Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Progetto di Programma Nazionale di Riforma - (Strategia Europa 2020)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 170
Data: 09/11/2010
Descrittori:
AMBIENTE   FEDERALISMO
MERCATO DEL LAVORO   ORGANIZZAZIONE FISCALE
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
XIV - Politiche dell'Unione europea

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Progetto di Programma
Nazionale di Riforma

 

(Strategia Europa 2020)

 

 

 

 

 

 

n. 170

 

 

 

9 novembre 2010

 

 

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari Comunitari

( 066760-9409 / 066760-4510 – * st_affaricomunitari@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier l’Ufficio:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§       L’introduzione e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative alla scheda sul Programma nazionale di riforma ed ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea sono state curate dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea.

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ID0016.doc


INDICE

Schede di lettura

Il programma nazionale di riforma                                                                   5

Introduzione                                                                                                     13

1. Scenario macroeconomico                                                                         17

2. Gli squilibri del sistema economico italiano                                            21

§      I principali ostacoli alla crescita italiana                                                         23

§      Consolidamento fiscale e debito pubblico                                                     24

§         La riforma delle pensioni                                                                         24

§         Il federalismo fiscale                                                                                27

§         La governance del sistema della spesa sanitaria                                   31

§         La riforma della tassazione                                                                     31

§      Competitività, salari e produttività                                                                  33

§      Concorrenza ed efficienza amministrativa                                                   34

§         Concorrenza, apertura dei mercati e ambiente imprenditoriale              34

§         La riforma della Pubblica Amministrazione                                             38

§      Conoscenza, ricerca e innovazione                                                              43

§      I divari territoriali                                                                                             44

3. Sorveglianza tematica                                                                                 45

§      Economia eco-efficiente e cambiamenti climatici                                        45

§         Emissioni di gas serra                                                                             45

§         Fonti rinnovabili                                                                                        46

§         Efficienza energetica                                                                               47

§         Il nucleare per la crescita dell’economia italiana                                     49

§         Politica regionale, energia e ambiente                                                    52

§      Capitale umano                                                                                             53

§         Politica regionale e istruzione                                                                  57

§      Ricerca e innovazione                                                                                   60

§         Infrastrutture a banda larga veloce e ultraveloce                                    66

§         Il contributo della politica regionale all’incentivazione della ricerca e dell’innovazione    70

§      Il mercato del lavoro                                                                                      72

§      Il contesto della povertà                                                                                 75

4. La politica regionale                                                                                    77

 

 


Schede di lettura

 

 


Il programma nazionale di riforma

Il 5 novembre 2010 il Consiglio dei ministri ha approvato una bozza del Programma nazionale di riforma (PNR) che indica gli obiettivi e le misure per l’attuazione in Italia della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione dell’UE (Europa 2020).

La bozza di programma è stata trasmessa alle Camere ai sensi dell’art. 4-ter della legge 11/2005 (“Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”); tale disposizione prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee assicuri la tempestiva consultazione e informazione delle Camere nella predisposizione dei programmi nazionali di  riforma per l'attuazione in Italia della Strategia per la crescita e l'occupazione, nonché delle relazioni annuali di attuazione; a questo scopo, si stabilisce che la bozza di programma nazionale di riforma sia trasmessa, prima della sua presentazione alla Commissione europea, ai competenti organi parlamentari,  che possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo secondo i rispettivi regolamenti parlamentari.

 

La bozza di PNR dovrebbe essere sottoposta entro il 12 novembre 2010 alla Commissione europea (secondo la scadenza indicata dal Segretariato generale della Commissione stessa) ai fini di una prima valutazione; il programma di riforma andrà poi presentato in forma definitiva alle Istituzioni europee, unitamente al programma di stabilità, entro il 15 aprile 2011, nel quadro del nuovo sistema di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri (c.d. semestre europeo, su cui vedi infra).

 

La Strategia UE 2020

 

La Strategia UE 2020 - definita dal Consiglio europeo del 17-18 giugno 2010 – si incentra su cinque obiettivi principali:

·                portare al 75% il tasso di occupazione per la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni, anche mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva;

·                migliorare le condizioni per la ricerca e lo sviluppo, in particolare allo scopo di portare al 3% del PIL la spesa per investimenti pubblici e privati combinati in tale settore;

·                ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% - rispetto ai livelli del 1990 - o del 30%, se sussistono le necessarie condizioni, ovvero nel quadro di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri Paesi si impegnino ad analoghe riduzioni delle emissioni; contestualmente, si intende portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabile e migliorare del 20% l'efficienza energetica (obiettivo già previsto nel pacchetto clima-energia approvato nel 2009);

·                migliorare i livelli d'istruzione, in particolare riducendo i tassi di dispersione scolastica al di sotto del 10% e aumentando la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente almeno al 40%. Il Consiglio europeo ha ribadito la competenza degli Stati membri a definire e attuare obiettivi quantitativi nel settore dell'istruzione.

·                promuovere l'inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione.

Per contribuire al conseguimento di questi cinque grandi obiettivi ciascuno Stato membro, nell’ambito del proprio PNR, stabilisce corrispondenti obiettivi e misure nazionali.

Al fine di precisare il percorso per l’attuazione della Strategia, la Commissione propone setteiniziative faro” ciascuna delle quali include numerose misure da realizzare sia a livello UE sia a livello dei Paesi membri. Sinora la Commissione ha avviato 4 iniziative faro:

·                “Unione per l’innovazione” (COM(2010)546), presentata il 6 ottobre 2010;

·                Youth on the move” (COM(2010)477), presentata il 15 settembre 2010;

·                “Una politica industriale per l’era della globalizzazione” (COM(2010)614), presentata il 28 ottobre 2010;

·                “Un’agenda europea del digitale” (COM(2010)245), presentata il 19 maggio 2010;

·                Altre 3 iniziative saranno presentate entro la fine del 2010:

·                “Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse”;

·                “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro”;

·                “Piattaforma europea contro la povertà”.

 

 

 

 

La governance della Strategia 2020

 

L’elaborazione e la valutazione dei PNR e delle loro misure di attuazione si inserisce nel quadro della riforma dei meccanismi di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri, incentrata su tre pilastri:

1)         un meccanismo per il coordinamento delle politiche economiche nazionali nell’ambito del c.d. “semestre europeo”;

2)         una più forte sorveglianza macroeconomica, che includa meccanismi di allerta e di sanzione, per affrontare gli squilibri di competitività e crescita;

3)         l’applicazione più rigorosa il Patto di stabilità e crescita.

 

I PNR assumono rilievo soprattutto ai fini dei primi due pilastri, mentre l’applicazione del Patto di stabilità e crescita continuerà – in base alle proposte della Commissione europea – ad essere incentrata sulla valutazione dei programmi di stabilità e convergenza di ciascuno stato membro.

Il semestre europeo

L’elaborazione e la valutazione dei PNR e delle loro misure di attuazione  si inserisce anzitutto nell’ambito della nuova procedura di coordinamento ex-ante delle politiche economiche (c.d. “semestre europeo”), stabilita dal Consiglio ECOFIN del 7 settembre 2010, apportando modifiche al Codice condotta sull’applicazione del Patto di stabilità e crescita.


 

 

La nuova procedura – che troverà applicazione a partire da gennaio 2011 - si articolerà secondo il seguente schema:

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Il ciclo descritto nello schema comprende dunque le seguenti fasi:

·                gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’indagine annuale sulla crescita;

·                febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;

·                metà aprile: in coerenza con le linee guida definite dal Consiglio gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita);

·                inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

·                giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

·                seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Nell’indagine annuale sulla crescita dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse.

Fase transitoria

In vista dell’avvio del semestre europeo nel gennaio 2011, la Commissione europea ha prospettato – con una lettera del Segretario generale della Commissione europea ai rappresentanti permanenti presso l’UE di ciascuno stato membro - una fase transitoria in cui si colloca la presentazione della bozza di PNR in esame:

·                  entro il 12 novembre 2010 gli Stati membri dovrebbero presentare alla Commissione la bozza dei PNR;

·                  entro aprile 2011 sarebbe presentata la versione completa e definitiva dei PNR.

Sorveglianza sugli squilibri macroeconomici

La sorveglianza sugli squilibri macroeconomici si articolerebbe in meccanismi sia presentivi sia correttivi, sul modello del Patto di stabilità e crescita, previsti nell’ambito delle proposte legislative presentate dalla Commissione lo scorso 29 settembre per il rafforzamento della governance economica nonché nella relazione finale della Task force sulla governance economica, presieduta dal Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, approvata dal Consiglio europeo del 28-29 ottobre.

Con riferimento alla parte preventiva, la proposta di regolamento sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (COM(2010)527), demanda alla Commissione una valutazione periodica dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno Stato membro. La valutazione sarebbe basata su un quadro di riferimento composto da indicatori economici (scoreboard, la cui individuazione è rinviata ad una fase successiva, ma che potrebbero comprendere: il bilancio delle partite correnti; il tasso di cambio effettivo basato sui costi unitari del lavoro; il debito del settore pubblico e privato - famiglie e imprese). Sulla base della valutazione, la Commissione avvierebbe un riesame approfondito riguardante gli Stati membri a rischio per individuare i problemi sottostanti. Per gli Stati membri che presentano gravi squilibri, tali da mettere a rischio il funzionamento dell'Unione economica e monetaria, il Consiglio adotterebbe raccomandazioni e avvierebbe una procedura per gli squilibri eccessivi.

Lo Stato che sia oggetto di tale procedura dovrebbe sottoporre un piano di azione correttivo al Consiglio, il quale fisserebbe un termine per l'adozione di misure correttive.

Con riguardo alla parte correttiva, in base alla proposta di regolamento sulle misure per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro (COM(2010)525), che segue la procedura legislativa ordinaria, lo Stato dell'eurozona che ometta ripetutamente di dare seguito alle raccomandazioni del Consiglio formulate nel quadro della procedura per gli squilibri eccessivi al fine di porre fine ad una situazione di squilibrio, pagherebbe un'ammenda annua pari allo 0,1% del suo PIL. La decisione di comminare un’ammenda è proposta dalla Commissione e si considera approvata dal Consiglio a meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata ("maggioranza inversa") degli Stati membri dell’eurozona (non si tiene conto del voto dello Stato interessato). L’ammenda sarebbe restituita al Paese interessato qualora desse seguito alle raccomandazioni del Consiglio.

In caso di mancata restituzione le entrate  derivanti dalle ammende verrebbero distribuite, sulla base dei rispettivi PIL, tra i Paesi membri dell’area euro non sottoposti ad alcuna procedura.

 

Struttura e contenuti della bozza di PNR

 

La bozza di PNR è articolata, in coerenza con le indicazioni della Commissione europea in tre parti:

·                analisi dello scenario macro-economico a medio-termine;

·                identificazione degli ostacoli principali alla crescita e all’aumento dell’occupazione;

·                indicazione degli obiettivi nazionali da perseguire per contribuire all’attuazione della strategia 2020.

La seguente tabella riporta gli obiettivi fissati a livello europeo (UE a 27) dalla Strategia 2020 e a livello nazionale dalla bozza di PNR, indicando ove disponibili i dati più recenti pubblicati da EUROSTAT, relativi alla situazione attuale in Italia e nell’UE a 27 (riferiti al 2009 e in alcuni casi al 2008).

 

Obiettivo

Italia

UE

Situazione attuale

2020

(bozza di PNR)

Situazione attuale

2020

(Strategia 2020)

Tasso di occupazione[1]

57,5%

67-69%

64,6%

75%

 

Spesa per ricerca sul PIL[2]

1,18%

1.53%

1,9%

3%

 

Istruzione terziaria o equivalente[3]

19%

26-27%

32,3%

40%

 

Abbandoni scolastici[4]

19,2%

15-16%

14,4%

10%

Efficienza energetica

 

13.4%

 

20%

 

Energie rinnovabili[5]

17%

17%

20%

20%

 

Emissioni di gas[6]  serra (riduzione)

4,7% (aumento)

20%

11,3%

20%

 

Persone a rischio di povertà[7]

15 milioni

2.2 milioni (riduzione)

120 milioni

20 milioni (riduzione)


Introduzione

Nello spirito della Nuova Strategia “Europa 2020” (EU2020), che ha indicato nella stabilità e nelle riforme le due direttrici chiave della politica economica in Europa, la Commissione europea ha previsto un coordinamento strategico dei diversi momenti di definizione programmatica per i Paesi membri, attraverso l’introduzione del c.d. “Semestre europeo”, nella consapevolezza che occorre affiancare alle politiche di stabilità delle finanze pubbliche riforme strutturali che consentano la ripresa della crescita economica.

 

Secondo la nuova strategia, la pianificazione strategica nazionale avrà inizio a fine aprile di ogni anno, con la presentazione contestuale dei due documenti strategici. Il Programma nazionale di riforma (PNR) e il Programma di stabilità (PS), che definiscono le misure strategiche e di riforma da adottare, per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita produttiva e occupazionale.

 

Nella fase transitoria, definita in vista dell’avvio del semestre europeo nel gennaio 2011, la Commissione europea ha proposto che già in autunno, entro il 12 novembre, gli Stati membri presentino alla Commissione la bozza dei PNR. La versione definitiva dei PNR dovrà essere presentata entro aprile 2011.

 

Il documento in esame rappresenta, dunque, una versione preliminare di quello che verrà presentato alla UE nel mesi di aprile 2011. Tale documento si focalizza sullo scenario macro-economico a medio-lungo termine, sugli obiettivi nazionali da perseguire nell’ambito degli scopi della Strategia “Europa 2020” per la crescita e l’occupazione e le misure conseguenti da adottare, nonché identificare gli ostacoli principali alla crescita e all’aumento dell’occupazione.

 

In tale contesto vengono considerati come principali ostacoli alla crescita economica:

-            l’elevato livello di debito pubblico;

-            la competitività del sistema produttivo, con riguardo soprattutto alla relazione tra salari e produttività;

-            il grado di concorrenza ancora non particolarmente elevato in alcuni settori;

-            il sistema di istruzione e formazione;

-            il sistema di ricerca ed innovazione a favore delle imprese;

-            il livello di occupazione che presenta ancora forti divergenze sia a livello territoriale sia in termini di occupazione femminile e giovanile.

 

In relazione a tali ostacoli, il programma enuncia le riforme attuate o prossime all’attuazione.

In riferimento al debito pubblico e al fine di dare stabilità alle finanze pubbliche, si considerano prioritarie:

-            la riforma pensionistica;

-            il completamento del federalismo fiscale;

-            la riforma complessiva del sistema tributario.

 

Ai fini del miglioramento della competitività del sistema produttivo italiano, sono considerate essenziali:

-            la revisione del modello contrattuale del lavoro, al fine di allineare la crescita dei salari all’aumento della produttività;

-            la trasposizione della direttiva europea sulla libera circolazione dei servizi;

-            l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza;

-            la trasposizione della direttive sul mercato dell’energia e del gas;

-            l’introduzione di zone a burocrazia zero nel Mezzogiorno;

-            la previsione per le imprese europee che stabiliscono la propria sede principale in Italia di un regime fiscale europeo più favorevole.

 

In ordine al sistema di istruzione e formazione, considerati fattori chiave per la competitività, si fa riferimento alla riforma in atto del sistema di istruzione ed universitario che dovrebbero portare, da un lato, ad una maggiore corrispondenza alle esigenze del mercato del lavoro e, dall’altro, ad un contenimento della spesa.

 

Quanto alle politiche di incentivazione della ricerca e dell’innovazione, il programma considera che tali politiche si rendono necessarie per innalzare la qualità dei prodotti tutelandoli al contempo da tentativi di concorrenza sleale. L’Italia ha definito un obiettivo dell’1,53% di spesa totale in rapporto al PIL per le politiche per l’innovazione e la ricerca. Di particolare importanza per lo sviluppo del Paese vengono considerati il ritorno all’energia nucleare ed il raggiungimento degli obiettivi in materia di energie rinnovabili e di riduzione delle emissioni.

 

Quanto alle politiche inerenti il lavoro, il Governo intende raggiungere un tasso di occupazione al 2020 del 67-69% attraverso i seguenti strumenti:

-       l’attuazione del piano triennale per il lavoro (che prevede la lotta al lavoro irregolare, l’aumento della sicurezza sul lavoro, il decentramento della regolazione e l’attuazione del principio di sussidiarietà, nonché lo sviluppo delle competenze per l’occupabilità ed il reimpiego);

-            l’incremento del tasso di occupazione delle donne attraverso l’attuazione del programma per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro e del Piano per la conciliazione del 2010;

-            l’aumento dell’occupazione giovanile, anche attraverso la lotta alla dispersione scolastica.

 

Va, infine, sottolineato che il Programma nazionale di riforma considera strettamente funzionali al raggiungimento degli obiettivi indicati nel Programma medesimo gli interventi di politica regionale, programmati nell’ambito del Quadro Strategico Nazionale (QSN 2007-2013) e dei programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali comunitari, in larga parte già concentrati sui temi della Strategia UE 2020.

 

Nella nota aggiuntiva si dà conto che nella strategia di sviluppo del Paese è da considerarsi come vincolo quello del debito pubblico e come quattro obiettivi fondamentali quelli riguardanti:

§                la questione meridionale;

§                la riforma fiscale;

§                la produzione di energia nucleare;

§                la questione legale intesa nel senso di un eccesso di regole che blocca l’economia.

 


 

1. Scenario macroeconomico

Il Programma si sofferma sulla ripresa economica che, manifestatasi nell’ultimo scorcio del 2009, si è progressivamente rafforzata nei primi due trimestri del 2010, in cui sia la produzione che il commercio mondiale hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti.

I tassi di inflazione sono rimasti contenuti anche per gli effetti legati alla crisi economica, mentre le politiche monetarie sono state accomodanti nelle diverse aree.

 

Nel corso del 2010, l’economia mondiale ha fatto registrare stime di crescita in progressivo aumento, grazie soprattutto alla consistente ripresa del commercio mondiale che è stimato crescere del 10 per cento nel 2010 - dopo la sensibile riduzione registrata nel 2009 (-11 per cento) - per poi ridimensionarsi a tassi più bassi ma stabili nel triennio successivo, intorno al 7 per cento.

Alcuni segnali di rallentamento degli scambi internazionali e della crescita, in particolare degli Stati Uniti, emersi dopo l’estate, potrebbero tuttavia determinare un rallentamento della ripresa economica, che potrebbe ripercuotersi anche in Italia.

Permane ancora debole, nella maggior parte delle economie industrializzate, il mercato del lavoro.

 

Per quanto concerne l’economia italiana, il PIL è stimato crescere dell’1,2 per cento per il 2010 e dell’1,3 per cento nel 2011. Tale previsione conferma i segnali di consolidamento della ripresa economica dell’Italia, trainata soprattutto dalla domanda estera e dall’accumulo di capitale fisso.

Nel biennio successivo la crescita annua è prevista attestarsi al 2 per cento, con un parziale recupero, sottolinea il Documento, dell’ancora ampio gap di capacità produttiva inutilizzata.

Secondo quanto riportato nel Documento, gli indicatori più recenti confermerebbero, inoltre, il miglioramento delle condizioni delle imprese italiane, specie quelle manifatturiere, sostenute dal recupero delle esportazioni e della produzione industriale, nonché degli ordinativi, del fatturato e della fiducia.

Dopo la rapida espansione registrata nel secondo trimestre (+2,0 per cento sul periodo precedente, circa il 7,7 per cento di recupero rispetto all’anno precedente)[8], la produzione industriale ha mostrato un rallentamento per poi recuperare la crescita in agosto.

 

Il quadro macroeconomico italiano per il triennio 2011-2013, esposto nel Programma, riflette le prospettive di recupero dell’economia internazionale e rispecchia sostanzialmente quello già presentato al Parlamento con la Decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013 il 30 settembre 2010 (DOC. LVII, n. 3).

