri di gestione e di valutazione del settore privato; al riguardo, si ricorda che la relazione governativa al disegno di legge segnalava, quale obiettivo dell’intervento normativo in questione, quello di “traslare nell’ambito del lavoro pubblico i più efficaci criteri di organizzazione, gestione e valutazione propri del lavoro privato”, anche al fine di meglio individuare ed eliminare gli alvei di inefficienza ed improduttività;

§         che sia ridefinito l’ambito di applicazione delle norme in materia di indirizzo politico-amministrativo con riguardo all’assegnazione degli incarichi dirigenziali, di cui agli artt. 14 e 19 del D.Lgs. 165/2001. Tale criterio è frutto di un’integrazione al testo del Governo operata dal Senato, il quale ha inteso precisare il senso di tale ridefinizione normativa: il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di incarichi apicali dovrà essere regolato in modo da “garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo”.

 

L’art. 14 del D.Lgs. 165/2001 definisce, in correlazione con il precedente art. 4, il principio (presente nella legislazione vigente a partire dal D.Lgs. 29/1993[36]) della separazione tra responsabilità politiche e responsabilità dirigenziali. Gli organi di governo (per le amministrazioni dello Stato, i ministri) definiscono gli obiettivi e i programmi da attuare e verificano i risultati della gestione amministrativa sulla base delle direttive impartite (art. 4, co. 1 ed art. 14, co. 1; ai sensi del co. 2 dell’art. 14, i ministri si avvalgono, per l’esercizio di tali funzioni, di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione). Ai dirigenti spetta la gestione finanziaria e amministrativa, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane e strumentali (art. 4, co. 2). È anche in base ai risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi che il dirigente viene valutato ai fini del conferimento dell’incarico.

L’assegnazione degli incarichi dirigenziali è disciplinata dall’art. 19 del D.Lgs. 165/2001.

Quanto ai criteri di conferimento degli incarichi (co. 1), si prevede che la valutazione del singolo dirigente ai fini dell’assegnazione dell’incarico debba tener conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle sue attitudini e capacità professionali, valutate anche in considerazione dei risultati conferiti con riferimento agli obiettivi fissati dalla direttiva annuale e dagli atti di indirizzo del Ministro.

Tra i criteri per il conferimento degli incarichi di direzione generale e degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale è previsto (co. 4-bis e 5-bis) quello del rispetto delle condizioni di pari opportunità di cui all’art. 7 del testo unico, che stabilisce che “le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro”.

Con riguardo alle modalità e ai contenuti del conferimento, il co. 2 richiede l’individuazione:

§         dell’oggetto dell’incarico;

§         degli obiettivi da conseguire, indicati con riferimento alle priorità, ai piani ed ai programmi definiti dall’organo di vertice politico nei propri atti di indirizzo;

§         della durata, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che è comunque compresa fra i tre e i cinque anni, salvo rinnovo.

Quanto alla forma del provvedimento di conferimento, i commi 3, 4 e 5 prevedono, rispettivamente:

§         che al conferimento degli incarichi di grado più elevato (incarico di Segretario generale di ministeri, di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e di livello equivalente) si provveda con un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente (co. 3);

§         che al conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale si provveda con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente (co. 4);

§         che gli incarichi di direzione degli altri uffici di livello dirigenziale siano conferiti dal dirigente dell’ufficio di livello dirigenziale generale (co. 5).

Il provvedimento di conferimento dell’incarico è formalmente distinto dal contratto individuale tra dirigente ed amministrazione, con il quale è definito soltanto il trattamento economico. Lo scopo è quello di distinguere tra aspetto organizzativo-funzionale dell’incarico (afferente alla responsabilità del datore di lavoro pubblico) e disciplina del rapporto individuale, rimessa ad un atto bilaterale di natura privatistica.

Il co. 5-bis consente il conferimento degli incarichi dirigenziali – di qualunque livello – anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli dei dirigenti delle singole amministrazioni dello Stato, purché si tratti di dirigenti dipendenti di amministrazioni pubbliche, ovvero di organi costituzionali. Tale possibilità è limitata numericamente: ogni amministrazione può conferirli entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia ed entro il limite del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.

Il co. 6 consente il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti in possesso di idonei requisiti professionali nei limiti del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia ed all’8 per cento di quella degli appartenenti alla seconda fascia. Si tratta di incarichi conferiti a tempo determinato, la cui durata è stabilita entro i limiti di tre anni per gli incarichi di vertice e le direzioni generali, di cinque anni per gli altri. Per quanto riguarda i requisiti professionali, deve trattarsi di “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato”.

Il comma 8 introduce un meccanismo c.d. di spoils system, prevedendo che i più elevati incarichi dirigenziali nonché quelli conferiti ad “esterni”, cessino automaticamente decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia. Tale previsione è destinata a rendere, quindi, sempre necessario l’intervento di ogni nuovo Governo sull’assetto della dirigenza di vertice esistente all’atto del suo insediamento, poiché gli incarichi dovranno comunque essere oggetto di un nuovo conferimento.

 

Dirigenza e gestione del personale (comma 2, lettere da a) ad e))

Il comma 2 entra nel dettaglio dei princìpi e criteri direttivi in materia di dirigenza. Questi sono elencati nelle lettere da a) a p) del comma.

La lettera a) intende assicurare al dirigente la piena autonomia – e la corrispondente responsabilità – con riguardo alla gestione delle risorse umane di sua competenza, nella sua qualità di “datore di lavoro pubblico”.

Il testo approvato dal Senato si differenzia peraltro rispetto all’originario testo governativo, in quanto la competenza riconosciuta al dirigente in materia non è più espressamente definita come “esclusiva”.

Tale competenza concerne, in particolare:

§         l’individuazione dei profili professionali richiesti per l’espletamento dei compiti istituzionali da parte dell’ufficio al quale il dirigente è preposto;

§         la valutazione del personale e il riconoscimento degli incentivi alla produttività;

§         il ricorso alla mobilità individuale di cui all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, da esercitare secondo criteri oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte.

 

In tema di mobilità del personale pubblico, la mobilità volontaria (tramite passaggio diretto di personale tra amministrazioni pubbliche) è disciplinata dall’art. 30 del D.Lgs. 165/2001[37], il quale stabilisce che le amministrazioni possano ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell’amministrazione di appartenenza (co. 1).

Le procedure e i criteri generali per l’attuazione del passaggio diretto dei dipendenti sono definiti dai contratti collettivi nazionali. È stabilita la nullità degli accordi, atti o clausole dei contratti collettivi che intendano eludere l’obbligo di ricorrere alla mobilità prima di procedere al reclutamento di nuovo personale (co. 2).

Il co. 2-bis prevede che le amministrazioni pubbliche, al fine di coprire le vacanze di organico e prima dell’espletamento delle procedure concorsuali, debbano attivare le procedure di mobilità mediante passaggio diretto di cui al co. 1. I successivi co. 2-ter e 2-quater recano disposizioni in merito all’immissione in ruolo del personale della Presidenza del Consiglio e del Ministero degli affari esteri. Infine, il co. 2-quinquies specifica che, salva diversa previsione, al dipendente trasferito per mobilità si applica il trattamento giuridico ed economico – compreso quello accessorio – previsto dal contratto collettivo vigente nel comparto dell’amministrazione di destinazione[38].

 

La lettera b) sviluppa il concetto di responsabilità – connesso a quello di autonomia – di cui alla lettera precedente, prevedendo l’introduzione di una specifica ipotesi di responsabilità dirigenziale per omessa vigilanza sull’effettiva produttività delle risorse umane e sulla (conseguente) efficienza della struttura amministrativa; l’accertamento della sussistenza di tale responsabilità comporterà il divieto di corresponsione al dirigente del trattamento economico accessorio.

 

L’art. 21 del D.Lgs. 165/2001 disciplina attualmente la responsabilità dirigenziale prevedendo che (ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare) il mancato raggiungimento degli obiettivi, o l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportino l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale e, in relazione alla gravità dei casi, la possibilità di revoca dell’incarico o di recesso dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.

Il trattamento economico dei dirigenti (art. 24, D.Lgs. 165/2008) è determinato dai contratti collettivi per le aree dirigenziali. Le aree contrattuali per i dirigenti sono cinque: una ciascuno per ministeri, autonomie locali e scuola, due per la sanità. Il trattamento economico è diviso in due parti: una parte fondamentale e una parte accessoria, quest’ultima correlata alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità.

Unicamente per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale, come individuati ai sensi dell’art. 19, co. 3 e 4, il trattamento economico fondamentale è stabilito con contratto individuale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali. Il contratto individuale determina, inoltre, gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione, ed i relativi importi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti criteri per l’individuazione dei trattamenti accessori massimi, secondo princìpi di contenimento della spesa, di uniformità e di perequazione.

 

Le successive lettere da c) ad e), introdotte nel corso dell’esame al Senato, affrontano secondo profili diversi lo stesso tema: la responsabilità del dirigente in relazione all’esercizio dell’iniziativa disciplinare nei confronti di un dipendente.

A tale riguardo, potrebbe risultare opportuno un coordinamento testuale fra le tre lettere, soprattutto ai fini dell’univoca descrizione della fattispecie in oggetto.

 

La lettera c) attiene al profilo della responsabilità dirigenziale, prevedendo la decadenza dal diritto al trattamento economico accessorio per il dirigente che ometta, senza giustificato motivo, di avviare il procedimento disciplinare qualora ne ricorrano i presupposti. La lettera d), di converso, interviene sulla responsabilità civile dei dirigenti con riguardo alla decisione di avviare il procedimento disciplinare, limitandola ai soli casi di dolo e di colpa grave. La lettera e), infine, incide (è da ritenere) nell’ambito della responsabilità disciplinare del dirigente, prevedendo “sanzioni adeguate” in caso di consapevole omissione dell’avvio del procedimento disciplinare entro i termini di decadenza, o in caso di “valutazioni irragionevoli o manifestamente infondate” riferite ad atti disciplinarmente rilevanti compiuti da dipendenti.

 

Accesso alla prima fascia; incarichi dirigenziali (comma 2, lettere da f) ad h))

La lettera f)dispone in ordine alle modalità di accesso alla prima fascia della dirigenza.

 

La dirigenza statale è articolata in due fasce, denominate prima e seconda fascia. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, diviso in due fasce, nel cui àmbito sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica dei dirigenti.

L’accesso alla prima fascia avviene attualmente mediante passaggio dalla seconda fascia: i dirigenti transitano dalla seconda alla prima fascia qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti per un periodo pari almeno a tre anni senza essere incorsi in fattispecie di responsabilità dirigenziale (art. 23 T.U.).

 

La nuova disciplina dovrà prevedere:

§         l’introduzione dello strumento del concorso pubblico ai fini dell’accesso a una quota percentuale dei posti disponibili (la misura massima della quale non è precisata);

§         lo svolgimento – quale condizione per l’accesso alla prima fascia – di un periodo di formazione all’estero della durata di almeno quattro mesi. La previsione (introdotta dal Senato) precisa che la formazione potrà aver luogo presso amministrazioni di altro Stato membro dell’Unione europea, ovvero presso organismi comunitari o internazionali. Le modalità saranno definite dalle singole amministrazioni, d’intesa con il Dipartimento della funzione pubblica e con la Scuola superiore della pubblica amministrazione; la norma richiama a tale proposito l’art. 32 del D.Lgs. 165/2001, che disciplina lo scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e il temporaneo servizio all’estero di dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

 

Ai sensi del’art. 32 citato, tale servizio temporaneo può essere disposto, anche al fine di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d’intesa con il Ministero degli affari esteri ed il Dipartimento della funzione pubblica. Il trattamento economico può essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte dall’Unione europea o da una organizzazione o ente internazionale. Il dipendente interessato resta a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione di appartenenza; l’esperienza maturata all’estero è valutata ai fini del suo sviluppo professionale.

 

La stessa lettera f) prevede l’adozione, sempre mediante intesa, di un programma atto ad assicurare un’adeguata offerta formativa già nel primo biennio di applicazione della nuova disciplina.

 

Del conferimento degli incarichi dirigenziali trattano le successive lettere g) ed h).

 

La disciplina vigente in materia di conferimento di incarichi dirigenziali è sinteticamente esposta supra.

 

Ai sensi della lettera g), i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dovranno essere ridefiniti a fini di trasparenza e pubblicità e tenendo conto anche dei princìpi desumibili dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori.

Si prevede comunque l’esclusione dalla conferma dell’incarico dirigenziale in caso di mancato raggiungimento dei risultati, la cui valutazione dev’essere operata in base a criteri ed obiettivi indicati al momento del conferimento dell’incarico.

Va inoltre ridisciplinato il conferimento degli incarichi a soggetti “esterni”, siano essi estranei alla pubblica amministrazione o dirigenti non appartenenti ai ruoli dell’amministrazione medesima (v. supra), prevedendo comunque (così precisa il testo emendato dal Senato) che i tetti percentuali, rispetto alla dotazione organica, entro i quali è possibile conferire incarichi esterni siano ridotti rispetto a quelli fissati dalla normativa vigente.

Correlativamente, la lettera h) prevede la ridefinizione e l’ampliamento (senza nuovi o maggiori oneri finanziari) di struttura e competenze del Comitato dei garanti previsto dall’art. 22 del D.Lgs. 165/2001, principalmente al fine di attrbuire al medesimo funzioni di verifica sul rispetto, da parte delle amministrazioni, dei criteri di legge che presiedono al conferimento o alla mancata conferma degli incarichi, e in specie sull’effettiva adozione ed utilizzo, a tali fini, dei sistemi di valutazione del dirigente.

 

L’art. 22 del D.Lgs. 165/2001 dispone che i provvedimenti adottati in esito al riconoscimento di responsabilità dirigenziale ex art. 21, sono adottati previo conforme parere (reso entro 30 giorni) di un comitato di garanti, i cui componenti sono nominati con D.P.C.M..

Il comitato è presieduto da un magistrato della Corte dei conti, con esperienza nel controllo di gestione, designato dal Presidente della Corte dei conti e composto da un dirigente di prima fascia, eletto dai dirigenti e collocato fuori ruolo per la durata del mandato, e un esperto scelto dal Presidente del Consiglio tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell’organizzazione amministrativa del lavoro pubblico. Il comitato dura in carica tre anni, e gli incarichi non sono rinnovabili.

 

Trattamento economico accessorio e valutazione dei risultati (comma 2, lettere i), o) e p))

Del rapporto, che si vuole rendere più stringente, fra valutazione del dirigente (con particolare riguardo alla capacità di raggiungimento degli obiettivi) e corresponsione al medesimo del trattamento economico accessorio (sul quale, vedi supra) trattano in modo precipuo i princìpi e criteri di cui alla lettera i) ed alle successive lettere o) e p).

La lettera i) è mirata a valorizzare le eccellenze. Essa dispone che il trattamento economico accessorio sia erogato in modo “mirato” – anche nella misura massima – ad un numero limitato di dirigenti nell’ambito delle singole strutture, sulla base dei risultati ottenuti nel procedimento di valutazione di cui al precedente articolo 3 (vedi supra).

La lettera o), introdotta dal Senato, intende garantire un peso sostanziale alla componente della retribuzione legata al risultato, disponendo che questa non possa risultare inferiore, per i dirigenti, al 30 per cento della retribuzione complessiva.

La lettera p), al fine di garantire l’effettività e la tempestiva operatività dei princìpi sin qui esposti in materia di valutazione, impone il divieto di corrispondere l’indennità di risultato ai dirigenti, in caso di inerzia delle amministrazioni di appartenenza: qualora cioè, decorso il periodo transitorio che dovrà essere fissato dai decreti legislativi, queste non abbiano adottato (nuovi) sistemi di valutazione dei risultati che risultino coerenti con i princìpi recati dalla legge delega.

 

Autonomia dei dirigenti pubblici (comma 2, lettera l))

Il principio di cui alla lettera l) impone di rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e (con questa ed altre eventuali misure) di rafforzarne l’autonomia

§         sia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori,

§         sia rispetto all’autorità politica.

 

L’ordinamento legislativo vigente non reca una disciplina generale delle incompatibilità riferita espressamente ai dirigenti pubblici. Ad essi si applica la disciplina generale delle incompatibilità dettata, per tutti i dipendenti di amministrazioni pubbliche, dagli artt. 60 e seguenti del testo unico approvato con D.P.R. 3/1957[39], che l’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 richiama espressamente ed integra con norme relative ai limiti al cumulo di impieghi e alle forme di pubblicità relative al conferimento di incarichi. Specifiche disposizioni ono state introdotte per i dirigenti dall’art. 23-bis, concernente il collocamento in aspettativa in caso di svolgimento di attività presso soggetti e organismi pubblici o privati.

 

Mobilità (comma 2, lettere m) ed n))

La lettera m) affronta il tema della mobilità sia in ambito nazionale, sia internazionale, dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni. La relativa disciplina – precisa la lettera – dovrà essere semplificata al duplice fine di ampliarne l’applicazione e di valorizzare i periodi lavorativi svolti ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali.

La lettera n), introdotta dal Senato, specifica il principio di cui alla lettera precedente per quanto concerne la mobilità professionale ed intercompartimentale dei dirigenti; questa andrà particolarmente promossa (per evidenti fini di riequilibrio e più efficiente impiego delle risorse umane) con riguardo al personale appartenente a ruoli che presentano situazioni di esubero.

 

 

 

 

 

 

Modifica al D.L. 112/2008 (comma 3)

La disposizione di cui al comma 3, introdotto nel corso dell’esame al Senato, non attiene alla delega in materia di lavoro pubblico, ma apporta una novella all’art. 72, co. 11, del recente D.L. 112/2008[40].

L’art. 72 reca disposizioni concernenti lo stato di servizio e il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. Il menzionato comma 11 attribuisce alle amministrazioni la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro del personale dipendente con almeno 40 anni di anzianità contributiva.

 

Ai sensi del comma le amministrazioni pubbliche, in caso di compimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, possono risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi. Per il personale dei comparti sicurezza e difesa, gli specifici criteri e le modalità applicative dei princìpi della disposizione in esame sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, su proposta del ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i ministri dell’interno e della difesa. È esclusa l’applicazIone del comma a magistrati e professori universitari.

 

La novella apportata ha l’effetto di escludere dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 11 (oltre che i magistrati e i professori universitari) anche i primari ospedalieri.

 

 

 


 

Art. 6.
(Princìpi e criteri in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici).

 


1. L'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina delle sanzioni disciplinari e della responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle norme speciali vigenti in materia, al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici contrastando i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo. Nell'ambito delle suddette norme sono individuate le disposizioni inderogabili inserite di diritto nel contratto collettivo ai sensi e per gli

effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.

2. Nell'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) semplificare le fasi dei procedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quelli per le infrazioni di minore gravità, nonché razionalizzare i tempi del procedimento disciplinare, anche ridefinendo la natura e l'entità dei relativi termini e prevedendo strumenti per una sollecita ed efficace acquisizione delle prove, oltre all'obbligo della comunicazione immediata, per via telematica, della sentenza penale alle amministrazioni interessate;

b) prevedere che il procedimento disciplinare possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimento penale, stabilendo eventuali meccanismi di raccordo all'esito di quest'ultimo;

c) definire la tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento, ivi comprese quelle relative a casi di scarso rendimento, di attestazioni non veritiere di presenze e di presentazione di certificati medici non veritieri da parte di pubblici dipendenti, prevedendo altresì, in relazione a queste due ultime ipotesi di condotta, una fattispecie autonoma di reato, con applicazione di una sanzione non inferiore a quella stabilita per il delitto di cui all'articolo 640, secondo comma, del codice penale e la procedibilità d'ufficio;

d) prevedere meccanismi rigorosi per l'esercizio dei controlli medici durante il periodo di assenza per malattia del dipendente, nonché la responsabilità disciplinare e, se pubblico dipendente, il licenziamento per giusta causa del medico, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero violi i canoni di diligenza professionale nell'accertamento della patologia;

e) prevedere, a carico del dipendente responsabile, l'obbligo del risarcimento del danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché del danno all'immagine subìto dall'amministrazione;

f) prevedere il divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici o strutture che siano stati individuati per grave inefficienza e improduttività;

g) prevedere ipotesi di illecito disciplinare in relazione alla condotta colposa del pubblico dipendente che abbia determinato la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento dei danni;

h) prevedere procedure e modalità per il collocamento a disposizione ed il licenziamento, nel rispetto del principio del contraddittorio, del personale che abbia arrecato grave danno al normale funzionamento degli uffici di appartenenza per inefficienza o incompetenza professionale;

i) prevedere ipotesi di illecito disciplinare nei confronti dei soggetti responsabili, per negligenza, del mancato esercizio o della decadenza dell'azione disciplinare;

l) prevedere la responsabilità erariale dei dirigenti degli uffici in caso di mancata individuazione delle unità in esubero;

m) ampliare i poteri disciplinari assegnati al dirigente prevedendo, altresì, l'erogazione di sanzioni conservative quali, tra le altre, la multa o la sospensione del rapporto di lavoro, nel rispetto del principio del contraddittorio;

n) prevedere l'equipollenza tra la affissione del codice disciplinare all'ingresso della sede di lavoro e la sua pubblicazione nel sito web dell'amministrazione;

o) abolire i collegi arbitrali di disciplina vietando espressamente di istituirli in sede di contrattazione collettiva.


 

 

L’articolo 6 attribuisce al Governo una delega per l’adozione di uno o più decreti legislativi in materia di sanzioni disciplinari e di responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, già disciplinata dall’articolo 55 del D.lgs. 165/2001, nonché dalle norme speciali vigenti in materia. La finalità perseguita nell’intervento normativo è quella di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici contrastando i fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo.

A tal riguardo nella normativa da adottare da parte del legislatore delegato dovranno essere contenute le disposizioni inderogabili che andranno inserite di diritto nei contratti collettivi ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.

Si ricorda che gli articoli del codice civile richiamati operano la sostituzione di norme imperative all’interno di contratti. Per l’articolo 1339 c.c, in tema di inserzione automatica di clausole, le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti. Per l’articolo 1419 c.c.,secondo comma, in tema di nullità parziale, la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.

Con l’articolo 55 del D.lgs 165/2001 si è realizzata la privatizzazione e contrattualizzazione della responsabilità disciplinare: agli organi preposti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assegnati capacità e poteri del privato datore di lavoro[41].

Con la privatizzazione si è concepito un modello finalizzato allo snellimento dell’azione amministrativa. Infatti, con un sistema “depubblicizzato” e di natura privatistica, quello disciplinare non è più un procedimento amministrativo ma una relazione pattiziamente concordata tra datore e lavoratore a fronte di inadempimenti contrattuali del dipendente. Le parti non sono tuttavia su un piano di perfetta parità, poiché il negozio giuridico sulla base della quale viene irrogata la sanzione disciplinare è comunque espressivo di un diritto potestativo che la legge conferisce al datore di lavoro, capace di incidere unilateralmente sulla sfera giuridica del dipendente.

In particolare, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche continuano ad applicarsi i principi in materia di responsabilità civile, amministrativa penale e contabile previsti all’articolo 28 della Costituzione, il quale statuisce che “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti” che “in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”.

