Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Riordino del processo amministrativo - Schema di D.Lgs. n. 212 - (art. 44, L. 69,2009) - Schede di lettura e riferimenti normativi
Riferimenti:
SCH.DEC 212/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 192
Data: 18/05/2010
Descrittori:
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA     
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
L N. 69 DEL 18-GIU-09     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Riordino del processo amministrativo

Schema di D.Lgs. n. 212

(art. 44, L. 69/2009)

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

 

 

 

n. 192

 

 

 

18 maggio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

 

 

Alla redazione del presente dossier ha collaborato il Dipartimento Affari costituzionali.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: gi0404.doc


INDICE

Schede di lettura

La norma di delega  3

L’attuazione della delega  6

Il codice del processo amministrativo (Allegato 1)7

§      Libro I (Disposizioni generali)7

§      Libro II (Processo amministrativo di primo grado)21

§      Libro III (Impugnazioni)35

§      Libro IV (Ottemperanza e riti speciali)41

§      Libro V (Norme finali)60

Le norme di attuazione (Allegato 2)61

Le norme transitorie (Allegato 3)63

Le norme di coordinamento e le abrogazioni (Allegato 4)64

Riferimenti normativi

§      R.D. 17 agosto 1907, n. 642 Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.67

§      R.D. 26 giugno 1924, n. 1054. Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato.91

§      L. 6 dicembre 1971, n. 1034. Istituzione dei tribunali amministrativi regionali.110

§      L. 21 luglio 2000, n. 205 Disposizioni in materia di giustizia amministrativa.138

§      L. 18 giugno 2009, n. 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile. (art. 44)146

Documentazione

§      Giunta delle elezioni

Seduta del 22 luglio 2008. Comunicazioni del Presidente sulla questione della competenza sul contenzioso relativo agli atti del procedimento elettorale preparatorio  151

 

 


Schede di lettura

 


 

La norma di delega

L’articolo 44 della legge n. 69 del 2009 reca una delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo.

Il termine per l’esercizio della delega è di un anno dall’entrata in vigore della legge (scade quindi il 4 luglio 2010).

 

Finalità della delega è l’adeguamento della disciplina del processo davanti ai TAR e al Consiglio di stato alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori (e il coordinamento con la disciplina del processo civile), nonché la concentrazione delle cautele(comma 1).

L’art. 44 prevede l’adeguamento della legislazione delegata ai principi direttivi generali (art. 20, comma 3) della “legge Bassanini 1” (L. 59/1997) in quanto applicabili e individua i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

§         assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela per garantire la durata ragionevole del processo anche grazie al ricorso all’informatizzazione delle procedure, la razionalizzazione dei termini e l’estensione delle funzioni istruttorie monocratiche nonché l’individuazione di  misure volte allo smaltimento dell’arretrato;

§         disciplinare azioni e funzioni del giudice riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione amministrativa e i casi di giurisdizione estesa anche al merito, nonché la disciplina dei termini di decadenza e prescrizione delle azioni e la tipologia dei provvedimenti giudiziali, nonché prevedendo le pronunce idonee a soddisfare le pretese della parte vittoriosa;

§         riordinare e razionalizzare i riti speciali e le materie in cui si applicano;

§         unificare e razionalizzare la disciplina del processo amministrativo sul contenzioso elettorale, introducendo anche la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni;

§         unificare e razionalizzare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini;

§         riordinare la tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam, nonché il procedimento cautelare davanti al giudice amministrativo in caso di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, prevedendo: l’impossibilità di trattare la domanda interinale prima della presentazione della richiesta di udienza da parte del ricorrente; in caso di istanza cautelare ante causam, la perdita di efficacia della tutela interinale concessa in caso di mancata notifica nei termini del ricorso introduttivo del giudizio (e dell’istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito), o comunque nei 60 giorni dall’istanza cautelare; nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l’impossibilità di revocare l’istanza di fissazione di udienza e la celebrazione dell’udienza di merito entro un anno;

§         riordinare il sistema delle impugnazioni, individuando le disposizioni applicabili, mediante rinvio a quelle del processo di primo grado, e disciplinando la concentrazione delle impugnazioni, l’effetto devolutivo dell’appello, la proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni.

Il comma 3 prevede l’abrogazione espressa delle disposizioni riordinate o incompatibili, e richiede un opportuno coordinamento con le disposizioni non abrogate; in ogni caso, viene fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle preleggi.

 

L’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale prevede, oltre che l’abrogazione espressa di una legge, anche l’abrogazione tacita per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore.

 

Il comma 4 dell’art. 44 disciplina la procedura di adozione dei decreti delegati. La disposizione prevede l’adozione dei decreti legislativi, su proposta del Presidente del Consiglio e con il parere del Consiglio di Stato e delle commissioni parlamentari competenti (entrambi da rendere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali i decreti possono essere comunque emanati). Il medesimo comma consente al Governo di delegare al Consiglio di Stato la stesura dell’articolato ai sensi dell’articolo 14, n. 2°, del TU sul Consiglio di stato (R.D. 26 giugno 1924 n. 1054). A tal fine, il Consiglio di Stato può utilizzare magistrati di tribunale amministrativo regionale, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato e non è richiesto il parere del Consiglio di stato. La norma precisa la totale gratuità dell’attività di tali soggetti.

Il medesimo comma 4 reca inoltre la delega per l’emanazione dei decreti correttivi (entro 2 anni dall’entrata in vigore della legislazione delegata), richiamando a tal fine procedure, principi e criteri direttivi previsti per l’emanazione dei decreti originari.

Il comma 5 reca la clausola di invarianza degli oneri; infine il comma 6 dell’art. 45, novellando l’art. 1, comma 309, della legge finanziaria 2005 (L. 311 del 2004) prevede che il maggior gettito derivante dalla revisione della disciplina del contributo unificato per spese di giustizia possa essere utilizzato anche per l’incremento dei fondi necessari al Ministero dell’economia – oltre che per il funzionamento di TAR e Consiglio di stato – anche per l’incentivazione di progetti speciali per lo smaltimento dell’arretrato e per il miglior funzionamento del processo amministrativo.


 

L’attuazione della delega

In attuazione della delega è stato trasmesso alle commissioni parlamentari competenti l’A.G. n 212. Il termine per l’espressione del parere da parte della Commissione giustizia scade il 18 giugno.

Per la redazione dello schema di decreto legislativo il Governo si è avvalso della facoltà di delegare al Consiglio di Stato la stesura dell’articolato ai sensi del sopra richiamato articolo 14, n. 2°, del TU sul Consiglio di stato.

 

Come evidenziato nella relazione illustrativa, è stata istituita una commissione speciale a composizione mista, che ha registrato la presenza di consiglieri di Stato, magistrati di TAR, magistrati della Cassazione, un rappresentante dell’Avvocatura dello Stato ed esponenti del mondo accademico e forense. La Commissione ha acquisito i pareri del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, delle associazioni rappresentative dei magistrati amministrativi, del Consiglio nazionale forense, dell’Organismo unitario dell’avvocatura, dell’Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, dell’Associazione degli studiosi del processo amministrativo e della Società italiana degli avvocati amministrativisti.

 

Lo schema trasmesso consta di due articoli:

§         l’articolo 1 reca l’approvazione del codice del processo amministrativo (allegato 1), delle norme di attuazione (allegato 2), delle norme transitorie (allegato 3) e delle norme di coordinamento e delle abrogazioni (allegato 4);

§         l’articolo 2 fissa la data di entrata in vigore del provvedimento al 16 settembre 2010.

 

In relazione alla clausola di invarianza degli oneri, contenuta nel comma 5 della norma di delega, il provvedimento è munito del visto della Ragioneria generale dello Stato.


Il codice del processo amministrativo (Allegato 1)

L’Allegato 1 reca il Codice del processo amministrativo, con la duplice finalità:

§         di semplificazione normativa, attraverso l’inserimento in un unico testo di disposizioni, anche risalenti, sparse in una pluralità di fonti;

§         di sistemazione complessiva della materia anche attraverso interventi di natura innovativa.

 

Come precisato nella relazione illustrativa il codice fa propri i principi generali del codice di procedura civile (rinviando anche a specifiche disposizioni del medesimo) e, nei casi in cui il processo amministrativo presenta peculiarità specifiche, detta regole autonome.

 

Libro I (Disposizioni generali)

Il Libro I si compone di cinque titoli, rispettivamente relativi a:

§         i principi e gli organi della giurisdizione amministrativa (Titolo I);

§         le parti e i difensori (Titolo II);

§         le azioni e le domande (Titolo III);

§         le pronunce giurisdizionali (Titolo IV);

§         le disposizioni di rinvio (Titolo VI).

 

Principi generali, giurisdizione e competenza

Per quanto riguarda i principi generali, si segnalano:

§         il richiamo, oltre che ai principi costituzionali, anche ai principi del diritto europeo. La relazione illustrativa spiega che per “principi del diritto europeo” devono intendersi non solo i principi del diritto comunitario, ma anche quelli derivanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo;

 

Sul punto, occorre valutare l’opportunità di esplicitare il riferimento ai principi del diritto europeo, sostituendolo con quello ai principi del diritto dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa, nel cui ordinamento è incardinata la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

 

§         l’esplicitazione del principio costituzionale del giusto processo, da cui deriva il richiamo ai principi della parità delle parti, del contraddittorio, della motivazione degli atti e della ragionevole durata del processo;

§         come ulteriore corollario della ragionevole durata e in ossequio al principio dell’economia dei mezzi processuali, l’espressa previsione della redazione degli atti di parte e del giudice in modo sintetico.

 

Con riferimento alla giurisdizione, il criterio di delega si limita a prevedere il riordino delle norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni.

 

Per quanto riguarda gli organi, il codice specificamente disciplina la composizione dei collegi giudicanti dei TAR e del Consiglio di Stato, con norme che sostanzialmente riprendono la disciplina vigente (artt. 10 della legge TAR n. 1034 del 1971 e dagli articoli 1 e 5 della legge n. 186 del 1982) e rinviano allo statuto speciale e alle relative norme di attuazione per la disciplina del TAR Trentino-Alto Adige e per la disciplina dell’appello avverso le pronunce del TAR Sicilia innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

 

Il TAR del Trentino, che ha anche un’autonoma sezione per la provincia di Bolzano, è disciplinato dagli articoli 78 ss. dello statuto speciale (l. cost. n. 5 del 1948). Il D.P.R. n. 426 del 1984 reca la relativa disciplina attuativa. Il d.lgs. n. 373 del 2002 reca la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Siciliana.

 

Il provvedimento reca un’espressa definizione della giurisdizione del giudice amministrativo ed enuclea il contenuto dei tre diversi tipi di giurisdizione; generale di legittimità, esclusiva e di merito (art. 7).

-       Alla giurisdizione di legittimità sono attribuite le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle P.A., comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma.

 

Con riferimento al profilo della giurisdizione rispetto a domande di risarcimento introdotte in via autonoma, la disposizione riprende i principi espressi da Corte cost. n. 191 del 2006 (nella quale ha affermato testualmente che “i principi impongono di escludere che, per ciò solo che la domanda proposta del cittadino abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno, la giurisdizione competa al giudice ordinario”).

Sul punto, si richiama un recente orientamento espresso dalle SS.UU. della Cassazione (sent. n. 1207 del 2006), secondo cui il riferimento contenuto nell’articolo 7, terzo comma, della legge TAR[1] al risarcimento del danno alla stregua di diritto patrimoniale consequenziale consentirebbe di distinguere tra le ipotesi nelle quali il diritto al risarcimento del danno è diritto consequenziale all’annullamento di un provvedimento amministrativo (ed è pertanto attribuito alla giurisdizione del giudice amministrativo) e le fattispecie nelle quali il tale diritto non ha carattere consequenziale, in quanto cagionato non da un provvedimento ma da un mero comportamento (attribuite invece al giudice ordinario).

 

Il riferimento alle domande per il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi introdotte in via autonoma va tuttavia coordinato con l’articolo 30 (su cui infra) che limita l’ammissibilità dell’azione volta al risarcimento del danno in via autonoma (ovvero indipendentemente dalla richiesta di annullamento dell’atto ritenuto illegittimo) alle materie di giurisdizione esclusiva e ai casi di cui al medesimo articolo 30.

 

-       nelle materie di giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo conosce, pure a fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi. L’articolo 133 definisce tali materie, sia riprendendo i casi previsti dalle disposizioni vigenti, sia introducendo ulteriori specifiche ipotesi di giurisdizione esclusiva.

 

La definizione delle materie di giurisdizione esclusiva

Le materie di giurisdizione esclusiva sono indicate nell’articolo 133 (nell’ambito del Libro V, recante le Norme finali). La relazione illustrativa segnala che – oltre al recepimento delle ipotesi di giurisdizione esclusiva contemplate da altri testi normativi – sono state introdotte anche le seguenti novità:

- affermazione della portata generale della giurisdizione esclusiva sui provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia, dalla Consob e da altre autorità di regolazione e vigilanza (Autorità garante della concorrenza e del mercato, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Autorità per l’energia elettrica e il gas, altre autorità istituite ai sensi della legge n. 481 del 1995, Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, Commissione vigilanza sui fondi pensione, Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della PA, ISVAP) (art. 133, comma 1, lett. j).

Relativamente a Banca d’Italia e Consob, il T.U. bancario (art. 145) e il T.U. intermediazione finanziaria (art. 195), attribuiscono alla giurisdizione ordinaria le controversie sulle sanzioni in materia creditizia e mobiliare.

 

- attribuzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per le determinazioni relative agli effetti sul contratto della pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione.

Sul punto, si ricorda che il nuovo articolo 245-ter del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), introdotto in attuazione della “direttiva ricorsi”, ha attribuito tale materia al giudice amministrativo, in tal modo risolvendo un lungo contrasto tra autorità giudiziaria ordinaria e autorità giudiziaria amministrativa (art. 133, comma 1, lett. e);

 

- in materia di espropriazione per pubblica utilità, l’esplicitazione secondo la quale la giurisdizione amministrativa opera soltanto per le controversie riguardanti atti e comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di un pubblico potere (ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione dell’indennità).

Tale precisazione recepisce l’indicazione della Corte costituzionale, che, nella sentenza n. 191 del 2006, aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 53, comma 1, del T.U. espropriazioni, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «i comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati», non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.

 

La disposizione non ha carattere esaustivo, facendo salve le ulteriori previsioni di legge. Tra queste si segnala la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per i ricorsi per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici (cd. class action amministrativa prevista dal d.lgs. n. 198 del 2009).

 

Siricorda che la disciplina della class action amministrativa, nella bozza predisposta dalla Commissione speciale del Consiglio di stato, era inglobata all’interno del codice.

 

-       nell’esercizio della giurisdizione di merito, il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione. Le materie nelle quali la giurisdizione è estesa al merito sono contemplate dall’articolo 134, che opera un ridimensionamento delle medesime rispetto alla disciplina vigente. La norma di delega reca infatti uno specifico criterio nel senso del riordino dei casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non più coerenti con l’ordinamento vigente (art. 44, comma 2, lett. b), n. 2);

 

La giurisdizione di merito

L’articolo 134 del codice attribuisce al giudice amministrativo la cognizione estesa al merito, oltre che in relazione al giudizio di ottemperanza, nelle seguenti materie:

- atti ed operazioni in materia elettorale attribuiti alla giurisdizione amministrativa;

- contestazione di sanzioni pecuniarie, comprese quelle applicate dalle autorità amministrative indipendenti; la previsione si spiega in ragione dell’esigenza di uniformare la natura della giurisdizione rispetto alle sanzioni irrogate da tali autorità, a fronte peraltro di orientamenti giurisprudenziali non univoci[2].

- contestazioni sui confini degli enti territoriali.

 

Si segnala che rispetto alla bozza di schema di decreto elaborata dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato non sono ricomprese nelle materie di giurisdizione di merito le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d’igiene pubblica e dell’abitato.

 

Nella normativa vigente, in virtù del richiamo contenuto nell’articolo 7 legge TAR, i casi nei quali opera tale tipo di giurisdizione sono specificamente indicati dall'articolo 27 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, e dall'articolo 1 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1058.

 

Con riferimento alla disciplina delle questioni di giurisdizione, si segnalano le seguenti importanti novità:

§      vengono recepite le indicazioni della giurisprudenza della Cassazione in materia di cd. giudicato implicito sulla giurisdizione, da cui derivano limiti alla rilevazione del difetto di giurisdizione nei giudizi di impugnazione. In particolare, in primo grado il difetto di giurisdizione è rilevabile anche d’ufficio; nei giudizi di impugnazione è rilevato solo se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione (art. 9).

 

Cass., SS.UU., 9 ottobre 2008, n. 24883, fornendo un’interpretazione restrittiva dell’art. 37 c.p.c., ha affermato che la questione di giurisdizione non è più sollevabile dalle parti o d’ufficio se nei precedenti gradi di giudizio non si sia posto il problema in modo esplicito; ciò in quanto si formerebbe un giudicato interno sulla questione di giurisdizione, anche in ragione di principi di economia processuale e di ragionevole durata del giudizio. 

 

§      viene affermato il principio della translatio iudicii, da cui deriva che la domanda giudiziaria proposta innanzi ad un giudice privo di giurisdizione conserva i suoi effetti sostanziali e processuali presso il giudice munito della giurisdizione (art. 11). Si prevede, inoltre, la possibilità per il giudice di concedere la rimessione in termini per errore scusabile rispetto alle preclusioni e alle decadenze intervenute e l’efficacia delle misure cautelari adottate dal giudice privo della giurisdizione per un tempo non superiore a 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione.

 

Tale principio, anticipato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2007, è stato esplicitamente affermato dall’articolo 59 della legge n. 69 del 2009, avente portata generale e riferito anche al giudice amministrativo.

 

La proponibilità della domanda di regolamento preventivo di giurisdizione (art. 10) e la previsione della compromettibilità delle controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva (art. 12) riprendono la normativa vigente (rispettivamente, art. 30 l. TAR e art. 6, l. 205 del 2000).

 

Con riferimento alla disciplina dei criteri di individuazione della competenza, si segnala che:

§      ai fini della determinazione della competenza per territorio (oggi disciplinata dagli artt. 2 e 3 della legge TAR), viene confermato il criterio della sede dell’organo o dell’ente che ha emanato l’atto e rafforzato quello dell’efficacia territoriale dell’atto (criterio ritenuto prioritario secondo l’orientamento prevalente) (art. 13);nel caso quindi di atti aventi efficacia limitata alla circoscrizione di un TAR è competente quest’ultimo rispetto al TAR della circoscrizione in cui ha sede l’amministrazione.

 

Una delle ragioni della disposizione è individuata nella relazione nell’esigenza di evitare di accrescere oltremodo il carico del TAR Lazio, sede di Roma, sul quale graverebbero tutte le controversie aventi ad oggetto l’attività delle amministrazioni aventi sede nella capitale.

 

§      sono individuati i casi di competenza inderogabile (art. 14) in particolare del TAR Lazio, sede di Roma (per le controversie indicate dall’articolo 135), e del TAR Lombardia, sede di Milano (per le controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas).

 

La competenza inderogabile del TAR Lazio

L’art. 135 elenca le ipotesi di competenza inderogabile del TAR Lazio sede di Roma (l’Allegato 4 provvede alle conseguenti abrogazioni), facendo tuttavia salve ulteriori previsioni di legge[3].

 

Preliminarmente, si segnala alla lettera d) un errore meramente materiale (andrebbe sostituito il riferimento all’art. 136 con quello all’art. 133).

 

Ha portata innovativa l’attribuzione alla competenza del TAR Lazio delle controversie:

- relative al rapporto di lavoro del personale del DIS, dell’AISI e dell’AISE;

- in materia di rimozione di amministratori locali e di scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose ai sensi del T.U. enti locali.

Tali controversie non erano contemplate nella bozza di codice elaborata dalla Commissione speciale.

 

Con riferimento alla disciplina delle questioni di competenza, si segnala:

§      la rilevabilità d’ufficio in sede cautelare dell’incompetenza; se il TAR non ritiene sussistente la propria competenza, non provvede sulla domanda e, con ordinanza, richiede d’ufficio il regolamento di competenza, indicando il tribunale che ritiene competente; nelle more del regolamento, il giudice può provvedere sulle domande cautelari (art. 15).

 

Una disposizione analoga è contenuta nell’articolo 245, comma 2-quater (vedi art. 120 del codice), del codice dei contratti pubblici (da ultimo modificato dal d.lgs. n. 53 del 2010), che prevede che la competenza territoriale del tribunale amministrativo regionale è inderogabile e il relativo difetto è rilevato, anche d'ufficio, prima di ogni altra questione, e pronunciato, con ordinanza in sede di primo esame della domanda cautelare ovvero, in mancanza di questa, nella prima udienza di merito.

 

§      in materia di regolamento di competenza (art. 15), rispetto all’attuale disciplina contenuta nell’articolo 31 legge TAR: l’allungamento dei termini per proporre istanza di regolamento (sei mesi dalla notificazione dell’atto contenente la domanda, in luogo dei venti giorni dalla costituzione in giudizio[4]); l’eliminazione, al fine indicato nella relazione illustrativa di rendere più celere la definizione della questione di competenza, della sommaria delibazione del regolamento di competenza da parte del TAR[5]; viene confermata la possibilità per le altre parti di aderire all’istanza: in tal caso il Consiglio di Stato dichiara estinto il procedimento incidentale e il presidente del TAR ordina la trasmissione del fascicolo al giudice adito.

§      l’introduzione di una disciplina specifica rispetto ai casi di competenza inderogabile indicati dall’art. 14: rilevabilità del difetto di competenza anche d’ufficio in primo grado e, in appello, solo se se dedotto con uno specifico motivo; impugnabilità con il regolamento di competenza dell’ordinanza del giudice che dichiara la propria incompetenza nel termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione.

 

I soggetti e le parti del processo amministrativo

Per quanto riguarda il giudice, come nella normativa vigente, il codice fa rinvio al codice di procedura civile per la disciplina delle cause di astensione e ricusazione e detta una disciplina specifica della domanda di ricusazione (artt. 17 e 18). Quest’ultima in particolare prevede un sommario esame da parte del collegio investito della controversia (all’esito del quale, se l’istanza viene ritenuta inammissibile o manifestamente infondata, può essere disposta la prosecuzione del giudizio) e l’esclusione della partecipazione del giudice ricusato al collegio che decide sull’istanza (al fine, indicato nella relazione illustrativa, di attuare i principi del giusto processo).

 

La disciplina vigente è contenuta negli articoli 47 e ss. del r.d. n. 642 del 1907 (recante il Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato).

 

Per quanto riguarda gli ausiliari del giudice:

§      viene dettata una specifica disciplina dei verificatori e dei consulenti tecnici del giudice (art. 19). Con riguardo a questi ultimi, si prevede il ricorso ai medesimi se indispensabile, si fa rinvio all’albo dei consulenti tecnici indicato nell’art. 13 disp. att. c.p.c. (anche se si precisa che l’incarico di consulenza può essere affidato anche a soggetti non iscritti aventi specifiche competenze tecniche) e si detta una disciplina analoga a quella del processo civile in materia di obbligo di assumere l’incarico e di ricusazione del consulente (art. 20).

 

La disciplina delle verificazioni e delle consulenze tecniche è contenuta nell’art. 44 del T.U. Consiglio di Stato (r.d. n. 1054 del 1924); la verificazione, assai poco utilizzata nella pratica, viene compiuta da funzionari amministrativi. Essa rappresenta un mezzo di prova a contenuto indeterminato che si può risolvere in accertamenti tecnici o in un’indagine di fatto; la consulenza tecnica, introdotta dalla legge n. 205 del 2000, consiste in un accertamento peritale disposto d’ufficio dal giudice.

Con riferimento alla scelta dei consulenti tecnici, che in base al provvedimento in esame, può avvenire anche al di fuori dell’Albo, si ricorda che nel processo civile l’art. 61 c.p.c. prevede che essa debba essere “normalmente” fatta tra persone iscritte all’albo.

 

§      la definizione come “ausiliario del giudice” del commissario ad acta,  nominato dal giudice (nell’ambito della giurisdizione di merito, e in particolare del giudizio di ottemperanza) allorché il giudice medesimo deve sostituirsi all’amministrazione (art. 21). Tale espressa qualificazione è volta a superare un contrasto giurisprudenziale in merito alla natura di tale figura: secondo la tesi maggioritaria, il commissario è un organo ausiliario del giudice; secondo altra tesi, è invece qualificabile come organo straordinario dell’amministrazione. La diversa qualificazione della figura incide in concreto sul regime di impugnazione dei relativi atti: secondo la prima interpretazione, essi sono impugnabili con reclamo al giudice dell’ottemperanza; secondo la seconda interpretazione, invece, seguendo la stessa sorte dei provvedimenti emanati dall’amministrazione, sono impugnabili secondo la procedura ordinaria.

 

Per la prima tesi, cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 30 agosto 2001, n. 4583; per la seconda tesi, Cons. di Stato, Sez. VI, 24 marzo 1988, n. 353.

 

Con riferimento alle parti e ai difensori:

§      è confermata la necessità nei giudizi amministrativi dell’assistenza di un avvocato (ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori per i giudizi innanzi al Consiglio di Stato)[6], salvo le ipotesi (che riprendono la normativa vigente), nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente (artt. 22 e 23);

§      la specificazione secondo la quale la procura alle liti comprende anche quella per proporre motivi aggiunti e ricorso incidentale, salvo che sia diversamente disposto (art. 24).

 

Tale previsione conferma l’orientamento giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, 21 giugno 2007 n. 3331), che ricomprende nell’ambito della procura originaria la possibilità di attivare tutti i poteri processuali necessari a rimuovere le illegittimità che hanno determinato la lesione per la quale è stata richiesta la tutela giurisdizionale nell’ambito della procura conferita dagli interessati.

 

§      in materia di spese processuali, viene confermato il rinvio alla disciplina del processo civile[7] e introdotta la possibilità di condanna della parte soccombente al pagamento di una somma determinata in via equitativa, nel caso in cui la decisione sia fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati.

 

Il principio del contraddittorio

In materia di costituzione e di integrazione del contraddittorio, il codice riprende la disciplina vigente[8], con l’esplicitazione che, nelle more dell’integrazione, il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali.

 

Come specificato nella relazione illustrativa, la disciplina proposta va letta in connessione con quella contenuta nel Libro II, che per l’azione di annullamento prevede, a pena di decadenza, la notificazione del ricorso ad almeno un controinteressato, nel termine fissato per la proposizione dell’azione (art. 41). La procedura per l’integrazione del contraddittorio è contenuta nell’articolo 49.

 

In materia di intervento di terzi nel processo, si segnala l’introduzione di una forma di intervento per ordine del giudice, azionabile anche su istanza di parte quando il giudice ritenga opportuno che il processo si svolga anche nei confronti di un terzo (art. 28 e artt. 50 e 51).

 

La disciplina vigente si limita a prevedere la possibilità per chi ha interesse nella contestazione di intervenire (art. 22 della legge TAR, che per gli aspetti procedurali rinvia all’art. 37 reg. proc. Cons. Stato; in particolare l’articolo 50 reg. proc. prevede che l'intervento abbia luogo nello stato in cui si trova la contestazione).

Nel processo civile l’intervento per ordine del giudice è previsto dall’art. 107 c.p.c., del quale si è ammessa l’applicazione anche al processo amministrativo (Cons. stato, IV sezione, 20 maggio 1996, n. 655); non sono tuttavia mancate nella giurisprudenza amministrativa posizioni più restrittive (TAR Toscana, 11 luglio 2000, n. 1609, secondo il quale l'applicazione della norma processual-civilistica dell'art. 107 c.p.c., in considerazione delle peculiarità del processo giurisdizionale amministrativo, è ammessa solo in presenza di cause inscindibili in cui si ravvisa il ricorrere di un litisconsorzio necessario).

Le azioni (artt. 29-32)

La norma di delega stabilisce, nell’ambito del riordino della disciplina delle azioni, l’introduzione di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa (art. 44, comma 2, lett. b), n. 4).

Il codice disciplina l’azione di annullamento, l’azione di condanna e l’azione verso il silenzio, ma non prevede esplicitamente pronunce di tipo dichiarativo.

 

Occorre valutare la conformità della mancata disciplina di pronunce di tipo dichiarativo con il sopra richiamato criterio di delega.

 

In giurisprudenza, si ritiene possibile per l’interessato agire innanzi al giudice amministrativo per ottenere una sentenza di accertamento, anche al di fuori della giurisdizione esclusiva.

Il Codice elaborato dalla Commissione speciale presso il Consiglio di Stato contemplava anche l’azione di accertamento (volta all’accertamento dell’esistenza o meno di un rapporto giuridico contestato, con l’adozione delle conseguenti pronunce dichiarative, azione sostanzialmente ritenuta possibile in sede giurisprudenziale), oltre che l’azione di adempimento (da proporre contestualmente con quella di annullamento o avverso il silenzio della PA con cui chiedere la condanna dell’amministrazione all’emanazione del provvedimento) ed esecutiva (per l’attuazione delle pronunce esecutive e di quelle coperte da giudicato riconducibile all’azione di ottemperanza nonché l’azione cautelare). Nell’ambito del Titolo V, la bozza di codice inoltre disciplinava la class action amministrativa di cui al d.lgs. n. 198 del 2009, che veniva conseguentemente abrogato.

 

In linea generale, il codice conferma l’abbandono dell’attuale sistema basato prevalentemente sulla tradizionale tecnica autorevolmente definita “di tipo demolitorio (l’annullamento dell’atto amministrativo impugnato), peraltro sempre più finalizzata al ripristino della situazione lesa, cioè resa sempre più effettiva dalla giurisprudenza in materia di ottemperanza, ovvero l’azione di annullamento”[9]. All’azione di annullamento viene infatti affiancata l’azione diretta ad ottenere il risarcimento del danno (già ammessa dalla riforma introdotta con la legge 205/2000), sganciata entro certi limiti (v. infra) dalla cd. pregiudiziale amministrativa (ovvero il necessario previo annullamento della determinazione amministrativa per potere invocare il risarcimento del danno).

 

Nello specifico:

§      l’azione di annullamento, avente natura costitutiva, è volta all’annullamento dell’atto ritenuto illegittimo per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere (art. 29);

§      l’azione di condanna – affidata in via esclusiva al giudice amministrativo – è diretta ad ottenere il risarcimento del danno ingiusto (anche, eventualmente, attraverso la reintegrazione in forma specifica) per lesione di interessi legittimi ovvero, nel caso di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi (art. 30).

Con specifico riferimento ai danni cagionati da provvedimenti (e non da meri comportamenti), il codice ammette l’azione di condanna anche in via autonoma (ovvero indipendentemente dalla richiesta di annullamento dell’atto ritenuto illegittimo); esso tuttavia limita tale principio, attraverso la precisazione che tale possibilità riguarda esclusivamente le materie di giurisdizione esclusiva e i casi di cui al medesimo articolo 30.

Con riferimento specifico all’azione di risarcimento per lesione di interessi legittimi, in particolare:

§      l’azione è assoggettata ad un termine di decadenza breve, stabilito in 120 giorni (180, nel testo della Commissione speciale) dal giorno in cui si è verificato il fatto o dalla conoscenza del provvedimento (se il danno deriva direttamente da questo);

§      il giudice esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’impugnazione nel termine di decadenza, degli atti lesivi illegittimi.

 

Da un punto di vista della formulazione, andrebbe esplicitato il riferimento ai “casi di cui al presente articolo”, che, in realtà, sembra più che altro riguardare le condizioni previste dall’articolo 30.

 

Il testo della Commissione speciale prevedeva, invece, in termini generali, che “L’azione di condanna può essere proposta contestualmente ad ogni altra azione o in via autonoma”, fissava un termine di decadenza più lungo (180 giorni) per l’azione volta al risarcimento dei danni da violazione dell’interesse legittimo e stabiliva la discrezionalità del giudice nel decidere se escludere il risarcimento dei “danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esercizio dei mezzi di tutela o l’invito all’autotutela”.

Nell’ambito della disciplina vigente, si richiamano gli orientamenti giurisprudenziali sulla cd. “pregiudiziale amministrativa”: mentre la giurisprudenza amministrativa prevalente ritiene inammissibile la domanda risarcitoria senza previa o contestuale proposizione dell’azione diretta all’annullamento del provvedimento (Cons, stato, Ad. plen., 22 ottobre 2007, n. 12), le Sezioni unite della Corte di cassazione  respingono la tesi della pregiudiziale (in particolare, sentenza n. 30254 del 2008). Ad avviso delle SS.UU. “ammettere la necessaria dipendenza del risarcimento dal previo annullamento dell’atto illegittimo e dannoso, anziché dal solo accertamento della sua illegittimità significherebbe restringere la tutela che spetta al privato di fronte alla pubblica amministrazione” e conseguentemente si porrebbe in contrasto con l’art. 24 Cost.

 

-          l’azione avverso il silenzio dell’amministrazione (art. 31): rispetto alla disciplina vigente (art. 2, comma 8, legge 241/1990 e art. 21-bis legge TAR), viene precisato che l’azione è attivabile da “chi vi ha interesse” (quindi, non solo dal richiedente l’atto alla PA silenziosa) e viene circoscritta la competenza del giudice a conoscere della fondatezza della pretesa dedotta in giudizio (solo quando si tratta di attività vincolata o mancano ulteriori margini di discrezionalità e non necessitano adempimenti istruttori obbligatori per la P.A.).

 

L’articolo 2 della legge 241/1990 prevede, invece, che “il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza”.

Le pronunce giurisdizionali

Con riferimento alle pronunce giurisdizionali, viene confermata l’esecutività delle sentenze di primo grado (art. 33; nella normativa vigente cfr. art. 33 legge TAR).

 

Tra le novità recate dal codice, in particolare con riferimento alle sentenze di merito, si segnalano:

§      l’affermazione del principio generale secondo il quale il giudice può pronunciarsi solo in relazione a poteri amministrativi già esercitati;

 

La relazione illustrativa spiega l’esclusione della possibilità per il giudice di pronunciarsi in relazione a poteri amministrativi non ancora esercitati in ragione dell’esigenza di “evitare domande dirette ad orientare l’azione amministrativa pro futuro, con palese violazione del principio della divisione dei poteri”.

§      nel caso in cui, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulti più utile per il ricorrente, l’accertamento dell’illegittimità dell’atto solo se permane un interesse a fini risarcitori.

§      in caso di condanna pecuniaria, la possibilità per il giudice di stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un certo termine e, nel caso di mancata conclusione di un accordo o di inadempimento del medesimo, la possibilità di attivare il giudizio di ottemperanza.

 

Tale previsione riprende l’articolo 35, comma 2, del d.lgs. n. 80 del 1998 (abrogato dall’allegato 4), applicabile alle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la cui ragione risiede nella difficoltà, in taluni casi, di quantificazione dei danni patiti per effetto di atti o comportamenti di P.A. o gestori di pubblici servizi. Rispetto alla formulazione di tale ultima disposizione si prevede l’attivazione del giudizio di ottemperanza non soltanto nel caso di mancata conclusione dell’accordo, ma anche di inadempimento del medesimo.

 

§      l’esplicita inclusione della cessata materia del contendere tra le sentenze di merito (le altre cause di estinzione del processo – mancata prosecuzione o riassunzione del processo nel termine; perenzione; rinuncia – vengono invece accertate con pronunce di rito).

 

L’attuale art. 26 della legge TAR prevede invece che anche tale causa di estinzione del processo sia accertata con decreto. La relazione illustrativa collega la nuova previsione al fatto che la cessazione della materia del contendere contiene un accertamento di merito della soddisfazione della pretesa azionata. Il codice non sembra avere recepito l’orientamento giurisprudenziale che distingue dalla cessazione della materia del contendere dalla sopravvenuta carenza di interesse, che opererebbe quale autonoma causa di estinzione del processo; essa non atterrebbe al merito ma inciderebbe su un mero presupposto processuale (l’interesse a ricorrere), impedendo il passaggio al merito stesso.

 

Rimessione in termini

 

Il codice reca un’espressa e generale disciplina dell’istituto della rimessione in termini per errore scusabile, per la cui applicazione richiede la presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o gravi impedimenti di fatto. (art. 37).

 

La normativa vigente prevede ipotesi particolari di rimessione in termini (artt. 34 e 36 T.U. Consiglio di Stato; art. 34 legge TAR, riferiti al ricorso proposto contro atto non definitivo, vizi della notifica all’amministrazione e ricorso proposto innanzi a giudice incompetente). La giurisprudenza, tuttavia, applica l’istituto della rimessione in termini come rimedio di carattere generale, con riferimento non solo a vizi della notifica, ma anche ad altri adempimenti processuali (come il deposito del ricorso).

 

Ulteriori disposizioni

 

Il codice contiene due disposizioni di portata generale che rispettivamente operano:

§      il rinvio interno al Libro II del medesimo codice del processo amministrativo, per la disciplina del processo amministrativo; tale disciplina, se non espressamente derogata, si applica anche alle impugnazioni e ai riti speciali (art. 38).

Tra i criteri di delega nel riordino del sistema delle impugnazioni, l’art. 44, comma 2, lett. g) prevede l’individuazione delle disposizioni applicabili, mediante rinvio a quelle del processo di primo grado.

 

§      il rinvio esterno alle disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali, con l’ulteriore precisazione dell’applicabilità alle notificazioni del codice di procedura civile e delle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile (art. 39).


Libro II (Processo amministrativo di primo grado)

 

Il Libro II, che disciplina il processo amministrativo di primo grado, è articolato in 9 titoli per un totale di 51 articoli (artt.40-90).

La norma di delega prevede, al comma 2, lett. a), che sia assicurata la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche, nonché la razionalizzazione dei termini processuali, l’estensione delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e l’individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell’arretrato.

 

In relazione alla disciplina processuale, le norme di attuazione della delega relative al ricorso a procedure informatiche e telematiche edall’adozione di misure volte all’eliminazione dell’arretrato sono contenute, rispettivamente, negli allegati 2 (art. 13) e 3 (art. 1).

Il ricorso

Nell’ambito dei titolo I (Disposizioni generali) una prima novità attiene al contenuto minimo del ricorso al TAR (art. 40).

Attualmente i requisiti dell’atto introduttivo del giudizio sono individuati attraverso il rinvio che l’articolo 19 della legge TAR opera alle norme procedurali dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato (art. 35 TU 1054/1924 e artt. 6 e ss. del relativo regolamento, RD 642/1907).

 

In particolare, l’art. 6 del RD 642/1907 stabilisce che il ricorso, diretto alla sezione giurisdizionale competente, deve contenere:

1) la indicazione del nome e cognome, della residenza o domicilio del ricorrente;

2) la indicazione dell'atto o provvedimento amministrativo che s'impugna e della data della sua notificazione;

3) la esposizione sommaria dei fatti, i motivi su cui si fonda il ricorso, con la indicazione degli articoli di legge o di Regolamento che si ritengono violati e le conclusioni;

4) la sottoscrizione delle parti o di una di esse e dell'avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione, ovvero del solo avvocato, indicandosi, in questo caso, la data del mandato speciale.

 

Tra i nuovi elementi necessari del ricorso si segnalano l’indicazione dei mezzi di prova nonché i provvedimenti che si chiedono al giudice.

Rispetto alla disciplina vigente, invece l’indicazione dell’atto impugnato è eventuale (il ricorrente potrebbe chiedere il solo risarcimento del danno ai sensi del precedente articolo 30).

Quali ulteriori elementi di novità, si segnalano:

-     la differenziazione dei termini per ricorrere in relazione alla tipologia della domanda:

-   60 giorni per l’azione di annullamento (art. 29);

-   120 giorni per l’azione di condanna al risarcimento (art. 30);

-   un anno per l’azione avverso il silenzio della PA (art. 31).