 

Il quadro macroeconomico

(variazioni percentuali)

 

 

2009

2010

2011

2012

2013

PIL

-5,0

1,2

1,3

2,0

2,0

Importazioni

-14,5

5,9

3,4

3,7

3,7

Consumi finali nazionali

-1,2

0,4

0,6

1,4

1,6

- spesa delle famiglie

-1,8

0,5

0,8

1,7

1,8

Investimenti fissi lordi

-12,1

2,2

2,5

2,6

2,3

- macchinari e attrezzature

-16,6

7,5

4,1

3,9

3,0

- costruzioni

-7,9

-2,5

0,8

1,2

1,5

Esportazioni

-19,1

7,1

4,8

4,8

4,6

 

Occupazione (ULA)

-2,6

-1,5

0,7

0,8

1,0

Tasso di disoccupazione

7,8

8,7

8,7

8,6

8,4

 

Deflatore PIL

2,1

1,0

1,8

1,9

1,9

Inflazione programmata

0,7

1,5

1,5

1,5

1,5

 

esogene Internazionali

 

 

 

 

 

Commercio internazionale

-11,0

10,0

6,5

7,0

7,0

 

Come si evince dalla tabella, il recupero dell’attività economica nel 2010 risulta essenzialmente sostenuto dagli scambi internazionali e dalla domanda per investimenti, mentre permangono ancora deboli i consumi, frenati dall’andamento del reddito disponibile.

La ripresa dei consumi finali, pari a +0,4 per cento nel 2010, è attesa soprattutto a partire dal 2012.

In particolare, gli investimenti fissi lordi, dopo la forte contrazione degli anni scorsi, sono previsti in crescita del 2,2 per cento nel 2010; il dato è essenzialmente attribuibile alla dinamica degli investimenti in macchinari (+7,5 per cento), sostenuta dalle agevolazioni fiscali e dalle esportazioni. Nel biennio successivo la crescita di questa componente degli investimenti rimarrebbe in media al di sopra del 3,0 per cento.

Gli investimenti in costruzioni, invece, continuano ancora nel 2010 a risentire del ciclo negativo che ha interessato il settore nel 2009 (-2,5 per cento) e, nonostante alcuni segnali di lieve miglioramento provenienti dalla stabilizzazione dei prezzi degli immobili, gli investimenti in costruzioni permarrebbero deboli anche nel periodo successivo.

Gli scambi con l’estero mostrano segnali di ripresa. In particolare, le esportazioni aumenterebbero del 7,1 per cento nel 2010, trainate dal rinnovato vigore del commercio mondiale e dal deprezzamento dell’euro.

Anche le importazioni, dopo il risultato ampiamente negativo del 2009, aumenterebbero del 5,9 per cento nel 2010.

 

Il mercato del lavoro, secondo le stime contenute nel Programma Nazionale di Riforma, appare essersi stabilizzato, sebbene continui a mostrare segni di debolezza. Il ricorso alla Cassa integrazione guadagni da parte delle imprese ha continuato ad essere ampio nel 2010, sebbene inferiore rispetto al biennio precedente.

Dopo la contrazione registrata nel 2009, nel 2010 l’occupazione, in termini di unità di lavoro standard (ULA), è prevista ancora ridursi dell’1,5 per cento, per poi riprendere il suo trend di crescita e stabilizzarsi su livelli positivi già a partire dal 2011. Il tasso di disoccupazione si collocherebbe all’8,7 per cento nel 2010 e nel 2011, per poi ridursi gradualmente ed attestarsi all’8,4 per cento nel 2013.

Tuttavia, i dati più recenti sull’andamento dell’occupazione evidenziano, nel corso del 2010, un rallentamento del calo dell’occupazione e una diminuzione del tasso di disoccupazione, che si sarebbe attualmente attestato all’8,2 per cento.

 

Quanto all’inflazione, il Documento rileva che, nel corso degli ultimi otto mesi dell’anno, la dinamica dei prezzi al consumo ha proseguito la sua tendenza al rialzo, dovuta alla componente energetica, pur restando ben al di sotto del 2 per cento.

Tenendo conto dell’apprezzamento del dollaro rispetto all’euro e del fatto che i rischi di un rallentamento della crescita globale influenzano al ribasso i prezzi delle materie prime, il Programma stima un aumento del deflatore dei consumi dell’1,6 per cento per il 2010 e dell’1,9 per cento nel triennio successivo, ed un andamento sostanzialmente stabile, al di sotto del 2,0 per cento nell’intero periodo, per il deflatore del PIL.

 


2. Gli squilibri del sistema economico italiano

Per una valutazione complessiva della situazione economica italiana, il Programma Nazionale di riforma ribadisce, ancora una volta, come l’economia italiana si sia presentata meno esposta ai fattori specifici della crisi finanziaria, grazie ad alcune sue caratteristiche strutturali quali il ridotto indebitamento delle famiglie rispetto alla media dell’area dell’euro; la minore vulnerabilità del settore immobiliare; una maggiore relativa solidità del settore bancario rispetto agli altri paesi dell’area dell’euro.

 

I livelli complessivi di debito aggregato dell’economia (in rapporto al PIL) e la composizione tra i diversi settori istituzionali, la condizione del sistema bancario e lo stato del settore edilizio sono considerati tra gli indicatori più significativi per valutare la posizione di un paese dal punto di vista macroeconomico, insieme all’andamento del costo del lavoro (CLUP) e degli indici di competitività e all’evoluzione del conto corrente della bilancia dei pagamenti.

 

Al riguardo, il Documento precisa che, se si considera la grandezza del debito aggregato, che somma il valore del debito nei vari settori dell’economia (quindi non solo la PA, ma anche le famiglie e le imprese non finanziarie), l’Italia si colloca tra i paesi meno indebitati in ambito europeo.

Secondo i dati forniti nel documento, nel 2009, l’Italia si conferma uno dei paesi europei a minore debito aggregato in rapporto al PIL, con un valore pari al 241%, percentuale inferiore alla media europea, e, insieme alla grecia, rappresenta il paese in cui il debito del settore privato (famiglie in particolare) registra il livello più contenuto.

Per quanto concerne il sistema bancario, esso ha manifestato una redditività superiore agli altri paesi dell’area dell’euro e, in generale, una maggiore solidità. Pur necessitando di interventi di ricapitalizzazione (nel 2009 in misura molto contenuta, circa 4 miliardi di euro), il sistema bancario italiano ha resistito meglio all’impatto della crisi rispetto a quello di altri paesi europei.

La regolamentazione del settore, inoltre, è in Italia comparativamente più severa.

Anche il grado di correzione atteso nel settore immobiliare appare più contenuto rispetto ad altri paesi europei. L’aumento dei prezzi delle case registrato in Italia nel periodo 2000-2007 è risultato inferiore agli altri paesi e l’aggiustamento registrato finora è limitato.

 

Per quanto concerne gli squilibri della bilancia dei pagamenti di parte corrente, il Programma evidenzia come, a partire dalla terza fase dell’Unione Economica e Monetaria (1999), la competitività e l’andamento del conto corrente dell’Italia hanno mostrato un deterioramento, soprattutto nei confronti dell’area dell’Euro.

Il fattore che più ha inciso negativamente sulla competitività dell’Italia è l’andamento del costo del lavoro (CLUP), appesantito da una progressiva moderazione della produttività del lavoro.

Nell’ultimo decennio, inoltre, si è determinata una riduzione della quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali a prezzi correnti, fenomeno tuttavia comune anche agli altri paesi più industrializzati. Secondo i dati più recenti, la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali a prezzi correnti si è ridotta di 0,9 punti percentuali (dal 4,1 per cento del 1999 al 3,2 per cento del 2009). Nel biennio 2008-2009 la quota di mercato dell’Italia è rimasta pressoché stabile (3,3 per cento nel 2009, 3,4 per cento nel 2008).


 

I principali ostacoli alla crescita italiana

Gli obiettivi principali del Programma nazionale di riforma sono indicati nei seguenti:

§         eliminazione degli squilibri macroeconomici,

§         miglioramento della competitività del Paese e rafforzamento del mercato dei prodotti e del lavoro

§         sostenibilità delle finanze pubbliche.

 

Il presente Programma si pone il compito di individuare i principali ostacoli (c.d. bottlenecks) che frenano la crescita e l’aumento dell’occupazione nel medio-lungo periodo, e di indicare le riforme, di medio-lungo periodo cui andranno affiancate misure di più immediata attuazione, al fine di accelerare la crescita nei prossimi due o tre anni (c.d. azioni di frontloading).

 

La tabella indica i bottlenecks dell’economia italiana e le misure di frontloading previste nel PNR.

 

 

Finanze pubbliche

Competitività

Mercato del lavoro

Mercato dei prodotti

Innovazione – R&S

Bottlenecks

Consolidamento fiscale e riduzione del debito pubblico

Allineamento dei salari alla produttività.

Crescita della produttività

Aumento del tasso di occupazione di donne, giovani ed anziani.

Riduzione delle disparità regionali

Apertura del mercato dei servizi e delle industrie a rete.

Miglioramento del contesto imprenditoriale mediante l’efficienza amministrativa

Miglioramento del capitale umano mediante il collegamento tra scuola e mercato del lavoro.

Aumento della spesa privata in R&S

Misure di frontloading

Riforma delle pensioni

Riforma del sistema di contrattazione salariale

Piano triennale per il lavoro

Concorrenza settoriale e liberalizzazione dei mercati.

Miglioramento dell’ambiente imprenditoriale mediante semplificazioni e riforma della P.A.

Riforma della scuola superiore.

Riforma dell’università.

Programma nazionale di ricerca

 

 

 


Consolidamento fiscale e debito pubblico

Nell’ambito del processo di consolidamento fiscale di riduzione del debito pubblico cui l’Italia, al pari degli altri Paesi europei è chiamata, al fine di dare stabilità alle finanze pubbliche, si considerano prioritarie:

-          la riforma pensionistica;

-          il completamento del federalismo fiscale;

-          la riforma complessiva del sistema tributario.

La riforma delle pensioni

Il Programma passa in rassegna le principali modifiche normative in materia pensionistica introdotte nel recente passato (legge n. 234/2004 e DL n. 78/2010), evidenziandone gli effetti di medio-lungo periodo sulla dinamica della spesa pensionistica rispetto al PIL.

Il Programma, in particolare, richiama le norme con le quali sono stati innalzati i requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia, sono stati aggiornati i coefficienti di trasformazione, è stato rivisto il regime delle decorrenze (c.d. “finestre”) ed è stata agganciata l’età pensionabile all’incremento della speranza di vita.

 

Innalzamento dei requisiti anagrafici

La legge n. 243/2004 (c.d. legge Maroni) ha disposto l'innalzamento dei requisiti di età anagrafica, stabiliti dalla legge n. 335/1995, richiesto per l’accesso al pensionamento di anzianità con il sistema contributivo a partire dal 2008. In particolare, mantenendo la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica, è stata innalzata l’età anagrafica necessaria al pensionamento in presenza di 35 anni di anzianità contributiva (60 anni per il 2008 e 2009, 61 anni per il periodo 2010-2013, 62 anni a decorrere dal 2014). Tali limiti sono stati successivamente sostituiti dal sistema delle quote (somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva) introdotto  dall'articolo 1, commi 1-2, della legge n. 247/2007.

 

I coefficienti di trasformazione

I coefficienti di trasformazione, introdotti dall’articolo 1, comma 6, della legge n. 335/1995 (c.d. riforma Dini), sono i coefficienti utilizzati nel metodo di calcolo contributivo per la trasformazione del montante contributivo (cioè, il capitale che il lavoratore ha accumulato nel corso degli anni di lavoro attivo) in rendita. Tali indici variano in base all’età anagrafica al momento del pensionamento e sono costruiti tenendo conto della speranza di vita media alla pensione e incorporando il tasso di crescita del PIL di lungo periodo (stimato nell’1,5% annuo). L’articolo 1, commi 14 e 15, della legge n.  247/2007 (c.d. legge Maroni), ha rideterminato i coefficienti con effetto dal 1° gennaio 2010 e, per il futuro, ne ha previsto la rideterminazione triennale con decreto interministeriale. Il valore del coefficiente di trasformazione è legato all’età posseduta, aumentando al crescere della stessa. Più specificamente, si considera il limite inferiore di 57 anni (età inferiore) per arrivare ad un valore massimo del coefficiente in corrispondenza dei 65 anni (età superiore). In sostanza, quindi, un’età pensionabile più avanzata permette di conseguire una pensione più consistente. 

 

Adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita

Il comma 2 dell’articolo 22-ter del decreto-legge n. 78/2009, convertito dalla legge n. 102/2009, aveva disposto un intervento di portata generale rivolto a tutti i lavoratori, sia pubblici sia privati. Esso stabiliva che a decorrere dal 1° gennaio 2015 i requisiti anagrafici per l’accesso al sistema pensionistico italiano dovessero essere adeguati all’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT e convalidato dall’EUROSTAT, con riferimento ai 5 anni precedenti. L’attuazione della relativa normativa tecnica era demandata ad un apposito regolamento di delegificazione, da emanare entro il 31 dicembre 2014. In ogni caso, in sede di prima attuazione il richiamato incremento riferito ai 5 anni antecedenti non poteva superare i 3 mesi.

Successivamente, l’articolo 12, commi 12-bis - 12-quinquies, del decreto legge n. 78/2010 ha dato attuazione alle disposizioni del richiamato articolo 22-ter, modificandole in alcune parti. In particolare, si prevede l’adeguamento con cadenza triennale dei requisiti di accesso ai trattamenti, al fine di adeguarli all’incremento della speranza di vita rilevato annualmente dall’ISTAT, entro il 30 giugno, a decorrere dal 2015. In sede di prima applicazione tale aggiornamento non può in ogni caso superare i 3 mesi. Il secondo aggiornamento è previsto a decorrere dal 2019, mentre successivamente si procederà ad aggiornamenti con cadenza triennale. Per valori del requisito anagrafico superiori a 65 anni si dispone, poi, l’adattamento dei coefficienti di trasformazione, al fine di assicurare trattamenti pensionistici correlati alla maggiore anzianità lavorativa richiesta.

 

Nuovo regime delle decorrenze (c.d. finestre)

L’articolo 12, commi 1-6, del decreto-legge n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, ha introdotto una serie di misure volte alla riduzione strutturale della spesa pensionistica, incidendo sui requisiti di accesso alla pensione. In particolare, la norma interviene sulla decorrenza dei trattamenti pensionistici (c.d. “finestre”), innalzando il termine a 12 mesi per i lavoratori dipendenti e a 18 mesi per determinate categorie di lavoratori autonomi.

 

Il Programma offre poi una quantificazione degli effetti in termini finanziari degli interventi.

La revisione del regime delle decorrenze produce una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica sul PIL dello 0,2% dal 2013 al 2030 e dello 0,1% fino al 2040.

L’adeguamento dell’età pensionabile all’incremento della speranza di vita (che si stima sarà pari a circa 3,5 anni al 2050) produce una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica sul PIL dello 0,1% attorno al 2020, crescente fino allo 0,3% nel decennio 2030-2040, per poi decrescere allo 0,1% nel 2045 e progressivamente annullarsi successivamente.

Complessivamente gli interventi adottati (considerando, quindi, anche l’aumento dei requisiti disposto dalla legge n. 243/2004 e l’attuazione del sistema di aggiornamento triennale dei coefficienti di trasformazione) comportano una riduzione della spesa pensionistica rispetto al PIL di circa 1 punto percentuale annuo nel periodo 2015-2035 (con un effetto cumulato pari a circa il 26% al 2050).

La valutazione di tali effetti porta ad affermare che il processo di riforma del sistema pensionistico italiano è riuscito in larga parte a compensare i potenziali effetti della transizione demografica sulla spesa pubblica nei prossimi decenni, evidenziando una crescita del rapporto spesa pensionistica/PIL inferiore alla media dei Paesi europei, nonostante una dinamica demografica meno favorevole.

 

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

La Commissione europea ha presentato, il 7 luglio scorso, il Libro verdeVerso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa” (COM(2010)365). Il documento ha costituito la base per una consultazione pubblica,aperta fino al 15 novembre,volta a raccogliere le opinioni delle parti interessate sulle grandi sfide che i sistemi pensionistici devono affrontare e sull'azione che l'UE può svolgere a sostegno degli sforzi intrapresi dagli Stati membri per garantire pensioni adeguate e sostenibili. Ribadendo che il compito di erogare le prestazioni previdenziali è degli Stati membri e che non possono essere messi in discussione né le prerogative degli Stati né il ruolo delle parti sociali, la Commissione ha tuttavia sottolineato che alcuni temi comuni richiedono un coordinamento degli interventi a livello europeo: è il caso del funzionamento del mercato interno, degli obblighi imposti dal patto di stabilità e di crescita, o della coerenza delle riforme delle pensioni con la strategia "Europa 2020". Il contributo dell'UE, secondo la Commissione, può consistere in misure di sorveglianza, di coordinamento e di apprendimento reciproco; ad esempio, scambi di buone pratiche, definizione di obiettivi e di indicatori, raccolta di statistiche comparabili. A tal fine la consultazione si concentra sui seguenti temi: adeguatezza e sostenibilità delle pensioni; eliminazione degli ostacoli alla mobilità delle pensioni a tutela dei cittadini che si trasferiscono in altro Stato membri; sicurezza e trasparenza nel settore dei fondi pensione; miglioramento della comparabilità tra i dati relativi ai sistemi pensionistici dei diversi Stati membri.

La Camera dei deputati sta svolgendo l’esame del Libro verde, ex articolo 127 del Regolamento, presso l’XI Commissione lavoro pubblico e privato, con il parere della XIV Commissione Politiche dell’Unione europea.

In esito ai risultati della consultazione, nella comunicazione “l’Atto per il mercato unico” (COM(2010)608), adottata il 27 ottobre 2010, la Commissione europea si è impegnata a presentare nel corso del 2011 proposte elaborate sulla base del Libro verde, al fine di rimuovere gli ostacoli che incontrano i lavoratori mobili ai fini del loro pensionamento, soprattutto in considerazione dell’impatto della crisi sulle finanze pubbliche e la stabilità finanziaria e in vista dell’invecchiamento della popolazione. Sempre nel corso del 2011, la Commissione europea intende inoltre riesaminare la direttiva 2003/41/CE, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali,

Il tema è affrontato anche nella Relazione sulla cittadinanza dell’Unione europea per l’anno 2010, presentata il 27 ottobre (COM(2010)603), nella quale la Commissione europea evidenzia le difficoltà che ancora ostacolano il pieno esercizio dei diritti connessi alla cittadinanza dell’Unione, alcune delle quali di estrema rilevanza anche in relazione al mercato interno. In particolare, in considerazione della coesistenza di diversi sistemi di sicurezza sociale e dei conseguenti ostacoli alla  mobilità dei lavoratori, la Commissione ha sottolineato la necessità di  migliorare le informazioni ai cittadini e ad elaborare un nuovo sistema che renda più rapido e semplice lo scambio elettronico di dati relativi alla sicurezza sociale.

Si ricorda, infine, che il Consiglio europeo del 28-29 ottobre 2010, nelle sue conclusioni relative alla task force sulla governance economica, ha invitato il Consiglio dell’UE ad accelerare i lavori su come tener conto dell'impatto della riforma dei regimi pensionistici nell'attuazione del patto di stabilità e crescita e a riferirne al Consiglio europeo di dicembre. Il Consiglio europeo riconoscendo l'importanza delle riforme pensionistiche sistemiche ha altresì sottolineato che occorre assicurare condizioni di parità all'interno del patto di stabilità e crescita.

Il federalismo fiscale

Com’è noto, la legge 5 maggio 2009, n. 42 reca i princìpi e i criteri direttivi per l’attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, conferendo apposita delega legislativa al Governo in materia di federalismo fiscale.

In sintesi, il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali delineato dalla legge è incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati, nel rispetto dei principi di solidarietà, riequilibrio territoriale e coesione sociale sottesi al nostro sistema costituzionale.

A tal fine la legge stabilisce in modo puntuale la struttura fondamentale delle entrate di regioni ed enti locali, definisce i principi che regoleranno l’assegnazione di risorse perequative agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento e delinea gli strumenti attraverso cui sarà garantito il coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di finanza pubblica.

I decreti legislativi finora emanati

In attuazione della delega sono stati finora emanati due decreti legislativi:

§       il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 che reca l’attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione di quanto prevede l’articolo 19 della legge delega (c.d. “federalismo demaniale”), in cui si prevede l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti agli enti territoriali, operata attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e la successiva attribuzione dei beni agli enti medesimi.