Inoltre, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche si prevede l’applicazione:

a)       dell'articolo 2106 del codice civile, che dispone l’applicazione delle sanzioni disciplinari per l’inosservanza delle norme in materia didiligenza del prestatore di lavoro (articolo 2104 c.c.) e di obbligo di fedeltà (articolo 2105 c.c.);

b)       dell’articolo 7, della legge 300/1970[42], relativo all’obbligo di portare le norme disciplinari alla conoscenza dei lavoratori con affissione in luogo accessibile a tutti, con applicazione di quanto stabilito da accordi e contratti di lavoro (primo comma), al termine di cinque giorni per l’applicazione delle sanzioni più gravi del rimprovero verbale dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa (quinto comma) ed infine al principio per cui non si tiene conto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione (ottavo comma).

La definizione della tipologia delle infrazioni edellerelative sanzioni è rimessa ai contratti collettivi (salve le previsioni degli articoli 21 sulla responsabilità dirigenziale e 53, comma 1, sulla incompatibilità e cumulo di impieghi e gli incarichi), ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 54. In tal senso, il Codice di comportamento dei dipendenti viene integrato con la tipizzazione di infrazioni e relative sanzioni effettuata dalla contrattazione collettiva.

Il sistema delle sanzioni previsto (art. 24 del CCNL Ministeri) contempla l’irrogazione di sanzioni conservative (rimprovero verbale, rimprovero scritto o censura, multa e sospensione dal servizio e dalla retribuzione) ed espulsive (licenziamento con o senza preavviso).

In ogni amministrazione viene individuato l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari che, ricevuta la segnalazione, contesta l’addebito al dipendente, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Nei casi di rimprovero verbale e censura, provvede alla sanzione direttamente il capo della struttura in cui il dipendente lavora.

Il provvedimento disciplinare viene adottato previa tempestiva contestazione scritta dell’addebito al dipendente, che viene sentito con l’assistenza di un procuratore o un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.

La sanzione può essere ridotta con il consenso del dipendente. Inoltre, nei casi ove non siano previste procedure di conciliazione, il dipendente può impugnare la decisione dinanzi al collegio arbitrale di disciplina dell’amministrazione in cui lavora che emette la sua decisione entro novanta giorni.

Il collegio arbitrale di disciplina è composto da due rappresentanti dell'amministrazione e da due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da un esterno all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza. E’ prevista la possibilità da parte di più amministrazioni omogenee o affini di istituire un unico collegio arbitrale mediante convenzione.

Si fa presente che la giurisprudenza consolidata ha attribuito alla decisione del Collegio arbitrale la natura di atto negoziale finalizzato alla composizione di una lite tra le parti, in altre parole un arbitrato irrituale contestabile davanti all’autorità giudiziaria ordinaria e non assimilabile a una sentenza arbitrale. Pertanto, si tratta di un atto di natura privatistica che riposa sulla volontà delle parti, simile al collegio di conciliazione e arbitrato di cui all’articolo 7 della legge 300/70, non essendo organo dell’amministrazione ma un soggetto terzo e neutrale.

Si ricorda che con già con direttiva del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione del 6 dicembre 2007, n. 8, si è inteso sollecitare l’intervento disciplinare al fine di arginare il preoccupante fenomeno della sistematica violazione delle regole volte ad assicurare efficienza e produttività al lavoro pubblico. In tale direttiva si è intervenuto in tema di valutazione delle condotte dei dipendenti delle pubbliche amministrazione alla luce del Codice di comportamento, dell’insufficiente rendimento, dei controlli sulle assenze per motivi di salute, dell’omessa attivazione delle procedure sanzionatorie come danno all’immagine dell’amministrazione, nonché su quello del ruolo dell’Ispettorato per la funzione pubblica che, ai sensi dell’articolo 60, comma 6 del D.lgs. 165/2001, è tenuto ad espletare un’attività di monitoraggio rispetto all’esercizio dell’azione disciplinare.

 

Il comma 2 indica i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega.

·         semplificazione delle fasi dei procedimenti disciplinari e razionalizzazione dei tempi del procedimento disciplinare, con la ridefinizione della natura e dell'entità dei relativi termini e con strumenti per una sollecita ed efficace acquisizione delle prove, oltre all'obbligo della comunicazione immediata, per via telematica, della sentenza penale alle amministrazioni interessate (lettera a));

·         la previsione che il procedimento disciplinare possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimento penale, stabilendo meccanismi di raccordo tra i due procedimenti (lettera b));

·         la definizione della tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento, comprendendo i casi di scarso rendimento, di attestazioni non veritiere di presenze e di presentazione di certificati medici non veritieri da parte di pubblici dipendenti. Tali condotte, che potrebbero attualmente essere riconducibili ai casi punibili ai sensi del secondo comma dell’art. 640 c.p.  - il quale prevede un’ipotesi aggravata del delitto di truffa qualora il fatto sia commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico - sono configurate quali autonome fattispecie di reato. Per le nuove fattispecie di reato si prevede che la pena sia non inferiore a quella stabilita per il delitto di truffa aggravata, di cui all'articolo 640, secondo comma, del codice penale, ossia la reclusione da uno a cinque anni e la multa da euro 309 a euro 1.549. Inoltre, analogamente a quanto previsto per i casi di truffa aggravata, si prevede la procedibilità d'ufficio (lettera c));

Si ricorda che l’articolo 640 del Codice penale, che contempla il delitto di truffa, stabilisce che chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

Il secondo comma dell’art. 640 prevede che la pena è aggravata (reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare; se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità.

È inoltre stabilito (terzo comma) che il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi di truffa aggravata, per i quali è prevista la punibilità di ufficio.

Si ricorda che le norme disciplinari sono contenute nei diversi contratti collettivi. Per quanto riguarda il comparto Ministeri sulla materia sono intervenuti nel corso degli anni il CCNL del 16 maggio 1995, poi seguito dalle modifiche del CCNL del 12 giugno 2003 e di quello del 14 settembre 2007.

In tali contratti vengono stabiliti gli obblighi del dipendente (articolo 23 del CCNL del 1995) e le sanzioni e le procedure disciplinari (articolo 24). Vi è poi il c.d. codice disciplinare, dove vengono elencate le sanzioni previste per i vari casi di infrazione degli obblighi del dipendente (articolo 25 CCNL del 1995, modificato dall’articolo 13 del CCNL del 2003). Infine, vi sono le norme in materia di rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale, sulla sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare e in caso di procedimento penale.

La sanzione disciplinare espulsiva del licenziamento con preavviso (comma 5 dell’articolo 13 del CCNL del 2003) è prevista nei casi di:

-          recidiva plurima, almeno tre volte nell’anno, in una delle mancanze previste ai precedenti commi 3[43] e 4[44], anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia comportato l’applicazione della sanzione massima di 6 mesi di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, salvo quanto previsto al comma 6, lett. a);

-         recidiva nell’infrazione di cui al comma 4, lettera d) (insufficiente persistente scarso rendimento dovuto a comportamento negligente);

-         ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per riconosciute e motivate esigenze di servizio nel rispetto delle vigenti procedure in relazione alla tipologia di mobilità attivata;

-         mancata ripresa del servizio nel termine prefissato dall’amministrazione quando l’assenza arbitraria ed ingiustificata si sia protratta per un periodo superiore a quindici giorni. Qualora il dipendente riprenda servizio si applica la sanzione di cui al comma 4 (sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino a 6 mesi);

-         continuità, nel biennio, dei comportamenti attestanti il perdurare di una situazione di insufficiente scarso rendimento dovuta a comportamento negligente ovvero per qualsiasi fatto grave che dimostri la piena incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio;

-         recidiva nel biennio, anche nei confronti di persona diversa, di sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi ostili e denigratori e di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un collega al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo;

-         recidiva nel biennio di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona;

-         condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso in servizio o fuori dal servizio ma non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità.

 

La sanzione disciplinare espulsiva del licenziamento senza preavviso (comma 6 dell’articolo 13 del CCNL del 2003) nei casi di:

-         terza recidiva nel biennio di minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico o altri dipendenti, alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti;

-         condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità;

-         accertamento che l’impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi e, comunque, con mezzi fraudolenti ovvero che la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro sia avvenuta a seguito di presentazione di documenti falsi;

-         commissione in genere – anche nei confronti di terzi – di fatti o atti dolosi, che, pur non costituendo illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro;

-         condanna passata in giudicato: per i delitti indicati nell’articolo 1, commi 1 e 4 septies, lettere a), b) limitatamente all’art. 316 del codice penale (peculato), c), ed e) della legge 18 gennaio 1992 n. 16[45] oppure quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

 

·         la previsione di meccanismi rigorosi per l'esercizio dei controlli medici durante il periodo di assenza per malattia del dipendente, nonché la responsabilità disciplinare e, se pubblico dipendente, il licenziamento per giusta causa, per il medico che concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero violi i canoni di diligenza professionale nell'accertamento della patologia (lettera d));

Si ricorda che con l’articolo 71 del DL 112/2008 è stata introdotta una nuova disciplina relativa ai periodi di assenza per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti pubblici. A tal riguardo, al fine di rendere più rigorosa la certificazione della malattia, è stato previsto l’obbligo, nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare, di ricorrere esclusivamente ad una struttura sanitaria pubblica per il rilascio della certificazione medica (comma 2).

Inoltre, innovando rispetto alle attuali previsioni della contrattazione collettiva, sono state modificate le fasce orarie di reperibilità del lavoratore entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo. In particolare, si è previsto un regime orario di reperibilità più esteso, con fasce orarie di reperibilità comprese tra le ore 8 e le ore 13 e tra le ore 14 e le ore 20 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi(comma 3, secondo periodo). Infine, si è esclusa l’applicazione di tali disposizioni per il comparto sicurezza e difesa in ordine a malattie conseguenti a lesioni riportate in attività operative ed addestrative (comma 1-bis).

 

·         la previsione, a carico del dipendente responsabile, dell’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché del danno all’immagine subito dall’amministrazione (lettera e));

·         la previsione del divieto di attribuzione di aumenti retributivi ai dipendenti di uffici o strutture risultati responsabili di grave inefficienza e improduttività (lettera f));

·         la previsione di illecito disciplinare in relazione alla condotta colposa del pubblico dipendente che abbia determinato la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento di danni (lettera g));

·         la previsione di procedure e modalità per il collocamento a disposizione ed il licenziamento, nel rispetto del principio del contraddittorio, del personale che abbia arrecato grave danno al normale funzionamento degli uffici di appartenenza per inefficienza o incompetenza professionale (lettera h));

·         la previsione di ipotesi di illecito disciplinare nei confronti dei soggetti responsabili, per negligenza, del mancato esercizio o della decadenza dell'azione disciplinare (lettera i));

·         la previsione della responsabilità erariale dei dirigenti degli uffici in caso di mancata individuazione delle unità in esubero (lettera l));

·         l’ampliamento dei poteri disciplinari assegnati al dirigente prevedendo l’erogazione di sanzioni conservative quali, tra le altre, la multa o la sospensione del rapporto di lavoro, nel rispetto del principio del contraddittorio (lettera m));

·         la previsione dell'equipollenza tra la affissione del codice disciplinare all'ingresso della sede di lavoro e la sua pubblicazione nel sito web dell'amministrazione (lettera n));

·         l’abolizione dei Collegi arbitrali di disciplina (su cui vedi supra) vietando espressamente la loro istituzione in sede di contrattazione collettiva (lettera o)).


 

Art. 7.
(Norma interpretativa in materia di vicedirigenza).

 

1. L'articolo 17-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la vicedirigenza può essere istituita e disciplinata esclusivamente ad opera e nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento, che ha facoltà di introdurre una specifica previsione al riguardo. Il personale in possesso dei requisiti previsti dal predetto articolo può essere destinatario della disciplina della vicedirigenza soltanto a seguito dell'avvenuta istituzione di quest'ultima da parte della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento. Sono fatti salvi gli effetti dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

L’articolo 7 dispone una norma interpretativa in materia di vicedirigenza. Con essa l’articolo 17-bis del D.lgs. 165/2001 si interpreta nel senso che la vicedirigenza può essere istituita esclusivamente nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento e che, pertanto, il personale in possesso dei requisiti previsti per l’accesso alla vicedirigenza può essere destinatario di tale disciplina soltanto a seguito della sua istituzione da parte della contrattazione collettiva.

 

Si ricorda che l’articolo 17-bis, introdotto dall’articolo 7, comma 3, della L. 15 luglio 2002, n. 145[46], ha affidato alla contrattazione collettiva del comparto Ministeri[47] la disciplina dell’istituzione di un’apposita area separata riservata alla vicedirigenza nella quale è inquadrato il personale che abbia i seguenti requisiti:

c)       sia in possesso di diploma di laurea;

d)       appartenga alle posizioni C2 e C3;

e)       abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità nelle posizioni C2 e C3 o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento.

In sede di prima applicazione è stato inquadrato nella nuova area contrattuale anche il personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di procedure concorsuali per l’accesso alla ex carriera direttiva anche speciale.

L’ultimo periodo del comma prevede, inoltre, che i dirigenti possano delegare ai vice dirigenti parte delle loro competenze senza alcun limite - né temporale, né di oggetto, né formale – alla delega di funzioni.

Il successivo comma 2 ha disposto che le disposizioni relative alla vicedirigenza si applichino, ove compatibili, al personale dipendente dalle altre amministrazioni pubbliche (diverse dai ministeri) appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri. L’equivalenza delle posizioni è definita con decreto del ministro per la funzione pubblica, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze. Sono espressamente fatte salve le competenze delle regioni e degli enti locali, secondo quanto stabilito dall’articolo 27 del D.Lgs. 165 del 2001 che affida loro il compito di adeguarsi ai principi in materia di distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro. nonché in tema di dirigenza.

 

 

 

 

 


 

Art. 8.
(Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro - CNEL).

 


1. Dopo l'articolo 10 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. - (Ulteriori attribuzioni). - 1. In attuazione di quanto previsto dall'articolo 99 della Costituzione il CNEL, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente:

a) redige una relazione annuale al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini;

b) raccoglie e aggiorna l'Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nel settore pubblico, con particolare riferimento alla contrattazione decentrata e integrativa di secondo livello, predisponendo una relazione annuale sullo stato della contrattazione collettiva nelle pubbliche amministrazioni con riferimento alle esigenze della vita economica e sociale;

c) promuove e organizza lo svolgimento di una conferenza annuale sull'attività compiuta dalle amministrazioni pubbliche, con la partecipazione di rappresentanti delle categorie economiche e sociali, delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di studiosi qualificati e di organi di informazione, per la discussione e il confronto sull'andamento dei servizi delle pubbliche amministrazioni e sui problemi emergenti».


 

 

L’articolo 8, introdotto nel corso dell’esame da parte del Senato, attribuisce alcune nuove competenze al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), concernenti in particolare lo studio e la valutazione della qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni.

La disposizione è redatta in forma di novella alla L. 936/1986[48], che regola l’organizzazione e le attribuzioni del CNEL. Essa introduce un nuovo articolo dopo l’art. 10 della legge, che elenca le attribuzioni del CNEL “in conformità a quanto previsto dall’articolo 99, secondo e terzo comma, della Costituzione”.

 

Ai sensi del primo comma dell’art. 99, il CNEL è composto “di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa”.

Il secondo comma individua nel CNEL un “organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge”.

Il terzo comma gli attribuisce l’iniziativa legislativa e prevede che il CNEL possa contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale, rinviando alla legge la fissazione dei relativi princìpi e limiti.

Il titolo II della L. 936/1986 (artt. 10-13) definisce le attribuzioni del CNEL e le relative modalità di svolgimento. In sintesi, ai sensi dell’art. 10 il Consiglio:

§         esamina l’annuale relazione previsionale e programmatica del Governo ed esprime, su richiesta del Governo, valutazioni e proposte sugli altri principali documenti ed atti di politica e di programmazione economica e sociale;

§         approva rapporti sugli andamenti generali, settoriali e locali del mercato del lavoro e sugli assetti normativi e retributivi espressi dalla contrattazione collettiva;

§         esprime valutazioni sull’andamento della congiuntura economica, dettando direttive agli istituti incaricati di redigere il rapporto di base;

§         esamina, sulla base dei rapporti predisposti dal Governo, le politiche comunitarie e la loro attuazione;

§         contribuisce all’elaborazione della legislazione che comporta indirizzi di politica economica e sociale esprimendo pareri e compiendo studi e indagini su richiesta delle Camere o del Governo o delle regioni o delle province autonome;

§         compie studi e indagini e può formulare osservazioni e proposte di propria iniziativa sulle materie suelencate;

§         ha l’iniziativa legislativa;

§         esercita tutte le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge.

 

Ribadendo il richiamo all’art. 99 Cost., il nuovo art. 10-bis conferisce al Consiglio ulteriori attribuzioni, in parte nuove, in parte specificative o integrative, con riguardo al settore pubblico, di quelle già proprie dell’ente.

Tali funzioni – si precisa – sono esercitate nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente: senza cioè che il loro esercizio comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Esse si concretano:

§         nell’annuale redazione una relazione al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni, sia centrali sia locali, alle imprese e ai cittadini (lett. a));

§         nella tenuta di un Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nel settore pubblico, con particolare riferimento alla contrattazione decentrata e integrativa di secondo livello (lett. b));

§         alla conseguente redazione annuale di una relazione sullo stato della contrattazione collettiva nelle pubbliche amministrazioni, “con riferimento alle esigenze della vita economica e sociale”; è presumibile – anche se il testo non lo precisa – che la relazione debba essere trasmessa al Governo e alle Camere (lett. b));

§         alla promozione ed organizzazione di una conferenza annuale sull’attività compiuta dalle amministrazioni pubbliche, avente ad oggetto l’andamento dei servizi delle pubbliche amministrazioni ed i problemi emergenti; dovranno essere chiamati a partecipare alla conferenza rappresentanti delle categorie economiche e sociali, delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di studiosi qualificati e di organi di informazione (lett. c)).

 

 

 

Art. 9.
(Corte dei conti).

 


1. Le disposizioni di delega della presente legge non si applicano alle funzioni della Corte dei conti che restano disciplinate dalle norme vigenti in materia, come integrate dalle disposizioni del presente articolo.

2. La Corte dei conti, anche a richiesta delle competenti Commissioni parlamentari ovvero del Consiglio dei ministri, può effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento. Ove accerti gravi irregolarità gestionali ovvero gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme, nazionali o comunitarie, ovvero da direttive del Governo, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le cause e provvede, con decreto motivato del Presidente, su proposta della competente sezione, a darne comunicazione, anche con strumenti telematici idonei allo scopo, al Ministro competente. Questi, con decreto da comunicare al Parlamento e alla presidenza della Corte, sulla base delle proprie valutazioni, anche di ordine economico-finanziario, può disporre la sospensione dell'impegno di somme stanziate sui pertinenti capitoli di spesa. Qualora emergano rilevanti ritardi nella realizzazione di piani e programmi, nell'erogazione di contributi ovvero nel trasferimento di fondi, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le cause, e provvede, con decreto motivato del Presidente, su proposta della competente sezione, a darne comunicazione al Ministro competente. Entro sessanta giorni l'amministrazione competente adotta i provvedimenti idonei a rimuovere gli impedimenti, ferma restando la facoltà del Ministro, con proprio decreto da comunicare alla presidenza della Corte, di sospendere il termine stesso per il tempo ritenuto necessario ovvero di comunicare, al Parlamento ed alla presidenza della Corte, le ragioni che impediscono di ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte.

3. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, di cui all'articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, previo concerto con il Presidente della Corte, possono fare applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo nei confronti delle gestioni pubbliche regionali o degli enti locali. In tal caso la facoltà attribuita al Ministro competente si intende attribuita ai rispettivi organi di governo e l'obbligo di riferire al Parlamento è da adempiere nei confronti delle rispettive Assemblee elettive.

4. Gli atti, i documenti e le notizie che la Corte dei conti può acquisire ai sensi dell'articolo 3, comma 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e delle norme ivi richiamate, sono anche quelli formati o conservati in formato elettronico.

5. Il Presidente della Corte dei conti, quale organo di governo dell'istituto, sentito il parere dei presidenti di sezione della Corte medesima, presenta annualmente al Parlamento, e comunica al Governo, la relazione di cui all'articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Ne trasmette copia al Consiglio di presidenza della Corte dei conti per assicurare la piena coerenza tra la funzione di indirizzo politico-istituzionale intestata al Presidente medesimo e le specifiche funzioni demandate dalla legge al Consiglio medesimo. Esercita ogni altra funzione non espressamente attribuita da norme di legge ad altri organi collegiali o monocratici della Corte. Provvede ad autorizzare, nei casi consentiti dalle norme, gli incarichi extra-istituzionali, con o senza collocamento in posizione di fuori ruolo o aspettativa. Revoca gli incarichi extra-istituzionali in corso di svolgimento, per sopravvenute esigenze di servizio della Corte. Può esercitare la facoltà di cui all'articolo 41, ultimo capoverso, del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Si applica al Presidente della Corte dei conti, per la composizione nominativa e per la determinazione delle competenze delle sezioni riunite, in ogni funzione ad esse attribuita, ferme restando le previsioni organiche vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, la disposizione di cui all'articolo 1, quinto comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, introdotto dall'articolo 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

6. Il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, quale organo di amministrazione del personale di magistratura, esercita le funzioni ad esso espressamente attribuite da norme di legge. È composto dal Presidente della Corte, che lo presiede, dal Presidente aggiunto, dal Procuratore generale, da quattro rappresentanti del Parlamento nominati ai sensi dell'articolo 10, comma 2, lettera d), della legge 13 aprile 1988, n. 117, e da quattro magistrati eletti da tutti i magistrati della Corte. Alle sedute del Consiglio possono partecipare il Segretario generale della Corte ed il magistrato addetto alla presidenza con funzioni di capo di gabinetto, con diritto di voto solo qualora siano, per specifiche questioni, designati relatori. Il Presidente della Corte ha le funzioni di iniziativa nel sottoporre al Consiglio di presidenza gli affari da trattare e può disporre che le questioni siano previamente istruite dalle commissioni ovvero sottoposte direttamente al plenum. Il Consiglio di presidenza, su proposta del Presidente della Corte, adotta idonei indicatori e strumenti di monitoraggio per misurare i livelli delle prestazioni lavorative rese dai magistrati. Il Presidente e i componenti del Consiglio di presidenza rispondono, per i danni causati nell'esercizio delle proprie funzioni, soltanto nei casi di dolo o colpa grave.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore il 1o gennaio 2009. Sono abrogate le disposizioni di cui all'articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, nonché ogni altra norma, contrarie o incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

8. Per lo svolgimento delle funzioni di controllo di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009. All'onere conseguente si provvede mediante riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244.


 

 

L’articolo 9, introdotto nel corso dell’esame da parte del Senato, introduce alcune disposizioni relative all’organizzazione e al funzionamento della Corte dei conti.

Le principali innovazioni riguardano tre aspetti specifici: i controlli, il Presidente della Corte e il Consiglio di Presidenza.

In particolare, vengono previsti:

§      l’introduzione di una nuova tipologia di controllo di gestione, avente per oggetto le “gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento” (commi 2, 3 e 8);

§      il rafforzamento dei poteri del Presidente della Corte (commi 5 e 6);

§      la modifica della composizione e dell’organizzazione del Consiglio di presidenza (commi 6 e 7).