 

L’art. 21, comma 1, legge TAR, prevede un termine generale per l’azione di annullamento di 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnato o comunque dalla data in cui il ricorrente ne abbia avuta piena conoscenza; il ricorso va proposto entro il termine di prescrizione nel caso di azione risarcitoria (per il risarcimento del danno da ritardo nella conclusione del procedimento - la cui esperibilità è riconosciuta anche in via autonoma dalla giurisprudenza - Cass. SS.UU. ordinanze nn. 13659 e 13660 del 2006, l’art. 2-bis della legge 241/1990 prevede un termine di 5 anni); il ricorso per nullità dell’atto non è soggetto a prescrizione, ritenendosi applicabile la disciplina del codice civile (art. 1422)

-       la previsione di un unico termine per il deposito del ricorso e degli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione, fissato in 30 giorni dall’ultima notifica dell’atto da depositare (art. 45).

 

Tale termine è attualmente dettato solo per il ricorso, ex art. 21, comma 2, legge TAR, mentre termini differenziati sono previsti in relazione alla tipologia di atto.

L’art. 45, in conformità con consolidata giurisprudenza costituzionale (tra le altre, C. Cost, sentt. 107/2004; 154/2005), precisa inoltre che è possibile depositare l’atto, anche se non ancora pervenuto al destinatario, fin dal momento della perfezione della notificazione per il notificante (ovvero con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario).

 

-       una specifica norma dedicata ai motivi aggiunti con cui i ricorrenti, principali e incidentali, possono proporre nuove ragioni a sostegno del ricorso ovvero domande nuove, in ogni caso connesse a quelle già proposte (art. 43).

 

Sul punto, la relazione al provvedimento segnala come sia stato eliminato il riferimento alle “stesse parti” (cfr, art. 21, comma 1, secondo periodo, legge TAR) che “aveva creato non pochi problemi in sede applicativa, accogliendo l’interpretazione giurisprudenziale che consentiva l’impugnazione di un provvedimento nuovo con lo strumento dei motivi aggiunti anche n1ei casi in cui le parti della nuova impugnazione non coincidessero con quelle dell’atto introduttivo del giudizio”;

-       una disciplina del ricorso incidentale (art. 42) che individua come soggetti legittimati le parti resistenti e i controinteressati, mentre le altre parti possono solo presentare memorie e documenti (l’art. 37, TU Consiglio di Stato, n. 1054/1924 legittima, invece, al ricorso incidentale l’autorità e le parti cui il ricorso principale sia stato notificato); conformemente alla prevalente giurisprudenza[10], oggetto del ricorso, oltre all’atto impugnato, può essere anche l’atto ad esso connesso, potendo quindi riguardare domande “il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale”;

-       l’introduzione, nelle controversie relative a diritti soggettivi, della possibilità di proporre domande riconvenzionali dipendenti da titoli già dedotti in giudizio (art. 42, comma 5).

-       la possibilità per le parti intimate costituitesi in giudizio (il relativo termine aumenta da 20 a 60 giorni) di indicare anche i mezzi di prova di cui intendono valersi (art. 46); il vigente art. 22 legge TAR prevede solo la possibilità di fare istanze, produrre documenti e memorie.

-       una specifica disciplina del riparto di competenza tra TAR e loro sezioni distaccate (art. 47),

-       una disciplina della trasposizione davanti al TAR del giudizio di opposizione al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per motivi di legittimità ex art. 8 del DPR 1199 del 1971 (art. 48);

-       l’esclusione, per esigenze di economia processuale, dell’obbligo di integrazione del contraddittorio in caso di manifesta irricevibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso (art. 49);

-       una specifica disposizione (art. 50) sull’intervento volontario in causa (cfr art. 28) - attualmente sommariamente disciplinato dall’art. 22, comma 2, legge TAR, che a sua volta, rinvia agli artt. 37 e ss. del TU Consiglio di Stato – la cui disciplina è assimilata a quella generale del ricorso (cfr. sopra, art. 28).

-       la previsione di un intervento per ordine del giudice (art. 51), introdotto ex novo dal legislatore,azionabile anche su istanza di parte, quando il giudica ritenga opportuno che il processo si svolga anche nei confronti di un terzo (cfr. sopra, art. 29);

-       una disciplina dei termini –di cui è sancita la perentorietà – volta all’economia processuale e all’effettività del risultato. In particolare, si precisa la possibile abbreviazione dei termini processuali fino alla metà in caso di urgenza; si ammettono forme di notifica anche per via telematica o fax e direttamente dal difensore; per i termini computati a ritroso, diversamente da quanto previsto dal codice di rito civile (art. 155), si anticipa la scadenza del termine stesso al giorno antecedente non festivo, anziché al giorno seguente. Nell’ottica della concentrazione e riduzione dei tempi, si stabilisce il carattere eccezionale dell’autorizzazione collegiale al deposito di memorie e documenti oltre il termine (artt. 52-54).

 

Il procedimento cautelare (artt. 55-62)

La norma di delega (art. 44, comma 2, lett. f) prevede il riordino della tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam, prevedendo in particolare che:

§      la domanda di tutela interinale non possa essere trattata fino a quando il ricorrente non presenta istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito;

§      in caso di istanza cautelare ante causam, il ricorso introduttivo del giudizio sia notificato e depositato, unitamente alla relativa istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito, entro i termini di decadenza previsti dalla legge o, in difetto di essi, nei sessanta giorni dalla istanza cautelare, perdendo altrimenti ogni effetto la concessa tutela interinale;

§      nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l’istanza di fissazione di udienza non possa essere revocata e l’udienza di merito è celebrata entro il termine di un anno.

In attuazione della norma di delega, la disciplina dettata dal codice (Titolo II del Libro II) ha natura sostanzialmente innovativa rispetto alla normativa vigente.

 

La tutela processuale cautelare costituisce una forma di tutela strumentale, in quanto mirante non già ad attuare definitivamente il diritto in forma giurisdizionale, bensì ad assicurare che il decorso del tempo destinato alla risoluzione del giudizio pregiudichi l’integrale soddisfazione della pretesa azionata. Oltre al carattere dell’interinalità le misure cautelari hanno carattere strumentale alla sentenza che definisce il giudizio di merito.

Prima della legge di riforma del 2000 (L. 205) il giudice amministrativo conosceva esclusivamente la misura cautelare volta a sospendere l’efficacia del provvedimento impugnato; in seguito alla riforma, il giudice amministrativo è abilitato ad adottare tutte “le misure cautelari, che, secondo le circostanze, appaiono più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione del ricorso”. Si è in sostanza passati dalla tipicità della misura cautelare della sospensione alla atipicità delle misure cautelari adottabili nel processo amministrativo.

Nell’intervento dello scorso 11 febbraio, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2010, il Presidente del Consiglio di Stato Paolo Salvatore ha sottolineato come l’attività cautelare rappresenti “circa il 30% dell’intera attività giurisdizionale (in particolare 38,85% per il Consiglio di Stato, 22,42% per i Tribunali amministrativi regionali): indice della sostanziale idoneità della giustizia amministrativa a rispondere prontamente alle istanze del cittadino, ma anche momento di “sofferenza” del giudice amministrativo che, pur consapevole della propria delicata e complessa missione di giustizia, è costretto a “limitare” nei suoi angusti spazi il proprio contributo di tutela dei contrapposti interessi privati e pubblici”.

L’intervento apportato dal Codice reca in primo luogo una sistemazione organica della materia. Attualmente la normativa sulla tutela cautelare è contenuta essenzialmente nell’art. 21 della legge TAR, relativo alla disciplina del ricorso; il legislatore delegato – anche per l’oggettiva circostanza che il procedimento cautelare è quantitativamente molto rilevante – riconosce autonoma dignità alla tutela cautelare dedicandogli uno specifico titolo del libro II, che la relazione al provvedimento definisce come “un’articolata e armonica disciplina, per la prima volta completa”.

In linea generale, il codice:

§      conferma la necessaria sussistenza dei due tradizionali presupposti della tutela cautelare (periculum in mora e fumus boni juris, art. 55, commi 1 e 9) e la struttura del giudizio cautelare articolato in una fase collegiale ed una fase monocratica, eventuale ed anticipatoria;

§      rafforza il contraddittorio e la tempestività del procedimento;

§      in relazione al diverso grado di urgenza (rispettivamente "pregiudizio grave ed irreparabile", "estrema gravità ed urgenza" ed "eccezionale gravità ed urgenza") articola i tipi di tutela in sede cautelare, prevedendo rispettivamente le misure cautelari collegiali (art. 55), monocratiche (art. 56) e ante-causam (art. 61). La nuova forma di tutela ante causam, attivabile già prima della proposizione del ricorso principale, viene prevista nei casi di eccezionale gravità ed urgenza tali da non consentire nemmeno la dilazione fino alla data della camera di consiglio (art. 61).

 

La legge TAR, come novellata dalla legge 205/200 (L. 1034/1971, art. 21, commi 8 e 9) prevede soltanto le prime due tipologie di procedimento cautelare (anche se, nel linguaggio corrente, si parla della tutela cautelare monocratica come tutela ante causam). Attualmente, l’attivabilità della tutela cautelare precedente rispetto alla proposizione del ricorso è prevista esclusivamente in materia di controversie relative ad appalti pubblici (l’art. 245 del Codice degli appalti pubblici, al comma 3, prevede che “In caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notifica del ricorso e la richiesta di misure cautelari provvisorie di cui all’articolo 21, comma 9, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per l’adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare di cui ai commi 8 e 9 del citato articolo 21”).

 

§      la richiesta di fissazione dell’udienza di merito diventa condizione di procedibilità dell’azione in sede cautelare (sia nella tutela richiesta in sede collegiale di cui all’art. 55 che in quella presidenziale, monocratica di cui all’art. 56).

Mentre il nesso di strumentalità dell’azione cautelare rispetto a quella principale, nel nuovo Codice di giustizia amministrativa, risulta particolarmente forte, nel processo civile la funzione strumentale della tutela cautelare perde efficacia a vantaggio della funzione anticipatoria. Infatti, nel rito ordinario civile, il nesso di strumentalità delle misure cautelari con la sentenza di merito è stabilito in via generale dall’art. 669 novies primo comma, secondo cui “se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all’art. 669 octies (60 gg.) ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare perde la sua efficacia”. La proposizione dell’istanza è, quindi, nel processo civile condizione della permanenza dell’efficacia della misura cautelare, mentre nel processo amministrativo è, come detto, condizione di procedibilità dell’istanza cautelare.

Con riferimento specifico alla tutela cautelare collegiale:

-     viene stabilito, a fini di tempestività della procedura, che sulla domanda cautelare il collegio si pronunci nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento dell’ultima notificazione e al decimo giorno dal deposito del ricorso (art. 55, comma 5) (attualmente, ex art. 36 RD 642/1907, la trattazione della domanda cautelare in sede camerale non può avvenire prima del decorso di 10 giorni liberi dalla data dell’ultima notifica, esclusi i casi di cui all’art. 23-bis i cui termini sono dimezzati).

-     In relazione alcontraddittorio cautelare è sempre permessa la costituzione delle parti in giudizio fino all’udienza camerale; i difensori sono sentiti se lo richiedano ma con il limite di svolgimento in forma orale delle proprie difese (art. 55, comma 7);

-     è previsto un termine di 2 giorni prima della camera di consiglio per la produzione di memorie e documenti delle parti; l’art. 55, comma 8, precisa l’eccezionalità della produzione documentale direttamente in udienza, su autorizzazione del collegio;

-     si prevede, in via generale (art. 55, comma 11), che l’ordinanza collegiale di sospensiva che concede la tutela cautelare deve sempre contenere la fissazione della data di discussione dell’udienza di merito (che, come detto, va richiesta prima della domanda cautelare stessa, ex art. 55, comma 4); lo stesso può fare il Consiglio di Stato, in sede di riforma dell’ordinanza cautelare di primo grado mediante la ritrasmissione della stessa al TAR per la rapida fissazione dell’udienza. La finalità è quella di evitare l’eccessiva durata delle misure cautelari prima del loro riassorbimento nella decisione sul ricorso principale.

In proposito, si segnala che, rispetto al criterio di delega, non viene previsto che l’udienza di merito deve essere celebrata entro il termine di un anno.

 

Tale precisazione era invece contenuta nell’articolo 66 della bozza della Commissione speciale.

-       viene esplicitamente chiarito che presupposto dell’adozione di misure cautelari è la ritenuta sussistenza della competenza da parte del giudice adito: questi, ai sensi dell’art. 55, comma 13, in caso contrario, deve necessariamente chiedere regolamento di competenza trasmettendo l’apposita ordinanza al Consiglio di Stato (cfr. art. 15);

-       è ampliato l’ambito oggettivo della revoca-modifica-riproposizione del provvedimento cautelare collegiale (potrà dipendere – non solo da fatti sopravvenuti – ma anche da fatti anteriori sconosciuti prima della domanda nonché dalle ipotesi che attualmente giustificano la richiesta di revocazione nel processo civile ex art. 395) (art. 58);

 

In relazione alla tutela cautelare monocratica (attualmente prevista dall’art. 21, comma 9, legge TAR) volta all’adozione di misure cautelari provvisorie:

-       è confermata la necessità dell’estrema gravità ed urgenzaalla base della domanda di tutela;

-       è attribuito un maggior ruolo al presidente del tribunale, sia in relazione alle notificazioni che all’integrazione del contraddittorio; particolare rilievo assume la possibilità - prima dell’emanazione del decreto – di sentire le parti disponibili fuori dell’udienza, senza formalità ed anche separatamente.

Nel caso sia di tutela cautelare collegiale sia monocratica è confermata la possibilità di subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare collegiale alla prestazione di cauzione, anche fideiussoria (artt. 55, comma 2, e 56, comma 3); con previsione riferita esclusivamente alle misure cautelari collegiali, si prevede che il provvedimento che dispone la garanzia dovrà anche indicarne specificamente l’oggetto, le modalità della prestazione nonché il termine di adempimento.

Per quanto poi riguarda la nuova disciplina della tutela cautelare ante causam (art. 61) essa sostanzialmente riprende quella della tutela monocratica di cui all’art. 56 salvo il presupposto “rafforzato” della gravità ed urgenza che qui diventa eccezionaleanziché estrema (e che non consente, quindi, nemmeno la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale). La decisione sull’istanza cautelare, da parte del presidente o di un magistrato da lui delegato, è adottata a seguito di un escussione delle parti solo eventuale, omessa ogni formalità. Il decreto pronunciato ante causam che rigetta l’istanza cautelare (come quello presidenziale di cui all’art. 56) non è impugnabile, fatta salva la possibile riproposizione di analoga tutela dopo l’avvio del giudizio di merito (con gli strumenti di cui agli artt. 55 e 56); il decreto di accoglimento (sempre in analogia con quello di cui all’art. 56), anch’esso non appellabile, è sempre modificabile e revocabile fin quando conserva efficacia.

Il decreto che concede la tutela cautelare è efficace entro il limite temporale massimo di 60 giorni e subordinatamente all’effettivo seguito della pretesa cautelare in sede giudiziale collegiale; il decreto perde in ogni caso efficacia se - entro 15 giorni dalla pronuncia - non venga proposto il ricorso con la domanda cautelare, da depositare entro 5 gg. unitamente alla domanda di fissazione dell’udienza.

Tra le ulteriori novità in materia di procedimento cautelare, si segnalano le seguenti:

-       la decisione sulle spese del giudizio cautelare, presa con l’ordinanza che decide sulla relativa domanda, perde il carattere di provvisorietà che la caratterizzava ai sensi del vigente art. 21, comma 11, TAR (art. 57) ed il suo legame con la sentenza di merito;

-       la previsione che la proposizione di motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza preclude la possibile definizione del giudizio di merito già in fase cautelare (art. 60);

-       la revisione dei termini di proposizione dell’appello cautelare (in particolare, il termine ordinario, dalla notifica dell’ordinanza. è dimezzato da 60 a 30 gg.) la cui disciplina – attualmente prevista dallo scarno comma 10 dell’art. 21 L. TAR - è ampliata e definita in una autonoma disposizione (art. 62) che si coordina con la nuove norme sul regolamento di giurisdizione e di competenza.

 

Mezzi di prova e all’attività istruttoria

Il titolo III (articolato in due Capi) consta di 7 articoli (artt. 63-69).

Il codice mira ad una razionalizzazione della materia, attualmente disciplinata da fonti diverse (legge TAR, artt. 21-23; TU Consiglio di Stato, art. 44; reg. Cons. Stato, artt. 26-35).

Preliminarmente, si rileva la conferma della competenza presidenziale all’istruttoria e, di converso, la mancata istituzionalizzazione della figura del giudice istruttore da più parti invocata nel processo amministrativo.

Tale figura, pur avendo rappresentato uno dei profili più controversi e dibattuti all’interno della Commissione speciale, non ha trovato collocazione già nella bozza licenziata l’8 febbraio 2010 dalla Commissione speciale. Sul punto, si ricorda che l’art. 44, comma 2, lett. a) della legge delega, tra i criteri direttivi, ha previsto l’estensione delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica.

Tra le novità più significative della nuova disciplina si richiamano:

-       l’ammissione in generale della prova testimoniale da parte del giudice, su istanza di parte, assunta in forma scritta (art. 63); attualmente il giudice amministrativo può ammettere la prova testimoniale nelle sole controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva (art. 35, D.Lgs 80/1998) ed in sede di giurisdizione di merito;

-       una specifica ed articolata disciplina della verificazione e della consulenza tecnica d’ufficio (artt. 66 e 67). La competenza ad ammettere tali atti istruttori appartiene al solo collegio (art. 65).

 

Nella disciplina vigente, l’art. 23, comma 5, L. TAR, prevede che “il presidente dispone, ove occorra, gli incombenti istruttori”; l’art. 44, comma 3, del TU Consiglio di Stato prevede la competenza del presidente della sezione (o di un magistrato da lui delegato) ovvero del collegio alla decisione sui mezzi istruttori, compresa la consulenza tecnica.

 

Riunione, discussione e decisione dei ricorsi

Il titolo IV (artt. 70-76) è articolato in tre capi relativi, rispettivamente alla riunione dei ricorsi, alla discussione ed alla deliberazione del collegio.

Tra le novità di tale parte del Codice si segnalano:

-       la riduzione di termini procedurali: il dimezzamento del termine per la richiesta di fissazione dell’udienza di discussione (attualmente fissato dall’art. 23 comma 1, L. TAR in 2 anni dal deposito del ricorso): l’art. 71 precisa che l’istanza, non revocabile, va presentata da una delle parti al massimo entro un anno da detto deposito; la riduzione del termine per la notifica alle parti e al ricorrente del decreto di fissazione (da 60 a 40 giorni dall’udienza); la riduzione del termine (da 40 a 30 giorni dall’udienza) per la nomina del giudice relatore;

-       l’introduzione di una procedura accelerata quando l’oggetto della causa verte su un’unica questione di diritto (art. 72): su accordo delle parti, l’udienza di discussione è fissata dal presidente con priorità. Sul punto, la relazione del Governo spiega come la novità risponda in particolare “alla plurima esigenza di concorrere all’eliminazione dell’arretrato e di rallentarne l’ulteriore formazione”;

-       la possibile presentazione prima dell’udienza di discussione di note di replica, ora non previste (art. 73); attualmente ex art. 23, comma 3, L. TAR, possono solo prodursi documenti e presentarsi memorie (rispettivamente, 20 e 10 gg prima dell’udienza). L’art. 73 unifica a 30 gg il termine per queste ultime, fissandone uno maggiore (20 gg.) per la presentazione di repliche;

-       l’obbligo del giudice di segnalare alle parti eventuali questioni rilevabili d’ufficio emerse dopo la chiusura dell’istruttoria se queste debbano essere poste alla base della sentenza; in tal caso assegna un termine di 30 gg.alla parti per il deposito di memorie (art. 73, comma 3); la norma, evidentemente, mira a garantire l’integrità del contraddittorio su ogni passaggio del processo.

Viene ripresa la normativa vigente in materia di disciplina dell’assunzione della decisione in camera di consiglio (art. 63 reg. proc. Cons. St.), deferimento della decisione ad una successiva camera di consiglio (art. 61, comma 2, reg. proc. Cons. St.), redazione di sentenze in forma semplificata (art. 26 legge TAR).

 

Incidenti nel processo

Il titolo V (artt. 77-80) riguardale le possibili vicende anomale del processo davanti al giudice amministrativo: querela di falso, sospensione ed interruzione del processo.

Nella materia si segnalano, in particolare:

-       l’introduzione di una più articolata disciplina della querela di falso. Il vigente art. 8, comma 2, L. TAR prevede soltanto che “la risoluzione dell'incidente di falso e le questioni concernenti lo stato e la capacità dei privati individui restano di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio”.

L’art. 77 precisa che la deduzione della falsità di un documento presuppone o l’avvenuto avvio o l’intenzione di avviare (chiedendo al giudice amministrativo un termine entro cui proporla) la relativa azione davanti al giudice ordinario competente; fino alla decisione del giudice ordinario sul documento falso è sospeso il giudizio del collegio; ai sensi dell’art. 78, pena l’estinzione del ricorso, la parte che ha dedotto il falso deve depositare copia autentica della sentenza del giudice ordinario entro 90 giorni dal suo passaggio in giudicato.

-       il rinvio alla disciplina del codice di procedura civile in relazione alle cause di sospensione e interruzione del processo amministrativo; per la sospensione, in particolare si opera un rinvio anche alle altre leggi ed “al diritto dell’Unione europea” (art. 79).

 

In proposito si segnala che l’articolo 1 fa invece più in generale riferimento ai principi del “diritto europeo”; la relazione illustrativa spiega che per “principi del diritto europeo” devono intendersi non solo i principi del diritto comunitario, ma anche quelli derivanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

La disposizione in esame probabilmente intende riferirsi al caso di sospensione del processo a seguito del deferimento alla Corte di giustizia dell’UE di questioni di interpretazione della normativa comunitaria.

-               la previsione dell’appellabilità delle ordinanze di sospensione ex art. 295 c.p.c. (sospensione necessaria per la risoluzione di controversie dalla cui decisione dipenda la decisione della causa).

-               in caso di sospensione del processo (per cause o questioni pregiudiziali)[11],viene introdotta una specifica disciplina della riassunzione del medesimo: in analogia con la disciplina del rito civile (art. 297) si prevede un termine di 90 gg. (dalla comunicazione dell’atto che determina il venir meno della causa sospensiva) per chiedere la fissazione dell’udienza (art. 80).

 

In assenza di una disciplina specifica, nella normativa vigente, cessata la causa di sospensione, per la prosecuzione del processo amministrativo è sufficiente presentare istanza di fissazione dell’udienza nel termine biennale per la perenzione, non occorrendo uno specifico atto di riassunzione.

La razionalizzazione e l’unificazione della disciplina della riassunzione del processo costituisce oggetto di uno specifico criterio di delega.

-               la possibile prosecuzione del processo interrotto - senza bisogno di riassunzione - mediante semplice istanza di nuova fissazione dell’udienza; in caso di mancata istanza, è ridotto a 90 giorni (dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo) il termine per l’eventuale riassunzione (art. 80).

Il vigente art. 24, comma 2, L. TAR prevede che il processo interrotto debba essere riassunto dalla parte più diligente - pena l’estinzione - nel termine perentorio di 6 mesi dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo.

Estinzione e improcedibilità

Il titolo VI (artt. 81-85) concerne le cause di perenzione e di rinuncia.

Le principali novità mirano alla limitazione del periodo di stasi dei giudizi amministrativi: si prevede, in particolare:

-       la riduzione da 2 anni ad 1 anno dell’attuale termine di perenzione del giudizio (art. 25, legge TAR)[12], in assenza di un qualsiasi atto di procedura (art. 81);

-       nell’ipotesi di ricorsi ultraquinquennali (di cui all’art. 9, comma 2, della legge 205/2000)[13], confermato il termine di 180 giorni per la nuova istanza di fissazione dell’udienza, si prevede la verifica del perdurare dell’interesse del ricorrente alla decisione; in mancanza, il presidente dichiara la perenzione del ricorso con decreto (art. 82);

-       una specifica disciplina della rinuncia al ricorso[14]. Tra le novità previste dall’art. 84 si segnalano: la possibile compensazione delle spese (attualmente, onere del solo rinunziante); l’introduzione di un termine di 10 giorni per notificare la rinuncia alle altre parti (alla mancata opposizione consegue l’estinzione del processo, per carenza di interesse alla prosecuzione); la previsione secondo la quale il giudice, dopo la proposizione del ricorso, può desumere anche da fatti e atti univoci delle parti nonché dai loro comportamenti la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della causa;

-       l’art. 85 conferma il rito semplificato e l’adozione con decreto presidenziale della decisione dichiarativa dell’estinzione e dell’improcedibilità del ricorso; rispetto a quanto previsto dal vigente art. 23, ultimo comma, L. TAR, è espunto il riferimento all’obbligo di deposito in segreteria (entro 10 gg. dall’ultima notifica) dell’eventuale atto di opposizione al collegio avverso il decreto; si prevede inoltre che l’estinzione e l’improcedibilità siano dichiarate con sentenza (anzichè con decreto) quando le relative condizioni si verifichino o vengano accertate durante l’udienza di discussione.

 

Correzione di errore materiali dei provvedimenti del giudice

Il titolo VII del libro II consta di un unico articolo (art. 86) relativo al procedimento di correzione di omissioni ed errori materiali del giudice, attualmente previsto dall’art. 93 del RD 642/1907.

L’art. 86 prevede il procedimento di correzione in camera di consiglio sia in caso di accordo che di dissenso delle parti; l’attuale disciplina, in caso di dissenso, precisa invece che la correzione è disposta con ordinanza del collegio assunta con procedimento ordinario.

Va rilevato che il citato vigente art. 93 prevede la correzione, oltre che di omissioni od errori materiali, anche “per aggiungere alcuna delle conclusioni, che, presa dalle parti, non sia stata riferita nella decisione, ma risulti dai motivi che col dispositivo vi si è provveduto”.

 

Le udienze

Il titolo VIII è composto da un solo articolo (art. 87) relativo alle udienze pubbliche e ai procedimenti camerali

La disposizione conferma che le udienze – salvo quelle camerali - sono, di regola, pubbliche e, conformemente a quanto stabilito dal codice di rito civile per l’udienza di discussione della causa (art. 128), si prevede che la mancata osservanza della pubblicità costituisce causa di nullità.

Anche per le udienze in camera di consiglio è introdotta una disciplina modellata su quella del processo civile ma meno formale e con dimezzamento dei termini processuali, salvo specifiche eccezioni.

 

 

L’indicazione specifica dei giudizi da trattare in camera di consiglio (che sostanzialmente riprendono la normativa vigente) non ha carattere esaustivo: la disposizione fa salvi gli ulteriori casi previsti dalla legge.

 

L’art. 87 precisa come non possa costituire motivo di nullità della decisione la trattazione in pubblica udienza di un giudizio da svolgere, ai sensi della stessa norma, con rito camerale.

 

All’articolo 87, andrebbe esplicato che le previsioni di cui ai commi 3 (dimezzamento dei termini) e 4 (esclusione della nullità nel caso di trattazione in pubblica udienza) si riferiscono alle ipotesi di procedimenti in camera di consiglio.

 

Si segnala, infine, che la nuova disposizione non riproduce quanto previsto dal comma 2 dell’art. 27, L. TAR che prevede che, se una delle parti ne faccia richiesta, il presidente debba ordinare che il ricorso si tratti in udienza pubblica.

La sentenza

Il Libro II del Codice si conclude col titolo IX, relativo alla sentenza (artt. 88-90) che integra le disposizioni del titolo IV sulle pronunce giurisdizionali (cfr. artt. 33 e 34).

L’art. 88 disciplina il contenuto della sentenza (attualmente previsto dall’art. 65 del RD 642/1907).

Tra gli elementi di novità si segnalano:

-       l’indicazione del giudice adito e del collegio che l’ha pronunciata;

-       l’indicazione delle domande avanzate al giudice;

-       nell’esposizione succinta della motivazione, la possibilità di rinvio a precedenti conformi (come già previsto nel processo ordinario in forza dell’art. 118 disp. attuaz. c.p.c.);

-       il dispositivo della sentenza deve sempre contenere la pronuncia sulle spese di giudizio;

-       l’impossibilità di citare autori giuridici in forza del rinvio all’applicazione dell’art. 118, terzo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile.

 

Tra gli elementi che deve contenere la sentenza è confluito, inoltre, anche l’obbligo di sottoscrizione del presidente e dell’estensore, già previsto dall’art. 55, comma 1, della L. 186/1982[15] (l’art. 65 RD 642/1907 prevede la sottoscrizione dei consiglieri che hanno pronunziata la decisione, con l'indicazione dell'estensore e la firma del segretario). L’art. 88 detta, infine, una specifica disciplina della sottoscrizione della sentenza in caso di morte o altro impedimento del presidente o dell’estensore.

 

La disciplina della pubblicazione e comunicazione della sentenza (art. 89) appare sostanzialmente identica a quella vigente, dettata dal citato art. 55 della L. 186/1982. Si segnala, invece, l’art. 90 (che riprende il contenuto dell’art. 120 c.p.c., come novellato dalla legge 69/2009) in materia di pubblicità della sentenza come contributo alla riparazione del danno.

Tale disposizione in particolare prevede che quando la pubblicazione, per estratto, su giornali, radio, TV e rete Internet, può contribuire a “risarcire” il danno, compreso quello subito per aver, la parte soccombente, agito in giudizio con malafede o colpa grave (art. 96 c.p.c.), il giudice, su istanza di parte, ordina la pubblicazione della sentenza sui media a cura e spese del soccombente. La mancata pubblicazione nei termini ordinati dal giudice permette alla parte danneggiata di provvedervi in prima persona, salvo il suo diritto di ripetizione nei confronti dell’obbligato.


 

Libro III (Impugnazioni)

Il Libro III reca disposizioni generali applicabili alle impugnazioni e la disciplina degli specifici mezzi di impugnazione (Appello, revocazione, opposizione di terzo, ricorso per cassazione per i motivi inerenti alla giurisdizione).

In virtù delle disposizioni di rinvio contenute nel Libro I, salvo espresse deroghe, anche alle impugnazioni si applicano la disciplina del processo amministrativo di primo grado e le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali.

 

Con riferimento al riordino del sistema delle impugnazioni, la norma di delega (lett. g) prevede l’individuazione delle disposizioni applicabili, mediante rinvio a quelle del processo di primo grado, la disciplina della concentrazione delle impugnazioni, dell’effetto devolutivo dell’appello, della proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni

 

Per quanto riguarda la disciplina generale, si segnalano le disposizioni del codice in materia di:

§      termini per impugnare (art. 92): viene previsto un termine comune ai diversi rimedi (60 giorni dalla notificazione della sentenza); in mancanza di notificazione, viene esplicitata l’operatività anche nel processo amministrativo del “termine lungo” per impugnare (previsto nel processo civile dall’art. 327 c.p.c.): tale termine viene fissato in sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.

 

Con riferimento all’appello, l’art. 28, comma 2, della legge TAR prevede il termine di 60 giorni dalla notificazione della sentenza (termini specifici operano per l’appello avverso le ordinanze cautelari e le sentenze oggetto del rito abbreviato ai sensi dell’art. 23-bis della legge TAR); la giurisprudenza ha precisato che, in mancanza di notificazione, l’appello vada notificato entro un anno dalla pubblicazione della sentenza (Cons. Stato, Ad. plen., n. 17 del 1979; il termine di un anno era il termine previsto nel processo civile prima della novella apportata dalla legge n. 69 del 2009). Con riferimento alla revocazione, il comma 1 del medesimo articolo 28 della legge TAR rinvia alla disciplina del codice di procedura civile (gli articoli 325 e 327 c.p.c. prevedono che il termine per proporre la revocazione ordinaria sia di 30 giorni dalla notifica della sentenza o di sei mesi dalla pubblicazione della medesima; per domandare la revocazione straordinaria, il termine è di trenta giorni dalla scoperta dell’evento che legittima la revocazione)[16]. Con riferimento all’opposizione di terzo, la giurisprudenza ritiene che essa vada proposta nello stesso termine previsto per l’impugnazione delle sentenze (60 giorni). Il medesimo termine opera anche per proporre ricorso in cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione ai sensi dell’art. 362 c.p.c. Anche in tal caso, secondo la giurisprudenza opera il “termine lungo” decorrente dalla pubblicazione della sentenza.

Si ricorda tra i criteri della delega (anche se non specificamente riferito alla disciplina delle impugnazioni) quello della razionalizzazione dei termini processuali (art. 44. comma 2, lett. a).

 

§      luogo di notificazione delle impugnazioni (art. 93) e deposito del ricorso (art. 94) viene disciplinato il caso di esito negativo della notificazione per trasferimento del domiciliatario di cui l’impugnante non abbia avuto conoscenza legale (prevedendosi la fissazione di un termine per il completamento o la rinnovazione della notificazione) e non si richiede che la copia della sentenza impugnata (da depositare insieme al ricorso e alla prova delle avvenute notificazioni) sia autentica.

 

La relazione illustrativa spiega che la prima di tale disposizione accoglie l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella decisione dell’Adunanza plenaria n. 13 del 1999; la seconda disposizione è collegata alla possibilità di reperire il testo della sentenza sul sito ufficiale.

 

Con riguardo al luogo di notificazione delle impugnazioni, si segnala che l’art. 93 non fa riferimento al caso in cui l’appello deve essere proposto nei confronti di un’amministrazione patrocinata dall’Avvocatura dello Stato. In tal caso, in applicazione dell’articolo 1 della legge n. 260 del 1958, che non rientra tra le norme abrogate, il ricorso deve essere notificato presso l’Avvocatura generale dello Stato in Roma e non presso l’Avvocatura distrettuale della sede nella quale si è svolto il giudizio di primo grado.

 

§      parti del giudizio di impugnazione (art. 95): viene confermato l’orientamento giurisprudenziale[17] secondo il quale è sufficiente che l’atto di appello sia notificato ad una sola delle parti vittoriose in primo grado; provvederà successivamente il giudice a ordinare l’integrazione del contraddittorio (salvo prevedersi, per esigenze di economia processuale, che se il Consiglio di Stato ritiene l’impugnazione manifestamente priva di un presupposto processuale o manifestamente infondata può pronunciare la sentenza senza ordinare l’integrazione del contraddittorio).

 

§      impugnazioni incidentali (art. 96): viene confermata la riunione delle impugnazioni proposte separatamente contro la medesima sentenza (in applicazione della disciplina delle impugnazioni incidentali contenuta negli artt. 333 e ss. c.p.c. espressamente richiamata), con la precisazione che, in caso di mancata riunione di più impugnazioni proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l’improcedibilità delle altre. Il provvedimento ammette la possibilità dell’impugnazione incidentale tardiva ai sensi dell’art. 334 c.p.c. (impugnazione incidentale del convenuto e dei soggetti chiamati a integrare il giudizio nelle cause inscindibili) anche rispetto a capi autonomi della sentenza. L’impugnazione incidentale può essere proposta oltre il termine per impugnare ma entro 60 giorni dalla notificazione dell’impugnazione e, secondo quanto previsto anche dall’articolo 334 c.p.c., perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile.

 

La ratio dell’impugnazione tardiva va ravvisata nell’opportunità di consentire alla parte parzialmente soccombente – che è disposta ad accettare la sentenza solo se anche la controparte l’accetta – di attendere la decisione di quest’ultima senza dovere proporre l’impugnazione al solo scopo di evitare la decadenza dal termine.

La questione dell’impugnazione incidentale tardiva diretta contro capi autonomi della sentenza si è posta nell’ambito del processo civile; a fronte di un orientamento più risalente volto ad ammettere tale impugnazione esclusivamente contro lo stesso capo della sentenza (Cass. 1934/1982) o contro un capo diverso ma collegato al primo o in rapporto di dipendenza o connessione (Cass. 1797/1989), la giurisprudenza più recente ha invece ammesso l’impugnazione incidentale tardiva con riferimento a qualsiasi capo della sentenza (Cass., SS.UU., 2331/1991 e Cass. 12982/1999).

 

§      deferimento all’adunanza plenaria (art. 99): si prevede che quest’ultima possa comunque enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile ovvero l’estinzione del giudizio; in tali casi, la pronuncia dell’adunanza plenaria non ha effetto sulla sentenza impugnata.

 

La previsione riprende l’art. 363 c.p.c. sul potere della Corte di Cassazione di pronunciare il principio di diritto nell’interesse della legge.

Sul deferimento del ricorso all’Adunanza plenaria da parte della sezione o del Presidente del Consiglio di Stato e sulla previsione secondo la quale l’Adunanza plenaria decide sull’intera controversia il codice sostanzialmente riprende la normativa  vigente (artt. 45 e art. 73 T.U. Consiglio di Stato).

 

Per quanto riguarda le altre disposizioni generali, in materia di intervento nel giudizio di impugnazione viene sostanzialmente confermata la disciplina recata dall’articolo 37 reg. proc. Cons. Stato (art. 97) e in materia di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata (su cui nella disciplina vigente, cfr. art. 33 legge TAR) e di misure cautelari il codice rinvia alla disciplina prevista per il procedimento di appello contro le ordinanze cautelari (art. 98).

 

Si indicano di seguito le principali novità relative ai singoli mezzi di impugnazione.

 

 

Appello (artt. 101-105)

 

La legittimazione ad appellare viene attribuita, oltre che alle parti fra le quali sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, anche all’interventore in primo grado, ma nei limiti in cui sia portatore di una posizione autonoma.

 

Tale limitazione recepisce i principi espressi dal Consiglio di Stato (Adunanza plenaria, 8 maggio 1996, n. 2), che chiarisce che sono legittimati ad appellare anche i soggetti “portatori di un interesse legittimo, di una situazione di vantaggio in ordine ad un bene della vita dipendente dal potere amministrativo cui quel bene è soggetto, ma dotato di autonomia”.

 

Il codice introduce anche nel processo amministrativo l’istituto della riserva facoltativa d’appello contro le sentenze non definitive (previsto dall’art. 340 c.p.c.); l’atto con il quale si esprime la riserva deve essere notificato entro il termine per l’appello e depositato nei successivi 30 giorni presso la segreteria del TAR.

 

In base all’art. 340, secondo comma, nel caso di riserva di appello, l’appello deve essere proposto unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con quello proposto contro altra sentenza successiva non definitiva.

 

Il ricorso deve anche contenere le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata; il codice precisa che si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte.

 

Tale previsione è in linea con l’articolo 346 c.p.c. ritenuto applicabile anche al processo amministrativo (Cons. Stato, Ad. plen., 19 gennaio 1999, n. 1).

 

Il codice conferma l’operatività del divieto dello ius novorum anche nel processo amministrativo, da cui discende la non proponibilità di nuove domande o nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio.

 

In tal modo, vengono ripresi i principi espressi dal Consiglio di stato (in particolare, Ad. plen., 29 dicembre 2004, n. 14) che ha risolto un contrasto giurisprudenziale in merito alla non proponibilità di nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio.

 

In linea con la giurisprudenza, non viene considerata nuova domanda ed è pertanto proponibile in appello la richiesta di interessi ed accessori maturati dopo la sentenza impugnata (oltre che il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza).

Un temperamento al divieto di ius novorum in appello è rappresentato dalla proponibilità di motivi aggiunti nel caso in cui la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti impugnati.