A tal fine lo Stato individua i beni in questione, da attribuire a titolo non oneroso, secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizzazione ambientale. L'ente territoriale, a seguito dell'attribuzione, dispone del bene nell'interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la massima valorizzazione funzionale. I beni trasferiti possono peraltro anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione: gli immobili potranno in tal caso essere venduti ovvero conferiti a specifici fondi immobiliari. Sono comunque escluse dalle procedure di trasferimento alcune specifiche categorie di beni, tra cui gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni pubbliche;

§       il decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156, recante l’ordinamento provvisorio di Roma capitale, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 24 della legge delega. Va in proposito rammentato che le disposizioni recate dall’articolo 24 in materia di ordinamento di Roma capitale hanno carattere transitorio o, per meglio dire, costituiscono una normativa-ponte” in vista dell’attuazione di una disciplina organica delle città metropolitane che, ai sensi dell’articolo 23 della medesima legge, sarà determinata con apposito decreto legislativo. Il relazione a ciò, il decreto legislativo n. 156 attua la delega limitatamente alla disciplina ed allo status degli organi di governo di Roma capitale, individuati nell’Assemblea capitolina, nella Giunta capitolina e nel Sindaco. Tra le competenze dell’Assemblea capitolina vi è la deliberazione dello statuto di Roma capitale, nonché l’adozione di regolamenti per la disciplina delle funzioni amministrative assegnate dalla legge sul federalismo fiscale a Roma capitale, che dovranno essere specificate in un successivo decreto legislativo.

Gli schemi di decreto legislativo da esaminare

E’ in corso d’esame presso le Camere, ai fini dell’espressione dei previsti pareri parlamentari, lo schema di decreto legislativo in materia di determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province (atto n. 240).

Nello schema di decreto, i fabbisogni standard costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali degli enti locali, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. Tale superamento, va rammentato, costituisce uno dei punti cardine del nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali delineato dalla legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale, incentrato sull’abbandono del sistema di finanza derivata e sull’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa a enti locali e regioni, nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale.

La metodologia per la definizione dei fabbisogni, che dovrà articolarsi mediante l’individuazione dei modelli organizzativi sulle funzioni fondamentali, l’analisi dei costi e la determinazione di modelli di stima dei fabbisogni medesimi è affidata ad uno specifico soggetto, la Società per gli studi di settore- SOSE spa – che potrà a tal fine avvalersi della collaborazione dell’Istituto per la finanza e l’economia locale – IFEL- i cui risultati saranno immessi nell’ordinamento mediante appositi DPCM per ciascun ente locale, sulla base di una gradualità che si svilupperà nell’arco degli anni dal 2011 al 2013, con entrata a regime nel corso del triennio successivo.

Sono inoltre stati approvati dal Consiglio dei Ministri due ulteriori schemi di decreto legislativo:

§       lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri il 4 agosto 2010 ed avviato all’esame della Conferenza unificata, in base alla procedura di esame disciplinata dall’articolo 2, comma 3, della legge 42/2009. Tale provvedimento, oltre a devolvere ai Comuni il gettito derivante da numerosi tributi statali, con contestuale riduzione dei trasferimenti erariali, prevede a partire dal 2014 la riduzione del numero delle imposte comunali, mediante l’istituzione di una imposta municipale propria ed una imposta secondaria facoltativa. Si prevede inoltre l’istituzione di una specifica imposta, denominata cedolare secca, sulle unità immobiliari locate ad uso abitativo;

§       lo schema di decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard del settore sanitario, approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri il 7 ottobre 2010 ed anche esso, come il precedente, trasmesso alla Conferenza unificata. Tale provvedimento prevede, in particolare, l’attribuzione alle regioni ordinarie di una compartecipazione all’Iva e di una addizionale all’Irpef, oltre al potere di ridurre l’Irap; alle regioni è affidata altresì la possibilità di introdurre nuovi tributi, i cui presupposti non siano già assoggettati ad imposizione da parte dello Stato. Per quanto riguarda le province, si introduce una maggiore manovrabilità dell’imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile sulla circolazione dei veicoli e si attribuisce alle stesse una compartecipazione all’accisa sulla benzina. Viene infine introdotta la disciplina dei costi e dei fabbisogni standard concernenti i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nel settore sanitario

Al termine della fase procedurale presso la Conferenza unificata gli schemi in questione, secondo quanto dispone l’articolo 2 sopracitato, saranno trasmessi alle Camere ed assegnati alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale ed alle Commissioni bilancio della Camera e del Senato, che ne avvieranno l’esame.

Gli organi previsti per l’attuazione della delega

Oltre alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, composta da quindici deputati e quindici senatori, il cui compito è di esprimere il parere sugli schemi di decreto legislativo attuativi della riforma ( sui quali esprimono parere anche le Commissioni bilancio delle Camere, per i profili finanziari), la legge n. 42/2009 istituisce due nuovi organi:

§       la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), istituita con DPCM del 3 luglio 2010, con il principale compito di acquisire ed elaborare elementi conoscitivi per la predisposizione, da parte del Governo, degli schemi dei decreti legislativi di attuazione della delega in materia di federalismo fiscale. La Commissione è costituita da trentadue componenti, due dei quali rappresentanti dell’Istat, mentre, per i restanti trenta, è composta per metà da rappresentanti tecnici dello Stato e per meta da rappresentanti tecnici degli enti territoriali. Essa si presenta quale organo tecnico consultivo del Governo, ma anche del Parlamento e di tutti gli enti territoriali coinvolti nel processo di attuazione del federalismo fiscale. È chiamata a operare quale sede di condivisione delle basi informative finanziarie e tributarie ed a promuovere la realizzazione delle rilevazioni e delle attività necessarie per soddisfare gli eventuali ulteriori fabbisogni informativi;

§       la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, incardinata nell’ambito della Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali, composta dai rappresentanti dei diversi livelli istituzionali di governo, il cui compito è di concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica, esercitando compiti di proposta e di monitoraggio e verificando periodicamente il funzionamento del nuovo ordinamento finanziario degli enti territoriali, anche con riguardo all’adeguatezza delle risorse assicurate a ciascun livello di governo rispetto alle funzioni svolte. La Commissione non è ancora stata istituita.

 

 

La governance del sistema della spesa sanitaria

Sul tema della spesa sanitaria il Programma ricorda che negli ultimi cinque anni è stata implementata nel settore sanitario una strumentazione normativa che ha imposto una forte assunzione di responsabilità sia per le regioni "virtuose" sia per le regioni con elevati disavanzi (per queste ultime, anche mediante gli strumenti dei piani di rientro e dell'incremento automatico  delle aliquote fiscali in caso di mancata copertura del disavanzo). Tale governance ha consentito, secondo il documento in esame, di conseguire negli ultimi anni un significativo rallentamento della dinamica della spesa sanitaria.

L'attuazione del federalismo fiscale - prosegue il documento - con lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 ottobre 2010 conferma l’attuale programmazione finanziaria e il relativo contenimento della dinamica di spesa migliorando l’assetto istituzionale, anche di raffronto tra le varie Regioni, sia in fase di riparto di risorse e sia per l’analisi delle esistenti inefficienze o inadeguatezze. Queste ultime dovrebbero in particolare emergere mediante l'istituto delle regioni benchmark, cioè delle regioni il cui livello di spesa sanitaria verrà assunto come parametro anche per le altre regioni, ai fini della determinazione della misura della perequazione finanziaria in favore delle medesime. Tale meccanismo, nonché l'omogeneizzazione dei documenti contabili e la previsione di sanzioni in caso di deficit, delineano - osserva il documento - un sistema che si propone di contrastare la cosiddetta “aspettativa regionale del ripiano dei disavanzi” da parte dello Stato". In ogni caso, le regioni benchmark saranno individuate sulla base non solo dell'equilibrio di bilancio, ma anche dell'appropriatezza ed efficienza dei livelli essenziali di assistenza erogati e della presenza di criteri di qualità.

 

La riforma della tassazione

Al fine di ridurre la complessità del sistema fiscale, si indica un ripensamento del modello fiscale secondo tre direttrici: ‘dalle persone alle cose’, ‘dal centro alla periferia’, ‘dal complesso al semplice’.

 

In tale ottica, una parte del prelievo fiscale dovrà essere trasferito dalla tassazione diretta a quella indiretta.

 

Con il decreto legislativo sul federalismo municipale il Governo ha già previsto di restituire ai Comuni il potere fiscale nel comparto immobiliare e territoriale, attribuendo a tali enti la titolarità dei tributi oggi statali inerenti appunto al comparto territoriale e immobiliare (imposte di registro, imposte ipotecarie e catastali, l’Irpef sugli immobili), per poi accorpare gli attuali tributi statali e municipali che incidono su tale comparto in un'unica forma di prelievo.  

 

La strategia della riforma fiscale prevede quindi, più in generale, il passaggio dalla tassazione sui redditi personali alla tassazione sulla proprietà e sui consumi e, nel contempo, dal centro alla periferia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Competitività, salari e produttività

Il Programma nazionale di riforma rileva che uno degli squilibri macroeconomici che maggiormente incidono sulla crescita del Paese è la diminuzione della competitività.

 

Le riforme da adottare con urgenza dovranno pertanto creare le condizioni per favorire sistemi di contrattazione salariale e sviluppi del costo del lavoro che siano coerenti con la stabilità dei prezzi e capaci di promuovere la produttività, in modo da stimolare la crescita nel breve periodo.

 

Una misura già approvata in tale direzione è stato l’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009, cui si è aggiunto l’ampliamento della contrattazione decentrata con un trattamento fiscale più favorevole previsto per gli anni 2009 e 2010, che il Governo intende confermare anche per il 2011.

 

Le politiche per l’occupazione dovranno poi consentire una maggiore partecipazione al mercato del lavoro delle donne, dei giovani e della popolazione anziana, e garantire la riduzione delle disparità regionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Concorrenza ed efficienza amministrativa

Il documento sottolinea la necessità di liberalizzare ulteriormente il settore dei servizi e delle industrie a rete e di migliorare l’efficienza amministrativa, a vantaggio dell’ambiente imprenditoriale, attraverso azioni di immediata attuazione che possono contribuire ad incoraggiare la crescita nel breve periodo.

Concorrenza, apertura dei mercati e ambiente imprenditoriale

Nel Programma si evidenzia l’avvio di una serie di importanti azioni che secondo il Governo dovrebbero trovare completa attuazione nei prossimi mesi, in particolare nell’ambito delle misure di trasposizione e attuazione della “direttiva servizi”.

Difatti, un notevole impulso al processo di liberalizzazione si è avuto con l’attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, con il D.Lgs. n. 59/2010, che ha contribuito alla liberalizzazione del mercato e alla semplificazione e armonizzazione normativa, mediante eliminazione di molte autorizzazioni sostituite con istituti semplificati e l’abolizione di ruoli ed elenchi. Nell’ambito di tale processo di trasformazione rimangono da completare alcuni passi normativi, con l’adozione di regolamenti attuativi del D.Lgs. n. 59/2010 da parte del MiSE.

Nel PNR si richiamano, altresì, due provvedimenti di recentemente emanazione (il documento erroneamente indica che sono ancora in corso di emanazione) in attuazione dell’art. 38 del decreto-legge n. 112/2008 (conv. dalla legge n. 133/2008), al fine di semplificare le procedure per l’avvio e lo svolgimento dell'attività d'impresa. Si tratta:

§         del DPR n. 160/2010 che semplifica e riordina la disciplina dello Sportello unico per le attività produttive (SUAP), di modo che il SUAP dovrà essere l’unico punto di accesso in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti l’attività produttiva del richiedente, fornendo una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento, con l’esclusivo utilizzo degli strumenti telematici nell’esplicazione di tutte le fasi del procedimento amministrativo;

§         del DPR n. 159/2010, che provvede ad individuare i requisiti, le modalità di accreditamento e di verifica dell’attività delle Agenzie per le imprese, cioè dei soggetti privati ai quali può essere affidata l’istruttoria e l’attestazione della sussistenza dei requisiti e presupposti normativi con riferimento alle istanze relative all'esercizio dell'attività di impresa.

Il Programma prevede altresì l’adozione a breve termine della legge annuale per il mercato e la concorrenza, la cui emanazione – ai sensi dell’art. 47 della legge n. 99/2009 - consentirà di affrontare alcuni dei principali ostacoli alla concorrenza segnalati dall’Autorità Antitrust nel corso dell’ultimo anno.

Secondo il documento in esame, un primo schema di articolato, predisposto dal MiSE sulla base di elementi forniti da alcune delle amministrazioni interessate e delle segnalazioni dell’Antitrust, interviene negli ambiti più problematici sotto il profilo concorrenziale e che necessitano di urgenti interventi di riforma. Il provvedimento è volto a rafforzare sia gli strumenti di concorrenza tra le imprese sia quelli di tutela dei consumatori.

Con riferimento al settore dei mercati energetici si procederà al recepimento delle direttive del cosiddetto “terzo pacchetto mercato interno”.

In particolare, con riferimento alla direttiva 2009/72/CE (mercato interno dell’energia elettrica), ai fini della piena integrazione dell’Italia nel mercato europeo dell’energia elettrica, l’attenzione sarà rivolta soprattutto allo sviluppo della capacità di trasporto transfrontaliera e all’incremento dei contratti di compravendita di energia elettrica tra produttori e consumatori ubicati in Stati UE diversi. Si prevede anche la realizzazione di nuovi impianti di produzione e di nuove linee elettriche nelle aree del Paese in cui le infrastrutture possano produrre maggiori effetti positivi per il sistema elettrico nazionale.

In riferimento alla direttiva 2009/73/CE (mercato interno del gas naturale) il recepimento mirerà ad incrementare gli scambi tra l’Italia e gli altri Paesi europei per assicurare maggiore sicurezza degli approvvigionamenti e un mercato più efficiente ed integrato.

Il Piano elenca, poi, alcune misure volte al miglioramento dell’ambiente imprenditoriale introdotte con il decreto-legge n. 78/2010:

§         riduzione degli oneri amministrativi a carico delle PMI attraverso regolamenti governativi, in base ai principi di proporzionalità degli adempimenti amministrativi, tramite l’estensione dell'autocertificazione e delle attestazioni tecniche da parte di professionisti abilitati, l’informatizzazione degli adempimenti e delle procedure e la soppressione delle autorizzazioni e dei controlli per le imprese in possesso di certificazione ISO o equivalente;

§         applicazione del regime fiscale estero, se più favorevole, per le imprese dell’UE che intraprendono in Italia nuove attività nell’arco di tre anni

§         la creazione di un contratto di rete con cui le imprese dei distretti industriali possano collaborare in forme e in ambiti predeterminati;

§         la possibilità di istituire nelle regioni del Mezzogiorno le zone a “burocrazia zero”, dove i provvedimenti amministrativi saranno conclusi entro tempi certi (normalmente entro 30 giorni), anche con l’ausilio di un Commissario di Governo, e le imprese potranno beneficiare di sussidi aggiuntivi erogati dalle autorità locali e di un trattamento preferenziale nell’attuazione dei piani di presidio e sicurezza pubblica.

 

Con riferimento alla competitività delle imprese il Programma indica tra i “temi-chiave” quello dell’accesso al credito, di grande rilevanza soprattutto per le PMI colpite dalla crisi economica a partire dal 2008.

In proposito il documento sottolinea la funzione fondamentale svolta dal Fondo di garanzia per le PMI, che favorisce l’accesso delle PMI al credito bancario con la concessione di una garanzia pubblica. Il Fondo è stato rafforzato con un rifinanziamento per il periodo 2008-2012 e con una serie di riforme di potenziamento e sviluppo, tra le quali si segnalano:

-                 l’allargamento del suo intervento a settori in precedenza esclusi (artigiani, cooperative, autotrasporto merci per conto terzi);

-                 il riconoscimento al Fondo della “garanzia in ultima istanza dello Stato”;

-                 la possibilità di co-finanziamento da parte di regioni ed altri soggetti;

-                 l’ampia revisione delle procedure di ammissione delle PMI alla garanzia e delle procedure di valutazione dei Confidi a certificare il merito di credito.

 

Nel Piano si indica erroneamente che il Fondo è stato istituito dalla legge n. 266/1996 (anziché 662/1996).

 

Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato istituito dall’art. 2, co. 100, lett. a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) presso il Mediocredito centrale, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese, con una dotazione iniziale di 400 miliardi di lire. Tali risorse sono state successivamente integrate ai sensi dell'art. 15, comma 1, della legge n. 266/97 (c.d. "legge Bersani") che ha provveduto a devolvere al fondo, in tutto o in parte, le disponibilità di altri fondi di garanzia e in particolare: le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia all'industria di cui all’art. 20 della L. 12 agosto 1977, n. 675 (Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore) costituito presso il medesimo Mediocredito centrale, che forniva garanzie sui finanziamenti a medio termine concessi dalle banche alle piccole e medie imprese industriali; le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia al commercio di cui all’art. 7 della L. 10 ottobre 1975, n. 517 (Credito agevolato al commercio); un importo pari a 50 miliardi a valere sulle risorse destinate a favore dei consorzi e delle cooperative di piccole imprese di garanzia collettiva fidi (Confidi) dal fondo istituito dal D.L. n. 149/93 sempre presso il Mediocredito. Il comma 2 dello stesso articolo 15 ha esteso la possibilità di concedere la garanzia del Fondo (già riconosciuta alle banche), anche agli intermediari finanziari e alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo per finanziamenti a piccole e medie imprese - compresa la locazione finanziaria - e per partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale di dette imprese, prevedendo, inoltre, che la garanzia sia estesa anche a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993.

Il Fondo di garanzia per le PMIè confluito nel Fondo per la finanza d’impresa. In attesadella completa operatività di tale fondo, il DL n. 185/2008 ha rifinanziato il Fondo di garanzia per 450 milioni.Un ulteriore intervento è stato disposto dal DL n. 5/2009 che ha incrementato la dotazione del Fondo di garanzia di 200 milioni di euro per il 2010, di 300 milioni per il 2011, e di ulteriori 500 milioni per il 2012, con corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).Il Parlamento ha inoltre previsto la possibilità di estendere gli interventi del Fondo di garanzia alle misure che consentano alle PMI la rinegoziazione dei debiti in essere con il sistema bancario e l’assolvimento degli obblighi tributari e contributivi. Infine ha destinato, per il 2009, risorse del Fondo di garanzia per le PMI per non meno di 10 milioni di euro a favore delle imprese operanti nei distretti produttivi della concia, del tessile e del calzaturiero in cui siano state realizzate opere di smaltimento o riciclo dei rifiuti o di riciclo e depurazione delle acque ad uso industriale.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Atto per il mercato unico

L’Atto per il mercato unico (COM(2010)608), presentato dalla Commissione il 27 ottobre 2010, delinea una strategia articolata in 50 azioni per rilanciare il mercato unico europeo e svilupparne appieno il potenziale.

Il documento indica alcune misure intese a proseguire, in cooperazione con gli Stati membri, la realizzazione del mercato unico dei servizi, compresi quelli alle imprese, sottolineando l’importanza di tale settore per la ripresa economica dell’UE. Ad avviso della Commissione occorrerà valutare, tra l’altro, l’opportunità di adottare un’iniziativa specifica per garantire un’attuazione più efficace e concreta dei diritti dei fornitori e degli utenti di servizi nel mercato interno.

Monitoraggio del mercato unico

L’Atto per il mercato unico sottolinea altresì la necessità di rafforzare le procedure di valutazione della normativa vigente e le sinergie tra gli strumenti esistenti (vigilanza sul mercato, indagini settoriali, quadro di valutazione dei consumatori). A tal fine la Commissione si impegna a:

·                compilare ad intervalli regolari una lista delle principali 20 aspettative degli attori del mercato unico (imprese, consumatori, lavoratori, studenti e pensionati);

·                esaminare sistematicamente con tutti i soggetti interessati la situazione del mercato unico tramite la valutazione reciproca delle misure nazionali già adottate svolta congiuntamente dalla Commissione europea e dagli Stati membri; tale metodo,  già previsto dalla direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva servizi), sarebbe esteso ad altri settori chiave del mercato interno. In tale contesto la Commissione intende inoltre svolgere test di funzionamento del mercato interno per valutare il raggiungimento dei risultati in termini di occupazione, crescita ed innovazione;

·                organizzare con il Parlamento europeo ogni anno, a partire dal 2011, un Forum sul mercato unico aperto alla partecipazione delle altre istituzioni dell’UE, dei rappresentanti degli Stati membri, dei Parlamenti nazionali, dei cittadini e delle parti in causa.

