Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Documento di economia e finanza 2011 - Doc. LVII, n. 4 - Quadro di sintesi
Riferimenti:
DOC LVII, N. 4     
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 221
Data: 18/04/2011
Descrittori:
ECONOMIA NAZIONALE   FINANZA PUBBLICA
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Documento di economia e finanza 2011

(Doc. LVII, n. 4)

Quadro di sintesi

 

 

 

 

 

 

n. 221

 

 

 

18 aprile 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§       Il capitolo 1 sulla nuova governance economica europea è stato curato dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

§       Il capitolo 5 è stato redatto dal Servizio Bilancio dello Stato.

§       Le restanti parti sono state curate dal Servizio Studi.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: BI0398.doc

 


INDICE

1. La nuova governance economica europea............................................... 1

Il semestre europeo............................................................................................ 1

Modifiche ed integrazioni del Patto di stabilità e crescita.................................... 5

Quadri nazionali di bilancio................................................................................. 7

Sorveglianza sugli squilibri macroeconomici...................................................... 7

Il Patto "euro plus"............................................................................................... 8

Il meccanismo di stabilità.................................................................................. 10

2. L’adeguamento del sistema delle decisioni di bilancio alla nuova governance economica europea............................................................................................................ 13

La nuova articolazione del ciclo di bilancio....................................................... 13

Le disposizioni in materia di stabilità finanziaria............................................... 17

La struttura del Documento di Economia e Finanza........................................ 17

3. Il quadro macroeconomico........................................................................ 25

La congiuntura internazionale........................................................................... 25

Lo scenario macroeconomico nazionale.......................................................... 26

Analisi degli squilibri macroeconomici.............................................................. 31

4. Il quadro di finanza pubblica..................................................................... 35

I saldi di finanza pubblica per l’anno 2011......................................................... 36

Le previsioni per il 2012-2014........................................................................... 37

L’impatto finanziario delle misure del Programma Nazionale di Riforma......... 41

5. Il debito pubblico........................................................................................ 51

 

 


1. La nuova governance economica europea

Il nuovo sistema di governance economica dell’UE si è delineato, in seguito all’acuirsi della crisi economica e finanziaria e alla definizione della nuova strategia dell’Unione per la crescita e l’occupazione (Europa 2020), attraverso la combinazione di iniziative, legislative e non legislative, assunte dalle istituzioni dell’UE e dagli Stati membri e riconducibili a sei assi di intervento:

1)   un meccanismo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche nazionali (c.d. “semestre europeo”), che è già stato avviato, per la prima volta, nel 2011;

2)   una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita;

3)   l’introduzione, mediante appositi regolamenti, di una sorveglianza sugli squilibri macroeconomici che include anch’essa meccanismi di allerta e di sanzione;

4)   l’introduzione di requisiti comuni per i quadri nazionali di bilancio;

5)   l’istituzione di un meccanismo permanente per la stabilità finanziaria della zona euro;

6)   il patto “europlus”, che impegna gli Stati membri dell’area euro e alcuni altri Stati aderenti a porre in essere ulteriori interventi in materia di politica economica.

Il semestre europeo

Il semestre europeo consiste in un ciclo di procedure volto ad assicurare un coordinamento ex-ante delle politiche economiche nell’Eurozona e nell’UE, articolato nelle seguenti fasi:

§       gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’analisi annuale della crescita (la prima è stata presentata il 12 gennaio scorso);

§       febbraio/marzo: il Consiglio europeo stabilisce le priorità di politica economica e di bilancio a livello UE e per gli Stati membri (per il 2011 le priorità sono state definite dal Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011);

§       metà aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

§       inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati;

§       giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

§       seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Nell’indagine annuale sulla crescita dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse.

In vista dell’avvio delle nuove procedure, gli Stati membri hanno sottoposto entro il 12 novembre 2010 alla Commissione europea, su sua richiesta e in via transitoria, una bozza dei Programmi nazionali di riforma (PNR) per il perseguimento degli obiettivi della Strategia 2020 per la crescita e l’occupazione, approvata dal Consiglio europeo di giugno 2010. La bozza di PNR dell’Italia è stata inviata il 12 novembre alla Commissione europea dopo essere stata trasmessa alle Camere. Alla Camera, il documento è stato esaminato, con i rilievi delle altre commissioni interessate, dalla Commissione bilancio, che ha approvato una risoluzione il 12 novembre 2010.

 

La Strategia Europa 2020

L’obiettivo principale del semestre europeo è quello di assicurare l’effettiva attuazione dei cinque obiettivi principali della Strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione:

1)  portare al 75% il tasso di occupazione per la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni, anche mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva. Secondo gli ultimi dati Eurostat, diffusi il 16 febbraio 2011 e riferiti al 2009, il tasso di occupazione ha raggiunto il 64,6% nell’UE a 27; il 64,7% nell’Eurozona; i Paesi con le migliori performances risultano essere i Paesi Bassi (77%), la Danimarca (75,7%), e la Svezia (72,2%); tra i Paesi di maggiori dimensioni economiche e demografiche, nel Regno Unito si è registrato un tasso del 69,9% di occupati, in Germania il 70,9%, in Francia il 64,1%, in Spagna il 59,8%, in Italia il 57,5% (soltanto Ungheria e Malta registrano una percentuale più bassa);

2)  migliorare le condizioni per la ricerca e lo sviluppo, in particolare allo scopo di portare al 3% del PIL la spesa per investimenti pubblici e privati combinati in tale settore. Il 21 febbraio 2011 Eurostat ha reso noti i dati relativi alla quota di PIL investita nel settore ricerca e sviluppo tecnologico, a livello dell’UE e dei singoli Stati membri, nel 2009: nell’UE a 27 tale quota è pari al 2,01% del PIL, (+0,2% rispetto al 2008). In Italia la quota in termini percentuali del PIL risulta pari all’1,27% (+0,04 rispetto al 2008). Gli investimenti più consistenti in R&S in percentuale del PIL sono state registrati in Finlandia (3,96%), in Svezia (3,6% del PIL), Danimarca (3,02%), Germania (2,82%) e Austria (2,75%), mentre quelle più basse sono state rilevate a Cipro e Lettonia (0,46%), in Slovacchia (0,48 %), e in Bulgaria (0,53%). Si segnalano inoltre i dati di Francia, (2,02%), Regno Unito (1,87%) e Spagna (1,38);

3)  ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% - rispetto ai livelli del 1990 - o del 30%, se sussistono le necessarie condizioni, ovvero nel quadro di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri Paesi si impegnino ad analoghe riduzioni delle emissioni; contestualmente, si intende portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabile e migliorare del 20% l'efficienza energetica (obiettivo già previsto nel pacchetto clima-energia approvato nel 2009). Secondo i dati Eurostat, l’UE-27 nel 2008 avrebbe ridotto dell’11,3% le emissioni rispetto al 1990; l’Italia ha conseguito un aumento del 4,7%; la Francia ha ridotto del 6,4%; la Germania -22,2% (riduzione superiore all’obiettivo richiesto); il Regno Unito -18,6%; la Spagna ha registrato un aumento del 42,3%. Per quanto concerne la quota di energie rinnovabili sul totale del fabbisogno, l’Italia nel 2008 ha registrato una percentuale del 6,8%, a fronte del dato complessivo dell’UE-17 pari al 10,3% (Germania: 18,8%; Francia: 11%; Regno Unito: 2,2%; Spagna: 1,7%);

4)  migliorare i livelli d'istruzione, in particolare riducendo i tassi di dispersione scolastica al di sotto del 10% e aumentando la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente almeno al 40%. Il Consiglio europeo ha ribadito la competenza degli Stati membri a definire e attuare obiettivi quantitativi nel settore dell'istruzione. Secondo i dati diffusi da Eurostat 16 febbraio 2011 2010, il tasso di dispersione scolastica dei ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni è stato, nel 2009, pari al 14,4% nell’UE-27; al 19,2% in Italia, al 12,3% in Francia, all’11,1% in Germania, al 15,7% nel Regno unito, al 31,2% in Spagna. Sempre secondo dati Eurostat, la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente risulta invece pari al 32,3% nell’UE a-27; al 19% in Italia; 43,3% in Francia; 29,4% in Germania; 41,5% in Regno Unito; 39,4% in Spagna;

5)  promuovere l'inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione. Il 23 febbraio 2011 Eurostat ha pubblicato i dati relativi alla quota di popolazione che nel 2009 risultava a rischio di povertà o esclusione sociale: nell’UE-27, il 23,1%;in Italia il 24,7%; in Francia il 18,4%; in Germania il 20%; nel Regno unito il 22%; in Spagna il 23,4%.

Le priorità per il 2011 stabilite dal Consiglio europeo

Il Consiglio europeo del 24-25 marzo ha approvato, sulla base dell’analisi annuale della crescita presentata dalla Commissione europea nel gennaio 2011 (COM(2011)11), le priorità in materia di risanamento di bilancio e riforme strutturali che gli Stati membri dovranno tradurre in misure concrete inserite nei rispettivi programmi di stabilità o di convergenza e nei PNR.

Per quanto riguarda la sostenibilità dei conti pubblici, il Consiglio europeo ha impegnato gli Stati membri:

§       a presentare un piano di risanamento pluriennale recante obiettivi precisi in merito al disavanzo e ad entrate e spese, nonché la strategia e il calendario per raggiungerli e ad elaborare politiche di bilancio che assicurino la sostenibilità del debito;

§       ad elaborare politiche di bilancio per il 2012 che assicurino la sostenibilità del debito e la riconduzione dei disavanzi al di sotto del 3% del PIL secondo la tempistica convenuta dal Consiglio. A tal fine, la maggior parte degli Stati membri dovrebbe procedere ad un aggiustamento strutturale su base annua superiore allo 0,5% del PIL. Il risanamento dovrebbe essere accelerato negli Stati che abbiano un forte disavanzo strutturale o un debito pubblico molto alto o in rapida crescita.

 

Con riguardo alle riforme strutturali necessarie ad attuare la strategia Europa 2020, il Consiglio europeo ha raccomandato dieci azioni prioritarie, indicate nell’analisi annuale della crescita, relative a tre aspetti principali:

a)   prerequisiti fondamentali per la crescita:

1.      attuazione di un risanamento di bilancio rigoroso;

2.      correzione degli squilibri macroeconomici;

3.      garanzia della stabilità del settore finanziario;

b)   mobilitare i mercati del lavoro, creare opportunità occupazionali:

4.      rendere il lavoro più attraente;

5.      riformare i sistemi pensionistici;

6.      reinserire i disoccupati nel mondo del lavoro;

7.      conciliare sicurezza e flessibilità;

c)   accelerare la crescita:

8.      sfruttare il potenziale del mercato unico;

9.      attrarre capitali privati per finanziare la crescita;

10.    creare un accesso all'energia che sia efficace in termini di costi

 

Nell'attuazione di queste azioni, gli Stati sono invitati ad agire in stretta cooperazione con il Parlamento europeo e le altre istituzioni e organi dell’UE, coinvolgendo pienamente i Parlamenti nazionali, le parti sociali, le regioni e gli altri soggetti interessati.

Modifiche ed integrazioni del Patto di stabilità e crescita

Le modifiche al Patto di stabilità e crescita sono prospettate da tre proposte di regolamento[1] incluse in più ampio pacchetto di proposte legislative per la riforma della governance economica europea che la Commissione ha presentato, il 29 settembre 2010. Il pacchetto include anche due proposte di regolamento sulla sorveglianza sugli squilibri macroeconomici ed una proposta di direttiva sui quadri nazionali di bilancio (cfr. i paragrafi successivi).

Le sei proposte legislative sono all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo; quattro proposte seguono la procedura legislativa ordinaria (per cui il Parlamento europeo avrà poteri codecisori e il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata); due proposte seguono invece una procedura legislativa speciale, secondo la quale il Consiglio dovrà deliberare invece all’unanimità (con possibilità quindi di veto da parte di ciascuno Stato) e con il mero parere del Parlamento europeo e della BCE.

Il Consiglio ECOFIN del 15 marzo 2011 ha raggiunto un orientamento generale, accolto con favore dal Consiglio europeo del 24-25 marzo, che ha ribadito l’esigenza di pervenire ad un accordo con il Parlamento sull'intero pacchetto in prima lettura entro giugno 2011.

Braccio preventivo

Il braccio preventivo del PSC viene fondato sul nuovo concetto di “politica di bilancio prudente”, incentrata sulla convergenza verso l'obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio. A questo scopo gli Stati membri dovrebbero assicurare un miglioramento annuale della propria posizione di bilancio pari ad almeno lo 0,5%; per i Paesi con alto livello di debito e/o squilibri macroeconomici eccessivi il Consiglio potrebbe richiedere un aggiustamento superiore allo 0,5%.Deviazioni significative da una politica di bilancio prudente, identificate in uno scostamento dello 0,5% rispetto al percorso di raggiungimento dell’obiettivo di medio termine. comporterebbero per lo Stato membro interessato l'obbligo di costituire un deposito fruttifero pari allo 0,2% del PIL. Il deposito, con gli interessi maturati, verrebbe restituito una volta che il Consiglio abbia verificato che la situazione di bilancio sia stata risanata.

Con riferimento all’obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio, l’orientamento generale definito dal Consiglio ECOFIN del 15 marzo 2011 prevede di inserire un considerando aggiuntivo (che dunque non avrebbe carattere vincolante) nella apposita proposta di regolamento, in base al quale è richiesto un percorso più rapido di avvicinamento (superiore dunque allo 0,5%) agli obiettivi di bilancio a medio termine per gli Stati membri con un livello di indebitamento superiore al 60% del PIL o che presentano rischi considerevoli in termini di sostenibilità del debito globale.

Braccio correttivo

Le proposte della Commissione prevedono – tra le altre cose - che gli Stati il cui debito supera il 60% del PIL dovrebbero adottare misure per ridurlo ad un ritmo soddisfacente, definito come una riduzione di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60%. La valutazione dell’andamento del debito, secondo la proposta della Commissione, dovrebbe tuttavia tener conto anche di alcuni fattori di rischio, quali: tassi di crescita della ricchezza nazionale particolarmente bassi; la struttura del debito; il livello di indebitamento del settore privato; le passività sia implicite che esplicite connesse all’invecchiamento (ovvero, la sostenibilità a lungo termine dei sistemi previdenziali).

L’orientamento generale raggiunto dal Consiglio ECOFIN conferma l’obiettivo quantitativo della riduzione di 1/20 della eccedenza di debito pubblico rispetto alla soglia del 60%, precisando tuttavia che per uno Stato membro soggetto a una procedura per i disavanzi eccessivi alla data di adozione del regolamento e per un triennio a decorrere dalla correzione del disavanzo eccessivo, il requisito del criterio del debito è considerato soddisfatto se lo Stato membro interessato compie progressi sufficienti verso l'osservanza come da valutazione contenuta nei pareri del Consiglio sul suo programma di stabilità o di convergenza. Inoltre, nella loro valutazione Commissione e il Consiglio devono tenere nella debita considerazione l'attuazione di riforme delle pensioni che introducono un sistema multipilastro comprendente un pilastro obbligatorio, finanziato a capitalizzazione, ed il costo netto del pilastro a gestione pubblica. In particolare si prendono in considerazione i criteri dell'intero sistema pensionistico creato dalla riforma, ossia se promuove la sostenibilità a lungo termine senza d'altra parte aumentare i rischi per la posizione di bilancio a medio termine.

