Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali - Schema di D.Lgs. n. 328 (art. 2, L. n. 42/2009) - Schede di lettura
Serie: Atti del Governo    Numero: 302
Data: 29/03/2011
Descrittori:
FEDERALISMO   FINANZA LOCALE
ORGANIZZAZIONE FISCALE   POLITICA ECONOMICA
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali

Schema di D.Lgs. n. 328

(art. 2, L. n. 42/2009)

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 302

 

29 marzo 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento bilancio

( 066760-2233 – *st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Nota di verifica - dossier n. 289

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

§       La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: BI0391.doc


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Oggetto)3

§      Articolo 2 (Principi e criteri della politica di riequilibrio economico e sociale)9

§      Articolo 3 (Disposizioni in materia di finanziamenti dell'Unione europea)17

§      Articolo 4 (Fondo per lo sviluppo e la coesione)19

§      Articolo 5 (Programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione)28

§      Articolo 6 (Contratto istituzionale di sviluppo)33

§      Articolo 7 (Disposizioni transitorie e finali)41

§      Profili finanziari44

Normativa di riferimento

§      L. 5 maggio 2009, n. 42Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione (art. 16)49

Allegato

Schema di decreto legislativo. recante attuazione dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328)

§      Testo dello schema. 55

§      Relazione illustrativa. 61

§      Relazione tecnico-finanziaria. 67

§      Relazione a seguito della mancata intesa in conferenza unificata. 69

 


Premessa

 

 

Lo schema di decreto in esame è stato assegnato in data 2 febbraio 2011 alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, nonché alle Commissioni bilancio delle Camere, stabilendosi il termine per l’espressione del parere nella data del 3 aprile 2011.

Il provvedimento, trasmesso dal Governo in assenza dell’intesa in sede di Conferenza Unificata, è a tale riguardo corredato della relazione prevista dall’articolo 2, comma 3, della legge n. 42 del 2009. Tali disposizioni prevedono che qualora non si sia conclusa in Conferenza Unificata l’intesa sugli schemi di decreto legislativo nel termine di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 (termine di 30 giorni), il Consiglio dei Ministri può comunque deliberare la trasmissione degli schemi alle Camere, approvando una relazione che indica le specifiche motivazioni per le quali l’intesa medesima non è stata raggiunta. Tale relazione è riportata nel presente dossier, unitamente agli altri elementi istruttori contenuti nel documento trasmesso (atto n.328).

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(Oggetto)

 

1. Il presente decreto disciplina, in conformità al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione e in attuazione dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la destinazione e l'utilizzazione di risorse aggiuntive, nonché l'effettuazione di interventi speciali, al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale e di rimuovere gli squilibri economici e sociali del Paese.

 

 

L’articolo 1 illustra le finalità dello schema di decreto in esame, volto a dare attuazione all’articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009, conformemente al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, disciplinando la destinazione delle risorse aggiuntive e l’effettuazione di interventi speciali, finalizzati alla promozione dello sviluppo economico e alla coesione sociale e territoriale, nonché alla rimozione degli squilibri economici e sociali.

Il presente provvedimento sembrerebbe volto ad individuare gli strumenti procedurali idonei a creare le condizioni per rendere più efficace la politica di coesione e a stabilire le regole di programmazione per conseguire risultati più incisivi in materia di interventi speciali.

 

Si ricorda che l’articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscalestabiliscei principi e criteri direttivi per l’attuazione del quinto comma dell’art. 119 della Costituzione, in base al quale si prevede che lo Stato destini risorse aggiuntive ed effettui interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.

I principi e criteri direttivi a cui si deve attenere il legislatore delegato sono i seguenti:

-        definizione delle modalità per cui gli interventi sopra citati saranno finanziati con contributi speciali del bilancio statale, con finanziamenti dell’Unione europea e con cofinanziamenti nazionali secondo il metodo della programmazione pluriennale. Viene altresì specificato che i finanziamenti comunitari non possono essere sostitutivi dei contributi speciali dello Stato.

Attualmente, sono principalmenteascrivibili a questa categoria di interventi economici, come più avanti esaminato in dettaglio, i Fondi strutturali europei destinati a specifiche aree territoriali individuate a livello comunitario, nonché il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie destinato a erogare le risorse per il cofinanziamento degli interventi finalizzati alle predette aree territoriali ed il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS);

-        confluenza dei contributi statali speciali in appositi fondi a destinazione vincolata attribuiti ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni, fermo restando il vincolo finalistico di tali contributi.

Si ricorda che il “vincolo finalistico” è considerato legittimo dalla giurisprudenza costituzionale sulla base della lettura dell’art. 119, quinto comma, Cost.[1].

-        considerazione delle specificità territoriali, del deficit infrastrutturale[2], dei diritti della persona, della collocazione geografica degli enti, della loro prossimità al confine con altri Stati o con regioni ad autonomia speciale[3], del carattere montano dei territori[4], della specificità delle isole minori[5] e dell'esigenza di tutela del patrimonio storico e artistico ai fini della promozione dello sviluppo economico e sociale[6];

-        individuazione di interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione delle aree sottoutilizzate del Paese e la solidarietà sociale, nonché a rimuovere gli squilibri economico-sociali e a favorire l’esercizio effettivo dei diritti della persona. Viene inoltre specificato che l'azione per la rimozione degli squilibri strutturali di natura economica e sociale a sostegno delle aree sottoutilizzate si attua attraverso interventi speciali organizzati in piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella destinazione;

-        previsione di apposite intese in sede di Conferenza unificata (sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali) e rinvio della disciplina di dettaglio (compresi i criteri di utilizzazione delle risorse) ai provvedimenti annuali della manovra finanziaria. È altresì rimessa ai suddetti provvedimenti anche la determinazione dell’entità delle risorse stanziate.

 

Appare opportuno ricordare che la disciplina dell’utilizzazione delle risorse aggiuntive e dell’effettuazione degli interventi speciali di cui al quinto comma dell’articolo 119 Cost., al fine di perseguire lo sviluppo delle aree sottoutilizzate nella prospettiva del dualismo economico del Paese, è peraltro richiamata tra i contenuti necessari della citata legge delega e nell’ambito d’intervento definito al comma 1 dell’articolo 1; un riferimento alla “fiscalità di sviluppo” è inoltre incluso all’articolo 2, comma 2, lett. mm), tra i principi e criteri direttivi chiamati ad informare i decreti legislativi generali di attuazione della citata legge n. 42, oltre che all’articolo 27, comma 3, lett. c), in ordine ai contenuti delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale.

Si ricorda inoltre che la Corte costituzionale è intervenuta, in particolare con le sentenze n. 16/2004 e n. 49/2004, mettendo a fuoco le condizioni e i limiti degli interventi speciali e delle risorse aggiuntive dello Stato a favore di determinati enti territoriali e per determinate finalità ex art. 119, quinto comma, della Costituzione, specificando che tali interventi devono essere:

-          esterni all’ambito delle materie e delle funzioni di competenza della legge regionale ovvero tali da prevedere, nel caso di intervento in ambiti di competenza anche concorrente delle regioni, compiti di programmazione e di ripartizione dei fondi all’interno del proprio territorio;

-          aggiuntivi rispetto al finanziamento diretto alle funzioni degli enti territoriali;

-          rispondere alle finalità di perequazione e garanzia sociale enunciate nella norma costituzionale;

-          indirizzati a determinati comuni, province, città metropolitane o regioni o ad una specifica categoria di enti.

In base alla giurisprudenza costituzionale richiamata, “ove non fossero osservati tali limiti e criteri, il ricorso a finanziamenti ad hoc rischierebbe di divenire uno strumento indiretto ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza”.

 

Come chiarito nella relazione illustrativa allo schema, le risorse e gli interventi destinati in favore di determinati enti territoriali non devono essere prefigurati in modo da assumere carattere risarcitorio, bensì volti a configurarsi come promotori dello sviluppo. In tal senso, lo schema va inserito nel più generale quadro normativo dell’ambito comunitario.

A tal proposito, si sottolinea che lo schema di decreto in esame interviene in una fase di ampio confronto a livello europeo che, nell’ambito della strategia Europa 2020, è volto a tracciare il nuovo ruolo della politica di coesione.

 

Si ricorda, al riguardo, che nel Progetto di Programma nazionale di riforma (PNR) presentato al Parlamento lo scorso 5 novembre 2010[7], al fine di contribuire alla definizione degli obiettivi nazionali e delle relative politiche di attuazione della strategia Europa 2020, il Governo indica quattro obiettivi relativi ad altrettanti questioni: meridionale; fiscale; nucleare; legale.

Per quanto riguarda la “questione meridionale”, dopo aver ricordato che l’Italia è un paese ad economia duale e aver illustrato le caratteristiche delle regioni del centro-nord, nella Nota aggiuntiva del Progetto di PNR si sottolinea che “il Sud non ha un modello di sviluppo di successo e quindi in suo non può essere un processo nella continuità, ma basato sulla discontinuità. Rispetto allo sviluppo è un pre-requisito la normalizzazione del territorio, attraverso la lotta alla criminalità”.

In particolare, si evidenziano tre logiche su cui concentrare le politiche di sviluppo:

-        una sede di regia nazionale degli interventi, con l’abbandono dell’esclusiva competenza regionale su essi;

-        la concentrazione degli interventi su grandi infrastrutture di unificazione nazionale;

-        l’automatica assunzione, ove possibile, della forma dei crediti di imposta e più in generale della fiscalità di vantaggio per tali interventi.

Il rilancio della politica di sviluppo del Mezzogiorno deve, dunque, essere accompagnato da interventi diretti a incidere sui divari infrastrutturali, attraverso una maggiore concentrazione delle risorse su grandi progetti - in particolare per i servizi di trasporto -, e ad aumentare l’efficacia degli investimenti in ricerca e innovazione tramite politiche sempre più qualificate e legate ai territori e incentivi alle imprese basati su un equilibrio tra meccanismi automatici e processi valutativi.

In particolare, a seguito di una ricognizione delle risorse aggiuntive disponibili, il Governo ha espresso l’intenzione di procedere – attraverso il Piano per il Sud - ad una loro riprogrammazione finalizzata alla realizzazione di sette punti prioritari:

1.       grandi progetti di infrastrutture e segnatamente sulla realizzazione di grandi assi ferroviari nelle regioni del Sud;

2.       programma straordinario di miglioramento del sistema scolastico meridionale e creazione da parte delle università di rapporti con imprese e reti di formazione internazionali;

3.       azioni di adeguamento dei servizi pubblici locali con particolare riferimento alle reti idriche e al trattamento dei rifiuti solidi urbani;

4.       rafforzamento degli strumenti a presidio di sicurezza e legalità;

5.       riforma del sistema degli incentivi mediante la concentrazione delle risorse provenienti a livello comunitario e nazionale;

6.       Banca del Mezzogiorno finalizzata ad aumentare l’offerta di credito con modalità più vicine ai territori;

7.       riqualificazione della Pubblica amministrazione, con l’introduzione di meccanismi per incentivare l’efficienza dei procedimenti amministrativi.

 

In aggiunta a quanto previsto nel PNR, il Piano per il Sud, esaminato dal Consiglio dei ministri il 26 novembre 2010 e trasmesso alla Conferenza Unificata, prevede che, oltre al completamento delle verifiche previste dalla delibera del CIPE n. 79 del 30 luglio 2010[8], relativa alla ricognizione delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate 2000-2006 ancora disponibili, il Piano per il Sud verrà realizzato attraverso le seguenti fasi:

-        l’avvio della riprogrammazione dei fondi per il Sud di fonte nazionale e comunitaria, secondo distinte modalità;

-        l’approvazione del decreto legislativo di attuazione dell’articolo 16 della legge n. 42 del 2009;

-        l’adozione del decreto interministeriale di attuazione dell’articolo 22 della legge n. 42 del 2009.

 

Come riportato nella Relazione illustrativa allegata, lo schema in esame tiene altresì conto delle indicazioni contenute nelle conclusioni della Quinta Relazione sulla Coesione economica, sociale e territoriale, sul futuro della politica di coesione per il 2014-2020[9].

 

In coerenza con tali indicazioni e nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al richiamato articolo 16 della legge delega, la relazione illustrativa al provvedimento in esame afferma che lo schema in esame intende perseguire i seguenti obiettivi di carattere generale:

-        concentrazione della strategia, della programmazione e delle risorse su pochi obiettivi prioritari;

-        maggiore orientamento dei risultati, sostenuto da un rafforzamento della valutazione e dalla definizione di indicatori di risultato misurabili;

-        attenzione specifica ai progressi che occorre promuovere e garantire per il pieno raggiungimento degli obiettivi fissati.

 

 


 

Articolo 2
(Principi e criteri della politica di riequilibrio economico e sociale)

 


1. Le finalità di cui all'articolo 1 sono perseguite prioritariamente con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'articolo 4 e con i finanziamenti a finalità strutturale dell'Unione europea e i relativi cofinanziamenti nazionali, esclu­sivamente destinati alla spesa in conto capitale per investimenti nonché alle spese per lo sviluppo ammesse dai regolamenti dell'Unione europea, sulla base dei seguenti principi e criteri:

a) leale collaborazione istituzionale tra lo Stato, le Regioni e le autonomie locali e coinvolgimento del partenariato econo­mico-sociale per l'individuazione delle priorità e per l'attuazione degli interventi, tenendo conto delle specifiche realtà territoriali, con particolare riguardo alle condizioni socio-economiche, al deficit infrastrutturale e ai diritti della persona;

b) utilizzazione delle risorse secondo il metodo della programmazione pluriennale, tenendo conto delle priorità program­matiche individuate dall'Unione europea, nell'ambito di piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella destinazione, contemperando gli obiettivi di sviluppo con quelli di stabilità finanziaria e assicurando in ogni caso la ripartizione dell'85 per cento delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'articolo 4 alle regioni del Mezzogiorno e del restante 15 per cento alle regioni del Centro-Nord;

c) aggiuntività delle risorse, che non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza e nel rispetto del principio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea;

d) programmazione e attuazione degli interventi finalizzati ad assicurarne la qualità, la tempestività, l'effettivo consegui­mento dei risultati, attraverso il condiziona­mento dei finanziamenti a innovazioni istituzionali, la costruzione di un sistema di indicatori di risultato, il ricorso sistematico alla valutazione degli impatti e, ove appropriato, la previsione di riserve premiali e meccanismi sanzionatori, nel rispetto dei criteri di concentrazione territoriale e finanziaria e assicurando le necessarie attività di sorveglianza, monitoraggio e controllo delle iniziative.