Iniziativa faro "Una politica industriale integrata per l'era della globalizzazione"

Il 28 ottobre la Commissione europea ha presentato la comunicazione "Una politica industriale integrata per l'era della globalizzazione" (COM(2010)614), un'iniziativa faro della strategia “Europa 2020” che, nel contesto più generale della promozione di un'economia più efficiente e a minor consumo di carbonio, propone dieci azioni strategiche per rafforzare la competitività dell’industria europea attraverso un approccio coordinato, che superi il concetto di settori e attività industriali nazionali e ponga al centro il ruolo delle PMI. La comunicazione è accompagnata dalla relazione annuale sulla competitività europea (SEC(2010)1276) e da una relazione sui risultati degli Stati membri in materia di competitività (SEC(2010)1272).

Per ciò che riguarda l’Italia, la relazione conclude che un graduale cambiamento della struttura produttiva verso attività più innovative e a più alto contenuto tecnologico potrebbe aumentare la competitività del paese nel medio e lungo termine.

La riforma della Pubblica Amministrazione

Nel Programma nazionale di riforma, il Governo stima gli effetti della riforma della pubblica amministrazione avviata con la legge n. 15/2009[9] sulla performance macroeconomica del Paese.

In particolare, ritiene che:

§      un incremento del dieci per cento dell’efficienza della pubblica amministrazione sia in grado di produrre nell’arco di venti anni un aumento del diciassette per cento del prodotto;

§      il processo di implementazione e completamento della riforma può determinare un incremento del tasso di crescita di equilibrio del prodotto di almeno un quarto di punto percentuale.

Tali effetti sono oggetto di prime valutazioni e il Programma non allega dati ulteriori sul punto.

Sono invece indicati i principali adempimenti normativi adottati, e da adottare, nel quadro della politica di riforma della pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda il 2009, si dà conto dell’attuazione di due importanti deleghe contenute nella legge n. 15/2009. Con il decreto legislativo n. 150 del 2009 (c.d. “decreto Brunetta”), è stata introdotta una riforma complessiva del rapporto di lavoro pubblico con l'obiettivo di incrementare produttività ed efficienza delle pubbliche amministrazioni.

 

Tra le finalità del provvedimento vi sono l’incremento dell’efficienza del lavoro pubblico, il contrasto alla scarsa produttività e all’assenteismo, l’incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, il riconoscimento dei meriti e dei demeriti, l’ampliamento della selettività e concorsualità nelle progressioni di carriera, l’introduzione di un nuovo sistema disciplinare, il rafforzamento della autonomia e responsabilità della dirigenza, la definizione di nuove norme sulla contrattazione collettiva, la definizione di standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi, una maggiore trasparenza dell’operato delle amministrazioni pubbliche.

La nuova disciplina in materia di valutazione riguarda le amministrazioni nel loro complesso, ciascuna unità o area organizzativa e i singoli dipendenti. Il ciclo della performance, governato da una Commissione nazionale di nuova istituzione e da organismi indipendenti di valutazione istituiti da ciascuna amministrazione (sostitutivi degli attuali Servizi di controllo interno), con un ruolo primario dei dirigenti, si articola in tre fasi, cui corrispondono puntuali obblighi a carico delle P.A.: 1) definizione degli obiettivi, con il Piano triennale della performance; 2) verifica delle prestazioni, con il Sistema di misurazione e valutazione della performance; 3) rendicontazione, con la Relazione sulla performance. Il conseguimento degli obiettivi programmati è condizione per l’erogazione degli incentivi previsti dalla contrattazione integrativa.

Il riconoscimento dei meriti si basa sull’attribuzione selettiva degli incentivi (trattamento accessorio, progressioni economiche e di carriera, attribuzioni di incarichi, accesso a percorsi di alta formazione), secondo una logica comparativa. In particolare, si prevede l’obbligo di stilare una graduatoria delle valutazioni individuali, riconoscendo al 25% del personale collocato nella fascia di merito più elevata l’assegnazione del 50% delle risorse destinate al trattamento accessorio collegato alla performance. Al 50% del personale collocato nella fascia intermedia spetta il restante 50% delle risorse. Al 25% del personale collocato nella fascia di merito bassa non viene attribuito alcun trattamento accessorio.

L’autonomia e la responsabilità dei dirigenti nella gestione delle risorse umane vengono rafforzate e ampliate. In particolare, il dirigente svolge un ruolo essenziale nella valutazione del personale e nell’assegnazione dei premi, rispondendo personalmente (anche con la decurtazione del trattamento accessorio) dell’effettiva produttività delle risorse umane e dell’efficienza complessiva della struttura.

Il provvedimento delinea un nuovo modello di contrattazione collettiva, nel quadro di una convergenza con il settore privato sugli assetti regolativi del rapporto di lavoro e del sistema di relazioni sindacali. Viene ridefinito il rapporto tra fonte contrattuale e legge, sancendo l’inderogabilità di quest’ultima per quanto attiene ai principali aspetti regolativi del rapporto di lavoro, con particolare riguardo alle materie rientranti nei poteri dirigenziali. Viene previsto un massimo di quattro comparti di contrattazione nazionale e sancita la durata triennale dei contratti, con coincidenza temporale tra parte giuridica ed economica. Si introducono incentivi alla riduzione dei tempi di rinnovo contrattuale e conseguenti strumenti di tutela salariale (come l’indennità di vacanza contrattuale). Un aspetto essenziale è lo stretto collegamento tra contrattazione collettiva e performance. I contratti nazionali sono chiamati a definire trattamenti economici accessori legati ai risultati (individuali e di unità amministrativa), sulla base di graduatorie di performance delle singole amministrazioni stilate, nell’ambito di ciascun comparto, dalla nuova Commissione nazionale. Ad analoghi principi si ispirano anche le norme relative alla contrattazione integrativa.

Infine, vengono rafforzati gli strumenti di contrasto all’assenteismo e si rimodula, con l’obiettivo di garantire una maggiore effettività sanzionatoria, la responsabilità disciplinare dei dipendenti, con l’ampliamento delle infrazioni punite con il licenziamento e un migliore coordinamento fra procedimento disciplinare e procedimento penale.

 

Un secondo specifico decreto legislativo, n. 198 del 2009, ha disciplinato il ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici (c.d. “class action amministrativa”).

 

L’esercizio della class action amministrativa è finalizzato esclusivamente al ripristino del corretto svolgimento della funzione o alla corretta erogazione del servizio. In ogni caso, è escluso il risarcimento del danno, che potrà quindi ottenersi soltanto attraverso l’esercizio dei rimedi ordinari.

L’azione può essere esercitata innanzi al giudice amministrativo da parte dei titolari di interessi giuridicamente rilevanti e omogenei per una pluralità di utenti e consumatori nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di pubblici servizi, qualora tali interessi siano stati lesi in conseguenza di comportamenti attivi od omissivi posti in essere da tali soggetti.

Tali comportamenti consistono:

§                nella violazione di termini;

§                nella mancata adozione di atti amministrativi generali obbligatori non normativi da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento;

§                nella violazione di obblighi contenuti nelle carte dei servizi;

§                nella violazione di standard qualitativi ed economici fissati dalle autorità di settore.

Legittimati all’esercizio dell’azione sono i singoli titolari degli interessi lesi, nonché le associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori; sono esclusi dall’ambito dei soggetti nei cui confronti può essere esercitata l’azione le autorità amministrative indipendenti, la Presidenza del Consiglio, gli organi giurisdizionali, le assemblee legislative e gli altri organi costituzionali.

Il ricorso può essere proposto solo dopo una preventiva diffida all’amministrazione o al concessionario finalizzata al ripristino, nel termine di 90 giorni, delle situazioni violate. In luogo della diffida, l’interessato potrà promuovere la tutela in sede non contenziosa sulla base delle procedure conciliative previste dalle Carte dei servizi ai sensi dell’art. 30 della legge n. 69 del 2009.

Nel corso del giudizio, il giudice amministrativo deve tenere conto della situazione in cui versa la PA o il concessionario, per quanto riguarda le risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione di tali soggetti. In caso di accoglimento del ricorso, il giudice ordina alla pubblica amministrazione o al concessionario di porre rimedio “entro un congruo termine” alla violazione. L’attività conseguente alla sentenza dovrà in ogni caso avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie e umane già assegnate in via ordinaria.

Ulteriore effetto dell’accoglimento della domanda sarà l’accertamento da parte dell’amministrazione dei soggetti che hanno concorso a porre in essere le violazioni e l’adozione dei conseguenti provvedimenti.

Il Governo ha stabilito che la nuova disciplina sarà applicabile soltanto dopo che saranno stati definiti gli obblighi contenuti nelle carte dei servizi e gli standard qualitativi ed economici. Conseguentemente, tanto per le amministrazioni ed i concessionari di servizi pubblici, quanto per le regioni e gli enti locali, l'esperibilità della class action amministrativa è subordinata all'emanazione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dei quali, peraltro, il citato decreto non stabilisce il termine di adozione.

 

Per quanto riguarda il 2010, il programma del Governo prevede un accelerazione del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, da realizzare mediante una revisione del Codice dell’amministrazione digitale (CAD), nonché un programma per la riduzione degli oneri amministrativi, con l’obiettivo di tagliare i costi della burocrazia del 25% entro il 2012, obiettivo già assunto dal Governo italiano in sede europea.

 

In relazione all’obiettivo della digitalizzazione delle p.a., l’art. 33 della legge n. 69 del 2009[10] ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di modifica del D.Lgs. 82/2005, recante il Codice dell'amministrazione digitale (CAD). In base a tale norma, il Governo ha predisposto uno schema di decreto legislativo attualmente all’esame del Parlamento (Atto n. 235).

Per quanto riguarda il secondo obiettivo indicato nel Programma, l’articolo 25 del D.L. 112/2008[11] prevede il meccanismo del c.d. taglia-oneri amministrativi. Tale finalità è perseguita attraverso tre passaggi:

§       l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, di un programma di misurazione degli oneri amministrativi, predisposto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e dal Ministro per la semplificazione normativa (comma 1).

§       l’adozione da parte di ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ed il Ministro per la semplificazione normativa, di un piano di riduzione degli oneri amministrativi, che definisce le misure normative, organizzative e tecnologiche finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione stessa (comma 3);

§       sulla base degli esiti della misurazione degli oneri amministrativi gravanti su ciascun settore, congiuntamente ai piani di cui al comma 3, e comunque entro il 30 settembre 2012, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministro per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro o i Ministri competenti, contenenti gli interventi normativi volti a ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle imprese nei diversi settori ed a semplificare e riordinare la relativa disciplina.

Il Piano per la semplificazione amministrativa per le imprese e le famiglie 2010-2012, presentato dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e accolto dal Consiglio dei Ministri del 7 ottobre 2010 ha definito obiettivi, strumenti, piani operativi e tempi per raggiungere entro il 2012 il traguardo di un taglio pari ad almeno il 25% dei costi della burocrazia, stimati complessivamente in circa 68 miliardi di euro l'anno. Inoltre dà conto delle attività fin qui svolte nel processo di misurazione degli oneri amministrativi nelle diverse aree amministrative.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Riduzione degli oneri amministrativi

Nell’Atto per il mercato unico (COM(2010)608), precedentemente richiamato, si sottolinea la necessità di ridurre gli oneri amministrativi e normativi al fine di creare un ambiente giuridico e fiscale favorevole alle imprese che consenta loro di beneficiare di tutte le opportunità offerte dal mercato unico, compresa la libertà di stabilimento, con il conseguente impatto positivo sulla crescita e l’occupazione.

 

Il 22 ottobre 2009 la Commissione ha varato un programma di azione (COM(2009)544) per realizzare l’obiettivo di riduzione del 25% degli oneri amministrativi entro il 2012,fissato dal Consiglio europeo di marzo 2007.

Dalla comunicazione “Legiferare con intelligenza nell'UE” (COM(2010)543) dell’8 ottobre 2010, risulta che tale obiettivo sta per essere superato e che l’attuazione del programma comporterebbe per le imprese una riduzione degli oneri amministrativi di origine europea pari a 38 miliardi di euro (in termini percentuali circa il 31%). In tale contesto la Commissione invita gli Stati membri a sfruttare le possibilità di esenzione dall’applicazione di alcune regole offerte dalla legislazione UE per certi tipi di imprese quali le PMI. Ricorda altresì che in base alle modifiche al regime IVA in materia di fatturazione introdotte di recente dalla direttiva 2010/45/CE, nel caso in cui tutte le fatture fossero inviate per via elettronica, si potrebbe conseguire a medio termine una ulteriore riduzione degli oneri fino a 18 miliardi di euro.

La riduzione dei costi per le formalità amministrative gravanti sulle imprese è in linea con lo Small Business Act, oltre ad essere uno degli ambiti fondamentali d'intervento identificati nel piano europeo di ripresa economica (COM(2008)800).

 

 

 


Conoscenza, ricerca e innovazione

 

In questo settore, il Programma Nazionale di Riforma ricorda che il Governo è impegnato nella riforma del sistema universitario e nel riordino degli enti ricerca, in un quadro di generale contenimento della spesa pubblica, per migliorarne l’efficienza e la produzione accademica e scientifica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


I divari territoriali

Il Programma evidenzia che in questo decennio la posizione relativa dell’Italia rispetto ai paesi UE 27, in termini del PIL pro-capite, ha perso circa quindici punti percentuali (da 117 a 102 rispetto alla media europea tra il 2000 e il 2009). Allo stesso tempo, non si sono superare le forti differenziazioni territoriali interne: nel 2009 le quote percentuali del Mezzogiorno relative a PIL, unità di lavoro e spesa per consumi delle famiglie erano ancora nettamente inferiori alla corrispettiva quota della popolazione.

Tuttavia, secondo il documento in esame, nel periodo 2010-2013 l’evoluzione economica nel Mezzogiorno, sostenuta dal rafforzamento delle politiche a favore delle aree svantaggiate, in particolare attraverso un maggiore flusso di investimenti, potrebbe registrare un ritmo superiore a quello del resto del Paese e ridurre, sia pure marginalmente, il divario.

In particolare, il PNR evidenzia che nel Sud è gravemente insufficiente l’utilizzo delle risorse umane, con un tasso di occupazione (44,3% nel II trimestre 2010) strutturalmente più basso di circa 20 punti percentuali rispetto al Centro-Nord, e con un elevatissimo tasso di disoccupazione giovanile (39,3% nella fascia di età 15-24 anni).

Significativo è anche il divario di produttività sul territorio: nel 2009 il valore aggiunto per unità di lavoro nel Mezzogiorno è pari a circa l’83% di quello del Centro-Nord. Tale andamento è determinato principalmente dalla modesta presenza di settori industriali e dalla ridotta struttura dimensionale delle imprese nel Sud.

Nel Sud persistono condizioni di offerta dei servizi meno vantaggiose rispetto al Centro-Nord, soprattutto per i servizi essenziali alle persone e per i servizi di rete strategici per assicurare condizioni di contesto favorevoli allo sviluppo. Secondo il documento in esame, il miglioramento dell’offerta di tali servizi, pur non esaurendo lo spettro dell’azione complessiva, necessario per il rilancio del Mezzogiorno, rappresenta un elemento irrinunciabile per lo sviluppo di quest’area del Paese.

Ulteriori criticità dello sviluppo socio-economico del Mezzogiorno sono costituite dall’utilizzo dei fondi comunitari, dall’abbandono degli studi, dalla problematica gestione dei rifiuti, dalla non regolarità nella distribuzione dell’acqua.

 

 

 

 


3. Sorveglianza tematica

Economia eco-efficiente e cambiamenti climatici

Emissioni di gas serra

A seguito della ratifica del Protocollo di Kyoto (Legge n. 120/2002) che impegna l’Italia a ridurre le proprie emissioni di gas-serra del 6,5% rispetto al 1990 nel periodo 2008-2012 (ossia le emissioni non potranno superare 483 MtCO2/anno), l’Italia si è dotata della Strategia nazionale per rispettare l’obiettivo di Kyoto (Delibera CIPE 123/2002) e del relativo Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissioni dei gas serra e l’aumento del loro assorbimento.

La Delibera 123/2002 ha anche istituito il Comitato Tecnico Emissioni di gas-serra (CTE), attualmente impegnato nell’aggiornamento della medesima delibera al fine di mettere a punto le ultime azioni necessarie per rispettare:

§         gli obiettivi del Protocollo di Kyoto;

§         gli obiettivi fissati dalla Decisione n. 406/2009/CE per i settori “non ETS”, cioè non contemplati dalla direttiva 2009/29/CE (emission trading - ETS).

Valutazioni preliminari indicano che, nonostante la crisi economica, il rispetto degli obiettivi richiederà misure e investimenti aggiuntivi. Gli strumenti adottati nel 2007-2009, il cui rifinanziamento è in corso di valutazione, sono:

§         Fondo rotativo per l’attuazione del Protocollo di Kyoto (art. 1, commi 1110-1115, legge finanziaria 2007), finanziato nel triennio 2007-2009 per circa 200 Meuro annui;

§         Fondo per la promozione di energie rinnovabili, solare termodinamico ed efficienza energetica, finanziato nel triennio 2011-2013 per 20 Meuro annui.

§         Fondo per la mobilità sostenibile (art. 1, co. 1121, legge finanziaria 2007), finanziato nel triennio 2007-2009 per 270 Meuro, poi ridotti dai decreti-legge n. 112/2008 e n. 5/2009.

È probabile che, in base all’aggiornamento degli scenari emissivi, sarà necessario identificare e dare attuazione a misure addizionali.

In tale aggiornamento dovrà essere valutato il contributo positivo del Piano d’azione sulle rinnovabili di recente adottato e dell’emanando Pacchetto di misure nazionali per la riduzione del PM10.

Tale pacchetto, costituito da atti di natura legislativa (ddl 9 luglio 2010, D.Lgs. 155/2010 e modifiche al D.Lgs. 152/2006), regolamentare e da linee guida, interviene sui settori maggiormente responsabili delle emissioni del PM10 quali i trasporti, l’agricoltura, il riscaldamento domestico e l’industria.

Analogamente il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nella PA (PAN GPP), adottato con il D.I. 135/2008, rafforzerà la domanda di prodotti a basso consumo energetico e l’edilizia pubblica sostenibile ed eco-efficiente con le azioni ivi previste, il cui finanziamento è in corso di valutazione.

Infine si ritiene che la Strategia Nazionale sulla Biodiversità, approvata definitivamente nell’ottobre scorso dalla Conferenza Stato-Regioni, rafforzerà la lotta ai cambiamenti climatici, in virtù dei servizi eco-sistemici che la biodiversità svolge assicurando l’assorbimento di CO2 dei suoli agrari e attraverso il ruolo svolto dalle foreste quali serbatoi di carbonio. Il finanziamento degli strumenti attuativi della Strategia è in corso di valutazione.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

 

Il 12 ottobre 2010 la Commissione europea ha presentato una relazione sui progressi compiuti dall’UE nel quadro degli impegni previsti dal Protocollo di Kyoto. Secondo tali proiezioni, l'UE-15 raggiungerà l'obiettivo di Kyoto (-8% entro il 2008-2012), obiettivo che, considerando l’attuale crisi economica, potrebbe addirittura essere superato.

Tale andamento risulta confermato dall'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) che, sempre il 12 ottobre, ha presentato una relazione basata sull’analisi delle emissioni effettive del solo 2008 e che comprende l'analisi a livello di singoli Stati Membri. In base a tale analisi Austria, Danimarca e Italia dovranno intensificare i loro sforzi fino al 2012 per garantire il proprio contributo all'obiettivo comune dell'UE-15. La relazione della AEA mostra anche che l'UE-27 è sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo di riduzione del 20% entro il 2020.

Fonti rinnovabili

Per quanto riguarda gli obiettivi delle fonti rinnovabili con le traiettorie intermedie e le altre informazioni richieste, il documento in esame rinvia al Piano d'azione nazionale per le fonti rinnovabili inviato alla Commissione europea nel luglio 2010.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

L’11 marzo 2010 la Commissione ha presentato un documento di sintesi nel quale, attraverso la rielaborazione delle previsioni fornite dai singoli Stati membri, si sostiene che l'UE potrebbe raggiungere il 20,3% di fonti energetiche rinnovabili entro il 2020, superando addirittura l'obiettivo del 20% indicato dal pacchetto energia-clima. Secondo i dati diffusi dalla Commissione, 12 Stati membri – tra questi Francia, Austria e Regno Unito - prevedono di raggiungere il loro obiettivo nazionale, mentre 9 Stati membri prevedono di superarlo – tra di essi Germania, Spagna e Polonia. Cinque Stati membri – tra questi l’Italia, con una previsione del 16% contro il 17% – dichiarano di non essere in grado di raggiungere l’obiettivo nazionale loro assegnato.