Ai Paesi che registrano un disavanzo eccessivo si applicherebbe un deposito non fruttifero pari allo 0,2% del PIL, convertito in ammenda in caso di non osservanza della raccomandazione di correggere il disavanzo eccessivo. La decisione di comminare le sanzioni, proposta dalla Commissione, si considererebbe approvata dal Consiglio a meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata ("maggioranza inversa") degli Stati dell'area euro (non si tiene conto del voto dello Stato interessato). In caso di mancata restituzione, le entrate derivanti da queste ammende (o dagli interessi maturati sul deposito fruttifero) verrebbero distribuite, sulla base dei rispettivi PIL, tra i Paesi membri dell’area euro non sottoposti ad alcuna procedura.

L’orientamento generale raggiunto dal Consiglio ECOFIN conferma i meccanismi sanzionatori proposti dalla Commissione, incluso il meccanismo di maggioranza inversa, prevedendo tuttavia che il Consiglio possa modificare la raccomandazione della Commissione a maggioranza qualificata (mentre nella proposta iniziale della Commissione si prevedeva l’unanimità).

Inoltre, l’ECOFIN ha stabilito che, in caso di mancata restituzione, le entrate derivanti dalle ammende siano assegnati al fondo europeo di stabilità finanziaria (vedi infra).

Quadri nazionali di bilancio

La proposta di direttiva concernente i requisiti per i quadri di bilancio[2] nazionali fissa le seguenti regole minime:

§       introdurre la corrispondenza tra i sistemi contabili nazionali ed il sistema ESA95 (sistema europeo dei conti nazionali e regionali), attraverso la fornitura di dati di cassa su base mensile, che verrebbero riportati nel sistema ESA su base trimestrale.

§       inserire negli ordinamenti nazionali regole di bilancio e parametri numerici che recepiscano i valori di riferimento previsti a livello europeo e fissino procedure di controllo, precisando gli effetti del mancato rispetto delle medesime regole da parte dei soggetti interessati;

§       stabilire una pianificazione pluriennale (almeno triennale) del bilancio nazionale, con una indicazione di entrate e spese programmate e degli aggiustamenti richiesti per realizzare l’obiettivo di finanze pubbliche solide;

§       comprendere in ciascun quadro nazionale di bilancio l’intero sistema di finanza pubblica, in particolare nei Paesi con assetti decentrati: l’assegnazione delle responsabilità di bilancio tra i diversi livelli di governo dovrebbe essere chiaramente definita e soggetta ad adeguate procedure di controllo.

L’accordo raggiunto dall’ECOFIN mantiene sostanzialmente invariate le misure proposte della Commissione.

Sorveglianza sugli squilibri macroeconomici

La sorveglianza sugli squilibri macroeconomici, in base alle proposte della Commissione[3], si articola in meccanismi sia preventivi sia correttivi.

Nell’ambito della parte preventiva la Commissione effettuerebbe una valutazione periodica dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno Stato membro, che andrebbe operata nel contesto dell’esame dei Programmi nazionali di riforma, e dei Programmi di stabilità e convergenza. La valutazione sarebbe basata su un quadro di riferimento composto da indicatori economici (scoreboard, la cui individuazione è rinviata ad una fase successiva, ma che potrebbero comprendere: il bilancio delle partite correnti; il tasso di cambio effettivo basato sui costi unitari del lavoro; il debito del settore pubblico e privato - famiglie e imprese). Sulla base della valutazione, la Commissione avvierebbe un riesame approfondito riguardante gli Stati membri a rischio per individuare i problemi sottostanti e potrebbe rivolgere ai medesimi Stati un “allerta preventivo”. Per gli Stati membri che presentano gravi squilibri, tali da mettere a rischio il funzionamento dell'Unione economica e monetaria, il Consiglio adotterebbe raccomandazioni e avvierebbe una procedura per gli squilibri eccessivi. Lo Stato oggetto di tale procedura dovrebbe sottoporre un piano di azione correttivo al Consiglio, il quale fisserebbe un termine per l'adozione di misure correttive.

Con riguardo alla parte correttiva, lo Stato dell'eurozona che ometta ripetutamente di dare seguito alle raccomandazioni del Consiglio formulate al fine di porre fine ad una situazione di squilibrio, pagherebbe un'ammenda annua pari allo 0,1% del suo PIL. La decisione di comminare un’ammenda è proposta dalla Commissione e si considera approvata dal Consiglio a meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata “inversa" degli Stati membri dell’eurozona (non si tiene conto del voto dello Stato interessato). L’ammenda sarebbe restituita al Paese interessato qualora desse seguito alle raccomandazioni del Consiglio. In caso di mancata restituzione le entrate derivanti dalle ammende verrebbero distribuite, sulla base dei rispettivi PIL, tra i Paesi membri dell’area euro non sottoposti ad alcuna procedura.

Analogamente a quanto concordato con riguardo alle sanzioni del Patto di stabilità, anche in questo caso il Consiglio ECOFIN ha stabilito che, in caso di mancata restituzione, le entrate derivanti dalle ammende siano assegnati al fondo europeo di stabilità finanziaria. Inoltre, come nel caso delle norme in materia di disciplina di bilancio, l’ECOFIN conferma il meccanismo di maggioranza inversa, prevedendo tuttavia che il Consiglio possa modifica la raccomandazione della Commissione a maggioranza qualificata (mentre nella proposta iniziale della Commissione si prevedeva l’unanimità).

Il Patto "euro plus"

Il Patto euro plus è stato approvato dal Capi di Stato o di governo della zona euro nella riunione dell’11 marzo 2011 e avallato dal Consiglio europeo del 24-25 marzo facendo seguito ad una iniziativa franco-tedesca (c.d. Patto per la convergenza e la competitività);hanno aderito al Patto – che resta aperto all'adesione di altri Stati membri - anche Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania.

Il Patto impegna gli Stati partecipanti ad adottare le misure necessarie per realizzare quattro obiettivi: promuovere la competitività; stimolare l'occupazione; concorrere ulteriormente alla sostenibilità delle finanze pubbliche; rafforzare la stabilità finanziaria. Specifico rilievo viene inoltre attribuito al coordinamento delle politiche fiscali.

Ogni anno gli Stati membri partecipanti converranno a livello di Capi di Stato e di Governo le azioni concrete da realizzare nei dodici mesi successivi, che dovranno riflettersi anche nei programmi nazionali di riforma e nei programmi di stabilità presentati ogni anno. La scelta delle misure specifiche da attuare resterà di competenza di ciascun Paese, che dovrà dedicare particolare attenzione agli obiettivi e agli interventi di seguito indicati:

§       assicurare un'evoluzione dei costi in linea con la produttività, attraverso misure quali:

-        riesaminare gli accordi salariali e laddove necessario, il grado di accentramento del processo negoziale e i meccanismi d'indicizzazione, nel rispetto dell'autonomia delle parti sociali nella negoziazione dei contratti collettivi;

-        assicurare che gli accordi salariali del comparto pubblico corrispondano allo sforzo di competitività del settore privato;

§       incrementare la produttività, mediante riforme quali:

-        l'ulteriore apertura dei servizi professionali e al settore del commercio al dettaglio, nell'intento di stimolare la concorrenza e l'efficienza;

-        il miglioramento dei sistemi di istruzione e la promozione della ricerca e dello sviluppo, l'innovazione e le infrastrutture;

-        il miglioramento del contesto imprenditoriale, in particolare per le PMI, segnatamente, eliminando gli oneri amministrativi e migliorando il quadro normativo;

§       stimolare il mercato del lavoro mediante:

-        riforme del mercato del lavoro per promuovere la "flessicurezza", ridurre il lavoro sommerso e aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e l’apprendimento permanente;

-        riforme fiscali, quali la riduzione dell'imposizione sul lavoro;

§       assicurare ulteriormente sostenibilità delle finanze pubbliche, mediante:

-        la sostenibilità di pensioni, assistenza sanitaria e prestazioni sociali, ad esempio allineando l'età pensionabile effettiva alla speranza di vita, limitando i regimi di pensionamento anticipato e ricorrendo ad incentivi mirati per assumere lavoratori anziani (fascia superiore ai 55 anni);

-        il recepimento nelle Costituzioni o nella legislazione nazionale delle regole del Patto di stabilità e crescita. L'esatta forma e natura della regola sarà decisa da ciascun Paese (ad esempio sotto forma "freno all'indebitamento" o di regole collegate al saldo primario o alla spesa), ma dovrebbe garantire la disciplina di bilancio a livello sia nazionale che subnazionale;

In merito al coordinamento delle politiche fiscali, il Patto, pur riconoscendo che l'imposizione diretta resta di competenza nazionale, ne sottolinea la rilevanza ai fini del sostegno al risanamento di bilancio e alla crescita economica. In tale contesto gli Stati membri si impegnano ad avviare discussioni strutturate sulle questioni di politica fiscale, segnatamente per assicurare che si scambino migliori prassi, si evitino prassi dannose e si presentino proposte di lotta contro la frode e l'evasione fiscale.

Il meccanismo di stabilità

Il Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011 ha adottato la decisione che modifica l’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) al fine di consentire agli Stati membri la cui moneta è l'euro di istituire un meccanismo di stabilità permanente per l’area euro.

Il Consiglio europeo ha chiesto il rapido avvio delle procedure nazionali di approvazione, affinché la modifica possa entrare in vigore il 1º gennaio 2013 (prima della scadenza dell’attuale meccanismo transitorio di stabilizzazione).[4]

Il Consiglio europeo ha altresì confermato le decisioni adottate l'11 marzo 2011 dai Capi di Stato o di governo della zona euro relative alle caratteristiche del meccanismo europeo di stabilità (MES), che sarà istituito con un trattato tra gli Stati membri della zona euro quale organizzazione intergovernativa nel quadro del diritto pubblico internazionale e avrà sede in Lussemburgo. Lo statuto del MES sarà riportato in un allegato del Trattato. Il Consiglio europeo auspica che il trattato MES possa essere firmato entro fine giugno 2011, contestualmente alle modifiche dell'accordo sul fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF).

Il Trattato dovrebbe essere incentrato sulle seguenti previsioni:

-        l'accesso all'assistenza finanziaria del MES sarà offerto sulla base di una rigorosa condizionalità politica nell'ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico e di un'analisi scrupolosa della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione insieme al Fondo monetario internazionale (FMI) e di concerto con la Banca centrale europea (BCE). Lo Stato membro beneficiario sarà tenuto a realizzare una forma adeguata di partecipazione del settore privato in funzione delle circostanze specifiche e secondo modalità pienamente conformi alle prassi dell'FMI;

-        il MES avrà una capacità effettiva di prestito pari a 500 miliardi di euro, soggetta a verifica periodica almeno ogni cinque anni. Si cercherà di integrare la capacità di prestito del MES attraverso la partecipazione dell'FMI alle operazioni di assistenza finanziaria, mentre gli Stati membri che non fanno parte della zona euro potranno anche partecipare su una base ad hoc;

-        il MES avrà un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro. Di questo importo, 80 miliardi di euro saranno sotto forma di capitale versato fornito dagli Stati membri della zona euro e si aggiungeranno progressivamente a partire dal luglio 2013 in cinque rate annuali di uguale importo. Inoltre, il MES disporrà anche di una combinazione di capitale richiamabile impegnato e di garanzie degli Stati membri della zona euro per un importo totale di 620 miliardi di euro;

-        la ripartizione dei contributi di ciascuno Stato membro al capitale sottoscritto totale del MES sarà basata sulla partecipazione al capitale versato della BCE. Gli Stati membri, ratificando il trattato istitutivo del MES, si impegnano giuridicamente a fornire un contributo al capitale sottoscritto totale;

-        ai prestiti del MES si applicherà la seguente struttura del prezzo: costi di finanziamento del MES; un onere di 200 punti base sulla totalità dei prestiti; una maggiorazione di 100 punti base per gli importi prestati non rimborsati dopo tre anni. Per i prestiti a tasso fisso con scadenza superiore a 3 anni, il margine sarà una media ponderata dell'onere di 200 punti base per i primi tre anni e 200 più 100 punti base per gli anni successivi;

-        è prevista l’istituzione di un consiglio dei governatori composto dai Ministri delle finanze degli Stati membri della zona euro (quali membri con diritto di voto), con il Commissario europeo per gli affari economici e monetari e il Presidente della BCE in qualità di osservatori. Il consiglio dei governatori prenderà di comune accordo le decisioni relative alla concessione di assistenza finanziaria; alla modalità e condizioni dell'assistenza finanziaria; alla capacità di prestito del MES; alle variazioni della gamma di strumenti. Tutte le altre decisioni saranno prese a maggioranza qualificata, salvo disposizione contraria. La ponderazione dei voti nel consiglio dei governatori e nel consiglio di amministrazione sarà proporzionale alle rispettive partecipazioni degli Stati membri al capitale del MES. La maggioranza qualificata è definita come l'80% dei voti.


2. L’adeguamento del sistema delle decisioni di bilancio alla nuova governance economica europea

La recente introduzione, a livello comunitario, di moduli decisionali ed operativi tesi a favorire, nell’ambito del cosiddetto “Semestre europeo”, un più intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri della UE ed una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macro-economico, nonché la revisione dei contenuti e dei tempi di presentazione dell’Aggiornamento del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma, hanno indotto il Legislatore a regolamentare in modo nuovo i profili sostanziali e procedurali della normativa contabile nazionale.

 

Con la recente legge 7 aprile 2011, n. 39[5] sono state pertanto apportate talune modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica[6], volte, in via generale, ad assicurare la coerenza della programmazione finanziaria delle amministrazioni pubbliche con le procedure e i criteri stabiliti in sede europea.

 

A tal fine sono stati rivisitati il ciclo e gli strumenti della programmazione economico-finanziaria, nonché introdotte alcune disposizioni volte a rafforzare la disciplina fiscale in linea con le indicazioni formulate dalle istituzioni comunitarie ai fini della riduzione del deficit e del debito.

La nuova articolazione del ciclo di bilancio

Per quanto concerne, segnatamente, il ciclo di bilancio, mentre la riforma della disciplina contabile del 2009 aveva posticipato al 15 settembre il termine di presentazione al Parlamento dello schema di Decisione di finanza pubblica - al fine di disporre di un quadro previsivo, economico e di finanza pubblica più aggiornato di quello disponibile al 30 giugno (data di presentazione del vecchio DPEF) - le recenti modifiche apportate alla legge di contabilità, allineandosi con il nuovo calendario stabilito in sede europea, anticipano alla prima parte dell’anno l’intero processo di programmazione nazionale, fissando al 10 aprile la data di presentazione alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, del Documento di Economia e Finanza (DEF).