 

La relazione illustrativa chiarisce che la disciplina dei motivi aggiunti è ispirata a principi di effettività e concentrazione della tutela, precisando anche che “resta fermo il principio per cui nei confronti degli ulteriori provvedimenti amministrativi emessi o conosciuti nelle more del giudizio di appello va proposto un separato ricorso di primo grado”. In giurisprudenza, cfr. tuttavia Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2005, che ha ammesso motivi aggiunti in appello anche avverso provvedimenti connessi a quello in origine impugnato in primo grado; Cons. St., sez. VI, 11 ottobre 2005, n. 5498 ha invece escluso in termini generali l’ammissibilità di motivi aggiunti proposti in appello contro atti non impugnati in primo grado.

 

In merito poi al regime probatorio, il codice riprende la giurisprudenza più recente che ammette nuove prove nei limiti in cui il collegio le ritenga indispensabili ai fini della decisione della controversia o la parte dimostri di non avere potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (da ultimo, Cons. Stato, 14 aprile 2006, n. 2107).

 

Si segnala che la disciplina della proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni costituisce criterio specifico della delega (art. 44, comma 2, lett. g).

 

Con riferimento, infine, alla definizione del giudizio d’appello, il Codice individua tassativamente i casi in cui la controversia viene rimessa al primo giudice (e non, quindi, definita direttamente in appello): mancata integrazione del contraddittorio, lesione del diritto di difesa di una delle parti, nullità della sentenza, nonché le ipotesi in cui viene riformata la sentenza che ha declinato la giurisdizione o pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l’estinzione o la perenzione del giudizio.

 

Nella disciplina vigente, in base all’art. 35 della legge TAR, il rinvio ha luogo se il Consiglio di Stato accoglie il ricorso per difetto di procedura e per vizio di forma della decisione di primo grado, nonché nel caso di riforma della sentenza con la quale il TAR ha dichiarato la propria incompetenza. In ogni altro caso, il Consiglio di Stato decide sulla controversia. Secondo la giurisprudenza prevalente, l’annullamento con rinvio deve essere disposto anche nel caso di sentenze di TAR che abbiano erroneamente declinato la giurisdizione (Cons. Stato, Ad. plen., 8 novembre 1996, n. 23).

 

Il codice aggiunge la previsione del procedimento camerale per la definizione dei giudizi di appello contro le sentenze dei TAR che abbiano declinato la competenza o la giurisdizione.

 

La relazione illustrativa spiega tale previsione in ragione di esigenze di celerità del giudizio.

 

Revocazione (artt. 106 e 107)

Salvo che per la disciplina dei termini (su cui sopra), come nella normativa vigente[18], il codice rinvia agli articoli 395 (relativo alla revocazione delle sentenze pronunciate in unico grado o in appello) e 396 c.p.c. (relativo alla revocazione delle sentenze per le quali sia scaduto il termine per l’appello).

Esso esplicita inoltre l’improponibilità della revocazione per motivi che possono essere dedotti con l’appello. Nella disciplina vigente, si ritiene operante tale preclusione nel processo civile (in base al combinato disposto degli articoli 395 e 396 c.p.c.), ma non anche nell’ambito del processo amministrativo: secondo la giurisprudenza, infatti, se non sono scaduti i termini per appellare il ricorrente può scegliere se utilizzare il ricorso per revocazione ordinaria innanzi al medesimo giudice che ha emesso la sentenza o proporre appello al Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre 1994, n. 875).

Opposizione di terzo (artt. 108 e 109)

L’introduzione della disciplina di tale mezzo di impugnazione dà attuazione alla sentenza della Corte costituzionale 17 maggio 1995, n. 177, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 28 e 36 legge TAR, nella parte in cui non consentivano l’esperimento di tale rimedio (di cui all’art. 404 c.p.c.) avverso le decisioni del Consiglio di Stato e avverso le pronunce di primo grado passate in giudicato.

Il codice, recependo l’orientamento giurisprudenziale successivo a tale sentenza[19], in simmetria con quanto avviene nel processo civile, ammette l’esperimento di tale mezzo di impugnazione anche rispetto a sentenze esecutive, ma non passate in giudicato.

Le parti legittimate a proporre l’opposizione sono i terzi titolari di posizioni autonome e incompatibili[20]; così come previsto nel processo civile dall’art. 404, secondo comma, c.p.c., l’opposizione da parte dei creditori o degli aventi causa di una delle parti viene limitata al caso in cui la sentenza sia effetto di dolo o collusione a loro danno.

Il giudice innanzi al quale proporre l’opposizione è individuato nel medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza.

 

In tal modo è superato un contrasto giurisprudenziale sul punto: nel senso che il rimedio va esperito innanzi al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza lesiva, Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2003, n. 3312; nel senso, invece, che l’opposizione contro le sentenze dei TAR esecutive va proposta innanzi al Consiglio di Stato, Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2004, n. 1245.

 

Per quanto, infine, riguarda i rapporti tra opposizione di terzo e appello, viene confermata la prevalenza dell’appello rispetto all’opposizione: se l’appello è già pendente, il terzo che vuole fare opposizione deve intervenire nel giudizio di appello; se l’opposizione è già stata proposta, essa viene dichiarata improcedibile a seguito dell’instaurazione del giudizio di appello e il giudice fissa un termine per l’intervento in appello.

Ricorso per cassazione (art. 110)

Tale rimedio è proponibile contro le sentenze del Consiglio di Stato solo per motivi inerenti alla giurisdizione; la sua disciplina specifica, in virtù delle norme di rinvio sopra richiamate, è contenuta nel codice di procedura civile (art. 365 ss. c.p.c.).

 

Esso è previsto dalla Costituzione (art. 111, ottavo comma Cost.) e dalle leggi ordinarie vigenti (art. 36 legge TAR, art. 48 T.U. del Consiglio di Stato).

 

Rispetto alla disciplina vigente si segnala l’introduzione della previsione secondo la quale l’adozione di misure cautelari (ivi compresa la sospensione della sentenza impugnata) spetta al Consiglio di Stato.

 

La norma di delega, al comma 2, lett. f), fa espresso riferimento al fatto che il procedimento cautelare si svolge innanzi al giudice amministrativo in caso di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato.

Libro IV (Ottemperanza e riti speciali)

Il libro IV, articolato in 6 titoli per un totale di 20 articoli, è dedicato al giudizio di ottemperanza e ai riti speciali (artt.112-132).

Il giudizio di ottemperanza

Il titolo I, che disciplina il giudizio di ottemperanza riordina le disposizioni vigenti in materia insieme a quanto risulta dalle più recenti e consolidate pronunce giurisprudenziali.

Attualmente, la materia dei ricorsi diretti ad ottenere l’esecuzione, da parte della pubblica amministrazione, delle sentenze dei giudici ordinari ed amministrativi, costituisce l’ipotesi più importante di giurisdizione di merito attribuita al giudice amministrativo TAR – Consiglio di Stato.

 

Il giudizio di ottemperanza permette di dare esecuzione ad una sentenza nel processo amministrativo, qualora la pubblica amministrazione non abbia adempiuto spontaneamente.

I presupposti fondamentali sono, in primo luogo, che la sentenza, o il lodo arbitrale (sull'ammissibilità del lodo arbitrale, si veda la pronuncia del Tar Lazio, sez. III, 26 ottobre 2009, n. 10413), cui si chiede l'ottemperanza deve essere passata in giudicato (è ammissibile anche nei confronti delle sentenze emanate in primo grado e non sospese dal Consiglio di Stato); la stessa sentenza, poi, non deve essere autoapplicativa, non deve cioè esaurire il proprio contenuto in un effetto demolitorio.

Il primo presupposto ha comportato in passato diversi problemi relativamente alla situazione delle sentenze non passate in giudicato, che in base all'art. 33 della legge T.A.R. (Legge 6 dicembre 1971, n. 1034) sono automaticamente esecutive, per le quali non era invece possibile il giudizio di ottemperanza. La situazione si è risolta con l’art. 10 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa) che ha previsto un rimedio apposito conferendo al tribunale poteri analoghi al giudice dell'ottemperanza riguardo a tali sentenze, per cui oggi dal punto di vista della tutela del ricorrente si ha una situazione sostanzialmente analoga per le sentenze passate in giudicato e non.

Con particolare riferimento alla disciplina vigente, l'art. 27, n. 4 del R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 (testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato) e il corrispondente articolo della legge T.A.R., qualificano l'ottemperanza come uno dei casi di giurisdizione anche nel merito e uno dei casi in cui il procedimento debba svolgersi in camera di consiglio. Gli artt. 90 e 91 del regolamento di procedura pei i giudizi davanti al Consiglio di Stato, recano, poi, la disciplina relativa agli aspetti procedurali.

Si segnala, altresì, che l’art 37 della legge T.A.R. stabilisce che i ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dell'autorità giudiziaria ordinaria, che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico, sono di competenza dei tribunali amministrativi regionali quando l'autorità amministrativa chiamata a conformarsi sia un ente che eserciti la sua attività esclusivamente nei limiti della circoscrizione del tribunale amministrativo regionale. Resta ferma, negli altri casi, la competenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.

Quando i ricorsi siano diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato degli organi di giustizia amministrativa, la competenza è del Consiglio di Stato o del tribunale amministrativo regionale territorialmente competente secondo l'organo che ha emesso la decisione, della cui esecuzione si tratta. La competenza è del tribunale amministrativo regionale anche quando si tratti di decisione di tribunale amministrativo regionale confermata dal Consiglio di Stato in sede di appello.

Per quanto sopra, si può ben affermare che oggetto del giudizio di ottemperanza è, pertanto, la verifica se la pubblica amministrazione abbia o meno adempiuto all’obbligo nascente dal giudicato, e cioè se abbia o meno attribuito all’interessato quella utilità che la sentenza ha riconosciuto come dovuta; è compito del giudice dell’ottemperanza, una volta effettuata la verifica, imporre in via sostitutiva, direttamente od a mezzo di un commissario ad acta, i comportamenti necessari per l’attuazione del giudicato al fine di assicurare, ai sensi degli artt. 24, 100 e 103 Cost., il concreto soddisfacimento del ricorrente vittorioso (cfr. per tutte TAR Sicilia, Catania, sez. I, 30 dicembre 2004, n.4076)

 

 

Con riferimento ai criteri di delega (ex art. 44 della L. n.69/2009) per il loro rilievo sulla materia in oggetto si segnalano i seguenti:

§      riordinare i casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non più coerenti con l’ordinamento vigente;

§      procedere alla revisione e razionalizzazione dei riti speciali, e delle materie cui essi si applicano;

§      razionalizzare e, qualora sia opportuno, ridurre i relativi termini;

§      adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori.

 

 

In ordine al riassetto della normativa vigente, la relazione allegata allo schema in esame precisa come sia stata mantenuta, nell’ambito del giudizio de quo, la necessaria presenza del giudice, per tutta la durata del processo, che ha il compito di dare attuazione concreta ai precetti contenuti nella sentenza da eseguire. Permane, così, l’attuale ambito del giudizio di ottemperanza volto a conseguire l’esecuzione delle decisioni del giudice amministrativo, ordinario e dei giudici speciali per i quali non sia previsto il rimedio dell’esecuzione dinanzi ad essi e sono confermati gli attuali criteridi riparto tra i TAR ed il Consiglio di Stato per determinare il Giudice dell’ottemperanza.

 

Si segnalano, invece, le seguenti novità:

§      l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione dei lodi arbitrali divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato (art. 112);

§      può essere proposta azione di condanna per il pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato; in sede di ottemperanza, è possibile inoltre proporre le connesse domande per il risarcimento del danno derivante dalla illegittimità del provvedimento;

§      l’azione di ottemperanza può essere proposta, da parte della medesima amministrazione, anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza (art. 112);

§      si è proceduto ad unificare la disciplina del giudizio di ottemperanza per le sentenze passate in giudicato e del giudizio di esecuzione delle sentenze di primo grado e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo; è specificato che quando si ordina l’esecuzione di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, il giudice determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano (artt. 112 e 114).

 

Con riferimento alle sentenze non passate in giudicato del giudice ordinario, si richiamano le ordinanze della Corte cost. n. 122 del 2005 e n. 44 del 2006, che hanno dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 legge TAR nella parte in cui non consente l’utilizzazione del giudizio di ottemperanza con riguardo alle sentenze del giudice ordinario esecutive, ancorché non passate in giudicato.

 

§         per quanto concerne, poi il procedimento, si prevede che l’azione sia proposta, anche senza previa diffida, con ricorso da notificare alla pubblica amministrazione e ad almeno uno dei soggetti che possono subire pregiudizio dall’ottemperanza (art. 114).

 

Secondo quanto esposto nella relazione allegata allo schema, l’introduzione dell’obbligo di notificare il ricorso ha reso non più necessario l’adempimento della previa diffida e messa in mora, che rimane come facoltà rimessa alla scelta della parte.

Si ricorda, infatti, che, attualmente, tra i presupposti essenziali dell’azione di ottemperanza vi è, ai sensi degli artt. 90 e 91 del Regol. Proc. CdS, la messa in mora della pubblica amministrazione e l’inottemperanza di questa successiva alla diffida.

 

§         considerata la particolare natura “mista” del giudizio di ottemperanza quale processo di esecuzione e cognizione, il giudice, per ragioni di economia procedurale, conosce di tutte le azioni cognitorie connesse (inesecuzione, elusione, violazione del giudicato e tutte le questioni relative agli atti del commissario ad acta) (art. 114).

La natura mista del giudizio di ottemperanza è stata in particolare affermata dalla giurisprudenza (Cons. St., sez. VI, 16 ottobre 2007, n. 5409), a fronte invece della dottrina orientata a riconoscere nel giudizio di ottemperanza un’ipotesi di giudizio di cognizione.

§         viene riprodotto l’art. 614-bis, comma 1, c.p.c, come modificato dalla L. 69/2009, che prevede che, su richiesta di parte, il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e non sussistano altre ragioni ostative, fissi la somma di denaro dovuta dall’amministrazione per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

 

 

Si richiama inoltre una disposizione del Libro I (art. 21) che definisce come “ausiliario del giudice” il commissario ad acta, nominato dal giudice allorché il giudice medesimo deve sostituirsi all’amministrazione (art. 21).

 

Tale qualificazione è volta a superare un contrasto giurisprudenziale in merito alla natura di tale figura: secondo la tesi maggioritaria, il commissario è un organo ausiliario del giudice; secondo altra tesi, è invece qualificabile come organo straordinario dell’amministrazione. La diversa qualificazione della figura incide in concreto sul regime di impugnazione dei relativi atti: secondo la prima interpretazione, essi sono impugnabili con reclamo al giudice dell’ottemperanza; secondo la seconda interpretazione, invece, seguendo la stessa sorte dei provvedimenti emanati dall’amministrazione, sono impugnabili secondo la procedura ordinaria.

Riti speciali

In ossequio ai criteri di delega di cui alla legge n. 69/2009, il testo in esame ha proceduto ad una riduzione ed unificazione dei riti speciali disciplinati dalla legislazione vigente, mediante l’eliminazione di quelli ritenuti superflui o comunque desueti.

Sono stati confermati i riti speciali in materia di :

§         accesso ai documenti amministrativi;

§         avverso il silenzio inadempimento della pubblica amministrazione;

§         decreto ingiuntivo;

§         rito abbreviato comune a determinate materie ex art. 23-bis L. TAR, come modificata dalla L. n. 205/2000;

§         pubblici appalti ex D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, con cui è stata recepita la Direttiva 11 dicembre 2007, n. 2007/66/CE;

§         operazioni elettorali relativamente alle elezioni di regioni, province, comuni e membri spettanti all’Italia nel Parlamento europeo.

 

È stato introdotto il rito avverso gli atti del procedimento elettorale preparatorio (limitatamente alle elezioni regionali, provinciali e comunali) (su cui infra)

 

Sono stati abrogati i riti speciali contemplati dalle seguenti disposizioni:

-            art. 5[21] del R.D. 17-8-1907 n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato);

-            il cd. “ricorso preventivo al Consiglio di Stato” di cui all’art. 33 del R.D. 26-6-1924 n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato);

-            l’art. 17, comma 26, secondo periodo della L. 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo);

 

L’art. 33 citato stabilisce che, negli affari che possono formare oggetto di ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, il Governo, avuto il parere della sezione competente, non può richiedere, in via amministrativa, l'esame del Consiglio di Stato in adunanza generale. Col preventivo assenso scritto di coloro ai quali il provvedimento direttamente si riferisce, può invece provocare la decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale; ma se essi si rifiutino, si intenderà che vi abbiano rinunziato. L’art. 5, r.d. n. 642 del 1907, disciplina il relativo procedimento. La disposizione, sebbene espressamente fatta salva dall’art. 17, comma 26, secondo periodo, L. n. 127 del 1997 (cd. Bassanini bis), non risulta avere avuto pratiche applicazioni tali da giustificarne il mantenimento.

-            l’art. 6, comma 5 della L. 11-8-1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato);

 

La norma dispone che contro il provvedimento di diniego dell'iscrizione o di cancellazione dai registri generali delle organizzazioni di volontariato è ammesso ricorso, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Secondo quanto precisato nella relazione illustrativa, non constano applicazioni pratiche di tale rito processuale, e non sembra ci siano esigenze di celerità particolare che ne giustificano il mantenimento.

 

-            l’art. 4, comma 3, della  legge 4 maggio 1998, n. 133 (Incentivi ai magistrati trasferiti d'ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali);

 

L’articolo contempla un rito speciale relativo ai provvedimenti di trasferimento o destinazione di ufficio di magistrati ordinari a sedi disagiate. Dispone che l'ordinanza di sospensione cautelare dei provvedimenti di trasferimento e destinazione d'ufficio di magistrati ordinari a sedi disagiate, deve esporre le ragioni del danno grave e irreparabile su cui è basata ed ha efficacia non superiore a due mesi. Con l'ordinanza il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la discussione di merito del ricorso, che deve avvenire entro i due mesi successivi. Il dispositivo della sentenza è pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza con deposito in cancelleria. I termini processuali sono ridotti alla metà. Anche in tal caso, non constano applicazioni pratiche di tale rito processuale, e non sembra ci siano esigenze di celerità particolare che ne giustificano il mantenimento.

 

-            l’art. 10, comma 2 della L. 7-12-2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale);

 

La disposizione dispone che avverso i provvedimenti di rifiuto di iscrizione e di cancellazione dai registri delle associazioni di promozione sociale è ammesso, entro sessanta giorni, ricorso al tribunale amministrativo regionale competente, che decide, in camera di consiglio, nel termine di trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, sentiti i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla sua notifica, al Consiglio di Stato, il quale decide con le stesse modalità entro sessanta giorni. Non constano applicazioni pratiche di tale rito processuale, e non sembra ci siano esigenze di celerità particolare che ne giustificano il mantenimento

 

Il rito dell’accesso ai documenti amministrativi (art. 116).

Preliminarmente, si segnala che la fase di eventuale contenzioso amministrativo in materia di accesso, mediante ricorso al difensore civico[22], resta disciplinata dalla L. n. 241 del 1990, confluendo nel presente codice solo il ricorso giurisdizionale.

 

Il quinto ed il sesto comma del novellato art. 25 della legge n. 241 del 1990 (modificato dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15) assicurano a chi vi abbia interesse una tutela giurisdizionale rapida ed efficiente nei riguardi sia dei dinieghi espressi o taciti, che del differimento dell’accesso; si prevede in particolare che l’interessato è legittimato all’esperimento del ricorso, nel termine di 30 giorni, al TAR che dovrà pronunciarsi in camera di consiglio, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne facciano richiesta (sul punto cfr. C.d.S., sez. IV, 27 maggio 2003, n. 2938)

 

Il provvedimento conferma che contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni mediante notificazione all’amministrazione e agli eventuali controinteressati; in pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il predetto ricorso può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. L’istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.

Il giudice deciderà, poi, con sentenza in forma semplificata e, sussistendone i presupposti, ordinerà l'esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità.

 

Tutela contro l’inerzia della pubblica amministrazione (art. 117)

Il Titolo III del libro IV è dedicato al rito avverso il silenzio della pubblica amministrazione, anch’esso codificato senza innovazioni particolari, salvo un coordinamento in caso di concorso di azioni diverse con quella relativa alla mera inerzia.

 

Il termine “silenzio”, nel diritto amministrativo si riferisce tradizionalmente agli istituti preposti alla rimozione o alla prevenzione degli effetti negativi dell’inerzia della pubblica amministrazione, in vista della tutela dei soggetti interessati all’emanazione di un atto amministrativo.

Ai sensi dell’art. 2 della L. 241/1990, ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso che, qualora non sia previsto un termine specificamente diverso, deve esser adottato entro il termine di trenta giorni.

In ordine alla procedura d’impugnazione del silenzio-rifiuto (o inadempimento) l’intervento modificatore della L. 15/2005, della L. 80/2005 e, da ultimo, della L. 69/2009, consente, oggi, di impugnare il comportamento omissivo protrattosi oltre il termine conclusivo, senza la necessità di diffida all’amministrazione inadempiente fintanto che perdura l’inadempimento e comunque entro un anno dalla scadenza del termine finale del procedimento.

I ricorsi avverso il silenzio dell’amministrazione, disciplinati dall’articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla L. 205/2000, sono decisi in camera di consiglio, con sentenza succintamente motivata, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne facciano richiesta. Nel caso che il collegio abbia disposto un'istruttoria, il ricorso è deciso in camera di consiglio entro trenta giorni dalla data fissata per gli adempimenti istruttori. La decisione è appellabile entro trenta giorni dalla notificazione o, in mancanza, entro novanta giorni dalla comunicazione della pubblicazione. Nel giudizio d'appello si seguono le stesse regole. In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso di primo grado, il giudice amministrativo ordina all'amministrazione di provvedere di norma entro un termine non superiore a trenta giorni.

Qualora l'amministrazione resti inadempiente oltre il detto termine, il giudice amministrativo, su richiesta di parte, nomina un commissario che provveda in luogo della stessa. All'atto dell'insediamento il commissario, preliminarmente all'emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se anteriormente alla data dell'insediamento medesimo l'amministrazione abbia provveduto, ancorché in data successiva al termine assegnato dal giudice amministrativo con la decisione prevista dal comma 2.

Si segnalano in particolare le seguenti previsioni:

§      nel caso in cui nel corso del giudizio avverso il silenzio sopravvenga il provvedimento espresso, o un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il provvedimento espresso, e l’intero giudizio prosegue con tale rito. In tale ipotesi è prevista una conversione obbligatoria del rito camerale in rito ordinario, essendo sopravvenuto il provvedimento espresso e incentrandosi il contenzioso su quest’ultimo.

§      se insieme all’azione avverso il silenzio viene proposta l’azione di risarcimento del danno per inosservanza dolosa o colposa del termine per provvedere, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e fissare l’udienza pubblica per la trattazione della domanda risarcitoria.

 

Si segnala che la bozza elaborata dalla Commissione speciale conteneva anche una norma (della quale rimane traccia anche nella relazione illustrativa), secondo la quale se veniva chiesto anche l’accertamento della fondatezza della pretesa, il giudice poteva disporre, anche su istanza di parte, la conversione del rito camerale in ordinario.

Tale previsione interveniva su un profilo dibattuto in giurisprudenza: con decisione 9 gennaio 2002, n. 1, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato si era espressa nel senso che, nel caso di ricorsi avverso il silenzio della pubblica amministrazione ex art.21-bis della legge TAR, la cognitio del giudice amministrativo fosse limitata all’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia senza estendersi all’esame della fondatezza della pretesa sostanziale del privato; successivamente, sulla vexata quaestio è intervenuto il legislatore della L. 80/2005 il quale, nel riformulare l’art. 2 della L. 241/1990 introduce al quinto comma di tale disposizione la previsione secondo la quale il giudice amministrativo, nei giudizi contro il silenzio-rifiuto, può conoscere sul merito (fondatezza)dell’istanza.

Il procedimento ingiuntivo (art. 118)

Il TitoloIVconsta di un unico articolo che si limita a riprodurre l’art. 8 della L. n. 205 del 2000, che ha introdotto il rito per decreto ingiuntivo, come disegnato dal codice di procedura civile, nelle materie di giurisdizione esclusiva, se le controversie abbiano ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale.

I riti abbreviati: il rito abbreviato comune, il rito in materia di pubblici appalti.

Nel Titolo V, chedisciplina i riti abbreviati, confluiscono:

§      il vigente rito abbreviato comune a determinate materie, di cui all’art. 23-bis, L. TAR, con alcune innovazioni volte a razionalizzare le materie cui esso si applica e il meccanismo di pubblicazione del dispositivo;

§      il nuovo rito abbreviato in materia di pubblici appalti.

 

 

In relazione al rito abbreviato di cui all’art. 23-bis, legge Tar (art. 119), come posto in evidenza dalla relazione illustrativa, si è discusso nel corso dei lavori preparatori in ordine alla possibilità di ridurre il numero di materie cui esso si applica, ma si è preferito mantenere sostanzialmente invariato l’ambito oggettivo di tale rito in ossequio a scelte suggerite dal legislatore che il Consiglio di Stato ha preferito non disattendere.

 

L'art. 4 della legge n. 205/2000 ha inserito l’art. 23-bis nella legge n. 1034/1971, predisponendo speciali meccanismi processuali (di strettissima interpretazione ed operanti in un giudizio amministrativo abbreviato) tesi a fissare disposizioni acceleratorie speciali per determinati settori che, per la delicatezza delle materie considerate e la complessità dei contrapposti interessi giuridici coinvolti, necessitano di una drastica riduzione dei tempi del processo e di una significativa semplificazione dello svolgimento di determinate fasi.

Le regole volte ad agevolare la rapida definizione del giudizio si incentrano su due binari principali:

-        la netta riduzione dei termini processuali ordinari (generalmente dimezzati);

-        la creazione di un particolare rito speciale eventuale, la cui operatività è subordinata alla concreta sussistenza di ulteriori requisiti particolari, i quale, pur non definito espressamente dal legislatore, è stato denominato dalla dottrina come giudizio abbreviato (così da distinguerlo dal giudizio immediato previsto, in termini generali, dall’art. 26 della legge TAR introdotto dall’art. 9 della L. 205/2000)

 

Tra le novità recate dal provvedimento in ordine alle controversie cui tale rito è applicabile, si segnalano:

§      l’applicazione di tale rito al contenzioso contro i provvedimenti di applicazione, modifica e revoca delle speciali misure di protezione nei confronti di collaboratori e testimoni di giustizia, per il quale le norme vigenti già prevedevano uno speciale rito abbreviato in tutto assimilabile a quello in esame;

§      sulla scorta di un orientamento giurisprudenziale già espresso in relazione all’art. 23-bis, la precisazione che il rito speciale, quanto ai provvedimenti delle Autorità amministrative indipendenti, riguarda i provvedimenti tipici ed esterni di tali Autorità, che ne esprimono le funzioni, e non anche i provvedimenti “interni” inerenti al rapporto di servizio con i propri dipendenti.

 

Si ricorda in breve, che quanto al riparto di giurisdizione relativo agli atti delle authorities, ferme restando le norme speciali vigenti, il D.Lgs. n. 80/1998 ha affidato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo gran parte delle materie in cui gravitano le Autorità indipendenti rimuovendo l’assenza di strumenti processuali e probatori in grado di consentire un controllo su organismi deputati all’esercizio di discrezionalità prevalentemente tecnica in campi connotati da particolare complessità.

Successivamente, l’art. 4 della L. 205/2000, con l’art. 23-bis, ha avviato il processo amministrativo accelerato in settori tra i quali sono ricompresi i provvedimenti adottati dalle Autorità amministrative indipendenti. Come peraltro posto in evidenza dalla dottrina prevalente, tale previsione normativa non è stata volta ad innovare sul piano della giurisdizione in quanto norma esclusivamente acceleratoria sul piano processuale (ne deriva che l’art. 4 nulla sposta sulla giurisdizione del giudice ordinario in tema di Garante della privacy).

 

§      non viene riprodotta la previsione dell’applicabilità di tale rito alle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di organi delle camere di commercio adottati ai sensi dell’art. 12, comma 3, della legge n. 580 del 1993 (previsione che era stata inserita dal “collegato energia”, legge n. 99 del 2009)

 

Tra le ulteriori novità recate dallo schema in oggetto, si segnala come la pubblicazione anticipata del dispositivo, sinora indefettibile, sia stata prevista solo nel caso in cui almeno una delle parti ne faccia richiesta: secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, tale soluzione risponde al principio di economia processuale, atteso che non sempre si riscontra un’effettiva esigenza della pubblicazione del dispositivo anticipata rispetto alla sentenza, e peraltro il dispositivo, stante la sua esecutività, finisce con l’essere causa di una duplicazione dei giudizi di appello in ragione dell’impugnazione volta ad ottenerne la sospensione dell’esecutività.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 23-bis, comma 6, legge TAR, il dispositivo della sentenza è pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza, mediante deposito in segreteria.

 

 

Per quanto riguarda il contenzioso sui pubblici appalti, nell’ambito del codice (artt. 120 ss.) viene inserita la disciplina processuale dettata dal decreto di recepimento della cd. direttiva ricorsi (D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53); tale inserimento ha necessitato di una serie di adattamenti volti ad assicurare una sostanziale uniformità rispetto alla restante disciplina codicistica.

 

Il decreto legislativo 27 aprile 2010, n. 53, “Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici” ha novellato il cd. Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006) in materia di disciplina dei ricorsi giurisdizionali in materia di aggiudicazione degli appalti.

Il provvedimento, in primo luogo, mira ad un rafforzamento degli strumenti di definizione delle liti alternativi al processo, attraverso in particolare misure volte ad agevolare il ricorso all’accordo bonario e la conferma dell’arbitrato quale sistema preferenziale di risoluzione delle controversie negli appalti pubblici.

Con riferimento invece agli strumenti di tutela giurisdizionale, il decreto legislativo prevede esclusivamente il ricorso al TAR (eliminando quindi la possibilità di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) e introduce uno specifico rito per le controversie relative alle procedure di affidamento, caratterizzato in particolare dalla riduzione dei termini processuali.

Il provvedimento reca inoltre le seguenti ulteriori importanti novità:

§       nel caso di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, con contestuale domanda cautelare, impedisce alla stazione appaltante - per un determinato periodo di tempo - di stipulare il contratto con il vincitore della gara;

§       attribuisce al giudice amministrativo che annulla l’aggiudicazione definitiva la giurisdizione anche sulla privazione di effetti del contratto stipulato.

Le nuove disposizioni processuali trovano applicazione anche per le controversie in materia di infrastrutture strategiche, salvo alcune regole specifiche per la caducazione del contratto nel caso di sospensione o annullamento dell’affidamento. Per la trattazione dei ricorsi relativi a tali infrastrutture, in precedenza, l'art. 20, comma 8, del decreto-legge n. 185 del 2008 aveva previsto per uno speciale processo di primo grado, caratterizzato da tempi più stretti rispetto all’ordinario; tale disposizione viene abrogata e l'applicazione della relativa disciplina  fatta salva entro ristretti limiti temporali.

Sullo schema di decreto (A.G. n. 167) le Commissioni II e VIII avevano espresso il parere di propria competenza nella seduta del 3 marzo 2010.

 

 

Nell’ambito della disciplina recata dal Codice si segnalano:

§      la previsione dell’immediata fissazione d’ufficio dell’udienza di merito da celebrare con priorità assoluta (il codice non riproduce il termine massimo di 60 giorni entro il quale deve essere fissata l’udienza);

§      non vengono riprodotti l’articolo 245, comma 2-duodecies, nella parte in cui prevede uno specifico procedimento per la trattazione della domanda cautelare (possibilità per le parti di presentare istanze e memorie entro cinque giorni dalla notificazione della domanda e trattazione della medesima in camera di consiglio alla prima udienza utile) né le disposizioni dei commi da 3 a 7 che disciplinano l’istanza per l’adozione di misure interinali e provvisori nei casi di eccezionale gravità ed urgenza, tale da non consentire la previa notifica del ricorso e la richiesta di misure cautelari provvisorie.

 

La tutela cautelare ante causam per le controversie in materia di contratti pubblici era stata introdotta anche sulla scorta delle pressioni della normativa (direttiva ricorsi n. 665/1989/CE, come modificata dalla dir. 2007/66/CE) e giurisprudenza comunitaria (Corte giust., sent. 15 maggio 2003 e, con specifico riferimento all’Italia, Corte giust., 19 aprile 2004).

 

Il codice mantiene l’obbligo, per il giudizio di primo grado, di pubblicazione del dispositivo entro sette giorni dalla deliberazione (previsto in considerazione dell’eventualità che la definizione del giudizio intervenga nel momento in cui risulta ancora in corso il regime di cd. stand-still che precede obbligatoriamente la stipulazione del contratto) e conferma la disciplina vigente in materia di: inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni indicate dall’articolo 245-bis (e l’eventuale applicazione di sanzioni alternative ai sensi dell’art. 245-quater) e, negli altri casi, attribuzione al giudice della facoltà di dichiarare inefficace il contratto (art. 245-ter); previsione del risarcimento per equivalente del danno patito dal ricorrente che avrebbe avuto titolo all’aggiudicazione se il contratto non è dichiarato inefficace (art. 245-quinquies); disciplina speciale in materia di controversie relative alle c.d. infrastrutture strategiche, in particolare relativa alla caducazione del contratto conseguente a sospensione o annullamento dell’affidamento.

Il contenzioso in materia elettorale

Il titolo VI disciplina il contenzioso in materia elettorale.

 

Il Capo I (artt. 126-128) individua l’ambito di applicazione e detta la disciplina comune.

 

L’articolo 126 individua l’ambito della giurisdizione amministrativa in materia elettorale, riferendola alle operazioni relative alle elezioni comunali, provinciali, regionali ed europee.

 

Viene così data attuazione al criterio di delega che prevede la razionalizzazione e l’unificazione delle norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi (art. 44, comma 2, lett. d), prima parte L 69/2009).

 

Non è stata invece data attuazione al criterio di delega che prevede l’introduzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni (art. 44, comma 2, lett. d), seconda parte, L 69/2009).

 

Come risulta dalla relazione illustrativa, il Governo non ha ritenuto di esercitare la delega sul punto, nonostante un tentativo operato in questo senso da parte della commissione redigente presso il Consiglio di Stato.

I tempi serrati della fase preparatoria delle elezioni politiche – insuperabili per il vincolo posto dall’articolo 61 Cost., che impone di espletare le elezioni politiche entro 70 giorni dal decreto presidenziale di scioglimento delle Camere – hanno sconsigliato il Governo di intraprendere la via della soppressione del procedimento amministrativo di competenza dell’Ufficio centrale elettorale nazionale presso la Corte di cassazione, ipotizzata dalla commissione redigente.

 

Rimane peraltro in tal modo aperto il problema della tutela giurisdizionale relativamente agli atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche (quali, ad esempio, ammissione ed esclusione di liste, candidati, contrassegni…).

 

Si registra infatti sul punto un contrasto interpretativo sulla normativa vigente tra la Giunta delle elezioni della Camera e la Corte di cassazione, che determina di fatto un’assenza di tutela giurisdizionale.

La giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione esclude infatti la giurisdizione del giudice ordinario, come di ogni altro giudice, sul procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche, ritenendo gli uffici elettorali circoscrizionali e l’ufficio elettorale centrale «organi straordinari, temporanei e decentrati, di quelle stesse Camere legislative alla cui formazione concorrono, svolgendo una funzione contingente e strumentale, destinata ad essere controllata o assorbita da quella delle stesse Camere, una volta queste costituite» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 31 luglio 1967, n. 2036; conformi, ex plurimis, sezioni unite civili, sentenze 9 giugno 1997, n. 5135; 22 marzo 1999, n. 172; 6 aprile 2006, n. 8118 e n. 8119; 8 aprile 2008, n. 9151, n. 9152 e n. 9153).

La Giunta delle elezioni della Camera nega invece la propria competenza sui ricorsi relativi agli atti del procedimento elettorale preparatorio, dichiarando gli stessi inammissibili, sulla base della considerazione che la verifica dei titoli di ammissione degli eletti esclude, per definizione, che nella stessa possa ritenersi compreso anche il controllo sulle posizioni giuridiche soggettive di coloro i quali (singoli o intere liste) non hanno affatto partecipato alla competizione elettorale (sedute del 13 dicembre 2006 e del 22 luglio 2008).

La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato dal febbraio 2008 si è attestata sulle stesse posizioni delle Giunta delle elezioni della Camera (in precedenza si registrava invece un orientamento favorevole a comprendere nella verifica dei poteri il controllo sulla regolarità delle operazioni preparatorie).

Della questione è stata anche investita la Corte costituzionale, che ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle relative questioni di legittimità costituzionale (ordinanze nn. 512/2000 e 117/2006).

Sul punto è intervenuta la recente sentenza n. 259 del 2009, che ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale relativa alla mancata previsione nella normativa vigente dell'impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall'Ufficio elettorale centrale nazionale relative alla definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale. Secondo la Corte, l'attuale situazione di incertezza sul giudice competente deriva infatti divergenza interpretativa delle disposizioni vigenti, che può e deve essere risolta con gli strumenti giurisdizionali, comuni e costituzionali, esistenti, quali il regolamento di giurisdizione o il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. Inoltre le questioni attinenti le candidature, che vengono ammesse o respinte dagli uffici competenti nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo, il diritto di elettorato passivo, tutelato per di più da una norma costituzionale. La cognizione delle relative controversie può dunque essere attribuita al giudice amministrativo solo a titolo di giurisdizione esclusiva, il che può avvenire, in virtù della previsione dell’art. 103, primo comma, Cost., unicamente sulla base di una previsione legislativa. La Corte richiama al riguardo proprio la delega di cui all’art. 44 della legge 69/2009.

 

L’assenza di tutela giurisdizionale deve essere valutata alla luce del diritto ad agire in giudizio e del diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione riconosciuti dagli articoli 24 e 113 della Costituzione, nonché dell’articolo 6 CEDU, come rilevato dalla Giunta delle elezioni della Camera nella seduta del 22 luglio 2008.

 

L’articolo 127 dispone l’esenzione degli atti relativi al contenzioso elettorale dal contributo unificato e da ogni onere fiscale.

 

L’articolo 128 dispone l’inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in materia elettorale.

 

Il Capo II (art. 129) disciplina la tutela giurisdizionale anticipata – ossia la possibilità di ricorrere immediatamente, senza attendere l’esito delle elezioni, avverso i provvedimenti del procedimento elettorale preparatorio – limitandola agli atti di esclusione di liste o candidati nelle elezioni amministrative (comunali e provinciali) e regionali.

 

Viene così data soluzione alla questione dell’impugnabilità immediata dei provvedimenti di ammissione e di esclusione di liste e candidati, su cui attualmente si registrano tre principali orientamenti giurisprudenziali.

 

In particolare:

§          secondo un primo orientamento, avallato anche dalla adunanza plenaria del Consiglio di Stato (24 novembre 2005, n. 10), l’impugnazione è possibile solo successivamente alla proclamazione degli eletti;

§          secondo un secondo orientamento, i provvedimenti di ammissione e di esclusione delle liste devono essere impugnati entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza del provvedimento (Consiglio di Stato, V, 21 ottobre 1998, n. 528; 15 marzo 2001, n. 1521; 3 novembre 2001, n. 5695; 18 marzo 2002, n. 1565)

§          un terzo orientamento differenzia il regime dei provvedimenti di ammissione e dei provvedimenti di esclusione, ammettendo l’impugnazione immediata solo per i secondi (Cons. Stato, V, 18 giugno 2001, n. 3212; 9 giugno 2003, n. 3244).

 

La Corte costituzionale, nell’ordinanza n. 90 del 2009, ha rilevato l’esistenza in materia di contrastanti interpretazioni giurisprudenziali e ha dichiarato la manifesta inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale sollevata in materia perché, in mancanza di un diritto vivente, detta questione si risolve in un tentativo di ottenere l'avallo della Corte a favore di una interpretazione piuttosto che di un’altra.