 


 

 

L’articolo 2 detta i principi e i criteri della politica di riequilibrio economico e sociale in base ai qualisono perseguite le finalità di promozione dello sviluppo economico e di coesione sociale e territoriale di cui all’articolo 1, individuando, altresì, le risorse attraverso le quali tali finalità possono essere perseguite.

 

Per quel che concerne le risorse, la norma fa riferimento all’utilizzo delle risorse derivanti prioritariamente:

§      dal Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all’articolo 4 (nuova denominazione per indicare l’attuale Fondo per le aree sottoutilizzate);

§      dai finanziamenti a finalità strutturale dell’Unione europea e dai relativi cofinanziamenti nazionali, per la parte esclusivamente destinata alla spesa in conto capitale per investimenti, nonché alle spese per lo sviluppo ammesse ai sensi dei regolamenti comunitari.

Si tratta delle fonti di finanziamento previste nell’ambito del Quadro strategico nazionale (QSN) 2007-2013, di attuazione della politica di coesione e regionale. Nel quadro finanziario unico (QFU) esposto nel documento, infatti, si evidenziano le diverse fonti di finanziamento: comunitaria, cofinanziamento nazionale e Fondo per le aree sottoutilizzate. Per una analisi del quadro finanziario del QSN, si rinvia al successivo paragrafo “Le risorse per la politica di coesione e regionale”.

 

I principi e i criteri direttivi per l’utilizzo delle predette risorse sono i seguenti:

a)   leale collaborazione istituzionale tra lo Stato, le regioni e autonomie locali, con il coinvolgimento del partenariato economico-sociale finalizzato all’individuazione delle priorità e l’attuazione degli interventi, tenendo conto delle specifiche realtà territoriali, con particolare riguardo alle condizioni socio-economiche, al deficit infrastrutturale e ai diritti della persona;

Nella delibera del CIPE n. 174 del 2006, di approvazione del QSN 2007-2013, che ha riassunto le linee politiche fondamentali alla base del Quadro strategico, viene sottolineato come tale documento rappresenti “il risultato condiviso del percorso partenariale fra amministrazioni centrali e regionali, esponenti del partenariato istituzionale e di quello economico e sociale avviato il 3 febbraio 2005 con l’approvazione, da parte della Conferenza Unificata, delle “Linee guida per l’elaborazione del QSN 2007-2013” .

Nella successiva delibera CIPE n. 166 del 2007 si chiarisce ulteriormente che il coinvolgimento del partenariato economico e sociale[10] rientra tra i principi c.d.“orizzontali” per l’attuazione del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013, secondo cui la politica regionale unitaria programmata dovrebbe basarsi su protocolli d’intesa, o atti equivalenti, finalizzati a definire la strategia e gli strumenti di intervento, l’individuazione di criteri di ammissibilità e selezione, monitoraggio e valutazione degli interventi, nonché consultazioni promosse per costruire e attuare gli interventi nel rispetto dei criteri enunciati dal QSN medesimo. Il principio partenariale deve essere integrato nel ciclo di programmazione e, a tal fine, le amministrazioni interessate individuano modalità e strumenti attuativi[11] con riferimento alla:

-       definizione di momenti di esplicazione dell’attività partenariale;

-       adozione delle migliori esperienze su base nazionale quali benchmark di riferimento;

-       miglioramento della partecipazione del partenariato nella fase attuativa anche attraverso procedure codificate;

-       rafforzamento dell’efficienza ed efficacia delle sedi di confronto;

-       miglioramento dell’informazione messa a disposizione per le parti;

-       valorizzazione dell’approccio partecipativo alla valutazione della politica regionale.

 

b)   metodo della programmazione pluriennale delle risorse: l’utilizzazione delle risorse deve avvenire tenendo conto delle priorità programmatiche che vengono individuate dall’Unione europea nell’ambito di piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella destinazione. Gli obiettivi di sviluppo devono essere contemperati con quelli della stabilità finanziaria, assicurando in ogni caso una ripartizione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui all’articolo 4, nella percentuale dell’85 per cento alle regioni del Mezzogiorno e del restante 15 per cento alle regioni del Centro-Nord.

Si ricorda che con il QSN 2007-2013 è stato esteso da 5 a 7 anni il periodo di programmazione del Fondo per le aree sottoutilizzare, allo scopo di renderlo sovrapponibile al periodo di programmazione dei fondi comunitari, per il raggiungimento di quattro macrobiettivi (sviluppare i circuiti della conoscenza; accrescere la qualità della vita, la sicurezza e l’inclusione sociale nei territori; potenziare le filiere produttive, i servizi e la concorrenza; internazionalizzare e modernizzare l’economia, la società e le amministrazioni). Questi ultimi vengono declinati in dieci priorità tematiche[12], volte al miglioramento della produttività, della competitività e dell’innovazione nelle due macroaree geografiche di riferimento, vale a dire Centro-Nord e Mezzogiorno, “mappati” nei tre obiettivi comunitari della Convergenza, della Competitività regionale e occupazione e della Cooperazione territoriale, secondo i criteri definiti nel Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’ 11 luglio 2006.

Appare opportuno rammentare che gli interventi del QSN 2007-2013 sono attuati attraverso specifici Programmi Operativi, vale a dire documenti di programmazione che definiscono le priorità strategiche per settori e territori. Nel ciclo di programmazione 2007-2013 sono previsti 66 Programmi Operativi. In base alle tematiche affrontate e ai soggetti istituzionali competenti, i programmi possono essere: nazionali (PON), per quei settori con particolari esigenze di integrazione a livello nazionale e la cui Autorità di gestione è una amministrazione centrale; regionali (POR), a carattere multisettoriale riferiti alle singole regioni e gestiti dalle amministrazioni regionali; interregionali (POIN), su tematiche in cui risulta particolarmente efficace un’azione fortemente coordinata fra regioni che consenta economie di scala e di scopo nell’attuazione degli interventi (energia, attrattori culturali naturali e turismo) e che sono gestiti dalle regioni, con la partecipazione di centri di competenza nazionale o delle amministrazioni centrali.

 

c)   aggiuntività delle risorse: le risorse non possono essere sostitutive delle spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, coerentemente e nel rispetto del principio di addizionalità che è previsto con riferimento alla disciplina dei fondi strutturali dell’Unione europea.

Tale principio deriva dalle disposizioni comunitarie di cui agli articoli 158 e ss. del TCE sulla politica di coesione e dall’articolo 119, comma quinto, della Costituzione che prevedono politiche e interventi esplicitamente volti alla rimozione degli squilibri economici e sociali, da realizzare in specifiche aree territoriali, e da attuare con risorse appositamente previste che si “aggiungono” agli strumenti ordinari di bilancio. La politica regionale è finanziata da risorse aggiuntive, comunitarie e nazionali, provenienti, rispettivamente, dal bilancio europeo (Fondi strutturali) e nazionali (Fondo di cofinanziamento nazionale[13] e Fondo per le aree sottoutilizzate).

Per ciascuna delle dieci priorità sopra delineate, a salvaguardia del principio dell’addizionalità strategica della politica regionale, è stata identificata la modalità di integrazione delle risorse finanziarie ordinarie.

 

d)   programmazione e attuazione degli interventi finalizzati ad assicurare qualità, tempestività, effettivo conseguimento dei risultati, attraverso il condizionamento dei finanziamenti a innovazioni istituzionali; la programmazione deve inoltre indirizzare alla costruzione di un sistema di indicatori di risultato, al ricorso sistematico alla valutazione degli impatti e, nel caso in cui ciò sia appropriato, alla previsione di riserve premiali e a meccanismi sanzionatori, nel rispetto dei criteri di concentrazione territoriale e finanziaria, assicurando le necessarie attività di sorveglianza, monitoraggio e controllo delle iniziative.

Si ricorda che la sopra citata delibera CIPE n. 166/2007 ha previsto, tra l’altro, l’accantonamento di quote di risorse per destinazioni particolari e, specificamente, per un meccanismo incentivante che prevede uno stanziamento di circa 3 miliardi di euro per il raggiungimento degli “obiettivi di servizio” riservato alle otto regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia). A tale scopo con la delibera CIPE n. 82/2007 è stato approvato un documento concernente le regole di attuazione del meccanismo di incentivazione legato al conseguimento di obiettivi di servizio[14], valutato in termini di disponibilità e qualità dei servizi offerti e verificato sulla base di undici indicatori statistici, cui sono associati espliciti target. La scadenza per la verifica del raggiungimento dei target è fissata al 30 novembre del 2013, preceduta da una verifica intermedia fissata al 30 novembre 2009. E’ inoltre prevista una riserva di premialità (circa 1,5 miliardi di euro) per progetti innovativi e di qualità e per progetti di eccellenza per la salute, con caratteristiche di interregionalità o di valenza sovraregionale. Le predette risorse derivano da quota- parte della riserva generale pari al 30% delle risorse FAS attribuita per il periodo 2007-2013 al Mezzogiorno di cui alpunto 5 della delibera CIPE n. 174 del 2006.

 

Le risorse per la politica di coesione e regionale

Per quanto concerne l’individuazione delle risorse destinate, ai sensi dell’articolo in esame, al perseguimento delle finalità di promozione dello sviluppo economico e di coesione sociale e territoriale di cui all’articolo 1, può farsi riferimento al quadro finanziario esposto nel QSN 2007-2013.

Complessivamente, le risorse delle politiche di coesione (comunitaria e nazionale) e regionale ammontano, per l’intero periodo 2007-2013, a circa 124,9 miliardi di euro, di cui 64,4 miliardi di risorse FAS[15], 28,8 miliardi di fondi strutturali della UE e 31,7 miliardi di risorse di cofinanziamento nazionale, iscritte, nel bilancio dello Stato, sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie previsto dalla legge n. 183/1987. Le risorse sono ripartite per area-obiettivo secondo le misure di seguito indicate:

QSN 2007-2013 – Dotazioni finanziarie complessive
(in mld di euro  indicizzati al 2006)

 

Fondi strutturali

Cofinanz. Nazionale

FAS Totale*

TOTALE

QSN 2007-2013 (risorse complessive)

28,8

31,7

64,4

124,9

Obiettivo Convergenza

21,7

21,9

 

43,6

Obiettivo Competitività regionale e occupazione

6,3

9,6

 

15,9

Obiettivo Cooperazione territoriale

0,8

0,2

 

1

* Ai sensi della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006, art. 1, co. 836-864).

 

 

Le risorse dei Fondi strutturali

Per quanto concerne le risorse dei fondi comunitari, risultano assegnate all’Italia (su un importo complessivo di 251,2 miliardidi euro messo a disposizione dalla UE nel settennio di programmazione 2007-2013, secondo la Decisione della Commissione 2006/594/CE del 4 agosto 2006),28,8 miliardi di euro, con valore indicizzato al 2006 .

Il 75 per cento delle stesse (circa 21 miliardi di euro nel settennio) sono destinate all’obiettivo Convergenza (aree in cui il PIL procapite risulta inferiore al 75 per cento della media comunitaria), che include, per l’Italia: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Nell’ambito dello stesso obiettivo si aggiunge la Regione Basilicata, che beneficia di un regime transitorio di sostegno (c.d. di phasing-out) per favorirne l’uscita dall’obiettivo.

All’obiettivo Competitività regionale e occupazione è destinato circa il 20 per cento delle risorse. L’obiettivo Competitività riguarda le altre regioni del territorio italiano diverse da quelle dell’obiettivo Convergenza. Tra queste è inclusa anche la regione Sardegna che, esclusa dall’obiettivo convergenza, beneficia di un regime transitorio (c.d. di phasing-in) a sostegno del suo ingresso nell’obiettivo Competitività.

Le restanti risorse sono attribuite all’obiettivo Cooperazione territoriale europea nel quale rientrano aree territoriali a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale quali lo spazio alpino, le zone di confine con l’Europa centrosettentrionale e con l’Europa orientale e balcanica, nonché il bacino del Mediterraneo.

 

Il cofinanziamento nazionale

Il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito con lalegge 16 aprile 1987, n. 183 presso il Ministero dell’economia e delle finanze, è finalizzato a garantire il coordinamento degli interventi previsti dalla normativa comunitaria con quelli degli altri strumenti nazionali di agevolazione, e il proficuo utilizzo dei flussi finanziari destinati all'attuazione delle politiche strutturali[16].

Nel Fondo transitano le risorse nazionali destinate al cofinanziamento degli interventi comunitari nelle aree obiettivo dei Fondi strutturali. Nel bilancio per il 2011 il Fondo è iscritto nell’ambito del programma Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE della missione “L’Italia in Europa e nel mondo” (cap. 7493/Economia).

Il Fondo, la cui funzione è dunque quella di affiancare le risorse nazionali cofinanziate (unitamente ad altre risorse nazionali, quali ad esempio quelle iscritte sul Fondo per le aree sottoutilizzate) a quelle che l’Unione europea destina a ciascun paese membro per gli interventi relativi alla politica di coesione, in particolare attraverso i fondi strutturali, viene annualmente rifinanziato dalla legge finanziaria, al fine di iscrivere in bilancio le quote annuali di cofinanziamento nazionale.