La presentazione, nella prima metà del mese di aprile, del DEF – che costituisce il principale strumento di programmazione economica e finanziaria, sostitutivo sia della Relazione sull’economia e la finanza pubblica (REF), sia della Decisione di finanza pubblica (DFP) – consente alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l’invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma. Quest’ultimo documento potrà, inoltre, tener conto delle indicazioni fornite nell’Analisi annuale della crescita predisposta all’inizio di ciascun anno dalla Commissione europea.

Al fine di garantire una partecipazione degli enti territoriali al processo di programmazione economico-finanziaria, entro il medesimo termine del 10 aprile il DEF è altresì inviato alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica[7], affinché essa esprima il proprio parere in tempo utile per le deliberazioni parlamentari.

 

Al fine di assicurare, invece, nel corso del Semestre europeo, un pieno e tempestivo coinvolgimento del Parlamento nell’esame dei progetti, degli atti e dei documenti elaborati dalle istituzioni dell’Unione europea, le modifiche introdotte alla disciplina contabile prevedono che tali atti, contestualmente alla loro ricezione, siano trasmessi dal Governo alle Camere ai fini dell'esame e dell’esercizio delle attività di controllo parlamentare. Nella medesima prospettiva si prevede, inoltre, che entro quindici giorni dalla trasmissione delle linee guida di politica economica e di bilancio a livello dell'UE elaborate dal Consiglio europeo, il Ministro dell'economia riferisca alle competenti Commissioni parlamentari, fornendo una valutazione dei dati e delle misure prospettate dalle linee guida, nonché delle loro implicazioni per l'Italia, anche ai fini della predisposizione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma.

 

Entro il 30 giugno di ciascun anno il DEF è integratodaun apposito allegato – che il Ministro dell'economia è tenuto a trasmettere alle Camere - in cui sono riportati i risultati del monitoraggio degli effetti sui saldi di finanza pubblica, sia per le entrate sia per le spese, derivanti dalle misure contenute nelle manovre di bilancio adottate anche in corso d'anno, con indicazione degli scostamenti rispetto alle valutazioni originarie e le relative motivazioni.

 

Sulla base del PNR e del Patto di stabilità, nel mese di giugno la Commissione europea dovrebbe elaborare le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati. Successivamente, entro il mese di luglio, il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, dovrebbero esaminare ed approvare le raccomandazioni della Commissione, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno.

 

Una volta completato il processo di coordinamento delle politiche economiche nell’ambito del Semestre europeo, e al fine di tener conto delle eventuali raccomandazioni formulate dalle autorità europee,è quindi prevista la presentazione, entro il 20 settembre di ciascun anno, di una Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.

Rispetto al passato, la presentazione della Nota non è più dunque eventuale e connessa al verificarsi di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica, bensì necessaria; essa consente di tener conto d’informazioni e dati più dettagliati rispetto a quelli disponibili nel mese di aprile e di procedere all'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici fissati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra i diversi sottosettori del conto economico della pubblica amministrazione lo Stato, nonché di recepire le citate raccomandazioni approvate dal Consiglio europeo nel corso del primo semestre dell’anno.

La Nota, oltre all’eventuale aggiornamento delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e per il periodo di riferimento, dovrà indicare, in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale, nonché il contenuto del Patto di stabilità interno e quello del Patto di convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo, assieme alle misure atte a realizzare il percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione, di cui all'articolo 18 della legge n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale.

In coerenza con quanto previsto per il DEF, il Governo, qualora sia necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, è tenuto ad inviare, entro il 10 settembre, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 15 settembre, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi. Le linee guida sono altresì trasmesse, entro il 10 settembre, alle Camere, cui è in seguito trasmesso anche il parere espresso su di esse dalla Conferenza.

 

Quale norma di chiusura, la legge di contabilità - come novellata ai sensi della citata legge 7 aprile 2011, n. 39 – prevede, infine, che il Governo, qualora per le medesime finalità di aggiornamento previste per la presentazione della Nota, ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali, intenda aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica tali da rendere necessari interventi correttivi, sia tenuto a trasmettere una relazione al Parlamento, recante le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché l’indicazione degli interventi correttivi che si intendono adottare.

Per quanto concerne gli altri adempimenti del ciclo di bilancio, la riforma introdotta dalla legge n. 39 del 2011 non ha modificato la fase di attuazione degli obiettivi programmatici, che dovrà essere realizzata in autunno, attraverso la presentazione alle Camere, entro il 15 ottobre di ciascun anno, del disegno di legge di stabilità e del disegno di legge del bilancio dello Stato, che compongono la manovra di finanza pubblica su base triennale.

Entro il successivo mese di gennaio dovranno essere presentati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, che sono stati a loro volta precedentemente indicati nel DEF ovvero nella Nota di aggiornamento del medesimo.

Nella tabella che segue sono posti a raffronto il ciclo e gli strumenti della programmazione previsti dal testo originario della legge n. 196/2009 con quelli prevista a seguito della recente legge di riforma.

 

LEGGE n. 196/2009

LEGGE n. 196/2009
come modificata dalla Legge n.39/11

Relazione sull’economia
e la finanza pubblica
(15 aprile)

Soppressa

Decisione di finanza pubblica (DFP)
(15 settembre)

Documento di Economia e Finanza (DEF)

(10 aprile)

Aggiornamento del Programma di stabilità
(secondo calendario concordato in sede europea)

 

Allegato al DEF
sul monitoraggio degli effetti delle manovre adottate anche in corso d'anno
(entro il 30 giugno)

Nota di aggiornamento alla DFP
(prevista solo in caso di modifica degli obiettivi o scostamenti degli andamenti)

Nota di aggiornamento del DEF
(20 settembre)

Disegno di legge di stabilità
(15 ottobre)

Disegno di legge di stabilità
(15 ottobre)

Disegno di legge
del bilancio dello Stato
(15 ottobre)

Disegno di legge
del bilancio dello Stato
(15 ottobre)

Disegno di legge di assestamento
(30 giugno)

Disegno di legge di assestamento
(30 giugno)

Disegni di legge collegati
(entro febbraio)

Disegni di legge collegati
(entro gennaio)

Le disposizioni in materia di stabilità finanziaria

Le modifiche apportate alla disciplina contabile non si limitano ad incidere sul complessivo processo di programmazione economica di medio termine, bensì introducono nuovi criteri di prudenzialità della gestione finanziaria, finalizzati ad agevolare il controllo degli andamenti ed il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

In tale prospettiva, in coerenza con le richieste dell’Unione europea di destinare alla riduzione del deficit e del debito le eventuali maggiori entrate non previste a legislazione vigente, l’articolo 3 della legge n. 39/2011, modificando il disposto dell’art. 11, comma 6, della legge n. 196 del 2009, consente l’utilizzo di del risparmio pubblico a copertura degli oneri correnti della legge di stabilità unicamente per finanziare riduzioni entrata e solo a condizione che risulti assicurato un valore positivo del risparmio pubblico.

Nella medesima logica s’inscrive il comma 1-bis introdotto all’articolo 17 della legge di contabilità, recante il divieto di utilizzare a copertura di nuovi oneri finanziari le maggiori entrate correnti che dovessero verificarsi in corso di esercizio rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente, nonché l’espressa previsione che l’eventuale “extra gettito” connesso ad un miglioramento del quadro economico possa essere destinato solo al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

Un ulteriore modifica volta a rafforzare la disciplina fiscale, consiste, infine, nella previsione, introdotta nell’ambito di una delega al Governo per il completamento della riforma del bilancio dello Stato, della possibilità di fissare “tetti” di spesa all’intero aggregato delle risorse iscritte nel bilancio, ivi comprese pertanto anche quelle non rimodulabili, ferma restando la necessità di tenere conto della loro peculiarità.

La struttura del Documento di Economia e Finanza

A seguito delle modifiche introdotte alla disciplina di bilancio, il DEF diviene il principale strumento della programmazione economico finanziaria, che ricomprende lo schema del Programma di stabilità e lo schema del Programma nazionale di riforma, documenti, questi ultimi, che dovranno essere presentati al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.

I contenuti specifici del Documento sono articolati in tre sezioni.

La prima sezione espone lo schema del Programma di stabilità, che dovrà contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.

In tale ambito, nel confermare il principio della programmazione triennale delle risorse, si prevede che l’indicazione dell'articolazione della manovra necessaria per il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica per i sottosettori del conto della PA - relativi alle amministrazioni centrali, alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza e assistenza sociale - sia accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi; la sezione deve, inoltre, contenere le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità, nonché le diverse ipotesi di evoluzione dell'indebitamento netto e del debito rispetto a scenari di previsione alternativi riferiti al tasso di crescita del prodotto interno lordo, della struttura dei tassi di interesse e del saldo primario.

La seconda sezione contiene una serie di dati e informazioni che il Governo era in passato tenuto a fornire nell'ambito della Relazione sull'economia e la finanza pubblica e, in misura minore, nella Decisione di finanza pubblica. In questa sezione è previsto che siano individuate regole generali sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l’esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pubblica, anche attraverso la fissazione di tetti di spesa.

La sezione reca, tra l’altro, un'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo, le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio.

All’interno della sezione deve inoltre essere dato conto anche delle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.

In allegato alla sezione è riportata una nota metodologica che espone analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali.

La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR), recante gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per tale Programma.

Il PNR, che costituisce la più rilevante novità del DEF, è un documento strategico che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia “Europa 2020”.

In tale ambito sono indicati:

§       lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

§       le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

§       gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

§       i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

 

Per una rassegna dei contenuti del PNR esposti del Documento di economia e Finanza 2011, si rinvia al quadro di sintesi posto in calce al presente paragrafo.

 

In allegato al DEF – ovvero alla Nota di aggiornamento del medesimo - sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentarsi alle Camere entro il mese di gennaio di ogni anno. Ciascun disegno di legge reca disposizioni omogenee per materia, tenendo conto delle competenze delle amministrazioni, e concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici anche attraverso interventi di carattere ordinamentale, organizzatorio ovvero di rilancio e sviluppo dell'economia.

 

Al DEF devono, infine, essere allegati, sulla base della nuova legge di contabilità, una serie di documenti, recanti:

a)   un’unica relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, nell’ambito della quale il Ministro dello sviluppo economico è tenuto a evidenziare il contributo dei fondi nazionali addizionali e i risultati conseguiti, con particolare riguardo alla coesione sociale, alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi;

b)   il Programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla legge obiettivo, nonché lo stato di avanzamento del medesimo programma relativo all'anno precedente, predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

c)   un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente, relativo allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi;

d)   un documento recante l’esposizione, con riferimento agli ultimi dati di consuntivo disponibili, delle risorse del bilancio dello Stato destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti locali e alle province autonome di Trento e di Bolzano;

e)   uno specifico rapporto sullo stato di attuazione della legge di riforma della contabilità e finanza pubblica.

 

Si segnala che, alla data di ultimazione del presente dossier, ad eccezione del rapporto sullo stato di attuazione della riforma di contabilità e del documento relativo alle risorse destinate alle regioni (contenuti, rispettivamente, negli allegati I e II del DEF 2011), non risultano presentati gli altri documenti testé richiamati.

 

Il Programma Nazionale di Riforma – Quadro di sintesi del contenuto

In vista dell’avvio del semestre europeo dal gennaio 2011, l’Italia ha presentato, lo scorso autunno, come stabilito per ciascuno Stato membro dalla Commissione europea per la fase transitoria, un progetto preliminare di PNR che aveva già definito quattro questioni essenziali (meridionale, fiscale, nucleare e legale) per favorire la crescita senza incrementare il disavanzo e nel rispetto dei vincoli di riduzione del debito pubblico, indicando una serie di riforme prioritarie in merito a:

-        debito pubblico, per garantire stabilità all’economia (riforma pensionistica, completamento del federalismo fiscale e riforma complessiva del sistema tributario);

-        competitività del sistema produttivo italiano (introduzione di zone a burocrazia “zero” nel Mezzogiorno, revisione del modello contrattuale di lavoro, approvazione di una legge annuale sulla concorrenza);

-        sistema dell’istruzione e formazione, nonché politiche inerenti al lavoro (attuazione di un piano triennale per il lavoro, incremento del tasso di occupazione delle donne e dei giovani);

-        incentivazione della ricerca e dell’innovazione (energie rinnovabili e riduzioni delle emissioni e nuovo ruolo dell’energia nucleare).

Nella sua versione aggiornata, contenuta nel DEF 2011, il PNR illustra gli obiettivi e le azioni di riforma tra loro integrate considerate necessarie per eliminare gli squilibri macroeconomici, potenziare la competitività del Paese, stimolare la concorrenza nel mercato dei prodotti e migliorare le condizioni del mercato del lavoro, nel quadro di una rafforzata sostenibilità delle finanze pubbliche.

Le misure descritte nel PNR sono ispirate dall’azione comunitaria per creare un’Europa competitiva, inclusiva e sostenibile, e rispondono alle priorità elencate nell’Analisi annuale sulla crescita (Annual Growth Survey) della Commissione, alle azioni previste dal Patto Euro Plus per aumentare il grado di competitività e convergenza, nonché agli obiettivi specifici previsti dalla Strategia Europa 2020 declinate negli obiettivi nazionali.

I pilastri principali sui cui fondare un’azione di riforma volta a superare le principali criticità dell’economia italiana sono rinvenibili nell’attuazione del federalismo fiscale; nel riordino del sistema fiscale; nella promozione di interventi di tipo regolatorio finalizzati ad incrementare l’efficienza del sistema economico e nell’adozione di iniziative per orientare il risparmio privato verso obiettivi di politica economica.

Tali indirizzi dovrebbero stimolare il tasso di crescita dell’economia - contribuendo in tal modo al processo di riduzione del debito – nonché favorire la riduzione dei divari territoriali – qualificati nel documento come “vero problema per l’Italia” – e rendere più competitive le imprese nazionali.

Il Programma reca, in particolare, un’indicazione delle riforme già avviate e di quelle programmate per il raggiungimento dei target nazionali fissati nella Strategia Europa 2020. Tale indicazione è preceduta da un’analisi quantitativa, realizzata sulla base della metodologia sviluppata nell’ambito del Lisbon Assessment Framework (LAF), che ha svolto un ruolo significativo nell’individuazione delle priorità di politica economica e le aree di policy critiche dei Paesi membri, contribuendo alla definizione di quelli che sono stati definiti i “colli di bottiglia” (bottlenecks), ossia i fattori checostituiscono un impedimento alla crescita del Paese e su cui è necessario intervenire.

A tale riguardo, la Commissione europea ha analizzato le componenti del PIL per l’Italia che contribuiscono negativamente alla crescita, sia in termini assoluti che in relazione alla media EU15, evidenziando come il significativo rallentamento dell’economia italiana degli ultimi anni sia dovuto sostanzialmente alla permanenza di numerosi aspetti critici nelle componenti strutturali della crescita, come la persistente rigidità nel mercato del lavoro e il basso grado di competizione nel mercato dei prodotti.