Sono altresì presenti ulteriori disposizioni non riconducibili direttamente alle modifiche sopra indicate:

§         viene chiarito in primo luogo che le norme di delega contenute negli articoli precedenti e costituenti la parte principale del provvedimento in esame non si applicano alla Corte dei conti che continua, pertanto, ad essere disciplinata dalla normativa vigente (comma 1). Infatti, i magistrati contabili fanno parte, come anche i magistrati ordinari e amministrativi, del personale in regime di diritto pubblico il cui rapporto di impiego è sottratto al regime generale dell’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ed è regolato da un ordinamento a parte (art. 2, co. 1 del D.Lgs. 165/2001);

§         in secondo luogo, la Corte dei conti è autorizzata ad acquisire, anche in formato elettronico, tutti i documenti e le notizie che, come previsto dall’art. 3, comma 8, della L. 20/1994[49], ritiene di richiedere alle amministrazioni in sede di controllo (comma 4).

§         in terzo luogo, il comma 7 introduce alcune disposizioni di carattere finale: viene fissata l’entrata in vigore delle disposizioni del presente articolo, il 1° gennaio 2009, in una data, pertanto, che verrebbe a cadere prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame (primo periodo) e viene disposta l’abrogazione della norma che regola la composizione del Consiglio di Presidenza (art. 10 della L. 117/1988) sostituita da quella contenuta dal comma 6 del disegno di legge in esame (secondo periodo). Vengono, inoltre, abrogate, in forma innominata, tutte le eventuali altre norme contrarie incompatibili con quelle nuove introdotte dall’articolo in esame.

 

Andrebbe valutata la necessità di aggiornare la data di entrata in vigore dell’articolo in esame, in quanto non tutte le disposizioni parrebbero idonee ad una efficacia retroattiva.

In relazione alle abrogazioni operate dal comma in esame, si ricorda che le regole sul drafting escludono l’utilizzo della c.d. formula abrogativa implicita innominata, in quanto superflua essendo già stabilito dall’art. 15 delle preleggi il principio generale che l’abrogazione può avvenire, oltre che per dichiarazione espressa, per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti[50].

 

Infine, il comma 8 reca una autorizzazione di spesa di 5 milioni a partire dal 2009, con conseguente riduzione lineare degli stanziamenti di spesa di parte corrente determinata dalla tabella C della legge finanziaria 2008, finalizzata a finanziare le nuove funzioni di controllo individuate dall’articolo in esame (per un esame del comma si veda oltre il paragrafo sui controlli di gestione).

 

I controlli di gestione in corso di svolgimento (commi 2, 3 e 8)

Il comma 2 dell’articolo in esame introduce una nuova forma di controllo, dando la facoltà alla Corte dei conti di effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento. Tale facoltà è estesa anche alle sezioni regionali della Corte medesima, per quanto riguarda le gestioni delle regioni e degli enti locali (comma 3).

Una conferma che si tratti di nuove funzioni viene implicitamente fornita dal comma 8 che reca uno stanziamento ad hoc (5 milioni) per consentire lo svolgimento di tali funzioni.

 

La riforma delle funzioni di controllo della Corte dei Conti realizzata dalla L. 20/1994 si è mossa nella direzione di ridurre i controlli preventivi di legittimità, valorizzando al contempo il controllo sull’attività e sulle gestioni come strumento per la verifica del rispetto dei principi di efficienza, di economicità e di efficacia.

Più in particolare, i tratti fondamentali del modello di controllo prefigurato dalla legge di riforma sono tre. In primo luogo, il controllo preventivo di legittimità è limitato e concentrato sugli atti fondamentali del Governo (e non più su tutti gli atti prodotti dall’amministrazione); in secondo luogo, viene potenziato e generalizzato a tutte le amministrazioni il controllo successivo sulla gestione, da svolgere sulla base di appositi programmi elaborati dalla Corte dei conti, che riferisce al Parlamento nazionale ed ai Consigli regionali sull’esito dei controlli eseguiti.

L’articolo 3, comma 4, prevede che la Corte svolga, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. La Corte, poi, accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa.

La Corte, inoltre, definisce ogni anno i programmi ed i criteri di riferimento del controllo di gestione sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari. L’intervento del Parlamento nel procedimento di formazione del programma di controllo di gestione della Corte dei conti è stato introdotto di recente ad opera della legge finanziaria per il 2007 (art. 1, co. 473).

Ai sensi del comma 6 dell’art. 3, la Corte dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull’esito dei controlli eseguiti.

 

L’innovazione apportata dalla disposizione sembrerebbe riguardare sia l’oggetto del controllo sia, e soprattutto, il suo contenuto.

Per quanto riguarda l’oggetto del controllo, mentre la normativa vigente prevede essenzialmente il controllo sulla gestione del bilancio e del patrimonio, la norma ha per oggetto più in generale tutta l’attività gestoria delle amministrazioni pubbliche, anche quella che non ha ricadute immediate sul bilancio o sul patrimonio.

In relazione ai contenuti, il riferimento alle gestioni in corso di svolgimento fa presupporre che la Corte, e qui risiederebbe l’innovazione principale, debba valutare l’adeguatezza della gestione in funzione degli obiettivi prestabiliti prima che questi si realizzino o che si compiano i termini stabiliti per la loro realizzazione. In altre parole alla Corte è affidato, oltre al controllo sui risultati finali della gestione previsto dalla legge vigente, anche il controllo degli atti e delle attività predisposti dalle amministrazioni per il perseguimento degli obiettivi loro assegnati volti al conseguimento di quei risultati.

La natura di tale cambiamento appare più chiara se si considera la seconda parte del comma 2, laddove viene introdotta una dettagliata procedura relativa alle conseguenze della nuova forma di controllo.

Innanzitutto, anche in questo caso si rileva una innovazione. Infatti, la normativa vigente prevede come unici esiti del controllo di gestione il referto sui controlli eseguiti che la Corte invia annualmente al Parlamento, ai Consigli regionali e alle amministrazioni interessate e le osservazioni che sempre la Corte può inviare in ogni momento alle singole amministrazioni.

L’esito del nuovo tipo di controllo in corso di gestione è diverso a seconda della rilevanza delle anomalia riscontrate.

Una prima fattispecie considera i casi più gravi in cui le irregolarità sono tali da pregiudicare il conseguimento degli obiettivi previsti da norme nazionali o comunitarie o da direttive governative: in questi casi la Corte qualora accerti “gravi irregolarità gestionali” o “gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione” è tenuta ad individuarne le cause, anche in contraddittorio con l’amministrazione e provvede darne comunicazione al ministro competente. La comunicazione assume la forma di decreto del Presidente della Corte, emanato su proposta della sezione competente e opportunamente motivato.

Una volta raggiunto dalla comunicazione della Corte il ministro interessato può decidere di intervenire disponendo la sospensione dell’impegno di somme stanziate sui relativi capitoli di spesa. Il provvedimento di sospensione è adottato con decreto ministeriale che viene comunicato al Parlamento e alla presidenza della Corte dei conti.

Nulla viene previsto riguardo alla durata della sospensione, né alla destinazione delle somme eventualmente non impegnate.

 

La formulazione originaria dell’emendamento 6.0.100, che ha introdotto l’articolo in esame, prevedeva la possibilità di destinare le somme di cui fosse stato decisa la sospensione dell’impegno di spesa ad altri capitoli del bilancio dello Stato. Tale ipotesi è venuta meno a seguito del parere contrario della Commissione bilancio del Senato che ha rilevato come lo spostamento di somme tra capitoli costituisca una violazione dell’art. 81 Cost.[51]

 

La seconda fattispecie riguarda il riscontro di “rilevanti ritardi” nella realizzazione di piani e programmi, o nell’erogazione di contributi, o nel trasferimento di fondi. Anche in questi casi la procedura da seguire è analoga a quella prevista per le irregolarità riscontrate nell’attuazione di programmi previsti da provvedimenti normativi: individuazione delle cause in contraddittorio con l’amministrazione e comunicazione al ministro con decreto motivato del Presidente della Corte. Diversi sono invece gli esiti possibili. La proposta prevede due possibilità: il Ministro può adottare, entro 60 giorni (termine che può essere sospeso per il tempo necessario) i provvedimenti idonei a rimuovere gli impedimenti e, contemporaneamente, può decidere anche di sospendere il termine stesso; in alternativa il ministro può scegliere di non ottemperare ai rilievi sollevati dalla Corte e in tal caso è tenuto a comunicarne le ragioni al Parlamento e alla corte stessa.

 

Il comma 3 estende la nuova forma di controllo in corso di gestione prevista per le amministrazioni statali, anche alle amministrazioni regionali e locali. La funzione di controllo spetta in questo caso alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, previo concerto con il Presidente della Corte. L’oggetto del controllo e le procedure sono analoghe a quelle viste sopra con la differenza che le funzioni del ministro competente si intendono attribuite ai “rispettivi organi di governo” e le comunicazioni non sono rese al Parlamento, bensì alle rispettive assemblee elettive (consigli regionali, provinciali e comunali).

 

Infine, il comma 8 autorizza la spesa di 5 milioni, a decorrere dal 2009, finalizzata a finanziare le nuove funzioni di controllo sopra esaminate. Lo stesso comma dispone una conseguente riduzione lineare degli stanziamenti di spesa di parte corrente determinata dalla tabella C della legge finanziaria 2008

Si osserva, in proposito, che è necessario aggiornare il riferimento relativo alla fonte di copertura che dovrebbe essere alla legge finanziaria 2009 (L. 203/2008[52]).

Inoltre, considerando che la formulazione della norma parrebbe vincolare lo stanziamento esclusivamente all’esercizio di specifiche finalità, andrebbe valutata l’incidenza di tale disposizione con l’autonomia contabile e finanziaria della Corte dei conti.

 

Si ricorda, infatti, che la Corte di conti è dotata di una ampia autonomia finanziaria e organizzativa, quale strumento di indipendenza dell’organo: la Corte stabilisce con proprio regolamento le norme relative all’organizzazione, il funzionamento, la struttura dei bilanci e la gestione delle spese (art. 4, comma 1, L. 20/1994). Inoltre, la Corte, in analogia con tutti gli organi costituzionali, provvede autonomamente alla gestione delle spese il cui stanziamento è iscritto in unico capitolo del bilancio dello Stato allocato nello stato di previsione del Ministero dell’economia. La Corte provvede a redigere il bilancio consuntivo e il rendiconto che trasmette ai Presidenti delle Camere ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

 

Il Presidente della Corte dei conti (comma 5)

Il comma 5 dell’articolo in esame affida al Presidente della Corte dei conti nuovi poteri e funzioni.

 

In primo luogo viene ridefinita la procedura di presentazione al Parlamento della relazione prevista dall’art. 3, comma 63, della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007).

 

L’art 3, comma 62, della legge finanziaria 2008 prevede una riorganizzazione degli uffici della Corte dei conti, da attuare a livello regolamentare, finalizzata a coordinare le nuove funzioni istituzionali attribuite in materia di controlli dai commi 43-66 dell’articolo 3 (si tratta principalmente del controllo del rispetto dei limiti al trattamento economico dei dipendenti pubblici e dei consulenti della amministrazioni pubbliche introdotto dal comma 44 e dell’esame dei regolamenti degli enti locali relativi al conferimento di incarichi esterni di cui ai co. 56 e 57) con quelle già svolte dalla stessa.

In base alla disposizione, la riorganizzazione è inoltre tesa a rafforzare le attività della Corte riferite alla relazione annuale sul rendiconto generale dello Stato, ai controlli sulla gestione e al perseguimento delle priorità indicate dal Parlamento ai sensi dell’art. 3, co. 4, della L. 20/1994.

Ai fini della riorganizzazione degli uffici e servizi, si prevede che i regolamenti di organizzazione siano adottati dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, su proposta del Presidente della Corte stessa, il quale a sua volta formula le proposte con il parere del segretario generale, definendo obiettivi e programmi da adottare.

Il successivo comma 63 prevede che nel triennio 2008-2010, il Presidente della Corte dei conti trasmetta entro il 30 giugno una relazione al Parlamento nella quale dia conto delle misure di riorganizzazione previste in attuazione del comma 62, evidenziando in tale ambito anche gli strumenti ritenuti necessari per assicurare la posizione di autonomia e di indipendenza della Corte nella sua funzione di organo ausiliario del Parlamento ai sensi dell’art. 100 della Costituzione.

 

La disposizione in esame mantiene in capo al Presidente della Corte il compito di trasmettere la relazione alle Camere prevedendo altresì che:

§      sia sentito il parere dei Presidenti della sezione in fase di predisposizione della relazione,

§      la relazione sia comunicata al Governo;

§      copia della relazione sia trasmessa al Consiglio di Presidenza “per assicurare la piena coerenza tra la funzione di indirizzo politico-istituzionale intestata al Presidente e le specifiche funzioni demandate dalla legge al Consiglio”.

In secondo luogo, il Presidente assume il potere di autorizzare e revocare gli incarichi extra-istituzionali (dei magistrati della Corte dei conti) con o senza collocamento in posizione di fuori ruolo o aspettativa.

Attualmente gli incarichi esterni previsti da norme di legge o regolamentari sono attribuiti ai magistrati della Corte dal Consiglio di presidenza (DPR 388/1995, art. 3, 1° comma). È possibile, altresì, assumere altri incarichi, non previsti da leggi o regolamenti, solamente se non siano in contrasto con l’ordinamento. Questi ulteriori incarichi sono conferiti dal Presidente della Corte, previo parere del Consiglio di Presidenza (RD 1214/1934, art. 7, 4° comma).

In terzo luogo, al Presidente della Corte viene affidato il potere di avanzare proposte di riforme legislative e regolamentari in materia di finanza pubblica ai sensi dell’art. 41, ultimo capoverso, del testo unico sulla Corte dei conti (RD 1214/1934 che reca ancora le norme fondamentali della Corte dei conti). Tale norma prevede che, unitamente alla deliberazione sul Rendiconto generale dello Stato la Corte presenti una relazione deliberata dalle sezioni riunite della Corte articolata in tre parti recanti rispettivamente:

§      le motivazioni della apposizione con riserva del visto;

§      il giudizio sull’attività amministrativa e finanziaria delle diverse amministrazioni;

§      le eventuali proposte di modifica della disciplina, legislativa o regolamentare “sull’amministrazione e sui conti del pubblico denaro”.

Ai sensi della disposizioni in esame quest’ultima funzione, di natura consultiva, verrebbe sottratta dalla sezioni riunite e affidata al Presidente.

 

In quarto luogo, viene attribuito al Presidente della Corte il compito di determinare la “composizione nominativa” e le competenze delle sezioni riunite “in ogni funzione ad essa attribuita”.

Vengono in questo modo estese anche al Presidente della Corte dei conti alcune prerogative di recente attribuite al Presidente del Consiglio di Stato.

Il DL 112/2008, infatti, ha previsto che quest’ultimo con proprio provvedimento, all’inizio di ogni anno, sentito il Consiglio di Presidenza, individui le sezioni che svolgono funzioni giurisdizionali e consultive e determini le rispettive materie di competenza e la composizione, nonché la composizione della adunanza plenaria, organismo equivalente alle sezioni riunite della Corte dei conti (art. 54 del DL 112/2008 che introduce l’art. 1, 5° comma della L. 186/1982).

Attualmente la competenza in materia di composizione delle sezioni riunite della Corte dei conti è attribuita al Consiglio di presidenza.

 

Si ricorda preliminarmente che le sezioni riunite non sono un organismo unitario, in quanto esistono sezioni riunite per ciascuna funzione della Corte.

In particolare, le sezioni riunite in sede giurisdizionale hanno competenza a decidere sui conflitti di competenza e sulle questioni deferite dalle sezioni giurisdizionali centrali e regionali e in ogni circostanza su richiesta del procuratore generale. Ne fanno parte due presidenti di sezione e un numero di consiglieri determinato dal Consiglio di presidenza ogni anno. La presidenza è tenuta dallo stesso Presidente della Corte o da un presidente di sezione. Il numero minimo per la validità delle decisioni è di sette membri (art. 1, comma 7, DL 453/1993, conv. L. 19/1994).

Le sezioni riunite della Corte dei conti in sede di controllo e consultiva deliberano con un numero di votanti non inferiore a quindici e sono ripartite in collegi (composti ognuno da 34 magistrati), ciascuno dei quali preposto ad uno degli ambiti di competenza di tale organo. I membri di ogni collegio sono designati annualmente dal Consiglio di presidenza in base al principio della rotazione degli incarichi (art. 4, DL 543/1996, conv. L. 639/1996) [53].

 

Infine, una norma di chiusura affida al Presidente della Corte ogni altra funzione che la legge non attribuisca espressamente ad altro organo (collegiale o monocratico) della Corte.

 

Altri importanti compiti sono attribuiti al Presidente in virtù di disposizioni contenute in altre parti dell’articolo in esame: già si è detto sopra (comma 2) dei controlli su gestioni in corso di svolgimento le cui irregolarità sono comunicate all’amministrazione competente da parte del Presidente.

Inoltre, ai sensi del comma 6 (di cui si dirà appresso) al Presidente spettano rilevanti compiti in sede di formazione dell’ordine del giorno del Consiglio di presidenza.

 

Il Consiglio di presidenza

Il comma 6 interviene sul Consiglio di presidenza, l’organo di autogoverno della Corte, riducendone il numero dei membri, che passano da 17 a 11: in particolare, fermo restando il numero dei membri di diritto (3) e dei membri laici (4 di cui però cambiano i requisiti per la nomina), vengono ridotti da 10 a 4 i rappresentanti della magistratura contabile.

 

L’art. 10 della L. 117/1988 stabilisce la competenza del Consiglio di decidere in materia di questioni disciplinari dei magistrati della Corte dei conti. Il Consiglio ha inoltre diverse altre funzioni alcune delle quali sono già state esaminate nella presente scheda (conferimento di incarichi extra istituzionali ai magistrati, designazione dei componenti delle sezioni riunite, promozioni ecc.).

La composizione del Consiglio è stabilita dallo stesso art. 10 della legge 117 citata: ne fanno parte tre membri di diritto, il Presidente, il Presidente aggiunto (o, in sua assenza, il presidente di sezione più anziano) e il procuratore generale. I membri non togati sono quattro, scelti dai Presidenti delle Camere tra professori ordinari in materie giuridiche o avvocati con quindici anni di esercizio professionale. Completano il Consiglio 10 magistrati eletti con voto segreto da tutti i magistrati della Corte.

 

Il comma in esame, come detto, lascia inalterata la partecipazione dei membri di diritto e il numero dei membri laici (4). Per questi ultimi però si stabilisce che siano scelti tra i deputati ed i senatori nominati ai sensi dell’art. 10, comma 2, della citata legge 117/1988 che, come si è visto, prevede la scelta da parte dei Presidenti delle Camere tra tutti i cittadini che hanno determinati requisiti (professori in materie giuridiche o avvocati di esperienza).

In proposito si osserva che l’art. 10 della legge 117/1988 cui fa rinvio il comma in esame viene abrogato dal successivo comma 7 e che, pertanto, le due disposizioni andrebbero coordinate.

Il comma in esame non si limita a modificare la composizione del Consiglio di presidenza, ma ne integra la disciplina: tali integrazioni devono essere lette in connessione con l’abrogazione della principale fonte normativa in materia, il più volte citato art. 10 della legge 117.

In sintesi il comma in esame stabilisce:

§      la partecipazione alle riunioni del Consiglio del Segretario generale della Corte e il magistrato con funzioni di capo di gabinetto della Presidenza; costoro però hanno diritto di voto solamente se nominati relatori per l’affare in discussione;

§      l’attribuzione, come già accennato, al Presidente della Corte, delle “funzioni di iniziativa nel sottoporre al Consiglio gli affari da trattare” e del potere sottoporre le questioni direttamente al plenum del Consiglio, oppure di assegnarlo preventivamente ad una commissione per la fase istruttoria;

§      l’adozione da parte del Presidente di indicatori e strumenti di monitoraggio per misurare il livelli delle prestazioni lavorative dei magistrati;

§      la prerogativa assegnata al Presidente e ai componenti il Consiglio, i quali rispondono per i danni causati nell’esercizio delle proprie funzioni, unicamente nei casi di dolo o colpa grave.

 

Riguardo a quest’ultimo punto andrebbe chiarito se la parziale immunità riguarda solamente i fatti compiuti nell’esercizio delle funzioni di membro del Consiglio di presidenza, oggetto del comma in esame, oppure nello svolgimento di altre attività proprie della magistratura contabile.

 

Si ricorda, in proposito, che le norme generali sulla responsabilità dei magistrati (anche contabili) prevedono che l’azione contro lo Stato per il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale può essere intentata da coloro che hanno subìto un danno ingiusto per effetto di una azione posta in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia (art. 2, L. 117/1988).

 

Tutti le disposizioni sopra elencate innovano in modo rilevante la disciplina del Consiglio di presidenza, su cui incide anche il comma 7, che abroga la principale fonte di quella disciplina, ossia il citato art. 10 della legge 117/1988. In particolare, sono diverse le disposizioni ivi contenute che non troverebbero più applicazione in seguito alla sua soppressione, quali ad esempio la durata in carica dei membri togati (4 anni) e la non rieleggibilità per gli 8 anni successivi, l’obbligo del voto segreto per la loro elezione e le altre modalità elettorali.

Queste lacune sono in parte colmate facendo ricorso alla disciplina del Consiglio di presidenza del Consiglio di Stato (art. 7 L. 186/1982) le cui norme sono applicabili, in quanto compatibili, anche al consiglio di Presidenza della corte dei conti, in virtù di quanto espressamente disposto in questo senso dall’art. 18, comma 2, della L. 205/2000. Tra le norme applicabili, la durata in carica dei componenti elettivi, anche in questo caso di 4 anni, non immediatamente rieleggibili (art. 7, comma 3, L. 186/1982).

 

 


Testo a fronte

 


AS 847 - Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico

 

 

Testo presentato dal Governo (AS 847)

Testo approvato dal Senato (AC 2031)

Art. 1.

Art. 1.

(Delega al Governo in materia di riforma del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni)

(Delega al Governo in materia di riforma del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni)

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a riformare, anche mediante modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo e della relativa contrattazione collettiva per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

1. Identico

a) convergenza del mercato del lavoro pubblico con quello del lavoro privato;

a) convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro privato, con particolare riferimento al sistema delle relazioni sindacali;

b) miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure della contrattazione collettiva;

b) Identico

c) introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, finalizzati ad assicurare l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità;

c) Identico

d) valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali;

d) Identico

e) definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici;

e) Identico

f) affermazione del principio di concorsualità per l’accesso al lavoro pubblico e per le progressioni di carriera.

f) Identico

 

g) introduzione di strumenti che assicurino una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale, conformemente al principio della parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici, da garantire, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nell’osservanza dei princìpi e criteri direttivi fissati dai seguenti articoli, nonché nel rispetto del principio di pari opportunità, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e sono trasmessi alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, ed alle Commissioni parlamentari competenti, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nell’osservanza dei princìpi e criteri direttivi fissati dai seguenti articoli, nonché nel rispetto del principio di pari opportunità, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e previa intesa in sede di Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, relativamente all'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, lett. a), 3, 4 e 5, nonché previo parere della medesima Conferenza relativamente all'attuazione delle restanti disposizioni della presente legge, sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti, le quali esprimono il proprio parere entro quarantacinque giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di sessanta giorni.

3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare eventuali disposizioni integrative correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri.

3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri.

4. I decreti legislativi di cui al comma 1 individuano le disposizioni rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, e quelle contenenti princìpi generali dell’ordinamento giuridico.