 

Il 25 febbraio 2010 la Commissione europea ha presentato una relazione sui criteri di sostenibilità per l’uso di biomassa solida e gassosa ai fini della produzione di elettricità, riscaldamento e raffreddamento (COM(2010)11), con la quale formula raccomandazioni agli Stati membri allo scopo di promuovere la produzione e l'uso sostenibili della biomassa.

Efficienza energetica

Nel Piano si evidenza la grande attenzione da sempre dedicato dal nostro Paese - in considerazione degli alti costi dell’energia - alle politiche dell’efficienza energetica, che rappresenta uno strumento efficace e relativamente economico per la lotta ai cambiamenti climatici e per il miglioramento della sicurezza degli approvvigionamenti.

In questo campo l’Italia ha conseguito, negli ultimi anni, risultati confortanti che la rendono tra i Paesi più efficienti al mondo e il Paese migliore, secondo i dati IEA 2008, in termini di efficienza nella generazione di elettricità prodotta da fonti fossili. Per tale motivo le ulteriori misure di efficienza che dovranno essere adottate per raggiungere l’obiettivo avranno un costo marginale più elevato per il nostro Paese.

L’Italia ha adottato un obiettivo in termini di risparmi di energia primaria al 2020, basati sui consumi dello scenario PRIMES 2007 (208.8 Mtep) pari al 13.4%, per raggiungere un consumo di 180.9 Mtep.

Nel documento si prevede il mantenimento delle misure previste dal Piano d’azione dell’efficienza energetica 2007, redatto ai sensi della relativa direttiva UE, concernenti gli usi elettrici e termici.

Particolarmente efficace è risultata tra le misure adottate quella relativa alle detrazioni fiscali del 55% destinate alla riqualificazione energetica degli edifici. Dalla detrazione sono derivati vantaggi in termini di risparmio energetico, di emersione del lavoro e di maggiori entrate tributarie.

Nel Programma si precisa, inoltre, che i risultati previsti per il 2020 scontano anche i miglioramenti di efficienza indotti dall’applicazione di una serie di misure definite e da definire in sede comunitaria, di seguito elencate:

§         attuazione della direttiva 2005/32/CE EuP (Energy Using Products), che mette un limite ai consumi massimi delle apparecchiature immesse nel mercato nei prossimi anni (dir. recepita con D.Lgs. n. 201/2007);

§         regolamento (CE) n. 643/2009 su frigoriferi e congelatori (è entrato in vigore il 12 agosto 2009);

§         regolamenti (CE) n. 244/2009 e (CE) n. 245/2009 sulle lampade (entrati in vigore il 13 aprile 2009);

§         regolamento (CE) n. 642/2009 su televisori (entrato in vigore il 12 agosto 2009). Sono in corso di definizione analoghi regolamenti su lavabiancheria, lavastoviglie, asciugabiancheria, personal computer;

§         regolamento (CE) n. 640/2009 su motori elettrici e inverters (entrato in vigore il 12 agosto 2009);

§         decreti legislativi 192/2005 e 311/2006 di recepimento della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia.

Il DPR attuativo n. 59/2009, ha definito i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici, mentre con il DM 26 giugno 2009 sono state predisposte le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici:

§         regolamento (CE) n. 443/2009 che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove (entrato in vigore l'8 giugno 2009);

§         D.Lgs. n. 20/2007 che recepisce la direttiva 2004/08/CE relativa alla cogenerazione ad alto rendimento.

 

Il Governo sta attualmente vagliando ulteriori interventi volti, tra l’altro, a promuovere la cogenerazione diffusa, l’autoproduzione di energia per le PMI, la nuova edilizia a rilevante risparmio energetico e la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, a rafforzare il meccanismo dei titoli di efficienza energetica e a incentivare l’offerta di servizi energetici e di prodotti nuovi ad alta efficienza.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

 

Il 28 settembre la Commissione europea ha presentato quattro regolamenti delegati contenenti prescrizioni per l’etichettatura energetica di televisori, frigoriferi, lavastoviglie e lavatrici a complemento della direttiva 2010/30/UE sull’etichettatura energetica dei prodotti. Il Parlamento europeo o il Consiglio potranno sollevare obiezioni entro due mesi – quattro se necessario – al termine dei quali i regolamenti potranno entrare in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

La Commissione ha annunciato l’intenzione di presentare il prossimo 10 novembre una nuova strategia per una politica energetica europea fino al 2020. Con essa la Commissione intende favorire un approccio comune europeo al fine di realizzare i principali obiettivi strategici energetici:

·                un mercato dell'energia integrato e funzionante

·                soluzioni tecnologiche energetiche innovative a livello europeo

·                iniziative per realizzare infrastrutture di livello europeo

·                un approccio europeo per le relazioni esterne dell'energia

·                elevati standard di servizio e sicurezza per tutti gli europei

·                un forte profilo europeo nei mercati energetici internazionali.

 

La nuova politica energetica europea dovrebbe essere discussa nel Consiglio europeo del marzo 2011.

Il nucleare per la crescita dell’economia italiana

Il PNR innanzitutto pone in evidenza che il nuovo programma nucleare sia nell’interesse generale del Paese e sia funzionale alla crescita dell’economia italiana prima ed oltre l’orizzonte 2020.

Si ricorda che, intesa come strumento di indirizzo e programmazione energetica a carattere generale, la “Strategia energetica nazionale ”, delineata dall’art. 7 del decreto-legge n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008, contempla anche la realizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare e la promozione della ricerca sul nucleare di quarta generazione o da fusione.

In linea con la Strategia energetica nazionale l'art. 25 della legge n. 99/2009 ha disposto una delega al Governo per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare nonché dei sistemi di stoccaggio e per il deposito definitivo dei rifiuti radioattivi, e per la definizione delle misure compensative in favore delle popolazioni interessate. La delega prevede altresì che vengano stabiliti le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione dei citati impianti.

A tale delega il Governo ha dato attuazione con il decreto legislativo n. 31/2010.

 

Secondo il documento in esame sarebbe impensabile colmare il divario richiesto dal fabbisogno energetico al 2050 con le sole fonti rinnovabili o con le limitate fonti energetiche fossili. Il nucleare sarebbe quindi l’unica fonte che, insieme alle energie rinnovabili, renderebbe possibile coniugare la sicurezza degli approvvigionamenti, l’economicità e la sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Il ricorso o il rafforzamento del nucleare non riguarda solo il nostro Paese. A livello mondiale si stima che già nel 2030 saranno in funzione il doppio dei reattori nucleari rispetto agli oltre 400 odierni. E’ un processo che non ammetterebbe tentennamenti o rimandi al futuro in attesa della nuova generazione di tecnologia nucleare (la c.d. quarta generazione).

La prima qualità del nucleare sarebbe quella di contribuire notevolmente alla diversificazione energetica.

La fonte nucleare permetterebbe all’Italia di limitare la dipendenza da altri Paesi relativamente alle materie prime energetiche di cui il nostro Paese risulta assai povero, riducendo così l’elevatissimo livello di importazioni energetiche (più dell’85%) che riguarda una parte significativa del nostro saldo commerciale con l’estero. Inoltre, il nucleare farebbe da “scudo” naturale alle volatilità ed alle tensioni di prezzo imposte dall’esterno, in particolare sui mercati di petrolio e gas, oltre a garantire un’elevata sostenibilità ambientale del kWh nucleare paragonabile a quella degli impianti a fonte rinnovabile eolica in termini di emissioni di anidride carbonica se considerati entrambi sull’intero ciclo di vita degli impianti. Inoltre, il documento sottolinea il ruolo-chiave della tecnologia nucleare nel diversificare - quindi ridurre i rischi per il futuro – l’approvvigionamento energetico da fonti fossili (greggio ed idrocarburi affini), i Paesi d’origine e le rotte del medesimo approvvigionamento.

Il Programma pone inoltre in evidenza che il nucleare migliorerebbe la competitività del comparto industriale e produttivo riducendo la spesa energetica. Difatti, l’attuale handicap energetico, inteso come un gravame posto in capo a moltissime imprese, in primo luogo grandi energivore ma anche PMI, che vedono la loro spesa energetica superiore del 30% rispetto a quella dei diretti concorrenti europei, verrebbe mitigato con l’introduzione del nucleare.

In nucleare fornirebbe altresì un’opportunità di crescita per industria e terziario. In un momento di debolezza nel processo di infrastrutturazione del Paese, la filiera nucleare consentirebbe di dare impulso – anche da subito - a diverse attività a supporto della costruzione delle nuove centrali nucleari e del deposito nazionale dei rifiuti. Considerato l’impegno massiccio di capitali e l’intensità dei lavori collegati per la realizzazione delle centrali e delle opere connesse, si potrebbe stimare un’importante partecipazione dell’industria italiana e delle imprese di servizi a tali commesse.

Il documento afferma inoltre che il nucleare permetterebbe di realizzare un mix energetico bilanciato e compatibile con il territorio italiano. Dato per scontato che, a meno di “salti” tecnologici oggi non prevedibili, il gap che si crea a seguito della riduzione delle fonti fossili non potrebbe essere colmato con le sole fonti rinnovabili, sarebbe essenziale dotarsi di una fonte “intensa” di produzione per unità di territorio oggetto di localizzazione energetica, e il nucleare sarebbe l’unica fonte a presentare tale concentrazione o densità produttiva per spazio occupato.

Il documento pone inoltre in rilievo che il programma di rilancio del nucleare prevede compensazioni territoriali per famiglie ed imprese. In considerazione del fatto che l’installazione di una nuova centrale nucleare, ferma restando la garanzia della sicurezza dell’impianto e le sue compatibilità di ogni genere verificate ex ante e monitorate durante l’esercizio, può comportare una importante riconversione delle attività economiche e sociali nel territorio che ospita l’impianto ed in quelli limitrofi, il D.Lgs. n. 31/2010 prevede espressamente l’erogazione di compensazioni territoriali che vengono riconosciute a cittadini, imprese che operano localmente ed agli enti locali coinvolti nelle attività elettronucleari relativo al sito in questione. Comunque il PNR puntualizza che le compensazioni territoriali non riducono in alcun modo le problematiche di installazione sul territorio nazionale dei nuovi siti di produzione elettronucleare, evidenziando che occorre che siano risolte nella maniera più seria e garantista possibile e secondo i migliori standard della scienza e della tecnica oggi vigenti le criticità ed i vincoli in materia di localizzazione sul territorio.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

 

Il 3 novembre 2010 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2010)618) intesa a elevare gli standard di sicurezza per lo smaltimento del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari nell’UE. La Commissione propone di istituire un quadro normativo UE giuridicamente vincolante per garantire che tutti gli Stati membri applichino le norme comuni elaborate nell'ambito dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) per quanto concerne tutte le fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, fino al loro smaltimento definitivo. In particolare, la Commissione chiede agli Stati membri di mettere a punto, entro quattro anni dall'adozione della direttiva, programmi nazionali che forniscano piani dettagliati relativi tutte le fasi di realizzazione e di gestione dei depositi per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti. La proposta contempla la possibilità per due o più Stati membri di utilizzare un deposito per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti ubicato sul territorio di uno di essi, mentre non sarebbe consentito esportare scorie nucleari destinate allo smaltimento definitivo verso paesi non UE. Essa sottolinea, altresì, la necessità che l'opinione pubblica sia sempre informata dagli Stati membri, e coinvolta nel processo decisionale relativo alla gestione delle scorie nucleari. È infine prevista l'istituzione di un'autorità indipendente che rilasci le autorizzazioni a costruire i depositi e per ciascuno di essi verifichi l'analisi della sicurezza.

 

Il 25 giugno 2009il Consiglio ha approvatola proposta di direttiva riveduta che stabilisce un quadro comunitario sulla sicurezza nucleare (COM(2008)790) che rende legalmente vincolanti i principali standard internazionali in materia di sicurezza nucleare stabiliti nel 2006 dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA). In base alla nuova direttiva gli Stati membri sono tenuti a realizzare e migliorare continuamente i quadri nazionali sulla sicurezza nucleare, mentre risulta accresciuto il ruolo e l'indipendenza delle autorità nazionali di regolazione, confermando che la principale responsabilità in materia di sicurezza spetta ai detentori di licenze. Infine, la direttiva obbliga gli Stati membri a incentivare un alto livello di trasparenza delle azioni di regolazione e a garantire valutazioni indipendenti sulla sicurezza nucleare.

Politica regionale, energia e ambiente

 

L’intervento della politica regionale sui temi energia e ambiente è finalizzato essenzialmente a rafforzare le filiere produttive necessarie per lo sviluppo delle energie rinnovabili e del risparmio energetico, e valorizzare le risorse naturali quale fattore di competitività e attrattività. Gli investimenti, quindi, sono diretti oltre che ai temi dell’energia, anche al potenziamento dei servizi ambientali (gestione delle risorse idriche e dei rifiuti), alla prevenzione dei rischi, al recupero dei siti inquinati e alla valorizzazione delle risorse naturali. Le risorse finanziarie dedicate ammontano a circa 9 miliardi per l’intero periodo di programmazione, 4 dei quali sono destinati allo sviluppo delle energie rinnovabili e al risparmio ed efficienza energetica.

Gli interventi programmati sull’energia nel QSN 2007-2013 potranno contribuire, sulla base di stime preliminari, ad una riduzione significativa di emissioni di gas ad effetto serra al 2020, pari a 5-7 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti all’anno (ovvero, circa la metà del contributo fornito dall’insieme delle misure nel settore già decise e operative).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Capitale umano

Il paragrafo 2.1 del Programma Nazionale di Riforma, evidenziando come anche nell’ambito dell’area chiave Innovazione – Ricerca e Sviluppo sussistano “colli di bottiglia” che frenano la crescita del Paese, indica quali obiettivi per affrontare e risolvere tali ostacoli:

§      il miglioramento del capitale umano, attraverso il collegamento tra scuola e mercato del lavoro;

§      l’aumento della spesa privata in Ricerca e Sviluppo.

L’azione di contrasto in questo settore comprende sia iniziative già avviate, sia nuove misure. In particolare, il PNR indica quali misure di frontloading la riforma della scuola superiore, la riforma dell’università e il Programma Nazionale di Ricerca.

Con specifico riguardo al Capitale umano, il PNR evidenzia che le riforme del settore dell’istruzione (scolastica e universitaria) si collocano nel quadro degli interventi strutturali pluriennali e mirano a contemperare l’esigenza di contenimento della spesa pubblica con quella di ridefinire le filiere formative.

In materia di organizzazione scolastica, si ricorda che l’art. 64 del D.L. n. 112/2008[12] ha disposto interventi incentrati su diverse 3 linee direttrici:

·         ridefinizione degli ordinamenti scolastici;

·         revisione delle dotazioni organiche dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA).

Con riferimento agli insegnanti, è previsto l’incremento graduale, a partire dall’anno scolastico 2009/2010, del rapporto alunni/docente, fino al raggiungimento di un punto entro l’A.S. 2011/2012, al fine di accostare tale rapporto ai relativi standard europei.

Relativamente al personale ATA, l’obiettivo è il conseguimento, nel triennio 2009-2011, di una riduzione complessiva del 17 per cento della consistenza numerica della dotazione organica determinata per l'anno scolastico 2007/2008.

·         dimensionamento della rete scolastica[13].

La norma ha previsto, inoltre, al comma 9, che il 30 per cento dei derivanti risparmi di spesa sia destinata alla valorizzazione del personale della scuola[14].

In attuazione di tali disposizioni, sono stati successivamente emanati i regolamenti sull'organizzazione della rete scolastica e sul razionale utilizzo delle risorse umane (DPR 20 marzo 2009, n. 81), sull'assetto della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione (DPR20 marzo 2009, n. 89), sugli organici del personale ATA (DPR 22 giugno 2009, n. 119), sul riordino dell’istruzione secondaria superiore (DPR 15 marzo 2010, n. 87, DPR 15 marzo 2010, n. 88 e DPR 15 marzo 2010, n. 89, relativi, rispettivamente, agli istituti professionali, agli istituti tecnici ed ai licei)[15].

 

Secondo quanto evidenziato nel PNR, la riforma intende valorizzare i processi di apprendimento, facilitando il passaggio da una scuola basata prevalentemente sulla trasmissione delle conoscenze ad una fondata sull’acquisizione di competenze, all’interno di un percorso di apprendimento continuo.

Tra gli elementi caratterizzanti del processo di riforma vengono ricordati:

§         la valorizzazione dell’offerta formativa nell’area dell’istruzione tecnica e professionale[16];

§         il riequilibrio delle disparità territoriali;

§         il piano per la Scuola Digitale[17];

§         l’istituzione di un segmento di formazione post-secondaria non accademica strettamente raccordata all’evoluzione strutturale del mercato del lavoro (Istruzione tecnica superiore[18]);

§         la valorizzazione del rapporto di partenariato con il territorio, attraverso specifici Protocolli d’intesa con le regioni e gli enti locali.

 

In tema di abbandoni scolastici – come evidenzia la Figura 3 riportata a pag. 31 del PNR – sussiste un divario territoriale tra il numero di giovani che abbandonano prematuramente gli studi nel Mezzogiorno (23%) e quello del Centro-Nord (16,5%). Gli obiettivi nazionalisono indicati al 17,9% per il 2013, al 17,3% per il 2015, e al 15-16% per il 2020.

Secondo quanto specificato nel PNR, i valori obiettivo per il 2013 e per il 2015 sono basati sulle politiche correnti – quali la citata riforma della scuola secondaria –, che mirano ad assicurare un’istruzione adeguata a tutti i giovani compresi tra i 14 e i 18 anni[19]; essi, inoltre, tengono conto degli sforzi aggiuntivi supportati, per il periodo 2007-2013, sia dai fondi strutturali europei, sia dalla politica di sviluppo regionale, e dei correlati Obiettivi di servizio per le regioni del Mezzogiorno[20].

 

Il Quadro Strategico Nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013 (QSN 2007-2013[21]) attribuisce un ruolo chiave al miglioramento dei servizi essenziali per ampliare le opportunità degli individui e creare condizioni favorevoli per l'attrazione di investimenti privati. I divari tra le regioni meridionali e il resto del Paese, infatti, riguardano anche l'offerta di beni e servizi disponibili per i cittadini[22].

Per il settore dell’Istruzione, l’obiettivo è Elevare le competenze degli studenti e la capacità di apprendimento della popolazione[23].

 

Per l’Università,per la quale il progetto di riforma è in corso di esame da parte del Parlamento, l’obiettivo primario indicato dal PNR è quello di eliminare la frammentazione degli indirizzi, sostenere il miglioramento della qualità dell’offerta formativa, collegando il finanziamento ai risultati raggiunti, innalzare il numero dei laureati.

 

Dopo vari interventi disposti con il D.L. n. 180 del 2008[24], una ridefinizione complessiva del sistema universitario è tracciata dal disegno di legge di iniziativa governativa A.C. 3687. I principi ispiratori della riforma delineata dal progetto (già approvato dal Senato) fanno riferimento – in accordo con le “Linee guida del Governo per l’Università”[25] – ai concetti di autonomia e responsabilità; valorizzazione del merito; combinazione di didattica e ricerca.

Il ddl ridisciplina la governance degli atenei, nonché lo stato giuridico ed il reclutamento del personale, e delega il Governo ad adottare incentivi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario.

La VII Commissione Cultura della Camera ha avviato l’esame del provvedimento il 15 settembre 2010, abbinando 18 proposte di legge. Sul testo, come modificato dalla Commissione di merito, deve ora esprimere il proprio parere la Commissione Bilancio.

 

Nell’ambito dell’istruzione terziaria o equivalente, gli obiettivi nazionalisono indicati al 22,3% nel 2013, al 23,6% nel 2015, e al 26-27% nel 2020. Anche in questo caso, i valori per il 2013 e il 2015 si basano sulle politiche correnti che mirano a rinforzare e integrare i sistemi di istruzione e apprendimento sia a livello centrale che locale, per fornire ai lavoratori le competenze necessarie sul mercato del lavoro[26].