Per l’Italia i principali ostacoli alla crescita individuati dal Consiglio europeo del giugno 2010 sono:

-        il consolidamento fiscale durevole e la riduzione del debito pubblico;

-        l’incremento della produttività in termini di allineamento dei salari alla produttività e di riduzione delle disparità regionali;

-        l’aumento del tasso di occupazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori anziani;

-        l’apertura ulteriore del mercato dei servizi e delle industrie di rete e il miglioramento dell’efficienza amministrativa;

-        il miglioramento del capitale umano, attraverso il collegamento tra scuola e mercato del lavoro, nonché l’aumento della spesa privata in ricerca e sviluppo.

Le principali misure nel Programma Nazionale di Riforma sono state sinteticamente riportate in un prospetto, posto in calce alla terza sezione del DEF, che si compone di diverse voci che hanno lo scopo di descrivere le riforme, quantificarne l’impatto sul bilancio pubblico ed evidenziarne la loro funzionalità rispetto agli obiettivi comunitari.

     Le azioni di riforma sono state raggruppate nelle seguenti macro-aree d’intervento:

-        contenimento della spesa pubblica;

-        energia e ambiente;

-        federalismo;

-        infrastrutture e sviluppo;

-        innovazione e capitale umano;

-        lavoro e pensioni;

-        mercato dei prodotti, concorrenza ed efficienza amministrativa;

-        sostegno alle imprese.

Per ciascuna misura viene individuato il riferimento normativo, cui segue una breve descrizione della misura stessa e l’indicazione dello stato di implementazione e avanzamento, con specifiche indicazioni anche in ordine alla tempistica di attuazione. Per ciascuna misura si valuta, laddove possibile, l’impatto sulla finanza pubblica, in termini di maggiori-minori spese o maggiori-minori entrate. Nel prospetto, sono inserite misure con impatto negativo sulla finanza pubblica, fermo restando che vi possono essere anche misure senza nessun impatto e altre che consentono risparmi di spesa e aumenti di entrate. Le misure sono quindi ordinate in base agli obiettivi e alle priorità definite a livello europeo. Con specifico riferimento ai “colli di bottiglia” (bottleneck) dell’economia italiana ciascuna misura è stata inclusa in una delle seguenti aree:

-        Consolidamento fiscale e debito pubblico (bottleneck n. 1);

-        Competitività salari e produttività (bottleneck n. 2);

-        Mercato Prodotti - Concorrenza ed efficienza amministrativa (bottleneck n. 3);

-        Innovazione – Ricerca Sviluppo (bottleneck n. 4);

-        Ridurre le disparità regionali (bottleneck n. 5).

     Se la misura risulta di pronta attuazione (frontloading) per rafforzare la crescita, essa è classificata come segue: incentivi al lavoro; riforma del sistema di contrattazione salariale; competizione di settore e liberalizzazione del mercato; miglioramento dell'ambiente imprenditoriale.

     Sono, inoltre, indicati gli obiettivi in base alla “Strategia Europa 2020”:

-        aumento della quota di fonti rinnovabili

-        aumento del tasso di occupazione

-        aumento dellefficienza energetica

-        riduzione dellabbandono scolastico

-        miglioramento dellistruzione universitaria;

-        aumento della spesa in Ricerca e Sviluppo e innovazione.

Infine, ciascuna misura è classificata secondo la priorità indicate nell’Analisi annuale della crescita. In proposito, nell’ambito del DEF si evidenziano, tra le altre, le seguenti aree d’azione:

§       la progressiva riduzione del debito pubblico (priorità n. 1), per la quale si prospettano le seguenti misure volte a consolidare le finanze pubbliche:

-    il Patto per la Salute con le regioni deficitarie, volto a conseguire una corretta programmazione e gestione della spesa sanitaria pubblica;

-    l’approvazione dei decreti attuativi della legge delega n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale, per garantire la responsabilizzazione degli enti territoriali, assicurando loro autonomia di entrata e di spesa e superando gradualmente il criterio della spesa storica per il finanziamento delle funzioni da essi svolte;

-    l’approvazione delle modifiche alla legge di riforma della contabilità n. 196 del 2009, finalizzate ad armonizzare i tempi e i contenuti dei documenti interni di finanza pubblica con le nuove regole e criteri del semestre europeo;

-    la definizione di una riforma della tassazione volta a dare stabilità alle finanze e ad adeguare il fisco ai nuovi modelli economici e istituzionali;

§       la correzione degli squilibri macro-economici (priorità n. 2) e la stabilità del settore finanziario (priorità n. 3), per le quali sono previste misure riguardanti incentivi alla ricerca, riforme nel mercato del lavoro e dei capitali per aumentare la competitività delle imprese ed interventi a carattere infrastrutturale e di semplificazione amministrativa;

§       la maggiore attrattività del lavoro (priorità n. 4), per la quale sono previste nuove regole di contrattazione salariale per il rafforzamento della contrattazione decentrata e per un legame più stretto tra salario e produttività (Piano triennale del lavoro e Programma per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro);

§       la completamento della riforma delle pensioni (priorità n. 5), per la quale sono state approvate, con il DL 78/10, misure che modificano i requisiti di accesso al pensionamento ordinario e anticipato e per l’adeguamento delle prestazioni pensionistiche;

§       incentivi per il ritorno nel mercato del lavoro (priorità n. 6) e per bilanciare sicurezza e flessibilità nell’ambito delle regole di tale mercato (priorità n. 7), in relazione ai quali si prevedono, tra l’altro, interventi a sostegno del reddito e per migliorare la funzionalità della rete dei servizi per il lavoro (Piano triennale del lavoro e Piano Giovani);

§       il rafforzamento del Mercato Unico (priorità n. 8), in relazione al quale si indicano misure per l’attuazione delle direttive sui servizi nel mercato interno e sugli appalti pubblici nei settori della difesa e della sicurezza e il Piano industriale della pubblica amministrazione;

§       l’attrazione del capitale privato per finanziare la crescita (priorità n. 9) in relazione alla quale si indicano le misure in ordine alle infrastrutture strategiche ed il Piano per l’edilizia abitativa;

§       l’accesso efficiente all’energia (priorità n. 10), in relazione al quale si fa riferimento all’avvio del Pacchetto energia-clima.

 


3. Il quadro macroeconomico

La congiuntura internazionale

Dopo la crisi che ha investito l’economia mondiale negli anni 2008 e 2009, il DEF, nella prima Sezione relativa al Programma di stabilità e crescita, mette in evidenza la ripresa economica mondiale che ha caratterizzato il 2010, nonostante alcuni segnali di rallentamento emersi nell’ultimo scorcio dell’anno.

Nel corso del 2010, infatti, l’economia mondiale è tornata a crescere a ritmi sostenuti, facendo registrare un tasso di crescita del PIL del 4,8 per cento, grazie soprattutto alla consistente ripresa del commercio mondiale che risulta aumentato del 12 per cento in tale anno dopo la sensibile riduzione registrata nel 2009 (-10,7 per cento).

Lo scenario di previsione per il 2011 – riportato nel DEF – prospetta una crescita dell'economia globale del 4,0 per cento ed una espansione del commercio mondiale al 7,1 per cento. Il commercio mondiale è previsto mantenersi su tassi sostanzialmente stabili, in media all’incirca intorno al 7 per cento, per tutto il periodo 2012-2014.

 

Con riferimento all’economia mondiale, il DEF evidenzia, tuttavia, come la ripresa economica sia stata disomogenea e differenziata (contraddistinta da tassi più elevati nei paesi emergenti) e come persistano, nei paesi più avanzati, elementi di rischio connessi ad un possibile indebolimento della congiuntura legato al graduale venir meno delle eccezionali misure di politica fiscale e monetaria adottate in ambito internazionale negli ultimi due anni.

Le economie avanzate potrebbero inoltre risentire della minore crescita dei paesi emergenti, in parte indotta da politiche economiche che iniziano a farsi restrittive.

Anche l’andamento dei prezzi delle materie prime è tornato a crescere in modo significativo soprattutto nei mesi più recenti e ciò a discapito dei paesi importatori, in un quadro geopolitico che presenta elevate tensioni in varie aree.

 

 

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Commercio mondiale

-10,7

12,0

7,1

6,8

7,0

7,0

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/barile)

61,7

80,2

110,7

109,7

109,7

109,7

Fonte: DEF 2011, Sezione II: Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab.I.1.

 

 

Lo scenario macroeconomico nazionale

Il DEF espone il quadro macroeconomico italiano per l’anno in corso e per il triennio 2012-2014, che riflette le incertezze che caratterizzano le prospettive economiche mondiali, determinate dal difficile contesto internazionale e dall’esaurirsi delle politiche di stimolo fiscale e monetario che hanno caratterizzato il trascorso biennio.

 

 

Il quadro esposto evidenzia un trend di crescita dell’economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nella Decisione di finanza pubblica presentata a settembre 2010.

 

 

Confronto previsioni di crescita del PIL
(variazioni percentuali)

 

 

DFP 2011-2013
settembre 2010

DEF 2011
aprile 2011

 

2011

2012

2013

2011

2012

2013

2014

PIL

1,3

2,0

2,0

1,1

1,3

1,5

1,6

 

 

In particolare, per il 2011 il PIL italiano è stimato crescere ad un tasso dell’1,1 per cento (rispetto all’1,3 per cento indicato a settembre)[8].

 

Una crescita ancora modesta è indicata anche per gli anni 2012 e 2013, in cui il PIL è previsto, rispettivamente, all’1,3 per cento e all’1,5 per cento rispetto al 2 per cento stimato per entrambi gli anni nella Decisione di settembre.

Nel 2014 la crescita dell’economia italiana si attesterebbe all’1,6 per cento.

 

Per quanto concerne i dati macroeconomici, il quadro riportato nel Documento è illustrato nella tabella successiva.

 

 

 

 

 

Quadro macroeconomico
(variazioni percentuali)

 

Consuntivi

Previsioni

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

PIL

-5,2

1,3

1,1

1,3

1,5

1,6

Importazioni

-13,7

10,5

4,5

3,9

4,2

4,6

Consumi finali nazionali

-1,1

0,6

0,8

0,9

1,1

1,3

- spesa delle famiglie

-1,8

1,0

1,1

1,2

1,3

1,5

Investimenti fissi lordi

-11,9

2,5

1,8

2,5

2,7

3,0

- macchin.,attrezz. e vari

-15,3

9,6

2,8

3,7

3,7

4,0

- costruzioni

-8,7

-3,7

0,0

1,2

1,6

1,7

Esportazioni

-18,4

9,1

4,8

4,3

4,5

4,8

Occupazione (ULA)

-2,9

-0,7

0,5

0,6

0,6

0,7

Tasso di disoccupazione

7,8

8,4

8,4

8,3

8,2

8,1

Deflatore PIL

2,3

0,6

1,8

1,8

1,8

1,8

Inflazione programmata

0,7

1,5

1,5

1,5

1,5

1,5

     Fonte: DEF 2011, Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab.I.1.

 

Come si evince dalla tabella, rispetto ai risultati raggiunti nel 2010, le variabili del quadro macroeconomico manifestano un rallentamento nell’anno in corso.

Nel complesso, per il periodo post-crisi 2011-2014, si evidenzia un andamento positivo, in un quadro, tuttavia, di crescita lenta.

 

Per quanto concerne i risultati del 2010, il DEF evidenzia come l’economia italiana sia cresciuta dell’1,3 per cento, ad un tasso analogo a quello registrato da altri paesi europei, leggermente superiore a quanto stimato nella Decisione di finanza pubblica presentata a settembre 2010 (1,2 per cento).

La ripresa è stata sostenuta dalla domanda interna: in particolare, i consumi privati e gli investimenti fissi hanno fornito un contributo alla crescita del PIL rispettivamente pari a 0,6 e 0,5 punti percentuali.

Gli investimenti fissi lordi, dopo la forte contrazione degli anni 2008-2009,sono aumentati del 2,5 per cento. Il dato è essenzialmente attribuibile alla dinamica degli investimenti in macchinari (+9,6 per cento), sostenuta dalle agevolazioni fiscali introdotte dal Governo e dalle esportazioni. Gli investimenti in costruzioni, invece, hanno continuato ancora a risentire del ciclo negativo che ha interessato il settore (-3,7 per cento nel 2010).

Anche i consumi privati (spesa delle famiglie) sono complessivamente aumentati dell’1,0 per cento nel 2010.

A fronte della ripresa del commercio mondiale, le esportazioni sono cresciute nel 2010 del 9,1 per cento, con un tasso di espansione inferiore rispetto a quello delle importazioni.

Infine, il deflatore del PIL è cresciutoin media dello 0,6 per cento, mentre l’indice dei prezzi al consumo (NIC) dell’1,5 per cento.

 

Per il 2011, gli investimenti fissi lordi sono stimati in crescita dell’1,8 per cento grazie alla dinamica espansiva degli investimenti in macchinari e attrezzature (+2,8 per cento). Gli investimenti in costruzioni, invece, continuano ancora nel 2011 a risentire del ciclo negativo che ha interessato il settore, risultando stazionari. Dopo i primi segnali di recupero emersi nel primo semestre del 2010, infatti, sia la produzione nel settore delle costruzioni che le transazioni nel comparto residenziale hanno subito una battuta d’arresto.

Nel triennio successivo, gli investimenti in macchinari sono previsti ulteriormente in crescita, in media del 3,8 per cento. Anche gli investimenti in costruzioni riprenderebbero a crescere a partire dal 2012, in media nel triennio dell’1,5 per cento.

 

Anche i consumi finali sono complessivamente previsti in aumento nel periodo considerato, sebbene in misura moderata, dallo 0,8 per cento nel 2011 fino all’1,3 per cento nel 2014. Sulla ripresa dei consumi privati pesa comunque, come evidenziato nel DEF, il recupero ancora graduale e moderato dell’occupazione.

 

Gli scambi con l’estero mostrano segnali di ripresa. In particolare, le esportazioni sono stimate in crescita del 4,8 per cento nel 2011, nonostante il rallentamento, nel breve periodo, della domanda estera e l’apprezzamento dell’euro. La crescita delle esportazioni si manterrebbe ad un livello medio del 4,5 per cento anche nel triennio successivo.

 

L’andamento delle esportazioni viene inoltre specificamente analizzato, quale indicatore del livello di competitività, nell’ambito della terza sezione del DEF, dedicata allo schema di PNR, nella parte relativa all’Analisi degli squilibri macroeconomici (§ III. 2).

 

Per quanto concerne l’occupazione,il Documento conferma come nel 2010 la crisi abbia continuato ad influire negativamente sul mercato del lavoro, nonostante i dati italiani risultino migliori della media europea.