4. I decreti legislativi di cui al comma 1 individuano le disposizioni rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, e quelle contenenti princìpi generali dell’ordinamento giuridico, ai quali si adeguano le Regioni e gli enti locali negli ambiti di rispettiva competenza.

5. I princìpi e i criteri di delega contenuti nella presente legge si applicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri solo in quanto compatibili con lo specifico ordinamento, e nel rispetto delle funzioni di indirizzo e coordinamento attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri, anche attraverso il ricorso ad apposita disciplina.

5. Le disposizioni della presente legge si applicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri, salvo che risultino incompatibili con la specificità del relativo ordinamento.

 

 

Art. 2.

Art. 2.

(Princìpi e criteri in materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche)

(Princìpi e criteri in materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche)

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della contrattazione collettiva nel settore pubblico al fine di conseguire una migliore organizzazione del lavoro e ad assicurare il rispetto della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge e quelle sottoposte alla contrattazione collettiva.

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della contrattazione collettiva nel settore pubblico al fine di conseguire una migliore organizzazione del lavoro e ad assicurare il rispetto della ripartizione tra le materie sottoposte alla legge nonché, sulla base di questa, ad atti organizzativi e all'autonoma determinazione dei dirigenti, e quelle sottoposte alla contrattazione collettiva.

2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Identico

a) definire e precisare gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge;

a) precisare, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge, fermo restando che è riservata alla contrattazione collettiva la determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro;

b) prevedere, in ogni caso, che siano definite ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti materie:

soppressa

1) organizzazione degli uffici;

soppressa

2) criteri generali, metodi, procedure e finalità della valutazione del personale;

soppressa

3) individuazione degli strumenti volti a premiare e ad incentivare la produttività e la qualità della prestazione lavorativa, ferme restando le competenze della contrattazione collettiva in materia di trattamento economico;

soppressa

4) regime della responsabilità, ivi compresi i princìpi in materia di tipologia delle infrazioni, delle relative sanzioni e del procedimento disciplinare in conformità con quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

soppressa

5) criteri generali in materia di progressione professionale a carattere concorsuale;

soppressa

c) fare in ogni caso salvo quanto previsto dagli articoli 2, comma 2, secondo periodo, e 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

b)Identico

d) prevedere meccanismi periodici di monitoraggio sull’effettività e congruenza, anche in relazione agli specifici andamenti ed alle esigenze della contrattazione collettiva, della ripartizione delle materie affidate alla regolamentazione della legge o dei contratti collettivi, anche al fine di modificarne i relativi ambiti di competenza;

c)prevedere meccanismi di monitoraggio sull'effettività e congruenza della ripartizione delle materie attribuite alla regolazione della legge o dei contratti collettivi;

e) prevedere lo strumento dell’inserzione automatica delle disposizioni legislative inderogabili in caso di nullità delle clausole contrattuali per violazione di norme imperative e dei limiti fissati alla contrattazione collettiva;

d)prevedere l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, in caso di nullità delle clausole contrattuali per violazione di norme imperative e dei limiti fissati alla contrattazione collettiva;

f) individuare criteri di regolazione della contrattazione collettiva integrativa al fine di evitare superamenti dei vincoli di bilancio anche mediante la fissazione di tetti o di bande di oscillazione tra minimo e massimo;

e) individuare criteri per la fissazione di vincoli alla contrattazione collettiva al fine di assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio, anche mediante limiti massimi di spesa ovvero limiti minimi e massimi di spesa;

g) prevedere ai fini dell’accertamento dei costi della contrattazione integrativa, uno schema standardizzato di relazione tecnica recante i contenuti minimi necessari per la valutazione degli organi di controllo, della compatibilità economico-finanziaria; prevedere adeguate forme di pubblicizzazione ai fini della valutazione, da parte dell’utenza, dell’impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento evidenziando le richieste e le previsioni di interesse per la collettività;

f) prevedere, ai fini dell’accertamento dei costi della contrattazione integrativa, uno schema standardizzato di relazione tecnica recante i contenuti minimi necessari per la valutazione degli organi di controllo sulla compatibilità economico-finanziaria, nonché adeguate forme di pubblicizzazione ai fini della valutazione, da parte dell’utenza, dell’impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento evidenziando le richieste e le previsioni di interesse per la collettività;

h) potenziare le amministrazioni interessate al controllo attraverso il trasferimento di personale in mobilità ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127;

g) Identico

i) riordinare le procedure di contrattazione collettiva, anche integrativa, e riformare l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), con particolare riguardo alle competenze, alla struttura ed agli organi della medesima Agenzia, secondo i seguenti criteri:

h) riordinare le procedure di contrattazione collettiva nazionale, in coerenza con il settore privato e nella salvaguardia delle specificità sussistenti nel settore pubblico, nonché quelle della contrattazione integrativa e riformare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), con particolare riguardo alle competenze, alla struttura ed agli organi della medesima Agenzia, secondo i seguenti criteri:

1) rafforzamento dell’indipendenza dell’ARAN dalle organizzazioni sindacali anche attraverso la revisione dei requisiti soggettivi e delle incompatibilità dei componenti dei relativi organi, con particolare riferimento ai periodi antecedenti e successivi allo svolgimento dell’incarico, e del personale dell’Agenzia;

1) Identico

2) potenziamento del potere di rappresentanza delle Regioni e degli enti locali;

2) Identico

3) ridefinizione della struttura e delle competenze dei comitati di settore;

3) ridefinizione della struttura e delle competenze dei comitati di settore rafforzandone il potere direttivo nei confronti dell'ARAN;

4) riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione, ferma restando la competenza della contrattazione collettiva per l’individuazione della relativa composizione, anche con riferimento alle aziende ed enti di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n.165 del 2001, e successive modificazioni;

4) Identico

5) modificazione, in coerenza con il settore privato, della durata dei contratti al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo di regolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica;

5) Identico

6) rafforzamento del regime dei controlli sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo specifiche responsabilità delle parti contraenti e degli organismi deputati al controllo sulla compatibilità dei costi;

6) rafforzamento del regime dei vigenti controlli sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo specifiche responsabilità della parte contraente pubblica e degli organismi deputati al controllo sulla compatibilità dei costi;

 

7) semplificazione del procedimento di contrattazione anche attraverso l'eliminazione di quei controlli che non sono strettamente funzionali a verificare la compatibilità dei costi degli accordi collettivi;

 

 

i) introdurre norme di raccordo per armonizzare con gli interventi di cui alla lettera h), i procedimenti negoziali, di contrattazione e di concertazione di cui all'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 ed ai decreti legislativi 12 maggio 1995, n. 195, 19 maggio 2000, n. 139, 13 ottobre 2005, n. 217 e 15 febbraio 2006, n. 63;

 

 

l) prevedere che le pubbliche amministrazioni attivino autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione, sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, con possibilità di ambito territoriale e di riferimento a più amministrazioni;

 

l) prevedere l’imputabilità della spesa per il personale rispetto ai servizi erogati e definire le modalità di pubblicità degli atti riguardanti la spesa per il personale e dei contratti attraverso gli istituti e gli strumenti previsti dal codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

m) Identico

 

 

 

 

Art. 3.

Art. 3.

 

(Princìpi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche)

(Principi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche e di azione collettiva: disposizioni sul principio di trasparenza nelle amministrazioni pubbliche)

 

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzata a modificare ed integrare la disciplina del sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici dell’intero procedimento di produzione del servizio reso all’utenza tramite la valorizzazione del risultato ottenuto dalle singole strutture.

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzata a modificare ed integrare la disciplina del sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici dell’intero procedimento di produzione del servizio reso all’utenza tramite la valorizzazione del risultato ottenuto dalle singole strutture, a prevedere mezzi di tutela giurisdizionale degli interessati nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che si discostano dagli standard qualitativi ed economici fissati o che violano le norme preposte al loro operato, nonché a prevedere l’obbligo per le amministrazioni, i cui indicatori di efficienza o produttività risultino peggiori rispetto alla media delle amministrazioni omologhe, di fissare ai propri dirigenti l’obiettivo di allineamento alla media entro un termine ragionevole e, infine, a prevedere l’attivazione di canali di comunicazione diretta utilizzabili dai cittadini per la segnalazione di disfunzioni di qualsiasi natura nelle amministrazioni pubbliche.

 

2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Identico

 

a) individuare sistemi di valutazione delle amministrazioni pubbliche diretti a rilevare, anche mediante ricognizione e utilizzo delle fonti informative esistenti in materia, la corrispondenza dei servizi e dei prodotti resi ad oggettivi standard di qualità, rilevati anche a livello internazionale;

a) individuare sistemi di valutazione delle amministrazioni pubbliche diretti a rilevare, anche mediante ricognizione e utilizzo delle fonti informative anche interattive esistenti in materia, nonché con il coinvolgimento degli utenti, la corrispondenza dei servizi e dei prodotti resi ad oggettivi standard di qualità, rilevati anche a livello internazionale;

 

b) prevedere l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di predisporre, con periodicità annuale, un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale, correlato al rendimento individuale ed al risultato conseguito dalla struttura;

b) prevedere l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di predisporre, in via preventiva, gli obiettivi che l'amministrazione si pone per ciascun anno e di rilevare, in via consuntiva, quanta parte degli obiettivi dell'anno precedente è stata effettivamente conseguita, assicurandone la pubblicità per i cittadini, anche al fine di realizzare un sistema di indicatori di produttività e di misuratori della qualità del rendimento del personale, correlato al rendimento individuale ed al risultato conseguito dalla struttura;

 

 

c) prevedere l'organizzazione di confronti pubblici annuali sul funzionamento e sugli obiettivi di miglioramento di ciascuna amministrazione, con la partecipazione di associazioni di consumatori e utenti, organizzazioni sindacali, studiosi e organi di informazione, e la diffusione dei relativi contenuti mediante adeguate forme di pubblicità, anche in modalità telematica;

 

 

d) promuovere la confrontabilità tra le prestazioni omogenee delle pubbliche amministrazioni anche al fine di consentire la comparazione delle attività e dell’andamento gestionale nelle diverse sedi territoriali ove si esercita la pubblica funzione, stabilendo annualmente a tal fine indicatori di andamento gestionale, comuni alle diverse amministrazioni pubbliche o stabiliti per gruppi omogenei di esse, da adottare all’interno degli strumenti di programmazione, gestione e controllo e negli strumenti di valutazione dei risultati;

 

c) riordinare gli organismi che svolgono funzioni di controllo e valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche secondo i seguenti criteri:

e) Identico

 

1) estensione della valutazione a tutto il personale dipendente;

1) Identico

 

 

2) estensione della valutazione anche ai comportamenti organizzativi dei dirigenti

 

2) definizione di requisiti di elevata professionalità ed esperienza dei componenti degli organismi di valutazione;

3) Identico

 

3) assicurazione della piena autonomia della valutazione;

4) assicurazione della piena indipendenza e autonomia del processo di valutazione, nel rispetto delle metodologie e degli standard definiti dall'organismo di cui alla lettera f);

 

d) prevedere l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica, eventualmente in raccordo con altri enti o soggetti pubblici, di un organismo centrale che opera in raccordo con il Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato con il compito di validare i sistemi di valutazione adottati dalle singole amministrazioni centrali, indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio delle funzioni di valutazione, nonché di informare annualmente il Ministro per l’attuazione del programma di Governo sull’attività svolta. I componenti del predetto organismo sono scelti tra persone di elevata professionalità, anche estranee all’amministrazione, prestano la loro collaborazione a titolo gratuito e sono nominati, nel rispetto del principio di equilibrio di genere, dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro per l’attuazione del programma di Governo, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari;

f) prevedere, nell'ambito del riordino dell'ARAN di cui all'articolo 2, l'istituzione, in posizione autonoma e indipendente, di un organismo centrale che opera in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed eventualmente in raccordo con altri enti o istituzioni pubbliche, con il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di cui alle lettere a) e b), di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il Ministro per l'attuazione del programma di Governo sull'attività svolta. I componenti, in numero non superiore a cinque, sono scelti tra persone di elevata professionalità, anche estranee all'amministrazione, che non abbiano interessi di qualsiasi natura in conflitto con le funzioni dell'organismo, con comprovate competenze in Italia o all'estero nelle materie attinenti la definizione dei sistemi di cui alle lettere a) e b), e sono nominati, nel rispetto del principio della rappresentanza di genere, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, per un periodo di sei anni e previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari, espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti;

 

e) assicurare la totale accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione tramite la pubblicità e la trasparenza degli indicatori e delle valutazioni operate da ciascuna pubblica amministrazione;

g)assicurare la totale accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione tramite la pubblicità e la trasparenza degli indicatori e delle valutazioni operate da ciascuna pubblica amministrazione, anche attraverso:

 

 

1) la disponibilità immediata mediante la rete internet di tutti i dati sui quali si basano le valutazioni, affinché possano essere oggetto di autonoma analisi ed elaborazione;

 

 

2) il confronto periodico tra valutazioni operate dall'interno delle amministrazioni e valutazioni operate dall'esterno, ad opera delle associazioni di consumatori o utenti, dei centri di ricerca e di ogni altro osservatore qualificato;

 

 

3) l'adozione da parte delle pubbliche amministrazioni, sentite le associazioni di cittadini, consumatori e utenti rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di un programma per la trasparenza, di durata triennale, da rendere pubblico anche attraverso i siti web delle pubbliche amministrazioni, definito in conformità agli obiettivi di cui al comma 1;.

 

f) ampliamento dei poteri ispettivi con riferimento alle verifiche ispettive integrate di cui all’articolo 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

h) prevedere l’ampliamento dei poteri ispettivi con riferimento alle verifiche ispettive integrate di cui all’articolo 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni.

 

 

i) consentire a ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonché dei concessionari di servizi pubblici, se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall'omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali derivi la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori, nel rispetto dei seguenti criteri:

 

 

1) consentire la proposizione dell'azione anche ad associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati;

 

 

2) devolvere il giudizio alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo;

 

 

3) prevedere che il ricorso sia preceduto da una diffida all'amministrazione o al concessionario ad assumere, entro un termine fissato dai decreti legislativi, le iniziative utili alla soddisfazione degli interessati;

 

 

4) prevedere che, nei casi di perdurante inadempimento di una pubblica amministrazione, possa essere disposta, dal giudice amministrativo, la nomina di un commissario;

 

 

5) prevedere che la sentenza definitiva comporti l'obbligo di attivare le procedure relative all'accertamento di eventuali responsabilità disciplinari o dirigenziali;

 

 

6) prevedere forme di idonea pubblicità del procedimento giurisdizionale e della sua conclusione.

 

 

3. Per il funzionamento dell'organismo di cui al comma 2, lettera f), è autorizzata la spesa massima di 4 milioni di euro per il 2009 e di 8 milioni di euro a decorrere dal 2010, compresi i compensi ai componenti. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1, comma 227, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di organizzazione dell'organismo e fissati i compensi per i componenti.

 

3. Dall’attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

4. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, ad eccezione del comma 2, lettera f), non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

5. La trasparenza costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

 

 

6. Ai fini del comma 5 la trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti internet delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta in proposito dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei princìpi di buon andamento e imparzialità.

 

 

7. Le amministrazioni pubbliche adottano ogni iniziativa utile a promuovere la massima trasparenza nella propria organizzazione e nella propria attività.

 

 

8. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale.

 

 

 

 

Art. 4.

Art. 4.

 

(Princìpi e criteri finalizzati a favorire il merito e la premialità)

(Princìpi e criteri finalizzati a favorire il merito e la premialità)

 

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato ad introdurre nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa, vincolanti per la contrattazione collettiva, anche mediante l’affermazione del principio di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera e nel riconoscimento degli incentivi.

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato ad introdurre nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa, secondo le modalità attuative stabilite dalla contrattazione collettiva, anche mediante l’affermazione del principio di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera e nel riconoscimento degli incentivi.

 

2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Identico

 

a) stabilire percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa misurazione, secondo criteri oggettivi, del contributo e del rendimento del singolo dipendente formulati in relazione al risultato, evitando la corresponsione generalizzata ed indifferenziata di indennità e premi incentivanti a tutto il personale;

a) stabilire percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa valutazione del contributo e del rendimento del singolo dipendente formulati in relazione al risultato, evitando la corresponsione generalizzata ed indifferenziata di indennità e premi incentivanti a tutto il personale;

 

 

b) prevedere che la valutazione positiva conseguita dal dipendente in un congruo arco temporale costituisca un titolo rilevante ai fini della progressione in carriera e dei concorsi riservati al personale interno;

 

b) destinare al personale, direttamente e proficuamente coinvolto nei processi di ristrutturazione e razionalizzazione, parte delle economie conseguite con risparmi sui costi di funzionamento;

c) Identico

 

c) stabilire che le progressioni meramente economiche avvengano secondo princìpi di selettività;

d) Identico

 

d) definire una riserva di accesso dall’esterno alle posizioni economiche apicali nell’ambito delle rispettive aree funzionali, anche tramite un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione;

e) Identico

 

e) stabilire che le progressioni di carriera avvengano per concorso pubblico, limitando le aliquote da destinare al personale interno ad una quota comunque non superiore al 50 per cento;

f) Identico

 

f) individuare specifici e ulteriori criteri premiali per il personale coinvolto in progetti innovativi che ampliano i servizi al pubblico, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

g) Identico

 

 

 

 

Art. 5

Art. 5

 

(Princìpi e criteri in materia di dirigenza pubblica)

(Princìpi e criteri in materia di dirigenza pubblica. Modifica all’articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133)

 

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della dirigenza pubblica, al fine di conseguire la migliore organizzazione del lavoro e di assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato, nonché al fine di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico e di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti.

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina della dirigenza pubblica, al fine di conseguire la migliore organizzazione del lavoro e di assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate al pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato, nonché al fine di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico e di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti, anche attraverso la ridefinizione dell'ambito di applicazione delle norme in materia di indirizzo politico-amministrativo relative all'assegnazione degli incarichi dirigenziali, di cui agli articoli 14 e 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo.

 

2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Identico

 

a) affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane, attraverso il riconoscimento in capo allo stesso della competenza esclusiva con particolare riferimento alle seguenti materie:

a) affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane, attraverso il riconoscimento in capo allo stesso della competenza con particolare riferimento ai seguenti ambiti:

 

1) individuazione dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ufficio cui è preposto;

1) individuazione dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ufficio al quale è preposto;

 

2) valutazione del personale e conseguente riconoscimento degli incentivi alla produttività;

2) Identico;

 

3) utilizzo dell’istituto della mobilità individuale di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo criteri oggettivi finalizzati ad assicurare la trasparenza delle scelte operate;

3) Identico;

 

b) prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente, in relazione agli effettivi poteri datoriali, nel caso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull’efficienza della relativa struttura;

b) prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente, in relazione agli effettivi poteri datoriali, nel caso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull’efficienza della relativa struttura nonché, all'esito dell'accertamento della predetta responsabilità, il divieto di corrispondergli il trattamento economico accessorio;

 

 

c) prevedere la decadenza dal diritto al trattamento economico accessorio nei confronti del dirigente il quale, senza giustificato motivo, non abbia avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti, nei casi in cui sarebbe stato dovuto

 

 

d) limitare la responsabilità civile dei dirigenti alle ipotesi di dolo e di colpa grave, in relazione alla decisione di avviare il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti della pubblica amministrazione di appartenenza;

 

 

e) prevedere sanzioni adeguate per le condotte dei dirigenti i quali, pur consapevoli di atti posti in essere dai dipendenti, rilevanti ai fini della responsabilità disciplinare, omettano di avviare il procedimento disciplinare entro i termini di decadenza previsti, ovvero in ordine a tali atti rendano valutazioni irragionevoli o manifestamente infondate;

 

c) rivedere in senso meritocratico la disciplina dell’accesso alla dirigenza prevedendo, in particolare, che l’accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche concorsuali per una percentuale dei posti, altresì adottando le necessarie misure volte a mettere a regime il nuovo sistema di accesso in raccordo con il regime vigente;

f) prevedere che l'accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche concorsuali per una percentuale dei posti, adottando le necessarie misure volte a mettere a regime il nuovo sistema di accesso in raccordo con il regime vigente e prevedere, inoltre, che l'accesso sia subordinato a un periodo di formazione, non inferiore a quattro mesi, presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale, secondo modalità determinate da ciascuna amministrazione d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica e con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, tenuto anche conto delle modalità previste nell'articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilendo che, mediante intesa fra gli stessi soggetti istituzionali, sia concordato un apposito programma per assicurare un'adeguata offerta formativa ai fini dell'immediata applicazione della disciplina nel primo biennio successivo alla sua entrata in vigore;

 

d) ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità ed ai princìpi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell’incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati, secondo i sistemi di valutazione adottati dall’amministrazione, e limitando i casi di conferimento, rispetto a quanto previsto dalle norme vigenti, degli incarichi ai dirigenti non appartenenti ai ruoli ed ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione;

g) ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, adeguando la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità ed ai princìpi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell’incarico dirigenziale ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati valutati sulla base dei criteri e degli obiettivi indicati al momento del conferimento dell'incarico, secondo i sistemi di valutazione adottati dall’amministrazione, e ridefinire, altresì, la disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli, prevedendo comunque la riduzione, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, delle quote percentuali di dotazione organica entro cui è possibile il conferimento degli incarichi medesimi;

 

e) ridefinire e ampliare le competenze del Comitato dei garanti di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con particolare riferimento alla verifica sul rispetto dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi, nonché sull’effettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento o mancata conferma degli incarichi;

h) ridefinire e ampliare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le competenze e la struttura del Comitato dei garanti di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con particolare riferimento alla verifica sul rispetto dei criteri di conferimento o di mancata conferma degli incarichi, nonché sull’effettiva adozione ed utilizzo dei sistemi di valutazione al fine del conferimento o mancata conferma degli incarichi;

 

f) valorizzare le eccellenze nel raggiungimento degli obiettivi fissati mediante erogazione mirata del trattamento economico accessorio ad un numero limitato di dirigenti nell’ambito delle singole strutture cui può essere attribuita la misura massima del trattamento medesimo in base ai risultati ottenuti nel procedimento di valutazione di cui all’articolo 3;

i) Identico

 

g) rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e rafforzarne l’autonomia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e all’autorità politica;

l) Identico

 

h) semplificare la disciplina della mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di renderne più ampia l’applicazione e di valorizzare il relativo periodo lavorativo ai fini del conferimento degli incarichi;

m) Identico

 

 

n) promuovere la mobilità professionale e intercompartimentale dei dirigenti, con particolare riferimento al personale dirigenziale appartenente a ruoli che presentano situazioni di esubero;

 

 

o) prevedere che la componente della retribuzione legata al risultato sia fissata per i dirigenti in una misura non inferiore al 30 per cento della retribuzione complessiva;

 

i) stabilire il divieto di corrispondere l’indennità di risultato ai dirigenti qualora le amministrazioni di appartenenza non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i princìpi contenuti nella presente legge.

p) stabilire il divieto di corrispondere l’indennità di risultato ai dirigenti qualora le amministrazioni di appartenenza, decorso il periodo transitorio fissato dai decreti legislativi di cui al presente articolo, non abbiano predisposto sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i princìpi contenuti nella presente legge.

 

 

3. Al comma 11 dell’articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e ai primari ospedalieri».

 

 

 

 

Art. 6.