 

La normativa introdotta costituisce dunque una novità, in quanto manca attualmente una disciplina del giudizio immediato per gli atti del procedimento elettorale preparatorio.

 

Si ricorda altresì che, con riferimento alle elezioni regionali, la disciplina dell’impugnazione sia in sede amministrativa che in sede giurisdizionale degli atti del procedimento elettorale preparatorio è stata oggetto del decreto-legge n. 29/2010 (cd. ‘decreto salva-liste’). In particolare l’articolo 1, comma 3, recava una norma di interpretazione autentica della legge elettorale regionale, che differenziava le decisioni di ammissione di liste o di candidati dalle decisioni di eliminazione: contro le prime può essere proposto esclusivamente ricorso al Giudice amministrativo da chi vi abbia interesse, avverso le seconde è ammesso immediatamente ricorso al Giudice amministrativo. Il disegno di legge di conversione è stato peraltro respinto dall’Assemblea della Camera e gli effetti del decreto-legge sono stati fatti salvi dalla legge n. 60/2010.

 

 

L’articolo 129 prevede dunque l’impugnativa immediata:

§          solo per i provvedimenti di esclusione di liste o candidati;

§          nell’ambito delle operazioni relative ad elezioni comunali, provinciali e regionali (escludendo dunque le elezioni europee);

§          solo da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi;

§          con una procedura estremamente celere.

 

Per i provvedimenti di esclusione delle listeresta comunque possibile, come risulta anche dalla relazione illustrativa, l’impugnativa differita, successiva alla proclamazione degli eletti.

 

Tutti gli altri provvedimenti relativi al procedimento elettorale, anche preparatorio – inclusi dunque i provvedimenti relativi all’ammissione delle liste, ai contrassegni o ai collegamenti – sono impugnabili solo alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti.

 

Viene poi prevista una procedura estremamente rapida, con forme semplificate, sia in primo grado davanti al TAR che in secondo grado innanzi Consiglio di Stato, al fine di consentire che il giudizio si concluda con il minor intralcio possibile per lo svolgimento delle elezioni.

 

Il Capo III disciplina il contenzioso ordinario relativo alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo.

 

L’articolo 130 prevede che contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso solo alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti. Resta naturalmente salvo quanto previsto dall’articolo 129 per gli atti di esclusione di liste o candidati nelle elezioni amministrative e regionali.

 

Dal punto di vista formale, dovrebbe farsi riferimento, anziché “all’emanazione dei comizi elettorali”, “all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali” oppure alla “convocazione dei comizi elettorali”.

 

Legittimati a presentare ricorso sono:

§          qualsiasi cittadino elettore dell’ente della cui elezione si tratta, per le elezioni amministrative e regionali;

§          qualsiasi cittadino elettore, per le elezioni europee.

 

La disciplina attualmente vigente per le elezioni amministrative e regionali non limita la legittimazione ad agire ai cittadini elettori dell’ente di riferimento, riconoscendola invece a chiunque vi abbia interesse (art. 83/11 DPR 579/1960; art. 8 L 122/1951; art. 19 L 108/1968).

 

Dal riconoscimento della legittimazione a ricorrere ai soli cittadini elettori dell’ente di riferimento deriva l’esclusione dalla legittimazione a ricorrere dei candidati che non siano anche elettori (perché residenti in diverso ente territoriale).

 

Inoltre, i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea residenti in Italia possono chiedere l’iscrizione nelle liste elettorali aggiunte per le elezioni comunali (D.Lgs 197/1996). Essi possono altresì chiedere di votare in Italia per le elezioni del Parlamento europeo (art. 3 L 18/1979).

 

L’uso dell’espressione “cittadini elettori” sembrerebbe in proposito  precludere la legittimazione a ricorrere per i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea che hanno diritto di voto in Italia per le elezioni comunali ed europee sulla base della normativa vigente.

 

Il giudice competente è il TAR nella cui circoscrizione si trova l’ente territoriale per le elezioni amministrative e regionali e il TAR del Lazio per le elezioni europee.

 

Viene poi disciplinata la procedura da seguire davanti al giudice amministrativo.

 

Nessuno dei termini processuali previsti dall’articolo ha peraltro natura perentoria: il mancato rispetto dei termini non sembrerebbe dunque comportare la decadenza dal potere di compiere l’atto. Appare opportuno un chiarimento al riguardo.

 

Il TAR, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati, coloro che hanno diritto di esserlo (comma 9, primo periodo).

 

Il riferimento alla correzione del risultato delle elezioni in caso di accoglimento del ricorso (con una disposizione che ripete quanto attualmente previsto dall’art. 84, primo comma, DPR 570/1960) non sembra comprendere i casi in cui detto accoglimento è potenzialmente idoneo ad inficiare l’intero svolgimento delle elezioni. All’annullamento delle elezioni in sede giudiziaria continua del resto a fare riferimento l’articolo 85 del DPR 570/1960, che non viene abrogato dallo schema di decreto in esame. Appare opportuno un coordinamento tra le disposizioni.

 

In caso di ricorso avverso le operazione elettorali relative al Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto (comma 9, secondo periodo).

La disposizione riproduce quanto attualmente previsto dall’art. 42, decimo comma, L 18/1979.

 

L’articolo 131 disciplina il processo di appello relativo alle operazioni elettorali di comuni, province e regioni.

 

L’applicabilità della norma alle sole elezioni amministrative e regionali si desume unicamente dalla rubrica, mentre l’articolo fa riferimento genericamente all’appello avverso le sentenze di cui all’articolo 130, che possono riguardare anche le elezioni europee.

 

L’appello è proposto del termine di 20 giorni, decorrenti:

§          dalla notifica della sentenza per coloro nei cui confronti la notifica è obbligatoria;

§          dalla pubblicazione della sentenza nell’albo pretorio del comune per gli altri cittadini elettori.

 

L’espressione “altri cittadini elettori” è generica e non chiarisce se il potere di appellare sia limitato ai soli elettori che sono stati parte del giudizio di primo grado. In caso contrario, si avrebbe peraltro un’ipotesi - del tutto peculiare nell’ordinamento - di appello proposto da soggetti che non sono stati parte del giudizio di primo grado.

Con riferimento alla decorrenza del termine per appellare dalla pubblicazione della sentenza, si osserva che l’articolo 130, comma 8, prevede la pubblicazione nell’albo pretorio delle sole sentenze passate in giudicato. Appare necessario un chiarimento sul punto.

La norma fa inoltre riferimento alla pubblicazione della sentenza nell’albo pretorio del comune, laddove la sentenza può riguardare non solo le elezioni comunali, ma anche quelle provinciali e regionali (nelle province e nelle regioni gli atti sono pubblicati, rispettivamente, nell’albo pretorio della provincia e nel bollettino ufficiale della regione).

 

Al giudizio si applicano le norme sul processo di appello davanti al Consiglio di Stato, con un dimezzamento dei relativi termini.

 

L’articolo 132 disciplina il processo di appello relativo alle operazioni elettorali relative al Parlamento europeo.

 

Come per l’articolo precedente, l’applicabilità della norma alle sole elezioni europee si desume unicamente dalla rubrica, mentre l’articolo fa riferimento genericamente alla proposizione dell’appello ad opera delle parti del giudizio di primo grado.

 

Le parti possono proporre appello mediante dichiarazione da presentare presso la segreteria del TAR che ha pronunciato la sentenza, entro il termine di cinque giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza o, in mancanza, del dispositivo.

L’atto di appello con i motivi deve essere depositato entro trenta giorni dalla ricezione dell’avviso di pubblicazione della sentenza.

 

L’uso di un’espressione facoltizzante («le parti… possono proporre appello») rende dubbia l’obbligatorietà della dichiarazione di appello. Sulla base di quanto prevista dall’articolo 130, comma 8, alla mancata dichiarazione di appello dovrebbe peraltro conseguire il passaggio in giudicato della sentenza.

 

Per il resto si applicano le norme previste dall’articolo 131, per il processo di appello relativo alle operazioni elettorali di comuni, province e regioni.

 

Anche con riferimento agli articoli 131 e 132, non è stabilita la natura perentoria dei termini processuali.

 

Libro V (Norme finali)

Il Libro V, oltre che l’individuazione delle materie di giurisdizione esclusiva, di giurisdizione estesa al merito e delle controversie attribuite alla competenza esclusiva del TAR Lazio (su cui cfr. il commento al Libro I), contiene:

§      la clausola di invarianza finanziaria (art. 137 del Codice; cfr. il comma 5 della norma di delega);

§      una disposizione in materia di comunicazioni e depositi informatici (articolo 136), che prevede, in particolare, l’indicazione da parte dei difensori nel ricorso o nel primo atto difensivo del proprio indirizzo di posta elettronica certificata (oltre che del recapito di fax); la presunzione della conoscenza delle comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa vigente; l’onere per i difensori di fornire copia informatica degli atti depositati e degli altri atti di causa con l’attestazione della conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo.

 

L’art. 44, comma 2, lett. a) prevede, tra i criteri di delega, il ricorso a procedure informatiche e telematiche.

 


Le norme di attuazione (Allegato 2)

L’Allegato 2 reca le norme di attuazione, che rispettivamente riguardano: i registri e l’orario di segreteria; i fascicoli di parte e d’ufficio; l’ordine di fissazione dei ricorsi e le udienze; il processo telematico; le spese di giustizia.

§      con riferimento, in particolare al processo telematico, si rimette ad un D.P.C.M. (sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA) la definizione delle regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione e l’aggiornamento del processo amministrativo telematico (nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente).

 

Tale disposizione è volta a dare attuazione all’art. 44, comma 2, lett. a) che prevede, tra i criteri di delega, il ricorso nel processo amministrativo a procedure informatiche e telematiche, nel rispetto della clausola di invarianza degli oneri di cui al comma 5 della medesima disposizione. La relazione illustrativa spiega la scelta dello strumento regolamentare (che ha il pregio della flessibilità e della tempestività dell’adeguamento), precisando che esso potrà tenere conto dei risultati fino ad oggi conseguiti con l’introduzione del Nuovo Sistema Informativo della Giustizia Amministrativa (NSIGA) e assicurarne l’interoperabilità con il Sistema Informatico Civile (SICI) da cui dipende il processo civile telematico.

A livello normativo si ricorda che il D.P.R. 13-2-2001 n. 123 (Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti) trova applicazione (nei limiti della compatibilità) anche al processo amministrativo; tuttavia non sono stati emanati i D.P.C.M. da esso previsti per la definizione delle regole tecnico-operative per il funzionamento e la gestione del sistema informatico della giustizia amministrativa e contabile. Si segnala, inoltre, che il codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. n. 82 del 2005), all’articolo 56, prevede che i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile (nonché le sentenze e le altre decisioni dei medesimi giudici) siano resi accessibili mediante pubblicazione sul sistema informativo interno e sul sito istituzionale della rete Internet delle autorità emananti, osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali.

 

§      in materia di spese di giustizia, si prevede l’istituzione presso gli organi della giustizia amministrativa di una commissione per l’ammissione al gratuito patrocinio e si destina il gettito delle pene pecuniarie irrogate alle stazioni appaltanti nell’ambito delle controversie in materia di appalti pubblici al bilancio pubblico e la successiva riassegnazione al Ministero dell’economia e delle finanze per le spese di cui all’articolo 1, comma 309, della legge n. 311 del 2004.

 

Tale disposizione, come modificata dallo stesso articolo 44 della legge n. 69 del 2009, prevede l’assegnazione del maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi da 306 a 308 al bilancio dello Stato, e la successiva riassegnazione allo stato di previsione del Ministero della giustizia per il pagamento di debiti pregressi nonché per l'adeguamento delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari e allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, ivi comprese quelle occorrenti per incentivare progetti speciali per lo smaltimento dell’arretrato e per il miglior funzionamento del processo amministrativo.


Le norme transitorie (Allegato 3)

L’Allegato 3, recante norme transitorie, prevede:

§      una disposizione diretta all’eliminazione dell’arretrato, riferita ai ricorsi pendenti da oltre cinque anni per i quali non sia stata ancora fissata l’udienza di discussione. Essa prevede che, in mancanza di presentazione di una nuova istanza di fissazione dell’udienza entro 90 giorni dall’entrata in vigore del codice, il ricorso è dichiarato perento con decreto del presidente; tale decreto è revocato e la causa reiscritta in ruolo se, nel termine di 90 giorni dalla comunicazione del decreto, il ricorrente manifesta il perdurante interesse alla trattazione della causa, con un atto sottoscritto personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti.

 

Tra i criteri di delega, l’articolo 44, comma 2, alla lettera a), prevede l’adozione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell’arretrato.

Si segnala che il testo elaborato dalla Commissione speciale del Consiglio di stato prevedeva l’individuazione da parte del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa delle sedi di TAR presso le quali istituire sezioni preposte esclusivamente alla definizione del contenzioso pendente.

 

§      l’ultrattività della disciplina previgente per i termini pendenti alla data di entrata in vigore del codice;

§      l’applicabilità soltanto agli appelli depositati dopo l’entrata in vigore del codice della disposizione di cui all’art. 101, comma 2, secondo la quale si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, non espressamente riproposte nell’atto di appello (o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio).


 

Le norme di coordinamento e le abrogazioni (Allegato 4)

L’Allegato 4, infine, reca infine le norme di coordinamento e le abrogazioni.

La norma di delega, al comma 3, prevede che i decreti legislativi di cui al comma 1 abrogano espressamente tutte le disposizioni riordinate o con essi incompatibili, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, e dettano le opportune disposizioni di coordinamento in relazione alle disposizioni non abrogate.

In attuazione di tale criterio gli articoli 1, 2 e 3 recano specifiche norme di coordinamento (rispettivamente con la disciplina in materia di elezioni europee, di elezioni amministrative e con ulteriori disposizioni vigenti) e l’articolo 4 provvede all’abrogazione puntuale di disposizioni superate o incorporate nel codice.

 

Come spiega la relazione illustrativa, rispetto ai testi fondamentali della giustizia amministrativa (legge TAR del 1971 T.U. del Consiglio di Stato del 1924) sono state abrogate esclusivamente le norme di carattere processuale e sono, invece, rimaste in vita le misure organizzative e, più in generale gli ambiti non incisi dal codice.

Tra le disposizioni abrogate, viene inoltre segnalato l’articolo 46, comma 24, della stessa legge n. 69 del 2009, nella parte in cui estende anche al processo amministrativo la disciplina in materia di rinnovo della notifica nulla al convenuto contumace, in relazione alla specifica disciplina per la tutela del contraddittorio recata dal codice.

 

 

 

 


Riferimenti normativi

 


R.D. 17 agosto 1907, n. 642
Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 settembre 1907, n. 227.

(2)  Dopo l'emanazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato approvato con R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 non è stato pubblicato un nuovo regolamento per la procedura davanti al Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale. È quindi, tuttora in vigore, l'antico regolamento approvato con R.D. 17 agosto 1907, n. 642, da coordinarsi, tuttavia, con le norme dettate dal predetto testo unico, in tema di «procedimenti dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale», al Titolo III. Vedi, anche, la L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

 

 

TITOLO I

Del ricorso (3)

 

Art. 1.

I termini stabiliti dall'art. 28 (4) della legge, testo unico approvato con R.D. 17 agosto 1907, n. 638, per ricorsi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, decorrono dal giorno della notificazione dell'atto o provvedimento amministrativo, ovvero dal giorno della dichiarazione che, a norma dell'art. 25 (5) della legge, sia stata fatta dagli interessati, d'intendere che si provochi la decisione della sezione giurisdizionale competente (6).

 

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(3)  Poiché il regolamento annotato fa riferimento ad articoli del precedente testo unico, approvato con R.D. 17 agosto 1907, n. 638, e poiché le disposizioni di quest'ultimo decreto sono state trasfuse nel testo unico approvato con R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, per ogni articolo del vecchio testo unico citato dal presente regolamento, è stato fatto riferimento al corrispondente articolo del vigente testo unico del 1924.

(4)  Vedi art. 36, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(5)  Vedi art. 33, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(6)  Per effetto dell'art. 36, T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, l'espressione «sezione giurisdizionale competente» va intesa come «Consiglio di Stato in sede giurisdizionale».

 

 

Art. 2.

Qualora si pretenda che un atto o provvedimento amministrativo offenda interessi d'individui o di enti giuridici, i quali non essendo direttamente contemplati nell'atto o provvedimento medesimo non ne abbiano avuta notificazione nelle forme prescritte dagli articoli seguenti, il termine per ricorrere alle sezioni giurisdizionali decorre dal giorno della pubblicazione di un estratto di quell'atto o provvedimento nella Gazzetta Ufficiale del Regno, o nel bollettino degli annunzi legali per la Provincia.

Art. 3.

La notificazione di cui all'art. 1 deve sempre essere fatta mediante consegna o trasmissione di una copia in forma amministrativa dell'atto o provvedimento o mediante consegna o trasmissione dell'invito a dichiarare se l'intimato intenda che si provochi la decisione della sezione giurisdizionale competente.

 

Per i modi della notificazione stessa si osservano le disposizioni dei regolamenti particolari dell'amministrazione da cui l'atto è emanato.

 

In mancanza di tali regolamenti la notificazione si fa, per mezza di ufficiale giudiziario o di messo comunale, alla persona interessata o ad uno di sua famiglia o addetto alla casa o al servizio, nella residenza o nel domicilio o nella dimora.

 

La relazione della notificazione, redatta in doppio originale, deve essere datata o sottoscritta dall'ufficiale giudiziario o dal messo e dal consegnatario: se questi non può o non vuole sottoscrivere, ne sarà fatta menzione.

 

Un originale della relazione è rilasciato all'interessato e l'altro è consegnato all'autorità che ha emanato l'ordine della notificazione.

 

Alle notificazioni di cui sopra si applicano le norme di cui agli artt. 9, 10, 11, 12 e 13.

 

 

Art. 4.

La notificazione si ha per avvenuta dal giorno in cui la persona interessata o chi la rappresenta legalmente diede ricevuta dell'atto o provvedimento che la riguarda.

 

Quando l'atto o provvedimento riguardi un pubblico ufficio, la notificazione si ha per avvenuta nel giorno in cui l'atto o provvedimento risulta protocollato nei registri di arrivo dell'ufficio medesimo.

 

 

Art. 5.

Ove, entro trenta giorni da quello della notificazione dell'invito che sia stato fatto all'interessato, a termini dell'art. 25 (7) della legge, questi non risponda all'autorità che ne ha promosso il consenso, s'intende che egli abbia rinunziato al diritto di ricorrere alla sezione giurisdizionale competente (8).

 

Qualora l'interessato dichiari di accettare che l'affare sia deferito alla decisione della sezione predetta, l'autorità, entro trenta giorni dopo tale dichiarazione, invia gli atti alla segreteria della sezione stessa, dandone comunicazione agli interessati in forma amministrativa.

 

Nel termine di altri trenta giorni dopo pervenuti gli atti alla segreteria, le parti possono presentare istanze, memorie e documenti.

 

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(7)  Vedi art. 33, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(8)  Per effetto dell'art. 36, T.U. 26 giugno 1924, n. 1054, l'espressione «sezione giurisdizionale competente» va intesa come «Consiglio di Stato in sede giurisdizionale».

 

 

Art. 6.

Il ricorso deve essere diretto alla sezione giurisdizionale competente (9) e deve contenere:

 

1° la indicazione del nome e cognome, della residenza o domicilio del ricorrente;

 

2° la indicazione dell'atto o provvedimento amministrativo che s'impugna e della data della sua notificazione;

 

3° la esposizione sommaria dei fatti, i motivi su cui si fonda il ricorso, con la indicazione degli articoli di legge o di Regolamento che si ritengono violati e le conclusioni;

 

4° la sottoscrizione delle parti o di una di esse e dell'avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione, ovvero del solo avvocato, indicandosi, in questo caso, la data del mandato speciale.

 

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(9)  Vedi nota all'art. 1.

 

 

Art. 7.

Il ricorso dev'essere notificato tanto all'autorità dalla quale è emanato l'atto o provvedimento impugnato, quanto alle persone alle quali l'atto o provvedimento medesimo direttamente si riferisce.

 

 

Art. 8.

La notificazione si eseguisce per mezzo di ufficiale giudiziario o di messo comunale con la consegna della copia del ricorso e con le forme indicate nell'art. 3.

 

 

Art. 9.

Ove nessuno si trovi nell'abitazione, o in caso di rifiuto di ricevere il ricorso che si notifica, l'ufficiale giudiziario o il messo comunale lascia avviso, in carta libera, affisso alla porta della abitazione e deposita la copia dell'atto nella casa comunale o la consegna al Sindaco o a chi ne fa le veci o all'impiegato delegato a ricevere gli atti giudiziari. Delle eseguite operazioni l'ufficiale giudiziario o il messo fa attestazione sull'originale e sulla copia.

 

 

Art. 10.

Se il ricorso devesi notificare a chi non ha residenza, domicilio o dimora conosciuta, la notificazione si fa mediante la pubblicazione di un sunto del ricorso nel foglio degli annunzi della Provincia ove ha sede l'autorità che emise il provvedimento e nella Gazzetta Ufficiale del Regno.

 

 

Art. 11.

Se il ricorso devesi notificare a chi non ha residenza, domicilio o dimora nel Regno, ne è consegnata copia al Ministero Pubblico presso il tribunale civile di Roma.

 

Il Ministero Pubblico, dato atto della consegna, trasmette la copia suddetta al Ministero degli affari esteri.

 

Qualora la persona a cui si deve notificare il ricorso abbia nello Stato un procuratore generale, il ricorso può essere notificato a questo.

 

 

Art. 12.

Per i militari di terra o di mare, e per le persone loro assimilate per legge, la notificazione, quando non possa farsi in persona propria, si eseguisce negli altri modi indicati nell'art. 3, e una copia del ricorso e dell'atto di notificazione deve essere inoltre consegnata al Pubblico Ministero presso il Tribunale del luogo nella cui circoscrizione risiede l'autorità dalla quale è emanato l'atto o provvedimento impugnato.

 

Il segretario della Procura regia rilascia ricevuta della detta copia, e il Procuratore del Re la trasmette al comandante della divisione militare (10) o del dipartimento marittimo (11) in cui detti militari o assimilati prestano servizio, per la consegna all'interessato.

 

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(10)  Ora Comandante militare territoriale per effetto del D.Lgs.C.P.S. 13 maggio 1947, n. 500 e della L. 9 gennaio 1951, n. 167.

(11)  Ora anche il Comandante della zona aerea territoriale, istituita con R.D.L. 22 febbraio 1937, n. 220.

 

 

Art. 13.

Per le autorità e gli enti morali la consegna si fa ai loro rappresentanti od a chi è autorizzato a ricevere le notificazioni: per gli incapaci, a chi ne è legittimo rappresentante, e per coloro che hanno limitata l'amministrazione dei beni o non possono stare in giudizio senza l'autorizzazione altrui, alla persona e a chi deve assisterla.

 

 

Art. 14.

Quando la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia sommamente difficile per il numero delle persone da chiamarsi in giudizio, il Presidente della sezione adita (12) può disporre che sia fatta per pubblici proclami autorizzando il ricorrente a far inserire, nel foglio degli annunzi della Provincia ove ha sede l'autorità che emise il provvedimento e nella Gazzetta Ufficiale del Regno, un sunto del ricorso e le sue conclusioni, con le cautele consigliate dalle circostanze, e designando, se sia possibile, alcuni fra gli interessati ai quali la notificazione debba farsi nei modi ordinari.

 

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(12)  Vedi nota all'art. 1.

 

 

Art. 15.

Quando le parti che abbiano interesse ad opporsi al ricorso siano più, la domanda si deve proporre contro tutte. Se la domanda sia proposta contro alcune soltanto delle parti interessate ad opporsi, il giudizio si deve integrare con la notificazione del ricorso alle altre.

 

L'integrazione del giudizio non è applicabile nel caso in cui, per omessa notificazione del ricorso all'autorità dalla quale emana l'atto o il provvedimento impugnato o per altro motivo, il ricorso debba essere dichiarato senz'altro irricevibile.

 

 

Art. 16.

La sezione nell'ordinare l'integrazione del giudizio, indica le persone a cui il ricorso deve notificarsi, e, ove ne sia il caso, autorizza la notificazione per pubblici proclami. Stabilisce inoltre un termine entro cui deve effettuarsi la notificazione del ricorso e il deposito del medesimo nella segreteria, insieme con la prova dell'eseguita notificazione.

 

 

Art. 17.

Il ricorso è nullo:

1° se manchi la sottoscrizione richiesta dall'art. 6;

2° se, per la inosservanza delle altre norme prescritte nel suddetto articolo, vi sia incertezza assoluta sulle persone o sull'oggetto della domanda.

Se il ricorso contenga altre irregolarità, la sezione può ordinare che sia rinnovato entro un termine che stabilirà nella sua ordinanza.

La comparizione dell'intimato sana la nullità e la irregolarità dell'atto, salvo i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione.

 

 

Art. 18.

L'originale ricorso con la prova della eseguita notificazione, con l'atto di notificazione della decisione amministrativa, con il mandato speciale nel caso previsto dall'art. 27 (13) della legge e con i documenti sui quali il ricorso si fonda, deve essere depositato nella segreteria della sezione competente nelle ore in cui, secondo il regolamento, deve stare aperta.

 

Il termine stabilito dall'art. 28 (14) 30 capoverso della legge, per fare il deposito, s'intende scaduto nel momento in cui si chiude la segreteria della sezione, nell'ultimo giorno del termine (15).

 

L'ufficio della segreteria delle sezioni giurisdizionali e dell'adunanza plenaria è aperto al pubblico dalle ore dieci alle sedici. [Nei giorni festivi si chiude alle dodici] (16) (17).

 

Il segretario, ricevuto il ricorso ne fa annotazione in apposito registro e ne rilascia dichiarazione, se richiesta.

 

Quando le persone cui fu notificato il ricorso siano più, il termine per fare il deposito comincia a decorrere dal giorno in cui fu eseguita l'ultima notificazione.

 

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(13)  Vedi art. 35, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(14)  Vedi art. 36, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(15)  Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 2, L. 28 dicembre 2005, n. 263, con la decorrenza ed i limiti indicati nel comma 4 dello stesso articolo 2.

(16)  Periodo soppresso dal comma 3 dell'art. 2, L. 28 dicembre 2005, n. 263, con la decorrenza ed i limiti indicati nel comma 4 dello stesso articolo 2.

(17)  Vedi anche art. 71, R.D. 21 aprile 1942, n. 444.

 

 

Art. 19.

La mancanza del deposito del provvedimento impugnato non importa decadenza se dipenda dall'impossibilità di produrlo a causa del rifiuto dell'amministrazione alla domanda di rilascio della copia di esso. Il rifiuto dell'amministrazione dev'essere fatto constare con verbale di ufficiale giudiziario, da depositarsi insieme col ricorso, nei modi e nel termine indicati nell'articolo precedente.

 

 

Art. 20.

Il decreto di abbreviazione o di proroga del termine, nei sensi dell'art. 30 (18) della legge, è fatto in fine della domanda, e deve essere notificato all'autorità e agli interessati.

 

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(18)  Vedi art. 38, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 21.

L'interessato, o l'avvocato che lo rappresenta, deve notificare che il deposito è stato eseguito nei modi di legge al Ministero dal quale dipende l'autorità il cui provvedimento è stato impugnato.

 

La notifica si fa per mezzo di un usciere del Consiglio di Stato entro il termine di tre giorni dall'eseguito deposito.

 

Quando la notifica predetta non sia stata eseguita, il Presidente della sezione adita assegna un termine perché l'interessato, o l'avvocato che lo rappresenta, vi provveda.

 

 

Art. 22.

Il termine fissato nella prima parte dell'art. 29 (19) della legge per la presentazione di memorie od istanze, e per la produzione di documenti, può essere prorogato, sopra domanda delle parti, dal Presidente della sezione adita nei casi di necessità o di pubblico interesse.

 

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(19)  Vedi art. 37, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 23.

Il segretario, a richiesta delle parti interessate, o degli avvocati eletti, comunica loro, per semplice ispezione, tutti gli atti del giudizio, sui quali essi possono prendere note appunti.

 

 

Art. 24.

Chiunque presenta un ricorso o una domanda in sede giurisdizionale, deve consegnare tanti fogli di carta col bollo prescritto, quanti ne vengano dal segretario reputati necessari per l'atto richiesto e per quelli che ne possono essere la conseguenza.

 

Il segretario rilascia all'interessato ricevuta dell'eseguito deposito.

 

Nel caso di dissenso sulla quantità del deposito, decide il Presidente della sezione (20).

 

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(20)  Vedi, ora, art. 42, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, e la nota apposta al secondo comma dello stesso art. 42.

 

 

Art. 25.

La insufficienza del deposito che in fatto si constatasse, non dispensa il segretario dall'obbligo di scrivere immediatamente l'originale della decisione o del provvedimento, salvo però in lui il diritto al rimborso contro le parti o l'avvocato, mediante ordine di pagamento da rilasciarsi dal Presidente della sezione (21).

 

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(21)  Vedi, ora, art. 42, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, e la nota apposta al secondo comma dello stesso art. 42.

 

 

TITOLO II

Della istruzione

 

Art. 26.

Le sezioni giurisdizionali possono richiedere all'amministrazione e ordinare alle parti di produrre quegli atti e documenti che credono necessari per la decisione della controversia.

 

Possono pure richiedere che l'amministrazione faccia eseguire nuove verificazioni, fissando il termine entro cui dev'essere depositata la relazione.

 

Le parti sono, a cura dell'amministrazione, avvisate, almeno cinque giorni prima, del luogo, del giorno e dell'ora in cui si eseguiranno le verificazioni (22).

 

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(22)  Con sentenza 10 aprile 1987, n. 146 (Gazz. Uff. 29 aprile 1987, n. 18 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità degli artt. 44, primo comma, del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 e 26 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e 7, primo comma, della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 nei limiti in cui li richiama, nella parte in cui nelle controversie di impiego di dipendenti dello Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma da 2 a 4, 422, 424 e 425, del c.p.c. novellati in virtù della L. 11 agosto 1973, n. 533.

 

 

Art. 27.

La sezione quinta (23) può assumere testimoni, eseguire ispezioni, ordinare perizie e fare tutte le altre indagini che possono condurre alla scoperta della verità, coi poteri attribuiti al magistrato dal codice di procedura civile e con le relative sanzioni.

 

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(23)  Le disposizioni di questo articolo debbono intendersi riferite anche alle sezioni quarta e sesta, ai sensi del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840.

 

 

Art. 28.

Se una delle parti domanda l'assunzione di un mezzo istruttorio e le altre aderiscono, il Presidente, qualora ne riconosca l'opportunità, dà atto alle parti della domanda ed emette le disposizioni che occorrono per la esecuzione.

 

Nelle vertenze elettorali, indipendentemente dall'accordo delle parti, le Prefetture, su semplice richiesta del Presidente della sezione quinta (24), devono trasmettere i verbali delle elezioni, le schede contestate e gli altri documenti che possono occorrere al giudizio.

 

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(24)  Le disposizioni di questo articolo debbono intendersi riferite anche alle sezioni quarta e sesta, ai sensi del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840.

 

 

Art. 29.

Il Presidente o la sezione, nell'ammettere i mezzi istruttori, stabilisce i termini da osservare ed i modi con cui debbono seguire, applicando, per quanto è possibile, le disposizioni del codice di procedura civile.

 

 

Art. 30.

Per l'esecuzione dei mezzi istruttori di cui nel capoverso dell'art. 36 (25) della legge, è delegato uno dei componenti della sezione, il quale procede con l'assistenza del segretario, che redige i relativi verbali.

 

Se il luogo in cui devesi eseguire il mezzo istruttorio è fuori della capitale, la sezione può delegare uno dei consiglieri di Prefettura, o un magistrato il quale è assistito da un segretario di quell'ufficio.

 

Se il mezzo istruttorio debba eseguirsi fuori del Regno, la richiesta deve farsi nelle forme diplomatiche.

 

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(25)  Vedi art. 44 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 31.

Per l'esecuzione di perizie, la sezione incarica uno o più funzionari tecnici dello Stato.

 

 

Art. 32.

Il consigliere a cui sono commessi mezzi istruttori deve fare notificare, cinque giorni prima, alle parti stesse il giorno, l'ora ed il luogo delle operazioni.

 

 

Art. 33.

La surrogazione del consigliere delegato, o la nomina di altro consigliere che debba sostituirlo in qualche atto relativo all'esecuzione della prova è fatto con provvedimento del Presidente, ancorché la delegazione abbia avuto luogo per decisione.

 

 

Art. 34.

Ove i mezzi istruttori ordinati d'ufficio importino spese, queste debbono essere anticipate dalla parte ricorrente. In tal caso, la sezione intima al ricorrente il deposito della somma approssimativamente necessaria all'uopo.

 

Se i mezzi istruttori siano invece ordinati in seguito ad istanza di parte, questa è tenuta ad eseguire il deposito.

 

Questo deve sempre essere fatto nella segreteria.

 

Qualora la somma non risulti sufficiente, non si provvede sul ricorso fino a che le parti interessate non provino d'aver eseguito l'integrale pagamento della somma occorrente.

 

Se la parte cui spetta di fare il deposito non l'abbia fatto o l'abbia fatto insufficiente, è in facoltà della parte contraria, ove non preferisca anticipare le spese, di fare prefiggere un termine, decorso il quale la sezione decide allo stato degli atti.

 

 

Art. 35.

Dopo la notificazione fatta alle parti ed alla amministrazione a cura del segretario che l'istruttoria ordinata è stata eseguita e che i relativi atti rimangono nella segreteria a loro disposizione, le parti stesse o l'amministrazione devono presentare la domanda di fissazione di udienza per la discussione del ricorso.

 

 

TITOLO III

Delle domande incidentali e del ricorso incidentale

 

Art. 36.

Le domande di sospensione della esecuzione dell'atto amministrativo, qualora non siano proposte nel ricorso, devono farsi mediante istanza diretta alla sezione giurisdizionale, a cui fu presentato il ricorso, notificata agli interessati ed all'amministrazione e depositata nella segreteria.

 

L'amministrazione e le parti interessate possono, entro dieci giorni dalla notifica, depositare e trasmettere memorie od istanze alla segreteria.

 

Il Presidente può abbreviare il termine.

 

Su tali domande la sezione pronuncia nella prima udienza dopo spirato il termine (26).

 

La domanda di sospensione può essere presentata per la prima volta anche all'adunanza plenaria, la quale provvede o in linea preliminare o contemporaneamente alla decisione della questione di competenza (27).

 

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(26)  Vedi anche art. 39, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(27)  Vedi l'art. 2, D.L. 5 maggio 1948, n. 642, l'art. 10, L. 21 dicembre 1950, n. 1018 e l'art. 3, comma 4-bis, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 

Art. 37.

Chi ha un interesse nella contestazione può intervenirvi.

 

L'intervento è proposto con domanda diretta alla sezione adita. La domanda deve contenere le ragioni, con la produzione dei documenti giustificativi, e dev'essere sottoscritta dalle parti e dall'avvocato, o dal solo avvocato munito di mandato speciale.

 

 

Art. 38.

La domanda d'intervento è notificata alle parti nel rispettivo domicilio di elezione ed all'autorità che ha emanato l'atto impugnato, e deve essere depositata in segreteria entro dieci giorni successivi a quello della notificazione (28).

 

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(28)  Comma così modificato dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 39.

Nel termine di dieci giorni dalla notificazione dell'intervento gli interessati e l'amministrazione possono presentare e trasmettere memorie e documenti.

 

 

Art. 40.

L'intervento ha luogo nello stato in cui si trova la contestazione.

 

 

Art. 41.

Chi deduce la falsità di un documento deve provare che sia stata già proposta la querela di falso, o domandare la prefissione di un termine entro cui possa proporla innanzi al Tribunale competente.

 

 

Art. 42.

Qualora la contestazione possa essere decisa indipendentemente dal documento del quale è dedotta la falsità, la sezione pronuncia sulla controversia principale.

 

La decide pure dopo che sia trascorso il termine prefisso a norma dell'articolo precedente, senza che siano stati compiuti gli atti prescritti dal codice di procedura civile, fino alla proposta della querela.

 

Proposta la querela, la sezione sospende la decisione fino al termine del giudizio di falso.

 

 

Art. 43.

Terminato il giudizio di falso, la parte che ha dedotto la falsità deve, entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza, depositarne copia nella segreteria sotto pena, se è il ricorrente, della decadenza del ricorso.

 

 

Art. 44.

Nel termine di dieci giorni successivi a quello assegnato pel deposito del ricorso incidentale, l'autorità e il ricorrente principale possono presentare memorie, fare istanze e produrre i documenti che ritengono opportuni.

 

 

TITOLO IV

Dell'abbandono del ricorso e della rinuncia

 

Art. 45.

La perenzione del ricorso opera di diritto e può essere rilevata anche di ufficio (29).

 

Nel caso di perenzione, ciascuna delle parti sopporta le proprie spese nel giudizio perento.

 

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(29)  Vedi, anche, l'art. 40, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 46.

In qualunque stadio della controversia si può rinunciare al ricorso mediante dichiarazione sottoscritta dalla parte o dall'avvocato, munito di mandato speciale e depositato nella segreteria, o mediante dichiarazione verbale, di cui è steso processo.

 

Il rinunziante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti.

 

La rinunzia dev'essere notificata alla controparte, eccetto il caso in cui sia fatta oralmente all'udienza.

 

 

TITOLO V

Della ricusazione

 

Art. 47.

Le cause che danno luogo alla ricusazione dei giudici od alla loro astensione, secondo il codice di procedura civile, sono applicabili ai componenti delle sezioni giurisdizionali e dell'adunanza plenaria (30).

 

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(30)  La Corte costituzionale, con ordinanza 14-21 ottobre 1998, n. 359 (Gazz. Uff. 28 ottobre 1998, n. 43, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 48.

La ricusazione si propone, almeno tre giorni prima dell'udienza designata, con domanda diretta al Presidente della sezione adita o dell'adunanza plenaria, quando sono noti i consiglieri o referendari che devono prendere parte all'udienza; in caso contrario, può proporsi oralmente all'udienza medesima prima della discussione.

 

La domanda deve indicare i motivi ed i mezzi di prova ed essere firmata dalla parte o dall'avvocato munito di mandato speciale.

 

Quando si tratti di ricusare il funzionario delegato per l'esecuzione di un mezzo istruttorio, la ricusazione deve farsi entro tre giorni da quello in cui fu pubblicata la decisione o il provvedimento di delegazione. In caso di urgenza, il Presidente può provvedere alla surrogazione con altro funzionario.

 

Art. 49.

Il segretario dà immediata comunicazione della domanda al funzionario ricusato, il quale, in fine di essa, deve fare la risposta sulla sussistenza dei motivi.

 

 

Art. 50.

La sezione o l'adunanza plenaria, in camera di consiglio decide sulla domanda.

 

Se la domanda è rigettata, la parte che l'ha proposta è condannata con la stessa decisione a una sanzione amministrativa, che può estendersi fino a lire 30.000 (31).

 

La sanzione amministrativa (32) non è applicabile se la domanda è proposta dall'amministrazione.

 

La ricusazione o l'astensione non hanno effetto sugli atti anteriori.

 

 

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(31)  La sanzione originaria della multa (degradata ad ammenda in virtù dell'art. 5, R.D. 28 maggio 1931, n. 601, recante disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale) è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa, dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma, della stessa legge.

(32)  In origine «multa».

 

 

TITOLO VI

Delle udienze e della decisione

 

Art. 51.