Nel 2010, in media d’anno, l’occupazione calcolata in termini di unità di lavoro standard (ULA), ha registrato una contrazione pari a -0,7 per cento. Il tasso di disoccupazione si è collocato all’8,4 per cento[9].

Per il 2011 e per gli anni successivi, le stime del Governo mostrano un moderato recupero.

L’occupazione tornerebbe finalmente a crescere dello 0,5 per cento nel 2011, sebbene ad valore più basso rispetto alle previsioni formulate nella DFP di settembre (0,7 per cento). La crescita dell’occupazione, pur mantenendosi sostanzialmente su livelli di miglioramento modesti, si attesterebbe allo 0,6 per cento nel 2012 fino ad aumentare di un ulteriore decimo di punto nel 2014 (0,7 per cento).

In presenza di una lieve ripresa dell’offerta di lavoro, il tasso di disoccupazione è stimato stabile all’8,4 per cento nel 2011, per poi ridursi gradualmente fino al 2014 (8,1 per cento).

La stima del DEF del tasso di disoccupazione per l‘anno in corso è ad un livello lievemente migliore di quello prospettato dal Governo a settembre 2010 (8,7 per cento).

 

Relativamente al costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), misurato in termini di rapporto sul PIL, esso è risultato stazionario nel 2010 rispetto all’anno 2009, per effetto della moderazione salariale e del recupero della produttività del lavoro. I tassi di crescita del CLUP resterebbero moderati per il periodo considerato, passando dallo 0,7 per cento nel 2011 allo 0,9 per cento nel 2014.

Si rileva che anche tale fattore è oggetto di esame da parte del Governo in sede di Analisi degli squilibri macroeconomici, nel contesto degli indicatori valutati – in conformità a quanto previsto a livello comunitario - ai fini della misurazione del livello di competitività.

 

Quanto all’inflazione, il deflatore del PIL - cresciuto nel 2010 dello 0,6 per cento - è stimato in crescita nell’anno in corso all’1,8 per cento.

Per quanto riguarda l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) Il Governo stima che esso, valutato al netto dei prodotti energetici, si attesti nel 2011 al 2 per cento (rispetto all’1,3 per cento del 2010).

 

Le stime di crescita per l’anno 2011 e le previsioni per l’anno 2012 dell’economa italiana, esposte nello schema di DFP, risultano in linea con le previsioni aggiornate presentate nei recenti rapporti della Commissione europea (Interim forecast – febbraio 2011) e del Fondo Monetario Internazionale (Word economic outlook – aprile 2011).

 

In particolare, nell’interim forecast di febbraio, la Commissione ha aggiornato le stime di crescita dei paesi europei per l’anno in corso in ragione dei progressi compiuti dalla ripresa economica nell’Unione europea, seppure confermando un quadro di elevata incertezza con sviluppi irregolari nei vari paesi europei.

La Commissione ha pertanto operato una lieve revisione al rialzo delle previsioni di autunno, relativamente all’Area euro, la cui stima di crescita nel 2011 si attesterebbe all’1,6 per cento, nonché relativamente a taluni paesi membri (specificamente la Germania e, più limitatamente, Francia e Spagna).

Per quanto concerne l’Italia, le stime per il 2011 della Commissione mantengono fermi i valori indicati nell’Autumn forecast.

 

PIL

2011

2012

Commissione UE
Interim forecast
febbraio ‘11

FMI
WEO - aprile ‘11

FMI
WEO - aprile ‘11

Italia

1,1

1,1

1,3

Francia

1,7

1,6

1,8

Germania

2,4

2,5

2,1

Spagna

0,8

0,8

1,6

area euro

1,6

1,6

1,8

Regno Unito

2,0

1,7

2,3

UE – 27

1,8

1,8

2,1

Usa

-

2,8

2,9

Giappone

-

1,4

2,1

 

Si osserva al riguardo che nel nuovo quadro di interventi volti al rafforzamento della governance economica europea, nell’ambito delle misure finalizzate al completamento della disciplina del Patto di stabilità e crescita, è prevista una maggiore vincolatività delle previsioni formulate dalla Commissione europea.

In particolare, la Proposta di direttiva del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati Membri (Proposta di direttiva COM(2010)523 def.) prevede che le previsioni macroeconomiche e di bilancio sono preparate dagli Stati membri tenendo conto in modo appropriato delle previsioni della Commissione e che le differenze tra lo scenario macrofinanziario scelto e le previsioni della Commissione devono essere adeguatamente giustificate (articolo 4, par. 1).

Nella stessa proposta di direttiva, inoltre, si prevede che gli Stati Membri rendono pubbliche le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica preparate per la programmazione di bilancio, comprese le metodologie, le ipotesi ed i parametri utilizzati (articolo 4, par. 4).

A tale proposito, il quadro macroeconomico contenuto nella DFP è stato elaborato sulla base dei criteri di formulazione delle previsioni illustrati in una apposita Nota metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali, allegato alla Sezione II del DFP, conformemente a quanto previsto dalla legge di riforma della contabilità (art. 10 , comma 4, legge n. 196/09).

Analisi degli squilibri macroeconomici

Conformemente a quanto previsto dalla disciplina di contabilità nazionale (articolo 10, comma 5, lettera b), legge n. 196/2009, come sostituito dall’articolo 2 della legge n. 39/2011), nello schema di Piano Nazionale di Riforma è contenuta l’analisi degli squilibri macroeconomici e dei fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività del paese.

Il Governo conduce tale analisi prendendo in considerazione gli indicatori individuati a livello comunitario come rilevanti ai fini dell’attivazione dei meccanismi - sia preventivi che correttivi - di sorveglianza sugli squilibri macroeconomici degli Stati dell’Eurozona.

La crisi economico-finanziaria ha infatti posto in luce i legami esistenti tra squilibri macroeconomici e di bilancio. Per tali motivi, il nuovo sistema di governance europea prevede una valutazione periodica da parte della Commissione europea dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno Stato membro, effettuata sulla base di un quadro di riferimento costituito da indicatori economici (scoreboard). Il riscontro di “gravi squilibri” tali da mettere in rischio il funzionamento dell’unione economica e monetaria, può determinare l’attivazione di una procedura per gli squilibri eccessivi, con le relative sanzioni (Proposta di regolamento sulla prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici (COM(2010)527def.) e Proposta di regolamento sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell’area dell’euro (COM(2010)525def.).

Seguendo l’approccio delineato a livello comunitario, l’analisi governativa opera una distinzione tra gli indicatori di squilibri macroeconomici di tipo esterno e gli indicatori di squilibri macroeconomici di tipo interno.

Quanto ai primi, viene esaminata la posizione del Paese nelle transazioni internazionali, in primis il saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti e la consistenza di attività finanziarie nette sull’estero. Nel Documento si osserva che dalla fine degli anni ’90, gli squilibri a livello globale della bilancia di parte corrente si sono ampliati. L’ entità degli squilibri commerciali si è attenuata durante la crisi finanziaria, ma non sono stati rimossi i fattori sottostanti.

Per l’Italia il deterioramento del saldo delle partite correnti a partire dal 1999 sarebbe attribuibile in larga parte alle importazioni energetiche.

In particolare, tale saldo è passato da -0,5 per cento del PIL nell’anno 2000 a -3,5 per cento del PIL nel 2010.

La posizione patrimoniale netta dell’Italia sull’estero (net financial assets) non sembrerebbe comunque configurare elementi di insostenibilità, presentando valori sostanzialmente stabili dal 2005.

 

La competitività internazionale del Paese è poi analizzata attraverso vari indicatori: in primo luogo, l’andamento del tasso di cambio effettivo reale, indicatore che consente di valutare se in un Paese si registrino guadagni o perdite di competitività dei propri prodotti verso i principali partner commerciali.

A questo proposito nel Documento di rileva che, tra i paesi dell’Euroarea, nell’ultimo decennio, Germania e l’Austria hanno accresciuto il loro grado di competitività, mentre gli altri paesi, inclusa l’Italia, l’hanno vista ridursi.

In Italia, il tasso di cambio effettivo reale rileva una perdita di competitività a partire dall’inizio dello scorso decennio, soprattutto se valutato sulla base del costo unitario del lavoro o sull’indice dei prezzi all’esportazione.

L’andamento del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) viene individuato come il fattore che ha inciso in maniera negativa sulla competitività internazionale dell’Italia.

Nel 2010 si è registrato un incremento del CLUP rispetto al valore di tre anni prima pari al 9,1 per cento, cioè un ritmo di crescita di poco superiore a quello ritenuto in sede europea segnaletico di una situazione di squilibrio di fondo (9 per cento dell’area dell’euro).

Altro fattore esaminato è la dinamica delle esportazioni, rispetto alla quale l’economia italiana registra un indebolimento a partire dalla metà degli anni novanta. Relativamente al 2010, nei primi dieci mesi dell’anno la variazione della quota di mercato dell’Italia sul mercato mondiale (a prezzi correnti) ha subito una riduzione di circa il 17 per cento rispetto al livello di cinque anni prima, passando dal 3,6 per cento del 2005 al 3,0 per cento.

L’insoddisfacente andamento della componente estera costituisce un elemento in cui si manifestano alcuni dei problemi di problemi di competitività esterna delle imprese italiane.

Tale calo comunque è più pronunciato se si considerano le esportazioni in volume piuttosto che quelle in valore, aspetto questo, segnala il Documento, che potrebbe indicare un accrescimento della qualità dei prodotti.

 

Relativamente all’analisi dei possibili fattori di squilibrio interno, il Documento analizza, anche alla luce della recente crisi finanziaria, l’andamento del debito nelle sue varie dimensioni all’interno del Paese e le dinamiche del mercato immobiliare, in particolare l’evoluzione dei prezzi delle abitazioni.

In Italia, la crescita dei prezzi delle case che si registra dal 2000, pur sostenuta, è stata inferiore rispetto a quella di altri paesi europei. Di conseguenza, anche l’aggiustamento successivo alla crisi è stato di entità più contenuta.

Riguardo all’esposizione debitoria del settore privato, la contenuta propensione all’indebitamento delle famiglie e delle imprese non finanziarie ha consentito all’Italia di continuare a registrare - anche nel 2009 - livelli di debito del settore privato più contenuti rispettoalla media dei paesi europei.

In particolare, il debito delle famiglie italiane è risultato pari al 44,4 per cento - rispetto ad una media europea dell’82,3 per cento - e quello delle imprese non finanziarie è risultato pari all’83,8 per cento, rispetto ad una media europea del 120,8 per cento.

In generale, l’Italia risulta tra i paesi meno indebitati nonostante l’elevato debito della Pubblica Amministrazione, pari nel 2010 al 119 per cento del PIL.

Inoltre, relativamente al sistema bancario italiano - caratterizzato da una specializzazione in attività di tipo tradizionale e da un ampio radicamento sul territorio e da uno stretto rapporto banca-cliente – il Documento rileva come la vigilanza prudenziale appare più severa che negli altri Paesi e il quadro regolamentare ben articolato.

Un ulteriore fattore di squilibrio è, infine, costituito dal ritardo strutturale delle regioni meridionali, il cui Pil pro capite è pari al 59 per cento di quello delle regioni centro settentrionali. Nonostante una riduzione del divario negli anni recenti, alcuni nodi strutturali del Paese sono particolarmente accentuati nel Sud (basso tasso di occupazione, insoddisfacente produttività), benché, osserva il DEF, nel periodo 2010-2014 un maggior flusso di investimenti nelle aree svantaggiate possa incidere positivamente su tale situazione.


4. Il quadro di finanza pubblica

Il Documento di economia e finanza espone il quadro aggiornato di finanza pubblica per il periodo 2011-2014, elaborato sulla base delle risultanze dell’anno 2010, del nuovo quadro macroeconomico e degli effetti finanziari derivanti sia dalla manovra di finanza pubblica operata con il D.L. n. 78 del 2010 che dagli ulteriori provvedimenti legislativi approvati fino a marzo 2011, compreso il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 relativo al Federalismo fiscale municipale.

 

Secondo quanto riportato nel Documento - Sezione I: Programma di stabilità dell’Italia - le misure adottate, nel complesso, consentirebbero il rispetto degli obiettivi programmatici, concordati in sede europea, e contenuti nella Decisione di finanza pubblica del settembre scorso sia per il 2011 che per il 2012. Nel 2012, inoltre, primo anno considerato nel Programma di stabilità, l’indebitamento netto scenderebbe sotto la soglia del valore di riferimento del 3 per cento, assestandosi al -2,7 per cento.

Il percorso di consolidamento proseguirebbe negli anni successivi. Il Documento prevede, con riferimento agli anni 2013 e 2014, una manovra correttiva pari, in termini cumulati, a circa 2,3 punti percentuali di PIL, necessaria a ricondurre il valore dell’indebitamento netto a -0,2 per cento nel 2014 al fine di realizzare la convergenza verso il “close to balance” e mantenere in tal modo gli impegni assunti in sede europea.

Quadro di Finanza pubblica

 

(in % PIL)

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Consuntivi

Previsioni

Nuovo tendenziale a legislazione vigente

Indebitamento netto

-5,4

-4,6

-3,9

-2,7

-2,7

-2,6

Manovra netta cumulata 2013-2014

 

 

 

 

1,2

2,3

Quadro programmatico aggiornato

Indebitamento netto

-5,4

-4,6

-3,9

-2,7

-1,5

-0,2

Indebitamento netto strutturale (1)

-4,1

-3,5

-3,0

-2,2

-1,4

-0,5

Debito pubblico (2)

116,1

119,0

120,0

119,4

116,9

112,8

MEMO – Quadro programmatico DFP 2011-2013

Indebitamento netto

-5,3

-5,0

-3,9

-2,7

-2,2

 

Indebitamento netto strutturale (1)

-3,8

-3,4

-2,5

-1,9

-2,0

 

Debito pubblico

115,9

118,5

119,2

117,5

115,2

 

(1)  Strutturale: Al netto delle misure una tantum e della componente ciclica.

(2)  A partire dal 2011, le stime includono gli effetti del contributo italiano al programma triennale di sostegno alla Grecia in base alle condizioni fissate l’8 maggio 2010 e la quota di competenza dell’Italia delle emissioni effettuate dal veicolo EFSF fino al 31 marzo 2011 (unica a gennaio2011).

Con riferimento all’andamento degli altri saldi di finanza pubblica e alle principali voci del Conto economico della PA, il DEF fornisce - nella Sezione II: Analisi e tendenze della finanza pubblica - i consuntivi 2010 e le stime dei nuovi tendenziali a legislazione vigente per gli anni 2011-2014.

In linea con quanto previsto dalla legge di contabilità, i quadri tendenziali di finanza pubblica sono esposti anche con riferimento ai singoli sottosettori della pubblica amministrazione.

Il quadro programmatico degli obiettivi per gli anni 2011-2014 è invece esposto nel Programma di stabilità, contenuto nella Sezione I.

I saldi di finanza pubblica per l’anno 2011

Per il 2011 l’indebitamento netto delle Pubbliche Amministrazioni viene stimato pari al -3,9 per cento del PIL.