Art. 6.

 

(Princìpi e criteri in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici)

(Princìpi e criteri in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici)

 

1. L’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo è finalizzato a modificare la disciplina delle sanzioni disciplinari e della responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle norme speciali vigenti in materia, al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici contrastando i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo. Nell’ambito delle suddette norme sono individuate le disposizioni inderogabili inserite di diritto nel contratto collettivo ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.

1. Identico

 

2. Nell’esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Identico

 

a) semplificare le fasi dei procedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quelli per le infrazioni di minore gravità, nonché accelerare i termini del procedimento disciplinare, escludendo la natura perentoria di quelli che non attengono a fasi o ad attività che incidono direttamente sul diritto di difesa del dipendente e prevedendo l’obbligo della comunicazione immediata, per via telematica, della sentenza di condanna penale ai soggetti interessati;

a)semplificare le fasi dei procedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quelli per le infrazioni di minore gravità, nonché razionalizzare i tempi del procedimento disciplinare, anche ridefinendo la natura e l'entità dei relativi termini e prevedendo strumenti per una sollecita ed efficace acquisizione delle prove, oltre all'obbligo della comunicazione immediata, per via telematica, della sentenza penale alle amministrazioni interessate;

 

b) prevedere che il procedimento disciplinare possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimento penale, stabilendo eventuali meccanismi di raccordo all’esito di quest’ultimo;

b) Identico

 

c) definire la tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l’irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento, ivi comprese quelle relative a casi di scarso rendimento, di attestazioni non veritiere di presenze e di presentazione di certificati medici non veritieri da parte di pubblici dipendenti, prevedendo altresì, in relazione a queste due ultime ipotesi di condotta, una fattispecie autonoma di reato, con applicazione di una sanzione non inferiore a quella stabilita per il delitto di cui all’articolo 640, secondo comma, del codice penale e la procedibilità d’ufficio;

c) Identico

 

d) introdurre meccanismi più rigorosi per l’esercizio dei controlli medici durante il periodo di assenza per malattia del dipendente e prevedere, in particolare, la responsabilità disciplinare ed il licenziamento per giusta causa del medico, se pubblico dipendente, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero vìoli i canoni di ordinaria diligenza nell’accertamento della patologia;

d) prevedere meccanismi rigorosi per l'esercizio dei controlli medici durante il periodo di assenza per malattia del dipendente,nonché la responsabilità disciplinare e, se pubblico dipendente, il licenziamento per giusta causa del medico, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero violi i canoni di diligenza professionale nell'accertamento della patologia;

 

e) prevedere, a carico del dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché del danno all’immagine subito dall’amministrazione;

e) Identico

 

 

f) prevedere il divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici o strutture che siano stati individuati per grave inefficienza e improduttività;

 

f) prevedere ipotesi di illecito disciplinare in relazione alla condotta colposa del pubblico dipendente che abbia determinato la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento dei danni;

g) Identico

 

g) prevedere procedure e modalità per il collocamento a disposizione ed il licenziamento, nel rispetto del principio del contraddittorio, del personale che abbia arrecato grave danno al normale funzionamento degli uffici di appartenenza per inefficienza o incompetenza professionale;

h) Identico

 

h) prevedere la responsabilità, per mancato esercizio o per decadenza dell’azione disciplinare dovuta a negligenza, dell’organo procedente;

i) prevedere ipotesi di illecito disciplinare nei confronti dei soggetti responsabili, per negligenza, del mancato esercizio o della decadenza dell'azione disciplinare;

 

 

l) prevedere la responsabilità erariale dei dirigenti degli uffici in caso di mancata individuazione delle unità in esubero;

 

i) ampliare i poteri disciplinari assegnati al dirigente prevedendo, altresì, l’erogazione di sanzioni conservative quali, tra le altre, la multa o la sospensione del rapporto di lavoro, nel rispetto del principio del contraddittorio.

m) Identico

 

 

n) prevedere l'equipollenza tra la affissione del codice disciplinare all'ingresso della sede di lavoro e la sua pubblicazione nel sito web dell'amministrazione;

 

 

o) abolire i collegi arbitrali di disciplina vietando espressamente di istituirli in sede di contrattazione collettiva.

 

 

 

 

 

Art. 7

 

 

(Norma interpretativa in materia di vicedirigenza)

 

 

1. L'articolo 17-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la vicedirigenza può essere istituita e disciplinata esclusivamente ad opera e nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento, che ha facoltà di introdurre una specifica previsione al riguardo. Il personale in possesso dei requisiti previsti dal predetto articolo può essere destinatario della disciplina della vicedirigenza soltanto a seguito dell'avvenuta istituzione di quest'ultima da parte della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento. Sono fatti salvi gli effetti dei giudicati formatisi alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

 

 

 

Art. 8.

 

 

(Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro - CNEL).

 

 

1. Dopo l'articolo 10 della legge 30 dicembre 1986 n. 936 è inserito il seguente:

 

 

“Art. 10-bis. – (Ulteriori attribuzioni).

- 1. In attuazione di quanto previsto dall'articolo 99 della Costituzione il CNEL, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente:

 

 

a) redige una Relazione annuale al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini;

 

 

b) raccoglie e aggiorna l'Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nel settore pubblico, con particolare riferimento alla contrattazione decentrata e integrativa di secondo livello, predisponendo una relazione annuale sulla stato della contrattazione collettiva nelle pubbliche amministrazioni con riferimento alle esigenze della vita economica e sociale;

 

 

c) promuove e organizza lo svolgimento di una conferenza annuale sull'attività compiuta dalle amministrazioni pubbliche, con la partecipazione di rappresentanti delle categorie economiche e sociali, delle associazioni dei consumatori e degli utenti, di studiosi qualificati e di organi di informazione, per la discussione e il confronto sull'andamento dei servizi delle pubbliche amministrazioni e sui problemi emergenti”.

 

 

 

 

 

Art. 9.

 

 

(Corte dei conti)

 

 

1. Le disposizioni di delega della presente legge non si applicano alle funzioni della Corte dei conti che restano disciplinate dalle norme vigenti in materia, come integrate dalle disposizioni del presente articolo.

 

 

2. La Corte dei conti, anche a richiesta delle competenti commissioni parlamentari ovvero del Consiglio dei Ministri, può effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento. Ove accerti gravi irregolarità gestionali ovvero gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme, nazionali o comunitarie, ovvero da direttive del Governo, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le cause e provvede, con decreto motivato del Presidente, su proposta della competente sezione, a darne comunicazione, anche con strumenti telematici idonei allo scopo, al Ministro competente. Questi, con decreto da comunicare al Parlamento e alla presidenza della Corte, sulla base delle proprie valutazioni, anche di ordine economico-finanziario, può disporre la sospensione dell'impegno di somme stanziate sui pertinenti capitoli di spesa. Qualora emergano rilevanti ritardi nella realizzazione di piani e programmi, nell'erogazione di contributi ovvero nel trasferimento di fondi, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le cause, e provvede, con decreto motivato del Presidente, su proposta della competente sezione, a darne comunicazione al Ministro competente. Entro sessanta giorni l'amministrazione competente adotta i provvedimenti idonei a rimuovere gli impedimenti, ferma restando la facoltà del Ministro, con proprio decreto da comunicare alla presidenza della Corte, di sospendere il termine stesso per il tempo da esso ritenuto necessario ovvero di comunicare, al Parlamento ed alla presidenza della Corte, le ragioni che impediscono di ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte.

 

 

3. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, di cui all'articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, previo concerto con il Presidente della Corte, possono fare applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo nei confronti delle gestioni pubbliche regionali o degli Enti locali. In tal caso la facoltà attribuita al Ministro competente si intende attribuita ai rispettivi organi di Governo e l'obbligo di riferire al Parlamento è da adempiere nei confronti delle rispettive Assemblee elettive.

 

 

4. Gli atti, i documenti e le notizie che la Corte dei conti può acquisire ai sensi dell'articolo 3, comma 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e delle norme ivi richiamate, sono anche quelli formati o conservati in formato elettronico.

 

 

5. Il Presidente della Corte dei conti, quale organo di governo dell'istituto, sentito il parere dei presidenti di sezione della Corte medesima, presenta annualmente al Parlamento, e comunica al Governo, la relazione di cui all'articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Ne trasmette copia al Consiglio di presidenza della Corte dei conti per assicurare la piena coerenza tra la funzione di indirizzo politico-istituzionale intestata al Presidente medesimo e le specifiche funzioni demandate dalla legge al Consiglio medesimo. Esercita ogni altra funzione non espressamente attribuita da norme di legge ad altri organi collegiali o monocratici della Corte. Provvede ad autorizzare, nei casi consentiti dalle norme, gli incarichi extra-istituzionali, con o senza collocamento in posizione di fuori ruolo o aspettativa. Revoca gli incarichi extra-istituzionali in corso di svolgimento, per sopravvenute esigenze di servizio della Corte. Può esercitare la facoltà di cui all'articolo 41, ultimo capoverso, del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Si applica al Presidente della Corte dei conti, per la composizione nominativa e per la determinazione delle competenze delle sezioni riunite, in ogni funzione ad esse attribuita, ferme restando le previsioni organiche vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, la disposizione di cui all'articolo 1, quinto comma, della legge 27 aprile 1982, n. 186, introdotto dall'articolo 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

 

6. Il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, quale organo di amministrazione del personale di magistratura, esercita le funzioni ad esso espressamente attribuite da norme di legge. È composto dal Presidente della Corte, che lo presiede, dal Presidente aggiunto, dal Procuratore generale, da quattro rappresentanti del Parlamento nominati ai sensi dell'articolo 10, comma 2, lettera d), della legge 13 aprile 1988, n. 117, e da quattro magistrati eletti da tutti i magistrati della Corte. Alle sedute del Consiglio possono partecipare il Segretario generale della Corte ed il magistrato addetto alla presidenza con funzioni di capo di gabinetto, con diritto di voto solo qualora siano, per specifiche questioni, designati relatori. Il Presidente della Corte ha le funzioni di iniziativa nel sottoporre al Consiglio di presidenza gli affari da trattare e può disporre che le questioni siano previamente istruite dalle commissioni ovvero sottoposte direttamente al plenum. Il Consiglio di presidenza, su proposta del Presidente della Corte, adotta idonei indicatori e strumenti di monitoraggio per misurare i livelli delle prestazioni lavorative rese dai magistrati. Il Presidente e i componenti del Consiglio di presidenza rispondono, per i danni causati nell'esercizio delle proprie funzioni, soltanto nei casi di dolo o colpa grave.

 

 

7. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore il 1° gennaio 2009. Sono abrogate le disposizioni di cui all'articolo 10 della legge 13 aprile 1988, n. 117, nonché ogni altra norma, contrarie o incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

 

 

8. Per lo svolgimento delle funzioni di controllo di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009. All'onere conseguente si provvede mediante riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

 


Normativa nazionale

 


 

Articolo 117 della Costituzione

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».


R.D. 12 luglio 1934, n. 1214
Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti(art. 41)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 1° agosto 1934, n. 179.

(2)  Emanato in virtù degli artt. 32 e 35, L. 3 aprile 1933, n. 255, che recava modificazioni all'ordinamento della Corte dei conti. I limiti originari di somma comunque indicati nel presente decreto, già aumentati prima di 60 volte dalla L. 10 dicembre 1953, n. 936, poi di 240 volte dal D.P.R. 30 giugno 1972, n. 422 (questo aumento ha assorbito il precedente), sono stati, da ultimo, così elevati di 1000 volte dall'art. 20, D.P.R. 20 aprile 1994, n. 367, che ha altresì fatto salve le disposizioni legislative e regolamentari che abbiano aumentato gli originari limiti di somma in misura superiore a quella indicata dallo stesso articolo. L'art. 20 del suddetto decreto è entrato in vigore il 1° novembre 1995, in virtù dell'art. 2, D.L. 28 agosto 1995, n. 359.

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È approvato l'unito testo unico delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti, composto di novantanove articoli, visto, d'ordine nostro, dal Capo del Governo primo Ministro segretario di Stato.

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(omissis)

Art. 41. (art. 31, legge 14 agosto 1862, n. 800). - Alla deliberazione di cui al precedente articolo è unita una relazione fatta dalla Corte a sezioni riunite nella quale questa deve esporre:

 

le ragioni Per le quali ha apposto con riserva il suo visto a mandati o ad altri atti o decreti;

 

le sue osservazioni intorno al modo col quale le varie amministrazioni si sono conformate alle discipline di ordine amministrativo o finanziario;

 

le variazioni o le riforme che crede opportune per il perfezionamento delle leggi e dei regolamenti sull'amministrazione e sui conti del pubblico denaro.

(omissis)


D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18
Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri (art. 112)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 febbraio 1967, n. 44, S.O.

(2) Le norme del presente decreto devono essere coordinate con quelle contenute nella Sezione II del Capo IV del D.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, e con quelle del Capo II, Sezione I, del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748.

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(omissis)

Art. 112

Procedimento negoziale per la disciplina di alcuni aspetti del rapporto di impiego.

I seguenti aspetti del rapporto di impiego del personale della carriera diplomatica, relativamente al servizio prestato in Italia, sono disciplinati sulla base di un procedimento negoziale tra una delegazione di parte pubblica, composta dal Ministro per la funzione pubblica, che la presiede, e dai Ministri degli affari esteri e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, o dai Sottosegretari di Stato rispettivamente delegati, ed una delegazione delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale diplomatico, con cadenza quadriennale per gli aspetti giuridici e biennale per quelli economici, i cui contenuti sono recepiti con decreto del Presidente della Repubblica:

 

a) il trattamento economico, strutturato sulla base dei criteri indicati nei commi seguenti;

 

b) l'orario di lavoro;

 

c) il congedo ordinario e straordinario;

 

d) la reperibilità;

 

e) l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia;

 

f) i permessi brevi per esigenze personali;

 

g) le aspettative ed i permessi sindacali.

 

Ai fini dell'applicazione del primo comma del presente articolo si considerano rappresentative del personale diplomatico le organizzazioni sindacali che abbiano una rappresentatività non inferiore al cinque per cento, calcolata sulla base del dato associativo espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'àmbito considerato.

 

La delegazione sindacale è individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro degli affari esteri (145).

 

Il procedimento negoziale si svolge secondo le seguenti modalità:

 

a) la procedura negoziale è avviata dal Ministro per la funzione pubblica almeno quattro mesi prima della scadenza dei termini di cui al primo comma del presente articolo. Le trattative si concludono con la sottoscrizione di un'ipotesi di accordo;

 

b) le organizzazioni sindacali dissenzienti possono trasmettere al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri che compongono la delegazione di parte pubblica le loro osservazioni entro il termine di cinque giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo;

 

c) l'ipotesi di accordo è corredata da prospetti contenenti l'individuazione del personale interessato, i costi unitari e gli oneri riflessi del trattamento economico, nonché la quantificazione complessiva della spesa, diretta ed indiretta, con l'indicazione della copertura finanziaria complessiva per l'intero periodo di validità. L'ipotesi di accordo non può in ogni caso comportare, direttamente o indirettamente, anche a carico di esercizi successivi, impegni di spesa eccedenti rispetto a quanto stabilito nel documento di programmazione economico-finanziaria approvato dal Parlamento, nella legge finanziaria e nel provvedimento collegato, nonché nel bilancio;

 

d) entro quindici giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo il Consiglio dei Ministri, verificate le compatibilità finanziarie ed esaminate le eventuali osservazioni di cui alla lettera b) che precede, approva l'ipotesi di accordo, i cui contenuti sono recepiti con decreto del Presidente della Repubblica, per il quale si prescinde dal parere del Consiglio di Stato (146).

 

Il procedimento negoziale di cui al primo comma del presente articolo, in relazione alla specificità ed unitarietà di ruolo della carriera diplomatica, assicura, nell'àmbito delle risorse finanziarie disponibili, sviluppi omogenei e proporzionati secondo appositi parametri, in tale sede definiti, rapportati alla figura apicale, del trattamento economico del personale della carriera diplomatica. Il trattamento economico è onnicomprensivo, con soppressione di ogni forma di automatismo stipendiale, ed è articolato in una componente stipendiale di base, nonché in altre due componenti, correlate la prima alle posizioni funzionali ricoperte e agli incarichi e alle responsabilità esercitati e la seconda ai risultati conseguiti rispetto agli obiettivi assegnati.

 

La componente stipendiale di base verrà determinata tenendo conto dell'esigenza di realizzare un proporzionato rapporto fra quella dell'ambasciatore e quelle di ciascuno dei rimanenti gradi della carriera diplomatica.

 

La graduazione delle posizioni funzionali ricoperte dai funzionari diplomatici durante il servizio prestato in Italia, sulla base dei livelli di responsabilità e di rilevanza degli incarichi assegnati, è effettuata con decreto del Ministro degli affari esteri, sentite le organizzazioni sindacali di cui al secondo comma del presente articolo. La componente del trattamento economico correlata alle posizioni funzionali ricoperte ed agli incarichi e alle responsabilità esercitati, verrà attribuita, tramite il procedimento negoziale di cui al primo comma del presente articolo, a tutto il personale della carriera diplomatica, mantenendo un proporzionato rapporto con quella individuata per le posizioni funzionali e gli incarichi del livello più elevato.

 

La componente del trattamento economico correlata ai risultati conseguiti, con le risorse umane ed i mezzi disponibili, rispetto agli obiettivi assegnati, verrà attribuita tenendo conto della efficacia, della tempestività e della produttività del lavoro svolto dai funzionari diplomatici. Con decreto del Ministro degli affari esteri, sentite le organizzazioni sindacali di cui al secondo comma del presente articolo, si provvederà alla individuazione delle modalità per la valutazione dei risultati conseguiti dai singoli funzionari.

 

Per il finanziamento delle componenti retributive di posizione e di risultato, è costituito un apposito fondo, nel quale confluiscono tutte le risorse finanziarie, diverse da quelle destinate allo stipendio di base, individuate a tale scopo tramite il procedimento negoziale (147).

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(145)  La delegazione sindacale che partecipa al procedimento negoziale riguardante il personale della carriera diplomatica, relativamente al servizio prestato in Italia, è stata individuata, per la definizione dell'accordo relativo al quadriennio normativo 2004-2007 e al biennio economico 2004-2005, con D.P.C.M. 19 maggio 2004 (Gazz. Uff. 8 giugno 2004, n. 132) e, per il biennio economico 2006-2007, con D.M. 5 settembre 2006 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2006, n. 287).

(146)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.P.R. 20 febbraio 2001, n. 114, il D.P.R. 15 maggio 2003, n. 144, il D.P.R. 20 gennaio 2006, n. 107 e il D.P.R. 24 aprile 2008, n. 94.

(147)  Articolo così sostituito dall'art. 14, D.Lgs. 24 marzo 2000, n. 85.

 


L. 27 aprile 1982, n. 186
Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali (art.1)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 aprile 1982, n. 117, S.O.

(2)  Vedi, anche, la L. 13 luglio 1990, n. 189, e il D.P.R. 25 novembre 1995, n. 580.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 21 luglio 1998, n. 315.

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TITOLO I

 

Ordinamento della giurisdizione amministrativa

 

Capo I - Consiglio di Stato

 

Art.1

Composizione

 

Il Consiglio di Stato è composto dal presidente del Consiglio di Stato, da presidenti di sezione e da consiglieri di Stato, secondo la tabella A allegata alla presente legge.

 

Il Consiglio di Stato si divide in sei sezioni con funzioni consultive o giurisdizionali, oltre alla sezione normativa istituita dall'articolo 17, comma 28, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (4).

 

Ciascuna sezione consultiva è composta da due presidenti, di cui uno titolare, e da almeno nove consiglieri; ciascuna sezione giurisdizionale è composta da due presidenti, di cui uno titolare, e da almeno dodici consiglieri.

 

Per le sezioni consultive del Consiglio di Stato le deliberazioni sono valide se adottate con la presenza di almeno quattro consiglieri; le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato pronunciano con l'intervento di uno dei presidenti e di quattro consiglieri.

 

Il Presidente del Consiglio di Stato, con proprio provvedimento, all'inizio di ogni anno, sentito il Consiglio di Presidenza, individua le sezioni che svolgono funzioni giurisdizionali e consultive, determina le rispettive materie di competenza e la composizione, nonché la composizione della Adunanza Plenaria ai sensi dell'articolo 5, primo comma (5).

 

 

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(4) Comma così modificato dall’art. 54, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(5) Comma aggiunto dall’art. 54, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

 

 (omissis)

L. 30 dicembre 1986, n. 936
Norme sul Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (art. 10)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 gennaio 1987, n. 3.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 aprile 1997, n. 95;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 24 ottobre 1996, n. 139;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 29 gennaio 1996, n. 25690; Circ. 12 aprile 1996, n. 26857; Circ. 19 aprile 1996, n. 29048; Circ. 12 luglio 1996, n. 147.

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(omissis)

TITOLO II

 

Attribuzioni del CNEL e modalità di svolgimento

 

Art. 10

Attribuzioni.

 

1. In conformità a quanto previsto dall'articolo 99, secondo e terzo comma, della Costituzione, il CNEL:

 

a) esprime, su richiesta del Governo, valutazioni e proposte sui più importanti documenti ed atti di politica e di programmazione economica e sociale, anche con riferimento alle politiche comunitarie;

 

b) esamina, in apposita sessione, la relazione previsionale e programmatica che il Ministro del bilancio e della programmazione economica e il Ministro del tesoro sono tenuti a presentare al Parlamento a norma dell'articolo 15 della legge 5 agosto 1978, n. 468 ;

 

c) approva in apposite sessioni con periodicità da esso stesso stabilita, ovvero, in relazione ad esigenze specifiche, su richiesta delle Camere o del Governo, rapporti predisposti da apposito comitato o dalla commissione di cui all'articolo 16 sugli andamenti generali, settoriali e locali del mercato del lavoro, sugli assetti normativi e retributivi espressi dalla contrattazione collettiva, procedendo ad un esame critico dei dati disponibili e delle loro fonti, al fine di agevolare l'elaborazione di risultati univoci sui singoli fenomeni;

 

d) esprime proprie valutazioni sull'andamento della congiuntura economica in sessioni semestrali, dettando a tal fine proprie direttive agli istituti incaricati di redigere il rapporto di base;

 

e) esamina, sulla base dei rapporti predisposti dal Governo, le politiche comunitarie e la loro attuazione e a tal fine mantiene i contatti con i corrispondenti organismi delle Comunità europee e degli altri Stati membri;

 

f) contribuisce all'elaborazione della legislazione che comporta indirizzi di politica economica e sociale esprimendo pareri e compiendo studi e indagini su richiesta delle Camere o del Governo o delle regioni o delle province autonome;

 

g) può formulare osservazioni e proposte di propria iniziativa sulle materie di cui ai punti precedenti, previa presa in considerazione da parte dell'assemblea con le stesse modalità previste per la propria iniziativa legislativa;

 

h) compie studi e indagini di propria iniziativa, sulle materie di cui ai punti precedenti;

 

i) ha l'iniziativa legislativa;

 

l) esercita tutte le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge.

 

(omissis)

 


L. 13 aprile 1988, n. 117
Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati (art. 10)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 aprile 1988, n. 88.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

Ministero delle finanze: Circ. 25 luglio 1997, n. 212/E.

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(omissis)

Art. 10

Consiglio di presidenza della Corte dei conti.