A seguito dei rifinanziamenti autorizzati dalle leggi finanziarie degli ultimi anni[17], nel bilancio di previsione per il 2011 (legge n. 221/2010) sono stanziate sul Fondo di rotazione risorse pari a 5.295 milioni per il 2011, a 5.534 milioni per il 2012 e a 5.500 milioni per il 2013.

 

Con riferimento ai dati relativi all’attuazione dei Fondi strutturali in Italia, si ricorda che, in base ai dati dell’Ispettorato generale per il rapporti finanziari con l’Unione europea del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato[18], presso il Ministero dell’economia e finanze, l’attuazione a tutto il 2010 di tali Fondi,divisi per obiettivo, per il periodo di programmazione 2007-2013, risulta realizzata nelle percentuali che seguono:

Dati di attuazione dei Fondi comunitari per obiettivo a tutto il 2010
(in mln di euro)

Obiettivo

Fondo

Programmato 2007-2013 (A)*

Impegni
(B)

Pagamenti
(C)

B / A %

C / A %

Convergenza

FESR

35.916

6.801

3.349

18,93

9,32

FSE

7.683

1.272

830

16,56

10,80

Competitività

FESR

8.176

2.417

1.366

29,56

16,70

FSE

7.638

2.730

1.591

35,74

20,83

Coop. territoriale

FESR

706

229

61

32,51

8,58

*     Comprensivo della quota di cofinanziamento dello Stato mediante Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie di cui alla legge 16 aprile 1987, n.183.

Secondo quanto rilevato dal monitoraggio degli interventi comunitari del predetto Ispettorato, pertanto, i pagamenti delle somme complessive destinate alla Convergenza, pari a circa 43,6 miliardi di euro, hanno fatto registrare un livello di attuazione, al 31 dicembre 2010, pari al 9,32 per cento delle risorse previste per l’obiettivo derivanti dal FESR e al 10,8 per cento di quelle derivanti dal FSE.

Con riferimento all’ammontare complessivo delle somme destinate alla Competitività, le quali superano i 15,8 miliardi di euro per il periodo di programmazione 2007-2013, risultano invece pagamenti pari al 16,7 per cento delle risorse previste per l’obiettivo derivanti dal FESR e al 20,83 per cento di quelle derivanti dal FSE.

La percentuale di attuazione dell’obiettivo della Cooperazione territoriale, infine, risulta pari all’8,58 per cento con risorse derivanti dal solo FESR.

 

 


 

Articolo 3
(Disposizioni in materia di finanziamenti dell'Unione europea)

 


1. Il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, di seguito "Ministro delegato", cura il coordinamento di tale politica e dei relativi fondi a finalità strutturale dell'Unione Europea, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, e assicura i relativi rapporti con i competenti organi dell'Unione.

2. Per le finalità dicui al comma 1 e nel rispetto dei poteri e delle prerogative delle Regioni e delle autonomie locali, il Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dello svilup-po economico e, per quanto di compe­tenza, con gli altri Ministri eventualmente interessati, adotta gli atti di indirizzo e quelli di programmazione rimessi dai regolamenti dell'Unione europea agli Stati membri, assicurando la coerenza comples-siva dei conseguenti documenti di programmazione operativa da parte delle amministrazioni centrali e regionali.

3. AI fine di garantire la tempestiva attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali di cui al comma 1e l'integrale utilizzo delle relative risorse dell'Unione europea assegnate allo Stato membro, il Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, adotta, ove necessario e nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell'Unione europea, le opportune misure di accelerazione degli interventi.


 

 

L’articolo 3 reca disposizioni di carattere procedurale che riguardano: il coordinamento della politica di coesione economica sociale e territoriale e i fondi (rectius  le modalità di utilizzo di detti fondi) a finalità strutturale dell’Unione europea, nonché la relazione  con i competenti organi dell’Unione (commi 1 e 2); la tempestiva attuazione e l’accelerazione degli interventi relativi ai programmi cofinanziati (comma 3).

La competenza in materia è individuata in capo al Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale.

Viene specificato che il “Ministro delegato” esercita, ai sensi della disposizione in commento, la funzione di coordinamento e di relazione con l’Unione europea d’intesa con il Ministro dell’economia e gli atti di indirizzo da emanare nell’esercizio di tali funzioni sono adottati di concerto con lo stesso Ministro, nonché con quello dello sviluppo economico e, per quanto di competenza, con gli altri ministri eventualmente interessati.

 

Al Ministro per i rapporti con le regioni, incaricato l’8 maggio 2008, è stato conferito, con il D.P.C.M. 10 giugno 2010, l’incarico per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. I presupposti normativi di tale conferimento sono costituiti dalle previsioni contenute nell'articolo 7, comma 26, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, che attribuiscono al Presidente del Consiglio dei Ministri le funzioni di programmazione economica e finanziaria, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione, anche avvalendosi delle Camere di commercio, con particolare riferimento alle aree depresse, esercitando a tal fine le funzioni attribuite dalla legge in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari. In tali funzioni, previste dall'articolo 24, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, è inclusa la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate, fatta eccezione per le funzioni di programmazione economica e finanziaria non ricomprese nelle politiche di sviluppo e coesione.

Il comma 27 dell’articolo 7 del citato D.L. n. 78/2010 ha previsto che il Presidente del Consiglio o il Ministro delegato si avvalgano del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico, ad eccezione della Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, e il successivo comma 28, che detta disposizioni in materia di ricognizione delle risorse, prevede che le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate restano nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Pertanto, il citato D.P.C.M. 10 giugno 2010, nel disporrela delega per l’esercizio delle funzioni di cui all'articolo 7, commi 26, 27 e 28, del citato D.L. n. 78/2010 ivi comprese le connesse iniziative di carattere amministrativo e normativo, ha stabilito che, ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 7, comma 26, del medesimo decreto-legge, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico, ad eccezione della Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, dipende funzionalmente dal Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, che se ne avvale unitamente all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa ed al Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, limitatamente alle funzioni delegate dal decreto stesso.

 

Ai sensi del comma 2, gli atti di indirizzo e di programmazione rimessi dai regolamenti dell’Unione europea agli Stati membri sono adottati dal Ministro delegato nel rispetto dei poteri e delle prerogative delle regioni e delle autonomie locali. Tale disposizione, che non definisce snodi concertativi finalizzati al rispetto di tali poteri e prerogative, è diretta adassicurare la coerenza complessiva dei documenti di programmazione operativa che devono essere adottati da parte delle amministrazioni centrali e regionali .

Il comma 3 stabilisce la possibilità di adottare opportune misure di accelerazione degli interventi, al fine di garantire la tempestiva attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali di cui al comma 1, nonché l’integrale utilizzo delle relative risorse dell’Unione europea assegnate allo Stato membro. Tali misure possono essere adottate su iniziativa del Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico.

 


 

Articolo 4
(Fondo per lo sviluppo e la coesione)

 


1. Il Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, assume la denominazione di Fondo per lo sviluppo e la coesione, di seguito "Fondo". Il Fondo è finalizzalo a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, che sono rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese.

2. Il Fondo ha carattere pluriennale in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l’unitarie­tà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi strutturali dell'Unione europea.

3. Il Fondo è destinato a finanziare interventi speciali dello Stato e l'eroga­zione di contributi speciali, secondo le modalità stabilite negli articoli seguenti. L'intervento del Fondo è finalizzato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interre­gionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi e risultati quantificabili e misurabili, anche per quanto attiene al profilo temporale.

 


 

 

L’articolo 4 modifica la denominazione del “Fondo per le aree sottoutilizzate” che viene trasformata in “Fondo per lo sviluppo e la coesione”,

Il Fondo è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all’insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale, rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del paese.

 

Il Fondo per le aree sottoutilizzate

L’articolo 61 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate del Paese in un Fondo di carattere generale (FAS). Nel Fondo sono iscritte tutte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici[19]. Le risorse del Fondo sono ripartite dal CIPE.

In considerazione della eccezionale crisi economica internazionale, il D.L. n. 185/2008 (legge n. 2/2009), all’articolo 18 ha previsto la riprogrammazione e la concentrazione delle risorse nazionali disponibili destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate su obiettivi considerati prioritari per il rilancio dell’economia italiana.

A tal fine sono stati costituiti tre Fondi settoriali:

§      Fondo infrastrutture, istituito ai sensi del D.L. n. 112/2008 nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, destinato al finanziamento, in via prioritaria, di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di livello nazionale, comprese le reti di telecomunicazione e le reti energetiche, alla messa in sicurezza delle scuole, alla realizzazione di opere di risanamento ambientale, all’edilizia carceraria, alle infrastrutture museali ed archeologiche, all’innovazione tecnologica e alle infrastrutture strategiche per la mobilità. Il Fondo infrastrutture viene ripartito dal CIPE, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e trasporti, sentita la Conferenza unificata. Lo schema di delibera è trasmesso al Parlamento per il parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari[20];

§      Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dall’articolo 7-quinquies, commi 10 e 11, del D.L. n. 5/2009 (legge n. 33/2009), attraverso una novella all’articolo 18, comma 1, lettera b), del D.L. n. 185/2008;

§      Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, sul quale confluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali e alla formazione. In base all’Accordo Governo-Regioni del 12 febbraio 2009, relativo agli interventi e alle misure anti-crisi di sostegno del reddito, cui è stata data attuazione con l’Intesa dell’8 aprile 2009, le risorse destinate agli ammortizzatori sociali sono state stabilite in complessivi 5,353 miliardi di euro, di cui 4 miliardi provenienti dal FAS.

Conseguentemente le residuali risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate sono destinate agli interventi delle Amministrazioni regionali.

 

Le aree di intervento

L’ambito territoriale delle aree sottoutilizzate coincide con quello delle aree depresse, già individuate dall’art. 1, co. 1, lettera a-bis), del D.L. n. 32 del 1995 (legge n. 104/1995). Ai sensi di tale disposizione, in tale ambito vi rientrano le aree individuate dalla Commissione UE come:

§       ammissibili agli interventi dei fondi strutturali comunitari 2000-2006, obiettivi 1 e 2 e le aree ammesse al sostegno transitorio(in quanto fuoriuscite dagli obiettivi al 31 dicembre 1999).

Il nuovo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali per il periodo 2007-2013 ha individuato nuovi obiettivi di intervento della politica comunitaria di coesione, che, in base alla nuova “zonizzazione”, insistono su aree diverse rispetto agli obiettivi della programmazione 2000-2006. I nuovi obiettivi sono: Obiettivo “Convergenza”, che, per l’Italia, interessa le regioni Calabria, Campania, Puglia e la Sicilia. La Basilicata beneficia di un sostegno transitorio per l’uscita dall’Obiettivo (c.d. “effetto statistico”); Obiettivo “Competitività regionale e occupazione” che include l’intero territorio che non rientra nell’obiettivo “Convergenza”, per l’Italia, vi rientra l’intero territorio del Centro-Nord, nonché la Sardegna, in quanto regione ex Obiettivo 1 che beneficia di un sostegno transitorio.

§       ammissibili al regime in deroga per gli aiuti di Stato, secondo quanto stabilito dall’art. 87, par. 3, lett. c) del Trattato CE.

Per il periodo di programmazione 2007-2013, le aree in questione sono quelle individuate nella Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013, recepita nell’ordinamento italiano con decreto del Ministero dello sviluppo economico 7 dicembre 2007, come modificato dal decreto del Ministro per lo sviluppo economico del 27 marzo 2008.

 

Va pertanto rilevato che la definizione normativa recata dal D.L. n. 32/1995 fa riferimento al periodo di programmazione dei Fondi strutturali 2000-2006, valido fino al 31 dicembre 2006 e pertanto, ovviamente, non appare aggiornata alla modifica dei nuovi obiettivi della politica di coesione comunitaria per il settennio 2007-2013, ridenominati e ridefiniti dalRegolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, che ha abrogato la disciplina relativa agli Obiettivi 1 e 2 della precedente programmazione 2000-2006, a partire dal 1° gennaio 2007.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 4 dispone che il Fondo per lo sviluppo e la coesione abbia carattere pluriennale in coerenza con l’articolazione temporale della programmazione del Fondi strutturali dell’Unione europea, ed volto a garantire l’unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse corrispondentemente a quelle previste per i fondi strutturali dell’Unione europea.

Si ricorda che già con il QSN 2007-2013 è stato esteso da 5 a 7 anni il periodo di programmazione del Fondo per le aree sottoutilizzare, allo scopo di renderlo sovrapponibile al periodo di programmazione dei fondi comunitari.

 

 

 

Le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate

Istituito con la legge finanziaria per il 2003, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) è stato dotato di risorse aggiuntive dalle leggi finanziarie che si sono succedute.

In particolare l’articolo 1, comma 863, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006), ha stanziato risorse FAS per un importo complessivo pari a 64,379 miliardi di euro[21]. Tale rifinanziamento pluriennale era finalizzato in attuazione dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione e in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida per l'elaborazione del Quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013, approvate con l'intesa sancita dalla Conferenza unificata il 3 febbraio 2005[22].

La programmazione finanziaria di tali risorse è stata adottata dal CIPE con delibera n. 166 del 21 dicembre 2007[23]. Con tale delibera la somma complessiva è stata ripartita tra le due macroaree del Mezzogiorno e del Centro Nord, secondo il tradizionale criterio dell’85% (53.782 milioni) e del 15% (9.491 milioni) per ciascuna area.

Nel corso dell’anno 2008, in attuazione di alcune disposizioni legislative adottate nel corso dell’anno, sono state apportate numerose riduzioni a carico delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate per un importo complessivo pari a 12,9 miliardi.