Tale stima conferma il valore l’obiettivo di indebitamento netto indicato nella Decisione di finanza pubblica presentata a settembre 2010, ciò pure in presenza di un nuovo quadro macroeconomico che evidenzia un ridimensionamento della crescita rispetto a quanto previsto nel precedente documento.

 

Saldi del Conto economico della P.A.

(valori in milioni di euro e in % del PIL)

 

2010

2011

 

Consuntivo

DFP

DEF

Entrate finali

722.302

746.072

739.966

in % sul PIL

46,6

46,5

46,4

Spese finali

793.513

809.209

801.885

in % sul PIL

51,2

50,5

50,3

Saldo primario

-1.059

12.533

14.168

in % sul PIL

-0,1

0,8

0,9

Interessi

70.152

75.670

76.087

in % sul PIL

4,5

4,7

4,8

Indebitamento netto

-71.211

63.137

-61.919

in % sul PIL

-4,6

-3,9

-3,9

Debito/PIL

119,0

119,2

120,0

PIL

1.548.816

1.602.836

1.593.314

Fonte: DEF 2011 – Sezione II: Analisi e tendenze di finanza pubblica – Tab. II. 2-2

 

Il valore dell’indebitamento netto stimato per il 2011 risulta da un miglioramento del saldo primario di circa 1 punto percentuale di PIL rispetto al 2010. Il saldo passa da un valore negativo di -0,1 per cento del PIL nel 2010 ad un valore positivo di 0,9 per cento.

Nel 2011, la spesa per interessi, invece, è prevista in aumento dal 4,5 per cento nel 2010 al 4,8 per cento del PIL, in relazione ad una dinamica dei tassi meno favorevole rispetto alla DFP di settembre.

 

Pur confermandosi il valore dell’indebitamento netto al -3,9 per cento in rapporto al PIL, in valori assoluti, il confronto tra le stime per il 2011 fornite nella DFP e quelle contenute nell’attuale DEF evidenziano un deficit inferiore di circa 1.200 milioni di euro, derivante da una riduzione sia delle previsioni di spesa che di entrata.

A tal proposito, il DEF evidenzia come le nuove previsioni per l’anno 2011 considerino, a differenza di quelle elaborate a settembre in sede di DFP, “anche gli effetti dei provvedimenti emanati successivamente al suddetto documento, tra cui quelli relativi alla legge di stabilità 2011”.

In particolare, nella riduzione delle previsioni di spesa va considerata la contabilizzazione delle entrate previste dalle procedure per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze radioelettriche (2.400 milioni di euro), che, sulla base delle regole del SEC95, sono classificate quale riduzioni di spesa in conto capitale (art. 1, comma 13, legge n. 220/2010).

 

Incidono, inoltre, sul miglioramento delle stime per il 2011 esposte nel DEF i risultati raggiunti nel 2010, che hanno evidenziato un andamento più favorevole della finanza pubblica.

In particolare, il Documento indica minori spese per circa 8.000 milioni di euro, dovute, in gran parte, all’effetto di trascinamento dei risultati 2010.

 

In base ai dati di consuntivo 2010, certificati dall’ISTAT e diffusi nel Comunicato del 1° marzo 2011, l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche nell’anno 2010 (-4,6 per cento del PIL) è risultato inferiore di 0,8 punti percentuali rispetto a quello registrato nel 2009 e migliore anche delle stime formulate dal Governo nella DFP 2011-2013 (-5,0 per cento). Il minor disavanzo nel 2010 è essenzialmente da attribuirsi alla minore incidenza percentuale della spesa complessiva sul PIL rispetto alla precedente previsione (-0,3 punti percentuali), cui si è accompagnato un incremento delle entrate totali (0,1 per cento) in presenza di una crescita lievemente superiore alle aspettative.

 

Infine, per quanto attiene al rapporto debito pubblico/PIL, la previsione per il 2011 è fissata dal 120,0 per cento, in aumento rispetto al risultato raggiunto nel 2009.

Le previsioni per il 2012-2014

Il quadro tendenziale dei conti di finanza pubblica prospetta per il 2012 un indebitamento netto pari al 2,7 per cento del PIL, in miglioramento di 1,2 per cento rispetto al livello di deficit fissato per il 2011, che conferma l’andamento già previsto nella Decisione di settembre 2010.

Secondo quanto riportato nel DEF, l’insieme delle misure adottate nel corso del 2010, unitamente agli effetti di trascinamento del miglioramento registrato nel 2010, consentirebbe di confermare il percorso già delineato nella DFP non solo per il 2011 ma anche per il 2012.

 

La previsione tendenziale per il 2012 corrisponde, infatti, all’obiettivo di indebitamento netto programmatico indicato nel Programma di stabilità riportato nella Sezione I del Documento.

 

Nel biennio 2013-2014 l’indebitamento netto a legislazione vigente è stimato stabilizzarsi, rispettivamente, al 2,7 e 2,6 per cento, riportandosi dunque, già a tendenziale, al di sotto degli soglia comunitaria del 3 per cento per tutto il periodo.

 

Conto economico tendenziale delle P.A. 2012-2014

(valori in % del PIL)

 

Consuntivo

Tendenziale aggiornato

 

2010

2011

2012

2013

2014

Entrate correnti

46,2

46,1

46,4

46,2

46,1

- Entrate tributarie

28,5

28,7

29,0

29,0

28,9

- Contributi sociali

13,8

13,8

13,7

13,6

13,5

Entrate c/capitale

0,5

0,3

0,4

0,4

0,3

Entrate finali

46,6

46,4

46,8

46,6

46,4

Uscite correnti

47,8

47,3

46,7

46,6

46,4

- Interessi passivi

4,5

4,8

5,1

5,4

5,6

Uscite correnti netto interessi

43,2

42,5

41,6

41,2

40,9

Uscite c/capitale

3,5

3,1

2,8

2,7

2,6

Uscite finali

51,2

50,3

49,5

49,3

49,0

Saldo corrente

-1,6

-1,2

-0,4

-0,4

-0,4

Avanzo primario

-0,1

0,9

2,4

2,7

2,9

Indebitamento netto

-4,6

-3,9

-2,7

-2,7

-2,6

Pressione fiscale

42,6

42,5

42,7

42,6

42,5

PIL nominale (mld. di euro)

1.548.816

1.593.314

1.642.432

1.696.995

1.755.013

Fonte: DEF 2011 – Sezione II: Analisi e tendenze di finanza pubblica – Tab. II. 2-4

 

Secondo quanto riportato nel Documento, il valore dell’indebitamento netto tendenziale previsto per gli anni 2011-2014 sarebbe sostanzialmente legato ad un andamento delle spese in graduale riduzione in rapporto al PIL,determinato dagli interventi contenuti nella manovra di finanza pubblica attuata a maggio con il D.L. n. 78 del 2010.

In particolare, nel periodo considerato, le spese correnti al netto degli interessi sono previste scendere dal 43,2 per cento del 2010 al 40,9 per cento nel 2014, con una riduzione del 2,3 per cento.

La riduzione interessa, in particolare, le spese di personale, per effetto di alcune disposizioni recate dal D.L. n. 78/2010, in particolare quelle concernenti il blocco della contrattazione collettiva e delle dinamiche retributive individuali, le misure limitative delle assunzioni ed il blocco delle progressioni di carriera del personale.

 

Anche le spese in conto capitale manifesterebbero una riduzione dello 0,9 per cento (dal 3,5 per cento nel 2010 al 2,6 per cento nel 2014), più contenuta, tuttavia, di quella stimata per la spesa primaria.

Nel complesso, il quadro tendenziale aggiornato evidenzia una riduzione delle spese finali delle pubbliche amministrazioni, nel 2014, di circa 2,2 punti percentuali di PIL rispetto al dato registrato nel 2010, che risulterebbe ancor più consistente al netto della spesa per interessi.

 

Si sottolinea, infatti, il profilo crescente della spesa per interessi in tutto il periodo considerato, la cui incidenza sul PIL passa dal 4,5 per cento registrato del 2010 al 5,6 per cento previsto per il 2014.

 

Per quanto concerne le entrate delle pubbliche amministrazioni, il quadro tendenziale aggiornato evidenzia come esse si mantengano sostanzialmente stabili in rapporto al PIL.

Soltanto le entrate tributarie manifestano una leggera crescita nel periodo 2011-2014 di circa 0,2 punti percentuali, imputabile, in parte, all’impatto differenziale sugli anni di riferimento delle misure fiscali introdotte negli ultimi due anni, in parte alle variazioni in aumento correlate agli effetti positivi di trascinamento dei risultati 2010.

 

I contributi sociali, per contro, manifesterebbero una contrazione, per effetto delle politiche salariali nel pubblico impiego disposte, in particolare, dal decreto-legge di manovra n. 78/2010.

 

La pressione fiscale si manterrebbe sostanzialmente stabile, in media al 42,5 per cento, nel periodo considerato, con un picco nel 2012 (42,7 per cento).

 

Nella tabella che segue è riportata l’articolazione per settori della P.A. dei saldi tendenziali di finanza pubblica.

 

 

 

 

Quadro di finanza pubblica articolato per sottosettori

(valori in % del PIL)

Indebitamento netto

2010

2011

2012

2013

2014

P.A., di cui

-4,6

-3,9

-2,7

-2,7

-2,6

- Amministrazioni centrali

-4,5

-3,7

-2,5

-2,3

-2,2

- Amministrazioni locali

-0,5

-0,5

-0,5

-0,6

-0,7

- Enti di previdenza e assistenza

0,4

0,3

0,3

0,3

0,3

Avanzo primario

 

 

 

 

 

P.A., di cui

-0,1

0,9

2,4

2,7

2,9

- Amministrazioni centrali

-0,1

0,9

2,5

2,9

3,2

- Amministrazioni locali

-0,3

-0,3

-0,3

-0,4

-0,5

- Enti di previdenza e assistenza

0,4

0,3

0,3

0,3

0,3

      Fonte: DEF 2011 – Sezione II: Analisi e tendenze di finanza pubblica – Tab. II. 2-2, 2-4, 2-6, 2-8.

 

Rispetto all’andamento tendenziale, il Documento di economia e finanza 2011 - nella I Sezione, recante il programma di stabilità dell’Italia - espone il seguente quadro programmatico:

 

Quadro Programmatico di finanza pubblica per gli anni 2012-2014
(in percentuale del PIL)

 

2011

2012

2013

2014

Scenario tendenziale

Avanzo primario

0,9

2,4

2,7

2,9

Spesa per interessi

4,8

5,1

5,4

5,6

Indebitamento netto

-3,9

-2,7

-2,7

-2,6

Debito pubblico

120,0

119,4

118,1

116,3

Scenario programmatico

Manovra cumulata netta sul saldo primario

 

 

1,2

2,3

Avanzo primario

0,9

2,4

3,9

5,2

Spesa per interessi

4,8

5,1

5,4

5,5

Indebitamento netto

-3,9

-2,7

-1,5

-0,2

Debito pubblico

120,0

119,4

116,9

112,8

Fonte: DEF 2011 – Sezione I: Programma di stabilità dell’Italia – Tav. VI. 3.

 

Il quadro programmatico di finanza pubblica conferma pertanto per il 2011 e il 2012 il livello di indebitamento tendenziale, mentre per gli anni successivi gli obiettivi programmatici evidenziano una riduzione progressiva del deficit verso la soglia del pareggio del bilancio alla fine del periodo.

In particolare, l’obiettivo di indebitamento netto viene fissato all’1,5 per cento nel 2013 e allo 0,2 per cento nel 2014.

 

Per l’avanzo primario il Governo si prefissa l’obiettivo di un suo graduale aumento, dal 2,4 per cento del 2012 al 3,9 per cento nel 2013 fino al 5,2 per cento nel 2014. Ciò, anche a fronte di una spesa per interessi che, in via programmatica, mantiene un profilo di crescita nel periodo analogo all’andamento tendenziale.

 

Tenuto conto dell’andamento tendenziale, i nuovi obiettivi finanziari per gli anni 2013 e 2014 individuano dunque una manovra correttiva sul saldo primario pari, in termini cumulati, a circa l’1,2 del PIL nel triennio 2011-2013.

Il DEF afferma che le manovre correttive dovranno continuare lungo la direttrice già delineata, al fine di contenere in misura significativa la dinamica delle spese e dei conti pubblici in vista del graduale rientro del debito pubblico nell’ambito dei parametri comunitari.

Nel Documento si sottolinea come le misure che dovranno essere assunte continueranno, pertanto, ad essere incentrate sul lato della spesa, essenzialmente finalizzate ad una riduzione della spesa primaria, prevista nell’ordine di oltre 4 punti percentuali sul PIL.

 

Dal lato dell’entrata, il DEF prevede interventi contenuti, sostanzialmente volti a consentire il mantenimento dell’incidenza del gettito sul livello registrato lo scorso anno.

Vengono peraltro indicati, quali elementi di una strategia di risanamento fiscale, la razionalizzazione delle tax expenditures, volta a spostare il prelievo fiscale dalla tassazione diretta a quella indiretta, e il potenziamento dell’attività di accertamento.

 

Nell’ambito della strategia di risanamento finanziario è considerato, inoltre, l’impatto positivo sulla crescita determinato dall’attuazione delle misure indicate nel Programma Nazionale di Riforma, presentato contestualmente all’Aggiornamento del Programma di stabilità, di cui alla III Sezione del Documento in esame.

L’impatto finanziario delle misure del Programma Nazionale di Riforma

Nel Programma Nazionale di Riforma sono state individuate otto aree di politica economica cui sono associate le relative misure di intervento, con una elencazione, per le principali di queste, delle disponibilità finanziarie nazionali – ad esclusione delle risorse di cofinanziamento dei fondi comunitari - attualmente stanziate a legislazione vigente nonché, ove presenti, gli effetti di variazione di entrata o di spese derivanti dalle medesime, come riportato nella tabella che segue.

 

(in milioni di euro)

Impatto finanziario delle misure del PNR

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Lavoro e pensioni

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese

60

60

1.676

350

383

383

Maggiori spese non ripartibili

                  5.350                                                  1.140

Minori spese

3.000

4.000

6.300

10.300

11.800

13.000

Minori entrate

1.728

1.298

2.119

1.547

1.284

1.284

Contenimento spesa pubblica

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese

 

10

11

5

5

5

Minori spese

 

 

1.018

1.732

1.732

1.732

Mercato prodotti

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese

2

8

10

8

8

8

Energia e ambiente

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese

200

 

21

21

21

 

Minori entrate

477

33

17

32

293

168

Maggiori entrate

 

125

 

 

 

Innovazione e capitale umano

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese

1.039

1.254

1.953

822

902

902

Maggiori spese non ripartibili

 

370

 

Minori entrate

9

1.833

2.390

224

 

 

Minori spese

1.293

2.809

3.911

4.561

4.561

4.561

Maggiori entrate

 

 

2.400

 

 

 

Sostegno imprese

 

 

 

 

 

 

Maggiori spese

60

507

642

50

50

50

Maggiori spese non ripartibili

 

785

 

Fonte: DEF 2011 – Sezione III: Programma Nazionale di Riforma – Tav. IV.1.