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Iniziativa faro “Youth on the Move”

Il 15 settembre 2010 la Commissione ha presentato la comunicazione “Youth on the Move (COM(2010)477) - una delle sette iniziative faro previste dalla strategia Europa 2020 – che propone 28 azioni chiave intese a rendere l'istruzione e la formazione più rispondenti ai bisogni dei giovani e ad incoraggiarli ad avvalersi di periodi di formazione in paese diverso dal proprio. Attraverso tali proposte la Commissione intende affrontare il problema dell’abbandono degli studi, incoraggiare l’istruzione superiore nonché favorire l’apprendistato attraverso la formazione professionale, agendo secondo le seguenti priorità:

·                realizzare un sistema di apprendimento permanente che consenta di sviluppare competenze chiave e ottenere risultati didattici di qualità, in linea con le richieste del mercato del lavoro;

·                aumentare la percentuale di giovani che seguono corsi di istruzione superiore o equivalenti, rendendo l'istruzione superiore europea più interessante e favorendo la mobilità di studenti e ricercatori;

·                rivedere e ampliare i programmi e le iniziative dell'Unione a favore della mobilità ai fini dell'apprendimento, correlandoli alle risorse nazionali e regionali;

·                migliorare con urgenza la situazione occupazionale dei giovani facilitando la transizione dall'istruzione al lavoro e riducendo la segmentazione del mercato del lavoro.

 

Il 13 luglio 2010 il Consiglio ha approvato una raccomandazione sugli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione che, in linea con la strategia Europa 2020 adottata dal Consiglio europeo, intendono fornire agli Stati membri indicazioni su come definire e attuare i propri programmi nazionali di riforma.

Il Consiglio, tra l’altro, ritiene che gli Stati membri debbano ammodernare la ricerca presso le università, sviluppare e rendere accessibili infrastrutture capaci di reggere il confronto a livello mondiale e promuovere l’attrattività delle carriere e la mobilità dei ricercatori e degli studenti. Le riforme, inoltre, dovrebbero favorire l’eccellenza e la specializzazione intelligente, intensificare la cooperazione tra università, centri di ricerca, settore pubblico, privati e terzo settore (a livello nazionale e internazionale) e far sì che siano sviluppate infrastrutture e reti atte a favorire la diffusione delle conoscenze. Infine, gli Stati membri dovrebbero dotare le persone delle vaste competenze richieste da tutte le forme dell’innovazione, eco-innovazione compresa, ed adoperarsi per assicurare un numero sufficiente di laureati in scienze, matematica e ingegneria.

Si ricorda che la strategia “Europa 2020” fissa tra gli obiettivi una percentuale del 40% di giovani laureati nell’UE per il 2020.

Politica regionale e istruzione

Il PNR sottolinea che gli investimenti totali dedicati all’istruzione, quantificati in 4,3 miliardi di euro, sono indirizzati a rafforzare le competenze (competenze chiave e livelli di apprendimento) e migliorare la qualità del sistema, al fine di aumentare la partecipazione - in particolare femminile - al mercato del lavoro e la competitività dei sistemi produttivi[27].

Come si evince dalla Tav. 8 del documento[28], si tratta dei Fondi strutturali 2007-2013 destinati alla priorità UE 2020 Istruzione.

 

Gli interventi promossi dai programmi nazionali[29], per un investimento pari a 1,6 miliardi di euro, sono diretti a migliorare le dotazioni tecnologiche e i laboratori nelle scuole di ogni ordine e grado e nei Centri territoriali permanenti e a migliorare l’apprendimento delle scienze e delle tecnologie. In tale ambito, viene segnalato il Programma nazionale Qualità e merito, per il miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento nell’area matematica.

 

Il progetto Qualità e merito è stato avviato per l’anno scolastico 2009/2010[30], coinvolgendo scuole secondarie di I grado delle 4 Regioni Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e scuole delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Veneto, individuate dai rispettivi Uffici Scolastici Regionali secondo le modalità indicate dal MIUR.

La seconda annualità del progetto, avviata con nota Prot. 4908 del 30 giugno 2010[31], evidenzia come nell’a.s. 2009/2010 vi sia stata la Fase I – Sviluppo, cui seguono la Fase II- Estensione (da avviare nell’a.s. 2010/2011) e la Fase III - Sistematizzazione (da avviare nell’a.s. 2011/2012).

Sempre la stessa nota rileva che la Fase Isi è articolata nella misurazione in ingresso degli apprendimenti della matematica e nella conseguente progettazione ed attuazione di interventi di supporto e formazione per gli studenti delle classi prime di scuola secondaria di I grado, con successiva rilevazione dei risultati in fase finale per la verifica dei miglioramenti ottenuti; contestualmente, sono state realizzate azioni di formazione destinate ai docenti.

Infine, la nota evidenzia che la fase di sperimentazione del PQM, attuata nell’a.s. 2009/2010, ha coinvolto complessivamente:

- 304 scuole delle 4 Regioni dell’Obiettivo Convergenza, finanziate con i fondi strutturali europei e seguite dalla D.G. Affari Internazionali – Uff. IV – Autorità di gestione PON istruzione (nel documento in esame, si riporta, invece, il dato di 320);

- 79 scuole di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Marche, finanziate con i fondi nazionali e coordinate dalla Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia scolastica (nel documento in esame si riporta, invece, il dato di 80).

In merito alla Fase IIdel progetto PQM, da avviare nell’a.s. 2010/2011, le regioni da coinvolgere saranno sette, poiché alle 5 regioni già coinvolte nell’a.s. precedente si uniranno Toscana e Lazio. In questa fase si prevede l’ampliamento del progetto nell’ambito disciplinare dell’italiano. Le linee di intervento verranno realizzate in parallelo anche nelle Regioni del Sud, le cui attività saranno coordinate dalla Autorità di Gestione PON.

 

I programmi regionali comportano un investimento di 2,7 miliardi di euro. In particolare, l’intervento regionale si concentra sull’offerta di servizi per migliorare l’accesso alle scuole e la loro apertura pomeridiana (ad esempio, trasporti, servizi di mensa, messa in sicurezza degli edifici).

Il PNR evidenzia che al momento sono stati investiti 1,3 miliardi di euro per qualificare l’offerta formativa scolastica e per realizzare interventi di alta formazione per i laureati in cerca di occupazione (quali, voucher per i costi di iscrizione e frequenza a corsi di dottorato di ricerca e a master universitari).

 

Infine, il PNR rileva che alle dotazioni finanziarie indicate si sono aggiunti 374 milioni di euro provenienti da programmi comunitari (238 provenienti dal programma nazionale “Ambienti per l’apprendimento” e 136 dal programma regionale “Sardegna”), finalizzati alla diffusione delle nuove tecnologie nel settore scolastico e, perciò, computati negli investimenti relativi a “Ricerca e innovazione” (si veda infra).

 

 

 

 

 

 

 

 


Ricerca e innovazione

Secondo il Programma in esame le politiche per l’innovazione, la ricerca e sviluppo devono tener conto della struttura produttiva del nostro Paese, caratterizzata dalla presenza  prevalente di PMI esposta alle sfide non solo della competizione globale di prezzo, con riferimento alle produzioni di tipo tradizionale (tessile, abbigliamento, calzature, legno-arredo-casa, meccanica leggera, prodotti agroindustriali), ma anche della competizione sleale (soprattutto contraffazioni) con riferimento ai prodotti del made in Italy. Tali politiche sono chiamate a sostenere lo sforzo del nostro sistema produttivo di innalzamento della qualità dei prodotti su cui è necessario puntare - più che sul prezzo – quale elemento di vantaggio competitivo, tenendo altresì presente che la promozione dell’innovazione, della ricerca e sviluppo e la capacità di attivare efficaci meccanismi di trasferimento tecnologico - con riferimento soprattutto alle PMI - sono cruciali ai fini di preservare e migliorare la posizione delle imprese italiane sui mercati globali.

Per essere coerente con le caratteristiche del sistema produttivo nazionale la politica per l’innovazione è chiamata, inoltre, a supportare la creatività e il design, nonché a favorire la diffusione delle informazioni e la costruzione di un efficiente sistema a rete che coinvolga imprese, università e istituti di ricerca, tenendo conto, al contempo, delle specificità dei singoli settori e della effettiva domanda di innovazione.

In riferimento al finanziamento delle attività di ricerca, dai dati riportati nel documento risulta che l’apporto pubblico alla relativa spesa risulta pari allo 0,56% del PIL. Migliorando quantitativamente e qualitativamente tale apporto, anche attraverso la diversificazione degli strumenti, delle modalità di intervento e delle fonti di copertura, secondo il Governo sarà possibile perseguire l’obiettivo minimo di spesa complessiva, pubblica e privata, dell’1,53% del PIL al 2020.

 

I principali strumenti che il Governo intende attuare sono:

 

§         Approvazione ed attuazione del Programma nazionale della ricerca, al fine di allineare la spesa italiana alla media europea.

 

Il Programma nazionale della ricerca (PNR) è stato indicato dal D.Lgs. 5 giugno 1998 n. 204 come il principale strumento di programmazione e coordinamento della ricerca. La stessa fonte normativa prevede che il PNR – che ha durata triennale, ma è aggiornato annualmente – è elaborato sulla base del Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF, ora sostituito, ai sensi della legge 196 del 2009, dalla Decisione di finanza pubblica) ed è approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, che si avvale di una Commissione permanente per la ricerca, costituita al suo interno.

In applicazione del D.lgs. citato, l’ultimo Programma nazionale adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – sulla base delle Linee guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo approvate dal CIPE il 19 aprile 2002 – è relativo agli anni 2005-2007 ed è stato adottato dal CIPE il 18 marzo 2005[32].

Attualmente, è disponibile sul sito del MIUR[33] una bozza del PNR 2010-2012.

 

§         Reintegrazione del Fondo per il finanziamento ordinario degli enti di ricerca, per accompagnare adeguatamente il processo di riordino avviato con il decreto legislativo n. 213 del 2009 e anche in considerazione del fatto che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, una quota crescente del Fondo, inizialmente pari al 7%, è destinata al finanziamento premiale di specifici programmi e progetti. Nell’ambito del Fondo si prevede, inoltre, di riservare una quota alla costituzione di un parco-progetti della ricerca.

Nella legge di bilancio per il 2010, la dotazione del Fondo(cap. 7236 dello stato di previsione del MIUR) è stata pari a 1.867,8 milioni di euro, con un incremento di 126,2 milioni rispetto all’assestamento 2009. Nel disegno di legge di bilancio per il 2011 il Fondo ha una dotazione di 1.773,2 milioni di euro, con una diminuzione di 94,6 milioni di euro rispetto al dato assestato 2010.

§         Rifinanziamento annuale di 500 milioni di euro del Fondo per l’Innovazione e la ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), destinati ad alimentare gli strumenti di incentivazione della ricerca di base ed industriale (bandi FIRB, PRIN, D.lgs. 297/94) per fronteggiare la forte domanda di investimenti nel settore specie nelle aree più industrializzate del Paese, e per la riconversione e riqualificazione industriale:

Si ricorda che il FIRST è stato istituito dal comma 870 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca per garantire la massima efficacia degli interventi in tale ambito. Al Fondo confluiscono le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR); del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB); del Fondo per le aree sottoutilizzate, per quanto di competenza del Ministero dell’istruzione, dell'università e della ricerca;le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN). Nel cap. 7320 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’istruzione, dell’università, relativo al FIRST, per il 2011 risulta iscritta la somma di 101,07 milioni di euro di competenza.

§         Finanziamento di programmi di ricerca eccellenti promossi da giovani ricercatori.

Si ricorda che, attualmente, il sostegno di progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore ai 40 anni è previsto dall’art. 1, comma 814, della L. finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), relativamente all’ambito sanitario, e dall’art. 2, comma 313, della L. finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), con riferimento a progetti di ricerca di base.

§         accesso alle disponibilità della legge-obiettivo, per il co-finanziamento di infrastrutture e piattaforme tecnologiche, finalizzate alla diffusione della conoscenza e alla erogazione di servizi ad alto contenuto di innovazione;

§         ampliamento dell’utilizzo di strumenti di sostegno automatici, soprattutto per le PMI. In particolare, il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, per il quale la legge n. 191/2009 (finanziaria per il 2010) ha reso spendibili ulteriori risorse, potrà essere utilizzato come meccanismo automatico di sostegno agli investimenti per l’allargamento del capitale di conoscenze delle imprese, soprattutto di piccole dimensioni.

Il comma 236, art. 2, della legge 191/2009 ha infatti disposto l’incremento di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 dell’autorizzazione di spesa per il credito d’imposta in favore dei soggetti che effettuano investimenti nell’attività di ricerca e sviluppo.

La disciplina fiscale cui è riferita la norma è contenuta nella legge n. 296 del 2006, articolo 1, commi da 280 a 283. Essa consiste in un credito d’imposta in favore delle imprese che sostengono, nel periodo 2007-2009[34], costi per l’attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo. Il beneficio è fissato in misura pari al 10% della spesa sostenuta ovvero al 40% della stessa qualora sia riferita a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca e non può, in ogni caso, essere commisurato ad un costo superiore a 50 milioni annui.

§         potenziamento del ricorso al contributo in conto interessi, anche mediante l’utilizzo del fondo di rotazione della Cassa depositi e prestiti. Secondo il Governo è allo studio una semplificazione delle procedure di accesso, che permetta – anche attraverso la partecipazione pubblica ad un fondo di garanzia – il tempestivo accesso al credito da parte delle imprese;

§         rafforzamento in chiave anticiclica del Fondo di garanzia per le PMI che consenta di certificare più efficacemente il merito di credito delle imprese beneficiarie.

§         attivazione dello sportello della ricerca e di opportunità per incentivare il trasferimento tecnologico e la valorizzazione della proprietà intellettuale, anche mediante utilizzo di fondi di capitale di rischio, come il Fondo nazionale per l’innovazione indirizzato a progetti innovativi delle PMI basati su brevetti.

Il citato Fondo è stato istituito, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 marzo 2009 (GU n. 107 dell'11 maggio 2009), con l’obiettivo di sostenere i progetti innovativi basati sull’ utilizzo economico dei titoli della proprietà industriale. Il Fondo, che mira a sostenere le PMI e a rafforzare il brevetto italiano, agirà come strumento di mitigazione del rischio di credito e di investimento per banche ed intermediari finanziari che parteciperanno al finanziamento di progetti innovativi basati sull'utilizzo economico dei brevetti. Con la firma degli avvisi pubblici di attuazione, il Ministro dello sviluppo economico ha reso operativo il nuovo Fondo cui è assegnata una dotazione di 60 milioni di euro. Gli avvisi pubblici si riferiscono alle due macroaree di intervento individuate dal citato decreto: il finanziamento di debito, a cui vengono destinati 37,5 milioni di euro, e il capitale di rischio, a cui sono assegnati 20 milioni di euro. I due interventi sono entrati in vigore con la pubblicazione sulla GU (contratti pubblici) n. 153 del 30 dicembre 2009.

§         Bandi annuali per la diffusione della cultura scientifica e per contribuire al funzionamento di enti privati di ricerca.

Si ricorda che la legge 10 gennaio 2000, n. 6 ha affidato al Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora, Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca) l’adozione di iniziative finalizzate a favorire la diffusione della cultura tecnico-scientifica, ossia della cultura delle scienze matematiche, fisiche e naturali e delle tecniche derivate. I soggetti che svolgono attività di diffusione della cultura scientifica, in possesso dei requisiti prescritti, sono inseriti, a domanda, in una tabella triennale emanata dal Ministro, sentito il Comitato tecnico scientifico appositamente costituito e acquisito il parere delle Commissioni parlamentari. L’inserimento nella tabella dà titolo a fruire del finanziamento triennale per il funzionamento[35].

La legge ha previsto, quindi, un impegno finanziario annuo di 20 miliardi di lire (pari a € 10.329.137,98)a decorrere dal 1999, stabilendo che almeno il 60 per cento di tale somma è riservato annualmente al finanziamento ordinario di enti, fondazioni, strutture e consorzi, nonché delle intese e degli accordi, mentre la quota residua è assegnata a singoli progetti per attività coerenti con le finalità della legge,rispondenti alle indicazioni di un bando ministeriale emanato con cadenza annuale[36].

§         prosecuzione dei Progetti di innovazione Industriale (PII), di cui all’art. 1, comma 842 della legge n. 296/2006, per sostenere programmi di ricerca industriale e innovazione volti alla realizzazione di prodotti e servizi innovativi da immettere sul mercato in tempi brevi e riguardanti le aree tecnologiche strategiche per la competitività del Paese (efficienza energetica, mobilità sostenibile, made in Italy, tecnologie della vita, beni e attività culturali, ambiente, aerospazio, ICT).

Si ricorda che i progetti di innovazione industriale (PII) sono stati previsti dalla legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296). Si tratta di progetti di intervento organico miranti a favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree tecnologico-produttive strategiche, con forte impatto sullo sviluppo del sistema produttivo e intensa ricaduta sul sistema Paese: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni culturali e turistici.

§         valorizzazione e diffusione delle opportunità offerte dal contratto di rete di imprese, strumento che consente alle piccole e medie imprese di dar vita a collaborazioni anche tecnologiche per superare le difficoltà, legate alla piccola dimensione, ad investire maggiormente in ricerca e sviluppo allo scopo di rafforzare la competitività sui mercati nazionali e internazionali;

Si ricorda che il contratto di rete di cui ai commi 4-ter e 4-quater dell'art. 3 del decreto-legge 5/2009 è stato ridisciplinato da DL 78/2010, che ha inoltre introdotto un’agevolazione fiscale per le imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete. In particolare per tali imprese viene previsto un regime di sospensione d’imposta relativamente alla quota degli utili dell'esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune di rete.

§         i contratti di innovazione tecnologica, che – evidenzia il documento - nel prossimo triennio potranno favorire lo sviluppo della ricerca e l’innovazione delle imprese e creare nuove opportunità di lavoro per i ricercatori, attraverso una rinnovata alleanza strategica fra imprese, sistema bancario e Stato. Per il finanziamento pubblico agevolato si potrà contare su una prima dote di risorse finanziarie, a valere sul “fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca” costituito presso la Cassa depositi e prestiti.

Con il DM 14 dicembre 2009 del Ministro dello sviluppo economico (Gazzetta Ufficiale del 23 febbraio 2010) sono stati disciplinati i contratti di innovazione tecnologica tra Ministero, imprese ed organismi di ricerca pubblici e privati, fissando le condizioni, i criteri e le modalità agevolative per progetti di rilevanti dimensioni finalizzati a promuovere azioni di innovazione tecnologica.

§         i nuovi contratti di sviluppo, volti a finanziare iniziative imprenditoriali di impatto socio-economico rilevante, basati su una procedura a sportello, più snella, con certezza nei tempi e nella disponibilità di risorse finanziarie necessarie alla concessione delle agevolazioni. I settori di intervento risultano ampliati rispetto allo strumento del contratto di programma, prevedendo in particolare l’ammissibilità di iniziative nei settori del turismo e del commercio.

Si ricorda che i contratti di sviluppo, introdotti dall’art. 43 del DL 112/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008), rappresentano una evoluzione dei contratti di programma e dei contratti di localizzazione, pur contenendo alcuni elementi di novità rilevanti e distintivi che fanno dei contratti di sviluppo un nuovo strumento di intervento in favore delle imprese. La gestione complessiva dei contratti di sviluppo è affidata dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa. I contratti di sviluppo costituiscono uno degli strumenti attuativi nell’ambito del PON Ricerca e Competitività 2007-2013, limitatamente alle iniziative da realizzare nell’ambito delle regioni dell’Obiettivo Convergenza.

 

Nel Programma in esame si segnala la pubblicazione di tre bandi per un importo di 500 milioni di euro volti a promuovere l’utilizzo dei risultati dei progetti di ricerca nei settori manifatturiero, dell’energia elettrica e dei servizi alle imprese, l’innovazione per la tutela dell’ambiente per le imprese alimentari, delle apparecchiature elettriche e delle produzione di biotecnologie e lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili e del risparmio energetico.

