Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||||||
Titolo: | Utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) in cementifici soggetti al regime dell'autorizzazione integrata ambientale - Schema di D.Lgs. n. 529 (art. 17, co. 2, L. 400/1988; art. 214, co. 11, D.Lgs. 152/2006) - Schede di lettura | ||||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 471 | ||||||||
Data: | 21/01/2013 | ||||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici | ||||||||
Altri riferimenti: |
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Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Ambiente ( 066760-9253 – * st_ambiente@camera.it |
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati
alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi
parlamentari e dei parlamentari. |
File: Am0328.doc |
L'art. 214, comma 11 ("Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate") del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente), demanda ad uno o più regolamenti di delegificazione, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della L. 400/1988, l’individuazione delle condizioni per poter considerare come “modifica non sostanziale” l'utilizzo di combustibili alternativi in impianti soggetti ad AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale, disciplinata dal Titolo III-bis della Parte seconda del Codice) e dotati di certificazione di qualità ambientale.
La stessa norma consente ai predetti regolamenti di stabilire, nel rispetto del comma 4 dell’art. 177 del Codice, le opportune modalità di integrazione ed unificazione delle procedure, anche presupposte, per l’aggiornamento dell’AIA, con effetto di assorbimento e sostituzione di ogni altro prescritto atto di assenso.
Il citato comma 4 dell’art. 177 del D.Lgs. 152/2006 prevede che i rifiuti siano gestiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
Viene altresì prevista l’applicazione del regime della dichiarazione di inizio attività (DIA), disciplinata dagli artt. 22-23 del D.P.R. 380/2001[1], alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate.
Si ricorda che l’art. 5, comma 1, lett. b), del D.L. 70/2011, ha previsto l’estensione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) agli interventi edilizi precedentemente compiuti con DIA (denuncia di inizio attività).
Rispetto alla delegificazione prevista dal comma 11 dell’art. 214 del Codice, lo schema reca norme volte a disciplinare l’utilizzo di un particolare tipo di combustibili, i combustibili solidi secondari (CSS), in una particolare categoria di impianti: i cementifici.
L'utilizzo dei CSS nei cementifici previsti dallo schema in esame è attualmente soggetto alla normativa sul coincenerimento dei rifiuti (D.Lgs. 133/2005) ed all'AIA (Tiitolo III-bis della Parte II del D.Lgs. 152/2006).
Trattandosi di un regolamento di delegificazione ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, sullo schema in commento è stato acquisito il parere del Consiglio di Stato espresso nella seduta del 28 dicembre 2012 che, tra l’altro, segnala che la norma primaria richiede, ai fini dell'emanazione del decreto, la proposta del Ministero dell'ambiente "sentito il Ministro dello sviluppo economico".
Il Consiglio, nel rilevare che lo schema di regolamento dà atto di tale adempimento nel preambolo mediante la consueta formula "sentito il Ministro dello sviluppo economico"; rileva che “in atti non risulta peraltro versato alcun provvedimento che attesti l'avvenuto adempimento” e pertanto auspica l’eliminazione di tale evidente vizio di carattere non meramente formale mediante l'acquisizione dell'atto prima di sottoporre Io schema alla deliberazione definitiva del Consiglio dei Ministri.
Articolo 1
L’art. 1 definisce, al comma
§ impianti di produzione di cemento a ciclo completo;
Il riferimento al “ciclo completo” appare necessario alla luce del fatto che non tutte le cementerie possiedono il ciclo completo per produrre il cemento: vi sono infatti semplici centri di macinazione che acquistano clinker (o utilizzano clinker prodotto da altri stabilimenti o da altre linee) e lo miscelano con sostanze di carica durante la "macinazione del cotto" per produrre le diverse tipologie di cemento.
Il processo produttivo del cemento
Il componente principale del cemento è il clinker, che viene prodotto a partire da materie prime naturali
quali calcare e argilla che vengono frantumati, finemente macinati,
omogeneizzati e alimentati al forno di cottura. E' necessario cuocere il clinker a
In uscita dal
forno il clinker viene raffreddato e
inviato alla fase successiva per la macinazione nei mulini con l'aggiunta di
gesso e altri componenti selezionati (come loppa d'altoforno, ceneri volanti,
pozzolane naturali, calcare, etc.). Tutti i costituenti vengono macinati per
formare una polvere omogenea: il cemento.
Si fa notare che
nel processo produttivo del cemento, l’energia termica viene impiegata quasi
esclusivamente nella linea di cottura del clinker.