Pertanto, il CIPE, con delibera 18 dicembre 2008, n. 112, ha provveduto ad aggiornare la dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate e, di conseguenza, a riprogrammare la destinazione delle risorse relative al periodo di programmazione 2007-2013, rispetto al profilo finanziario indicato nella precedente delibera n. 166 del dicembre 2007.

In base alla delibera n. 112/2008, dei complessivi 12,9 miliardi di riduzioni, 2,4 miliardi sono stati imputati al precedente ciclo di programmazione 2000-2006 e 10,5 miliardi sono stati portati in riduzione del ciclo di programmazione 2007-2013 (di cui 8,9 miliardi a valere sulla quota assegnata al Mezzogiorno e 1,6 miliardi su quella assegnata al Centro-Nord, nel rispetto della percentuale di riparto dell’85% e del 15%).

Conseguentemente, la dotazione del FAS per il periodo di programmazione 2007-2013 ammonta, in base alla delibera CIPE n. 112/2008, a 52.768 milioni di euro (rispetto ai 63.273 milioni considerati nella delibera n. 166/2007).

 

Tabella profilo finanziario pluriennale programmazione 2007-2013

(milioni di euro)

2007

2008

2009

2010

2011

2012 e succ.

TOTALE

100

300

1.361

5.390

5.504

40.113

52.768

 

Con la successiva delibera n. 1 del 6 marzo 2009, la dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate è stata ulteriormente aggiornata alla luce sia delle integrazioni dovute alla ricognizione delle risorse disponibili, effettuata ai sensi dell’articolo 6-quater[24] del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, sia delle ulteriori riduzioni delle risorse Fondo, disposte ai sensi di disposizioni legislative approvate nel 2008, ma che la delibera di dicembre n. 112/2008 non aveva ancora contabilizzato.

Conseguentemente le risorse disponibili del FAS a marzo 2009 risultavano pari a 52,4 miliardi di euro[25].

Con una serie di delibere adottate nel marzo 2009, le risorse disponibili sono state così assegnate dal CIPE:

·       27 miliardi alle Amministrazioni regionali, per la realizzazione dei Programmi di interesse strategico regionale, nella quota di 21,8 miliardi al Mezzogiorno e 5,2 miliardi al Centro-Nord, sulla base della percentuale di riparto tra Mezzogiorno e Centro-Nord, rispettivamente, dell’85% e 15%;

·       25,4 miliardi alle Amministrazioni centrali. Tale quota è stata successivamente ripartita dal CIPE tra i tre fondi settoriali appositamente istituiti con il D.L. n. 112/2008 e il D.L. n. 185/2008. Il riparto delle risorse FAS tra i tre Fondi è stato effettuato dal CIPE nel rispetto del criterio di ripartizione dell’85% delle risorse al Mezzogiorno e del 15% Centro-Nord, nei seguenti importi:

-       Fondo infrastrutture: 12,4 miliardi;

-       Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale: 9 miliardi;

-       Fondo sociale per l’occupazione e la formazione: 4 miliardi.

 

Rispetto al quadro programmatico degli interventi a valere sulle risorse del FAS definito dal CIPE per le annualità 2007-2013, nel bilancio di previsione dello Stato per gli anni 2011-2013 (legge n. 221/2010) e nella legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220/2010) sono riportate le seguenti autorizzazioni pluriennali di spesa: 9,1 miliardi per il 2011, 7,1 miliardi per il 2012 e 13,9 miliardi per il 2013. Ulteriori 14,8 miliardi sono relativi al 2014 e anni successivi[26].

Risultano pertanto presenti nel bilancio dello Stato per le annualità 2011-2014 ancora 44,9 miliardi di euro, rispetto ai 64,4 miliardi finanziati dalla legge finanziaria per il 2007 per il periodo 2007-2013.

 

Ai sensi del comma 3 in esame il Fondo - che, come richiamato al comma 1, è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a carico del bilancio statale rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree territoriali - destina le proprie risorse al finanziamento degli interventi speciali dello Stato previsti dal quinto comma dell’articolo 119 Cost., attraverso l’erogazione di contributi speciali (in base a quanto disposto dall’articolo 16 della legge n. 42) e secondo le modalità indicate agli articoli successivi del presente provvedimento.

La disposizione specifica inoltre le caratteristiche degli interventi che il Fondo provvede a finanziare, prevedendo che debba trattarsi di:

§      progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale, sia di carattere immateriale,

§      aventi rilievo nazionale, interregionale e regionale;

§      aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, in relazione a obiettivi e risultati che siano quantificabili e misurabili, anche per ciò che riguarda il profilo temporale degli interventi stessi.

 

Dalla formulazione del testo non appare chiaro se nel nuovo Fondo per lo sviluppo e la coesione possano confluire o, quanto meno, possano essere ricomprese tutte le risorse destinate ad interventi di politica regionale volti a riequilibrare i livelli di sviluppo tra le diverse aree territoriali, quali ad esempio il Fondo per la montagna, il Fondo per le isole minori e gli altri fondi per interventi speciali che attualmente sono finanziati in via autonoma. Peraltro la relazione illustrativa nella parte relativa all’articolo 7 esclude tali fondi da quelli destinati ad interventi di riequilibrio territoriale indicati all’articolo 1.

 

Inoltre  non risulta chiaro se, e in che misura, dal comma 1 dell’articolo 4 in esame - che sembra attribuire al Fondo nuove funzioni volte a garantire l’unità programmatica degli interventi aggiuntivi (le quali stando alla lettera della norma dovrebbero già valere a partire dall’entrata in vigore del provvedimento) - derivino effetti inerenti il ciclo di programmazione in corso ai sensi del Quadro strategico nazionale 2007-2013 ovvero se tali nuove funzioni entreranno a regime a partire dal nuovo ciclo pluriennale di programmazione 2014-2020.

La perequazione infrastrutturale

Per quanto riguarda i progetti strategici infrastrutturali si ricorda che l’articolo 22 della legge n. 42 del 2009 reca le modalità per l’individuazione di interventi per il recupero del deficit infrastrutturale.

In particolare il comma 1 prevede, in sede di prima applicazione, una ricognizione degli interventi infrastrutturali previsti dalle norme vigenti e riguardanti:

-        la rete stradale, autostradale e ferroviaria;

-        la rete fognaria;

-        la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas;

-        le strutture portuali ed aeroportuali;

-        le strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche.

Lo stesso comma dispone che tale ricognizione venga concertata tra il Ministro dell’economia e delle finanze, incaricato della sua predisposizione, ed i Ministri per le riforme per il federalismo, per la semplificazione normativa, per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia.

L’ultimo periodo del comma 1 elenca i seguenti elementi di cui occorre tener conto, in particolare, nell’effettuazione della citata ricognizione:

-        estensione delle superfici territoriali;

-        densità della popolazione e delle unità produttive;

-        particolari requisiti delle zone montane;

-        carenze della dotazione infrastrutturale di ciascun territorio;

-        valutazione della specificità dei territori insulari.

-        deficit infrastrutturale e di sviluppo;

-        valutazione della rete viaria, soprattutto quella del Mezzogiorno.

 

In base al successivo comma 2, nella fase transitoria quinquennale di passaggio dal criterio della spesa storica a quello del fabbisogno standard e delle capacità fiscali, prevista dagli articoli 20 e 21, occorre procedere all’individuazione, sulla base della ricognizione di cui al comma 1, di interventi finalizzati agli obiettivi di cui all’art. 119, quinto comma, Cost.

Viene altresì disposto che tale individuazione sia finalizzata al recupero del deficit infrastrutturale, incluso quello riguardante il trasporto pubblico locale, e debba essere calibrata sulla base della virtuosità degli enti nell’adeguamento al processo di convergenza verso i costi o i fabbisogni standard.

L’ultimo periodo del comma 2 prevede l’inserimento degli interventi infrastrutturali così individuati - da effettuare nelle aree sottoutilizzate - nel Programma delle infrastrutture strategiche, che viene annualmente allegato al documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 1-bis, della legge n. 443 del 2001 (c.d. legge obiettivo).

Si ricorda, infine, che l’art. 1, comma 2, della legge n. 42 del 2009 prevede l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 22 anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, conformemente ai rispettivi statuti, con esclusione degli enti locali ricadenti nel loro territorio.

 

Per quanto riguarda la ricognizione prevista in sede di prima applicazione (comma 1 dell’art. 22, della legge n. 42/2009), si segnala che in data 26 novembre 2010 è stato sottoscritto un decreto interministeriale volto a disciplinare la ricognizione degli interventi infrastrutturali, propedeutica alla perequazione infrastrutturale, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali, nonché i servizi afferenti al trasporto pubblico locale e il collegamento con le isole. La ricognizione e l’individuazione degli interventi infrastrutturali sono mirate al recupero del deficit infrastrutturale del Paese nella fase transitoria e sono attuate in coerenza con l'azione strutturale a sostegno delle aree sottoutilizzate per la rimozione degli squilibri economici e sociali mediante risorse aggiuntive e l'effettuazione di interventi speciali regolati ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 42.

 

L’articolo 2 interviene sulle modalità con cui effettuare la ricognizione infrastrutturale, prevedendo che venga effettuata confrontando, per ciascun settore di intervento, i livelli di servizio offerti al 31 dicembre 2010 con i corrispondenti standard di servizio misurati alla stessa data. Il confronto dovrà avvenire avvalendosi di appropriati indicatori che misurano gli eventuali scostamenti sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Gli standard sono definiti sia a livello nazionale che comunitario. Il decreto specifica che per infrastrutture si intendono i beni strumentali dotati della prevalente finalità di fornitura di servizi collettivi a domanda individuale o aggregata rivolti alle famiglie e alle imprese ricadenti nei settori individuati, indipendentemente dalla natura proprietaria dei soggetti titolari dei diritti reali su tali beni.

 

L’articolo 3 riguarda la determinazione del fabbisogno strutturale, mentre l’articolo 4 interviene circa la determinazione dei livelli di servizio, effettivi e standard (comma 1) e la metodologia di calcolo del fabbisogno infrastrutturale (comma 2).

L’articolo 5 reca norme circa la ricognizione degli interventi.

 

Al riguardo si segnala che nella seduta del 10 febbraio 2011 della Conferenza unificata – in cui il Governo ha reso una informativa sul Piano per il Sud e sul decreto interministeriale - ANCI, UPI e UNCEM hanno evidenziato, in un documento, che il decreto “agli articoli 3 e 4 disciplina la determinazione e la metodologia di calcolo del fabbisogno infrastrutturale, che invece dovrebbero essere oggetto di una disciplina contenuta nel decreto legislativo relativo alla perequazione, ai sensi degli articoli 2 e 13 della legge 42”. Peraltro ribadiscono che “ questa impostazione non può essere condivisa perchè dal punto di vista della gerarchia delle fonti i criteri per la perequazione infrastrutturale non possono essere stabiliti con decreto, ma con fonte superiore.  Viene inoltre indicata da ANCI, UPI e UNCEM una violazione della procedura istituzionale fissata dalla legge delega, in quanto viene escluso l’esame del testo da parte della Commissione bicamerale.

 


 

Articolo 5
(Programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione)

 


1. La legge di stabilità relativa all'esercizio finanziario che precede l'avvio di un nuovo ciclo pluriennale di programmazione incrementa la dotazione finanziaria del Fondo, stanziando risorse adeguate per le esigenze dell'intero periodo di programmazione, sulla base della quantificazione proposta dal Ministro delegato, compatibilmente con il rispetto dei vincoli di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica. Allo stesso modo, la legge di stabilità provvede contestual­mente alla ripartizione della dotazione finanziaria per quote annuali, collegate all'andamento stimato della spesa.

2. La legge annuale di stabilità, anche sulla scorta delle risultanze del sistema di monitoraggio unitario di cui all'articolo 6, può aggiornare l'articolazione annuale, ferma restando la dotazione complessiva del Fondo. Trascorso il primo triennio del periodo di riferimento, si può procedere alla riprogrammazione del Fondo solo previa intesa in sede di Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

3. Entro il mese di ottobre dell'anno che precede l'avvio del ciclo pluriennale di programmazione, con delibera del Comitato interministeriale per la program­mazione economica (ClPE), tenendo conto degli indirizzi comunitari, degli impegni assunti nel Programma Nazionale di Riforma e dei documenti relativi alla Decisione di finanza pubblica, su proposta del Ministro delegato, d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. nonché con la Conferenza unificata, sono definiti in un Documento di indirizzo strategico:

a) gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate, le finalità specifiche da perseguire, il riparto delle risorse tra le priorità e le diverse macro-aree territoriali, nonché l'identificazione delle Ammini­strazioni attuatrici;

b) i principi di condizionalità, ossia le condizioni istituzionali, generali e relative a ogni settore di intervento, che devono essere soddisfatte per l'utilizzo dei fondi;

c) i criteri di ammissibilità degli inter­venti al finanziamento riferiti in particolare:

     1) ai tempi di realizzazione definiti per settore, per tipologia d'intervento, di soggetto attuatore e di contesto geografico;

     2) ai risultati attesi, misurati con indicatori che soddisfino requisiti di affidabilità statistica, prossimità all'inter­vento, tempestività di rilevazione, pubbli-cità dell' informazione;

     3) alla previsione preventiva di una metodologia rigorosa di valutazione degli impatti;

     4) alla sostenibilità dei piani di gestione;

d) gli eventuali meccanismi premiali e sanzionatori, ivi compresa la revoca, anche parziale, dei finanziamenti, relativi al raggiungimento di obiettivi e risultati misurabili e al rispetto del cronoprogramma;

e) la possibilità di chiedere il cofinanziamento delle iniziative da parte dei soggetti assegnatari, anche attraverso l’apporto di capitali privati.