Si tratta di tre decreti MISE volti a favorire investimenti produttivi innovativi, per la ricerca e le energie rinnovabili, che sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale nei primi giorni di settembre. In particolare:

§         il DM 6 agosto 2010 -finalizzato ad agevolare programmi di investimento volti a perseguire specifici obiettivi di innovazione, miglioramento competitivo e tutela ambientale (100 milioni di euro) -è stato pubblicato sulla GU n. 211 del 9 settembre 2010;

§         il DM 6 agosto 2010 - finalizzato ad agevolare programmi di investimento per la produzione di beni strumentali funzionali allo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili e al risparmio energetico nell'edilizia (300 milioni di euro) -è stato pubblicato sulla GU n. 212 del 10 settembre 2010;

§         il DM 6 agosto 2010 -finalizzato ad agevolare programmi di investimento per l'industrializzazione dei risultati di programmi qualificati di ricerca e sviluppo sperimentale (100 milioni di euro) -è stato pubblicato sulla GU n. 213 dell'11 settembre 2010.

 

I programmi di investimento potranno essere presentati telematicamente a partire dal novantesimo giorno successivo alla pubblicazione dei decreti sulla Gazzetta Ufficiale. L’esame delle domande avverrà secondo la procedura valutativa c.d. “a sportello” prevista dall’art. 5 del D.Lgs. 123/1998 e rispetterà l’ordine cronologico di presentazione delle istanze.

 

Il Programma nazionale di riforma si propone, infine, di aumentare la presenza delle donne nelle posizioni di responsabilità nel settore della ricerca, raggiungendo il 25% indicato dall’UE. In tale contesto, richiama il protocollo di intesa firmato nel settembre 2010 dal Ministro per le pari opportunità e dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, volto a promuovere l’attuazione di politiche di pari opportunità anche in questo settore[37].

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

 

Il 6 ottobre 2010 la Commissione europea ha presentato “l’Unione dell'Innovazione” (COM(2010)546) - una delle sette iniziative faro previste dalla strategia Europa 2020 - che definisce un approccio strategico inteso a sviluppare la ricerca e l’innovazione, nella prospettiva di completare lo Spazio europeo della ricerca entro il 2014, rimuovendo gli ostacoli che impediscono alle idee innovative di raggiungere il mercato attraverso:

·       appalti pubblici mirati;

·       il coinvolgimento del settore privato;

·       un migliore accesso ai finanziamenti;

·       un maggior coordinamento della ricerca;

·       la rimozione delle barriere alla libera circolazione dei ricercatori e delle loro idee.

Il nuovo approccio strategico proposto dalla Commissione tende a sviluppare non solo gli aspetti relativi alla ricerca, ma tutte le forme d'innovazione, ad esempio, nei modelli aziendali, nel design, nelle strategie di marketing e nei servizi. L’iniziativa della Commissione prospetta la possibilità di:

·       rendere operativi, entro il 2014, idonei strumenti finanziari che coinvolgano sempre più gli investimenti privati nella ricerca e nell’innovazione;

·       migliorare l’accesso ai finanziamenti, soprattutto per le PMI;

·       rendere meno costosi i diritti di proprietà intellettuale;

·       impiegare strategicamente gli ingenti fondi destinati ad appalti pubblici;

·       rafforzare la cooperazione tra il mondo della scienza e quello delle imprese attraverso l’istituzione di partnership europee per l'innovazione che dovrebbero mettere le imprese europee in grado di assumere un ruolo di punta nello sviluppo di nuove tecnologie intervenendo su specifiche tematiche e su tutta la catena della ricerca e dell'innovazione.

Infrastrutture a banda larga veloce e ultraveloce

Il programma del Governo in questo settore è finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo indicato dall’Agenda Digitale europea: garantire entro il 2020 almeno al 50% della popolazione l’accesso a internet superveloce (velocità superiore ai 100 Megabit al secondo). Si prevede in tale direzione di promuovere uno sforzo comune di tutte le componenti interessate (istituzioni, operatori, regolatori, investitori) volto alla realizzazione di una infrastruttura comune, alla quale gli operatori delle telecomunicazioni potranno avere accesso per fornire in propri servizi, in regime di libera concorrenza. Il Ministero dello sviluppo economico è individuato quale soggetto istituzionale che dovrà assicurare la necessaria attività di mediazione fra i diversi attori, garantendo nel contempo un’adeguata ottimizzazione delle risorse. Il finanziamento dovrebbe essere garantito da fondi pubblici (nazionali ed europei) e privati.

Per quanto riguarda le iniziative già intraprese, si fa richiamo alle norme approvate nel corso della legislatura (legge n. 133/2008, legge n. 69/2009, legge n. 40/2010), con le quali sono state introdotte misure volte a razionalizzare e semplificare le procedure e gli oneri amministrativi connessi alla realizzazione delle infrastrutture di rete, nonché al piano finalizzato alla eliminazione del digital divide entro il 2013, e alle misure volte a promuovere l’utilizzo di internet e ad incrementare l’offerta dei servizi digitali nell’ambito della Pubblica Amministrazione.

Va ricordato in proposito che l’articolo 2 della legge n. 69/2009 demanda al Governo il compito di individuare un programma di interventi infrastrutturali nelle aree sottoutilizzate necessari per facilitare l’adeguamento delle reti di comunicazione elettronica pubbliche e private all’evoluzione tecnologica e alla fornitura dei servizi avanzati di informazione e di comunicazione del Paese; dispone che al relativo finanziamento si provveda con una dotazione fino ad un massimo di 800 milioni di euro per il periodo 2007-2013, a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate; prevede che la progettazione e la realizzazione delle infrastrutture nelle suddette aree possano avvenire mediante modalità di finanza di progetto; attribuisce al Ministero dello sviluppo economico il coordinamento dei progetti, anche attraverso la previsione della stipulazione di accordi di programma con le regioni interessate.

Va altresì segnalato che l’articolo 5-bis del decreto legge n. 40/2010 (c.d. “decreto incentivi’), introdotto dalla legge di conversione n. 73/2010, ha stabilito che, al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile, nel caso di installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti, è sufficiente la denuncia di inizio attività.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni UE

Iniziativa faro “Un’agenda europea del digitale”

Il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione “Un’agenda digitale europea” (COM(2010)245) che, nell’ambito delle iniziative faro di Europa 2020”, mira a stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per raggiungere gli obiettivi che l'UE si è prefissata per il 2020.

In particolare, gli Stati membri dovrebbero:

-     elaborare strategie operative per internet ad alta velocità e orientare i finanziamenti pubblici, compresi i fondi strutturali, verso settori non totalmente coperti da investimenti privati;

-     creare un quadro legislativo per coordinare i lavori pubblici in modo da ridurre i costi di ampliamento della rete;

-     promuovere la diffusione e l'uso dei moderni servizi online (e-government, servizi sanitari online, etc.).

Il 20 settembre la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure volte a fornire ai cittadini europei l’accesso alla banda larga (base per il 2013 e veloce per il 2020), composto da:

·                una comunicazione per promuovere gli investimenti nella rete di banda larga (COM(2010)472);

·                una raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access (NGA) (C(2010)6223);

·                una proposta di decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio (COM(2010)471).

Banda larga

La comunicazione “La banda larga in Europa: investire nella crescita indotta dalla tecnologia digitale” (COM(2010)472) indica l’obiettivo, da raggiungere entro il 2020, di assicurare l’accesso a internet per tutti i cittadini ad una velocità di connessione superiore a 30 megabit per secondo, e per almeno il 50% delle famiglie la disponibilità di un accesso a internet con una velocità superiore a 100 Megabit per secondo.

Tra le azioni da intraprendere la comunicazione indica:

-     la presentazione nel 2011 in collaborazione con la BEI di una proposta sul finanziamento della banda larga; la formulazione di orientamenti rivolti alle autorità regionali e locali sull'utilizzo dei fondi europei nonché in materia di investimenti nella banda larga;

-     entro il 2012 l’analisi di prassi per la riduzione dei costi;

-     entro la fine del 2013 il rafforzamento e la razionalizzazione del ricorso al finanziamento per la banda larga ultraveloce mediante gli strumenti dell'UE, nell'ambito dell'attuale quadro finanziario (FESR, ERDP, FEASR, TEN, PIE).

Gli Stati membri sono chiamati a:

·                elaborare e rendere operativi, entro il 2012, piani nazionali per la banda larga per raggiungere gli obiettivi in materia di copertura, velocità e adozione definiti nella strategia Europa 2020;

·                adottare misure per facilitare gli investimenti nella banda larga, ad esempio assicurando che le opere di edilizia coinvolgano sistematicamente i potenziali investitori, eliminando i diritti di passaggio, procedendo alla mappatura delle infrastrutture passive disponibili che si prestano al cablaggio e aggiornando il cablaggio degli edifici;

·                utilizzare i fondi strutturali e per lo sviluppo rurale già accantonati per investimenti in infrastrutture e servizi TIC;

·                mettere in atto il programma sulla politica europea in materia di spettro radio, in modo che le frequenze siano assegnate in modo coordinato per raggiungere il 100% di copertura di internet a 30 Mbps entro il 2020, e adottare la raccomandazione sulle reti NGA.

 

Reti di nuova generazione

 

La raccomandazione relativa all'accesso regolamentato alle reti di accesso di nuova generazione (NGA) (C(2010)6223) ha lo scopo di favorire lo sviluppo del mercato unico rafforzando la certezza del diritto e promuovendo gli investimenti, la concorrenza e l'innovazione sul mercato dei servizi a banda larga, in particolare nella transizione alle reti di accesso di nuova generazione (NGA).

 

Spettro radio

 

La proposta di decisione che stabilisce il primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio (COM(2010)471) indica tra gli obiettivi che gli Stati membri devono perseguire: evitare distorsioni della concorrenza nonché interferenze e disturbi nocivi, armonizzare le condizioni tecniche, garantire la tutela della salute, migliorare la visibilità dell'UE nelle trattative internazionali e offrire un ausilio agli Stati membri nelle trattative con i paesi terzi.

Entro il 2015 la Commissione dovrà trasmettere una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio e gli Stati membri dovranno attuare la decisione.

 

 


Il contributo della politica regionale all’incentivazione della ricerca e dell’innovazione

 

Secondo i dati forniti dal Governo, i fondi destinati alla ricerca e all’innovazione nell’ambito della politica di coesione 2007-2013[38] ammontano complessivamente a 20,8 miliardi di euro così ripartiti:

§         12,8 miliardi per attività di ricerca e sviluppo nei centri di ricerca, per la realizzazione di infrastrutture per la ricerca, per interventi di trasferimento tecnologico e il sostegno alla ricerca industriale;

§         3,4 miliardi a favore dello sviluppo della società dell’informazione nelle imprese e nella PA;

§         2,2 miliardi circa a sostegno dell’imprenditorialità innovativa;

§         2,4 miliardi infine sono destinati al miglioramento del capitale umano.

Al 31 dicembre 2009 il livello di spesa risulta pari al 10% delle risorse programmate. Percentuali più elevate riguardano gli interventi di sviluppo dell’imprenditorialità innovativa e del capitale umano, principalmente nell’area Competitività regionale e occupazione.

L’attuazione si sta concentrando in particolare sul finanziamento degli investimenti in ricerca e innovazione da parte delle imprese, anche attraverso il sostegno alla nascita di imprese innovative.

Secondo il Governo la partecipazione delle imprese ai bandi specifici promossi in attuazione del Programma operativo nazionale (PON) Ricerca e Competitività e dei Programmi regionali (CONV e CRO) è stata molto elevata.

Si segnala, in proposito, il DM 18 gennaio 2010 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (Gazzetta Ufficiale del 21 gennaio 2010), che invita alla presentazione di progetti di ricerca industriale, nell'ambito del PON "Ricerca e competitività 2007-2013" che promuove iniziative e progetti nei campi della ricerca scientifica, della competitività e dell'innovazione industriale nelle regioni meno avanzate, comprese nell'Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). I progetti dovranno essere sviluppati nei nove ambiti strategici di riferimento previsti dagli accordi di programma e riguardare lo sviluppo della ricerca industriale, di attività non preponderanti di sviluppo sperimentale e le connesse attività di formazione di ricercatori e tecnici di ricerca. Il bando è scaduto il 9 aprile 2010. Si ricorda che il Programma, previsto dal QSN e adottato con decisione CE(2007)6882 della Commissione europea del 21 dicembre 2007 (CCI: 2007IT161PO006) è cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo di rotazione (FDR) per l'attuazione delle politiche comunitarie ex art. 5 della legge del 16 aprile 1987, n. 183, e successive modificazioni.

I progetti avviati riguardano prevalentemente i settori: agroalimentare, ambiente, aerospazio, biotecnologie, energia, ICT, nuovi materiali e salute dell'uomo. In questo ambito è stata avviata l'attuazione dei tre Progetti di innovazione industriale “Efficienza energetica”, “Mobilità sostenibile” e “Made in Italy”.

Nell'ambito del citato PON è stata promossa una "analisi fattuale" volta alla identificazione delle aree tecnologico-produttive più promettenti sulla base della quale sono state delineate le priorità di intervento.

Il Governo segnala un avvio più lento per quanto riguarda gli interventi destinati a rafforzare il sistema dell’offerta di ricerca e il trasferimento tecnologico, mediante infrastrutturazione di centri di ricerca, poli tecnologici, tecnopoli, laboratori pubblico privati, le cui cause sono da ricercare nella governance complessa che prevede accordi tra soggetti ed istituzioni diverse e una fase di selezione e valutazione preliminare all’avvio delle attività.

L’obiettivo governativo e quello della creazione di reti sul territorio in grado di connettere la ricerca pubblica con quella privata, il mondo delle imprese con il mondo della ricerca, mettendo a disposizione competenze, esperienze e servizi.

Tra gli interventi già avviati nell’ambito dei programmi regionali, si segnalano:

-               13 Poli di innovazione in Piemonte, incentrati su ambiti settoriali specifici;

-               10 Tecnopoli della Rete alta tecnologia in Emilia Romagna che ospitano laboratori, centri per l’innovazione nell’ambito di diverse piattaforme tecnologiche tematiche;

-               1 specifico Programma integrato strategico regionale in Calabria per la creazione della rete dei Poli di innovazione e di un sistema di integrazione e gestione dei servizi per l’innovazione e il trasferimento tecnologico.

Gli interventi per l'attuazione di tali poli di innovazione riguardano, in prevalenza, i settori agroalimentare, energia, ICT e sistemi avanzati di produzione.

L’offerta di ricerca viene rafforzata anche con un bando ancora in avvio del citato PON Ricerca e Competitività a supporto dello sviluppo dei distretti tecnologici e dei laboratori pubblico-privati.

Per quanto concerne la società dell’informazione, gli interventi sono orientati prioritariamente - nell’area dell’obiettivo Convergenza - alla diffusione della banda larga e all’incremento delle dotazioni tecnologiche nelle scuole e per la valorizzazione del patrimonio culturale, nonché per il controllo del territorio.

Si rileva un sensibile ritardo invece nell’avvio degli interventi rivolti al settore delle ICT o alla diffusione delle ICT nelle imprese per l’innovazione aziendale.


Il mercato del lavoro

Il Programma definisce gli obiettivi nazionali in tema di occupazione al 2020, passa in rassegna le principali misure ed iniziative adottate in tema di lavoro in tempi recenti e delinea il quadro delle priorità da perseguire per il futuro.

L’obiettivo nazionale 2020 è un tasso di occupazione tra il 67% e il 69% (pari a un aumento di 1,6-1,8 milioni di occupati), ben al di sotto (13 punti) dell’obiettivo programmatico UE (75%). La fissazione dell’obiettivo tiene conto del basso livello di partenza dell’indicatore (61% nel 2009) e del più grave ritardo di molte regioni del centro-sud (ad esempio, 44% in Campania).

Tra i più rilevanti interventi fin qui realizzati per contenere gli effetti della crisi sull’occupazione e rilanciare una dinamica positiva del mercato del lavoro il Programma ricorda:

-       l’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009, (sottoscritto da tutte le parti sociali esclusa la CGIL), volto a promuovere la contrattazione decentrata e a favorire una dinamica dei salari coerente con la stabilità dei prezzi;

-       l’Accordo Stato-Regioni del 12 febbraio 2009, con il quale sono stati destinati 8 miliardi di euro, nel biennio 2009-2010, per azioni di sostegno al reddito e di politica attiva del lavoro. In particolare, gli stanziamenti sono stati ripartiti tra un intervento statale, per una somma di 5.350 milioni di euro, e contributi regionali, pari a 2.650 milioni di euro, a valere sui programmi regionali del Fondo Sociale Europeo (FSE);

-       l’Accordo Stato-Regioni del 29 aprile 2010, in materia di formazione professionale;

-       le norme volte a defiscalizzare gli incrementi salariali corrisposti a livello decentrato e legati ad incrementi di produttività;

-       le norme volte ad ampliare e rafforzare gli strumenti a sostegno del reddito (ordinari, straordinari e in deroga);

-       il Piano triennale per il lavoro (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 30 luglio 2010);

-       il Programma di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero pari opportunità, 1° dicembre 2009), per il quale è previsto uno stanziamento di 40 milioni di euro;

-       il Piano per la conciliazione lavoro-famiglia (Conferenza unificata, 29 aprile 2010);

-       il nuovo portale Cliclavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

 

Per quanto concerne le priorità da perseguire in vista degli obiettivi occupazionali fissati, il Programma sottolinea il rilievo strategico della formazione professionale e l’importanza di un efficiente mercato del lavoro per promuovere l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

In materia di formazione, pur in un contesto di risorse scarse (ciò che impone una selezione attenta degli obiettivi), occorre porre l’attenzione sui risultati delle attività formative, valorizzare le aziende come luoghi di formazione, istituire valutatori indipendenti, rilanciare l’apprendistato e i tirocini, rivalutare l’istruzione e formazione tecnico-professionale e superiore (IFTS), favorire il rientro anticipato dei cassintegrati sulla base di accordi di formazione e lavoro.

Per quanto concerne l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, occorre valorizzare le funzioni di monitoraggio (analisi della domanda di lavoro e fabbisogni di competenze), potenziare e interconnettere le banche dati esistenti (ISTAT, Progetto Excelsior di UnionCamere, INPS, Ministero del lavoro), incrementare la funzionalità della rete dei servizi per il lavoro, realizzare rilevazioni ricorrenti dei fabbisogno professionali di competenze (su base territoriale e settoriale, sostenute da una Cabina di regia nazionale), sviluppare i servizi di placement nelle università, promuovere la mobilità dei giovani.

Infine, il Programma evidenzia la necessità di ampliare ulteriormente la platea dei lavoratori beneficiari di riduzioni contributive o tassazione agevolata dei redditi correlati a criteri di maggiore produttività aziendale (inclusi gli utili di bilancio) e, per quanto concerne in particolare il Mezzogiorno, verificare in sede europea la possibilità di istituire forme di fiscalità di vantaggio, ad esempio attraverso l’introduzione di specifici contratti di inserimento lavorativo.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Iniziativa faro “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro”

Nell’ambito della Strategia UE 2020, la Commissione europea dovrebbe presentare nel corso delle prossime settimane l’iniziativa faro “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro”.

L'obiettivo è porre le basi della modernizzazione dei mercati del lavoro al fine di aumentare i livelli di occupazione e garantire la sostenibilità del modello sociale europeo. La Commissione ritiene essenziale migliorare la partecipazione delle persone mediante l'acquisizione di nuove competenze per consentire alla forza lavoro attuale e futura di adeguarsi alle mutate condizioni e all'eventuale riorientamento professionale, ridurre la disoccupazione e aumentare la produttività del lavoro.