 

1. Fino all'entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti, la competenza per i giudizi disciplinari e per i provvedimenti attinenti e conseguenti che riguardano le funzioni dei magistrati della Corte dei conti è affidata al consiglio di presidenza.

 

2. Il consiglio di presidenza è composto:

 

a) dal presidente della Corte dei conti, che lo presiede;

 

b) dal procuratore generale della Corte dei conti;

 

c) dal presidente aggiunto dalla Corte dei conti o, in sua assenza, dal presidente di sezione più anziano (7);

 

d) da quattro cittadini scelti di intesa tra i Presidenti delle due Camere tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche o gli avvocati con quindici anni di esercizio professionale (8);

 

e) da dieci magistrati ripartiti tra le qualifiche di presidente di sezione, consigliere o vice procuratore, primo referendario e referendario in proporzione alla rispettiva effettiva consistenza numerica quale risulta dal ruolo alla data del 1° gennaio dell'anno di costituzione dell'organo.

 

2-bis. I componenti elettivi del Consiglio di presidenza durano in carica 4 anni e non sono nuovamente eleggibili per i successivi otto anni dalla scadenza dell'incarico (9).

 

3. Alle adunanze del consiglio di presidenza partecipa il segretario generale senza diritto di voto.

 

4. Il consiglio di presidenza ha il compito di decidere in ordine alle questioni disciplinari. Alle adunanze che hanno tale oggetto non partecipa il segretario generale ed il procuratore generale è chiamato a svolgervi, anche per mezzo dei suoi sostituti, esclusivamente le funzioni inerenti alla promozione dell'azione disciplinare e le relative richieste.

 

5. I cittadini di cui alla lettera d) del comma 2 non possono esercitare alcuna attività suscettibile di interferire con le funzioni della Corte dei conti.

 

6. Alla elezione dei componenti di cui alla lettera e) del comma 2 partecipano, in unica tornata, tutti i magistrati con voto personale e segreto.

 

7. Ciascun elettore ha facoltà di esprimere soltanto una preferenza. Sono nulli i voti espressi oltre tale numero.

 

8. Per l'elezione è istituito presso la Corte dei conti l'ufficio elettorale nominato dal presidente della Corte dei conti e composto da un presidente di sezione, che lo presiede, e da due consiglieri più anziani di qualifica in servizio presso la Corte dei conti.

 

9. Il procedimento disciplinare è promosso dal procuratore generale della Corte dei conti. Nella materia si applicano gli articoli 32, 33, commi secondo e terzo, e 34 della legge 27 aprile 1982, n. 186.

 

10. Fino all'entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti si applicano in quanto compatibili le norme di cui agli articoli 7, primo, quarto, quinto e settimo comma, 8, 9, quarto e quinto comma, 10, 11, 12, 13, primo comma, numeri 1), 2), 3), e secondo comma, numeri 1), 2), 3), 4), 8), 9), della legge 27 aprile 1982, n. 186 (10).

 

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(7)  Lettera così sostituita dall'art. 1, D.Lgs. 7 febbraio 2006, n. 62 (Gazz. Uff. 3 marzo 2006, n. 52), a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2 dello stesso decreto.

(8)  Vedi, anche, l'art. 18, comma 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(9)  Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 7 febbraio 2006, n. 62 (Gazz. Uff. 3 marzo 2006, n. 52), a decorrere dal novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione, ai sensi di quanto disposto dall'art. 2 dello stesso decreto.

(10)  Vedi, anche, il comma 17 dell'art. 2, L. 25 luglio 2005, n. 150.

 

 

 

 


L. 14 gennaio 1994, n. 20
Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti (art. 3, co. 8)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 gennaio 1994, n. 10.

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(omissis)

Art.3

Norme in materia di controllo della Corte dei conti.

(omissis)

Comma 8. Nell'esercizio delle attribuzioni di cui al presente articolo, la Corte dei conti può richiedere alle amministrazioni pubbliche ed agli organi di controllo interno qualsiasi atto o notizia e può effettuare e disporre ispezioni e accertamenti diretti. Si applica il comma 4 dell'articolo 2 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 . Può richiedere alle amministrazioni pubbliche non territoriali il riesame di atti ritenuti non conformi a legge. Le amministrazioni trasmettono gli atti adottati a seguito del riesame alla Corte dei conti, che, ove rilevi illegittimità, ne dà avviso all'organo generale di direzione. È fatta salva, in quanto compatibile con le disposizioni della presente legge, la disciplina in materia di controlli successivi previsti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39 , nonché dall'articolo 166 della legge 11 luglio 1980, n. 312 (28).

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 (28)  La Corte costituzionale, con sentenza 12-27 gennaio 1995, n. 29 (Gazz. Uff. 1 febbraio 1995, n. 5, Serie speciale):

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, quinto comma, sollevata dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 5, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le seguenti questioni di legittimità costituzionale:

- art. 3, commi sesto, ottavo e nono, sollevate dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli artt. 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Veneto, in riferimento agli artt. 97 e 125, primo comma, della Costituzione;

- art. 3, ottavo comma, sollevata dalla Regione Valle d'Aosta, in riferimento all'art. 43 del proprio Statuto speciale (L.cost. 26 febbraio 1948, n. 4);

- art. 3, primo, secondo e terzo comma, sollevate dalla Regione Valle d'Aosta, per violazione degli artt. 3, 100 e 116 della Costituzione, nonché degli artt. 2, lettere a) ed f), 3, lettera f), 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10,11, 43, 44, 45 e 46 dello Statuto speciale della Valle d'Aosta;

- art. 3, quarto e quinto comma, sollevate dalla Regione Valle d'Aosta, in riferimento agli artt. 29, 44, 45 e 46 del proprio Statuto speciale;

- art. 3, quarto e ottavo comma, sollevata, in riferimento all'art. 58 della L.cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia), dalla Regione Friuli-Venezia Giulia;

- art. 3, quarto comma, sollevate, in riferimento agli artt. 5, 97, 117, 118, 119 e 125 della Costituzione, dalla Regione Veneto;

- art. 3, quarto, quinto, sesto e ottavo comma, sollevate, in riferimento agli artt. 100, secondo comma, 117, 118, primo comma, 119 e 125 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna;

- art. 3, quarto comma, sollevate, in riferimento all'art. 4, n. 1), del proprio Statuto speciale, dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e, in riferimento agli artt. 97, 117, 118, 119 e 128 della Costituzione, dalla Regione Veneto;

- art. 3, quarto comma, ultima proposizione, sollevate, in riferimento agli artt. 2 e 4 del proprio Statuto speciale, dalla Regione Valle d'Aosta e, in riferimento agli artt. 5, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Veneto;

- art. 3, sesto comma, prima proposizione, sollevata, in riferimento all'art. 125, primo comma, della Costituzione, dalla Regione Veneto;

- art. 3, quarto e settimo comma, sollevata dalla Regione Valle d'Aosta, in riferimento all'art. 43 del proprio Statuto speciale;

- art. 3, commi quarto, quinto, sesto e ottavo, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, per violazione dell'art. 117 della Costituzione, in riferimento all'art. 13, primo comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616;

- art. 6, prima proposizione, sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna e Veneto, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché, limitatamente al Veneto, anche agli artt. 97 e 125 della Costituzione;

- art. 6, seconda proposizione, sollevate dalle Regioni Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia, con riferimento, l'una, agli artt. 2 e 4 e, l'altra, all'art. 58 dei rispettivi Statuti speciali;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, quarto, quinto, sesto e ottavo comma sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118 e 130 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna. La Corte costituzionale, con successiva sentenza 16-30 dicembre 1997, n. 470 (Gazz. Uff. 7 gennaio 1998, n. 1, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 4, sollevata per contrasto con l'art. 100 della Costituzione, in riferimento anche agli artt. 103 e 113 della Costituzione stessa.

(omissis)


D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195
Attuazione dell'art. 2 della L. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate (art. 7)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 maggio 1995, n. 122, S.O.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la legge 6 marzo 1992, n. 216, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 7 gennaio 1992, n. 5, ed in particolare l'art. 2;

 

Vista la legge 29 aprile 1995, n. 130;

 

Acquisiti i pareri delle organizzazioni sindacali del personale interessato maggiormente rappresentativo sul piano nazionale e degli organismi di rappresentanza del personale militare;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 novembre 1994;

 

Acquisito il parere della competente Commissione permanente del Senato della Repubblica;

 

Considerato che la competente Commissione permanente della Camera dei deputati non ha espresso nei termini il proprio parere;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 maggio 1995;

 

Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della difesa, delle finanze, di grazia e giustizia, delle risorse agricole, alimentari e forestali, per la funzione pubblica e del tesoro;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

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(omissis)

 

 

 

 

Art. 7

Procedimento.

1. Le procedure per l'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 2 sono avviate dal Ministro per la funzione pubblica almeno quattro mesi prima dei termini di scadenza previsti dai precedenti decreti. Entro lo stesso termine, le organizzazioni sindacali del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile possono presentare proposte e richieste relative alle materie oggetto delle procedure stesse. Il COCER Interforze può presentare nel termine predetto, anche separatamente per sezioni Carabinieri, Guardia di finanza e Forze armate, le relative proposte e richieste al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro della difesa e, per il Corpo della Guardia di finanza, al Ministro delle finanze, per il tramite dello stato maggiore della Difesa o del Comando generale corrispondente (10).

 

1-bis. Le procedure di cui all'articolo 2 hanno inizio contemporaneamente e si sviluppano con carattere di contestualità nelle fasi successive, compresa quella della sottoscrizione dell'ipotesi di accordo sindacale, per quanto attiene alle Forze di polizia ad ordinamento civile, e della sottoscrizione dei relativi schemi di provvedimento, per quanto attiene le Forze di polizia ad ordinamento militare e al personale delle Forze armate (11).

 

2. Al fine di assicurare condizioni di sostanziale omogeneità, il Ministro per la funzione pubblica, in qualità di Presidente delle delegazioni di parte pubblica, nell'àmbito delle procedure di cui ai commi 3, 5 e 7, può convocare, anche congiuntamente, le delegazioni di parte pubblica, i rappresentanti dello Stato maggiore difesa, dei Comandi generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza e dei COCER di cui all'art. 2, nonché delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale delle Forze di polizia ad ordinamento civile di cui al medesimo art. 2 (12).

 

3. Le trattative per la definizione dell'accordo sindacale riguardante le Forze di polizia ad ordinamento civile di cui all'art. 2, comma 1, lettera a), si svolgono in riunioni cui partecipano i rappresentanti delle organizzazioni sindacali legittimate a parteciparvi ai sensi della citata disposizione e si concludono con la sottoscrizione di una ipotesi unica di accordo sindacale.

 

4. Le organizzazioni sindacali dissenzienti dall'ipotesi di accordo di cui al comma 3 possono trasmettere al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri che compongono la delegazione di parte pubblica le loro osservazioni entro il termine di cinque giorni dalla sottoscrizione dell'accordo.

 

5. I Lavori per la formulazione dello schema di provvedimento riguardante le Forze di polizia ad ordinamento militare di cui all'articolo 2, comma 1, lettera B), si svolgono in riunioni cui partecipano i delegati dei Comandi generali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza e rappresentanti delle rispettive sezioni COCER e si concludono con la sottoscrizione dello schema di provvedimento concordato (13).

 

6. Le Sezioni Carabinieri e Guardia di finanza del Consiglio centrale di rappresentanza, entro il termine di cinque giorni dalla ricezione dello schema di provvedimento di cui al comma 5, possono trasmettere, ove dissenzienti, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri competenti, le loro osservazioni in ordine al predetto schema, per il tramite dei rispettivi Comandi generali.

 

7. I lavori per la formulazione dello schema di provvedimento riguardante le Forze armate si svolgono in riunioni cui partecipano i delegati dello stato maggiore della Difesa e i rappresentanti del COCER (sezioni Esercito, Marina e Aeronautica) e si concludono con la sottoscrizione dello schema di provvedimento concordato (14).

 

8. Le Sezioni Esercito, Marina ed Aeronautica del Consiglio centrale di rappresentanza, entro il termine di cinque giorni dalla ricezione dello schema di provvedimento di cui al comma 7, possono trasmettere, ove dissenzienti, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri competenti le loro osservazioni in ordine al predetto schema, per il tramite dello Stato maggiore difesa.

 

9. Per la formulazione di pareri, richieste ed osservazioni sui provvedimenti in concertazione, il Consiglio centrale di rappresentanza (COCER) si articola e delibera nei comparti. I comparti interessati sono due e sono formati rispettivamente dai delegati con rapporto d'impiego delle Sezioni Esercito, Marina ed Aeronautica, e dai delegati con rapporto d'impiego delle Sezioni Carabinieri e Guardia di finanza.

 

10. L'ipotesi di accordo sindacale di cui al comma 3 e gli schemi di provvedimento di cui ai commi 5 e 7 sono corredati da appositi prospetti contenenti l'individuazione del personale interessato, i costi unitari e gli oneri riflessi del trattamento economico, nonché la quantificazione complessiva della spesa, diretta ed indiretta, ivi compresa quella eventualmente rimessa alla contrattazione decentrata, con l'indicazione della copertura finanziaria complessiva per l'intero periodo di validità dei predetti atti, prevedendo, altresì, la possibilità di prorogarne l'efficacia temporale, ovvero di sospendere l'esecuzione parziale, o totale, in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa. Essi possono prevedere la richiesta - da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri o delle organizzazioni sindacali firmatarie ovvero delle sezioni COCER, per il tramite dei rispettivi Comandi generali o dello Stato maggiore della difesa - al Nucleo di valutazione della spesa relativa al pubblico impiego (istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro dall'art. 10 della legge 30 dicembre 1991, n. 412) di controllo e certificazione dei costi esorbitanti sulla base delle rilevazioni effettuate dalla Ragioneria generale dello Stato, dal Dipartimento della funzione pubblica e dall'Istituto nazionale di statistica. Il nucleo si pronuncia entro quindici giorni dalla richiesta. L'ipotesi di accordo sindacale ed i predetti schemi di provvedimento non possono in ogni caso comportare, direttamente o indirettamente, anche a carico di esercizi successivi, impegni di spesa eccedenti rispetto a quanto stabilito nel documento di programmazione economico-finanziaria approvato dal Parlamento, nella legge finanziaria e nel provvedimento collegato, nonché nel bilancio. In nessun caso possono essere previsti oneri aggiuntivi, diretti o indiretti, oltre il periodo di validità dei decreti del Presidente della Repubblica di cui al comma 11, in particolare per effetto della decorrenza dei benefici a regime.

 

11. Il Consiglio dei Ministri, entro quindici giorni dalla sottoscrizione, verificate le compatibilità finanziarie ed esaminate le osservazioni di cui ai commi 4, 6 e 8, approva l'ipotesi di accordo sindacale riguardante le Forze di polizia ad ordinamento civile e gli schemi di provvedimento riguardanti rispettivamente le Forze di polizia ad ordinamento militare e le Forze armate, i cui contenuti sono recepiti con i decreti del Presidente della Repubblica di cui all'articolo 1, comma 2, per i quali si prescinde dal parere del Consiglio di Stato (15).

 

11-bis. Nel caso in cui la Corte dei conti, in sede di esercizio del controllo preventivo di legittimità sui decreti di cui al comma 11, richieda chiarimenti o elementi integrativi, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, le controdeduzioni devono essere trasmesse alla stessa entro quindici giorni (16).

 

12. La disciplina emanata con i decreti del Presidente della Repubblica di cui al comma 11, ha durata quadriennale per gli aspetti normativi e biennali per quelli retributivi, a decorrere dai termini di scadenza previsti dai precedenti decreti, e conserva efficacia fino all'entrata in vigore dei decreti successivi.

 

13. Nel caso in cui l'accordo e le concertazioni di cui al presente decreto non vengano definiti entro centocinquanta giorni dall'inizio delle relative procedure, il Governo riferisce alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica nelle forme e nei modi stabiliti dai rispettivi regolamenti (17) (18).

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(10)  L'originario comma 1 è stato così sostituito, con gli attuali commi 1 e 1-bis, dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(11)  L'originario comma 1 è stato così sostituito, con gli attuali commi 1 e 1-bis, dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(12)  Comma così modificato dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(13)  Comma così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(14)  Comma così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(15)  L'originario comma 11 è stato così sostituito, con gli attuali commi 11 e 11-bis, dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(16)  L'originario comma 11 è stato così sostituito, con gli attuali commi 11 e 11-bis, dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(17)  Comma così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 31 marzo 2000, n. 129 (Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118, S.O.).

(18)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi, per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, il D.P.R. 19 novembre 2003, n. 348, il D.P.R. 28 aprile 2006, n. 220 e il D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 e, per il personale non dirigente delle Forze armate, il D.P.R. 20 novembre 2003, n. 349, il D.P.R. 28 aprile 2006, n. 221 e il D.P.R. 11 settembre 2007, n. 171.

(omissis)

 


L. 15 maggio 1997, n. 127
Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo (art. 17, co. 14)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 maggio 1997, n. 113, S.O.

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(omissis)

Art. 17.

Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione dell'attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo (115).

(omissis)

Comma 14. Nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

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(115)  Vedi, anche, l'art. 3, comma 149, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

 

 

 

 

 

 

 


D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (Artt. 2, 3, 4, 5, 8)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;

 

Visto in particolare l'articolo 9 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che conferisce al Governo la delega ad adottare apposito decreto legislativo per la definizione e l'ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la sua unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

 

Vista l'intesa intervenuta tra il Ministero degli affari esteri ed i presidenti delle regioni e province autonome il 23 gennaio 1997, circa le modalità del concorso delle regioni in vista della definizione della politica nazionale in sede Unione europea;

Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

 

Sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 agosto 1997;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

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(omissis)

Capo II - Conferenza Stato-regioni

 

Art. 2

Compiti.

 

1. Al fine di garantire la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano a tutti i processi decisionali di interesse regionale, interregionale ed infraregionale, la Conferenza Stato-regioni:

 

a) promuove e sancisce intese, ai sensi dell'articolo 3;

 

b) promuove e sancisce accordi di cui all'articolo 4;

 

c) nel rispetto delle competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica, promuove il coordinamento della programmazione statale e regionale ed il raccordo di quest'ultima con l'attività degli enti o soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse aventi rilevanza nell'ambito territoriale delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

 

d) acquisisce le designazioni dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nei casi previsti dalla legge;

 

e) assicura lo scambio di dati ed informazioni tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo le modalità di cui all'articolo 6;

 

f) fermo quanto previsto dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, determina, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie che la legge assegna alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, anche a fini di perequazione;

 

g) adotta i provvedimenti che sono ad essa attribuiti dalla legge;

 

h) formula inviti e proposte nei confronti di altri organi dello Stato, di enti pubblici o altri soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse;

 

i) nomina, nei casi previsti dalla legge, i responsabili di enti ed organismi che svolgono attività o prestano servizi strumentali all'esercizio di funzioni concorrenti tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano;

 

l) approva gli schemi di convenzione tipo per l'utilizzo da parte dello Stato e delle regioni di uffici statali e regionali (4).

 

2. Ferma la necessità dell'assenso del Governo, l'assenso delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione degli atti di cui alle lettere f), g) ed i) del comma 1 è espresso, quando non è raggiunta l'unanimità, dalla maggioranza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, componenti la Conferenza Stato-regioni, o da assessori da essi delegati a rappresentarli nella singola seduta.

 

3. La Conferenza Stato-regioni è obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti giorni; decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano (5).

 

4. La Conferenza è sentita su ogni oggetto di interesse regionale che il Presidente del Consiglio dei Ministri ritiene opportuno sottoporre al suo esame, anche su richiesta della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

5. Quando il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza Stato-regioni è consultata successivamente ed il Governo tiene conto dei suoi pareri:

 

a) in sede di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge;

 

b) in sede di esame definitivo degli schemi di decreto legislativo sottoposti al parere delle commissioni parlamentari (6).

 

6. Quando il parere concerne provvedimenti già adottati in via definitiva, la Conferenza Stato-regioni può chiedere che il Governo lo valuti ai fini dell'eventuale revoca o riforma dei provvedimenti stessi (7).

 

7. La Conferenza Stato-regioni valuta gli obiettivi conseguiti ed i risultati raggiunti, con riferimento agli atti di pianificazione e di programmazione in ordine ai quali si è pronunciata.

 

8. Con le modalità di cui al comma 2 la Conferenza Stato-regioni delibera, altresì:

 

a) gli indirizzi per l'uniforme applicazione dei percorsi diagnostici e terapeutici in ambito locale e le misure da adottare in caso di mancato rispetto dei protocolli relativi, ivi comprese le sanzioni a carico del sanitario che si discosti dal percorso diagnostico senza giustificato motivo, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ;

 

b) i protocolli di intesa dei progetti di sperimentazione gestionali individuati, ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni;

 

c) gli atti di competenza degli organismi a composizione mista Stato-regioni soppressi ai sensi dell'articolo 7.

 

9. La Conferenza Stato-regioni esprime intesa sulla proposta, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, del Ministro della sanità di nomina del direttore dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

 

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(4)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(5)  Comma così modificato dall'art. 12, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

(6)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(7)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

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Art. 3

Intese.

 

1. Le disposizioni del presente articolo si applicano a tutti i procedimenti in cui la legislazione vigente prevede un'intesa nella Conferenza Stato-regioni.

 

2. Le intese si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

3. Quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata (8).

 

4. In caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza l'osservanza delle disposizioni del presente articolo. I provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni. Il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive (9) (10).

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(8)  Per l'esclusione dell'applicabilità del presente comma vedi l'art. 8, L. 5 giugno 2003, n. 131.

(9)  Per l'esclusione dell'applicabilità del presente comma vedi l'art. 8, L. 5 giugno 2003, n. 131.

(10)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

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Art. 4

Accordi tra Governo, regioni e province autonome di Trento e Bolzano.

 

1. Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato-regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune (11).

 

2. Gli accordi si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

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(11)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi l'Acc. 24 maggio 2001, l'Acc. 27 settembre 2001 e l'Acc. 3 febbraio 2005.

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Art. 5

Rapporti tra regioni e Unione europea.

 

1. La Conferenza Stato-regioni, anche su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, si riunisce in apposita sessione almeno due volte all'anno al fine di:

 

a) raccordare le linee della politica nazionale relativa all'elaborazione degli atti comunitari con le esigenze rappresentate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di competenza di queste ultime;

 

b) esprimere parere sullo schema dell'annuale disegno di legge che reca: «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea». Decorso il termine di venti giorni dalla richiesta del parere, il disegno di legge è presentato al Parlamento anche in mancanza di tale parere (12).

 

2. La Conferenza Stato-regioni designa i componenti regionali in seno alla rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea. Su richiesta dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e col consenso del Governo, la Conferenza Stato-regioni esprime parere sugli schemi di atti amministrativi dello Stato che, nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, danno attuazione alle direttive comunitarie ed alle sentenze della Corte di giustizia delle comunità europee.

 

3. La Conferenza Stato-regioni favorisce e promuove la cooperazione tra la Cabina di regia nazionale e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine della piena e tempestiva utilizzazione delle risorse comunitarie destinate all'Italia.

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(12)  Periodo aggiunto dall'art. 12, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

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(omissis)

Capo III - Conferenza unificata

 

Art.8

Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.

 

1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (13).

 

2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici (14).

 

3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (15).

 

4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (16).

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(13)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(14) Comma così modificato dal comma 21 dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181.

(15)  Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.