4. Entro il 1° marzo successivo al termine di cui al comma 3, il Ministro delegato, in attuazione degli obiettivi e nel rispetto dei criteri definiti dalla delibera del CIPE di cui al comma 3, propone al CIPE per la conseguente approvazione, in coerenza con il riparto territoriale e settoriale ivi stabilito e d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, nonché con le amministrazioni attuatrici individuate, gli interventi o i programmi da finanziare con le risorse del Fondo, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente.


 

 

L’articolo 5 definisce le modalità di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

In particolare il comma 1 demanda alla legge di stabilità relativa all’esercizio finanziario che precede l’avvio di un nuovo ciclo pluriennale di programmazione il compito di incrementare la dotazione finanziaria del Fondo.

Pertanto, in sede di prima applicazione, la legge di stabilità per il 2013 stanzierà le risorse adeguate per le esigenze del periodo di programmazione 2014-2020, sulla base della quantificazione che verrà proposta dal Ministro delegato, in misura compatibile con il rispetto dei vincoli di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica.

Contestualmente la legge di stabilità provvederà alla ripartizione della dotazione finanziaria del Fondo per quote annuali, in base all’andamento stimato della spesa.

 

Come già illustrato nella scheda di lettura sull’articolo 4, per il finanziamento pluriennale del Quadro strategico nazionale per la politica di coesione 2007-2013 l’articolo 1, comma 863, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006), ha stanziato ulteriori risorse FAS per un importo complessivo pari a 64,4 miliardi di euro, ripartendoli in quote annuali.

 

Il comma 2, al primo periodo, stabilisce che, anche in base alle risultanze del sistema di monitoraggio unitario disciplinato al successivo articolo 6, l’annuale legge di stabilità può aggiornare l’articolazione annuale delle quote (c.d. rimodulazione), ferma restando la dotazione complessiva del Fondo.

 

La legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007) ha confermato l’importo complessivo delle risorse aggiuntive del FAS, stanziato dalla legge finanziaria 2007 per il periodo di programmazione 2007-2013, rimodulando, tuttavia, tale importo tra le varie annualità 2008-2015. In particolare, gli importi annuali sono stati fissati in 1.100 milioni per il 2008, 4.400 milioni per il 2009, 9.166 milioni per il 2010, 9.500 milioni per il 2011, 11.000 milioni per il 2012, 11.000 milioni per il 2013, 9.400 milioni per il 2014 e 8.713 milioni per il 2015.

Ulteriori rimodulazioni delle autorizzazioni pluriennali di spesa sono state effettuate dalle successive leggi finanziarie e, da ultimo, dalla legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010)[27]

 

Trascorso il primo triennio del periodo, la riprogrammazione può essere effettuata solo previa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata Stato-regioni e autonomie locali (comma 2, secondo periodo).

Mentre il primo periodo del comma in esame considera la strumento della diversa allocazione annuale delle risorse (rimodulazione) senza che venga ridotta la dotazione complessiva, in questo caso la disposizione fa riferimento alla “riprogrammazione” del Fondo, cioè ad una diversa destinazione delle risorse rispetto a quanto definito nel Documento di indirizzo strategico e nella relativa delibera CIPE (cfr. successivi commi 3 e 4).

 

La rimodulazione delle risorse è stata sempre considerata nei precedenti cicli di programmazione (per quello 2000-2006 veniva definito “middle term review”). La delibera CIPE n. 166 del 2007 relativa all’attuazione del QSN 2007-2013 – Programmazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, al punto 7.3 dispone in merito alla “Riprogrammazione e programmazione delle risorse ulteriormente assegnate sulla quota accantonata a titolo di riserva di programmazione”.[28]

 

Il comma 3 prevede che con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) da approvare entro il mese di ottobre dell’anno che precede l’avvio del ciclo pluriennale di programmazione (in sede di prima applicazione sarà il mese di ottobre 2013) siano definiti i contenuti di un Documento di indirizzo strategico, tenendo altresì conto degli indirizzi comunitari e degli impegni assunti nel Programma Nazionale di Riforma e dei documenti relativi alla Decisione di finanza pubblica.

Il documento sarà predisposto dal Ministro delegato, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico, nonché d’intesa con la Conferenza unificata.

I contenuti del Documento di indirizzo strategico dovranno indicare:

a)      gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate, le finalità specifiche da perseguire, il riparto delle risorse tra le priorità e le diverse macro-aree territoriali, nonché l’identificazione delle Amministrazioni attuatrici;

b)      i principi di condizionalità, in base ai quali devono essere riportate le condizioni istituzionali e generali, relative a ogni settore di intervento, da soddisfare per l’utilizzo dei Fondi;

c)      i criteri di ammissibilità degli interventi al finanziamento che, in particolare, devono indicare:

1)   i tempi di realizzazione definiti per settore, per tipologia di intervento, di soggetto attuatore e di contesto geografico;

2)   i risultati attesi che devono poter essere misurati mediante indicatori che soddisfino requisiti di affidabilità statistica, prossimità dell’intervento, tempestività di rilevazione e pubblicità dell’informazione;

3)   la previsione anticipata di metodologie rigorose per la valutazione degli impatti;

4)   la sostenibilità dei piani di gestione.

d)      eventuali meccanismi premiali e sanzionatori, ivi compresa la revoca anche parziale dei finanziamenti relativi al raggiungimento di obiettivi e risultati misurabili e al rispetto del crono programma;

e)      la possibilità di chiedere il cofinanziamento delle iniziative da parte dei soggetti assegnatari anche attraverso l’apporto di capitali privati.

 

Il comma 4, infine, stabilisce che entro il 1° marzo dell’anno successivo (in sede di prima applicazione il termine sarà il 1° marzo 2014) il Ministro delegato, attuando gli obiettivi e nel rispetto dei criteri definiti dalla predetta delibera del CIPE, propone al Comitato stesso ai fini della conseguente approvazione, in coerenza con il riparto territoriale e settoriale ivi stabilito e d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, oltre che con le amministrazioni attuatrici individuate, gli interventi o i programmi da finanziarie con le risorse del Fondo, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente.

In sostanza, con delibera del CIPE sono individuati gli interventi e i programmi da finanziare. Il termine del 1° marzo sembra riferito all’attività propositiva del Ministro delegato e non quale termine per la deliberazione da parte del CIPE.

 

Si ricorda che relativamente al ciclo di programmazione 2007-2013 il CIPE ha approvato le seguenti delibere:

-        n. 77 del 15 luglio 2005 “Attuazione delle Linee Guida per l’impostazione del Quadro Strategico Nazionale”;

-        n. 174 del 22 dicembre 2006 “Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013”;

-        n. 36 del 15 giugno 2007 “Definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale degli interventi socio strutturali comunitari per il periodo di programmazione 2007-2013”;

-        n. 82 del 3 agosto 2007 “Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 - Definizione delle procedure e delle modalità di attuazione del meccanismo premiale collegato agli obiettivi di servizio“;

-        n. 166 del 21 dicembre 2007 “Attuazione del Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013  Programmazione del fondo per le aree sottoutilizzate”.

 

 


 

Articolo 6
(Contratto istituzionale di sviluppo)

 


1. Per le finalità di cui all'articolo 1, nonché allo scopo di accelerare la realizzazione degli interventi di cui al presente decreto e di assicurare la qualità della spesa pubblica, il Ministro delegato, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, stipula con le Regioni e le amministrazioni competenti un "contratto istituzionale di sviluppo" che destina le risorse del Fondo assegnate dal CIPE e individua responsabilità, tempi e modalità di attuazione degli interventi.

2. Il contratto istituzionale di sviluppo, cui possono partecipare anche i concessionari di servizi pubblici, esplicita, per ogni intervento o categoria di interventi o programma, il soddisfacimento dei criteri di ammissibilità di cui all'articolo 5, comma 3, e definisce il cronoprogramma e le responsabilità dei contraenti, prevedendo anche le condizioni di definanziamento anche parziale degli interventi ovvero la attribuzione delle relative risorse ad altro livello di governo, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Il contratto istituzionale di sviluppo può prevedere, tra le modalità attuative, che le amministrazioni centrali e regionali si avvalgano di organismi di diritto pubblico in possesso dei necessari requisiti di competenza e professionalità.

3. La progettazione, l'approvazione e la realizzazione degli interventi individuati nel contratto istituzionale di sviluppo è disciplinata dalle norme di cui alla parte II, titolo III, capo IV, del decreto legislativo 12 aprile 2006n.163 in quanto applicabili. Nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione e realizzazio-ne degli interventi individuati nel contratto istituzionale di sviluppo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 125 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104.

4. Le risorse del Fondo sono trasferite ai soggetti assegnatari, in relazione allo stato di avanzamento della spesa, in appositi fondi a destinazione vincolata alle finalità approvate, che garantiscono la piena tracciabilità delle risorse attribuite, anche in linea con le procedure previste dall'articolo 3 della legge 13 agosto 2010 n. 136 e dall'articolo 30 della legge 31 dicembre 2009 n. 196.

5. L’attuazione degli interventi è coordinata e vigilata dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, diseguito "Dipartimento", che controlla, monitora e valuta gli obiettivi raggiunti anche mediante forme di cooperazione con le amministrazioni statali, centralì e periferiche, e in raccordo con i Nuclei di valutazione delle amministrazioni statali e delle Regioni. Le amministrazioni interessate effettuano i controlli necessari al fine di garantire la correttezza e la regolarità della spesa e partecipano al sistema di monitoraggio unitario di cui al Quadro Strategico Nazionale 2007/2013previsto, a legislazione vigente. presso la Ragioneria Generale dello Stato secondo le procedure vigenti e, ove previsto, al sistema di monitoraggio del Dipartimento, senza nuovi o maggiori oneri.

6. In caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi di cui al presente decreto, anche con riferimento al mancato rispetto delle scadenze del cronoprogramma, il Governo, al fine di assicurare la competitività, la coesione e l'unità economica del Paese, esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 120, comma secondo, della Costituzione secondo le modalità procedurali individuate dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche attraverso la nomina di un commissario straordinario, senza nuovi o maggiori oneri, il quale cura tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realiz­zazione degli interventi programmati, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate.

 


 

 

L’articolo 6 introduce nell’ordinamento lo strumento del c.d. “contratto istituzionale di sviluppo”.

Il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, stipula con le regioni e le amministrazioni competenti tale contratto, con cui si provvede a destinare le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione assegnate dal CIPE ai sensi del precedente articolo 5, comma 4, individuando responsabilità, tempi e modalità di attuazione degli interventi.

 

Nell’ordinamento è già presente un analogo strumento operativo: si tratta della “intesa istituzionale di programma”, costituita dall'accordo con il quale l’amministrazione centrale e le amministrazioni regionali (o province autonome) con cui tali soggetti si impegnano a collaborare, per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi d'interesse comune o funzionalmente collegati sulla base di una ricognizione programmatica delle risorse finanziarie disponibili, dei soggetti interessati e delle procedure amministrative occorrenti. L’intese, istituita con legge n. 662/1996, rappresenta uno strumento di programmazione degli investimenti pubblici che, attraverso una stretta collaborazione tra Governo centrale e regioni (o province autonome), mira a coordinare le molteplici iniziative promosse dai diversi soggetti pubblici e privati. In sostanza, l’intesa istituzionale di programma costituisce il quadro di riferimento degli atti di programmazione negoziata che hanno luogo nella regione o provincia autonoma.

L’intesa istituzionale di programma prevede, per ciascun settore d’intervento, la stipula di un Accordo di Programma Quadro, rimandando a quest’ultimo la definizione puntuale delle opere e dei finanziamenti, nonché le procedure per il monitoraggio dell’attuazione degli investimenti.

L’istituto dell’accordo di programma quadro si configura, pertanto, come lo strumento di attuazione dell’intesa istituzionale di programma.

Per accordo di programma quadro si intende l'accordo con enti locali ed altri soggetti pubblici e privati promosso dall’amministrazione centrale, regionale o delle province autonome, in attuazione di una intesa istituzionale di programma per la definizione di un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati.

La procedura per la stipulazione di una intesa istituzionale di programma è assai complessa in quanto vede la partecipazione di rappresentanti delle diverse amministrazioni centrali e della regione interessata, in una attività preliminare di ricognizione delle opere, espletata la quale, la bozza di intesa istituzionale di programma e degli accordi di programma quadro vengono prima sottoposti al parere della Conferenza Stato-regioni, poi approvati dal CIPE e quindi sottoposti al controllo della Corte dei conti. L’iter si conclude con la stipula dell’intesa istituzionale di programma da parte del Presidente del Consiglio e del Presidente della regione interessata.

 

Il ritardato o mancato utilizzo delle risorse delle risorse FAS è stato oggetto nel mese di luglio 2010 di una polemica tra il Ministro dell’economia Tremonti e i governatori delle regioni meridionali. L’attenzione è stata in particolar modo posta sulle risorse assegnate alle regioni nell’ambito delle intese istituzionali di programma e dei relativi accordi di programma quadro.