 

Il PNR include l’attuazione del federalismo fiscale tra le misure di politica economica volte a garantire il raggiungimento degli obiettivi di stabilità e crescita. Il Programma sottolinea che dalla riforma prevista nel suo complesso non derivano effetti finanziari immediati ma piuttosto si attendono dalla stessa risparmi futuri.

Nella parte che segue sono sinteticamente riportati i contenuti dei provvedimenti attuativi della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale finora emanati.

 

 

L’attuazione del Federalismo fiscale

Il processo di attuazione del federalismo fiscale è stato avviato nel maggio 2009 con l’approvazione della legge delega n. 42 che ha delineato il nuovo quadro istituzionale dei rapporti finanziari tra i livelli di governo per il passaggio da un sistema di finanza derivata ad una maggiore autonomia di entrata e di spesa prevista per comuni, province, città metropolitane e regioni.

In tale quadro è stato previsto il superamento del sistema dei trasferimenti di risorse in base alla spesa storica, in favore di un sistema che, mediante la graduale convergenza verso i costi e i fabbisogni standard risulti orientato ad una maggiore efficienza ed efficacia della spesa da parte degli enti territoriali, in misura da garantire sull’intero territorio nazionale il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e delle funzioni fondamentali degli enti locali.

Si ricorda che la citata legge n. 42 ha fissato il calendario per l’attuazione delle diverse norme di delega, stabilendo un termine generale di 24 mesi a partire dalla sua entrata in vigore, che scadrà il 21 maggio 2011. Analogo termine di due anni è previsto per l’adozione di eventuali decreti integrativi e correttivi, decorrenti dalla dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi cui i provvedimenti correttivi si riferiscono. Un termine più ampio (36 mesi) è stato previsto per l’adozione dei decreti legislativi ai fini dell’istituzione delle città metropolitane[10].

Inoltre, in ottemperanza alla disposizione relativa all’adozione di un primo decreto legislativo entro il termine più breve di 12 mesi, scaduto il 21 maggio 2010, è stato approvato il decreto legislativo concernente il c.d. federalismo demaniale[11] relativo all’attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio in attuazione dell’articolo 19 della legge delega. Il decreto ha previsto in particolare l’attribuzione dei beni statali secondo criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione e capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, stabilendo l’obbligo in capo all’ente territoriale della valorizzazione funzionale dei beni trasferiti e la possibilità di conferirli nell’ambito di fondi immobiliari ovvero di alienarli allo scopo di destinarne i proventi in quota-parte alla riduzione del debito dell’ente e dello Stato, ovvero a spese di investimento.

Successivamente all’adozione di tale primo provvedimento, sono stati definitivamente approvati altri tre decreti legislativi concernenti:

-        l’ordinamento transitorio di Roma Capitale[12] che ne ha individuato gli organi (Assemblea capitolina, quale organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo; Sindaco, quale responsabile dell’amministrazione di Roma capitale; e Giunta, quale organo di governo), in attesa dell’attuazione della disciplina delle città metropolitane;

-        i fabbisogni standard per gli enti locali[13] che costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle funzioni fondamentali di comuni e province (funzioni generali di amministrazione, polizia locale, viabilità, istruzione pubblica ed altre) al fine di assicurare il graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica, prevedendo meccanismi di perequazione delle capacità fiscali in ordine al finanziamento delle altre funzioni.

-        il federalismo municipale[14] volto a realizzare il passaggio dalla finanza derivata ad una maggiore autonomia tributaria e responsabilità impositiva dei comuni. Durante una prima fase transitoria nel triennio 2011-2013, si prevede, oltre che l’assegnazione diretta ai comuni di una compartecipazione all’IVA ripartita sulla base dei consumi, la devoluzione a tali enti di una quota statale del gettito derivante dalla fiscalità immobiliare, nonché l’attribuzione sia del gettito Irpef relativo ai redditi fondiari e sia di quote della nuova imposta sulle locazioni (c.d. cedolare secca). I tributi – o loro quote - oggetto di devoluzione transiteranno in un Fondo sperimentale di riequilibrio da ripartire successivamente in base a determinati criteri quali il numero di abitanti ed i fabbisogni standard. Tali somme andranno a compensare la fiscalizzazione dei tributi erariali oggetto di devoluzione, oltre che, a partire dal 2012, il venir meno dell’addizionale comunale sull’energia elettricache verràsoppressa nelle regioni a statuto ordinario. Dal 2014, è prevista l’entrata a regime di un Fondo perequativo cui confluirà l’intero gettito dei tributi devoluti, ferma restando l’attribuzione diretta ai comuni della predetta compartecipazione IVA, nonché l’istituzione di un’imposta municipale sugli immobili (IMU) in sostituzione dell’ICI e dell’Irpef, e delle relative addizionali, sui redditi fondiari non agrari con riferimento a immobili non locati, e di un’imposta municipale secondaria per compensare la soppressione di vari tributi locali.

Novità rilevanti sono altresì la facoltà dei comuni di istituire imposte di soggiorno e di scopo, nonché lo sblocco dell’aumento, ovvero dell’istituzione, dell’addizionale comunale all’IRPEF.

Alla fine di marzo, inoltre, è stato approvato in via definitiva[15] il decreto legislativo in materia di autonomia di entrate delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317). Il provvedimento individua le fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario, disponendo la contestuale soppressione dei trasferimenti statali. In particolare, dal 2013, si prevede la rideterminazione dell’addizionale regionale all’Irpef – alla quale possono aggiungersi eventuali maggiorazioni regionali - e la corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale a carico del contribuente, in misura da garantire alle regioni entrate equivalenti alla soppressione sia dei trasferimenti statali che della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina. Alle regioni spetterà altresì una compartecipazione al gettito Iva che dal 2013 sarà fissata in misura pari al fabbisogno sanitario “in una sola regione” e attribuita in base al luogo effettivo di consumo.

Si prevede altresì la possibilità per le regioni, a carico del proprio bilancio, di ridurre l’aliquota IRAP fino al completo azzeramento, nonchè di istituire detrazioni fiscali in favore delle famiglie, oltre alla soppressione, dal 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese comunali, sostituita da una compartecipazione dei comuni ai tributi regionali, e prioritariamente all’addizionale regionale Irpef. Il relativo gettito confluirà, in una quota non superiore al 30%, ad un Fondo sperimentale di riequilibrio, di durata triennale. Il provvedimento fissa inoltre a regime, dal 2013, le fonti di finanziamento delle spese per i livelli essenziali delle prestazioni, costituite dalla compartecipazione all’Iva, dall’addizionale regionale Irpef, dall’Irap, dalle entrate proprie (principalmente i ticket) del settore sanitario e da quote di un Fondo perequativo istituito in ciascuna regione al fine di garantire l’integrale finanziamento delle predette spese computate anche in base ai valori di spesa storica, per poi convergere gradualmente verso i costi standard.

Il decreto contiene norme per la disciplina dell'autonomia di entrata delle province e delle città metropolitane e per la determinazione dei costi e fabbisogni standard nel settore sanitario, che riprende in buona parte il sistema di governance definito tra Stato e regioni con il Patto per la salute per gli anni 2010-2012. Infine, il decreto istituisce la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, quale sede istituzionale di conciliazione degli interessi delle amministrazioni centrali e locali ai fini dell’attuazione del federalismo fiscale, cui sono affidati compiti di verifica e controllo dell’ordinamento finanziario delle regioni e degli enti locali.

Tale nuovo organo si affianca alla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), già istituita con il DPCM del 3 luglio 2009, cui è stato attribuito il compito di acquisire ed elaborare gli elementi conoscitivi utili per la predisposizione dei contenuti dei decreti legislativi da approvare, nonchè svolgere attività consultiva per il riordino dell’ordinamento finanziario di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni[16].

Sono in corso di esame presso la Commissione bicamerale per il federalismo fiscale e presso le Commissioni parlamentari competenti per i profili di ordine finanziario:

-        lo schema di decreto legislativo in attuazione dell’articolo 16 della citata legge n. 42, in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328), che, oltre ad intervenire sulla disciplina del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), che viene ridenominato come “Fondo per lo sviluppo e la coesione”, individua nuovi strumenti procedurali finalizzati a rendere più efficace la politica di riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese, stabilendo altresì specifiche regole di programmazione per un miglior utilizzo delle risorse finanziarie derivanti prioritariamente dal predetto Fondo, nonché dai finanziamenti a finalità strutturale dell’Unione europea e dai relativi cofinanziamenti nazionali[17]. Tra le novità più rilevanti vi è la specifica assegnazione alla legge di stabilità per il 2013, precedente all’avvio del nuovo ciclo pluriennale di programmazione 2014-2020, del compito di incrementare la dotazione finanziaria del citato Fondo per lo sviluppo e la coesione, nonché l’introduzione di un Documento di indirizzo strategico, mediante delibera del CIPE, con il quale vengono stabiliti gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse, tenendo conto degli indirizzi comunitari e degli impegni assunti per l’appunto nel Programma Nazionale di Riforma e dei documenti relativi alla Decisione di finanza pubblica. Viene infine previsto il nuovo strumento del “contratto istituzionale di sviluppo” – a cui possono anche partecipare i concessionari di servizi pubblici - che il Ministro per la coesione, delegato al coordinamento, stipula con le regioni e le altre amministrazioni competenti allo scopo di accelerare la realizzazione degli interventi.

-        lo schema di decreto legislativo, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi (Atto n. 339), in attuazione dell’articolo 2, comma 1, lett. h) della legge n. 42, il cui obiettivo è armonizzare i bilanci degli enti territoriali per renderli maggiormente confrontabili sulla base di principi riguardanti, tra l’altro, regole contabili uniformi, la raccordabilità dei sistemi contabili, la definizione di specifiche tassonomie per la riclassificazione dei dati, nonché la definizione di sistemi di indicatori di risultato semplici e misurabili, stabiliti secondo metodologie comuni ai diversi enti territoriali.

Un ulteriore schema di decreto legislativo sul quale vi è, alla data di pubblicazione del presente dossier, la sola approvazione in via preliminare da parte del Consiglio dei ministri[18], concerne i meccanismi sanzionatori e premiali che prevede norme volte alla responsabilizzazione ed alla trasparenza del governo delle autonomie territoriali.

Si segnala, infine, l’adozione di un decreto interministeriale[19] in attuazione dell’articolo 22 della citata legge n. 42/2009 in materia di perequazione infrastrutturale che prevede la disciplina, in sede di prima applicazione, di una ricognizione finalizzata al recupero dei deficit infrastrutturali riguardante gli interventi operati per le strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, idrica, elettrica, di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali, nonché i servizi afferenti al trasporto pubblico locale ed il collegamento con le isole.

 


Tra le azioni di riforma prospettate nel DEF sono in particolare evidenziate quelle volte al superamento del dualismo economico tra le macroaree del Paese e allo sviluppo del Mezzogiorno. E’ esposto di seguito un quadro di sintesi delle linee di riforma indicate.

 

Divari territoriali e sviluppo del Mezzogiorno

Nello schema preliminare del Programma Nazionale di Riforma presentato al Parlamento lo scorso autunno 2010 la questione della ripresa e dello sviluppo del Mezzogiorno era indicata come uno degli obiettivi nazionali per l’attuazione della strategia Europa 2020, considerato il carattere “duale” dell’economia italiana.

Il DEF 2011, nell’illustrare le linee generali della versione aggiornata del PNR, sottolinea come il crescente differenziale economico tra Nord, Centro e Sud può essere superato attraverso le seguenti azioni:

1.    pieno utilizzo dei fondi europei, mediante la concentrazione degli stessi a favore delle regioni meridionali e in base ad una regia nazionale;

2.    definizione delle priorità, con particolare riferimento alle infrastrutture di collegamento nazionale e alla fiscalità di vantaggio;

3.    previsione, per ciascuna regione meridionale, di almeno 10 zone a “burocrazia zero” (“zero red tape zones) e specialmente controllate sotto il profilo dell’ordine pubblico.

In aggiunta a quanto previsto nel progetto di PNR, il Governo aveva esaminato nel Consiglio dei ministri del 26 novembre 2010 e trasmesso alla Conferenza Unificata, un documento di indirizzo, denominato “Piano per il Sud” che prevede, oltre al completamento delle verifiche individuate con la delibera del CIPE n. 79 del 30 luglio 2010, relativa alla ricognizione delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate 2000-2006 ancora disponibili, le seguenti fasi:

-        l’avvio della riprogrammazione dei fondi per il Sud di fonte nazionale e comunitaria, secondo distinte modalità;

-        l’approvazione del decreto legislativo di attuazione dell’articolo 16 della legge n. 42/2009 sulle risorse aggiuntive e sugli interventi speciali di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione;

-        l’adozione del decreto interministeriale di attuazione dell’articolo 22 della legge n. 42/2009 relativo alla perequazione infrastrutturale.

 

In sede di esame del predetto Piano il Governo ha espresso l’intenzione, ribadita nel PNR, di effettuare una ricognizione delle risorse aggiuntive disponibili e di procedere ad una loro riprogrammazione finalizzata alla realizzazione dei seguenti sette punti prioritari:

-        grandi progetti di infrastrutture e, in particolare, grandi assi ferroviari nelle regioni del Sud;

-        programma straordinario di miglioramento del sistema scolastico meridionale e creazione da parte delle università di rapporti con imprese e reti di formazione internazionali;

-        azioni di adeguamento dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento alle reti idriche e al trattamento dei rifiuti solidi urbani;

-        rafforzamento degli strumenti a presidio di sicurezza e legalità;

-        riforma del sistema degli incentivi, mediante la concentrazione delle risorse provenienti a livello comunitario e nazionale;

-        Banca del Mezzogiorno, finalizzata ad aumentare l’offerta di credito con modalità più vicine ai territori;

-        riqualificazione della Pubblica amministrazione, con l’introduzione di meccanismi per incentivare l’efficienza dei procedimenti amministrativi.