A livello dell'UE, la Commissione intende:

·                definire e attuare, insieme alle parti sociali, la seconda fase del programma "flessicurezza";

·                adeguare il quadro legislativo ai modelli di lavoro in evoluzione (orari, lavoratori distaccati, ecc.) e ai nuovi rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro;

·                agevolare e promuovere la mobilità della manodopera nell'UE e garantire maggiore equilibrio tra offerta e domanda di lavoro, con un sostegno finanziario adeguato dei fondi strutturali;

·                rafforzare la capacità delle parti sociali e sfruttare appieno le potenzialità di risoluzione dei problemi del dialogo sociale a tutti i livelli (UE, nazionale/regionale, settoriale, aziendale);

·                sviluppare un quadro europeo per le capacità, le competenze e l'occupazione (European Skills, Competences and Occupations framework (ESCO))

A livello nazionale, gli Stati membri dovrebbero:

·                attuare i percorsi nazionali di flessicurezza, per ridurre la segmentazione del mercato del lavoro, facilitando al tempo stesso un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata;

·                riesaminare e monitorare regolarmente l'efficienza dei sistemi fiscali e previdenziali per rendere il lavoro redditizio, abolendo al tempo stesso le misure che scoraggiano il lavoro autonomo;

·                promuovere politiche di invecchiamento attivo, così come la parità fra i sessi;

·                imprimere un forte slancio all'attuazione del Quadro europeo delle qualifiche mediante la creazione di quadri nazionali delle qualifiche;

·                fare in modo che le competenze necessarie per il proseguimento della formazione e l'ingresso nel mercato del lavoro siano riconosciute in tutti i sistemi di insegnamento, compreso l'apprendimento non formale;

·                sviluppare i partenariati tra il settore dell'istruzione/formazione e il mondo del lavoro, in particolare associando le parti sociali alla pianificazione dell'istruzione e della formazione.

 


Il contesto della povertà

Sul tema della povertà il Programma Nazionale di Riforma si sofferma sugli indicatori e sugli impegni finalizzati ad una sua riduzione.

Quanto agli indicatori, mentre il tasso di persone a rischio di povertà supera di due punti percentuali la media europea, il tasso di deprivazione e l’indicatore relativo ai jobless households, sono posizionati in tale media. L’obiettivo indicato è quello, da qui al 2020, di ridurre il primo indicatore di 2-3 punti percentuali e di portare il secondo e il terzo al 7-8%.

Quanto agli impegni viene previsto che l’Italia si faccia carico di una quota di riduzione della povertà di 2,2 milioni di unità, sia mediante trasferimenti che mediante politiche attive di promozione dell’occupazione, specie di giovani e donne.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Iniziativa faro “Piattaforma europea contro la povertà”

Nell’ambito della Strategia UE 2020, definita dal Consiglio europeo del 17-18 giugno 2010, l’iniziativa faro “Piattaforma europea contro la povertà”, la cui presentazione è prevista per la fine del 2010, stabilisce che a livello dell'UE, la Commissione si impegni a:

·   trasformare il metodo aperto di coordinamento su esclusione e protezione sociale in una piattaforma di cooperazione, revisione inter pares e scambio di buone pratiche;

·   promuovere l'innovazione sociale per le categorie più vulnerabili, offrendo possibilità di istruzione, formazione e occupazione alle comunità svantaggiate, nonché l'integrazione dei migranti;

·   valutare l'adeguatezza e la sostenibilità dei regimi pensionistici e di protezione sociale e riflettere su come migliorare l'accesso ai sistemi sanitari.

A livello nazionale, gli Stati membri dovrebbero:

·   promuovere la responsabilità collettiva e individuale nella lotta alla povertà e all'esclusione sociale;

·   definire e attuare misure incentrate sulla situazione specifica delle categorie particolarmente a rischio (famiglie monoparentali, donne anziane, minoranze, Rom, disabili e senzatetto);

·   utilizzare appieno i propri regimi previdenziali e pensionistici per garantire un sufficiente sostegno al reddito e un accesso adeguato all'assistenza sanitaria.

Per quanto riguarda le più recenti iniziative del Parlamento europeo si segnala l’approvazione, il 20 ottobre 2010, di una risoluzione sul tema “Il ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e nella promozione di una società inclusiva in Europa”. Considerando che il 17% della popolazione UE, secondo i dati relativi al 2008, risulterebbe vivere al di sotto della soglia di povertà (circa 85 milioni di persone) e che la gravità della crisi economica avrebbe indotto un aumento dell'esclusione sociale, il Parlamento europeo ritiene che l'introduzione in tutti gli Stati membri dell'UE di regimi di reddito minimo, costituiti da misure specifiche di sostegno alle persone con un reddito insufficiente attraverso una prestazione economica e l'accesso agevolato ai servizi, sia uno dei modi più efficaci per contrastare la povertà e garantire una qualità di vita adeguata, promuovendo l'integrazione sociale. Il Parlamento europeo specifica inoltre che i sistemi di redditi minimi adeguati dovrebbero stabilirsi almeno al 60% del reddito medio dello Stato membro interessato.

 

 

 


4. La politica regionale

Come indicato nell’Introduzione, gli interventi di politica regionale programmati nell’ambito del Quadro Strategico Nazionale (QSN 2007-2013) e dei programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi del Programma nazionale di riforma.

A fronte dei 59,4 miliardi di euro programmati dal QSN 2007-2013, una percentuale pari al 71,6 per cento è, infatti, finalizzata all’attuazione delle priorità di Lisbona, le quali concorrono al raggiungimento dei target nazionali della Strategia UE 2020.

Alle cinque priorità di UE 2020: lavoro e occupazione, energia e clima, inclusione, istruzione, ricerca e innovazione, risulta infatti destinato circa il 66 per cento delle risorse ancora da spendere entro la fine del 2015, cioè una somma  pari a 35 miliardi di euro.

 

Al fine di rendere più efficace l’attuazione della politica di coesione, l’Italia ritiene indispensabile il ricorso a “condizionalità” che subordinino l’esborso dei fondi della politica di coesione all’attuazione di riforme strutturali e istituzionali.

Come evidenziato nella Nota aggiuntiva del Programma, il Governo si propone di imprimere un rilancio alla politica di sviluppo del Mezzogiorno, incidendo sui divari infrastrutturali, aumentando l’efficacia degli investimenti in ricerca e innovazione tramite politiche più qualificate legate ai territori e incentivi basati su un equilibrio tra meccanismi automatici e processi valutativi.

Nella citata Nota aggiuntiva, si evidenziano tre logiche su cui concentrare le politiche di sviluppo:

§         una sede di regia nazionale degli interventi, con l’abbandono dell’esclusiva competenza regionale su essi;

§         la concentrazione degli interventi su grandi infrastrutture di unificazione nazionale;

§         l’automatica assunzione, ove possibile, della forma dei crediti di imposta e più in generale della fiscalità di vantaggio per tali interventi;

 

In particolare, a seguito di una ricognizione delle risorse aggiuntive disponibili, il Governo intende procedere ad una riprogrammazione delle stesse, nel Piano per il Sud, finalizzata a:

§         grandi progetti di infrastrutture e segnatamente sulla realizzazione di grandi assi ferroviari nelle regioni del Sud;

§         un programma straordinario di miglioramento dell'efficacia del sistema scolastico e universitario meridionale, con la creazione di rapporti sia con le imprese sia con le reti di formazione internazionali;

§         azioni di adeguamento dei servizi pubblici locali, in particolare reti idriche e del sistema del trattamento dei rifiuti solidi urbani;

§         rafforzamento degli strumenti a presidio di sicurezza e legalità;

§         una riforma del sistema di incentivi, diretta a concentrare le risorse disponibili, nazionali e comunitarie, su pochi strumenti;

§         Banca del Mezzogiorno per aumentare l’offerta di credito con modalità più vicine ai territori;

§         riqualificazione della Pubblica amministrazione, con l'introduzione di meccanismi per incentivare l'efficienza dei procedimenti amministrativi.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Revisione del bilancio europeo e politica regionale

La Commissione europea il 19 ottobre 2010 ha adottato una comunicazione sulla revisione del bilancio dell’Unione europea nella quale illustra la propria posizione su tre aspetti principali:

·      calibrare meglio il bilancio per raggiungere gli obiettivi dell’UE;

·      porre il bilancio dell’UE al servizio delle priorità e azioni previste dalla Strategia Europa 2020;

·      ripensare i le modalità di finanziamento del bilancio UE attraverso risorse adeguate.

 

In questo contesto, la Commissione attribuisce un rilievo prioritario alla creazione di uno stretto coordinamento – nel quadro finanziario post 2013 - tra la politica di coesione e la strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione, proponendo:

·      - la concentrazione degli stanziamenti della politica di coesione su obiettivi ad alto valore aggiunto europeo previsti dalla Strategia 2020, quali in particolare: sostegno alle nuove imprese, innovazione, riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, miglioramento della qualità dell'ambiente, modernizzazione delle università, risparmio energetico e sviluppo di reti di energia, trasporti e telecomunicazioni di interesse comune europeo, investimenti nelle infrastrutture di ricerca, sviluppo del capitale umano e inclusione attiva per aiutare la lotta contro la povertà;

·      - l’adozione - innovando rispetto all'approccio attuale – di un quadro strategico comune a tutti i fondi e le politiche strutturali - che permetta di tradurre in priorità di investimento le finalità e gli obiettivi della strategia Europa 2020;

·      - la presentazione da parte dei singoli Stati membri - sulla base del quadro di riferimento strategico europeo - delle proprie strategie di sviluppo nei rispettivi Programmi nazionali di riforma. Ciò consentirebbe di illustrare come lo Stato membro e le sue regioni intendono conformarsi alle priorità e agli obiettivi della strategia Europa 2020, delle iniziative faro e delle raccomandazioni tematiche e specifiche per paese;

·      - la stipulazione di un contratto di partenariato in materia di sviluppo e di investimento tra la Commissione e lo Stato membro che stabilirebbe gli obiettivi da raggiungere a livello statale e regionale, la modalità di calcolo e misurazione dei progressi verso tali obiettivi e la ripartizione delle risorse nazionali e UE tra i settori prioritari e i programmi;

·      - l’introduzione, al fine di migliorare la qualità della spesa, di forme di concorrenza qualitativa tra programmi candidati a finanziamenti In particolare, si ipotizza la possibilità di accantonare in una riserva di efficacia ed efficienza una porzione limitata di fondi di coesione, cui potrebbero accedere tutti gli Stati membri e le regioni ammissibili, sulla base dei progressi compiuti dai programmi nazionali e regionali in termini di conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020.

 

 

 



[1]    Dati Eurostat in percentuale sulla popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni, diffusi il 28 ottobre 2010 e riferiti al 2009. La percentuale sale al 64,7% nell’Eurozona; i Paesi con le migliori performance risultano i Paesi Bassi (77%), la Danimarca (75,7%), e la Svezia (72,2%); tra i Paesi di maggiori dimensioni economiche e demografiche, nel Regno Unito si è registrato un tasso del 69,9%, in Germania del 70,9%, in Francia del 64,2%, in Spagna del 59,8%,

[2]    Dati Eurostat, diffusi il 28 ottobre 2010 e riferiti al 2009. Gli investimenti più consistenti in R&S sono state registrati in Svezia (3,75% del PIL), Finlandia (3,73%), Danimarca (2,72%), Austria (2,67%), e Germania (2,63%), mentre quelle più basse sono state rilevate a Cipro (0,46%), in Slovacchia (0,47 %), e in Bulgaria (0,49%). Si segnalano inoltre i dati di Francia, (2,02%), Regno Unito (1,88%) e Spagna (1,35).

[3]    Dati relativi alle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente, diffusi da Eurostat il 29 ottobre 2010 e riferiti al 2009. La percentuale risulta del 43,3% in Francia, del 29,4% in Germania, del 42,5% in Regno Unito e del 39,4% in Spagna.

[4]    Dati relativi al tasso di dispersione scolastica dei ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni, diffusi da Eurostat il 29 ottobre 2010 e riferiti al 2009. La dispersione scolastica risulta alla stessa data pari al 12,3% in Francia, all’1,1% in Germania, al 15,7% nel Regno unito, al 31,2% in Spagna.

[5]    Dati Eurostat riferiti al 2008. Alla stessa data la Germania registrava una percentuale del 18%, la Francia del 23%, il Regno Unito del 15% e la Spagna del 20%.

[6]    Dati Eurostat riferiti al 2008. Alla stessa data la Francia ha ridotto le emissioni del 6,4%, la Germania del22,2% (riduzione superiore all’obiettivo richiesto), il Regno Unito del 18,6%, mentre la Spagna ha registrato un aumento del 42,3%.

[7]    Dati diffusi da Eurostat il 29 ottobre 2010 e riferiti al 2009. A tale data, il numero di persone rischio a povertà ammonta in Francia a 11,4 milioni, in Germania 16,5 milioni, nel Regno Unito a 17,1 milioni e in Spagna a 10,4.

[8]    Cfr. Comunicati mensili ISTAT , Indice della produzione industriale.

[9]    L. 4 marzo 2009, n. 15, Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti.

[10]   L. 18 giugno 2009, n. 69, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.

[11]   D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito con modificazioni da L: 6 agosto 2008, n. 133.

[12]   Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[13]   Per completezza, si ricorda che, con Sentenza n. 200 del 2009, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni dell’art. 64 del D.L. 112/2008 che riguardano il dimensionamento della rete scolastica. La Corte ha evidenziato che esse invadono gli spazi riservati alla potestà legislativa delle Regioni e, di conseguenza, ha escluso la possibilità, per lo Stato, di emanare atti regolamentari.

[14]Le economie sono state quantificate dal medesimo art. 64 del D.L. n. 112/2008 in 456 milioni di euro per il 2009, 1650 milioni di euro per il 2010, 2538 milioni di euro per il 2011, 3188 milioni di euro dal 2012. In seguito, l’art. 8, comma 14, del D.L. n. 78 del 2010 ha disposto che, fermo restando quanto disposto dall’art. 9 in merito al blocco degli incrementi economici per gli anni 2010, 2011 e 2012, le risorse di cui all’art. 64, comma 9, del D.L. n. 112 del 2008 sono comunque riservate al settore scolastico, con le modalità di cui allo stesso comma 9, secondo periodo. Al riguardo si ricorda che la relazione tecnica (riferita al maxiemendamento presentato al Senato) evidenziava che con le modifiche apportate all’art. 9, comma 23 – nel quale è fatto salvo il disposto dell’art. 8, comma 14 – “è possibile utilizzare il 30% delle economie di cui all’art. 64, comma 9, della legge 6 agosto 2008, previa prescritta certificazione delle stesse, per il personale docente e ATA della scuola, ai fini di un graduale sblocco degli scatti di anzianità, congelati per effetto del citato comma 23, mediante compensazione delle correlate economie di spesa”.

[15]   Inoltre, il 12 giugno 2009, il Consiglio dei Ministri ha svolto l'esame preliminare degli schemi di regolamento relativi all’accorpamento delle classi di concorso e alla riorganizzazione dei Centri per l’istruzione degli adulti, quest'ultimo trasmesso alle Camere il 3 marzo 2010 e in corso di esame.

[16]   Si ricorda che, a seguito della riforma, gli istituti tecnici si articolano in 2 settori(a fronte dei precedenti 10) e 11 indirizzi(a fronte di 39), mentre gli istituti professionali si articolano in 2 settori (a fronte di 5)e 6 indirizzi(a fronte di 27). Per entrambi è prevista la possibilità di attivare opzioni legate al mondo del lavoro e al territorio.

[17]   Si ricorda, in proposito, che il 28 luglio 2010 il MIUR ha presentato le Linee di sviluppo del Piano nazionale scuola digitale; nel documento si dà conto dei docenti, degli studenti e delle scuole coinvolti nelle principali iniziative: diffusione di Lavagne interattive multimediali (Piano LIM); modifica degli ambienti di apprendimento (cl@ssi 2.0); recupero, orientamento e reinserimento degli adolescenti (Azione@urora); diritto allo studio degli alunni ospedalizzati (HSH@Network); ricerca educativa, consulenza pedagogico-didattica e formazione del personale della scuola (ANSAS).

[18]  Si ricorda che Il DPCM 25 gennaio 2008, dando attuazione all’art. 1, comma 631, della legge finanziaria 2007 – che ha previsto la riorganizzazione del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore istituito dall’art. 69 della legge n. 144 del 1999 – e all’art. 13, comma 2, del D.L. n. 7/2007 - che ha previsto la configurazione degli istituti tecnici superiori - stabilisce che la riorganizzazione medesima, da realizzare progressivamente a partire dal triennio 2007-2009, comprende tre tipologie di intervento. Si tratta degli istituti tecnici superiori (ITS), dei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) e dei poli tecnico-professionali.

[19]   Si ricorda, a titolo di esempio, che, per arginare il fenomeno dell’abbandono scolastico, l’art. 1-quater del D.L. 25 settembre 2009, n. 134 (Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167) ha disposto che, nell’ambito del Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti (istituito dal D.lgs. n. 76/2005) siano acquisiti da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca i dati utili alla prevenzione della dispersione scolastica in possesso delle scuole.

[20]   Il valore relativo al 2020 è caratterizzato, evidenzia il PNR, da un livello di approssimazione superiore, in quanto dipende da variabili non prevedibili al momento. Pertanto, se ne suggerisce una revisione al 2015.

[21]   http://www.dps.tesoro.it/documentazione/qsn/docs/qsn2007-2013_giu_07.pdf

[22]   http://www.dps.tesoro.it/obiettivi_servizio/descrizione.asp

[23]   http://www.dps.tesoro.it/obiettivi_servizio/istruzione.asp

[24]   Decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.

[25]   http://www.miur.it/Miur/UserFiles/Universita%20Linee%20Guida%20definitive.pdf

[26]   Anche in tal caso, si suggerisce una revisione del valore relativo al 2020 nel 2015.

[27]   In particolare, il PNR indica che 3,8 miliardi sono destinati ad azioni di riforma del sistema e a misure volte a diminuire l’abbandono scolastico, mentre circa 500 milioni sono investiti per le infrastrutture dedicate all’istruzione.

[28]   Pag. 56 del PNR.

[29]   Nell’ambito della programmazione 2007-2013 sono operativi i Programmi nazionali “Ambienti per l’apprendimento” e “Competenze per lo sviluppo”. Il primo, al quale sono destinati euro 495.309.830,00, cofinanziati dallo Stato italiano (50%) e dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), prevede il coinvolgimento circa 4.000 istituti delle regioni Obiettivo Convergenza per la realizzazione di nuovi laboratori tecnologici e didattici e per interventi per l’adeguamento e la sicurezza delle strutture scolastiche, con riguardo anche alla sostenibilità ambientale e al risparmio energetico. Il secondo, al quale sono destinati euro 1.485.929.492,00 cofinanziati dallo Stato italiano (50%) e dal Fondo Sociale Europeo (FSE), prevede il coinvolgimento di circa 4.000 istituti delle regioni Obiettivo Convergenza per la realizzazione di attività di apprendimento degli studenti, interventi di formazione per i docenti, il personale non docente e gli adulti, interventi per l’ampliamento dell’offerta formativa e per azioni di informazione e sensibilizzazione. Sono previsti, inoltre, interventi specifici per la riduzione della dispersione scolastica, il rafforzamento del ruolo della scuola sul territorio, il contrasto all’ illegalità e l‘azione  l’inclusione sociale prevenendo fenomeni di discriminazione. http://archivio.pubblica.istruzione.it/fondistrutturali/documenti/programmi_operativi.shtml.

[30]   Nota MIURAOODGOS prot. n. 10140 /R.U.U del 7 ottobre 2009 http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/d17f8b7a-5e96-4455-93d1-cebd017cf979/prot10140_09.pdf.

[31]    http://www.istruzione.it/getOM?idfileentry=807963.

[32]   Il PNR per il triennio 2005-2007 identificava i seguenti obiettivi strategici: rafforzare la base scientifica del paese; sviluppare il capitale umano per la scienza; intensificare la collaborazione tra sistema pubblico di ricerca e imprese; incrementare il livello tecnologico del sistema produttivo.

[33]   http://www.miur.it/UserFiles/3239.pdf

[34]  Per i soggetti che hanno il periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, il beneficio spetta per le spese sostenute nell’arco temporale compreso tra il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2009.

[35]  Sullo schema di decreto contenente gli enti da inserire nella tabella 2009/2013 (Schema n. 108) la VII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole il 23 settembre 2009.

[36]   L’ultimo bando è stato emanato conDecreto Direttoriale 19 luglio 2010, n.384.

[37]   http://www.retepariopportunita.it/Rete_Pari_Opportunita/UserFiles/news/protocollo_donne_scienza.pdf

 

[38]   La politica di coesione mira a ridurre i divari di sviluppo territoriale degli Stati membri attraverso obiettivi individuati in specifiche aree nelle quali è prevista l'attuazione di un quadro di programmazione pluriennale dei fondi strutturali comunitari. Anche l'Italia ha presentato un quadro di riferimento per la nuova programmazione delle risorse relative al settennio 2007-2013 (il Quadro strategico nazionale), approvato nel luglio 2007 dalla Commissione europea.