In attuazione dell’articolo 6-quater del D.L. n. 112 del 2008 (legge n. 133 del 2008)[29], il CIPE con delibera n. 79 del 30 luglio 2010 (G.U. n. 277 del 26 novembre 2010) ha effettuato una ricognizione, per il periodo 2000-2006, dello stato di attuazione degli interventi finanziati dal fondo per le aree sottoutilizzate e delle risorse liberate nell’ambito dei programmi comunitari (Ob. 1). In particolare il CIPE ha disposto che le risorse del FAS assegnate dal CIPE con delibere di riparto antecedenti la delibera n. 166 del 21 dicembre 2007, che alla data del 31 (entrata in vigore della manovra finanziaria di cui al decreto-legge n. 78/2010), risultino non programmate e non impegnate attraverso obbligazioni giuridicamente vincolanti oppurederivanti da economie e accantonamenti a qualunque titolo prodottisi, sono oggetto di riprogrammazione secondo regole, indirizzi e criteri da definire con successiva delibera. Negli allegati 1 e 2 sono individuate per ciascuna regione e amministrazione statale le informazioni circa l’ammontare delle risorse FAS programmate nell’ambito delle Intese istituzionali di programma e degli accordi di programma quadro e il relativo stato di avanzamento, indicando il valore minimo su “dati certi”, l’ammontare delle risorse ancora da verificare e il valore massimo (comprensivo dei dati ancora da verificare). Il valore minimo viene indicato nella delibera  in 6.780 milioni (di cui 6.690 milioni relativi alle regioni del Mezzogiorno), mentre il valore massimo risulta pari a 19.292 milioni (di cui 18.455 milioni relativi alle regioni del Mezzogiorno). Per quanto riguarda le amministrazioni centrali, su assegnazioni  pari a 42.699 milioni, risultano disponibilità residue per 1.306 milioni.

 

Il comma 2 definisce i contenuti del contratto istituzionale di sviluppo, al quale possono partecipare oltre che le regioni e le amministrazioni centrali anche i concessionari di servizi pubblici (ANAS, Ferrovie, ecc).

Per ogni intervento o categoria di interventi ovvero programmi il contratto:

§      individua il soddisfacimento dei criteri di ammissibilità di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c);

§      indica la tempistica (cronoprogramma)

§      definisce le responsabilità dei contraenti, prevedendo le condizioni di definanziamento anche parziale degli interventi ovvero l‘attribuzione delle relative risorse ad altro livello di governo, nel rispetto del principio di sussidiarietà;

§      prevede la possibilità che le amministrazioni centrali e regionali di avvalersi di organismi di diritto pubblico in possesso dei necessari requisiti di competenza e professionalità.

 

Il nuovo strumento di contrattazione appare assumere carattere vincolante ed è sottoscritto dal Ministro delegato alla gestione del finanziamento, raggiunta l’intesa con il Ministro dell’economia e gli altri Ministri interessati. La stipula del “contratto istituzionale di sviluppo”, pertanto, è finalizzato a destinare le risorse assegnate dal CIPE e a individuare le responsabilità di ciascuna parte interessata e i tempi di erogazione dei fondi. Per ogni intervento, dunque, il contratto esplicita: a) il soddisfacimento dei criteri di ammissibilità dell’aiuto; b) la definizione del crono programma e le responsabilità delle parti contraenti; c) la previsione eventuale delle condizioni di definanziamento anche parziale degli interventi e al conseguente attribuzione al governo delle risorse revocate.

 

Il comma 3 specifica che la progettazione, approvazione e realizzazione degli interventi previsti dal contratto istituzionale di sviluppo dovranno essere disciplinati dalle norme sulle infrastrutture strategiche contenute nella parte II, Titolo III, Capo IV del D.Lgs. n. 163 del 2006 (c.d. Codice dei contratti pubblici). In caso di controversie, si applicano le disposizioni processuali previste dall'art. 125 del D.Lgs. n. 104 del 2010 (sul riordino del processo amministrativo) per le controversie relative a infrastrutture strategiche.

Si ricorda che nel citato D.Lgs. n. 163/2006 sono confluite anche le disposizioni introdotte con la cd. legge obiettivo n. 443 del 2001 che ha introdotto, sostanzialmente, una legislazione speciale rivolta ad accelerare, snellire e razionalizzare le procedure per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale. Gli interventi, definiti sostanzialmente nell'ambito del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) - il cui stato di avanzamento è allegato ciascun anno alla Decisione di finanza pubblica - riguardano, per la quasi totalità dei progetti, le opere di realizzazione delle reti di trasporti europeo (TEN-T) e dei corridoi paneuropei. Si tratta degli assi di collegamento volti ad interconnettere le reti di trasporto degli Stati membri dell'UE, la cui realizzazione è di fondamentale importanza per il perseguimento degli obiettivi di Lisbona in termini di crescita economica e rafforzamento della coesione sociale e territoriale.

L'articolo 125 del D.Lgs. n. 104 del 2010 detta ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche,prevedendo che in sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tenga conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera. Inoltre, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, si dovrà valutare anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure. Inoltre, al di fuori dei casi contemplati dagli artt. 121 e 123 dello stesso D.Lgs. (relativi rispettivamente all'inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni ed alle sanzioni alternative), la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente.

 

Con riguardo alle procedure introdotte dagli articoli 5 e 6 si osserva che, quanto alle infrastrutture, il procedimento richiama sotto numerosi aspetti la procedura prevista dalla citata legge obiettivo: gli interventi inseriti in tale legge, infatti, sono definiti ogni anno attraverso Intese generali quadro con le regioni, inseriti in un allegato (cd. allegato infrastrutture) alla Decisione di finanza pubblica (sulla quale il Parlamento si esprime con una risoluzione) e seguono, nella fase di progettazione e realizzazione degli interventi, le medesime procedure speciali di cui alla parte II, Titolo III, Capo IV del D.Lgs. n. 163 del 2006 richiamate dal comma 3 in esame. Occorrerebbe pertanto valutare l’opportunità di ricondurre tale procedura di legge obiettivo all’interno del nuovo Documento di indirizzo strategico.

 

 

Il comma 4 stabilisce che le risorse del Fondo siano trasferite ai soggetti assegnatari in relazione allo stato di avanzamento della spesa e fatti affluire in appositi fondi a destinazione vincolata rispetto alle finalità approvate.

Tali finalità devono garantire la piena tracciabilità delle risorse attribuite anche in linea con le procedure previste dall’articolo 3 della legge n. 136 del 2010 volte a impedire infiltrazioni criminali mafiose, nonché dell’articolo 30 della legge n. 196 del 2009, che reca la disciplina contabile delle leggi di spesa pluriennale e a carattere permanente.

Il richiamato articolo 3 della legge n. 136 del 2010 stabilisce che per assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari finalizzata a prevenire infiltrazioni criminali, gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali, accesi presso banche o presso la società Poste italiane Spa, dedicati, anche non in via esclusiva, fermo restando quanto previsto dal comma 5, alle commesse pubbliche. Tutti i movimenti finanziari relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici nonché alla gestione dei finanziamenti di cui al primo periodo devono essere registrati sui conti correnti dedicati e, salvo quanto previsto al comma 3, devono essere effettuati esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni (comma 1)[30].

 

Il comma 5 attribuisce il coordinamento e la vigilanza dell’attuazione degli interventi al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico (il ministero di riferimento non è indicato nel testo), incaricato di controllare, monitorare e valutare gli obiettivi raggiunti anche mediante forme di cooperazione con le amministrazioni statali, centrali e periferiche, in raccordo con i Nuclei di valutazione delle amministrazioni statali e delle regioni.

 

L’articolo 1 della legge n. 144 del 1999 ha stabilito che, al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo, le amministrazioni centrali e regionali, previa intesa con la Conferenza permanente Stato, regioni e province autonome, istituiscono e rendono operativi, entro il 31 ottobre 1999, propri nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici che, in raccordo fra loro e con il Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del Ministero dell’economia e delle finanze, garantiscono il supporto tecnico nelle fasi di programmazione, valutazione, attuazione e verifica di piani, programmi e politiche di intervento promossi e attuati da ogni singola amministrazione[31].

 

Si prevede inoltre che le amministrazioni interessate effettuino i controlli necessari per garantire la correttezza e la regolarità della spesa e la partecipazione delle stesse al sistema di monitoraggio unitario stabilito dal Quadro strategico nazionale per il periodo di programmazione 2007-2013 svolto presso la Ragioneria generale dello Stato e, ove previsto, al sistema di monitoraggio del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, senza nuovi o maggiori oneri.

 

Il QSN 2007-2013 (vedi pag. 275 del QSN[32]) specifica che la “Commissione europea ha realizzato il nuovo sistema informativo per la gestione dei fondi per il periodo di programmazione 2007-2013. Il sistema, denominato SFC2007, sarà l’unico mezzo per lo scambio di informazioni con la Commissione relativamente al Quadro Strategico Nazionale, ai Programmi Operativi, ai dati di monitoraggio, alle certificazioni di spesa e alle domande di pagamento. Il coordinamento dei flussi informativi verso il sistema SFC2007 è attribuito all’Ispettorato Generale per i rapporti con l’Unione Europea (IGRUE) del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, operante nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze”.

 

Il comma 6, infine, dispone le norme in caso di inerzia e inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi oggetto del decreto in esame, anche nell’ipotesi del mancato rispetto delle scadenze del cronoprogramma. Il Governo, in tali casi, esercita il potere sostitutivo previsto dalle norme della Costituzione (art. 120, comma 2)[33], secondo le modalità procedurali individuate allo scopo dall’articolo 8, della legge n. 131 del 2003, al fine di assicurare la competitività, la coesione e l’unità economica del paese[34].

Tra i poteri del Governo, è prevista la possibilità di nomina, senza nuovi o maggiori oneri, di un commissario straordinario che cura tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche occorrenti all’autorizzazione e all’effettiva realizzazione degli interventi programmati, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate.

 


 

Articolo 7
(Disposizioni transitorie e finali)

 

1. Restano ferme le disposizioni vigenti che disciplinano i contributi speciali e gli interventi diretti dello Stato riconducibili all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che perseguono finalità diverse da quelle indicate all'articolo 1. Con uno o più decreti legislativi integrativi adottati ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42 sono introdotte ulteriori disposizioni attuative dell'articolo 16 della citata legge con riferimento ai predetti contributi e interventi.

 

 

L’articolo 7 mantiene ferme le disposizioni vigenti che disciplinano i contributi speciali e gli interventi diretti dello Stato che sono riconducibili all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione e che perseguono finalità diverse da quelle indicate al precedente articolo 1.

 

Le finalità indicate dal quinto comma dell’articolo 119 Cost. sono:

§      promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale;

§      rimuovere gli squilibri economici e sociali;

§      favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona;

§      provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni di comuni, province, città metropolitane e regioni.

 

Le finalità indicate all’articolo 1 dello schema in esame sono:

§      promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale;

§      rimuovere gli squilibri economici e sociali del Paese.

 

Conseguente il primo periodo del comma in esame, sembrerebbe mantenere ferme le disposizioni vigenti relative alle finalità di “favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona” e di “provvedere (da parte dello Stato) a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni di comuni, province, città metropolitane e regioni”, che sono indicate nell’articolo 119, quinto comma, Cost., ma non ricomprese nell’articolo 1 del provvedimento in esame.

 

Il secondo periodo  del comma in esame prevede la possibilità, con riferimento ai predetti contributi e interventi “diversi”, che siano introdotte ulteriori disposizioni attuative dell’articolo 16 della legge delega n. 42 del 2009, mediante uno o più decreti legislativi integrativi adottati secondo la procedura prevista dalla medesima legge.

 

Al riguardo si osserva che la disposizione di cui al secondo periodo andrebbe valutata alla luce dei principi di delega, atteso che essa attribuisce a successivi decreti legislativi il potere di definire istituti introdotti dal testo, benché sia da ritenere che tali decreti possano intervenire entro il 21 maggio 2011 solo per l’attuazione dell’oggetto della delega ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 42.

 

Si osserva, inoltre, che la relazione illustrativa allo schema di decreto indica tra i contribuiti e interventi per finalità diverse, quelli rivolti ai territori montani e alle isole minori, benché gli stessi potrebbero ritenersi rientrare tra quelli aventi il fine di “promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale e di rimuovere gli squilibri economici e sociali del Paese”, come riportato dall’articolo 1 in esame.

 

Si ricorda che tra i criteri indicati dall’articolo 16 della legge delega vengono considerate le specificità territoriali, il deficit infrastrutturale[35], i diritti della persona, la collocazione geografica degli enti, la loro prossimità al confine con altri Stati o con regioni ad autonomia speciale, il carattere montano dei territori, la specificità delle isole minori e l'esigenza di tutela del patrimonio storico e artistico ai fini della promozione dello sviluppo economico e sociale.

 

In particolare alle specifiche tipologie si ricorda che:

-       Territori confinanti con RSS: l’articolo 6, comma 7, del D.L. n. 81/2007 (legge 127/2007) ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un Fondo destinato alla valorizzazione e alla promozione dei territori confinanti con le Regioni a statuto speciale. Per il 2011, nel bilancio della Presidenza del Consiglio (cap. 446) lo stanziamento risulta pari a 17,6 milioni di euro.    Inoltre le province autonome di Trento e di Bolzano destinano annualmente 40 milioni di euro in favore dei comuni della Lombardia e del Veneto con esse confinanti (legge n. 191/2009, articolo 2, commi 106-125).  Le modalità di riparto dei fondi sono state disciplinate con il DPCM 14 gennaio 2011 (G.U. n. 66 del 22 marzo 2011).

-        Fondo per la montagna: previsto dall’articolo 2 della legge n. 97/1994, attualmente gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari regionali (cap. 445). La dotazione del Fondo per la montagna per il 2010 è pari a circa 44 milioni di euro, mentre nel bilancio per il 2011 non sono presenti risorse.

-        Isole minori: la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007), all’articolo 2, comma 41, aveva istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari regionali, un Fondo di sviluppo delle isole minori, con una dotazione a decorrere dal 2008 pari a 20 milioni. Tale finanziamento è stato è stato successivamente azzerato a decorrere dal 2010 dal D.L. n. 93/2008 (legge n. 126/2008). Con il DPCM 1° ottobre 2010 (G.U. n. 58 dell’11 marzo 2011) sono stati dettati i criteri per l’erogazione delle risorse relative agli anni 2008 e 2009.