Il segretario, ricevuta la domanda di fissazione dell'udienza per la discussione del ricorso, ne fa annotazione in apposito registro e ne rilascia dichiarazione, se richiesta. Indi presenta la domanda stessa col ricorso, il contro-ricorso, il ricorso incidentale, le carte e i documenti al Presidente della sezione il quale nomina il relatore ed assegna il giorno dell'udienza.

 

Nello stesso decreto di fissazione di udienza il Presidente può, ad istanza di parte o d'ufficio, dichiarare il ricorso urgente (33).

 

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(33)  Per la tenuta in forma automatizzata dei registri di cui al presente articolo, vedi il D.P.C.M. 8 gennaio 1999, n. 52.

 

 

Art. 52.

Se alcuna delle parti, o la pubblica amministrazione, chieda che per ragione di connessione due ricorsi siano uniti e venga provveduto su di essi con una sola decisione, la sezione, udite le parti interessate, può ordinarne l'unione. Il Presidente può, anche quando non sia stata chiesta l'unione, ordinare d'ufficio che i due ricorsi siano chiamati alla stessa udienza, affinché la sezione possa giudicare della loro connessione e, ove si faccia luogo alla riunione, pronunciare sui due ricorsi con una sola decisione.

 

 

Art. 53.

La determinazione del giorno dell'udienza ha luogo secondo l'ordine d'iscrizione delle domande nel registro indicato nell'art. 51.

 

I ricorsi urgenti hanno la precedenza, osservato l'ordine d'iscrizione nel registro predetto.

 

 

Art. 54.

Otto giorni almeno prima della udienza stabilita, il segretario ne dà avviso alle parti, nel domicilio eletto, ed al Ministero da cui dipende l'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato.

 

Art. 55.

Il ricorso nel giorno stabilito è deciso, ancorché non intervengano le parti né i loro avvocati.

 

 

Art. 56.

All'udienza assiste il segretario della sezione (34).

 

I ricorsi sono chiamati all'udienza dal Presidente secondo l'ordine stabilito nell'estratto del ruolo di udienza, mantenuta la precedenza agli urgenti.

 

È però in facoltà del Presidente di variare parzialmente per gravi ragioni, l'ordine di chiamata dei ricorsi. Dell'uso di tale facoltà e dei motivi della variazione è fatta menzione nel foglio di udienza.

 

Il relatore espone i fatti che sono fondamento del ricorso e delle conclusioni, nelle quali si riassumono gli atti, le istanze e le eccezioni prodotte dalle parti.

 

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(34)  Vedi, anche, l'art. 10, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 57.

Se nel giorno stabilito per l'udienza, questa non potesse tenersi, la spedizione dei ricorsi s'intende rimandata al primo giorno di udienza immediatamente successiva.

 

 

Art. 58.

Il Presidente dirige le udienze e può limitare la discussione alle questioni fondamentali del ricorso.

 

Mantiene il buon ordine, e quanto prescrive dev'essere immediatamente eseguito.

 

 

Art. 59.

È applicabile per le udienze delle sezioni giurisdizionali l'art. 355 (35) del codice di procedura civile.

 

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(35)  Art. 129 c.p.c. 1940.

 

 

Art. 60.

Il Presidente, per gravi motivi di ordine pubblico, può richiedere l'intervento della forza pubblica.

 

 

Art. 61.

La sezione, dopo la discussione, pronuncia la decisione.

 

La pronunciazione della decisione può essere differita ad una delle prossime udienze.

 

 

Art. 62.

Non possono concorrere alla decisione se non quei consiglieri e referendari che hanno assistito alla discussione.

 

 

Art. 63.

La decisione si pronuncia in camera di consiglio con l'intervento dei soli votanti.

 

Il Presidente raccoglie i voti.

 

Il primo a votare è il relatore, poi il meno anziano in ordine di nomina, e così continuando sino a chi presiede.

 

 

Art. 64.

È applicabile alle decisioni delle sezioni giurisdizionali l'art. 359 (36) del codice di procedura civile.

 

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(36)  Art. 276 c.p.c. 1940.

 

 

Art. 65.

La decisione si pronuncia in nome del Re (37) e deve contenere:

 

1° la indicazione del nome e cognome delle parti e dei loro avvocati;

 

2° il tenore delle domande;

 

3° Una succinta esposizione dei motivi di fatto e di diritto;

 

4° il dispositivo;

 

5° l'ordine che la decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa;

 

6° la indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui la decisione è pronunciata;

 

7° la sottoscrizione dei consiglieri che hanno pronunziata la decisione, con l'indicazione dell'estensore e la firma del segretario.

 

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(37)  Ora «in nome del Popolo italiano». Vedi art. 101 Cost. e 6, D.Lgs.P. 19 giugno 1946, n. 1.

 

 

Art. 66.

La decisione non può più essere modificata quando è sottoscritta dai votanti.

 

 

Art. 67.

La decisione, nella sola parte dispositiva, è pubblicata dal segretario non più tardi della prima udienza successiva al giorno in cui fu sottoscritta (38).

 

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(38)  Vedi art. 9, L. 21 dicembre 1950, n. 1018.

 

 

Art. 68.

La decisione contiene la condanna delle parti soccombenti alle spese, che vengono liquidate nella decisione stessa o dall'estensore.

 

Nella tassazione non si comprendono le spese degli atti riconosciuti superflui.

 

Le spese possono essere compensate in tutto o in parte, ove concorrano giusti motivi.

 

Quando la tassazione è fatta dall'estensore della decisione, l'ordinanza ha forza di sentenza in forma esecutiva.

 

La parte che intende proporre reclamo contro la tassazione fatta dall'estensore, deve presentarlo nel termine di tre giorni alla segreteria della sezione.

 

Questa provvede in camera di consiglio.

 

 

Art. 69.

Per gli affari da decidersi in camera di consiglio il Presidente nomina il relatore e fissa il giorno per la relazione, dopo la quale la sezione pronuncia.

 

 

TITOLO VII

Dell'adunanza plenaria

 

Art. 70.

Al principio di ogni anno, sono designati, con decreto reale, due consiglieri supplenti (39) per l'eventuale sostituzione nell'adunanza plenaria dei consiglieri assenti od impediti. I consiglieri supplenti sono scelti uno per ciascuna delle due sezioni giurisdizionali (40).

 

Ove manchi il Presidente supplisce il consigliere anziano.

 

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(39)  Ora tre, per la istituzione di una terza sezione con D.Lgs. 5 maggio 1948, n. 642.

(40)  Vedi nota a questo stesso articolo.

 

 

Art. 71.

Quando, a termini dell'art. 37 (41), terzo capoverso, della legge, una delle due sezioni giurisdizionali invia la controversia all'adunanza plenaria, il segretario della sezione rimette gli atti del ricorso, insieme con la analoga ordinanza, al segretario incaricato di assistere all'adunanza plenaria.

 

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(41)  Vedi art. 45, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 72.

Il segretario dell'adunanza plenaria, ricevuta l'ordinanza con gli atti del ricorso, ne fa annotazione in apposito registro e la presenta al Presidente, il quale nomina il relatore ed assegna il giorno dell'udienza per la discussione.

 

Otto giorni almeno prima dell'udienza stabilita per la discussione, il segretario ne dà avviso alle parti, nel domicilio eletto, ed al Ministero da cui dipende l'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato.

 

 

Art. 73.

L'adunanza plenaria, quando si pronunzia a termini e per gli effetti dell'art. 37 (42) della legge, terzo capoverso, decide in tutte le altre questioni della controversia.

 

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(42)  Vedi art. 45, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 74.

Quando una medesima controversia, o controversie fra loro connesse, siano state promosse innanzi ad entrambe le sezioni, l'amministrazione e le parti, finché non sia stata pronunziata la decisione definitiva, possono promuovere il regolamento di competenza con istanza al Presidente dell'adunanza plenaria (43).

 

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(43)  Gli articoli 74, 75, 76, 77, 79 (comma 2°) e 80 devono ritenersi abrogati per effetto R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840 che ha abolito la separazione di competenza tra le sezioni giurisdizionali.

 

 

Art. 75.

Il Presidente dell'adunanza plenaria ordina che l'istanza sia notificata alle altre parti, affinché possano presentare le loro deduzioni e stabilisce i termini per la notificazione dell'istanza e del decreto e per la presentazione delle deduzioni.

 

Con lo stesso decreto ordina la sospensione della procedura dei ricorsi finché non sia regolata la competenza (44).

 

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(44)  Gli articoli 74, 75, 76, 77, 79 (comma 2°) e 80 devono ritenersi abrogati per effetto R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840 che ha abolito la separazione di competenza tra le sezioni giurisdizionali.

 

 

Art. 76.

Quando ambedue le sezioni si siano dichiarate competenti o incompetenti a conoscere di ricorsi contro lo stesso provvedimento, senza che sia stata ancora pronunziata decisione definitiva sulla controversia, si fa luogo al regolamento della competenza, sopra domanda di parte o dell'autorità di cui s'impugna il provvedimento, nei modi stabiliti dagli articoli precedenti (45).

 

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(45)  Gli articoli 74, 75, 76, 77, 79 (comma 2°) e 80 devono ritenersi abrogati per effetto R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840 che ha abolito la separazione di competenza tra le sezioni giurisdizionali.

 

 

Art. 77.

Trascorsi i termini indicati nell'articolo 75 (46), il Presidente dell'adunanza plenaria fissa l'udienza per la discussione (47).

 

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(46)  Vedi art. 45, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(47)  Gli articoli 74, 75, 76, 77, 79 (comma 2°) e 80 devono ritenersi abrogati per effetto R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840 che ha abolito la separazione di competenza tra le sezioni giurisdizionali.

 

 

Art. 78.

Sono applicabili all'adunanza plenaria le disposizioni degli artt. 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68 e 69.

 

 

Art. 79.

Le decisioni pronunziate a norma dell'art. 37, terzo capoverso (48), della legge, sono pubblicate dalla sezione che ha rinviata la controversia all'adunanza plenaria, nella prima udienza successiva al giorno in cui furono sottoscritte.

 

Le decisioni pronunziate a norma del quarto capoverso dello stesso articolo indicano la sezione presso la quale devono essere pubblicate. La pubblicazione si fa nella prima udienza successiva al giorno in cui furono sottoscritte (49).

 

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(48)  Vedi art. 45, primo c.p.v., R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(49)  Gli articoli 74, 75, 76, 77, 79 (comma 2°) e 80 devono ritenersi abrogati per effetto R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840 che ha abolito la separazione di competenza tra le sezioni giurisdizionali.

 

 

Art. 80.

Pronunciata la decisione dell'adunanza plenaria il segretario dell'adunanza medesima rimette gli atti alla sezione dichiarata competente (50).

 

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(50)  Gli articoli 74, 75, 76, 77, 79 (comma 2°) e 80 devono ritenersi abrogati per effetto R.D. 30 dicembre 1923, n. 2840 che ha abolito la separazione di competenza tra le sezioni giurisdizionali.

 

 

TITOLO VIII

Della revocazione

 

Art. 81.

Le decisioni possono essere revocate su domanda delle parti:

 

1° se la decisione sia stata l'effetto del dolo di una delle parti a danno dell'altra;

 

2° se siasi giudicato sopra documenti stati riconosciuti o dichiarati falsi dopo la decisione, o che la parte soccombente ignorasse essere stati riconosciuti o dichiarati falsi prima della decisione stessa;

 

3° se dopo la decisione siasi ricuperato un documento decisivo, il quale non siasi potuto produrre prima per fatto della parte contraria;

 

4° se la decisione sia l'effetto di un errore di fatto, che risulti dagli atti e documenti della contestazione.

 

Vi è questo errore quando la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto, la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero quando sia supposta la inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita; e, tanto nell'uno quanto nell'altro caso, quando il fatto non sia un punto controverso, sul quale la decisione abbia pronunciato.

 

5° se la decisione sia contraria ad altra precedente pronunziata fra le stesse parti, sul medesimo oggetto; purché non abbia pronunciato anche sull'eccezione dedotta da quell'anteriore decisione (51).

 

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(51)  Vedi, anche, art. 395 c.p.c. 1940.

 

 

Art. 82.

La domanda di revocazione è diretta alla sezione che pronunziò la decisione od all'adunanza plenaria, se la decisione fu da questa pronunziata, e deve essere notificata agli interessati nei modi stabiliti pei ricorsi, entro il termine di sessanta glorni dalla pubblicazione della decisione.

 

Quando il titolo a cui si appoggia la domanda di revocazione sia uno di quelli indicati nei nn. 1, 2 e 3 dell'articolo precedente, il termine di sessanta giorni decorre da quello in cui la falsità, riconosciuta o dichiarata prima della decisione, sia stata scoperta da chi propone la revocazione, oppure dal giorno in cui sia stata riconosciuta o dichiarata, o il dolo sia stato scoperto, o il documento sia stato ricuperato; purché in questi casi vi sia prova scritta da cui risulti il giorno della scoperta o della ricuperazione.

 

I termini sono aumentati nella misura indicata nel secondo capoverso dell'art. 28 (52) della legge, se l'istante risiede all'estero.

 

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(52)  Vedi art. 36, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 83.

La domanda dev'essere depositata in segreteria nei modi e nei termini stabiliti dall'art. 28 (53) della legge, sotto pena di decadenza.

 

Nei termini e nei modi indicati nell'art. 20 (54) della legge, la parte contraria e la pubblica amministrazione possono presentare nella segreteria memorie ed istanze e produrre documenti sull'ammissibilità della domanda.

 

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(53)  Vedi art. 36, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(54)  Vedi art. 37, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

 

 

Art. 84.

Chi vuole agire per revocazione, eccettuata l'Amministrazione, deve provare, con quietanza del ricevitore, di avere eseguito il deposito di lire cento (55).

 

Se la domanda è rigettata, il deposito resta acquisito all'erario.

 

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(55)  L'importo del deposito è stato elevato a L. 6.000 dall'art. 7, L. 21 dicembre 1950, n. 1018.

 

 

Art. 85.

La decisione che ammette la revocazione ordina la restituzione della somma depositata e rimette le parti nello stato in cui erano prima della pronuncia della decisione revocata.

 

Quando lo stato della controversia lo permetta, si giudica con una sola decisione sull'ammissione della domanda di revocazione e sul merito della controversia.

 

Art. 86.

La domanda di revocazione non è ammessa contro la decisione pronunziata in sede di revocazione.

 

 

TITOLO IX

Della notificazione e dell'esecuzione delle decisioni

Art. 87.

Le decisioni sono comunicate alle autorità cui riguardano, per mezzo del Ministero dal quale queste dipendono ed a cui debbono essere tosto trasmesse dalla segreteria della sezione giudicante o da quella dell'adunanza plenaria. La notificazione delle decisioni ad istanza delle parti interessate deve essere fatta nelle forme stabilite per la notificazione dei ricorsi. Quando però la notificazione alle parti è fatta a cura dell'amministrazione può aver luogo nelle forme ammesse dai regolamenti amministrativi (56).

 

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(56)  Vedi anche art. 9, L. 21 dicembre 1950, n. 1018.

 

 

Art. 88.

L'esecuzione delle decisioni si fa in via amministrativa, eccetto che per la parte relativa alle spese.

 

 

Art. 89.

L'estratto della decisione in forma esecutiva, per la parte riguardante la condanna alle spese, non può essere rilasciato se non a chi abbia diritto a tale pagamento, facendone menzione in fine sì dell'origine che dell'estratto.

 

Questo deve essere intitolato in nome del Re e terminare con la formula stabilita nell'articolo 556 (57) del codice di procedura civile.

 

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(57)  Ora, art. 475 c.p.c. 1940.

 

TITOLO X

Della procedura per i ricorsi relativi all'art. 23, n. 5 (58) della legge

 

Art. 90.

I ricorsi, nei casi di cui all'art. 23, n. 5 (59) della legge, si propongono con domanda diretta al Presidente della quinta sezione (60).

 

Essi possono essere proposti finché duri l'azione di giudicato, ma non prima di trenta giorni da quello in cui l'autorità amministrativa sia stata messa in mora di provvedere (61).

 

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(58)  Vedi art. 27, n. 4, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(59)  Vedi art. 27, n. 4, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(60)  Vedi nota all'art. 1.

(61)  La Corte costituzionale, con sentenza 10-12 dicembre 1998, n. 406 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 90 e 91, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione.

 

 

Art. 91.

Il ricorso è depositato nella segreteria della quinta sezione (62) con la copia del giudicato.

 

Il segretario ne dà immediata comunicazione al Ministero competente, il quale, entro venti giorni dalla ricevuta comunicazione, può trasmettere le sue osservazioni alla segreteria.

 

Spirato il termine, il Presidente, in fine del ricorso, destina il consigliere per farne relazione alla sezione, nel giorno che all'uopo designa (63) (64).

 

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(62)  Vedi nota all'art. 1.

(63)  La Corte costituzionale, con sentenza 10-12 dicembre 1998, n. 406 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 90 e 91, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 6-10 marzo 2006, n. 100 (Gazz. Uff. 15 marzo 2006, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 91 sollevata in relazione agli articoli 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione.

(64)  La Corte costituzionale, con sentenza 30 novembre-9 dicembre 2005, n. 441 (Gazz. Uff. 14 dicembre 2005, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 91, sollevata in riferimento agli artt. 24, secondo comma e 111, secondo comma della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 6-10 marzo 2006, n. 100 (Gazz. Uff. 15 marzo 2006, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 91 sollevata in relazione agli articoli 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione.

 

 

TITOLO XI

Disposizioni generali e transitorie

 

Art. 92.

La morte o il cangiamento di stato di una delle parti non sospende la procedura.

 

 

Art. 93.

Ove occorra correggere omissioni od errori materiali, od aggiungere alcuna delle conclusioni, che, presa dalle parti, non sia stata riferita nella decisione, ma risulti dai motivi che col dispositivo vi si è provveduto, la domanda per la correzione deve esser fatta al collegio che pronunziò la decisione, il quale, sul consenso delle parti, decreta, in camera di consiglio, la correzione richiesta.

 

In caso di dissenso delle parti, sulle domande di correzione pronuncia il collegio col procedimento ordinario.

 

Le correzioni si fanno in margine o in fine della decisione originale, con indicazione del decreto e della decisione che le abbia ordinate.

 

 

Art. 94.

Pei ricorsi prodotti anteriormente alla promulgazione della L. 7 marzo 1907, n. 62, il Presidente ha facoltà, nel primo triennio, di stabilire d'ufficio il giorno dell'udienza per la discussione. La determinazione del giorno dell'udienza ha luogo secondo l'ordine del registro di cui all'art. 18, terzo capoverso (65).

 

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(65)  Gli artt. 94, 95, 96 e 97 recano disposizioni transitorie ormai superate.

 

 

Art. 95.

I giudizi rimasti sospesi per effetto dell'art. 41 della L. 2 giugno 1889, n. 6166, testo unico sul Consiglio di Stato, in ordine ai quali debba ancora dalla Cassazione decidersi la questione di competenza, possono essere riassunti innanzi alla sezione giuridisdizionale competente, su domanda di una delle parti o della pubblica amministrazione.

 

La domanda dev'essere notificata, nei modi prescritti pei ricorsi, e depositata in segreteria insieme con la prova dell'eseguita notificazione nel termine stabilito dal penultimo capoverso dell'art. 28 della legge.

 

Il Presidente della sezione, a cui fu presentata l'istanza, richiama d'ufficio gli atti precedentemente inviati alla Corte di cassazione per decidere della competenza (66).

 

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(66)  Gli artt. 94, 95, 96 e 97 recano disposizioni transitorie ormai superate.

 

 

Art. 96.

Non è ammesso ricorso alle sezioni giurisdizionali contro gli atti o provvedimenti dell'autorità amministrativa anteriori al giorno in cui è entrata in vigore la L. del 2 giugno 1889, n. 6166 (67).

 

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(67)  Gli artt. 94, 95, 96 e 97 recano disposizioni transitorie ormai superate.

 

 

Art. 97.

Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie al presente Regolamento, o che provvedono in ordine alle materie sulle quali esso dispone (68).

 

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(68)  Gli artt. 94, 95, 96 e 97 recano disposizioni transitorie ormai superate.


R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.
Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato.

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 7 luglio 1924, n. 158.

(2)  Vedi, anche, la L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 20 marzo 1998, n. 137.

 

È approvato il testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, annesso al presente decreto, visto, d'ordine nostro, del Ministro proponente.

 

TITOLO I

Della composizione del Consiglio di Stato

 

Art. 1.

(Artt. 1, 2 e 3 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 20 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 3084, e tabella n. 41, allegato II, del R. decreto 11 novembre 1923, n. 2395). - Il Consiglio di Stato si compone del Presidente, di cinque presidenti di sezione, di cinquanta consiglieri, di un segretario generale, di due primi referendari, di tre referendari e di cinque segretari di sezione (4).

 

Il Presidente del Consiglio di Stato, i presidenti di sezione ed i consiglieri sono nominati per decreto reale, proposto dal Ministro per l'interno (5), dopo deliberazione del Consiglio dei Ministri.

 

Le funzioni di segretario generale sono conferite per incarico, con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, ad un referendario o ad un primo referendario (6).

 

Ove le esigenze del servizio lo richiedano, il Presidente del Consiglio di Stato può conferire l'incarico ad un consigliere (7).

 

Le promozioni al grado di primo referendario e le nomine a referendario hanno luogo in conformità dell'articolo seguente (8).

 

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(4)  Vedi, ora, la tabella dei posti in organico allegata alla L. 21 dicembre 1950, n. 1018. Per il personale di segreteria, vedi L. 10 aprile 1964, n. 193. Per il nuovo ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria, vedi la L. 27 aprile 1982, n. 186.

(5)  Ora, con decreto presidenziale su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del R.D. 21 agosto 1931, n. 1030 e del R.D.L. 16 maggio 1944, n. 136.

(6)  Comma così sostituito dall'art. 4, L. 24 marzo 1932, n. 270, che soppresse, nell'organico, il posto di segretario generale.

(7)  Comma aggiunto dall'art. 4, L. 24 marzo 1932, n. 270.

(8)  Vedi il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 579.

 

 

Art. 2.

(Artt. 24 e 25 del R. decreto del 30 dicembre 1923, n. 2840; art. 14, comma 2° del R. decreto 11 novembre 1923, n. 2395). - Le promozioni al grado di primo referendario hanno luogo per decreto reale e sono conferite, per merito comparativo, previa designazione del Consiglio di presidenza, a referendari i quali abbiano almeno due anni di anzianità di grado.

 

I posti di referendario al Consiglio di Stato sono conferiti in base a concorso per titoli e per esame tra i funzionari appartenenti all'amministrazione dello Stato, compresi quelli dei due rami del Parlamento, di grado non inferiore all'ottavo, appartenenti a carriere per l'ammissione alle quali sia richiesta la laurea in giurisprudenza (9).

 

Con decreto del Ministro per l'interno (10) sono stabilite le modalità del concorso.

 

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(9)  Comma così modificato dall'art. 1, R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, convertito con modificazioni in legge dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88.

(10)  Ora, Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi del R.D.L. 21 agosto 1931, n. 1030.

 

 

Art. 3.

(Art. 3 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 4 e seguenti del R. decreto 11 novembre 1923, n. 2395; art. 1, comma 3°, del R. decreto-legge 3 giugno 1920, n. 768). - Gli stipendi del personale indicato negli articoli precedenti sono determinati dalle tabelle annesse al R.D. 11 novembre 1923, n. 2395 (11).

 

Il funzionario chiamato a coprire il posto di segretario generale al Consiglio di Stato, se è fornito di stipendio superiore, conserva la differenza di stipendio a titolo di assegno personale, valutabile agli effetti della pensione (12).

 

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(11)  Per il trattamento economico dei magistrati del Consiglio di Stato, vedi la voce Ordinamento giudiziario.

(12)  Comma da ritenersi abrogato per effetto della L. 24 marzo 1932, n. 270, che soppresse, nell'organico, la carica di segretario generale.

 

 

Art. 4.

(Art. 23 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - La metà dei posti che si rendono vacanti nel ruolo dei consiglieri di Stato, deve essere conferita al personale della magistratura che abbia prestato non meno di quattro anni di effettivo servizio complessivamente nei gradi di referendario e di primo referendario (13) (14).

 

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(13)  Vedi il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 579.

(14)  Così sostituito dall'art. 4, R.D.L. 6 febbraio 1929, n. 478. Vedi, anche l'art. 4, L. 21 dicembre 1950, n. 1018.

 

 

Art. 5.

(Art. 4 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638, art. 205 del R. decreto 11 novembre 1923, n. 2395). - I presidenti e i consiglieri di Stato non possono essere rimossi, né sospesi, né collocati a riposo d'ufficio, né allontanati in qualsivoglia altro modo, se non nei casi e con l'adempimento delle condizioni seguenti:

 

1° non possono essere destinati ad altro pubblico ufficio, se non con loro consenso;

 

2° non possono essere collocati a riposo di ufficio, se non quando, per infermità o per debolezza di mente, non siano più in grado di adempiere convenientemente ai doveri della carica;

 

3° non possono essere sospesi, se non per negligenza nell'adempimento dei loro doveri o per irregolare e censurabile condotta;

 

4° non possono essere rimossi dall'ufficio, se non quando abbiano ricusato di adempiere ad un dovere del proprio ufficio imposto dalle leggi o dai regolamenti; quando abbiano dato prova di abituale negligenza, ovvero, con fatti gravi, abbiano compromessa la loro riputazione personale o la dignità del collegio al quale appartengono.

 

I provvedimenti preveduti nei paragrafi 2, 3 e 4 di questo articolo debbono essere emanati per decreto reale, sopra proposta motivata del Ministro per l'interno (15), udito il parere del Consiglio di Stato in adunanza generale e dopo deliberazione del Consiglio dei Ministri.

 

Il limite di età per il collocamento a riposo per il Presidente, dei presidenti di sezione, dei consiglieri del Consiglio di Stato, è fissato al compimento degli anni settanta.

 

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(15)  Ora, tale attribuzione appartiene al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi del R.D. 21 agosto 1931, n. 1030.

 

 

Art. 6.

(Art. 2 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840; art. 1 del R. decreto-legge 9 maggio 1920, n. 762). - Oltre ai casi stabiliti per legge o regolamento i presidenti ed i consiglieri del Consiglio di Stato non possono ricevere o accettare incarichi o missioni estranee alle normali loro attribuzioni se non per deliberazione del Consiglio dei Ministri. Essi possono far parte anche di altri corpi consultivi della amministrazione centrale, ma devono astenersi dal voto in tutti i casi nei quali debba essere udito anche il Consiglio di Stato, salvo che trattisi dell'esame di schemi di norme legislative o regolamentari (16).

 

I Consiglieri di Stato destinati ad altri uffici o investiti di speciali incarichi o missioni, anche se collocati fuori ruolo, potranno, in deroga ad ogni altra contraria disposizione, essere chiamati a partecipare ai lavori del Consiglio di Stato, sempre che il Ministro per l'interno (17), udito il Consiglio di presidenza del Consiglio di Stato, riconosca che non vi sia alcuna ragione di incompatibilità.

 

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(16)  Comma così modificato dal R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, convertito con modificazioni, in legge della L. 8 febbraio 1925, n. 88.

(17)  Ora, tale attribuzione appartiene al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi del R.D. 21 agosto 1931, n. 1030.

 

 

Art. 7.

È addetto al Consiglio di Stato un personale di segreteria e un personale subalterno nel numero, nei gradi, con le qualifiche e con gli stipendi indicati nelle tabelle allegate al R.D. 11 novembre 1923, n. 2395 (18).

 

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(18)  Vedi, ora, L. 10 aprile 1964, n. 193.

 

 

Art. 8.

(Art. 20 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 3084). - I posti di segretario di sezione del Consiglio di Stato sono conferiti, su conforme proposta del consiglio di Presidenza, agli impiegati dei gradi nono e decimo del ruolo del personale di segreteria, che siano provvisti del titolo di studio prescritto per l'ammissione ai ruoli del gruppo B.

 

Qualora manchino impiegati del ruolo indicato che si trovino nelle condizioni in cui al precedente comma, i detti posti di segretario di sezione sono conferiti per concorso fra impiegati di qualsiasi amministrazione appartenenti ai ruoli del gruppo B, con le modalità che saranno stabilite mediante decreto del Ministro dell'interno, di concerto con quello delle finanze (19).

 

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(19)  Vedi, ora, L. 10 aprile 1964, n. 193.

 

 

Art. 9.

(Art. 5 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 1 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Il Consiglio di Stato si divide in cinque sezioni (20). Le prime tre sono consultive e trattano gli affari relativi ai diversi Ministeri, secondo il riparto che sarà fissato annualmente con decreto reale.

 

Le altre due sezioni (21) costituiscono il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Il riparto dei ricorsi fra esse è devoluto al Presidente del Consiglio di Stato con l'assistenza dei presidenti delle sezioni medesime.

 

Ogni sezione è presieduta dal Presidente proprio. Il Presidente del Consiglio di Stato presiede le adunanze generali e le adunanze plenarie indicate nel secondo comma dell'art. 45, e può presiedere le sezioni consultive nelle quali reputi intervenire.

 

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(20)  Con D.Lgs. 5 maggio 1948, n. 642, è stata istituita una sesta sezione con funzioni giurisdizionali. L'art. 17, comma 28, L. 15 maggio 1997, n. 127, ha istituito una sezione consultiva per l'esame degli schemi di atti normativi per i quali il parere del Consiglio di Stato è prescritto per legge o è comunque richiesto dall'amministrazione.

(21)  Con D.Lgs. 5 maggio 1948, n. 642, è stata istituita una sesta sezione con funzioni giurisdizionali. L'art. 17, comma 28, L. 15 maggio 1997, n. 127, ha istituito una sezione consultiva per l'esame degli schemi di atti normativi per i quali il parere del Consiglio di Stato è prescritto per legge o è comunque richiesto dall'amministrazione.

 

 

Art. 10.

(Art. 6 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Ciascuna sezione si compone di un presidente e di non meno di sette consiglieri. Assiste alle adunanze o alle udienze un segretario di sezione (22).

 

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(22)  Attualmente può assistere alle adunanze anche un altro dipendente appartenente al personale di segreteria, designato annualmente dal Presidente del Consiglio di Stato. Vedi l'art. 70, secondo comma, R.D. 21 aprile 1942, n. 444.

 

 

Art. 11.

(Art. 7 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - I primi referendari, i referendari e i segretari sono assegnati a ciascuna sezione con ordinanza del Presidente del Consiglio di Stato.

 

A ciascuna delle sezioni giurisdizionali potranno essere destinati, quando occorre, anche più di uno fra primi referendari e referendari.

 

Tanto nelle sezioni consultive, quanto nelle giurisdizionali, i primi referendari e i referendari istruiscono gli affari che sono solo commessi, e ne riferiscono alla sezione, e, quando ne sia il caso, al Consiglio in adunanza generale. Ed hanno voto deliberativo, se siano relatori o vengano chiamati a supplire consiglieri assenti o impediti.

 

 

Art. 12.

(Art. 8 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 3 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Al principio di ogni anno sono designati, con decreto reale, il presidente e i consiglieri di ogni sezione, in modo però che in ciascuna sezione giurisdizionale almeno due e non più di quattro consiglieri siano mutati dalla composizione dell'anno precedente.

 

Ove manchi in qualche sezione il numero dei consiglieri necessario per deliberare, il Presidente del Consiglio supplisce con consiglieri appartenenti ad altre sezioni (23).

 

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(23)  Articolo così modificato dal R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88.

 

 

Art. 13.

(Art. 9 del testo unico 17 agosto 1907 n. 638). - La direzione del personale e del servizio interno nonché la corrispondenza col Ministero (24), spettano al Presidente.

 

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(24)  Ora, con la Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi del R.D. 21 agosto 1931, n. 1030.

 

 

TITOLO II

Capo I
Delle attribuzioni consultive del Consiglio di Stato.

 

Art. 14.

(Art. 10 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Il Consiglio di Stato:

 

1° dà parere sopra le proposte di legge e sugli affari di ogni natura, pei quali sia interrogato dai Ministri del Re;

 

2° formula quei progetti di legge ed i regolamenti che gli vengono commessi dal Governo.

 

 

Art. 15.

(Art. 11 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Quando il parere del Consiglio di Stato è richiesto per legge il decreto reale o ministeriale che ne consegue deve avere la formula «udito il parere del Consiglio di Stato».

 

 

Art. 16.

(Art. 12 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 4 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Il voto del Consiglio di Stato è richiesto:

1° sopra tutte le proposte di regolamenti che per l'art. 1, n. 7, del R.D. 14 novembre 1901, n. 466 (25), sono soggetti all'approvazione del Consiglio dei Ministri;

2° sulla esecuzione delle provvisioni ecclesiastiche, per le quali occorre il decreto reale;

3° sopra tutti i coordinamenti in testi unici di leggi o di regolamenti, salvo che non sia diversamente stabilito per legge;

4° sui ricorsi fatti al Re contro la legittimità dei provvedimenti amministrativi, sui quali siano esaurite o non possano proporsi domande di riparazione in via gerarchica (26);

5° sulle convenzioni o sui contratti da approvarsi per legge (27), o che importino impegni finanziari che non trovano riscontro in impegni regolarmente assunti per legge;

6° in tutti gli altri casi in cui sia richiesto per legge.

 

Nei casi previsti al n. 4 di questo articolo, quando il provvedimento sia contrario al parere del Consiglio di Stato, deve farsi constare dal decreto reale che è stato pure udito il Consiglio dei ministri.

 

I ricorsi indicati al n. 4 del comma primo, non sono più ammessi dopo 180 giorni da quello in cui il ricorrente ebbe comunicazione del provvedimento: e devono essere notificati all'autorità che abbia emesso il provvedimento e a chi vi abbia interesse diretto nei modi stabiliti dal regolamento (28).

 

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(25)  Vedi, anche, gli artt. 1 e 2, L. 31 gennaio 1926, n. 100, recante disposizioni sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche.

(26)  Vedi, ora, per la nuova disciplina del ricorso straordinario al Capo dello Stato il D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.

(27)  Vedi, anche, gli artt. 1 e 2, L. 31 gennaio 1926, n. 100, recante disposizioni sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme giuridiche.

(28)  Vedi, anche, gli artt. 47, 60 e 61, R.D. 21 aprile 1942, n. 444.

 

 

Capo II
Del modo di procedere nella trattazione degli affari consultivi.

 

Art. 17.

(Art. 13 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Il Consiglio di Stato, per l'esame degli affari sui quali è richiesto il suo parere, delibera in adunanza generale di tutti i suoi componenti o diviso per sezioni.

 

 

Art. 18.

(Art. 14 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638) - Le adunanze generali sono convocate e presiedute dal Presidente del Consiglio e vi assiste il segretario generale.

 

 

Art. 19.

(Art. 15 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - A render valide le deliberazioni, tanto nelle adunanze generali, quanto nelle adunanze di sezione, è necessaria la presenza almeno della metà del numero dei consiglieri che compongono il Consiglio o la sezione.

 

 

Art. 20.

(Art. 16 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Le deliberazioni si prendono a maggioranza assoluta di voti. In caso di parità, il voto del Presidente ha la preponderanza.

 

 

Art. 21.

(Art. 17 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - I Ministri possono intervenire, per gli affari consultivi, alle adunanze generali del Consiglio ed a quelle delle sezioni; o delegare Commissari per dare speciali informazioni sugli affari da trattarsi, o per manifestare gli intendimenti del Ministro sopra nuove leggi e regolamenti, dei quali sia commessa al Consiglio la compilazione.

 

 

Art. 22.

(Art. 18 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - È in facoltà del Presidente, quando il Consiglio sia chiamato a dar parere sopra affari di natura mista o indeterminata, di formare Commissioni speciali, scegliendone i consiglieri nelle sezioni.

 

Potrà anche aggiungere alla sezione incaricata di esaminare determinati affari alcuni membri di altre sezioni, i quali, però, in questi casi, non hanno che voto consultivo.

 

In caso di assenza o d'impedimento di membri di una sezione il Presidente può provvisoriamente destinare a supplirli quelli di un'altra sezione.

 

 

Art. 23.

(Art. 19 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Dal regolamento del servizio interno sono determinati gli affari che debbono essere trattati dalle sezioni, cui spettano, e quelli in adunanza generale.

 

È sempre in facoltà del Ministro di esigere che dati affari siano trattati in adunanza generale, salvo il disposto dell'art. 33.

 

 

Art. 24.

(Art. 20 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Le proposte di leggi e di regolamenti, dopo essere state studiate e preparate nella sezione alla quale per loro natura appartengono, o nelle Commissioni speciali, sono esaminate e discusse in adunanza generale.

 

 

Art. 25.

(Art 21 del testo unico 17 agosto 1907 n. 638). - Avuto il parere di una sezione, il Ministro può, salve le disposizioni dell'art. 33, richiedere al Presidente che l'affare sia riproposto all'esame dell'intero Consiglio e discusso in adunanza generale.

 

 

TITOLO III

Capo I
Delle attribuzioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.

 

Art. 26.

(Art. 22 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 5 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Spetta al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale di decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un'autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante, che abbiano per oggetto un interesse d'individui o di enti morali giuridici; quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell'autorità giudiziaria, né si tratti di materia spettante alla giurisdizione od alle attribuzioni contenziose di corpi o collegi speciali.

 

Il ricorso, che non implichi incompetenza od eccesso di potere, non è ammesso contro le decisioni le quali concernano controversie doganali (29) oppure questioni sulla leva militare.

 

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(29)  La Corte Costituzionale, con sentenza 24 giugno 1958, n. 40, ha dichiarato la illegittimità costituzionale della disposizione contenuta nel secondo comma dell'articolo 26 limitatamente alle «controversie doganali», in riferimento all'art. 113, secondo comma, Cost.

 

 

Art. 27.

(Art. 23 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; artt. 5 e 6 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840; art. 71 del R. decreto-legge 9 ottobre 1919, n. 2161). - Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decide pronunciando anche in merito:

 

1) dei sequestri di temporalità, dei provvedimenti concernenti le attribuzioni rispettive delle podestà civili ed ecclesiastiche, e degli atti provvisionali di sicurezza generale relativi a questa materia;

 

2) dei ricorsi per contestazioni fra Comuni di diverse Province per l'applicazione della tassa istituita dalla L. 11 agosto 1870, n. 5784, allegato O (30);

 

3) dei ricorsi per contestazioni sui confini di Comuni o di Province (31);

 

4) dei ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dei Tribunali che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico (32);

 

5) dei ricorsi in materia di consorzi per strade, le quali tocchino il territorio di più Province;

 

6) dei ricorsi contro il diniego dell'autorizzazione a stare in giudizio ad enti morali giuridici, sottoposti alla tutela della pubblica amministrazione;

 

7) dei ricorsi sopra tutte le questioni che per leggi speciali non peranco abrogate nelle diverse Province del Regno siano state di competenza dei Consigli e delle Consulte di Stato;

 

8) dei ricorsi contro il decreto emanato dal Prefetto per provvedere, ai termini del terzo capoverso dell'art. 132 della legge comunale e provinciale, T.U. 4 febbraio 1915, n. 148, all'amministrazione della proprietà od attività patrimoniali delle frazioni o agli interessi dei parrocchiani, che fossero in opposizione con quelli del Comune o di altre frazioni del medesimo;

 

9) dei ricorsi in materia di consorzi per opere idrauliche per le quali provvede lo Stato in concorso delle Province e degli enti interessati, o alle quali concorre lo Stato nell'interesse generale;

 

10) dei ricorsi in materia di concorso di spesa per opere di bonifica di prima categoria costruite dallo Stato direttamente o per sua concessione da enti o privati, nonché in materia di consorzi per opere di bonifica della stessa categoria, ai termini dell'art. 56, comma primo e secondo del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3256;

 

11) dei ricorsi intorno alla classificazione delle strade provinciali e comunali;

 

12) dei ricorsi contro provvedimenti della pubblica amministrazione in merito ad opere di privato interesse, esistenti o che potessero occorrere, attorno alle strade nazionali, od alla costruzione o riparazione dei muri od altri sostegni attorno alle strade medesime;

 

13) dei ricorsi contro i provvedimenti del Prefetto e contro le deliberazioni in materia di apertura, ricostruzione o manutenzione delle strade comunali e provinciali;

 

14) dei ricorsi contro le deliberazioni in materia di pedaggi sui ponti e sulle strade provinciali e comunali;

 

15) dei ricorsi contro provvedimenti ordinati dal Prefetto a norma di quanto è prescritto nell'art. 378 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, sui lavori pubblici, relativi ad opere pubbliche delle Province e dello Stato, eccettuati quelli indicati nella 2ª parte della lettera b) dell'art. 70 del R.D.L. 9 ottobre 1919, n. 2161 (33);

 

16) dei ricorsi contro le decisioni pronunziate dalle giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale nei casi in cui le giunte stesse esercitano giurisdizione anche nel merito (34);

 

17) dei ricorsi relativi a tutte le controversie, che da qualsiasi legge generale o speciale siano deferite alla giurisdizione del Consiglio di Stato anche per il merito.