Secondo il Documento, in particolare, il rilancio della politica di sviluppo del Mezzogiorno è segnatamente sostenuto da politiche concernenti:

-        il miglioramento dell’efficienza e il contenimento dei costi della pubblica amministrazione, in quanto i minori oneri amministrativi, nonché la semplificazione normativa ed amministrava costituiscono importanti leve di sviluppo e di recupero dei divari territoriali;

-        l’innalzamento dell‘occupazione giovanile e femminile, incremento della qualità del capitale umano ed aumento della produttività del lavoro, attraverso una stretta collaborazione tra Governo, regioni e parti sociali nel prossimo triennio;

-        l’utilizzo dei Fondi comunitari in tema di energia e ambiente, allo scopo di attivare investimenti sulle reti elettriche, necessari a potenziare il sistema di distribuzione a supporto dello sviluppo delle fonti di energia rinnovabile;

-        la possibilità di istituire zone a “burocrazia zero”, dove i provvedimenti amministrativi saranno conclusi entro tempi certi (normalmente entro trenta giorni), anche con l‘ausilio di un Commissario di Governo, e le imprese potranno beneficiare di sussidi aggiuntivi erogati dalle autorità locali e di un trattamento preferenziale nell‘attuazione dei piani di presidio e sicurezza pubblica;

-        la realizzazione di un fondo a carattere rotativo per il credito, le garanzie e il capitale di rischio delle PMI, denominato Jeremie Mezzogiorno (Joint European Resources for Micro to medium Enterprise) con l‘obiettivo di utilizzare in modo efficiente le risorse comunitarie a disposizione delle regioni meridionali al fine di migliorare l‘accesso al credito per le PMI meridionali. Il Fondo assumerà un carattere sovra regionale e, oltre a svolgere attività di erogazione di prestiti, concessione di garanzie e operazioni di private equity, sarà diretto ad agevolare l’utilizzo efficiente dei fondi comunitari, adottando procedure standardizzate e omogenee per tutte le regioni ma con contabilità separate per ogni programma operativo;

-        l’istituzione di una Banca del Mezzogiorno, che si configura come una banca di secondo livello, il cui principale obiettivo è la soluzione del problema del razionamento del credito, con particolare riguardo ai finanziamenti a medio-lungo termine alle PMI meridionali che si trovano in posizione di svantaggio rispetto alle altre imprese italiane.La Banca, istituita ai sensi dell’art.2, commi 162 e ss., della legge n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), opererà con la rete degli sportelli postali e con quella delle banche che aderiranno al progetto ed il suo funzionamento andrà a regime entro l’autunno del 2011.

 

Nell’ambito del PNR, viene inoltre riportata una specifica analisi sulle disparità regionali e sulle connesse politiche di riequilibrio territoriale.

Per il Mezzogiorno, viene in proposito segnalato:

a)  l’insufficiente l‘utilizzo delle risorse umane, con un tasso di occupazione strutturalmente più basso di circa 20 punti percentuali rispetto al Centro-Nord, e con un elevatissimo tasso di disoccupazione giovanile (35,2 per cento nella fascia di età 15-24anni);

b)  il divario di produttività sul territorio, il cui il valore aggiunto per unità di lavoro è pari, nel 2009, a circa l‘83 per cento di quello del Centro Nord. Tale ultimo andamento viene imputato principalmente alla modesta presenza di settori industriali e dalla ridotta struttura dimensionale delle imprese nel Sud.

Al fine di correggere i persistenti divari territoriali, il DEF segnala che i diversi livelli di governo centrale e regionale, sono impegnati ad accelerare la realizzazione dei progetti volti sia ad assicurare la disponibilità di infrastrutture efficienti nei settori dei trasporti, dell‘ambiente e dell‘energia, sia al miglioramento dei servizi.

In tale ambito, gli investimenti previsti dal QSN 2007-2013 sono considerati un fattore importante per migliorare la competitività delle imprese, aumentare l‘attrattività dei territori e migliorare la qualità della vita.

In proposito, con riferimento alle risorse comunitarie, il Documento segnala che a fronte dei 59,4 miliardi programmati dal QSN 2007-2013, il 71,6 per cento è finalizzato all‘attuazione delle priorità Lisbona (il 69 per cento nel caso dei programmi rivolti all‘area dell‘obiettivo “Convergenza” e l‘80 per cento di quelli per l‘obiettivo “Competitività”) e al raggiungimento dei target nazionali. Alle cinque priorità di Europa 2020 è destinato circa il 66 per cento delle risorse complessive ancora da spendere entro la fine del 2015, una quota corrispondente a circa 35 miliardi di euro.


5. Il debito pubblico

In base ai dati del Documento di economia e finanza il rapporto debito/PIL è stato pari a 116,1 nel 2009 e a 119,0 per cento nel 2010[20]. Rispetto alla stima fornita nell’Aggiornamento del Programma di Stabilità del 2010, il dato attuale presenta un incremento di 1 punto percentuale nel 2009 e di 2,1 punti percentuali nel 2010. Tale incremento è dovuto, sulla base del Documento in esame, per il 2009, al valore finale del PIL nominale pubblicato dall’ISTAT a marzo del 2010, che è risultato di circa 0,8 punti percentuali inferiore rispetto alla stima dell’Aggiornamento 2009[21]. Per quanto riguarda il 2010, la differenza è, invece, da attribuire sia all’effetto di un maggiore livello dello stock del debito (per circa 0,3 punti) sia al valore del PIL nominale inferiore (per circa 1,8 punti percentuali).

 

Il Documento in esame afferma, inoltre, con riferimento al debito, che si è registrata durante il 2010 una revisione al rialzo delle stime del fabbisogno del Settore Pubblico, anche per effetto degli esborsi derivanti dal contributo italiano al programma triennale di sostegno finanziario alla Grecia. Tale revisione ha determinato un ritmo di emissioni di titoli più accentuato, che ha dato luogo ad un rilevante incremento del saldo del conto disponibilità del Tesoro presso la Banca d’Italia in virtù del fatto che il dato di consuntivo dello stesso fabbisogno 2010 è risultato ampiamente al di sotto delle previsioni per quasi un 20 per cento. Con riferimento al PIL, invece, il documento afferma che oltre all’effetto della revisione della serie operata dall’ISTAT, in sede di consuntivo si è registrata un’ulteriore riduzione per effetto dello stesso deflatore del PIL, risultato inferiore alle attese (nella DFP 2011-2013 il rapporto debito/PIL era previsto attestarsi al 118,5 per cento).

 

Per gli anni 2011 e 2012, il Documento in esame stima che il rapporto debito/PIL raggiunga rispettivamente il 120 ed il 119,4 per cento, in lieve ascesa rispetto alla previsione contenuta nella DFP 2011-2013, tale incremento sarebbe da attribuirsi soprattutto ad una crescita più moderata.


 

Debito delle Amministrazioni pubbliche:
differenze rispetto al programma di stabilità 2009 e alla DFP 2011-2013

(in % del PIL)

 

2009

2010

2011

2012

2013

 

 

 

 

 

 

Programma di Stabilità 2009

 

 

 

 

 

in % del PIL

115,1

116,9

116,5

114,6

 

 

 

 

 

 

 

Programma di Stabilità 2011

 

 

 

 

 

in % del PIL

116,1

119,0

120,0

119,4

 

 

 

 

 

 

 

DFP 2011-2013

 

 

 

 

 

in % del PIL

115,9

118,5

119,2

117,5

115,2

 

 

 

 

 

 

Fonte: MEF

 

 

Per quanto riguarda le stime relative agli anni successivi al 2012 il Documento registra una riduzione progressiva del rapporto debito/PIL, pari al 116,9 per cento nel 2013 e al 112,8 per cento nel 2014, in ragione della riduzione del fabbisogno a partire dal 2012 che compensa, almeno in parte, le prevista dinamica del ciclo economico più moderata rispetto alle stime precedenti.

 

 

Si precisa che, sulla base di quanto affermato nel Documento in esame, le stime del rapporto debito/PIL tengono conto per il 2011 del rimborso di 1.450 milioni da parte del Banco Popolare dei titoli emessi ai sensi della legge n. 2/2009 (“Tremonti bond”) e della quota di competenza italiana all’emissione del veicolo EFSF effettuata a gennaio 2011. Mentre, per tutto il periodo di previsione, le stime tengono conto del programma triennale di sostegno finanziario alla Grecia, come da D.L. n. 67 del 2010. Il Documento afferma, inoltre, che queste stime non considerano le decisioni riguardo la possibile rimodulazione delle scadenze e delle condizioni di costo di tale sostegno finanziario, assunte nelle riunioni europee del mese di marzo 2011. Infine, le medesime stime non includono gli effetti derivanti dagli esborsi per la costituzione del capitale del Meccanismo Europeo di Stabilità a partire dal 2013.

 


 

Determinanti del debito pubblico

(% PIL)

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

 

 

 

 

 

 

 

Debito pubblico

 

 

 

 

 

 

Livello al netto dei sostegni finanziari Area Euro

116,1

118,8

119,3

118,5

116,1

112,3

Livello al lordo dei sostegni finanziari Area Euro

116,1

119

120

119,4

116,9

112,8

Variazione

9,8

2,9

1

-0,6

-2,5

-4,1

 

 

 

 

 

 

 

Fattori che determinano le variazioni del debito pubblico

 

 

 

 

 

 

Avanzo primario (Competenza economica)

0,7

0,1

-0,9

-2,4

-3,9

-5,2

Effetto Snow-ball

8,0

2,4

1,4

1,5

1,5

1,6

di cui : Interessi (competenza economica)

4,6

4,5

4,8

5,1

5,4

5,5

Aggiustamento stock-flussi

1,1

0,4

0,5

0,3

-0,1

-0,5

di cui: Differenza tra cassa e competenza

-0,1

-0,4

-0,3

0,1

-0,4

-0,4

Accumulazione netta di Asset finanziari

0,6

0,2

0,4

0,3

0,1

-0,1

di cui: Introiti da Privatizzazioni

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

Effetti di valutazione del debito

0,0

0,0

0,4

0,3

0,3

0,2

Altro*

0,6

0,6

-0,1

-0,4

-0,1

-0,2

*La voce Altro comprende: le variazioni dei depositi attivi del MEF presso la Banca d’Italia, le discrepanze statistiche; per l’anno 2011 comprende la restituzione dei titoli ibridi di capitalizzazione per il sistema bancario (“Tremonti bond”) e la quota di competenza dell’Italia all’EFSF; per gli anni 2013-2014 comprende i rimborsi dei prestiti a favore della Grecia previsti affluire al Fondo Ammortamenti dei titoli di Stato.

Fonte: MEF

 

Infine, con riferimento alle raccomandazioni indirizzate all’Italia all’avvio della procedura per disavanzo eccessivo[22], il Documento ricorda che la manovra finanziaria per il 2011-2013, anticipata all’estate con l’approvazione del D.L. n. 78 del 2010, è stato operato un aggiustamento pari a 12 miliardi nel 2011 e a circa 25 miliardi nel biennio successivo. Con la legge di stabilità per gli anni 2011-2013 è stata disposta una diversa allocazione delle risorse, senza determinare effetti correttivi sull’indebitamento netto. Viene, pertanto, affermato che l’insieme delle misure consente al Governo di confermare gli obiettivi di consolidamento: l’indebitamento netto, in termini di saldo nominale, ritorna al di sotto del valore di riferimento entro il 2012.

 

Si ricorda che le raccomandazioni indirizzate all’Italia all’avvio della procedura sui disavanzi eccessivi, richiedevano di riportare il disavanzo al di sotto del limite del 3 per cento del PIL entro il 2012, fissando all’inizio del mese di giugno la data entro cui indicare le misure per correggere l’andamento del deficit e di garantire uno sforzo di bilancio medio annuo pari almeno a 0,5 punti percentuali di PIL nel periodo 2010-2012.

 


 



[1]     Proposta di modifica del regolamento (CE) n.1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (COM(2010)526).

      Proposta di modifica del regolamento (CE) n. 1467/97 per accelerare e chiarire le modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (COM(2010)522).

      Proposta di regolamento sull'effettiva applicazione della sorveglianza di bilancio nell'area dell'euro (COM(2010)524).

[2]     Proposta di direttiva concernente i requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (COM(2010)523).

[3]     Proposta di regolamento sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (COM(2010)527).

      Proposta di regolamento sulle misure per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro (COM(2010)525).

[4]     All'articolo 136 è stato aggiunto il seguente paragrafo: "Gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità." La modifica è stata approvata secondo la procedura semplificata di revisione dei trattati, di cui all’articolo 48, paragrafo 6 del TUE, che richiede, ai fini della entrata in vigore della decisione relativa decisione la previa approvazione da parte di tutti gli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.

[5]     Recante “Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall’Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri” (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 12 aprile 2011).

[6]     Legge 31 dicembre 2009, n. 196.

[7]     La Conferenza, che si configura quale organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica tra i diversi livelli di governo, è stata istituita dal Decreto legislativo – in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale - recanti disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[8]     Le prospettive di crescita nel 2011 riflettono i segnali di rallentamento emersi nell’ultima fase dell’anno 2010, in cui il PIL italiano è aumentato soltanto dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente (Comunicato ISTAT relativo alla crescita del PIL nel IV trimestre 2010, dell’11 marzo 2011), rispetto alla media europea che è risultata pari allo 0,3% (in particolare, nei principali paesi europei, nel quarto trimestre 2010, il PIL è aumentato, in termini congiunturali, dello 0,4% in Germania, dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,3% in Francia).

[9]     Relativamente all’andamento del mercato del lavoro e ai risultati del 2010, cfr. Comunicato ISTAT “Occupati e disoccupati – Anno 2010” del 1 aprile 2010.

[10]   Si segnala che in data 13 aprile 2011 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge recante la proroga dei termini per l’esercizio delle deleghe di cui alla legge n. 42/2009, con il quale si estende di 6 mesi il termine generale di attuazione della legge e di un anno l’adozione sia degli eventuali decreti correttivi, sia del decreto istitutivo delle città metropolitane.

[11]    D.Lgs. n. 85 del 2010, pubblicato nella Gazzetta ufficialen. 134/2010.

[12]    D.Lgs. n. 156 del 2010 (in G.U.n. 219/2010).

[13]    D.Lgs. n. 216 del 2010 (in G.U.n. 294/2010).

[14]    D.Lgs. n. 23 del 2011 (in G.U. n. 67/2011).

[15]    Il decreto è in attesa di pubblicazione alla data di pubblicazione del presente dossier.

[16]    Si segnala che una prima Relazione della COPAFF è stata presentata alle Camere il 30 giugno 2010 concernente principalmente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali e le nuove possibili strutture dei rapporti finanziari tra Stato ed enti territoriali.

[17]    L’utilizzo delle risorse deve essere effettuato sulla base del criterio della programmazione pluriennale, che deve in ogni caso assicurare una ripartizione del Fondo per lo sviluppo e la coesione nella quota dell’85 per cento alle regioni del Mezzogiorno e del restante 15 per cento alle regioni del Centro-Nord.

[18]    Approvata il 30 novembre 2010, ed in seguito, in relazione all’espunzione dal testo della parte relativa alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (il cui contenuto è stato inserito nel decreto sull’autonomia regionale e provinciale e fabbisogni sanitari), nuovamente approvato il 7 aprile 2011.

[19]    Pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 75/2011.

[20]    Il debito delle Amministrazioni pubbliche in valore assoluto è risultato pari a 1.763.864 milioni di euro nel 2009 e a 1.843.015 milioni di euro nel 2010 (fonte: Banca d’Italia – Bollettino economico n. 64, Aprile 2011).

[21]    Tale diminuzione risulta in parte dovuta alla revisione effettuata dall’ISTAT della serie storica del PIL che ha interessato anche l’anno 2008

[22]    Consiglio ECOFIN del dicembre 2009.