(16)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.                          (omissis)


D.Lgs. 19 maggio 2000, n. 139
Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'articolo 10 della L. 28 luglio 1999, n. 266 (art. 29)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 2 giugno 2000, n. 127, S.O.

(2)  Vedi, anche, il D.P.R. 20 settembre 2002, n. 247 e l'art. 10, L. 5 giugno 2003, n. 131.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la legge 28 luglio 1999, n. 266;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 marzo 2000;

 

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

 

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 12 e del 19 maggio 2000;

 

Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

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(omissis)

Art. 29

Procedura di negoziazione.

 

1. La procedura negoziale è avviata dal Ministro per la funzione pubblica almeno quattro mesi prima della scadenza dei termini di cui all'articolo 26, comma 3. Le trattative si svolgono tra i soggetti di cui all'articolo 27 e si concludono con la sottoscrizione di una ipotesi di accordo.

 

2. La delegazione di parte pubblica, prima di procedere alla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verifica, sulla base dei criteri utilizzati per l'accertamento della rappresentatività sindacale ai sensi dell'articolo 27, che le organizzazioni sindacali aderenti all'ipotesi stessa rappresentino almeno il cinquantuno per cento del dato associativo complessivo espresso dal totale delle deleghe sindacali rilasciate.

 

3. Le organizzazioni sindacali dissenzienti possano trasmettere al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai ministri che compongono la delegazione di parte pubblica le loro osservazioni entro il termine di cinque giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo.

 

4. L'ipotesi di accordo è corredata da prospetti contenenti l'individuazione del personale interessato, i costi unitari e gli oneri riflessi del trattamento economico, nonché la quantificazione complessiva della spesa, diretta ed indiretta, con l'indicazione della copertura finanziaria complessiva per l'intero periodo di validità. L'ipotesi di accordo non può in ogni caso comportare, direttamente o indirettamente, anche a carico di esercizi successivi, impegni di spesa eccedenti rispetto a quanto stabilito nel documento di programmazione economico-finanziaria approvato dal Parlamento, nella legge finanziaria, nonché nel bilancio.

 

5. Il Consiglio dei Ministri, entro quindici giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verificate le compatibilità finanziarie ed esaminate le osservazioni di cui al comma 3, approva l'ipotesi di accordo ed il relativo schema di decreto del Presidente della Repubblica da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, prescindendo dal parere del Consiglio di Stato. Nel caso in cui l'accordo non sia definito entro novanta giorni dall'inizio delle procedure, il Governo riferisce alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica nelle forme e nei modi stabiliti dai rispettivi regolamenti.

 

6. Nell'àmbito e nei limiti fissati dal decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 5 e per le materie specificamente ivi indicate, possono essere conclusi accordi decentrati a livello centrale e periferico che, senza comportare alcun onere aggiuntivo, individuano esclusivamente criteri applicativi delle previsioni del predetto decreto. Gli accordi decentrati sono stipulati tra una delegazione di parte pubblica presieduta dai titolari degli uffici centrali e periferici individuati dall'amministrazione dell'interno entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 5 ed una delegazione sindacale composta dai rappresentanti delle corrispondenti strutture periferiche delle organizzazioni sindacali firmatarie dell'ipotesi di accordo di cui al comma 1. In caso di mancata definizione degli accordi decentrati, resta impregiudicato il potere di autonoma determinazione dell'amministrazione.

(omissis)

 


D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (Art. 2, co.2 e 3, artt, 14, 19, 17 bis, 22, 30, 32, 55, 60, co. 5 e 6, 70, co. 4)

 

(Il testo integrale della presente legge è consultabile presso il Servizio Studi – Dipartimento Lavoro)

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 maggio 2001, n. 106, S.O.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 ed 87 della Costituzione.

 

Vista la legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed in particolare l'articolo 2;

 

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59;

 

Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni;

 

Visto l'articolo 1, comma 8, della legge 24 novembre 2000, n. 340:

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella seduta del 7 febbraio 2001;

 

Acquisito il parere dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso in data 8 febbraio 2001;

 

Acquisito il parere delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, rispettivamente in data 27 e 28 febbraio 2001;

 

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle sedute del 21 e 30 marzo 2001;

 

Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministero per la funzione pubblica;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

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(omissis)

 

Art.2

Fonti.

 

(Art. 2, commi da 1 a 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall'art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

 

(omissis)

Comma 2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinate dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.

 

Comma 3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 45, comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva (5).

 

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 (5)  Vedi, anche, la Dir.P.C.M. 1° marzo 2002 e il D.P.R. 14 maggio 2007, n. 99.

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(omissis)

Art. 14 

Indirizzo politico-amministrativo.

 

(Art. 14 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 8 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 9 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

 

1. Il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 4, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni (18) dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16:

a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione;

 

b) effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), del presente decreto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni e integrazioni, ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni con le modalità previste dal medesimo decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti.

 

2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. All'atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell'ambito degli uffici di cui al presente comma, decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al riordino delle segretarie particolari dei Sottosegretari di Stato. Con decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera n) della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale. Con effetto dall'entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogate le norme del regio decreto legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione e la disciplina dei gabinetti dei Ministri e delle segretarie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato (19).

 

3. Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente, che determinano pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento. Resta salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, lett. p) della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì salvo quanto previsto dall'articolo 6 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni ed integrazioni, e dall'articolo 10 del relativo regolamento emanato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità (20).

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(18)  Il termine era stato prorogato dal comma 8 dell'art. 1, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione.

(19)  Comma così modificato dal comma 24-bis dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione. Per la decorrenza del termine di cui al presente comma vedi il comma 24-ter dello stesso articolo 1. Il regolamento di organizzazione degli uffici di cui al presente comma è stato adottato:

- con D.P.R. 22 settembre 2000, n. 451, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

- con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 216, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della sanità;

- con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 230, per gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri;

- con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 243, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dei lavori pubblici;

- con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 245, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'ambiente;

- con D.P.R. 24 aprile 2001, n. 225, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dei trasporti e della navigazione;

- con D.P.R. 24 aprile 2001, n. 320, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

- con D.P.R. 3 maggio 2001, n. 291, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro del commercio con l'estero;

- con D.P.R. 14 maggio 2001, n. 258, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle comunicazioni;

- con D.P.R. 14 maggio 2001, n. 303, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle politiche agricole e forestali;

- con D.P.R. 17 maggio 2001, n. 297, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro del lavoro;

- con D.P.R. 24 maggio 2001, n. 233, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro degli affari esteri;

- con D.P.R. 6 luglio 2001, n. 307, corretto con Comunicato 4 agosto 2001 (Gazz. Uff. 4 agosto 2001, n. 180), per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro per i beni e le attività culturali;

- con D.P.R. 25 luglio 2001, n. 315, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia;

- con D.P.R. 7 settembre 2001, n. 398, per gli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno;

- con D.P.R. 21 marzo 2002, n. 98, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'interno;

- con D.P.R. 26 marzo 2002, n. 128 (Gazz. Uff. 3 luglio 2002, n. 154), per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

- con D.P.R. 12 giugno 2003, n. 208, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute;

- con D.P.R. 3 luglio 2003, n. 227, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'economia e delle finanze;

- con D.P.R. 14 ottobre 2003, n. 316, per gli uffici di diretta collaborazione del vice Ministro delle attività produttive;

- con D.P.R. 24 febbraio 2006, n. 162, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della difesa;

- con D.P.R. 13 febbraio 2007, n. 57, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell'università e della ricerca;

- con D.P.R. 28 novembre 2008, n. 198, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dello sviluppo economico.

(20) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi il comma 2 dell'art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 90.

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(omissis)

Art.17-bis 

Vicedirigenza.

 

1. La contrattazione collettiva del comparto Ministeri disciplina l'istituzione di un'apposita separata area della vicedirigenza nella quale è ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di procedure concorsuali per l'accesso alla ex carriera direttiva anche speciale. I dirigenti possono delegare ai vice dirigenti parte delle competenze di cui all'articolo 17 (25).

 

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica, ove compatibile, al personale dipendente dalle altre amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri; l'equivalenza delle posizioni è definita con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Restano salve le competenze delle regioni e degli enti locali secondo quanto stabilito dall'articolo 27 (26).

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(25)  Comma così modificato dall'art. 14-octies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(26)  Articolo aggiunto dall'art. 7, comma 3, L. 15 luglio 2002, n. 145.

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(omissis)

Art. 19 

Incarichi di funzioni dirigenziali.

 

(Art. 19 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 11 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall'art. 13 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 5 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

 

1. Per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo del Ministro. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 del codice civile (28).

 

2. Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni. Gli incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico, nel rispetto dei princìpi definiti dall'articolo 24. È sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto (29).

 

3. Gli incarichi di Segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 (30).

 

4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 (31).

 

4-bis. I criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti ai sensi del comma 4 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7 (32).

 

5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale, ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c).

 

5-bis. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui al medesimo articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti (33).

 

5-ter. I criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 5 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7 (34).

 

6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenzialem il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio (35).

 

7. [Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai commi precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione, disciplinate dall'articolo 21, ovvero nel caso di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui all'articolo 24, comma 2] (36).

 

8. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3, al comma 5-bis, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all'articolo 23, e al comma 6, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo (37).

 

9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, allegando una scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.

 

10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali (38).

 

11. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il ministero degli affari esteri nonché per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti.

 

12. Per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuerà ad essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 10 agosto 2000, n. 246 (39) (40).

 

12-bis. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi (41).

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(28)  Comma così sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera a), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(29)  Comma prima sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera b), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi così modificato dall'art. 14-sexies, comma 1, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 2 del citato articolo 14-sexies.

(30)  Comma così modificato dall'art. 3, comma 1, lettera c), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(31)  Comma prima sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera d), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi così modificato dall'art. 3, comma 147, L. 24 dicembre 2003, n. 350. Vedi, anche, le ulteriori disposizioni del citato comma 147.

(32)  Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lettera e), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(33)  Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lettera f), L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, il comma 10-bis dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(34)  Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lettera f), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(35)  In deroga al presente comma vedi l'art. 5-bis, D.L. 7 settembre 2001, n. 343, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Successivamente il presente comma è stato così sostituito prima dall'art. 3, comma 1, lettera g), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi dall'art. 14-sexies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. L'art. 4, D.L. 29 novembre 2004, n. 280, non convertito in legge, aveva fornito l'interpretazione autentica delle disposizioni di cui al presente comma. Da ultimo, il presente comma era stato modificato dall'art. 15, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 10-bis dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione, e il comma 359 dell'art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(36)  Comma abrogato dall'art. 3, comma 1, lettera h), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(37)  Comma prima sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera i), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi così modificato dal comma 159 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, i commi 160 e 161 dello stesso art. 2.

(38)  Comma così sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera l), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(39)  Comma così modificato dall'art. 3, comma 1, lettera m), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(40)  La Corte costituzionale, con ordinanza 16-30 gennaio 2002, n. 11 (Gazz. Uff. 6 febbraio 2002, n. 6, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 19, 21 e 24, comma 2, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 nel testo risultante dalle modificazioni apportate con i decreti legislativi 31 marzo 1998, n. 80 e 29 ottobre 1998, n. 387 ora sostituiti dagli artt. 19, 21 e 24, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 sollevata in riferimento agli artt. 97, 98 e 3 della Costituzione.

(41)  Comma aggiunto dall'art. 3, comma 1, lettera n), L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, il comma 7 dello stesso articolo.

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(omissis)

Art. 22 

Comitato dei garanti.

 

(Art. 21, comma 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 14 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

 

1. I provvedimenti di cui all'articolo 21, comma 1, sono adottati previo conforme parere di un comitato di garanti, i cui componenti sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il comitato è presieduto da un magistrato della Corte dei conti, con esperienza nel controllo di gestione, designato dal Presidente della Corte dei conti; di esso fanno parte un dirigente della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23, eletto dai dirigenti dei medesimi ruoli con le modalità stabilite da apposito regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e collocato fuori ruolo per la durata del mandato, e un esperto scelto dal Presidente del Consiglio dei ministri, tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell'organizzazione amministrativa del lavoro pubblico. Il parere viene reso entro trenta giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere. Il comitato dura in carica tre anni. L'incarico non è rinnovabile (46).

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(46)  Comma così modificato dall'art. 3, comma 3, L. 15 luglio 2002, n. 145. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 2 marzo 2004, n. 114. Vedi, anche, l'art. 5-bis, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Per la costituzione del comitato di cui al presente articolo vedi il D.P.C.M. 10 giugno 2005.

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(omissis)

Capo III - Uffici, piante organiche, mobilità e accessi

 

Art. 30

Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.

 

(Art. 33 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 13 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall'art. 18 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 20, comma 2 della legge n. 488 del 1999)

 

1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione di appartenenza (71).

 

2. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l'attuazione di quanto previsto dal comma 1. In ogni caso sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l'applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale (72).

 

2-bis. Le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza (73).

 

2-ter. L'immissione in ruolo di cui al comma 2-bis, limitatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli affari esteri, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti, avviene previa valutazione comparativa dei titoli di servizio e di studio, posseduti dai dipendenti comandati o fuori ruolo al momento della presentazione della domanda di trasferimento, nei limiti dei posti effettivamente disponibili (74).

 

2-quater. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, per fronteggiare le situazioni di emergenza in atto, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti può procedere alla riserva di posti da destinare al personale assunto con ordinanza per le esigenze della Protezione civile e del servizio civile, nell'ambito delle procedure concorsuali di cui all'articolo 3, comma 59, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all'articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (75).

 

2-quinquies. Salvo diversa previsione, a seguito dell'iscrizione nel ruolo dell'amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione (76).

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(71)  Comma così modificato dall'art. 16, L. 28 novembre 2005, n. 246.

(72)  Periodo aggiunto dall'art. 16, L. 28 novembre 2005, n. 246.

(73)  Comma aggiunto dal comma 1-quater dell'art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(74)  Comma aggiunto dal comma 1-quater dell'art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(75)  Comma aggiunto dal comma 1-quater dell'art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(76)  Comma aggiunto dall'art. 16, L. 28 novembre 2005, n. 246.

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(omissis)

Art. 32

Scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all'estero.

 

(Art. 33-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall'art. 11 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

 

1. Anche al fine di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri ed il Dipartimento della funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione europea, degli Stati candidati all'adesione e di altri Stati con cui l'Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli organismi dell'Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l'Italia aderisce.

 

2. Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o da una organizzazione o ente internazionale.

 

3. Il personale che presta temporaneo servizio all'estero resta a tutti gli effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza. L'esperienza maturata all'estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati.

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(omissis)

Art. 55

Sanzioni disciplinari e responsabilità.

 

(Art. 59 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 27 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall'art. 2 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995, nonché dall'art. 27, comma 2 e dall'art. 45, comma 16 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

 

1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

 

2. Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.

 

3. Salvo quanto previsto dagli articoli 21 e 53, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 54, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.

 

4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente.

 

5. Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve essere adottato previa tempestiva contestazione scritta dell'addebito al dipendente, che viene sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi quindici giorni.

 

6. Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile può essere ridotta, ma in tal caso non è più suscettibile di impugnazione.

 

7. Ove i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione, entro venti giorni dall'applicazione della sanzione, il dipendente, anche per mezzo di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, può impugnarla dinanzi al collegio arbitrale di disciplina dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio emette la sua decisione entro novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma. Durante tale periodo la sanzione resta sospesa (115).

 

8. Il collegio arbitrale si compone di due rappresentanti dell'amministrazione e di due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da un esterno all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, stabilisce, sentite le organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione di dieci rappresentanti dell'amministrazione e dieci rappresentanti dei dipendenti, che, di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza di accordo, l'amministrazione richiede la nomina dei presidenti al presidente del tribunale del luogo in cui siede il collegio. Il collegio opera con criteri oggettivi di rotazione dei membri e di assegnazione dei procedimenti disciplinari che ne garantiscono l'imparzialità.

 

9. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire un unico collegio arbitrale mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento nel rispetto dei princìpi di cui ai precedenti commi.

 

10. Fino al riordinamento degli organi collegiali della scuola nei confronti del personale ispettivo tecnico, direttivo, docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative statali si applicano le norme di cui agli articoli da 502 a 507 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

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(115) Vedi, anche, gli articoli 1 e 3, D.P.R. 14 maggio 2007, n. 85.

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(omissis)

Art. 60

Controllo del costo del lavoro.

 

(Art. 65 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 32 del D.Lgs. n. 546 del 1993)

(omissis)

 

Comma 5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione pubblica, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali verifiche vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38 e all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i compiti di cui all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93.

 

Comma 6. Allo svolgimento delle verifiche ispettive integrate di cui al comma 5 può partecipare l'ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro per la funzione pubblica. L'ispettorato stesso si avvale di un numero complessivo di dieci funzionari scelti tra ispettori di finanza, in posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero dell'economia e delle finanze, funzionari particolarmente esperti in materia, in posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero dell'interno, e nell'àmbito di personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori ruolo, per il quale si applicano l'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e l'articolo 56, settimo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. L'ispettorato svolge compiti ispettivi vigilando sulla razionale organizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'ottimale utilizzazione delle risorse umane, la conformità dell'azione amministrativa ai princìpi di imparzialità e buon andamento, l'efficacia dell'attività amministrativa, con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, e l'osservanza delle disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati e sulla verifica dei carichi di lavoro. Per l'esercizio delle funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell'articolo 53. L'ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l'amministrazione interessata ha l'obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall'ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell'individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all'articolo 55, per l'amministrazione medesima. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l'obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate (118).

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 (118)  Comma così modificato prima dall'art. 14-septies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi dal comma 1 dell'art. 10-bis, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

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(omissis)

Art. 70

Norme finali.

 

(Art. 73, commi 1, 3, 4, 5 e 6-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificati dall'art. 21 del D.Lgs. n. 470 del 1993, successivamente sostituiti dall'art. 37 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e modificati dall'art. 9, comma 2 del D.Lgs. n. 396 del 1997, dall'art. 45, comma 4 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e dall'art. 20 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 45, commi 1, 2, 7, 10, 11, 21, 22 e 23 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall'art. 22, comma 6 del D.Lgs. n. 387 del 1998, dall'art. 89 della legge n. 342 del 2000 e dall'art. 51, comma 13, della legge n. 388 del 2000)

(omissis)

(…)

Comma 4. Le aziende e gli enti di cui alle L. 26 dicembre 1936, n. 2174, e successive modificazioni ed integrazioni, L. 13 luglio 1984, n. 312, L. 30 maggio 1988, n. 186, L. 11 luglio 1988, n. 266, L. 31 gennaio 1992, n. 138, L. 30 dicembre 1986, n. 936, decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di cui al titolo I. I rapporti di lavoro dei dipendenti dei predetti enti ed aziende nonché della Cassa depositi e prestiti sono regolati da contratti collettivi ed individuali in base alle disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, all'articolo 8, comma 2, ed all'articolo 60, comma 3. Le predette aziende o enti e la Cassa depositi e prestiti sono rappresentati dall'ARAN ai fini della stipulazione dei contratti collettivi che li riguardano. Il potere di indirizzo e le altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitati dalle aziende ed enti predetti e della Cassa depositi e prestiti di intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, che la esprime tramite il Ministro per la funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 41, comma 2. La certificazione dei costi contrattuali al fine della verifica della compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio avviene con le procedure dell'articolo 47 (133) (134).

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(133)  Comma così modificato prima dal comma 5 dell'art. 47, L. 28 dicembre 2001, n. 448 e poi dal comma 1-bis dell'art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(134) Vedi, anche, l’art. 1, comma 189, L. 23 dicembre 2005. n. 266, sostituito dall’art. 67, comma 5, D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Vedi, altresì, l’art. 72, comma 1 e l’art. 74 del suddetto decreto.

 

(omissis)

 


L. 5 giugno 2003, n. 131
Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (art. 7, co. 7)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 giugno 2003, n. 132.

(2)  Vedi, anche, l'art. 4, comma 29, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

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(omissis)

Art. 7

Attuazione dell'articolo 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative.

(…)

Comma 7. La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati, salvo quanto disposto dal terzo periodo del presente comma. Nelle relazioni al Parlamento di cui all’articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, e all’articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e successive modificazioni, la Corte dei conti riferisce anche sulla base dei dati e delle informazioni raccolti dalle sezioni regionali di controllo. Resta ferma la potestà delle Regioni a statuto speciale, nell'esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel rispetto delle suddette finalità. Per la determinazione dei parametri di gestione relativa al controllo interno, la Corte dei conti si avvale anche degli studi condotti in materia dal Ministero dell'interno (15).

 

8. Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Città metropolitane.

 

9. [Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono essere integrate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da due componenti designati, salvo diversa previsione dello statuto della Regione, rispettivamente dal Consiglio regionale e dal Consiglio delle autonomie locali oppure, ove tale organo non sia stato istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su indicazione delle associazioni rappresentative dei Comuni e delle Province a livello regionale. I predetti componenti sono scelti tra persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili; i medesimi durano in carica cinque anni e non sono riconfermabili. Lo status dei predetti componenti è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell'incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma dell'articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385. Nella prima applicazione delle disposizioni di cui al presente comma e ai commi 7 e 8, ciascuna sezione regionale di controllo, previe intese con la Regione, può avvalersi di personale della Regione sino ad un massimo di dieci unità, il cui trattamento economico resta a carico dell'amministrazione di appartenenza. Possono essere utilizzati a tal fine, con oneri a carico della Regione, anche segretari comunali e provinciali del ruolo unico previsto dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, previe intese con l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali o con le sue sezioni regionali] (16).

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(15) Comma così modificato dal comma 60 dell'art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(16) Comma abrogato dal comma 61 dell'art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(omissis)


D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217
Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252 (art. 37)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 ottobre 2005, n. 249, S.O.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la legge 30 settembre 2004, n. 252, recante delega al Governo per la disciplina in materia di rapporto di impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ed in particolare gli articoli 1, 2 e 6;

 

Visto l'articolo 8 del decreto-legge 31 marzo 2005, n. 45, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 maggio 2005, n. 89;

 

Sentite le organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 luglio 2005;

 

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 settembre 2005;

 

Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell'economia e delle finanze;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

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(omissis)

Art. 37

Procedura di negoziazione.

1. La procedura negoziale è avviata dal Ministro per la funzione pubblica almeno quattro mesi prima della scadenza dei termini di cui all'articolo 34, comma 2. Le trattattive si svolgono tra i soggetti di cui all'articolo 35 e si concludono con la sottoscrizione di un'ipotesi di accordo.

 

2. La delegazione di parte pubblica, prima di procedere alla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verifica, sulla base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle trattative ai sensi dell'articolo 35, che le organizzazioni sindacali aderenti all'ipotesi rappresentino più del cinquanta per cento come media tra il dato associativo e il dato elettorale, ovvero almeno il sessanta per cento del dato elettorale.

 

3. Le organizzazioni sindacali dissenzienti possono trasmettere al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri che compongono la delegazione di parte pubblica le loro osservazioni entro il termine di cinque giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo.

 

4. L'ipotesi di accordo è corredata da prospetti contenenti l'individuazione del personale interessato, i costi unitari e gli oneri riflessi del trattamento economico, nonché la quantificazione complessiva della spesa, diretta e indiretta, con l'indicazione della copertura finanziaria complessiva per l'intero periodo di validità. L'ipotesi di accordo non può in ogni caso comportare, direttamente o indirettamente, anche a carico di esercizi successivi, impegni di spesa eccedenti rispetto a quanto stabilito nel documento di programmazione economico-finanziaria approvato dal Parlamento, nella legge finanziaria, nonché nel bilancio.