 

Nulla è innovato, anche per le materie prevedute in questo articolo, alle disposizioni delle leggi vigenti, per quanto riguarda la competenza giudiziaria.

 

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(30)  Vedi però art. 289 T.U. 14 settembre 1931, n. 1175, sulla finanza locale.

(31)  Vedi art. 267 T.U. della legge comunale e provinciale, approvata con R.D. 3 marzo 1934, n. 383.

(32)  La Corte costituzionale, con sentenza 10-12 dicembre 1998, n. 406 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, primo comma, numero 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 14-20 luglio 1999, n. 332 (Gazz. Uff. 28 luglio 1999, n. 30, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, primo comma, numero 4, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione.

(33)  Vedi ora art. 143, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 sulle acque pubbliche e sugli impianti elettrici.

(34)  Vedi anche artt. 1 e 4, R.D. 26 giugno 1924, n. 1058 sulla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale.

 

 

Art. 28.

(Art. 7 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Nelle materie in cui il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non ha competenza esclusiva ai sensi dell'articolo seguente, esso è autorizzato a decidere di tutte le questioni pregiudiziali od incidentali relative a diritti la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale di sua competenza.

 

Su dette questioni pregiudiziali e incidentali, tuttavia, la efficacia della cosa giudicata rimane limitata alla questione principale decisa nel caso.

 

Restano sempre in esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria l'incidente di falso, e le questioni concernenti lo stato e la capacità di privati individui, salvo che si tratti della capacità a stare in giudizio.

Art. 29.

(Art. 8 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Sono attribuiti all'esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale:

1) i ricorsi relativi al rapporto d'impiego prodotti dagli impiegati dello Stato, degli enti od istituti pubblici sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dell'amministrazione centrale dello Stato o da agenti di ferrovie e tramvie concesse all'industria privata ai sensi dell'art. 15 del R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2311 (35), quando non si tratti di materia spettante alla giurisdizione della Corte dei conti o a quella di altri corpi o collegi speciali;

2) i ricorsi contro i provvedimenti che autorizzano o negano la fondazione di istituzioni pubbliche di beneficenza, o di istituzioni pubbliche di istruzione e di educazione, o che ne approvano o modificano gli statuti;

3) i ricorsi relativi al concentramento, al raggruppamento, alla fusione, alla trasformazione, alla costituzione in consorzio o alla federazione delle istituzioni pubbliche indicate nel numero precedente o ad esse equiparate a norma dell'art. 91 della L. 17 luglio 1890, n. 6972;

4) le controversie tra lo Stato ed i suoi creditori riguardanti la interpretazione dei contratti di prestito pubblico, delle leggi relative a tali prestiti e delle altre sul debito pubblico; nonché le controversie indicate nell'art. 14 della L. 27 aprile 1885, n. 3048;

5) i ricorsi circa la competenza passiva delle spese ritenute rispettivamente obbligatorie per lo Stato, per la Provincia e per il Comune, ai termini delle leggi vigenti in materia di sanità pubblica;

6) i ricorsi in materia di spedalità e di ricovero degli inabili al lavoro;

7) le controversie relative alle spese per gli alienati previste dall'art. 7 (primo comma) della L. 14 febbraio 1904, n. 36;

8) i ricorsi contro il decreto del Prefetto che, in seguito al reclamo di parte o d'ufficio, abbia provveduto per regolare o vietare l'esercizio d'industrie insalubri o pericolose ai termini degli artt. 32, 33 e 34 della legge sulla pubblica sicurezza 30 giugno 1889, n. 6144 (36), e dell'art. 68 della legge sanitaria, T.U. 1° agosto 1907, n. 636 (37);

9) i ricorsi contro le decisioni delle giunte provinciali amministrative emesse in materia di loro esclusiva giurisdizione.

 

I ricorsi previsti dai nn. 1, 6 e 7 del presente articolo sono ammessi soltanto per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge.

 

Su quelli previsti dai nn. 2, 3, 4, 5, 8 e 9, il Consiglio di Stato pronunzia anche in merito, salvo pei ricorsi di cui al n. 9 quanto è disposto in contrario dal secondo comma dell'art. 22 del testo unico delle leggi sulla giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale.

 

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(35)  Per l'art. 10, R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, le controversie del personale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna concesse all'industria privata appartengono alla competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, dinanzi alla quale il processo si svolge con il rito delle controversie individuali di lavoro. Per i ricorsi contro le decisioni del Consiglio di disciplina (articolo 58, R.D. 8 gennaio 1931, n. 148), è tuttora competente il Consiglio di Stato. La L. 24 maggio 1952, n. 628, ha esteso tale norma al personale delle filovie urbane ed extraurbane, nonché delle autolinee urbane.

(36)  Ora, artt. 64 e 65, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di P.S.

(37)  Ora, artt. 216 e 217, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, delle leggi sanitarie.

 

 

Art. 30.

(Art. 9 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Nelle materie deferite alla esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato, questo conosce anche di tutte le questioni relative a diritti.

 

Restano, tuttavia, sempre riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di legittimità dell'atto o provvedimento contro cui si ricorre, nonché le questioni pregiudiziali concernenti lo Stato e la capacità dei privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso.

 

 

Art. 31.

(Penultimo comma degli artt. 22 e 23 del T.U. 17 agosto 1907, n. 638). - Il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico.

 

 

Art. 32.

(Art. 24 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 12 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale pronunzia sui ricorsi attribuiti alla sua competenza, a norma dei precedenti articoli, con decisioni motivate, in conformità delle leggi che regolano la materia cui si riferisce l'oggetto del ricorso, in quanto non siano contrarie alle disposizioni della presente legge.

 

 

Art. 33.

(Art. 25 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 12 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Negli affari che, a norma della presente legge, possono formare oggetto di ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, il Governo, avuto il parere della sezione competente, non può richiedere, in via amministrativa, l'esame del Consiglio di Stato in adunanza generale.

 

Col preventivo assenso scritto di coloro ai quali il provvedimento direttamente si riferisce, può invece provocare la decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Ma se essi si rifiutino, si intenderà che vi abbiano rinunziato (38).

 

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(38)  Vedi anche art. 5, R.D. 17 agosto 1907, n. 642.

 

 

Art. 34.

(Art. 26 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 12 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Quando la legge non prescrive altrimenti, il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è ammesso se non contro il provvedimento definitivo, emanato in sede amministrativa, sul ricorso presentato in via gerarchica, salva la facoltà dell'assegnazione di un breve termine per riprodurre all'autorità gerarchica competente il ricorso proposto, per errore ritenuto scusabile contro provvedimenti non definitivi (39).

 

Tale ricorso non è più ammesso, quando contro il provvedimento definitivo, siasi presentato ricorso al Re in sede amministrativa, secondo la legge vigente (40).

 

Tuttavia quando il provvedimento si riferisce direttamente ad altri interessati, il ricorso al Re non può essere proposto se non siano decorsi i termini per impugnare il provvedimento stesso in sede giurisdizionale; ovvero quando nessuno degli interessati abbia dichiarato, entro quindici giorni dalla ricevuta comunicazione del ricorso al Re, di fare opposizione. In caso contrario il giudizio avrà luogo in sede giurisdizionale (41).

 

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(39)  Comma così modificato dall'art. 1, R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, il quale è stato modificato e convertito in legge dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88.

(40)  Con sentenza 24 gennaio-1 febbraio 1964, n. 1, pubblicata nella Gazz. Uff. 8 febbraio 1964, n. 34, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo e del terzo comma dell'art. 34, in quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura ai controinteressati la possibilità della tutela giurisdizionale.

(41)  Con sentenza 24 gennaio-1 febbraio 1964, n. 1, pubblicata nella Gazz. Uff. 8 febbraio 1964, n. 34, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo e del terzo comma dell'art. 34, in quanto il procedimento per la proposizione e la risoluzione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non assicura ai controinteressati la possibilità della tutela giurisdizionale.

 

 

Capo II
Del procedimento dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.

 

Art. 35.

(Art. 27 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 12 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - I ricorsi presentati al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale sono sottoscritti dalle parti ricorrenti o da una di esse e firmati da un avvocato ammesso al patrocinio in Corte di cassazione. Se la parte non ha sottoscritto, l'avvocato che firma in suo nome deve essere munito di mandato speciale.

 

Il ricorrente, che non abbia eletto, nel ricorso, domicilio in Roma, si intenderà averlo eletto, per gli atti e gli effetti del ricorso, presso la segreteria del Consiglio di Stato.

 

 

Art. 36.

(Art. 28 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 12 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Fuori dei casi nei quali i termini siano fissati dalle leggi speciali, relative alla materia del ricorso, il termine per ricorrere al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale è di giorni 60 (42) dalla data in cui la decisione amministrativa sia stata notificata nelle forme e nei modi stabiliti dal regolamento, o dalla data in cui risulti che l'interessato ne ha avuta piena cognizione. Se il ricorrente ha dichiarato di accettare, a norma dell'art. 33, che l'affare sia proposto alla decisione del Consiglio di Stato, il termine è di giorni 30 dalla data della dichiarazione (43).

 

Il ricorso è diretto al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale e deve essere, nei termini suddetti, notificato tanto all'autorità dalla quale è emanato l'atto o il provvedimento impugnato, quanto alle persone, alle quali l'atto o il provvedimento direttamente si riferisce, salvo la possibilità di rinnovare o integrare la notificazione, secondo le norme da stabilirsi col regolamento, nei casi di errore che dalla sezione sia ritenuto scusabile (44).

 

I termini per ricorrere e per controricorrere sono aumentati di 30 giorni, se le parti o alcune di esse, risiedono in altro Stato d'Europa, e di 90, se risiedono fuori d'Europa.

 

L'originale ricorso, con la prova delle eseguite notificazioni e coi documenti sui quali si fonda, deve essere dal ricorrente, entro 30 giorni successivi alle notificazioni medesime, depositato, insieme all'atto o provvedimento impugnato, nella segreteria del Consiglio di Stato.

 

I termini ed i modi prescritti in quest'articolo per la notificazione ed il deposito del ricorso debbono osservarsi a pena di decadenza.

 

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(42)  Il termine è ridotto a 30 giorni per i ricorsi di appello contro le decisioni della G.P.A., in tema di spese facoltative e sovrimposte comunali e provinciali (artt. 306 e 316 T.U. 3 marzo 1934, n. 383, sulle leggi comunali e provinciali).

(43)  Comma così modificato dall'art. 1, R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, il quale è stato modificato e convertito in legge dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88.

(44)  Comma così modificato dal R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, convertito, con modificazioni, in legge dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88.

 

 

Art. 37.

(Art. 29 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Nel termine di 30 giorni successivi a quello assegnato per il deposito del ricorso, l'autorità e le parti, alle quali il ricorso fosse stato notificato, possono presentare memorie, fare istanze, produrre documenti, e anche un ricorso incidentale, con le stesse forme prescritte per il ricorso (45).

 

La notificazione del ricorso incidentale sarà fatta nei modi prescritti per il ricorso principale, presso il domicilio eletto, all'avvocato che ha firmato il ricorso stesso.

 

L'originale del ricorso incidentale, con la prova delle eseguite notificazioni e coi documenti, deve essere depositato in segreteria nel termine di giorni 10.

 

Se colui che vuole produrre il ricorso incidentale risiede all'estero, il termine per la notificazione è aumentato nella misura indicata al capoverso secondo dell'art. 36.

 

I termini e i modi prescritti nel presente articolo per la notificazione e il deposito del ricorso incidentale debbono osservarsi a pena di decadenza.

 

Il ricorso incidentale non è efficace, se venga prodotto dopo che siasi rinunziato al ricorso principale, o se questo venga dichiarato inammissibile, per essere stato proposto fuori termine.

 

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(45)  Vedi anche artt. 22 e 44, R.D. 17 agosto 1907, n. 642.

 

 

 

Art. 38.

(Art. 30 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Nei casi di urgenza, il Presidente del Consiglio di Stato può abbreviare i termini prescritti per il deposito del ricorso stesso, per la presentazione e il deposito del ricorso incidentale.

 

Per gravi motivi può anche prorogarli.

 

Nell'uno e nell'altro caso, dovrà essere abbreviato o prorogato, in eguale misura, il termine per la presentazione delle memorie e la produzione dei documenti relativi al ricorso principale e a quello incidentale (46).

 

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(46)  Vedi anche art. 20, R.D. 17 agosto 1907, n. 642.

 

 

Art. 39.

(Art. 31 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - I ricorsi in via contenziosa non hanno effetto sospensivo. Tuttavia la esecuzione dell'atto o del provvedimento può essere sospesa per gravi ragioni, con decreto motivato dalla sezione sopra istanza del ricorrente (47).

 

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(47)  Le modifiche apportate a questo articolo dal R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, sono state abrogate dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88. Vedi, anche, art. 10, L. 21 dicembre 1950, n. 1018.

 

 

Art. 40.

(Art. 10 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Le parti in causa o la pubblica amministrazione dovranno domandare, con separate istanze, ai presidenti delle sezioni contenziose, la fissazione dell'udienza per la discussione dei ricorsi.

 

I ricorsi si avranno per abbandonati, se per il corso di due anni non sia fatto alcun atto di procedura (48).

 

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(48)  Articolo così modificato dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88. Il termine è stato ridotto ad anni due dall'art. 6, L. 21 dicembre 1950, n. 1018. Il citato art. 6 inoltre dispone: «Tale termine si applica anche ai ricorsi pendenti. Tuttavia le parti in causa, anche se sia scaduto il termine anzidetto possono impedire la perenzione, compiendo atti di procedura entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e comunque non oltre la scadenza del triennio previsto dal citato art. 40 del testo unico».

 

 

Art. 41.

(Art. 33 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 8, penul. comma, e art. 11 R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Nel giorno fissato per la discussione del ricorso, il consigliere incaricato fa, in udienza pubblica, la relazione dell'affare. Dopo la relazione, se le parti si facciano rappresentare da un avvocato, questo può essere ammesso a svolgere succintamente il proprio assunto.

 

L'autorità che ha emanato il provvedimento impugnato può farsi rappresentare dall'avvocatura erariale (49) o da un Commissario scelto fra i direttori od ispettori generali dei Ministeri o tra i primi referendari o referendari del Consiglio di Stato, che non siano addetti alla sezione.

 

La polizia delle udienze, l'ordine della discussione e delle deliberazioni e la pronunziazione delle decisioni sono regolate dalle disposizioni del Codice di procedura civile.

 

Oltre i casi previsti in altre leggi, i ricorsi indicati al n. 6 dell'art. 27 e quelli indicati ai nn. 6 e 7 dell'art. 29 sono trattati e decisi in Camera di consiglio, sulle memorie delle parti.

 

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(49)  Ora, Avvocatura dello Stato.

 

 

Art. 42.

(Art. 34 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 62 del R. decreto 26 ottobre 1923, n. 2275). - I ricorsi principali e incidentali, le memorie, gli atti e i documenti che si producono in sede giurisdizionale, sono soggetti alle prescrizioni sancite nelle leggi sul bollo (50), per gli affari da trattarsi in sede di giustizia amministrativa.

 

Gli originali delle decisioni e dei provvedimenti giurisdizionali di qualsivoglia natura emessi dal Consiglio di Stato sono esenti da bollo, ma le parti ricorrenti sono obbligate a pagare all'ufficio del registro, senza riguardo al numero dei fogli, una tassa di bollo di lire 40 per ciascun ricorso principale e di lire 18 per ciascuna domanda incidentale di sospensione, salvo rimborso a carico delle parti soccombenti che siano condannate alla rifusione delle spese (51). Le tasse suddette sono comprensive dell'addizionale.

 

La presentazione dei ricorsi principali, compresi quelli per revocazione, e delle domande di sospensione si ha per non eseguita se non sia accompagnata dalla bolletta di ricevuta della tassa, indicata nel comma precedente. In caso di inadempimento a tale prescrizione la sezione, cui sono stati rimessi i ricorsi, ne dichiara in Camera di consiglio la decadenza.

 

La tassa è irripetibile anche in caso di rinunzia.

 

Gli atti indicati nel presente articolo non sono soggetti a tassa di registro.

 

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(50)  Vedi D.P.R. 25 giugno 1953, n. 492 (Tariffa allegato A, parte I, n. 43) e L. 5 dicembre 1964, n. 1267.

(51)  Vedi, ora, art. 7, L. 21 dicembre 1950, n. 1018, che, per il ricorso principale e la domanda incidentale di sospensione, ha istituito una tassa fissa di lire 2.000. Tale importo è stato, poi, elevato a lire 3.000 dall'art. 4, L. 25 aprile 1957, n. 283. Vedi, peraltro, l'art. 240, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.

 

 

Art. 43.

(Art. 35 del testo Unico 17 agosto 1907, n. 638). - Le decisioni in sede giurisdizionale, salvo il disposto dell'art. 45, sono prese con l'intervento di sette votanti a maggioranza assoluta di voti.

 

Non possono prendere parte alle decisioni i consiglieri che avessero concorso a dar parere, nella sezione consultiva, sull'affare che forma oggetto di ricorso.

 

 

Art. 44.

(Art. 36 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 12 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Se la sezione, a cui è stato rimesso il ricorso riconosce che l'istruzione dell'affare è incompleta, o che i fatti affermati nell'atto o provvedimento impugnato sono in contraddizione coi documenti, può richiedere all'amministrazione interessata nuovi schiarimenti o documenti: ovvero ordinare all'amministrazione medesima di fare nuove verificazioni, autorizzando le parti ad assistervi ed anche a produrre determinati documenti, ovvero disporre consulenza tecnica (52) (53).

 

Nei giudizi di merito il Consiglio di Stato può inoltre ordinare qualunque altro mezzo istruttorio, nei modi determinati dal regolamento di procedura.

 

La decisione sui mezzi istruttori, compresa la consulenza tecnica, è adottata dal presidente della sezione o da un magistrato da lui delegato ovvero dal collegio mediante ordinanza con la quale è contestualmente fissata la data della successiva udienza di trattazione del ricorso (54).

 

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(52)  Con sentenza 10 aprile 1987, n. 146 (Gazz. Uff. 29 aprile 1987, n. 18 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità degli artt. 44, primo comma, del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054 e 26 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e 7, primo comma, della L. 6 dicembre 1971, n. 1034 nei limiti in cui li richiama, nella parte in cui, nelle controversie di impiego di dipendenti dello Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma da 2 a 4, 422, 424 e 425, del c.p.c. novellati in virtù della L. 11 agosto 1973, n. 533.

(53)  Comma così modificato dall'art. 16, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(54)  Comma aggiunto prima dal R.D.L. 23 ottobre 1924, n. 1672, convertito con modificazioni, in legge dalla L. 8 febbraio 1925, n. 88 e poi così sostituito dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 45.

(Art. 37 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638; art. 13 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Se il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale riconosce infondato il ricorso, lo rigetta. Se accoglie il ricorso per motivi di incompetenza annulla l'atto e rimette l'affare all'autorità competente. Se accoglie il ricorso per altri motivi, nei casi previsti dall'art. 26 e dai nn. 1, 6 e 7, dell'art. 29, annulla l'atto o provvedimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa; e negli altri casi, ove non dichiari inammissibile il ricorso, decide anche nel merito.

 

La sezione, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dar luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o di ufficio può rimettere il ricorso all'Adunanza plenaria (55).

 

Prima della decisione il Presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d'ufficio può deferire all'adunanza plenaria qualunque ricorso che renda necessaria la risoluzione di questioni di massima di particolare importanza (56).

 

Le norme del procedimento sono determinate nel regolamento (57).

 

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(55)  Comma così sostituito dall'art. 5, L. 21 dicembre 1950, n. 1018.

(56)  Comma così sostituito dall'art. 5, L. 21 dicembre 1950, n. 1018.

(57)  Vedi gli artt. 70-80, R.D. 17 agosto 1907, n. 642.

 

 

Art. 46.

(Art. 38 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Contro le decisioni delle sezioni è ammesso il ricorso di revocazione nei casi stabiliti dal Codice di procedura civile.

 

 

Art. 47.

(Art. 39 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - L'incompetenza per ragioni di materia può essere opposta e dichiarata in qualunque stato della causa. La sezione, avanti la quale pende il ricorso, può dichiararla anche di ufficio.

 

 

Art. 48.

(Art. 40 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Le decisioni pronunziate in sede giurisdizionale possono, agli effetti della L. 31 marzo 1877, n. 3761, essere impugnate con ricorso per cassazione. Tale ricorso tuttavia è proponibile soltanto per assoluto difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato.

 

 

Art. 49.

(Art. 26 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Dove le leggi speciali ammettono il ricorso alla IV sezione del Consiglio di Stato, il giudizio del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale deve intendersi limitato alla sola legittimità, e dove ammettono il ricorso alla V sezione, deve intendersi che il giudizio predetto sia estensibile anche al merito.

 

 

Disposizioni transitorie e finali.

 

Art. 50.

(Comma 2° dell'art. 25 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Nella prima attuazione dell'organico approvato con R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, i posti di primo referendario al Consiglio di Stato saranno conferiti a scelta del Ministro dell'interno.

 

 

Art. 51.

(Art. 206 del R. decreto 11 novembre 1923, n. 2395). - Agli attuali Presidente e presidenti di sezione del Consiglio di Stato sarà corrisposto, quando siano collocati a riposo e sino al compimento dei settantatrè anni di età, un assegno personale pari alla differenza fra lo stipendio percepito prima dell'attuazione del R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, aumentato dell'assegno temporaneo mensile di cui al R.D. 12 novembre 1922, n. 1477 e dell'indennità di carica e la pensione.

 

 

Art. 52.

(Art. 10 del R. decreto 7 gennaio 1923, n. 165). - Per il patrocinio dei ricorrenti presso il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale in quanto alle vertenze riguardanti gli affari delle nuove Province, nulla è innovato a ciò che dispone l'art. 11 del R.D. 22 luglio 1920, n. 1049.

 

Resta però fermo quanto è prescritto dall'ultimo capoverso dell'art. 34 circa la elezione del domicilio.

 

 

Art. 53.

(Art. 27 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Con regi decreti, a proposizione del Ministro per l'interno, sentito il Consiglio di Stato, saranno determinate le norme del procedimento da seguirsi avanti al Consiglio di Stato e alla Giunta provinciale amministrativa, in sede giurisdizionale, in quanto non siasi provveduto con la presente legge e sarà provveduto altresì a quanto altro possa occorrere per la esecuzione della legge medesima.

 

 

Art. 54.

(Art. 28 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie alla presente legge.

 

 

Art. 55.

(Art. 49 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638). - Un regolamento di servizio interno è approvato con decreto reale.

 

 

Art. 56.

(Art. 30 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2840). - La presente legge andrà in vigore col 1° luglio 1924.


L. 6 dicembre 1971, n. 1034.
Istituzione dei tribunali amministrativi regionali.

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 dicembre 1971, n. 314.

 

 

TITOLO I

Istituzione e competenze dei tribunali amministrativi regionali

 

Art. 1.

Sono istituiti tribunali amministrativi regionali, quali organi di giustizia amministrativa di primo grado.

 

Le loro circoscrizioni sono regionali e comprendono le province facenti parte delle singole regioni. Essi hanno sede nei capoluoghi di regione.

 

Nelle regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzi, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia sono istituite sezioni staccate, le cui sedi e le cui circoscrizioni saranno stabilite nelle norme di attuazione della presente legge previste nell'articolo 52.

 

Una sezione staccata con ordinamento speciale è pure istituita nella regione Trentino-Alto Adige. Essa ha sede a Bolzano e alla sua disciplina si provvede con altra legge.

 

Il tribunale amministrativo regionale del Lazio, oltre una sezione staccata, ha tre sezioni con sede a Roma (2).

 

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(2)  Il presente comma era stato modificato dall'art. 1, D.L. 18 maggio 2001, n. 179, decaduto per decorrenza dei termini.

 

 

Art. 2.

Il tribunale amministrativo regionale decide:

a) sui ricorsi già attribuiti dagli articoli 1 e 4 del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1058 , e successive modificazioni, alla giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale;

b) sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e provvedimenti emessi:

1) dagli organi periferici dello Stato e degli enti pubblici a carattere ultraregionale, aventi sede nella circoscrizione del tribunale amministrativo regionale;

2) dagli enti pubblici non territoriali aventi sede nella circoscrizione del tribunale amministrativo regionale e che esclusivamente nei limiti della medesima esercitano la loro attività;

3) dagli enti pubblici territoriali compresi nella circoscrizione del tribunale amministrativo regionale.

 

Art. 3.

Sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi per incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge contro atti e provvedimenti emessi dagli organi centrali dello Stato e degli enti pubblici a carattere ultraregionale.

 

Per gli atti emessi da organi centrali dello Stato o di enti pubblici a carattere ultraregionale, la cui efficacia è limitata territorialmente alla circoscrizione del tribunale amministrativo regionale, e per quelli relativi a pubblici dipendenti in servizio, alla data di emissione dell'atto, presso uffici aventi sede nella circoscrizione del tribunale amministrativo regionale la competenza è del tribunale amministrativo regionale medesimo (3).

 

Negli altri casi, la competenza, per gli atti statali, è del tribunale amministrativo regionale con sede a Roma; per gli atti degli enti pubblici a carattere ultraregionale è del tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede l'ente (4).

 

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(3)  La Corte costituzionale, con ordinanza 21-28 giugno 2000, n. 248 (Gazz. Uff. 5 luglio 2000, n. 28, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo e terzo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, e 125 della Costituzione.

(4)  La Corte costituzionale, con ordinanza 21-28 giugno 2000, n. 248 (Gazz. Uff. 5 luglio 2000, n. 28, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo e terzo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, e 125 della Costituzione.

 

 

Art. 4.

Nelle materie indicate negli articoli 2 e 3 la competenza spetta ai tribunali amministrativi regionali per i ricorsi aventi ad oggetto diritti ed interessi di persone fisiche o giuridiche, la cui tutela non sia attribuita all'autorità giudiziaria ordinaria, o ad altri organi di giurisdizione.

 

 

Art. 5.

Sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici. Si applicano, ai fini dell'individuazione del tribunale competente, il secondo e il terzo comma dell'articolo 3 (5).

 

Resta salva la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle dei tribunali delle acque pubbliche e del tribunale superiore delle acque pubbliche, nelle materie indicate negli articoli 140-144 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775 .

 

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(5)  Comma così modificato dall'art. 33, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e successivamente, dallo stesso art. 33, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall'art. 7, L. 21 luglio 2000, n. 205. Peraltro, la Corte costituzionale, con sentenza 11-17 luglio 2000, n. 292 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 3, dell'art. 33 D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nella versione precedente all'intervento della corte stessa.

 

Art. 6.

Il tribunale amministrativo regionale è competente a decidere sui ricorsi concernenti controversie in materia di operazioni per le elezioni dei consigli comunali, provinciali e regionali.

 

Con la decisione dei ricorsi il tribunale amministrativo regionale esercita i poteri e adotta i provvedimenti di cui all'articolo 84 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 , modificato dalla legge 23 dicembre 1966, n. 1147.

 

Rimangono salve, per le azioni popolari e le impugnative consentite agli elettori, le norme dell'articolo 7 della legge 23 dicembre 1966, numero 1147 , e dell'articolo 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 .

 

 

Art. 7.

Il tribunale amministrativo regionale esercita giurisdizione di merito nei casi preveduti dall'articolo 27 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054 , ed in quelli previsti dall'articolo 1 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1058 (6).

 

Il tribunale amministrativo regionale esercita giurisdizione esclusiva nei casi previsti dall'articolo 29 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054 , e in quelli previsti dall'articolo 4 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1058, e successive modificazioni, nonché nelle materie di cui all'articolo 5, primo comma, della presente legge.

 

Il tribunale amministrativo regionale, nell'àmbito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali. Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso (7) (8).

 

Il tribunale amministrativo regionale giudica anche in merito nei casi previsti dall'articolo 29, numeri 2), 3), 4), 5) e 8) del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054 (9).

 

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(6)  Con sentenza 10 aprile 1987, n. 146 (Gazz. Uff. 29 aprile 1987, n. 18 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 44, primo comma, del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, e 26, del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, e 7, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nei limiti in cui li richiama, nella parte in cui, nelle controversie di impiego di dipendenti dello Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 a 4, 422, 424 e 425, del c.p.c. novellati in virtù della legge 11 agosto 1973, n. 533.

(7)  Comma prima sostituito dall'art. 35, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80. Successivamente, il citato art. 35, è stato sostituito dall'art. 7, L. 21 luglio 2000, n. 205, il quale ha sostituito, come è ora riportato nel testo del comma, il solo primo periodo del comma 3.

(8)  La Corte costituzionale, con sentenza 11-17 luglio 2000, n. 292 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato non fondata questione di costituzionalità dell'art. 35, comma 4, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, sostitutivo dell'art. 7, comma 3 del presente provvedimento, sollevata in riferimento all'art. 77 della Costituzione.

(9)  Vedi, ora, l'art. 81 del testo unico di cui al D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398.

 

Art. 8.

Il tribunale amministrativo regionale, nelle materie in cui non ha competenza esclusiva, decide con efficacia limitata di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.

 

La risoluzione dell'incidente di falso e le questioni concernenti lo stato e la capacità dei privati individui restano di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio.

 

 

TITOLO II

Composizione dei tribunali amministrativi regionali

 

Art. 9.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Presidenza dei tribunali amministrativi regionali, è nominato per ciascun tribunale amministrativo regionale, all'inizio di ogni anno, il presidente, da scegliere tra i presidenti di sezione del Consiglio di Stato o tra i consiglieri di Stato.

 

Con lo stesso decreto e con le medesime modalità sono nominati presso ciascun tribunale amministrativo regionale non meno di cinque magistrati amministrativi regionali appartenenti al ruolo previsto dall'articolo 12.

 

Per i tribunali amministrativi regionali formati di più sezioni, nonché per le sezioni istituite nel tribunale amministrativo regionale del Lazio deve essere sempre nominato un presidente di sezione del Consiglio di Stato.

 

 

Art. 10.

Il tribunale amministrativo regionale decide con l'intervento del presidente e di due magistrati amministrativi regionali.

 

In mancanza del presidente, il collegio è presieduto dal magistrato amministrativo più anziano.

 

 

Art. 11.

I presidenti di sezione del Consiglio di Stato sono destinati alla presidenza dei tribunali amministrativi regionali con il loro consenso, ovvero all'atto del conseguimento della nomina.

 

I presidenti di sezione del Consiglio di Stato destinati a presiedere i tribunali amministrativi regionali cessano, a domanda, da tale destinazione, secondo l'ordine di anzianità, e riassumono le loro funzioni in seno al Consiglio di Stato, quando presso il Consiglio stesso si verificano vacanze nei posti di presidente di sezione. Per la relativa sostituzione si procede nei modi previsti dal comma precedente.

 

I consiglieri di Stato possono essere destinati alla presidenza dei tribunali amministrativi regionali solo se abbiano almeno due anni di anzianità e col loro consenso. Per le sedi che rimangono scoperte la destinazione potrà avvenire d'ufficio, seguendo il criterio della minore anzianità di qualifica, tra i consiglieri che abbiano almeno due anni di anzianità.

 

I consiglieri di Stato, a domanda, possono riassumere le loro funzioni presso il Consiglio di Stato non prima di tre anni dalla loro destinazione. Possono continuare nella destinazione alla presidenza di un tribunale amministrativo regionale anche se siano nominati presidenti di sezione del Consiglio di Stato.

 

 

Art. 12.

Per l'assolvimento delle funzioni previste dalla presente legge:

a) i posti di presidente di sezione di cui alla tabella A allegata alla legge 21 dicembre 1950, n. 1018 , sono aumentati di dieci unità;

b) i posti di consigliere di Stato della tabella medesima sono parimenti aumentati di quattordici unità;

c) è istituito il ruolo dei magistrati amministrativi regionali, secondo la tabella allegata alla presente legge.

 

Art. 13.

I magistrati amministrativi regionali si distinguono in consiglieri, primi referendari e referendari.

 

Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, ad essi sono estese le norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale di corrispondente qualifica della magistratura del Consiglio di Stato, nelle qualifiche corrispondenti di consigliere, primo referendario e referendario.

 

Per i magistrati amministrativi regionali il trasferimento ad altra sede può essere disposto, nelle forme indicate dall'articolo 9 e su parere del Consiglio di Presidenza dei tribunali amministrativi regionali per una delle seguenti ragioni:

 

a) su domanda;

b) in seguito ad avanzamento;

c) in seguito all'insorgere di una situazione di incompatibilità prevista dalla legge;

d) per variazione nel numero dei magistrati da assegnare ai vari tribunali.

 

I magistrati amministrativi regionali non possono essere in alcun caso chiamati ad esercitare funzioni o ad espletare compiti diversi da quelli istituzionali.

 

Ad essi si estendono le altre cause di incompatibilità e le cause di ineleggibilità previste per i magistrati ordinari.

 

 

Art. 14.

Le nomine a referendario sono conferite a seguito di concorso per titoli ed esami, al quale possono partecipare, purché non abbiano superato il quarantacinquesimo anno di età:

 

1) i magistrati dell'ordine giudiziario, che abbiano conseguito la nomina ad aggiunto giudiziario, ed i magistrati amministrativi e della giustizia militare di qualifica equiparata;

 

2) gli avvocati dello Stato e i procuratori dello Stato con qualifica non inferiore a sostituti procuratori dello Stato;

 

3) i dipendenti dello Stato muniti della laurea in giurisprudenza, con qualifica non inferiore a direttore di sezione e equiparata, con almeno cinque anni di effettivo servizio di ruolo nella carriera direttiva;

 

4) gli assistenti universitari di ruolo alle cattedre di materie giuridiche, con almeno 5 anni di servizio;

 

5) i dipendenti delle regioni, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, muniti della laurea in giurisprudenza, che siano stati assunti attraverso concorsi pubblici ed abbiano almeno cinque anni di servizio effettivo di ruolo nella carriera direttiva;

 

6) gli avvocati iscritti all'albo da quattro anni (10);

 

7) i consiglieri regionali, provinciali e comunali, muniti della laurea in giurisprudenza, che abbiano esercitato tali funzioni per almeno cinque anni;

 

8) gli ex componenti elettivi delle giunte provinciali amministrative, muniti di laurea in giurisprudenza, che abbiano esercitato le funzioni per almeno cinque anni.

 

La commissione esaminatrice è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ed è composta da due consiglieri di Stato e da tre docenti universitari.

 

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(10)  Termine aumentato ad otto anni dall'art. 5, L. 24 febbraio 1997, n. 27.

 

 

Art. 15.

Le nomine a primo referendario sono conferite ai referendari con almeno sei anni di effettivo servizio, per due terzi mediante scrutinio per merito, comparativo e per un terzo secondo il turno di anzianità, previo giudizio di idoneità.

 

Le nomine vengono disposte con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Allo scrutinio per merito comparativo e al giudizio di idoneità provvede il Consiglio di Presidenza dei tribunali amministrativi regionali.

 

Art. 16.

I consiglieri amministrativi regionali sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e su parere del Consiglio di Presidenza dei tribunali amministrativi regionali.

 

I posti che si rendono vacanti nel ruolo dei consiglieri amministrativi regionali sono conferiti ai primi referendari regionali, che abbiano prestato almeno sei anni di effettivo servizio nella qualifica.

 

 

Art. 17.

A decorrere dal 1° gennaio del quarto anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, un quarto dei posti che si rendano vacanti nel ruolo dei consiglieri di Stato è riservato ai consiglieri amministrativi regionali con almeno quattro anni di effettivo servizio nella qualifica.

 

Il trasferimento di ruolo è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, su parere del Consiglio di Presidenza dei tribunali amministrativi regionali.

 

Il magistrato trasferito conserva l'anzianità di carriera e di qualifica acquisita nel ruolo dei magistrati amministrativi regionali, ed è collocato nel nuovo ruolo nel posto che gli spetta, secondo l'anzianità nell'ultima qualifica già ricoperta.

 

 

Art. 18.

Presso ogni tribunale amministrativo regionale è costituito un ufficio di segreteria, diretto da un segretario generale. I segretari generali sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su designazione del Presidente del Consiglio di Stato:

a) tra i funzionari della carriera direttiva del personale di segreteria del Consiglio di Stato, con qualifica non inferiore a direttore di segreteria;

b) tra i funzionari della carriera direttiva dell'amministrazione civile dell'interno, con qualifica non inferiore a direttore di sezione.

 

Agli uffici di segreteria sono addetti impiegati della carriera direttiva, di concetto, esecutiva ed ausiliaria dell'amministrazione civile dell'interno, nonché delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali delle rispettive circoscrizioni, il cui numero e le cui qualifiche saranno stabilite, entro due mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri per l'interno e per il tesoro. Nei limiti dell'organico determinato nelle forme sopra indicate, agli uffici di segreteria può essere assegnato, col suo consenso, anche personale di ruolo di segreteria del Consiglio di Stato.

 

I segretari generali e gli impiegati addetti agli uffici di segreteria sono collocati fuori del ruolo organico, cui appartengono, per tutta la durata dell'ufficio, senza che siano lasciati scoperti nella qualifica iniziale dei ruoli organici i posti di cui all'articolo 58, comma secondo, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 .

 

Gli impiegati delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali sono destinati al tribunale amministrativo regionale in posizione di comando, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con le amministrazioni interessate.

 

Entro cinque anni dall'entrata in vigore della presente legge sarà istituito con legge un ruolo organico del personale di segreteria dei tribunali amministrativi regionali.

 

 

TITOLO III

Norme di procedura

 

Art. 19.

Nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, fino a quando non verrà emanata apposita legge sulla procedura, si osservano le norme di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, in quanto non contrastanti con la presente legge.

 

Per i giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali è obbligatorio il patrocinio di avvocato o di procuratore legale (11). [Si applicano le disposizioni generali in materia di gratuito patrocinio] (12).

 

Ai fini fiscali si applicano nei giudizi avanti ai tribunali amministrativi regionali le disposizioni già in vigore per i giudizi dinanzi alla giunta provinciale amministrativa.

 

Per i giudizi in materia di operazioni elettorali, previsti dall'articolo 6, rimangono ferme le norme procedurali contenute nella legge 23 dicembre 1966, n. 1147. Per essi non è necessario il ministero di procuratore o di avvocato. Gli atti relativi sono redatti in carta libera e sono esenti dalla tassa di registro e dalle spese di cancelleria (13).