-        Tutela del patrimonio storico e artistico ai fini della promozione dello sviluppo economico e sociale: a partire dall’anno 2005, è stata prevista l’assegnazione di appositi contributi, a carico del bilancio dello Stato, per la realizzazione di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio (da ultimo, si ricorda l’articolo 13, comma 3-quater del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, che ha finanziato il relativo “Fondo per la concessione di contributi relativi agli interventi da realizzare dagli enti locali per il risanamento ed il recupero dell'ambiente e per la tutela dei beni culturali” di 60 milioni di euro per il 2009 e di 30 milioni per ciascun anno del biennio 2010-2011). Il riparto delle risorse tra gli enti locali (iscritte nel capitolo 7536 dello stato di previsione del Ministero dell’economia) è stato annualmente effettuato con decreti del Ministro dell’economia e finanze, in coerenza con appositi atto di indirizzo parlamentare.


 

Profili finanziari

 

La relazione tecnico-finanziaria afferma che il provvedimento in esame è diretto ad attuare la delega contenuta nella L. 49/2009, la quale impone di individuare interventi diretti, in conformità all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, alla promozione dello sviluppo economico e della coesione economica, sociale e territoriale del Paese, al fine di promuovere la rimozione di squilibri storici.

Con il provvedimento in esame sono individuati strumenti procedurali idonei a creare le condizioni per rendere più efficace la politica di coesione e a promuovere le discontinuità necessarie – sul piano dei contenuti e delle regole di programmazione e attuazione – per conseguire risultati più visibili e incisivi.

Tale impostazione mira, pertanto, a individuare, con maggiore precisione, le responsabilità istituzionali in materia, ad accelerare la realizzazione di interventi e a rendere più efficiente la spesa delle risorse finanziarie dedicate allo scopo.

La RT afferma che dall’attuazione del presente schema di decreto non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto, come illustrato, si tratta di un impianto normativo a carattere ordinamentale e procedimentale che scaturisce direttamente dai criteri di delega, tra i quali, peraltro, non vi era alcuna possibilità di inserire norme onerose per la finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva preliminarmente che il provvedimento in esame, come afferma la relazione tecnica, appare essenzialmente improntato a un carattere ordinamentale e procedimentale.

Fermo restando tale carattere, appare utile acquisire chiarimenti circa le modalità di raccordo delle norme in esame con le altre misure previste nell’ambito complessivo della riforma del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali. In particolare, il provvedimento non fa esplicito riferimento alle procedure di ricognizione delle dotazioni infrastrutturali in possesso delle singole regioni, oggetto di disciplina da parte di un apposito decreto ministeriale attualmente all’esame della Conferenza unificata. Le risultanze di tale processo di ricognizione, nonché la conseguente determinazione dei fabbisogni infrastrutturali necessari affinché le amministrazioni locali siano poste in grado di garantire i livelli essenziali delle prestazioni, sembrano dover costituire la premessa informativa cui correlate la determinazione dei criteri di riparto delle risorse disponibili. Questi ultimi, in base all’individuazione di specifiche priorità- che andranno determinati ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a) – dovranno infatti assicurare un percorso di convergenza verso la dotazione infrastrutturale necessaria ad assicurare livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale.

Appare inoltre opportuno che sia chiarito se, a seguito dell’attuazione della riforma relativa al federalismo fiscale, di cui il presente provvedimento costituisce l’articolazione riguardante l’adeguamento infrastrutturale, si configuri un vincolo di destinazione delle risorse destinate a tale scopo e la conseguente inidoneità delle stesse a costituire strumenti di copertura di altre tipologie di interventi. Si ricorda infatti che, negli esercizi pregressi, le risorse del Fas in molti casi  hanno subito riduzioni finalizzate a compensare gli effetti finanziari di disposizioni di natura diversa.

 

Si ricorda in proposito, ad esempio, che nell’anno 2008 sono state approvate disposizioni che apportavano riduzioni ai fondi per le aree sottoutilizzate per circa 12,9 miliardi di euro complessivi sull’arco pluriennale 2008-2011[36] in attuazione di specifiche disposizioni legislative, tra cui l’articolo 5, comma 3, del DL 154/2008 (disavanzi delle città di Roma e Catania), l’articolo 1, comma 22, della L. 244/2007 (legge finanziaria 2008, relativo all’agevolazione per la rottamazione di frigoriferi) e gli articoli 1, comma 3, e 4 del DL 180/2008 (assunzione di ricercatori universitari).

 


Normativa di riferimento

 


L. 5 maggio 2009, n. 42
Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,
in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione

(art. 16)

--------------------------------------------------

Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 maggio 2009, n. 103.

 

 

Capo V

INTERVENTI SPECIALI

 

Art. 16. (Interventi di cui al quinto comma dell’ articolo 119 della Costituzione)

1. I decreti legislativi di cui all’ articolo 2, con riferimento all’attuazione dell’ articolo 119, quinto comma, della Costituzione, sono adottati secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) definizione delle modalità in base alle quali gli interventi finalizzati agli obiettivi di cui al quinto comma dell’ articolo 119 della Costituzione sono finanziati con contributi speciali dal bilancio dello Stato, con i finanziamenti dell’Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali, secondo il metodo della programmazione pluriennale. I finanziamenti dell’Unione europea non possono essere sostitutivi dei contributi speciali dello Stato;

b) confluenza dei contributi speciali dal bilancio dello Stato, mantenendo le proprie finalizzazioni, in appositi fondi a destinazione vincolata attribuiti ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni;

c) considerazione delle specifiche realtà territoriali, con particolare riguardo alla realtà socio-economica, al deficit infrastrutturale, ai diritti della persona, alla collocazione geografica degli enti, alla loro prossimità al confine con altri Stati o con regioni a statuto speciale, ai territori montani e alle isole minori, all’esigenza di tutela del patrimonio storico e artistico ai fini della promozione dello sviluppo economico e sociale;

d) individuazione di interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione delle aree sottoutilizzate del Paese e la solidarietà sociale, a rimuovere gli squilibri economici e sociali e a favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona; l’azione per la rimozione degli squilibri strutturali di natura economica e sociale a sostegno delle aree sottoutilizzate si attua attraverso interventi speciali organizzati in piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella destinazione;

e) definizione delle modalità per cui gli obiettivi e i criteri di utilizzazione delle risorse stanziate dallo Stato ai sensi del presente articolo sono oggetto di intesa in sede di Conferenza unificata e disciplinati con i provvedimenti annuali che determinano la manovra finanziaria. L’entità delle risorse è determinata dai medesimi provvedimenti.

 

(omissis)

 

 


Allegato

 


 




 

 


 

 

 

 

 



[1]    Si sottolinea che la legge delega n. 42/2009, per converso, non prevede il vincolo di destinazione in tema di assegnazione delle quote del fondo perequativo (articolo 9), nonché in tema di gettito delle compartecipazioni spettanti agli enti locali (articolo 11).

[2]    Per una disamina delle questioni relative alla perequazione infrastrutturale, vedi scheda di lettura relativa all’articolo 4.

[3]     L’articolo 6, comma 7, del D.L. n. 81/2007 (legge 127/2007), come novellato dall’articolo 2, comma 45, della legge finanziaria per il 2009 (legge n. 203/2008), ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un Fondo destinato alla valorizzazione e alla promozione dei territori confinanti con le Regioni a statuto speciale. Per il 2011, nel bilancio della Presidenza del Consiglio (cap. 446) lo stanziamento risulta pari a 17,6 milioni di euro.

      Si ricorda, inoltre, che la legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009, articolo 2, commi 106-125), ha previsto, nell’ambito della revisione dell’ordinamento finanziario della Regione Trentino Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto del principio di leale collaborazione, concorrono al conseguimento di obiettivi di perequazione e di solidarietà attraverso il finanziamento di progetti, di durata anche pluriennale, per la valorizzazione, lo sviluppo economico e sociale, l’integrazione e la coesione dei territori dei comuni appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti con le due province, a partire dall’esercizio 2010 (comma 117). Ciascuna delle due province autonome di Trento e di Bolzano assicura annualmente un intervento finanziario determinato in 40 milioni di euro. In merito alle modalità di riparto dei fondi per lo sviluppo dei comuni siti nelle regioni Veneto e Lombardia confinanti con le province autonome di Trento e Bolzano è stato emanato il DPCM 14 gennaio 2011 (G.U. n. 66 del 22 marzo 2011).

[4]     Uno strumento finanziario di intervento per lo sviluppo delle aree montane è riconducibile al Fondo nazionale per la montagna, previsto dall’articolo 2 della legge n. 97/1994, attualmente gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari regionali (cap. 445). La dotazione del Fondo per la montagna per il 2010 è pari a circa 44 milioni di euro, mentre nel bilancio per il 2011 non sono presenti risorse.

[5]     Si ricorda che la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007), all’articolo 2, comma 41, aveva istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari regionali, un Fondo di sviluppo delle isole minori, con una dotazione a decorrere dal 2008 pari a 20 milioni. Tale finanziamento è stato è stato successivamente azzerato a decorrere dal 2010 dal D.L. n. 93/2008 (legge n. 126/2008). Con il DPCM 1° ottobre 2010 (G.U. n. 58 dell’11 marzo 2011) sono stati dettati i criteri per l’erogazione delle risorse relative agli anni 2008 e 2009.

[6]    Con riferimento all'esigenza di tutela del patrimonio storico e artistico ai fini della promozione dello sviluppo economico e sociale, si segnala che, a partire dall’anno 2005, è stata prevista l’assegnazione di appositi contributi, a carico del bilancio dello Stato, per la realizzazione di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio (da ultimo, si ricorda l’articolo 13, comma 3-quater del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, che ha finanziato il relativo “Fondo per la concessione di contributi relativi agli interventi da realizzare dagli enti locali per il risanamento ed il recupero dell'ambiente e per la tutela dei beni culturali” di 60 milioni di euro per il 2009 e di 30 milioni per ciascun anno del biennio 2010-2011). Il riparto delle risorse tra gli enti locali (iscritte nel capitolo 7536 dello stato di previsione del Ministero dell’economia) è stato annualmente effettuato con decreti del Ministro dell’economia e finanze, in coerenza con appositi atto di indirizzo parlamentare.

[7]    Cfr. Camera deputati, Doc. CCXXXVI n. 1, pp. 55 e 56.

[8]    Per una analisi della delibera n. 79/2010, vedi scheda di lettura relativa all’articolo 6.

[9]    In occasione di tale documento è stato avviato lo scorso novembre un periodo di consultazioni pubbliche per la formulazione di proposte legislative, da presentare entro il primo semestre 2011, finalizzate ad allineare più strettamente la politica di coesione alla strategia Europa 2020 mediante un quadro strategico comune, un contratto di partnership sullo sviluppo tra Stati membri e Commissione derivante dalle strategie presentate nei programmi nazionali di riforma, nonché mediante i programmi operativi quale principale strumento di gestione per tradurre i documenti strategici in priorità di investimento corredate da obiettivi misurabili.

[10]    Compongono il partenariato le organizzazioni datoriali maggiormente rappresentative, incluse quelle del credito; le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, di rappresentanza del volontariato e del no-profit (terzo settore), ambientaliste e di promozione delle pari opportunità. In attuazione degli artt. 11 e 64 del Regolamento 1083/2006 sulle procedure di spesa dei fondi comunitari si prevede infatti che partecipi ai lavori dei Comitati di Sorveglianza dei programmi cofinanziati una idonea rappresentanza del partenariato socio-economico. Analogamente tale partecipazione è assicurata nelle sedi di sorveglianza della politica regionale nazionale.

[11]    La citata delibera CIPE n. 166/2007 prevede inoltre che sia svolta una sessione annuale sulla politica di coesione per il confronto sull’impostazione strategica della politica regionale unitaria, sui risultati conseguiti sul territorio, sull’avanzamento finanziario dei programmi e sull’integrazione delle fonti finanziarie. Ogni amministrazione interessata è chiamata a dotarsi di una segreteria tecnico-organizzativa per assicurare, nell’ambito del proprio sito istituzionale, una sezione dedicata al partenariato. Nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, nonchè Basilicata in phasing-out), infine, le parti economiche e sociali possono beneficiare di specifici progetti regionali di assistenza tecnica.

[12]   In termini percentuali, l’allocazione programmatica delle risorse stabilita dalla politica di coesione regionale nel ciclo di programmazione 2007-2013 è diretta prioritariamente alle reti e alla mobilità (17%) e la competitività dei sistemi produttivi (16%), all’energia sostenibile ed ambiente (15,8%) per l’uso più efficiente delle risorse ambientali, dalla ricerca ed innovazione (14%) e dalle risorse umane (9%). Le restanti priorità riguardano la valorizzazione delle risorse naturali e culturali, l’inclusione sociale e servizi per la qualità della vita, la competitività e attrattività delle città, la governance e i mercati concorrenziali e infine l’apertura internazionale.

[13]   Il QSN 2007-2013 prevede un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale, che transita dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie di cui alla legge n. 183/1987.

[14]   Tali obiettivi riguardano: miglioramento delle competenze in ambito scolastico; incremento dei servizi per l’infanzia e cura degli anziani; tutela della qualità dell’ambiente in relazione al ciclo integrato dei rifiuti urbani e in relazione al servizio idrico integrato.

[15]   Per il quale si rinvia a quanto illustrato nell’articolo 4 del provvedimento in esame.

[16]   Con il D.P.R. 29 dicembre 1988, n. 568, è stato dettato il regolamento per l’organizzazione e il funzionamento del Fondo. Per quanto riguarda le modalità di pagamento dei contributi (comunitari e nazionali) per l'attuazione dei programmi di politica comunitaria, si ricorda che il Fondo di rotazione si avvale, per il suo funzionamento, di due appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria generale dello Stato, nei quali vengono versate, rispettivamente, le somme erogate dalle Istituzioni della Comunità europea a favore dell'Italia, e le somme annualmente determinate con la legge di bilancio (articolo 5 della legge n. 183/1987).