 

5. Il Consiglio dei Ministri, entro quindici giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verificate le compatibilità finanziarie ed esaminate le eventuali osservazioni di cui al comma 3, approva l'ipotesi di accordo e il relativo schema di decreto del Presidente della Repubblica, prescindendo dal parere del Consiglio di Stato. Nel caso in cui l'accordo non sia definito entro novanta giorni dall'inizio delle procedure, il Governo riferisce alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica nelle forme e nei modi stabiliti dai rispettivi regolamenti.

 

6. Lo schema di decreto che recepisce l'ipotesi di accordo, unitamente alla documentazione di cui al comma 4, è trasmesso alla Corte dei conti, ai fini della certificazione dell'attendibilità dei costi quantificati e della loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione dello schema di decreto, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi 6 e 7 dell'articolo 47 del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165.

 


L. 23 dicembre 2005, n. 266
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006) (art. 1, co. 227)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 2005, n. 302, S.O.

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(omissis)

Art.1

Per l'anno 2006, il livello massimo del saldo netto da finanziare resta determinato in termini di competenza in 41.000 milioni di euro, al netto di 7.077 milioni di euro per regolazioni debitorie. Tenuto conto delle operazioni di rimborso di prestiti, il livello massimo del ricorso al mercato finanziario di cui all'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ivi compreso l'indebitamento all'estero per un importo complessivo non superiore a 2.000 milioni di euro relativo ad interventi non considerati nel bilancio di previsione per il 2006, resta fissato, in termini di competenza, in 244.000 milioni di euro per l'anno finanziario 2006.

(omissis)

(…)

Comma 227. Ai fini di quanto disposto dall'articolo 17-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per il personale del comparto Ministeri è stanziata la somma di 15 milioni di euro per l'anno 2006 e di 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007.

(omissis)


D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63
Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, a norma della L. 27 luglio 2005, n. 154 (art. 23)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 marzo 2006, n. 52.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la legge 27 luglio 2005, n. 154, recante delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 dicembre 2005;

 

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 febbraio 2006;

 

Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

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(omissis)

Art. 23

Procedura di negoziazione.

 

1. La procedura negoziale è avviata dal Ministro per la funzione pubblica almeno quattro mesi prima della scadenza dei termini di cui all'articolo 20, comma 3. Le trattative si svolgono tra i soggetti di cui all'articolo 21 e si concludono con la sottoscrizione di una ipotesi di accordo.

 

2. La delegazione di parte pubblica, prima di procedere alla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verifica, sulla base dei criteri utilizzati per l'accertamento della rappresentatività sindacale ai sensi dell'articolo 21, che le organizzazioni sindacali aderenti all'ipotesi stessa rappresentino almeno il cinquantuno per cento del dato complessivo espresso dal totale delle deleghe sindacali rilasciate.

 

3. Le organizzazioni sindacali dissenzienti possono trasmettere al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri che compongono la delegazione di parte pubblica le loro osservazioni entro il termine di cinque giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo.

 

4. L'ipotesi di accordo è corredata da prospetti contenenti l'individuazione del personale interessato, i costi unitari e gli oneri riflessi del trattamento economico, nonchè la quantificazione complessiva della spesa, diretta e indiretta, con l'indicazione della copertura finanziaria complessiva per l'intero periodo di validità. L'ipotesi di accordo non può in ogni caso comportare, direttamente o indirettamente, anche a carico di esercizi successivi, impegni di spesa eccedenti rispetto a quanto stabilito nel documento di programmazione economico-finanziaria votato dal Parlamento nella legge finanziaria, nonchè nella legge di bilancio.

 

5. Il Consiglio dei Ministri, entro quindici giorni dalla sottoscrizione dell'ipotesi di accordo, verificate le compatibilità finanziarie ed esaminate le osservazioni di cui al comma 3, approva l'ipotesi di accordo quadriennale ed il relativo schema di decreto del Presidente della Repubblica da adottare e lo sottopone al controllo di competenza della Corte dei conti, prescindendo dal parere del Consiglio di Stato. Nel caso in cui l'accordo non sia definito entro novanta giorni dall'inizio delle procedure, il Governo riferisce alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica nelle forme e nei modi stabiliti dai rispettivi regolamenti.

 

6. Nell'ambito e nei limiti fissati dal decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 5 e per le materie specificamente ivi indicate, possono essere conclusi accordi decentrati a livello centrale e territoriale che, senza comportare alcun onere aggiuntivo, individuano esclusivamente criteri applicativi delle previsioni del predetto decreto. Gli accordi decentrati sono stipulati tra una delegazione di parte pubblica presieduta dai titolari degli uffici centrali e territoriali individuati dall'Amministrazione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 5, ed una delegazione sindacale composta dai rappresentanti delle corrispondenti strutture territoriali delle organizzazioni sindacali firmatarie dell'ipotesi di accordo quadriennale di cui al comma 1. In caso di mancata definizione degli accordi decentrati, resta impregiudicato il potere di autonoma determinazione dell'Amministrazione.

(omissis)

 


L. 24 dicembre 2007, n. 244
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) (art. 3, co. 63)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 dicembre 2007, n. 300, S.O.

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(omissis)

Articolo 3

 

(…)

Comma 63. Per il triennio 2008-2010, il Presidente della Corte dei conti, entro il 30 giugno di ciascun anno, presenta al Parlamento una relazione sulle procedure in corso per l’attuazione del comma 62 e sugli strumenti necessari per garantire piena autonomia ed effettiva indipendenza nello svolgimento delle funzioni di organo ausiliario del Parlamento in attuazione dell’articolo 100 della Costituzione.

(omissis)


D.L. 25 giugno 2008, n. 112
Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (art. 72, co. 11)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 giugno 2008, n. 147, S.O.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

(3) Vedi, anche, l'art. 1, comma 2, L. 6 agosto 2008, n. 133.

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni urgenti finalizzate alla promozione dello sviluppo economico e alla competitività del Paese, anche mediante l'adozione di misure volte alla semplificazione dei procedimenti amministrativi concernenti, in particolare, la libertà di iniziativa economica, nonché a restituire potere di acquisto alle famiglie, a garantire la razionalizzazione, l'efficienza e l'economicità dell'organizzazione amministrativa, oltre che la necessaria semplificazione dei procedimenti giudiziari incidenti su tali ambiti;

 

Ritenuta, altresì, la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per garantire la stabilizzazione della finanza pubblica, al fine di garantire il rispetto degli impegni in sede internazionale ed europea indispensabili, nell'attuale quadro di finanza pubblica, per il conseguimento dei connessi obiettivi di stabilità e crescita assunti;

 

Ravvisata, inoltre, la straordinaria necessità ed urgenza di emanare le connesse disposizioni dirette a garantire gli interventi di perequazione tributaria occorrenti per il rispetto dei citati vincoli;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 18 giugno 2008;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, per la pubblica amministrazione e l'innovazione, del lavoro, della salute e delle politiche sociali e per la semplificazione normativa;

 

Emana

 

il seguente decreto-legge:

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(omissis)

Art. 72.

Personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo

(…)

 

Comma 11.  Nel caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 possono risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi. Con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri dell’interno, della difesa e degli affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalità applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo conto delle rispettive peculiarietà ordinamentali. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano a magistrati e professori universitari. (143)

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(143) Comma così modificato dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133.

 

(omissis)


Codice Civile
(Artt. 1339 e 1419)

 

Art. 1339. Inserzione automatica di clausole.

 

Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge [o da norme corporative] (1), sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti [c.c. 1419, 1679, 1815, 1932, 2066, 2077, 2554, 2936].

 

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(1) Le norme corporative sono state abrogate, quali fonti di diritto, per effetto della soppressione dell'ordinamento corporativo, disposta con R.D.L. 9 agosto 1943, n. 721 e della soppressione delle organizzazioni sindacali fasciste, disposta con D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369.

 

 

Art. 1419. Nullità parziale.

 

La nullità parziale [c.c. 771] di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità [c.c. 1354, 1363, 1430].

 

La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative [c.c. 1339, 1500, 1501, 1679, 1815, 1932, 1972, 2066, 2077, 2115].

 


Codice Penale
(Art. 640)

 

Capo II

 

Dei delitti contro il patrimonio mediante frode

 

Art. 640. Truffa.

 

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032 [c.p. 29] (1).

 

La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549 [c.p. 29, 63] (2):

 

1. se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare (3);

 

2. se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità [c.p. 649, 661; c.p.m.p. 162] (4).

 

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante (5) (6).

 

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(1) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(2) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(3) La condanna per il delitto previsto in questo articolo, se commesso in danno o a vantaggio di una attività imprenditoriale, o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (art. 32-quater c.p.). In materia di leva e reclutamento obbligatorio vedi gli artt. 129, 130 e 133, D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237; la L. 24 dicembre 1986, n. 958, la legge 15 dicembre 1972, n. 772, e le norme di attuazione contenute nel D.P.R. 28 novembre 1977, n. 1139, in materia di obiezione di coscienza, il D.P.R. 28 novembre 1977, n. 1139.

(4) Vedi, invece, l'art. 218, L. fall. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267).

(5) Comma aggiunto dall'art. 98, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(6) Nel presente articolo l'art. 3, D.L. 3 marzo 2003, n. 32, non convertito in legge, aveva aggiunto un comma, dopo il secondo, che così disponeva:

«Se il fatto è commesso a danno del Servizio sanitario nazionale da professionisti sanitari dipendenti dal medesimo Servizio o con esso convenzionati, ovvero responsabili di strutture sanitarie accreditate per l'erogazione di prestazioni clinico-diagnostiche, la pena pecuniaria di cui al secondo comma è decuplicata. È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato o delle cose che ne sono il prodotto o il profitto. Il provvedimento che definisce il giudizio deve essere comunicato al competente ordine o collegio professionale di appartenenza che, valutati gli atti, dispone la radiazione dalla professione del responsabile».

 

 



[1]    Il testo del vigente comma 5 stabilisce che i concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni statali e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, devono essere autorizzate dal Presidente del Consiglio. Si prevede inoltre la possibilità, per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale, di bandire concorsi unici circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalità.

[2]    Il DPR 10 gennaio 1957, n. 3, recante il “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”, infatti, sottende ancora una logica di tipo pubblicistico.

[3]    Ai sensi dell’articolo 2 (successivamente abrogato dall'articolo 74 del D.Lgs. 29/1993 e dall'articolo 72 del D.Lgs. 165/2001).

[4]    Ai sensi dell’articolo 3 (successivamente abrogato dall'articolo 74 del D.Lgs. 29/1993 e dall'articolo 72 del D.Lgs. 165/2001)

[5]    “Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”.

[6]    “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

[7]    “Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[8]    “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[9]    “Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999”. Merita ricordare, in proposito, che già nell’articolo 8 della L. 8 marzo 1999, n. 50, - Legge di semplificazione 1998, aveva trovato allocazione la delega per la riorganizzazione normativa del lavoro pubblico, rimasta però inattuata per scadenza dei termini.

[10]   Per questo viene solitamente indicato come “testo unico” sul pubblico impiego, pur non essendo tecnicamente tale.

[11]   D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, recante la razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. Tale disposizione è rimasta sostanzialmente inalterata in seguito alle successive modifiche apportate dall'articolo 2 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546 (“Ulteriori modifiche al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, sul pubblico impiego.”), e dall'articolo 2 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (“Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”).

[12]   V. ad es. Carinci, ” Le fonti della disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, Giuffré, 2000.

[13]   V. ad es. Liso, “La privatizzazione dei rapporti di lavoro”, in “Il Lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, Commentario diretto da F. Carinci e M. D’Antona, Giuffré, 2000; Fiorillo, “Le fonti di disciplina del rapporto di diritto del lavoro pubblico”, CEDAM, 2000; Rusciano, “La riforma del lavoro pubblico: fonti della trasformazione e trasformazione delle fonti”, in “Giornale del lavoro e delle relazioni industriali”, 1996, p. 245.

[14]   V. ad es. Maresca, “Le trasformazioni dei rapporti di lavoro pubblico e il sistema delle fonti”, Giuffré, 2004;Liso, op. cit..

[15]   V. ad es. D’Antona, “Autonomia negoziale, discrezionalità e vincolo di scopo nella contrattazione collettiva delle pubbliche amministrazioni”, in “argomenti di diritto del lavoro”, 1997, fasc. 4.

[16]   D’Antona, “Lavoro pubblico e diritto del lavoro”, in “Il Lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, Commentario diretto da F. Carinci e M. D’Antona, Giuffré, 2000.

[17]   Marrazza, “Il contratto collettivo del pubblico impiego”, in “Trattato di diritto privato” (coordinato da G. Proia, Giappichelli, 2007.

[18]   Adottata ai sensi dell’articolo 60, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 (DOC XC, n. 1), trasmessa alla Camera il 15 maggio 2007.

[19]   La stessa Relazione ha precisato che nella retribuzione accessoria ai fini della compilazione del conto annuale sono ricomprese voci che pur non facendo parte del trattamento fondamentale, rappresentano comunque emolumenti fissi e continuativi. La Relazione continua evidenziando che al netto di tali voci gli incrementi differenziali del trattamento accessorio risulterebbero “notevolmente ridimensionati”. In ogni caso, prosegue la Relazione, la forbice tra retribuzioni fisse ed accessorie segno del “notevole ridimensionamento della contrattazione nazionale a favore della contrattazione integrativa”.

[20]   “Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo” (cd. legge Bassanini 2).

[21]   Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (“TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio.

      Il collocamento fuori ruolo è uno degli istituti propri del pubblico impiego che comportano una modificazione oggettiva del rapporto di lavoro. In particolare, il collocamento fuori ruolo, a differenza del comando e del distacco, pone l’impiegato fuori dai quadri organici dell’amministrazione di appartenenza. Nel collocamento fuori ruolo si ha l’utilizzazione dell’impiegato presso altra amministrazione, con conseguente interruzione del preesistente rapporto d’impiego, così che il posto rimasto vacante può essere ricoperto da un altro titolare. La retribuzione è a carico dell’amministrazione presso la quale si presta il servizio.

Nel nostro ordinamento l’istituto è regolamentato dagli articoli 58 e 59 della L. 3 del 1957, recante lo statuto degli impiegati civili dello Stato. Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell'amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell'amministrazione stessa. In particolare, l’articolo 58 dispone che l'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene; nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo. Al collocamento fuori ruolo si provvede con decreto dei ministri competenti di concerto con il ministro per il Tesoro (attualmente dell’economia e delle finanze), sentito l'impiegato. I casi nei quali gli impiegati possono essere collocati fuori ruolo, sono determinati col regolamento. Infine, al collocamento fuori ruolo dell'impiegato con qualifica non inferiore a direttore generale si provvede in conformità al quarto comma del precedente articolo 56, recante disposizioni in materia di comando. Il successivo articolo 59 stabilisce che all'impiegato collocato fuori ruolo si applicano le norme dell'articolo 57, che precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio. Inoltre, l'impiegato collocato fuori ruolo che consegue la promozione o la nomina a qualifica superiore rientra in organico andando ad occupare, secondo l'ordine della graduatoria dei promossi o dei nominati, un posto di ruolo.

[22]   Gli enti di cui all’articolo 70, comma 4, sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[23]   La misura annua del contributo individuale è concordata tra l'ARAN e l'organismo di coordinamento dei comitati di settore, ed è riferita a ciascun biennio contrattuale.

[24]   Si ricorda che la L. 23 agosto 2004, n. 226, recante la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, ha abolito il servizio di leva a decorrere dal 1° gennaio 2005.

[25]   DOC XIII, n. 1-ter. Capitolo 2.4, pag. 375.

[26]    In termini generali, si ricorda che il provvedimento concessorio è quello con cui la P.A.. attribuisce o trasferisce ex novo posizioni giuridiche attive al destinatario, ampliandone la sfera giuridica. Esso si distingue dai provvedimenti autorizzatori, nei quali la P.A. provvede alla rimozione di un limite legale posto all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo o ad una potestà pubblica che devono necessariamente preesistere in capo al destinatario. Con specifico riferimento alle concessioni di pubblici servizi, la concessione è traslativa, in quanto il diritto preesiste in capo all’amministrazione ed è trasmesso al privato; in tali casi, inoltre, accanto al provvedimento con il quale si esercita il potere concessorio amministrativo, si può spesso individuare una convenzione bilaterale di diritto privato finalizzata a dare assetto ai rapporti patrimoniali tra concessionario e concedente (concessione-contratto). Per pubblico servizio, in generale, deve intendersi un’attività economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ovvero l’atto con il quale è trasferito ad un soggetto privato (concessionario) l’esercizio di un servizio pubblico ritenuto indispensabile in un determinato contesto sociale. In base all’articolo 3, comma 12, del D.Lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) la «concessione di servizi» è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi (ovvero di un appalto avente per oggetto la prestazione dei servizi indicati specificamente nell’allegato II) ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all’articolo 30. Tale ultima disposizione, che esclude l’applicazione del codice per le concessioni di servizi, specifica che in queste ultime la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio, stabilisce i criteri per la corresponsione al concessionario di un prezzo e detta principi di carattere generale per la scelta del concessionario. L’articolo 113 del TUEL disciplina invece le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. La figura del concessionario di pubblici servizi non si identifica con quella del “gestore di pubblici servizi” (richiamata anche dall’art. 23 della legge n. 241 del 1990 in materia di accesso ai documenti amministrativi). Tale ultima figura ha un’accezione più ampia rispetto alla prima, della quale peraltro è comprensiva.

[27]   Cfr. comunicato stampa del Ministero dello sviluppo economico del 23 dicembre 2008.

[28] Cfr. seduta del 17 dicembre 2008, emendamento 3.326 Ichino, che ha introdotto i commi da 5 ad 8 dell’articolo 3. Il presentatore dell’emendamento ha precisato che esso è finalizzato ad ampliare il principio di trasparenza sul modello dell’Information act britannico del 2006 e della legge svedese con cui si è esteso il principio di trasparenza a tutti i dati relativi al funzionamento dell'amministrazione pubblica, ad eccezione di quelli riservati.

 

[29]   D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 287, Riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione e riqualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[30]    D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 381, Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, concernenti il riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione, a norma dell’articolo 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137.

[31]    L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)

[32]    Si prevedeva inoltre che altre istituzioni di formazione facenti capo a diverse amministrazioni, quali l’Istituto diplomatico, la Scuola Superiore dell’amministrazione dell’interno e la Scuola superiore dell’economia e delle finanze, pur mantenendo la propria autonomia organizzativa e rimanendo inquadrate nelle rispettive amministrazioni, entrassero a far parte dell’Agenzia per la formazione e fossero soggette al suo coordinamento.

[33]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (L. 133/2008) Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria

[34]    Sito Internet: www.sspa.it.

[35]   Accordo del 18 novembre 2004 relativo alla sequenza contrattuale di cui agli articoli 36 e 46 del CCNL 1998-2001 e I biennio economico (5 aprile 2001) e all'articolo 3 biennio economico 2000-2001 (5 aprile 2001) del personale dirigente dell'Area I.

[36]    D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[37]    L’art. 23, co. 2, assicura la mobilità dei dirigenti, nei limiti dei posti disponibili, ai sensi dell’art. 30.

[38]    Tale disposizione ha introdotto una innovazione di non poco conto rispetto alla normativa previgente, che invece riconosceva il diritto alla conservazione del trattamento economico più favorevole (principio del “divieto di reformatio in pejus”), nel caso di mobilità.

[39]    D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[40]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.

[41]   In tal senso, l’articolo 5, comma 2, del D.lgs. 165/2001.

[42]   L. 20 maggio 1970, n. 300, “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.

[43]In questa norma vengono ricompresi, tra gli altri, i seguenti comportamenti: inosservanza disposizioni di servizio, assenza ingiustificata dal servizio, ingiustificato ritardo, svolgimento altre attività lavorative durante la malattia o l’infortunio, minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico o altri dipendenti, atti lesivi dignità persona, moleste di carattere sessuale, atti o comportamenti aggressivi che assumano forme di violenza morale o persecuzione psicologica verso altri dipendenti.

[44]In questa norma vengono ricompresi, tra gli altri, i seguenti comportamenti: recidiva nel biennio per le mancanze previste al comma 3, assenza ingiustificata dal servizio da 10 a 15 giorni, occultamento di fatti o circostanze relative a somme o beni di pertinenza dell’amministrazione su cui il dipendente ha obbligo di vigilanza e controllo, insufficiente persistente scarso rendimento dovuto a comportamento negligente, atti o comportamenti aggressivi verso altro dipendente che gli procuri danno in ambito lavorativo o lo escluda dal relativo contesto, atti lesivi dignità persona, moleste di carattere sessuale.

[45]L. 18 gennaio 1992, n. 16, “Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali”. Si fa presente che tali disposizioni della Legge 16/1992 sono state abrogate dal D.lgs 18 agosto 2000, n. 267, recante “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”, il quale le ha riprodotte all’articolo 58. In esso, per la parte che qui interessa, viene prevista la non candidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali per i titolari delle seguenti condanne: i delitti di cui al 416-bis del codice penale (Associazioni di tipo mafioso anche straniere), e quelli attinenti al traffico di sostanze stupefacenti (associazione finalizzata al traffico illecito di cui all'art. 74 al DPR 309/1990 relativo al “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”), a quelli concernenti la fabbricazione e il commercio di armi o i delitti di favoreggiamento commesso in relazione a detti reati. Inoltre, vengono citati i delitti dell’articolo 316 del codice penale (peculato mediante profitto dell’errore altrui), e quelli commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio. Infine, sono citati nella norma anche i condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo.

[46] L. 15 luglio 2002, n. 145, “Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato”. Successivamente, tale disposizione è stata modificata dall’articolo 14-octies del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, convertito dalla L. 17 agosto 2005, n. 168, recante “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione”.

[47] Si evidenzia che nel CCNL relativo al personale del comparto ministeri per il quadriennio 2002-2005, biennio economico 2002-2003 del 12 giugno 2003, nella dichiarazione allegata da parte delle organizzazioni sindacali si sottolineava come l’attuazione della vicedirigenza fosse stata rimandata, invece di essere stata disciplinata dal contratto, “ai lavori di una commissione dai tempi incerti ed indeterminate competenze”. Il successivo CCNL del 14 settembre 2007 relativo al comparto Ministeri del quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 nulla ha disposto in materia.

[48]    L. 30 dicembre 1986, n. 936, Norme sul Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

[49]    L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[50]    Si veda la Circolare del Presidente  della Camera sulle regole e raccomandazioni per le formulazione tecnica dei testi legislativi, 20 aprile 2001.

[51]    Seduta del 12 novembre 2008. La Commissione ha espresso parere contrario anche sulla possibilità, prevista nel testo originario dell’emendamento e poi soppressa, di sospendere non solamente l’impegno delle somme stanziate, ma anche il pagamento stesso delle somme già impegnate.

[52]    L. 22 dicembre 2008, n. 203, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009)

[53]   Per un elenco delle funzioni delle sezioni riunite in sede di controllo si veda l’art. 8 della Deliberazione della Corte dei conti a sezioni riunite 16 giugno 2000, Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti. (Deliberazione n. 14/DEL/2000