 

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(11)  Il termine «procuratore legale» deve intendersi sostituito con il termine «avvocato» per effetto del disposto dell'art. 3, L. 24 febbraio 1997, n. 27, in seguito alla soppressione dell'albo dei procuratori legali stabilita dalla stessa legge.

(12)  Periodo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto.

(13)  La Corte costituzionale, con sentenza 7-19 marzo 1996, n. 82 (Gazz. Uff. 27 marzo 1996, n. 13, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

 

 

Art. 20.

Nei casi in cui contro gli atti o provvedimenti emessi da organi periferici dello Stato o di enti pubblici a carattere ultraregionale sia presentato ricorso in via gerarchica, il ricorso al tribunale amministrativo regionale è proponibile contro la decisione sul ricorso gerarchico ed in mancanza, contro il provvedimento impugnato, se, nel termine di novanta giorni, la pubblica amministrazione non abbia comunicato e notificato la decisione all'interessato.

 

Se siano interessate più persone il ricorso al tribunale amministrativo regionale proposto da un interessato esclude il ricorso gerarchico di tutti gli atti. Gli interessati, che abbiano già proposto o propongano ricorso gerarchico, devono essere informati a cura dell'amministrazione dell'avvenuta presentazione del ricorso al tribunale amministrativo regionale.

 

Entro 30 giorni da tale comunicazione essi, se il loro ricorso gerarchico era stato presentato in termine, possono ricorrere al tribunale amministrativo regionale.

 

Quando sia stato promosso ricorso al tribunale amministrativo regionale è escluso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

 

 

Art. 21.

Il ricorso deve essere notificato tanto all'organo che ha emesso l'atto impugnato quanto ai controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce, o almeno ad alcuno tra essi, entro il termine di sessanta giorni da quello in cui l'interessato ne abbia ricevuta la notifica, o ne abbia comunque avuta piena conoscenza, o, per gli atti di cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni di legge o di regolamento, salvo l'obbligo di integrare le notifiche con le ulteriori notifiche agli altri controinteressati, che siano ordinate dal tribunale amministrativo regionale. Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti. [In pendenza di un ricorso l'impugnativa di cui dall'articolo 25, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, può essere proposta con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione ed ai controinteressati, e viene decisa con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio] (14) (15).

 

Il ricorso, con la prova delle avvenute notifiche, e con copia del provvedimento impugnato, ove in possesso del ricorrente, deve essere depositato nella segreteria del tribunale amministrativo regionale, entro trenta giorni dall'ultima notifica. Nel termine stesso deve essere depositata copia del provvedimento impugnato, ove non depositata con il ricorso, ovvero ove notificato o comunicato al ricorrente, e dei documenti di cui il ricorrente intenda avvalersi in giudizio (16).

 

La mancata produzione della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza (17).

 

L'amministrazione, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di deposito del ricorso, deve produrre l'eventuale provvedimento impugnato nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati, e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio (18).

 

Dell'avvenuta produzione del provvedimento impugnato, nonché degli atti e dei documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, deve darsi comunicazione alle parti costituite (19).

 

Ove l'amministrazione non provveda all'adempimento, il presidente, ovvero un magistrato da lui delegato, ordina, anche su istanza di parte, l'esibizione degli atti e dei documenti nel termine e nei modi opportuni (20).

 

Analogo provvedimento il Presidente ha il potere di adottare nei confronti di soggetti diversi dall'amministrazione intimata per atti e documenti di cui ritenga necessaria l'esibizione in giudizio. In ogni caso, qualora l'esibizione importi una spesa, essa deve essere anticipata dalla parte che ha proposto istanza per l'acquisizione dei documenti.

 

Se il ricorrente, allegando un pregiudizio grave e irreparabile derivante dall'esecuzione dell'atto impugnato, ovvero dal comportamento inerte dell'amministrazione, durante il tempo necessario a giungere ad una decisione sul ricorso, chiede l'emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una somma, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, il tribunale amministrativo regionale si pronuncia sull'istanza con ordinanza emessa in camera di consiglio. Nel caso in cui dall'esecuzione del provvedimento cautelare derivino effetti irreversibili il giudice amministrativo può altresì disporre la prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare. La concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la richiesta cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il diritto alla salute, alla integrità dell'ambiente, ovvero ad altri beni di primario rilievo costituzionale. L'ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato, ed indica i profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole previsione sull'esito del ricorso. I difensori delle parti sono sentiti in camera di consiglio, ove ne facciano richiesta (21).

 

Prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio. Il decreto è efficace sino alla pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima camera di consiglio utile. Le predette disposizioni si applicano anche dinanzi al Consiglio di Stato, in caso di appello contro un'ordinanza cautelare e in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata (22).

 

In sede di decisione della domanda cautelare, il tribunale amministrativo regionale, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria ed ove ne ricorrano i presupposti, sentite sul punto le parti costituite, può definire il giudizio nel merito a norma dell'articolo 26. Ove necessario, il tribunale amministrativo regionale dispone l'integrazione del contraddittorio e fissa contestualmente la data della successiva trattazione del ricorso a norma del comma undicesimo; adotta, ove ne sia il caso, le misure cautelari interinali (23).

 

Con l'ordinanza che rigetta la domanda cautelare o l'appello contro un'ordinanza cautelare ovvero li dichiara inammissibili o irricevibili, il giudice può provvedere in via provvisoria sulle spese del procedimento cautelare (24) (25).

 

L'ordinanza del tribunale amministrativo regionale di accoglimento della richiesta cautelare comporta priorità nella fissazione della data di trattazione del ricorso nel merito (26).

 

La domanda di revoca o modificazione delle misure cautelari concesse e la riproposizione della domanda cautelare respinta sono ammissibili solo se motivate con riferimento a fatti sopravvenuti (27).

 

Nel caso in cui l'amministrazione non abbia prestato ottemperanza alle misure cautelari concesse, o vi abbia adempiuto solo parzialmente, la parte interessata può, con istanza motivata e notificata alle altre parti, chiedere al tribunale amministrativo regionale le opportune disposizioni attuative. Il tribunale amministrativo regionale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato, di cui all'articolo 27, primo comma, numero 4), del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni, e dispone l'esecuzione dell'ordinanza cautelare indicandone le modalità e, ove occorra, il soggetto che deve provvedere (28).

 

Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche nei giudizi avanti al Consiglio di Stato (29) (30) (31) (32).

 

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(14)  Periodo soppresso dall'art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

(15)  Gli attuali primi sei commi così sostituiscono gli originari primi cinque per effetto di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(16)  Gli attuali primi sei commi così sostituiscono gli originari primi cinque per effetto di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(17)  Gli attuali primi sei commi così sostituiscono gli originari primi cinque per effetto di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(18)  Gli attuali primi sei commi così sostituiscono gli originari primi cinque per effetto di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(19)  Gli attuali primi sei commi così sostituiscono gli originari primi cinque per effetto di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(20)  Gli attuali primi sei commi così sostituiscono gli originari primi cinque per effetto di quanto disposto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(21)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(22)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(23)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(24)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(25) La Corte costituzionale, con sentenza 8 - 23 ottobre 2009, n. 265 (Gazz. Uff. 28 ottobre 2009, n. 43, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, undicesimo comma, introdotto dall'art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione.

(26)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(27)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(28)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(29)  Gli attuali commi dall'ottavo al quindicesimo, così sostituiscono l'originario settimo comma per effetto di quanto disposto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(30)  La Corte costituzionale, con sentenza 25 giugno 1985, n. 190 (Gazz. Uff. 3 luglio 1985, n. 155-bis), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 21, nella parte in cui, limitando l'intervento d'urgenza del giudice amministrativo alla sospensione dell'esecutività dell'atto impugnato, non consente al giudice stesso di adottare nelle controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego, sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva, i provvedimenti d'urgenza che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito, le quante volte il ricorrente abbia fondato motivo di temere che durante il tempo necessario alla prolazione della pronuncia di merito il suo diritto sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile. Vedi, anche, il comma 3 dell'art. 4, L. 4 maggio 1998, n. 133.

(31)  Vedi, anche, l'art. 3, comma 4-bis, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(32)  La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 179 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 così come novellato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 sollevata in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione.

 

 

Art. 21-bis.

1. I ricorsi avverso il silenzio dell'amministrazione sono decisi in camera di consiglio, con sentenza succintamente motivata, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne facciano richiesta. Nel caso che il collegio abbia disposto un'istruttoria, il ricorso è deciso in camera di consiglio entro trenta giorni dalla data fissata per gli adempimenti istruttori. La decisione è appellabile entro trenta giorni dalla notificazione o, in mancanza, entro novanta giorni dalla comunicazione della pubblicazione. Nel giudizio d'appello si seguono le stesse regole.

 

2. In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso di primo grado, il giudice amministrativo ordina all'amministrazione di provvedere di norma entro un termine non superiore a trenta giorni. Qualora l'amministrazione resti inadempiente oltre il detto termine, il giudice amministrativo, su richiesta di parte, nomina un commissario che provveda in luogo della stessa.

 

3. All'atto dell'insediamento il commissario, preliminarmente all'emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se anteriormente alla data dell'insediamento medesimo l'amministrazione abbia provveduto, ancorché in data successiva al termine assegnato dal giudice amministrativo con la decisione prevista dal comma 2 (33).

 

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(33)  Articolo aggiunto dall'art. 2, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 22.

Nel termine di venti giorni successivi a quelli stabiliti per il deposito del ricorso, l'organo che ha emesso l'atto impugnato e le altre parti interessate possono presentare memorie, fare istanze e produrre documenti. Può essere anche proposto ricorso incidentale secondo le norme degli articoli 37 del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e 44 del regolamento di procedura avanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 17 agosto 1907, n. 642.

 

Chi ha interesse nella contestazione può intervenire con l'osservanza delle norme di cui agli articoli 37 e seguenti del regolamento di procedura avanti alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, in quanto non contrastanti con la presente legge. La domanda di intervento è notificata alle parti nel rispettivo domicilio di elezione ed all'organo che ha emanato l'atto impugnato e deve essere depositata in segreteria entro venti giorni dalla data della notificazione.

 

Entro i successivi venti giorni le parti interessate e l'amministrazione possono presentare memorie, istanze e documenti.

 

 

Art. 23.

La discussione del ricorso deve essere richiesta dal ricorrente ovvero dall'amministrazione o da altra parte costituita con apposita istanza da presentarsi entro il termine massimo di due anni dal deposito del ricorso.

 

Il Presidente, sempre che sia decorso il termine di cui al primo comma dell'articolo 22, fissa con decreto l'udienza per la discussione del ricorso.

 

Il decreto di fissazione è notificato, a cura dell'ufficio di segreteria, almeno quaranta giorni prima dell'udienza fissata, sia al ricorrente che alle parti che si siano costituite in giudizio.

 

Le parti possono produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l'udienza e presentare memorie fino a dieci giorni.

 

Il Presidente dispone, ove occorra, gli incombenti istruttori.

 

L'istanza di fissazione d'udienza deve essere rinnovata dalle parti o dall'amministrazione dopo l'esecuzione dell'istruttoria.

 

Se entro il termine per la fissazione dell'udienza l'amministrazione annulla o riforma l'atto impugnato in modo conforme alla istanza del ricorrente, il tribunale amministrativo regionale dà atto della cessata materia del contendere e provvede sulle spese.

 

I documenti e gli atti prodotti davanti al tribunale amministrativo regionale non possono essere ritirati dalle parti prima che il giudizio sia definito con sentenza passata in giudicato e, nel caso di appello, sono trasmessi senza indugio al giudice di secondo grado unitamente al fascicolo d'ufficio. Mediante ordinanza può altresì essere disposta dal presidente della sezione, anche su istanza di parte, l'acquisizione dei documenti e degli atti e mezzi istruttori già acquisiti dal giudice di primo grado. Nel caso di appello con richiesta di sospensione della sentenza impugnata ovvero di impugnazione del provvedimento cautelare la parte ha diritto al rilascio di copia conforme dei documenti e degli atti prodotti (34).

 

Il presidente della sezione può, tuttavia, autorizzare la sostituzione degli eventuali documenti e atti esibiti in originale con copia conforme degli stessi, predisposta a cura della segreteria su istanza motivata dalla parte interessata (35).

 

Entro trenta giorni dalla data dell'iscrizione a ruolo del procedimento di appello avverso la sentenza la segreteria comunica al giudice di primo grado l'avvenuta interposizione di appello e richiede la trasmissione del fascicolo di primo grado (36).

 

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(34)  Comma aggiunto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205 e poi così modificato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto. Vedi, ora, l'art. 252 del citato D.P.R. n. 115 del 2002.

(35)  Comma aggiunto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(36)  Comma aggiunto dall'art. 1, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 23-bis.

1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto:

a) [i provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse] (37);

b) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità (38);

c) [i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti] (39);

d) i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti;

e) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni ai sensi dell'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

f) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400;

g) i provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi (40);

g-bis) i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 12, comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (41).

 

2. I termini processuali previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione del ricorso (42).

 

3. Salva l'applicazione dell'articolo 26, quarto comma, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l'integrazione dello stesso ai sensi dell'articolo 21, se ritiene ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione nel merito alla prima udienza successiva al termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza. In caso di rigetto dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronunzia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale che ne dà avviso alle parti.

 

4. Nel giudizio di cui al comma 3 le parti possono depositare documenti entro il termine di quindici giorni dal deposito o dal ricevimento delle ordinanze di cui al medesimo comma e possono depositare memorie entro i successivi dieci giorni.

 

5. Con le ordinanze di cui al comma 3, in caso di estrema gravità ed urgenza, il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato possono disporre le opportune misure cautelari, enunciando i profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole probabilità sul buon esito del ricorso.

 

6. Nei giudizi di cui al comma 1, il dispositivo della sentenza è pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza, mediante deposito in segreteria.

 

7. Il termine per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata nei giudizi di cui al comma 1 è di trenta giorni dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza. La parte può, al fine di ottenere la sospensione dell'esecuzione della sentenza, proporre appello nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione del dispositivo, con riserva dei motivi, da proporre entro trenta giorni dalla notificazione ed entro centoventi giorni dalla comunicazione della pubblicazione della sentenza.

 

8. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche davanti al Consiglio di Stato, in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata (43).

 

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(37) Lettera soppressa dalla lettera a) del comma 2 dell'art. 15, D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53.

(38) Lettera così sostituita dalla lettera b) del comma 2 dell'art. 15, D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53.

(39) Lettera soppressa dalla lettera a) del comma 2 dell'art. 15, D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53.

(40) Vedi, anche, l'art. 13, comma 6-bis, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dal comma 1307 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(41) Lettera aggiunta dal comma 2 dell'art. 53, L. 23 luglio 2009, n. 99.

(42) Lettera aggiunta dal comma 2 dell’art. 53, L. 23 luglio 2009, n. 99.

(43)  Articolo aggiunto dall'art. 4, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 24.

La morte o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti private o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza produce l'interruzione del processo secondo le norme degli articoli 299 e seguenti del codice di procedura civile, in quanto applicabili. Se la parte è costituita a mezzo di un procuratore o avvocato, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore o dell'avvocato stesso.

 

Il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di sei mesi dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione; altrimenti, si estingue.

 

 

Art. 25.

I ricorsi si considerano abbandonati se nel corso di due anni non sia compiuto alcun atto di procedura.

 

 

Art. 26.

Il tribunale amministrativo regionale, ove ritenga irricevibile o inammissibile il ricorso, lo dichiara con sentenza; se riconosce che il ricorso è infondato, lo rigetta con sentenza.

 

Se accoglie il ricorso per motivi di incompetenza, annulla l'atto e rimette l'affare all'autorità competente. Se accoglie per altri motivi annulla in tutto o in parte l'atto impugnato, e quando è investito di giurisdizione di merito, può anche riformare l'atto o sostituirlo, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa.

 

Il tribunale amministrativo regionale nella materia relativa a diritti attribuiti alla sua competenza esclusiva e di merito può condannare l'amministrazione al pagamento delle somme di cui risulti debitrice.

 

Nel caso in cui ravvisino la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il tribunale amministrativo regionale e il Consiglio di Stato decidono con sentenza succintamente motivata. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del caso, ad un precedente conforme. In ogni caso, il giudice provvede anche sulle spese di giudizio, applicando le norme del codice di procedura civile (44) (45).

 

La decisione in forma semplificata è assunta, nel rispetto della completezza del contraddittorio, nella camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare ovvero fissata d'ufficio a seguito dell'esame istruttorio previsto dal secondo comma dell'articolo 44 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni (46) (47).

 

Le decisioni in forma semplificata sono soggette alle medesime forme di impugnazione previste per le sentenze (48).

 

La rinuncia al ricorso, la cessazione della materia del contendere, l'estinzione del giudizio e la perenzione sono pronunciate, con decreto, dal presidente della sezione competente o da un magistrato da lui delegato. Il decreto è depositato in segreteria, che ne dà formale comunicazione alle parti costituite. Nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione ciascuna delle parti costituite può proporre opposizione al collegio, con atto notificato a tutte le altre parti e depositato presso la segreteria del giudice adìto entro dieci giorni dall'ultima notifica. Nei trenta giorni successivi il collegio decide sulla opposizione in camera di consiglio, sentite le parti che ne facciano richiesta, con ordinanza che, in caso di accoglimento della opposizione, dispone la reiscrizione del ricorso nel ruolo ordinario. Nel caso di rigetto, le spese sono poste a carico dell'opponente e vengono liquidate dal collegio nella stessa ordinanza, esclusa la possibilità di compensazione anche parziale. L'ordinanza è depositata in segreteria, che ne dà comunicazione alle parti costituite. Avverso l'ordinanza che decide sulla opposizione può essere proposto ricorso in appello. Il giudizio di appello procede secondo le regole ordinarie, ridotti alla metà tutti i termini processuali (49).

 

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(44)  L'originario ultimo comma è stato così sostituito con gli attuali commi dal quarto al settimo, per effetto di quanto disposto dall'art. 9, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(45)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 417 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, commi quarto e quinto, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

(46)  L'originario ultimo comma è stato così sostituito con gli attuali commi dal quarto al settimo, per effetto di quanto disposto dall'art. 9, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(47)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 417 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, commi quarto e quinto, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

(48)  L'originario ultimo comma è stato così sostituito con gli attuali commi dal quarto al settimo, per effetto di quanto disposto dall'art. 9, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(49)  L'originario ultimo comma è stato così sostituito con gli attuali commi dal quarto al settimo, per effetto di quanto disposto dall'art. 9, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 27.

Si segue il procedimento in camera di consiglio:

 

1) per i giudizi per i quali si debba soltanto dare atto della rinuncia al ricorso o dichiarare la perenzione;

 

2) per i ricorsi per i quali le parti concordemente chiedono che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere;

 

3) per i ricorsi contro le decisioni del prefetto sulle controversie in materia di spedalità, previste dall'articolo 3 della legge 26 aprile 1954, n. 251, concernente modifica agli articoli 10, 34, 36 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2841, e all'articolo 6 del testo unico approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1776;

 

4) per i ricorsi proposti ai sensi dell'articolo 27, n. 4, del testo unico approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054.

 

Nei casi di cui ai numeri precedenti se una delle parti ne faccia richiesta il presidente ordina che il ricorso si tratti in udienza pubblica.

 

 

Art. 28.

Contro le sentenze dei tribunali amministrativi è ammesso ricorso per revocazione, nei casi, nei modi e nei termini previsti dagli articoli n. 395 e 396 del codice di procedura civile.

 

Contro le sentenze medesime è ammesso, altresì, ricorso al Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, da proporre nel termine di giorni sessanta dalla ricevuta notificazione, osservato il disposto dell'articolo 330 del codice di procedura civile.

 

Contro le ordinanze dei tribunali amministrativi regionali di cui all'articolo 21, commi settimo e seguenti, è ammesso ricorso in appello, da proporre nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'ordinanza, ovvero di centoventi giorni dalla comunicazione del deposito dell'ordinanza stessa nella segreteria (50).

 

Nei casi nei quali i tribunali hanno competenza di merito o esclusiva, anche il Consiglio di Stato, nel decidere in secondo grado, ha competenza di merito o esclusiva.

 

In ogni caso, il Consiglio di Stato in sede di appello esercita gli stessi poteri giurisdizionali di cognizione e di decisione del giudice di primo grado (51) (52).

 

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(50)  Comma aggiunto dall'art. 3, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(51)  La Corte costituzionale, con sentenza 15-17 maggio 1995, n. 177 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 28, nella parte in cui non prevede l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del tribunale amministrativo regionale divenute giudicato.

(52)  Vedi, ora, l'art. 81 del testo unico di cui al D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398.

 

 

Art. 29.

Al giudizio di appello si applicano le norme che regolano il processo innanzi al Consiglio di Stato.

 

I ricorsi avverso le sentenze in materie di operazioni elettorali sono proposti entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica; per gli altri cittadini elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall'ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell'albo pretorio del comune. Per questi ricorsi i termini procedurali previsti dalle norme richiamate nel primo comma sono ridotti alla metà.

 

Sul ricorso il presidente fissa in via di urgenza l'udienza di discussione ed al conseguente giudizio si applicano le norme procedurali di cui al primo comma del presente articolo, con tutti i termini ridotti alla metà.

 

Nel giudizio di appello si osservano le norme dell'articolo 24 sull'interruzione del processo e sulla sua riassunzione.

 

 

Art. 30.

Il difetto di giurisdizione deve essere rilevato anche d'ufficio.

 

Avverso le sentenze dei tribunali amministrativi regionali, che affermano o negano la giurisdizione del giudice amministrativo è ammesso il ricorso al Consiglio di Stato previsto dall'articolo 28.

 

Nei giudizi innanzi ai tribunali amministrativi è ammessa domanda di regolamento preventivo di giurisdizione a norma dell'articolo 41 del codice di procedura civile. La proposizione di tale istanza non preclude l'esame della domanda di sospensione del provvedimento impugnato (53).

 

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(53) La Corte costituzionale, con sentenza 5-12 marzo 2007, n. 77 (Gazz. Uff. 14 marzo 2007, n. 11 - Prima serie speciale), ha dichiarato, l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione.

 

 

Art. 31.

Il resistente o qualsiasi interveniente nel giudizio innanzi al tribunale amministrativo regionale possono eccepire l'incompetenza per territorio del tribunale adito indicando quello competente e chiedendo che la relativa questione sia preventivamente decisa dal Consiglio di Stato. L'incompetenza per territorio non è rilevabile d'ufficio (54).

 

L'istanza deve essere proposta, a pena di decadenza, entro venti giorni dalla data di costituzione in giudizio. Può essere proposta successivamente quando l'incompetenza territoriale del tribunale amministrativo regionale risulti da atti depositati in giudizio, dei quali la parte che propone l'istanza non avesse prima conoscenza; in tal caso l'istanza va proposta entro venti giorni dal deposito degli atti. L'istanza non è più ammessa quando il ricorso sia passato in decisione.

 

L'istanza di regolamento di competenza si propone con ricorso notificato a tutte le parti in causa, che non vi abbiano aderito.

 

Se tutte le parti siano d'accordo sulla remissione del ricorso ad altro tribunale amministrativo regionale, il presidente cura, su loro istanza, la trasmissione d'ufficio degli atti del ricorso a tale tribunale regionale e ne dà notizia alle parti, che debbono costituirsi davanti allo stesso entro venti giorni dalla comunicazione (55).

 

Negli altri casi il presidente fissa immediatamente la camera di consiglio per la sommaria delibazione del regolamento di competenza proposto. Qualora il collegio, sentiti i difensori delle parti, rilevi, con decisione semplificata, la manifesta infondatezza del regolamento di competenza, respinge l'istanza e provvede sulle spese di giudizio; in caso contrario dispone che gli atti siano immediatamente trasmessi al Consiglio di Stato (56).

 

Le parti alle quali è notificato il ricorso per regolamento di competenza possono, nei venti giorno successivi, depositare nella segreteria del Consiglio di Stato memorie e documenti.

 

Sull'istanza il Consiglio di Stato provvede in camera di consiglio, sentiti i difensori delle parti, che ne abbiano fatto richiesta, nella prima udienza successiva alla scadenza del termine di cui al precedente comma.

 

La decisione del Consiglio di Stato sulla competenza è vincolante per i tribunali amministrativi regionali.

 

L'incompetenza per territorio non costituisce motivo di impugnazione della decisione emessa dal tribunale amministrativo regionale (57).

 

Quando l'istanza per il regolamento di competenza venga respinta, il Consiglio di Stato condanna alle spese colui che ha presentato l'istanza.

 

Quando l'istanza di regolamento di competenza sia accolta, il ricorrente può riproporre l'istanza al tribunale territorialmente competente entro trenta giorni dalla notifica della decisione di accoglimento (58).

 

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(54)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-20 dicembre 2000, n. 565 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2000, n. 53, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, primo, quarto e nono comma, sollevata in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 125, primo comma, della Cost.

(55)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-20 dicembre 2000, n. 565 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2000, n. 53, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, primo, quarto e nono comma, sollevata in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 125, primo comma, della Cost.

(56)  Comma così sostituito dal comma 4 dell'art. 9, L. 21 luglio 2000, n. 205.

(57)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-20 dicembre 2000, n. 565 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2000, n. 53, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, primo, quarto e nono comma, sollevata in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 125, primo comma, della Cost.

(58)  La Corte costituzionale, con ordinanza 19-23 giugno 2000, n. 241 (Gazz. Uff. 5 luglio 2000, n. 28, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 31, sollevate in riferimento agli articoli 3, 125, e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 32.

Nei ricorsi da devolversi alle sezioni staccate previste dall'articolo 1, il deposito del ricorso con le modalità indicate nell'articolo 21 e le operazioni successive vengono effettuate presso gli uffici della sezione staccata.

 

Le parti, che reputino che il ricorso debba essere deciso dal tribunale amministrativo regionale sedente nel capoluogo, debbono eccepirlo all'atto della costituzione e comunque non oltre quarantacinque giorni dalla notifica del ricorso. Il presidente del tribunale amministrativo regionale provvede sulla eccezione con ordinanza motivata non impugnabile, udite le parti che ne facciano richiesta.

 

La decisione del ricorso da parte del tribunale amministrativo regionale sedente nel capoluogo anziché dalla sezione staccata, o viceversa, non costituisce vizio di incompetenza della decisione.

 

Il disposto del secondo comma si applica anche nel caso in cui vengano proposti al tribunale regionale amministrativo sedente nel capoluogo ricorsi che si reputano abbiano ad essere decisi dalla sezione staccata.

 

 

Art. 33.

Le sentenze dei tribunali amministrativi regionali sono esecutive.

 

Il ricorso in appello al Consiglio di Stato non sospende l'esecuzione della sentenza impugnata.

 

Il Consiglio di Stato, tuttavia, su istanza di parte, qualora dall'esecuzione della sentenza possa derivare un danno grave e irreparabile, può disporre, con ordinanza motivata emessa in camera di consiglio, che la esecuzione sia sospesa.

 

Sull'istanza di sospensione il Consiglio di Stato provvede nella sua prima udienza successiva al deposito del ricorso. I difensori delle parti devono essere sentiti in camera di consiglio, ove ne facciano richiesta (59).

 

Per l'esecuzione delle sentenze non sospese dal Consiglio di Stato il tribunale amministrativo regionale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato di cui all'articolo 27, primo comma, numero 4), del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni (60).

 

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(59)  La Corte costituzionale, con sentenza 10-12 dicembre 1998, n. 406 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 14-20 luglio 1999, n. 332 (Gazz. Uff. 28 luglio 1999, n. 30, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 33 e 37, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione.

(60)  Comma aggiunto dall'art. 10, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 34.

Nel giudizio di appello, se il Consiglio di Stato riconosce il difetto di giurisdizione o di competenza del tribunale amministrativo regionale o la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di prima istanza, o la esistenza di cause impeditive o estintive del giudizio, annulla la decisione impugnata senza rinvio.

 

In caso di errore scusabile il Consiglio di Stato può rimettere in termini il ricorrente per proporre l'impugnativa al giudice competente, che deve essere indicato nella sentenza del Consiglio di Stato, o per rinnovare la notificazione del ricorso.

 

 

Art. 35.

Se il Consiglio di Stato accoglie il ricorso per difetto di procedura o per vizio di forma della decisione di primo grado, annulla la sentenza impugnata e rinvia la controversia al tribunale amministrativo regionale.

 

Il rinvio ha luogo anche quando il Consiglio di Stato accoglie il ricorso contro la sentenza con la quale il tribunale amministrativo regionale abbia dichiarato la propria incompetenza.

 

In ogni altro caso, il Consiglio di Stato decide sulla controversia.

 

In ogni caso di rinvio, il giudizio prosegue innanzi al tribunale amministrativo regionale, con fissazione d'ufficio dell'udienza pubblica, da tenere entro trenta giorni dalla comunicazione della sentenza con la quale si dispone il rinvio. Le parti possono depositare atti, documenti e memorie sino a tre giorni prima dell'udienza (61).

 

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(61)  Comma così sostituito dall'art. 11, L. 21 luglio 2000, n. 205.

 

 

Art. 36.

Contro le decisioni pronunziate dal Consiglio di Stato in secondo grado sono ammessi il ricorso per revocazione, nei casi e nei termini previsti dall'articolo 396 del codice di procedura civile, e il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione (62).

 

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(62)  La Corte costituzionale, con sentenza 15-17 maggio 1995, n. 177 (Gazz. Uff. 24 maggio 1995, n. 22 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 36, nella parte in cui non prevede l'opposizione di terzo ordinaria fra i mezzi di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato.

 

 

Art. 37.

I ricorsi diretti ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dell'autorità giudiziaria ordinaria, che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico, sono di competenza dei tribunali amministrativi regionali quando l'autorità amministrativa chiamata a conformarsi sia un ente che eserciti la sua attività esclusivamente nei limiti della circoscrizione del tribunale amministrativo regionale.

 

Resta ferma, negli altri casi, la competenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.

 

Quando i ricorsi siano diretti ad ottenere lo adempimento dell'obbligo dell'autorità amministrativa di conformarsi al giudicato degli organi di giustizia amministrativa, la competenza è del Consiglio di Stato o del tribunale amministrativo regionale territorialmente competente secondo l'organo che ha emesso la decisione, della cui esecuzione si tratta.

 

La competenza è peraltro del tribunale amministrativo regionale anche quando si tratti di decisione di tribunale amministrativo regionale confermata dal Consiglio di Stato in sede di appello (63) (64).

 

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(63)  La Corte costituzionale, con sentenza 10-12 dicembre 1998, n. 406 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 14-20 luglio 1999, n. 332 (Gazz. Uff. 28 luglio 1999, n. 30, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 33 e 37, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione.

(64)  La stessa Corte con ordinanza 21-25 marzo 2005, n. 122 (Gazz. Uff. 30 marzo 2005, n. 13, 1ª Serie speciale), con ordinanza 25 gennaio-8 febbraio 2006, n. 44 (Gazz. Uff. 15 febbraio 2006, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e 113 della Costituzione.

 

 

TITOLO IV

Disposizioni generali e transitorie

 

Art. 38.

L'attribuzione ai tribunali amministrativi regionali della competenza prevista dall'articolo 2, lettera b), numeri 1 e 2, nonché dagli articoli 3 e 5 della presente legge, ha effetto dopo tre mesi dalla data di insediamento dei tribunali amministrativi regionali che sarà fissata a sensi del primo comma dell'articolo 43.

 

Per i giudizi promossi in tali materie anteriormente a tale data, rimane ferma l'attribuzione di competenza prevista dalle norme attualmente in vigore.

 

 

Art. 39.

Fino a quando non sarà diversamente disciplinata la materia, nulla è innovato per quanto concerne l'attuale competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria in materia di controversie dei dipendenti da enti pubblici economici.

 

 

Art. 40.

Fino a quando non si procederà alla revisione dell'attuale sistema di giustizia amministrativa nella regione siciliana, la competenza del tribunale amministrativo regionale istituito nella regione siciliana è limitata alle materie indicate nell'articolo 2, lettera a), e nell'articolo 6 della presente legge.

 

L'appello contro le sentenze di tale tribunale è portato al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana. Nulla è innovato nelle disposizioni che attualmente disciplinano detto Consiglio (65).

 

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(65)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-12 marzo 1975, n. 61 (Gazz. Uff. 20 marzo 1975, n. 77), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 40, nella parte in cui limita la competenza del tribunale amministrativo regionale istituito nella regione siciliana alle materie indicate nell'art. 2, lettera a, e nell'art. 6 della legge medesima.

 

 

Art. 41.

Il tribunale amministrativo regionale con sede in Aosta è competente nelle materie indicate nella presente legge, nonché in quelle attribuite alla competenza della giunta giurisdizionale amministrativa della Valle d'Aosta ai sensi dell'articolo 2, numeri 1) e 2), del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 15 novembre 1946, n. 367, e successive modificazioni.

 

 

Art. 42.

Tutti i ricorsi pendenti presso qualsiasi autorità giurisdizionale alla data di entrata in vigore della presente legge sono trasmessi d'ufficio alla segreteria del tribunale amministrativo regionale del capoluogo di regione entro 60 giorni dalla data di insediamento del tribunale.

 

I ricorsi proposti dopo l'entrata in vigore della presente legge e prima dell'entrata in funzione dei tribunali amministrativi regionali, saranno, nei termini previsti, depositati nel capoluogo di regione presso la cancelleria del tribunale la quale sarà tenuta a riceverli e a trasmetterli alla segreteria del tribunale amministrativo regionale non appena questa entrerà in funzione.

 

Gli ulteriori termini cominceranno a decorrere dalla data di entrata in funzione dei tribunali amministrativi regionali.

 

Le segreterie dei tribunali amministrativi regionali danno notizia della ricezione degli atti alle parti costituite.

 

Le parti che vi abbiano interesse dovranno, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla ricezione dell'avviso della segreteria, richiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale che venga fissata l'udienza di trattazione.

 

 

Art. 43.

L'insediamento dei tribunali amministrativi regionali avrà luogo entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, in data che verrà fissata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri (66).

 

Per non oltre sei mesi da tale data, i consiglieri, i primi referendari e i referendari potranno essere assegnati contemporaneamente a due finitimi tribunali amministrativi regionali.

 

Il primo concorso a referendario previsto dall'articolo 14 dovrà essere bandito entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

 

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(66)  Con D.P.R. 19 dicembre 1973 (Gazz. Uff. 29 dicembre 1973, n. 333) è stata fissata al 1° gennaio 1974 la data d'insediamento dei tribunali.

 

 

Art. 44.

All'atto della entrata in vigore della presente legge sono indetti tre concorsi per soli titoli a 18 posti di consiglieri, 27 posti di primi referendari e 15 di referendari per i tribunali amministrativi regionali.

 

A tali concorsi possono partecipare:

a) per consiglieri: i professori ordinari di materie giuridiche nelle università, i professori incaricati nelle stesse con almeno otto anni di insegnamento e che appartengano all'ordine giudiziario ordinario ed amministrativo; i magistrati amministrativi e quelli dell'ordine giudiziario, con qualifica non inferiore a consigliere d'appello o equiparata; gli avvocati dello Stato con dodici anni di servizio; gli appartenenti alle carriere amministrative direttive dello Stato, forniti di laurea in giurisprudenza, con qualifica non inferiore ad ispettore generale od equiparata;

b) per primi referendari i giudici di tribunale od equiparati, nonché i funzionari dello Stato con qualifica non inferiore a direttore di divisione od equiparati, forniti di laurea in giurisprudenza;

c) per referendari: i giudici aggiunti di tribunale od equiparati, nonché i direttori di sezione od equiparati, forniti di laurea in giurisprudenza.

 

I posti messi a concorso sono riservati per non più di un terzo, rispettivamente in ciascuna delle tre qualifiche, ai professori ordinari ed incaricati nelle università, ai magistrati con qualifica non inferiore a consigliere d'appello ed agli avvocati dello Stato - per consigliere - ai giudici di tribunale od equiparati - per primo referendario - ai giudici aggiunti di tribunale od equiparati - per referendario.

 

I posti residui e, comunque, non meno di due terzi di quelli messi a concorso sono riservati alle altre categorie di cui al secondo comma, con la espressa riserva di un terzo in favore dei funzionari direttivi che abbiano fatto parte delle giunte provinciali amministrative.

 

I tre concorsi verranno giudicati da una commissione nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composta da due consiglieri di Stato e da tre docenti universitari.

 

 

Art. 45.

Entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge saranno indetti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, tre concorsi per titoli ai seguenti posti di magistrato amministrativo regionale:

 

n. 18 posti di consigliere;

 

n. 27 posti di primo referendario;

 

n. 15 posti di referendario.

 

I tre concorsi saranno giudicati da una commissione nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composta da due consiglieri di Stato e da tre docenti universitari.

 

Il giudizio sui titoli sarà integrato da un colloquio, cui verranno ammessi i concorrenti i cui titoli saranno stati meglio valutati, in numero non superiore al doppio dei posti messi a concorso.

 

La commissione espleterà i suoi lavori entro tre mesi.

 

 

Art. 46.

Ai concorsi a posti di consigliere, previsti nell'articolo precedente, sono ammessi a partecipare:

a) i professori di ruolo di materie giuridiche nelle università con almeno tre anni di insegnamento;

b) i magistrati dell'ordine giudiziario, i magistrati amministrativi e della giustizia militare, gli avvocati dello Stato, con almeno sette anni di anzianità;

c) gli appartenenti alle carriere direttive amministrative dello Stato con qualifica non inferiore a ispettore generale o equiparata;

d) i professori incaricati di materie giuridiche nelle università e i professori di ruolo di materie giuridiche negli istituti tecnici con almeno quindici anni di insegnamento.

 

È prescritto il possesso di laurea in giurisprudenza.

 

 

Art. 47.

Ai concorsi a posti di primo referendario previsti nell'articolo 45 sono ammessi a partecipare:

a) i professori di ruolo di materie giuridiche nelle università;

b) i magistrati dell'ordine giudiziario, i magistrati amministrativi e della giustizia militare, gli avvocati dello Stato, con almeno quattro anni di anzianità;

c) gli appartenenti alle carriere direttive amministrative dello Stato con qualifica non inferiore a direttore di divisione o equiparata;

d) gli impiegati della carriera direttiva di segreteria del Consiglio di Stato con qualifica non inferiore a direttore di segreteria;

e) i professori incaricati e aggregati e gli assistenti di ruolo di materie giuridiche nelle università e i professori di ruolo di materie giuridiche negli istituti tecnici con almeno otto anni di insegnamento;

f) gli avvocati con almeno sei anni di iscrizione nell'albo professionale.

 

È prescritto il possesso di laurea in giurisprudenza.

 

 

Art. 48.

Ai concorsi a posti di referendario, previsti dall'articolo 45, sono ammessi coloro che siano in possesso di uno dei requisiti indicati ai numeri 1), 2), 3), 4) e 5) dell'articolo 11 della presente legge.

 

 

Art. 49.

Ai fini dell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalla presente legge, il Consiglio di Presidenza dei tribunali amministrativi regionali è composto dal Presidente del Consiglio di Stato, dai due presidenti di sezione del Consiglio di Stato più anziani, da due presidenti di tribunali amministrativi regionali e da quattro magistrati amministrativi regionali sorteggiati ogni due anni e non confermabili immediatamente.

 

Il Consiglio di Presidenza è costituito con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

 

Art. 50.

I posti di consigliere di Stato disponibili alla data di entrata in vigore della presente legge, o che si renderanno successivamente vacanti, sono riservati nel numero necessario per le nomine da conferire ai primi referendari e referendari in servizio alla data medesima, al compimento del periodo stabilito dall'articolo 4 della legge 21 dicembre 1950, n. 1018 .

 

I posti lasciati scoperti sono considerati posti di risulta ai fini delle nomine a referendario.