      In caso di mancata attuazione del progetto, l'amministrazione competente è tenuta a provvedere al recupero ed alla restituzione al fondo di rotazione delle somme erogate e anticipate con la maggiorazione di un importo pari al tasso ufficiale di sconto in vigore nel periodo intercorso tra la data della erogazione e la data del recupero, nonché delle eventuali penalità. Al recupero si applicano le norme vigenti per la riscossione esattoriale delle imposte dirette dello Stato (art. 6, comma 3, della legge n. 183/1987).

[17]   Con riferimento agli ultimi anni, si segnala che:

-        la legge finanziaria 2009 (legge n. 203/2008) ha disposto in Tabella D un rifinanziamento del fondo per l’esercizio 2011, pari a 5.271 milioni di euro;

-        la legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009) ha disposto in Tabella D un rifinanziamento del fondo pari a 23,3 milioni per il 2010, 24,3 milioni per il 2011 e di 5.524,3 milioni per il 2012;

-        la legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010) ha disposto nella nuova Tavella E un rifinanziamento del Fondo pari a 5.500 milioni nel 2013.

[18]   Si ricorda che l‘IGRUE, ai sensi della delibera CIPE n. 36 del 2007, rappresenta in particolare un organismo nazionale di coordinamento delle Autorità di audit designate per ciascun programma operativo. Essa svolge un’azione di orientamento e di impulso diretta a garantire la corretta applicazione dei sistemi di gestione e di controllo previsti dalla normativa comunitaria, anche attraverso l’emanazione di linee guida e manuali sugli adempimenti e sulle procedure e metodologie, finalizzate ad assicurare una sana gestione finanziaria.

[19]    Si trattava, inizialmente, delle risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno, all’intervento ordinario nelle aree depresse, al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. Successive diverse disposizioni legislative hanno previsto la destinazione delle risorse FAS anche ad altri settori, quali, ad esempio, l’attrazione di investimenti, la filiera agroalimentare, ecc.

      Si ricorda che precedentemente, a seguito della soppressione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno e l’avvio dell’intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale, l’articolo 19, comma 5, del D.Lgs. n. 96 del 1993 aveva istituito il Fondo per le aree depresse, le cui risorse sono poi confluite nel Fondo per le aree sottoutilizzate.

[20]   Si ricorda che a partire dal DPEF 2009-2013 il Fondo infrastrutture è stato utilizzato prioritariamente per finanziare i progetti inseriti nel Programma delle infrastrutture strategiche  (PIS) previsto dalla cd. legge obiettivo (L. 443 del 2001) e il cui stato di avanzamento è contenuto in un allegato alla Decisione di finanza pubblica (che ha sostituito il DPEF a partire dal 2010), cd. Allegato infrastrutture.

[21]    La legge finanziaria dell’anno successivo (legge n. 244/2007) ha confermato l’importo complessivo delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), stanziato dalla legge finanziaria 2007 per il periodo di programmazione 2007-2013, rimodulando, tuttavia, tale importo tra le varie annualità 2008-2015. In particolare, gli importi annuali sono stati fissati in 1.100 milioni per il 2008, 4.400 milioni per il 2009, 9.166 milioni per il 2010, 9.500 milioni per il 2011, 11.000 milioni per il 2012, 11.000 milioni per il 2013, 9.400 milioni per il 2014 e 8.713 milioni per il 2015.

[22]   Il successivo comma 864 specificava che il Quadro strategico nazionale, in coerenza con l'indirizzo assunto nelle Linee guida, costituisce la sede della programmazione unitaria delle risorse aggiuntive, nazionali e comunitarie, e rappresenta, per le priorità individuate, il quadro di riferimento della programmazione delle risorse ordinarie in conto capitale, fatte salve le competenze regionali in materia. Per garantire l'unitarietà dell'impianto programmatico del Quadro strategico nazionale e per favorire l'ottimale e coordinato utilizzo delle relative risorse finanziarie, tenuto anche conto delle risorse ordinarie disponibili per la copertura degli interventi, presso il Ministero dello sviluppo economico è istituita, avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie già esistenti, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una cabina di regia per gli interventi nel settore delle infrastrutture e dei trasporti, composta dai rappresentanti delle regioni del Mezzogiorno e dei Ministeri competenti.

[23]    Si segnala che nella delibera CIPE n. 166 il riparto è stato effettuato per un importo leggermente inferiore rispetto a quello indicato dalla legge finanziaria 2007, per 63.273 milioni di euro, al netto rispetto all’importo complessivo sopraindicato, di 1.106 milioni di euro già assegnato dal CIPE con precedente delibera n. 50 del 2007.

[24]    L’articolo 6-quater del D.L. n. 112/2008 ha disposto il recupero delle risorse relative al periodo di programmazione 2000-2006 assegnate dal CIPE in favore di amministrazioni centrali e regionali che alla data del 31 maggio 2008 non risultavano ancora impegnate, disponendo la revoca di tali assegnazioni ed imponendo ai soggetti assegnatari il versamento delle somme revocate all’entrata nel bilancio dello Stato, ai fini della loro riassegnazione al FAS.

[25]   Per una analisi dettagliata dell’utilizzo delle risorse, vedi, Dossier Camera dei deputati  “Il riparto delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate - Ciclo di programmazione 2007-2013”, serie Documentazione e ricerche, n. 169 del 5 novembre 2010.

[26]    Rispetto al bilancio a legislazione vigente la legge di stabilità per il 2011 ha effettuato in Tabella E una rimodulazione delle risorse FAS, anticipando complessivi 8 miliardi di euro del 2014 al 2011 (+1 miliardo), al 2012 (+3 miliardi) e al 2013 (+4 miliardi).

[27] La tabella E delle legge di stabilità 2011 ha disposto una rimodulazione del Fondo per le aree sottoutilizzate attraverso un incremento delle relative risorse di 1 miliardo nel 2011, di 3 miliardi nel 2012, di 4 miliardi nel 2013, con una riduzione compensativa delle risorse di 8 miliardi relativamente agli anni 2014 e successivi.

[28]   In particolare si dispone che le riprogrammazioni relative ai Programmi attuativi FAS sono approvate dal Comitato di sorveglianza o dall’organismo assimilato e trasmesse al MISE-DPS. La riprogrammazione dei Programmi attuativi FAS che comporti una modifica del riparto delle risorse viene portata a conoscenza del MISE-DPS, e, per quanto di competenza, del CIPE, prima dell’approvazione della riprogrammazione stessa, per l’esame della sua rilevanza in termini di impatto sull’attuazione della strategia del QSN e, nel caso dei Programmi attuativi FAS nazionali, per l’eventuale approvazione. Entro il primo semestre del 2011 e secondo le modalità previste in una successiva delibera del CIPE:

-          il CIPE procede, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, ad una verifica di metà periodo sullo stato di attuazione della programmazione complessiva;

-          le Amministrazioni procedono all’eventuale aggiornamento dell’impostazione e dell’attuazione della strategia del QSN;

-          il CIPE procede, anche sulla base delle proposte di aggiornamento della strategia e degli esiti della verifica del rispetto della congrua destinazione delle risorse del FAS al potenziamento delle infrastrutture del Mezzogiorno, all’allocazione delle quote accantonate a titolo di riserva di programmazione.

 

[29]   Al fine di rafforzare la concentrazione su interventi di rilevanza strategica nazionale delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, l’articolo 6-quater  del D.L. n. 112/2008 stabilisce che, su indicazione dei Ministri competenti sono revocate le relative assegnazioni operate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) per il periodo 2000-2006 in favore di amministrazioni centrali con le delibere adottate fino al 31 dicembre 2006, nel limite dell’ammontare delle risorse che entro la data del 31 maggio 2008 non sono state impegnate o programmate nell’ambito di accordi di programma quadro sottoscritti entro la medesima data, con esclusione delle assegnazioni per progetti di ricerca, anche sanitaria. In ogni caso è fatta salva la ripartizione dell’85% delle risorse alle regioni del Mezzogiorno e del restante 15% alle regioni del Centro-Nord.  Le risorse oggetto della revoca che siano già state trasferite ai soggetti assegnatari sono versate in entrata nel bilancio dello Stato per essere riassegnate alla unità previsionale di base in cui è iscritto il Fondo per le aree sottoutilizzate.

[30]    I commi successivi prevedono che I pagamenti destinati a dipendenti, consulenti e fornitori di beni e servizi rientranti tra le spese generali nonché quelli destinati alla provvista di immobilizzazioni tecniche sono eseguiti tramite conto corrente dedicato di cui al comma 1, anche con strumenti diversi dal bonifico bancario o postale purché idonei a garantire la piena tracciabilità delle operazioni per l'intero importo dovuto, anche se questo non è riferibile in via esclusiva alla realizzazione degli interventi di cui al medesimo comma 1. (comma 2)

      I pagamenti in favore di enti previdenziali, assicurativi e istituzionali, nonché quelli in favore di gestori e fornitori di pubblici servizi, ovvero quelli riguardanti tributi, possono essere eseguiti anche con strumenti diversi dal bonifico bancario o postale, fermo restando l’obbligo di documentazione della spesa. Per le spese giornaliere, di importo inferiore o uguale a 1.500 euro, relative agli interventi di cui al comma 1, possono essere utilizzati sistemi diversi dal bonifico bancario o postale, fermi restando il divieto di impiego del contante e l’obbligo di documentazione della spesa. L’eventuale costituzione di un fondo cassa cui attingere per spese giornaliere, salvo l’obbligo di rendicontazione, deve essere effettuata tramite bonifico bancario o postale o altro strumento di pagamento idoneo a consentire la tracciabilità delle operazioni, in favore di uno o più dipendenti. (comma 3).

      Ove per il pagamento di spese estranee ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1 sia necessario il ricorso a somme provenienti da conti correnti dedicati di cui al medesimo comma 1, questi ultimi possono essere successivamente reintegrati mediante bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni. (comma 4)

      Ai fini della tracciabilità dei flussi finanziari, gli strumenti di pagamento devono riportare, in relazione a ciascuna transazione posta in essere dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti di cui al comma 1, il codice identificativo di gara (CIG), attribuito dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture su richiesta della stazione appaltante e, ove obbligatorio ai sensi dell'articolo 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, il codice unico di progetto (CUP). In regime transitorio, sino all’adeguamento dei sistemi telematici delle banche e della società Poste italiane Spa, il CUP può essere inserito nello spazio destinato alla trascrizione della motivazione del pagamento (comma 5).

      I soggetti di cui al comma 1 comunicano alla stazione appaltante o all'amministrazione concedente gli estremi identificativi dei conti correnti dedicati di cui al medesimo comma 1 entro sette giorni dalla loro accensione o, nel caso di conti correnti già esistenti, dalla loro prima utilizzazione in operazioni finanziarie relative ad una commessa pubblica, nonché, nello stesso termine, le generalità e il codice fiscale delle persone delegate ad operare su di essi. Gli stessi soggetti provvedono, altresì, a comunicare ogni modifica relativa ai dati trasmessi (comma 7).

      La stazione appaltante, nei contratti sottoscritti con gli appaltatori relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1, inserisce, a pena di nullità assoluta, un'apposita clausola con la quale essi assumono gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla presente legge. L'appaltatore, il subappaltatore o il subcontraente che ha notizia dell'inadempimento della propria controparte agli obblighi di tracciabilità finanziaria di cui al presente articolo ne dà immediata comunicazione alla stazione appaltante e alla prefettura-ufficio territoriale del Governo della provincia ove ha sede la stazione appaltante o l'amministrazione concedente (comma 8).

      La stazione appaltante verifica che nei contratti sottoscritti con i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese a qualsiasi titolo interessate ai lavori, ai servizi e alle forniture di cui al comma 1 sia inserita, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola con la quale ciascuno di essi assume gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla presente legge (comma 9).

      Il mancato utilizzo del bonifico bancario o postale ovvero degli altri strumenti idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni costituisce causa di risoluzione del contratto (comma 9-bis).

[31]   I nuclei di valutazione e verifica operano all'interno delle rispettive amministrazioni ed esprimono adeguati livelli di competenza tecnica ed operativa al fine di poter svolgere funzioni tecniche a forte contenuto di specializzazione, con particolare riferimento per:

a) l'assistenza e il supporto tecnico per le fasi di programmazione, formulazione e valutazione di documenti di programma, per le analisi di opportunità e fattibilità degli investimenti e per la valutazione ex ante di progetti e interventi, tenendo conto in particolare di criteri di qualità ambientale e di sostenibilità dello sviluppo ovvero dell'indicazione della compatibilità ecologica degli investimenti pubblici;

b) la gestione del Sistema di monitoraggio, da realizzare congiuntamente con gli uffici di statistica delle rispettive amministrazioni;

c) l'attività volta alla graduale estensione delle tecniche proprie dei fondi strutturali all'insieme dei programmi e dei progetti attuati a livello territoriale, con riferimento alle fasi di programmazione, valutazione, monitoraggio e verifica.

[32]   http://www.dps.tesoro.it/documentazione/QSN/docs/QSN2007-2013_giu_07.pdf

[33]   L’articolo 120 Cost. - come sostituito dall'articolo 6 della legge costituzionale n. 3 del 2001 - al comma 2, stabilisce che Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione. 

[34]   L’articolo 8 della legge n. 131 del 2003, al comma 1, dispone che nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

[35]   Per una disamina delle questioni relative alla perequazione infrastrutturale, vedi scheda di lettura relativa all’articolo 4.

[36] Per una ricognizione puntuale di tali interventi cfr. il dossier del Sevizio Studi della Camera dei deputati “Il riparto delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate” N. 169, del 5 novembre 2010, pagine 3 e 4.