 

I primi referendari e referendari indicati nel primo comma, quando conseguiranno la nomina a consiglieri di Stato, precederanno nel ruolo del Consiglio di Stato medesimo i consiglieri che vi saranno trasferiti ai sensi dell'articolo 17 della presente legge.

 

I posti lasciati liberi dal personale di magistratura del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, collocati a riposo in applicazione dell'articolo 3 della legge 24 maggio 1970, n. 336 , non sono portati in diminuzione nella qualifica iniziale del rispettivo ruolo di appartenenza.

 

 

Art. 51.

I funzionari della carriera direttiva amministrativa dell'amministrazione civile dell'interno, già presidenti o membri delle sezioni dei tribunali amministrativi per il contenzioso elettorale di cui alla legge 23 dicembre 1966, n. 1147, sono collocati, a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, nella posizione di soprannumero, nel ruolo di appartenenza.

 

Per il riassorbimento dei funzionari in soprannumero si osserva il disposto di cui all'articolo 5 della legge 19 ottobre 1959, n. 928 .

 

 

Art. 52.

Con regolamenti da emanarsi entro tre mesi dalla entrata in vigore della Presente legge, saranno stabilite le norme di attuazione e le modalità di svolgimento dei concorsi previsti dall'articolo 14 (67).

 

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(67)  Vedi il D.P.R. 21 aprile 1973, n. 214.

 

 

Art. 53.

Le spese per il funzionamento dei tribunali amministrativi regionali, comprese quelle relative al personale di segreteria appartenente ai ruoli delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali, nonché quelle per i locali, il loro arredamento e la loro manutenzione sono a carico dello Stato e sono sostenute dai commissari del Governo della regione o dalle autorità governative corrispondenti nelle regioni Sicilia, Sardegna e Valle d'Aosta.

 

Ai presidenti di sezione e ai consiglieri di Stato destinati a presiedere tribunali amministrativi regionali diversi da quello di Roma, nonché ai segretari generali dei tribunali medesimi, spetta, per i primi sei mesi, l'indennità di missione intera.

 

Le spese di funzionamento dei tribunali amministrativi regionali gravano su un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro.

 

 

Art. 54.

All'onere derivante dall'applicazione della presente legge, valutato in lire 1.600 milioni per l'anno finanziario 1972, si provvede mediante riduzione degli stanziamenti iscritti al capitolo 3523 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro.

 

Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

                     Tabella  (68)
              MAGISTRATI AMMINISTRATIVI REGIONALI
                       Posti in organico
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?                      ?          Con effetto:          ?      ?
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?                      ? dall'entrata  ?  dopo un anno  ?      ?
?                      ?  in vigore    ?  dall'entrata  ?Totale?
?                      ? della legge   ?   in vigore    ?      ?
?                      ?               ?   della legge  ?      ?
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?Consiglieri. . . . . .?     36        ?       10       ?   46 ?
?Primi referendari. . .?     54        ?       33       ?   87 ?
?Referendari. . . . . .?     30        ?       57       ?   87 ?
?                      ?????????????????????????????????????????
?                      ?    120        ?      100       ?  220 ?

 

 

 


(68)  Vedi, ora la tabella A allegata alla L. 27 aprile 1982, n. 186.

 


L. 21 luglio 2000, n. 205
Disposizioni in materia di giustizia amministrativa.

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 173.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 30 ottobre 2000, n. 73.

 

 

Art. 1.

Disposizioni sul processo amministrativo.

1. ... (3).

2. ... (4).

3. ... (5).

4. All'articolo 38 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, le parole: «entro due giorni» sono sostituite dalle seguenti: «entro dieci giorni».

 

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(3)  Sostituisce, con sei commi i commi dal primo al quinto dell'art. 21, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

(4)  Sostituisce il terzo comma dell'art. 44, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054.

(5)  Aggiunge tre commi alla fine dell'art. 23, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

 

 

Art. 2.

Ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione.

1. ... (6).

 

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(6)  Aggiunge l'art. 21-bis, alla L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

 

 

Art. 3.

Disposizioni generali sul processo cautelare.

1. ... (7).

 

2. ... (8).

 

3. Per l'impugnazione delle ordinanze già emanate alla data di entrata in vigore della presente legge il termine di centoventi giorni decorre da quest'ultima data, sempre che ciò non comporti riapertura o prolungamento del termine previsto dalla normativa anteriore.

 

4. Nell'àmbito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica può essere concessa, a richiesta del ricorrente, ove siano allegati danni gravi e irreparabili derivanti dall'esecuzione dell'atto, la sospensione dell'atto medesimo. La sospensione è disposta con atto motivato del Ministero competente ai sensi dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, su conforme parere del Consiglio di Stato.

 

--------------------------------------------------------------------------------

(7)  Sostituisce, con otto commi, il settimo comma dell'art. 21, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

(8)  Aggiunge un comma, dopo il secondo, all'art. 28, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

 

 

Art. 4.

Disposizioni particolari sul processo in determinate materie.

1. ... (9).

 

2. Sono abrogati l'articolo 19 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e il comma 27 dell'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249.

 

3. [Nei giudizi ai sensi dell'articolo 25, commi 5 e seguenti, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il ricorrente può stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente] (10).

 

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(9)  Aggiunge l'art. 23-bis, alla L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

(10)  Comma abrogato dall'art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

 

 

Art. 5.

Giudice unico delle pensioni.

1. In materia di ricorsi pensionistici, civili, militari e di guerra la Corte dei conti, in primo grado, giudica in composizione monocratica, attraverso un magistrato assegnato alla sezione giurisdizionale regionale competente per territorio, in funzione di giudice unico. Il giudice unico fissa ogni semestre il proprio calendario di udienze e, con proprio decreto, fissa la trattazione dei relativi giudizi. I provvedimenti cautelari del giudice unico sono reclamabili innanzi al collegio, il quale, nel caso in cui rigetti il reclamo, condanna alle spese (11) (12).

 

1-bis. Al fine di accelerare la definizione dei giudizi, i presidenti delle sezioni giurisdizionali regionali procedono, al momento della ricezione del ricorso e secondo criteri predeterminati, alla sua assegnazione ad uno dei giudici unici delle pensioni in servizio presso la sezione (13).

 

2. Innanzi al giudice unico delle pensioni si applicano gli articoli 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile.

 

3. Nel caso in cui il ricorrente risulti deceduto il giudice dichiara interrotto il giudizio e dispone la comunicazione agli eredi ovvero la pubblicazione del relativo avviso nella Gazzetta Ufficiale, contenente i dati anagrafici del ricorrente, il numero del ricorso e l'avvertenza che il giudizio deve essere riassunto entro il termine di novanta giorni a pena di estinzione. [Gli avvisi sono pubblicati gratuitamente] (14). Se nessuno degli eredi provvede a riassumere il giudizio entro novanta giorni dalla pubblicazione del suddetto avviso il giudizio è dichiarato estinto.

 

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(11) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 42, L. 18 giugno 2009, n. 69.

(12)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8 - 24 ottobre 2001, n. 343 (Gazz. Uff. 31 ottobre 2001, n. 42, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, ultimo periodo, sollevate in riferimento, rispettivamente, agli artt. 3 e 97 e agli artt. 3 e 25 della Costituzione. La stessa Corte costituzionale, con successiva ordinanza 10-16 aprile 2002, n. 124 (Gazz. Uff. 24 aprile 2002, n. 17, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, ultimo periodo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione.

(13) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 42, L. 18 giugno 2009, n. 69.

(14)  Periodo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113, e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto. Vedi, ora, l'art. 259 del citato D.P.R. n. 115 del 2002.

 

 

Art. 6.

Disposizioni in materia di giurisdizione.

1. [Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale] (15).

 

2. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto.

 

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(15)  Comma abrogato dall'art. 256, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con la decorrenza indicata nell'art. 257 dello stesso decreto.

 

 

Art. 7.

Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80.

1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) ... (16);

b) ... (17);

c) ... (18).

 

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(16)  Sostituisce l'art. 33, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.

(17)  Sostituisce l'art. 34, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.

(18)  Sostituisce l'art. 35, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.

 

 

Art. 8.

Giurisdizione esclusiva.

1. Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, si applica il capo I del titolo I del libro IV del codice di procedura civile. Per l'ingiunzione è competente il presidente o un magistrato da lui delegato. L'opposizione si propone con ricorso.

 

2. Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetti diritti soggettivi di natura patrimoniale, il tribunale amministrativo regionale, su istanza di parte, dispone in via provvisionale, con ordinanza provvisoriamente esecutiva, la condanna al pagamento di somme di denaro quando, in ordine al credito azionato, ricorrono i presupposti di cui agli articoli 186-bis e 186-ter del codice di procedura civile.

 

3. Al fine di cui al comma 2, il presidente del tribunale amministrativo regionale, ovvero il presidente della sezione interna o della sezione distaccata, fissa su istanza di parte la discussione nella prima camera di consiglio utile, e quando ciò non sia possibile, entro un termine di trenta giorni successivo al deposito del ricorso o dell'istanza di parte se separata.

 

4. Il procedimento di cui ai commi 1 e 2 si applica anche al giudizio innanzi al Consiglio di Stato in sede di appello.

 

 

Art. 9.

Decisioni in forma semplificata e perenzione dei ricorsi ultradecennali.

1. ... (19).

 

2. A cura della segreteria è notificato alle parti costituite, dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito dei ricorsi, apposito avviso in virtù del quale è fatto onere alle parti ricorrenti di presentare nuova istanza di fissazione dell'udienza con la firma delle parti entro sei mesi dalla data di notifica dell'avviso medesimo. I ricorsi per i quali non sia stata presentata nuova domanda di fissazione vengono, dopo il decorso infruttuoso del termine assegnato, dichiarati perenti con le modalità di cui all'ultimo comma dell'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dal comma 1 del presente articolo. Se, in assenza dell’avviso di cui al primo periodo, è comunicato alle parti l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione nel merito, i ricorsi sono decisi qualora almeno una parte costituita dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione; altrimenti sono dichiarati perenti dal presidente del collegio con decreto, ai sensi dell’articolo 26, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (20).

 

3. Le disposizioni concernenti le decisioni in forma semplificata e la perenzione dei ricorsi ultradecennali, previste nei commi 1 e 2, si applicano anche ai giudizi innanzi alla Corte dei conti in materia di ricorsi pensionistici, civili, militari e di guerra (21).

 

4. ... (22).

 

 

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(19)  Sostituisce, con quattro commi, l'ultimo comma dell'art. 26, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

(20) Comma così modificato prima dall'art. 54, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 e poi dal comma 1 dell’art. 57, L. 18 giugno 2009, n. 69.

(21)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 417 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

(22)  Sostituisce il quinto comma dell'art. 31, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

 

 

Art. 10.

Esecuzione di sentenze non sospese dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti.

1. ... (23).

 

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel giudizio innanzi alle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti per l'esecuzione delle sentenze emesse dalle sezioni medesime e non sospese dalle sezioni giurisdizionali centrali d'appello della Corte dei conti; per l'esecuzione delle sentenze emesse da queste ultime provvedono le stesse sezioni giurisdizionali centrali d'appello della Corte dei conti.

 

3. Ad eccezione di quanto disposto dall'articolo 105, primo comma, del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, la disposizione di cui al comma 1 si applica anche nei giudizi innanzi alle sezioni giurisdizionali centrali d'appello della Corte dei conti. È abrogato l'articolo 105, secondo comma, del citato regolamento approvato con regio decreto n. 1038 del 1933.

 

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(23)  Aggiunge un comma all'art. 33, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

 

 

Art. 11.

Rinvio delle controversie al tribunale amministrativo regionale.

1. ... (24).

 

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(24)  Sostituisce il quarto comma dell'art. 35, L. 6 dicembre 1971, n. 1034.

 

 

Art. 12.

Mezzi per l'effettuazione delle notifiche.

Il presidente del tribunale può disporre che la notifica del ricorso o di provvedimenti sia effettuata con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o telefax, ai sensi dell'articolo 151 del codice di procedura civile.

 

 

Art. 13.

Obbligo di permanenza nella sede di nomina per i presidenti di sezione del Consiglio di Stato e per i presidenti dei tribunali amministrativi regionali.

1. ... (25).

 

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(25)  Aggiunge un comma, dopo il quarto, all'art. 21, L. 27 aprile 1982, n. 186.

 

 

Art. 14.

Aumento dell'organico dei magistrati e del personale amministrativo.

1. A decorrere dal 1° gennaio 2001, nella tabella A allegata alla legge 27 aprile 1982, n. 186, il numero dei presidenti di sezione del Consiglio di Stato è aumentato di tre unità, quello dei consiglieri di Stato di dieci unità, quello dei referendari dei tribunali amministrativi regionali di sessanta unità.

 

2. A decorrere dalla stessa data di cui al comma 1, la dotazione organica del personale amministrativo del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali è aumentata nella misura complessiva di quaranta unità, da ripartire tra le sedi interessate dagli aumenti di cui al medesimo comma 1 (26).

 

3. Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di lire 16.600 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.

 

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(26)  Per la ripartizione della dotazione organica complessiva del personale amministrativo appartenente alla Giustizia amministrativa vedi il Decr. 7 marzo 2003. Per la rideterminazione della pianta organica del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali, vedi il D.P.C.S. 26 maggio 2005.

 

 

Art. 15.

Pubblicità dei pareri del Consiglio di Stato.

I pareri del Consiglio di Stato sono pubblici e recano l'indicazione del presidente del collegio e dell'estensore.

 

 

Art. 16.

Integrazione dell'istruttoria mediante consulenza tecnica.

Al primo comma dell'articolo 44 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le parole: «, ovvero disporre consulenza tecnica».

 

 

Art. 17.

Ufficio del segretariato generale della giustizia amministrativa.

1.... (27).

 

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(27)  Sostituisce l'art. 4, L. 27 aprile 1982, n. 186.

 

 

Art. 18.

Modificazione della composizione del consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

1. ... (28).

 

2. In sede di prima applicazione, i componenti di cui all'articolo 7, comma 1, lettera d), della legge 27 aprile 1982, n. 186, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, entrano a far parte del consiglio di presidenza in carica alla data di entrata in vigore della presente legge. Il mandato cessa alla scadenza del consiglio stesso.

 

3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge si applicano, in quanto compatibili, al consiglio di presidenza della Corte dei conti le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

 

4. Per le finalità previste dal comma 1, è autorizzata la spesa di lire 470 milioni annue per l'anno 2000 e di lire 940 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.

 

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(28)  Sostituisce l'art. 7, L. 27 aprile 1982, n. 186.

 

 

Art. 19.

Carichi di lavoro dei magistrati.

1. ... (29).

 

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(29)  Aggiunge il numero 6-bis) al primo comma dell'art. 13, L. 27 aprile 1982, n. 186.

 

 

Art. 20.

Autonomia finanziaria del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.

1. ... (30).

 

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(30)  Aggiunge l'art. 53-bis, L. 27 aprile 1982, n. 186.

 

 

Art. 21.

Estensione ai magistrati amministrativi della facoltà prevista dall'articolo 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1990, n. 36, per i magistrati dell'ordine giudiziario.

1. La disposizione contenuta nel comma 1 dell'articolo 7 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, si applica anche nei confronti dei magistrati amministrativi di cui alla legge 27 aprile 1982, n. 186, nonché dei magistrati della Corte dei conti.

 

 

Art. 22.

Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 470 milioni per l'anno 2000 ed in lire 17.540 milioni annue a decorrere dal 2001, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 470 milioni per l'anno 2000, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 15.800 milioni per gli anni 2001 e 2002, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 31 milioni ed a lire 1.740 milioni, rispettivamente, per gli anni 2001 e 2002, l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia; quanto a lire 639 milioni per l'anno 2001 l'accantonamento relativo al Ministero dei trasporti e della navigazione; quanto a lire 1.070 milioni per l'anno 2001 l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali.

 

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


L. 18 giugno 2009, n. 69
Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.
(art. 44)

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 giugno 2009, n. 140, S.O.

(omissis)

Art. 44.

(Delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo)

1.  Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele.

2.  I decreti legislativi di cui al comma 1, oltre che ai princìpi e criteri direttivi di cui all’ articolo 20, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in quanto applicabili, si attengono ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)  assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche, nonché la razionalizzazione dei termini processuali, l’estensione delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e l’individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell’arretrato;

b)  disciplinare le azioni e le funzioni del giudice:

1)  riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni;

2)  riordinando i casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non più coerenti con l’ordinamento vigente;

3)  disciplinando, ed eventualmente riducendo, i termini di decadenza o prescrizione delle azioni esperibili e la tipologia dei provvedimenti del giudice;

4)  prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa;

c)  procedere alla revisione e razionalizzazione dei riti speciali, e delle materie cui essi si applicano, fatti salvi quelli previsti dalle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige;

d)  razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi e introducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni;

e)  razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale;

f)  riordinare la tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam, nonché il procedimento cautelare innanzi al giudice amministrativo in caso di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, prevedendo che:

1)  la domanda di tutela interinale non può essere trattata fino a quando il ricorrente non presenta istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito;

2)  in caso di istanza cautelare ante causam, il ricorso introduttivo del giudizio è notificato e depositato, unitamente alla relativa istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito, entro i termini di decadenza previsti dalla legge o, in difetto di essi, nei sessanta giorni dalla istanza cautelare, perdendo altrimenti ogni effetto la concessa tutela interinale;

3)  nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l’istanza di fissazione di udienza non può essere revocata e l’udienza di merito è celebrata entro il termine di un anno;

g)  riordinare il sistema delle impugnazioni, individuando le disposizioni applicabili, mediante rinvio a quelle del processo di primo grado, e disciplinando la concentrazione delle impugnazioni, l’effetto devolutivo dell’appello, la proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni.

3.  I decreti legislativi di cui al comma 1 abrogano espressamente tutte le disposizioni riordinate o con essi incompatibili, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, e dettano le opportune disposizioni di coordinamento in relazione alle disposizioni non abrogate.

4.  I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Sugli schemi di decreto legislativo è acquisito il parere del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri sono resi entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, i decreti possono essere emanati anche senza i predetti pareri. Ove il Governo, nell’attuazione della delega di cui al presente articolo, intenda avvalersi della facoltà di cui all’ articolo 14, numero 2°, del testo unico sul Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, il Consiglio di Stato può utilizzare, al fine della stesura dell’articolato normativo, magistrati di tribunale amministrativo regionale, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato, i quali prestano la propria attività a titolo gratuito e senza diritto al rimborso delle spese. Sugli schemi redatti dal Consiglio di Stato non è acquisito il parere dello stesso. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, possono ad essi essere apportate le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi princìpi e criteri direttivi previsti per l’emanazione degli originari decreti.

5.  Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

6.  All’ articolo 1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo le parole: «tribunali amministrativi regionali» sono aggiunte le seguenti: «, ivi comprese quelle occorrenti per incentivare progetti speciali per lo smaltimento dell’arretrato e per il miglior funzionamento del processo amministrativo».

 

 

 


Documentazione

 


 

Giunta delle Elezioni

 

Resoconto di martedì 22 luglio 2008
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GIUNTA PLENARIA

 

 

 


Martedì 22 luglio 2008. - Presidenza del presidente Maurizio MIGLIAVACCA

 

La seduta comincia alle 17.15.

 

Comunicazioni del Presidente sulla questione della competenza sul contenzioso relativo agli atti del procedimento elettorale preparatorio.

 

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, ricorda che, come convenuto dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 28 maggio e come preannunciato nella seduta del 5 giugno, ha convocato l'odierna seduta per rendere alla Giunta comunicazioni sulla  questione della competenza sul contenzioso relativo agli atti del procedimento elettorale preparatorio, al fine di definire in materia un orientamento generale della Giunta che valga da indirizzo in vista del successivo esame, in sede di verifica dei poteri, dei ricorsi concernenti tali profili.

Analogamente a quanto avvenuto nella XV legislatura, anche nella corrente legislatura, seppure in minor misura, risultano, infatti, agli atti della Giunta ricorsi avverso atti della fase preparatoria delle elezioni nelle circoscrizioni sul territorio nazionale: in particolare, sono stati presentati un ricorso avverso l'esclusione di una lista dalla competizione elettorale nella circoscrizione Campania 2 e due ricorsi avverso l'ammissione di contrassegni di liste ritenuti confondibili con i contrassegni delle liste dei ricorrenti.

Il ritorno ad un sistema elettorale di stampo proporzionale ha comportato, già in occasione delle elezioni politiche del 2006, un deciso incremento del contenzioso nella fase del procedimento elettorale preparatorio. Tale fenomeno ha spinto la Giunta delle elezioni della Camera della XV legislatura a precisare gli ambiti della propria competenza, a fronte di una consolidata giurisprudenza ordinaria ed amministrativa (riportata in un dossier predisposto dagli uffici della Giunta, distribuito ai colleghi) che, salvo alcune eccezioni, ha sempre ribadito la tesi del difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo e di quello ordinario nella materia in questione, sulla base del tradizionale argomento che anche la verifica sulle operazioni della fase preparatoria delle elezioni spetterebbe alle Camere in forza dell'articolo 66 della Costituzione.

Nella XV legislatura la Giunta (cfr. le sedute del 7 novembre e del 5, 6, 12 e 13 dicembre 2006) ha sempre archiviato all'unanimità, per manifesta inammissibilità, i ricorsi presentati da liste o candidati esclusi, sulla base della motivazione (sottolineata dai competenti relatori nelle rispettive relazioni) che avverso gli atti del procedimento elettorale preparatorio (e in particolare quelli concernenti la ricusazione di contrassegni, liste o candidati) è già apprestato un sistema di tutele che trova la sua compiuta disciplina negli articoli 14, 15, 16, 22 e 23 del testo unico n. 361 del 1957. Tali disposizioni prevedono, infatti, la possibilità di riesame, entro ristretti termini temporali, delle ricusazioni di contrassegni, liste o candidati: per quanto concerne i contrassegni, da parte del Ministero dell'interno, che invita il depositante a sostituire, entro 48 ore, il contrassegno non conforme alle norme di cui all'articolo 14 del testo unico; da parte, invece, del competente ufficio centrale circoscrizionale per la ricusazione, entro il giorno successivo alla presentazione, di liste o candidati. Le predette disposizioni prevedono, poi, la possibilità di impugnazione (entro 48 ore) dei provvedimenti di ricusazione dinanzi all'Ufficio elettorale centrale nazionale.

Secondo le deliberazioni della Giunta della XV legislatura, la competenza della Camera dei deputati a pronunciare giudizio definitivo, ai sensi dell'articolo 87 del testo unico n. 361 del 1957, sui ricorsi e reclami presentati, ivi compresi quelli relativi al procedimento elettorale preparatorio, deve ritenersi sussistente solo in quanto sia finalizzata alla verifica dei titoli di ammissione degli eletti: nel senso che la Camera può e deve conoscere tutto il procedimento elettorale, ivi compresa la fase precedente l'apertura dei seggi, ma esclusivamente ai fini del giudizio sulla corretta composizione dell'organo. La Giunta ha sottolineato che la verifica dei titoli di ammissione degli eletti esclude, per definizione, che in essa possa ritenersi ricompreso anche il controllo sulle posizioni giuridiche soggettive di coloro i quali non hanno affatto partecipato alla competizione elettorale. Se, infatti, la Giunta avesse, al contrario, ritenuto di poter esaminare un ricorso avverso la ricusazione di una lista, essa avrebbe dovuto ammettere, in via consequenziale, la possibilità di un suo accoglimento nel merito. Da ciò, tuttavia - come la Giunta ha evidenziato nella XV legislatura - non sarebbe potuta in ogni caso derivare alcuna conseguenza pratica sui titoli di ammissione dei deputati proclamati (non essendovi, per mancata partecipazione alle elezioni, candidati proclamabili della lista ricusata) se non quella - palesemente estranea, se non contraria, alle finalità proprie della verifica dei poteri - di provocare, alla luce  della vigente legge elettorale per la Camera, la ripetizione delle elezioni non solo nella circoscrizione interessata ma - tenuto conto del sistema elettorale introdotto dalla legge n. 270 del 2005 - in tutte le circoscrizioni territoriali italiane (ad eccezione della circoscrizione uninominale Valle d'Aosta) al fine di consentire alla lista esclusa di parteciparvi con propri candidati. Si tratta, com'è evidente, di una ipotesi puramente scolastica, se non altro (e a parte qualunque considerazione sulla possibilità di immaginare un voto con cui l'Assemblea dovrebbe in pratica autosciogliersi) per la radicalità dell'esito, che esulerebbe completamente dal novero delle possibili conseguenze giuridiche che possono legittimamente farsi discendere dalle decisioni della Giunta. È quasi superfluo sottolineare, del resto, che nell'ordinamento costituzionale italiano la competenza all'attivazione del procedimento elettorale, ai fini del rinnovo della Camera e del Senato, spetta esclusivamente al Presidente della Repubblica, titolare del potere di scioglimento, e al Governo, e in nessun caso le stesse Camere - attraverso una pronuncia della Giunta delle elezioni e poi dell'Assemblea - potrebbero sostituirvisi adottando deliberazioni che avrebbero come immediato effetto quello di comportare una sorta di autoscioglimento ed una irrituale convocazione dei comizi elettorali.

Tale paradossale evenienza è stata da ultimo sottolineata anche dal presidente dell'Ufficio centrale nazionale, dottor Giovanni Prestipino, il quale, nell'audizione in Giunta del 9 luglio 2008, ha evidenziato che il riconoscimento di una competenza della Giunta in materia condurrebbe ad ammettere la possibilità di una invalidazione del complessivo risultato elettorale. Tale ultima evenienza - se poteva, in linea di principio, ammettersi sotto il vigore della precedente legge elettorale maggioritaria uninominale, in cui all'eventuale invalidazione delle operazioni elettorali di un intero collegio avrebbe potuto far seguito in teoria l'indizione di una elezione suppletiva nel solo collegio interessato - appare invece del tutto estranea al sistema attualmente vigente, tanto più considerato che nell'ordinamento costituzionale italiano manca un organo - non essendo attributaria di tale competenza neppure la Corte costituzionale - che possa annullare le elezioni nella loro interezza.

Nonostante la richiamata giurisprudenza parlamentare (consolidata alla Camera, mentre al Senato, prima delle pronunce della scorsa legislatura, in particolare quella della seduta del 26 febbraio 2008, si registrava un più risalente orientamento favorevole a ricomprendere nella verifica dei poteri anche il controllo sulla regolarità delle operazioni preparatorie) e nonostante che la stessa giurisprudenza sia stata nella scorsa legislatura condivisa da entrambe le Giunte di Camera e Senato, ancora da ultimo, in occasione della vicenda relativa alla Democrazia cristiana di Giuseppe Pizza, le sezioni unite civili della Corte suprema di Cassazione hanno tuttavia riaffermato, con la sentenza 8 aprile 2008, n. 9151, la tradizionale tesi del difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario ed amministrativo in materia di contenzioso elettorale, in ragione della riserva alla cognizione esclusiva delle Camere delle controversie su tutte le operazioni elettorali, ivi incluse quelle sulla regolarità e validità della presentazione dei contrassegni e delle liste. La citata pronuncia della Cassazione ha fatto seguito alle ordinanze 1o aprile 2008, n. 1743 e n. 1744 con le quali la quinta sezione del Consiglio di Stato - riconoscendo, invece, innovativamente (come già fatto in precedenza dal TAR Sicilia, sezione staccata di Catania, con la sentenza 22 aprile 2006, n. 629, che giungeva ad affermate la natura giurisdizionale dell'Ufficio centrale nazionale) la propria giurisdizione in materia in ragione del fatto che l'ammissione delle liste non attiene alla verifica dei titoli di ammissione dei componenti delle Camere - aveva riammesso in via cautelare alle elezioni del 13-14 aprile 2008 per il rinnovo del Senato la lista della Democrazia cristiana di Giuseppe Pizza, in riforma delle ordinanze del TAR Campania sez. Salerno n. 59/2008 e del TAR Lazio n. 1618/2008, che avevano respinto le domande di sospensione dei provvedimenti di ricusazione del contrassegno della predetta lista.

Se la decisione delle sezioni unite della Corte di cassazione sul caso della Democrazia cristiana di Pizza può comprendersi  anche in considerazione del fatto che una pronuncia di segno diverso avrebbe potuto mettere seriamente a rischio lo svolgimento delle imminenti elezioni, ciò nondimeno essa si presta ad alcune considerazioni critiche. Anzitutto, è evidente che, pur nel pieno rispetto della sentenza della Suprema Corte di cassazione, essa, come le analoghe precedenti decisioni volte ad affermare la competenza esclusiva delle Camere sul contenzioso relativo agli atti della fase preparatoria delle elezioni, non ha efficacia vincolante nei confronti delle Camere medesime, libere restando queste ultime, sulla base del principio di autonomia e indipendenza costituzionale del Parlamento, di assumere, per il tramite delle rispettive Giunte delle elezioni, deliberazioni volte a ribadire l'orientamento già maturato nella XV legislatura. Ove reiterate, pronunce quale quella in esame potrebbero, anzi, in linea teorica integrare anche i presupposti per una eventuale impugnazione in sede di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato (nelle forme del conflitto da menomazione), contenendo in sé l'attribuzione di una competenza su materia di cui le stesse Camere non ritengono invece, motivatamente, di poter essere investite.

D'altro canto, la Giunta, nel ribadire per la corrente legislatura l'orientamento stabilizzatosi la scorsa legislatura e che appare il più conforme alla logica del sistema, non può esimersi dal farsi parte attiva - attraverso i suoi singoli componenti e, poi, eventualmente in occasione della auspicata elaborazione di una proposta di modifica del proprio regolamento - nel richiamare la necessità che le Camere, nell'esercizio della propria funzione legislativa, apportino alle legge elettorale quei correttivi che appaiano tali da colmare il vuoto di tutele giurisdizionali che attualmente connota la disciplina in materia: tutele giurisdizionali che andrebbero necessariamente collocate nella fase antecedente allo svolgimento delle elezioni e la cui attuale mancanza rende evidenti i profili di possibile illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 24 e 113 della Costituzione e dello stesso articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. In tale direzione si è del resto mosso, di recente, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, il quale, con ordinanza n. 489/08 (in esito ad una vicenda giudiziaria che aveva preso le mosse da un ricorso proposto da Roberto Mario Sergio Commercio volto a richiedere l'annullamento del provvedimento di esclusione della sua candidatura dalla lista Forza Italia in occasione delle elezioni politiche 2006), preso atto della definizione restrittiva delle proprie competenze assunta di recente dalla Giunta delle elezioni della Camera, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 23 e 87 del testo unico n. 361/1957 per violazione degli articoli 3, 51, primo comma, 24, primo comma, 103, primo comma, e 113 della Costituzione, nonché dell'articolo 117 della Costituzione in relazione all'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Sarà pertanto importante la pronuncia che al riguardo assumerà la Corte costituzionale, la quale finora, allorquando si è dovuta occupare della questione, si è rifugiata in ordinanze di manifesta inammissibilità (si veda l'ordinanza n. 512 del 2000, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 16, quarto comma, e 87 del testo unico n. 361/1957, sollevata, in riferimento agli articoli 24, 66 e 113 della Costituzione, dal TAR Lazio nel corso di un procedimento promosso per l'annullamento di un provvedimento di esclusione da parte del Ministero dell'interno di un simbolo presentato per le elezioni politiche dal ricorrente; si veda, inoltre, la recente ordinanza n. 117 del 2006, con la quale la Corte ha dichiarato irricevibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri presentato dalla lista consumatori C.O.D.A.CONS. - ricusata in talune circoscrizioni in occasione delle elezioni politiche del 2006 - sulla base della motivazione, fondata sul presupposto, non condivisibile, della natura giurisdizionale dell'organo Giunta delle elezioni, che alla Corte non compete risolvere conflitti negativi o positivi di giurisdizione).

In conclusione, chiede ai colleghi di esprimersi sulla sua proposta di confermare, per la corrente legislatura, l'orientamento a considerare manifestamente  inammissibili i ricorsi concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio con i quali siano stati ricusati contrassegni di partiti o gruppi politici organizzati o sia stata disposta l'esclusione dalla competizione elettorale di liste o singoli candidati, valutando invece (come precisato dalla Giunta della Camera nella seduta del 13 dicembre 2006 in occasione della relazione di verifica dei poteri nella circoscrizione Lazio 2) la possibilità di un esame nel merito dei ricorsi presentati avverso l'ammissione di liste alle elezioni, nei limiti in cui le liste o singole candidature contestate abbiano poi dato luogo a effettive proclamazioni o abbiano comunque conseguito voti in qualche misura rilevanti ai fini della determinazione del risultato elettorale finale.

Gregorio FONTANA (PdL) ricorda che nella fase preparatoria delle ultime elezioni politiche la decisione, a suo giudizio sbagliata, di non ammettere il simbolo della Democrazia cristiana di Pizza ha originato una nuova pronuncia della Cassazione la quale ha rimediato alla situazione particolarmente delicata venutasi a creare per il rischio di interferenza e superamento del termine costituzionale di settanta giorni dalla fine delle precedenti Camere entro cui, a norma dell'articolo 61 della Costituzione, devono aver luogo le elezioni per le nuove Camere. La Cassazione ha tolto dall'imbarazzo il Governo ma ha finito per complicare il problema ignorando le pronunce assunte dalle Giunte nella scorsa legislatura. Bene fa, dunque, la Giunta a rivendicare anche in questa legislatura il proprio orientamento già maturato nella precedente legislatura. Nel concordare, pertanto, totalmente con la relazione del presidente Migliavacca, auspica, anche investendone nelle opportune forme la I Commissione, un chiarimento in una materia che, altrimenti, ove restassero le attuali lacune, continuerebbe a far registrare un vulnus a diritti costituzionalmente garantiti.

Donata LENZI (PD) concorda con la relazione del presidente e con quanto testé affermato dal deputato Fontana, chiedendo che resti agli atti la sottolineatura della necessità di sottoporre alla I Commissione una riflessione al riguardo, anche alla luce della questione di legittimità costituzionale recentemente rimessa alla Corte costituzionale dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana.

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, fa presente di aver già interloquito con il presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, senatore Follini, al quale, se non vi sono obiezioni, trasmetterà copia del resoconto della seduta odierna. È sua intenzione indirizzare, inoltre, una lettera anche al presidente della I Commissione, trasmettendogli copia del resoconto, al fine di sottoporgli le questioni oggetto dell'odierno dibattito in un'ottica di sensibilizzazione circa la necessità di correzioni legislative che potrebbero essere, ad esempio, apportate anche in sede di riforma della legge elettorale per il Parlamento europeo. Si riserva, infine, di valutare l'opportunità di individuare ulteriori soggetti cui inviare il resoconto della seduta di oggi.

La seduta termina alle 18.10.


 

 

 


 

 

 

 

 

 



[1] In base a tale disposizione, il “tribunale amministrativo regionale, nell'àmbito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali. Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso”.

[2]    In particolare, con riferimento alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la giurisprudenza tende a ritenere operante la giurisdizione di merito per le sanzioni irrogate per la formazione di un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o per l’abuso di posizione dominante, ma non anche rispetto alle sanzioni applicate per pratiche commerciali scorrette.

[3]    Si richiama ad esempio l’art. 281 del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. n. 209 del 2005) che prevede la competenza del TAR Lazio con sede a Roma per i ricorsi avverso talune operazioni di risanamento e liquidazione dei gruppi assicurativi.

[4] Il termine complessivo è attualmente quindi di 70 giorni dall’ultima notificazione del ricorso: trenta giorni per il deposito del ricorso, 20 per la costituzione in giudizio e 20 per la domanda di regolamento.

[5][5]   Il giudizio di sommaria delibazione sulla non manifesta infondatezza del ricorso è stato introdotto dall’art. 9 della legge n. 205 del 2000.

[6]    Cfr. art. 25, l. 241 del 1990, art. 22 d.lgs. n. 32 del 2008, art. 22 d.lgs. n. 30 del 2007, art. 19 l. TAR, art. 6 reg. proc. Cons. Stato, art. 35 r.d. n. 1054 del 1924 (T.U. Cons. Stato).

[7]    Rinvio attualmente contenuto nell’articolo 26 della legge TAR.

[8]    Cfr. art. 15 ss. reg. proc. Cons Stato e art. 21 legge TAR.

 

[9]    Il riferimento è all’intervento di De Lise, svolto a Roma lo scorso 21 aprile 2010, sui lavori della Commissione redattrice del nuovo Codice del Processo Amministrativo, da lui coordinata nella qualità di presidente aggiunto del Consiglio di Stato.

[10]   Vedi da ultimo, Consiglio di Stato, sez.  IV, 12 giugno 2009, n. 3696;  sez. V, 19 maggio 2009, n. 3076.

[11] Come, per le prime, la proposizione di incidente di falso o, per le questioni pregiudiziali, la proposizione di regolamento preventivo di competenza o giurisdizione.

[12] Il termine di 2 anni è coordinato con quello di cui all’art. 23, commi 1 e 6, L. TAR, che richiede alle parti di chiedere la fissazione dell’udienza o di reiterarla, dopo l’istruttoria, entro 2 anni dal deposito del ricorso, pena l’estinzione del processo.

[13] La legge 205/2000 ha previsto una disciplina dei ricorsi ultradecennali, divenuti ultraquinquennali a seguito della novella introdotta dalla manovra finanziaria 2009, DL 112/2008.

[14]   Tale modalità di estinzione del processo è possibile nel giudizio di primo grado per il rinvio (ex art 19, L. TAR) all’applicazione del regolamento di procedura davanti al Consiglio di Stato (RD 642/1907, art. 46).

[15]   L. 27 aprile 1982 n. 186, Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.

[16] La giurisprudenza più recente, non ritenendo tale termine coerente con la disciplina delle impugnazioni nel processo amministrativo ha ritenuto operante il termine di 60 giorni anche er la revocazione, fermo restando il diverso dies a quo per la decorrenza del termine.

[17]   Cons. Stato, Ad. plen, 24 marzo 2004, n. 7.

[18]   Cfr. gli artt. 28 e 36 legge TAR; art. 46 T.U. Cons. Stato. Anche la previsione della non impugnabilità per revocazione delle decisioni rese in sede di revocazione conferma la disciplina vigente (art. 86 reg. proc. Cons. di Stato e art. 403 c.p.c.), nell’ambito della quale si ritengono invece esperibili gli altri mezzi di impugnazione (in base all’art. 403 c.p.c.).

[19]   Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 1998, n. 263.

[20]   In tal senso, in giurisprudenza, Cons. Stato, IV sez., 30 maggio 2005, n. 2817. La relazione illustrativa al codice spiega che, in tal modo, “viene superata la giurisprudenza del giudice amministrativo che, in carenza di una disciplina dell’opposizione di terzo, ammetteva l’appello anche di chi non fosse stato parte del giudizio di primo grado”.

[21]   Tale articolo prevede che ove, entro trenta giorni da quello della notificazione dell'invito che sia stato fatto all'interessato, questi non risponda all'autorità che ne ha promosso il consenso, s'intende che egli abbia rinunziato al diritto di ricorrere al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Qualora l'interessato dichiari di accettare che l'affare sia deferito alla decisione della sezione predetta, l'autorità, entro trenta giorni, invia gli atti alla segreteria della sezione stessa, dandone comunicazione agli interessati in forma amministrativa. Nel termine di altri trenta giorni dopo pervenuti gli atti alla segreteria, le parti possono presentare istanze, memorie e documenti.

 

[22]   In proposito, si ricorda che il decreto-legge n. 2 del 2010 come modificato in sede di conversione (legge n. 42 del 2010) ha disposto la soppressione dei difensori civici limitatamente all’ambito comunale e l’attribuzione delle funzioni di questi ai difensori provinciali.