§ con capacità produttiva superiore a 500 tonnellate giornaliere di clinker;
Si ricorda che ai sensi del numero 3.1 dell’allegato VIII alla parte II del D.Lgs. 152/2006, sono soggetti ad AIA gli “impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno”.
§ soggetti ad AIA (cioè alle norme del Titolo III-bis della Parte II del Codice);
§ dotati di certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001 o con registrazione EMAS di cui al regolamento (CE) n. 1221/2009.
Relativamente alla definizione di CSS si ricorda che, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera cc), del D.Lgs. 152/2006, fa riferimento al combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate dalle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni[2].
Tale definizione è stata introdotta, in luogo delle precedenti definizioni di combustibile da rifiuti (CDR e CDR di qualità elevata, CDR-Q) nel testo del Codice dell’ambiente dal D.Lgs. 205/2010 con cui è stata recepita la direttiva europea 2008/98/CE, che ha modificato la disciplina concernente i rifiuti[3].
La norma chiarisce che, fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, sulla cessazione della qualifica di rifiuto (c.d. end of waste), il CSS è classificato come rifiuto speciale.
Relativamente all’end of waste, l’art. 184-ter del D.Lgs. 152/2006 indica le condizioni alle quali un rifiuto, sottoposto a un’operazione di recupero, cessa di essere tale.
Con riferimento alle certificazioni ambientali volontarie citate (ISO 14001 ed EMAS), esse sono finalizzate al miglioramento del sistema di gestione ambientale di un’organizzazione al fine di prevederne e migliorarne continuamente gli impatti ambientali.
Il Regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), che ha abrogato il precedente regolamento (CE) n. 761/2001, disciplina il sistema EMAS (Eco-Management and Audit Scheme), che si propone l'obiettivo di promuovere il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali delle organizzazioni mediante l'istituzione e l'applicazione di sistemi di gestione ambientale (SGA), la valutazione sistematica, obiettiva e periodica delle prestazioni di tali sistemi, l'offerta di informazioni sulle prestazioni ambientali, un dialogo aperto con il pubblico e le altre parti interessate e infine con il coinvolgimento attivo e un'adeguata formazione del personale da parte delle organizzazioni interessate. La procedura prevista dal regolamento EMAS si conclude con la registrazione presso l'organismo competente dello Stato membro in seguito all’ottenimento della verifica da parte di un verificatore accreditato.
La norma ISO 14001 è stata recepita dal Regolamento EMAS. L’Allegato II del regolamento (CE) n. 1221/2009 prevede, infatti, che i requisiti applicabili al sistema di gestione ambientale in ambito EMAS sono quelli definiti nella sezione 4 della norma EN ISO 14001:2004 e riportati nella parte A del citato allegato II. Le organizzazioni registrate EMAS, tuttavia, devono anche tener conto di ulteriori elementi riportati nella parte B del medesimo allegato.
Il comma 2 precisa che lo schema disciplina, altresì, le modalità di integrazione e unificazione dei procedimenti, anche presupposti, per l'aggiornamento dell'AIA.
Il comma 3 dispone che, ai fini del regolamento, si applicano, per quanto non diversamente disposto, le definizioni di cui al D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) e al D.Lgs. 133/2005 sull’incenerimento di rifiuti.
La definizione principale cui si fa rinvio è senza dubbio quella di CSS di cui al precitato art. 183, comma 1, lett. cc), del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Articolo 2
L’art. 2 opera un rinvio dinamico alle successive modifiche e integrazioni della normativa europea e statale citata nel regolamento, specificando che ogni riferimento a disposizioni di diritto europeo e nazionale, ovvero a norme e regolamentazioni tecniche, deve intendersi anche alle relative modifiche e integrazioni allo scopo di assicurare un aggiornamento della disciplina citata nel regolamento medesimo.
Articolo 3
L’art. 3 individua le condizioni al cui ricorrere l'utilizzo del CSS, in parziale sostituzione dei combustibili fossili tradizionali, costituisce, ad ogni effetto di legge, modifica non sostanziale.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, che rinvia alle definizioni del Codice dell’ambiente, valgono, anche nell’ambito dello schema di decreto in commento, le seguenti definizioni recate dall’art. 5, comma 1, lettere l) ed l-bis), del D.Lgs. 152/2006:
l) modifica: la variazione di un impianto o progetto approvato, comprese le variazioni delle loro caratteristiche o del loro funzionamento, o un loro potenziamento, che possano produrre effetti sull'ambiente;
l-bis) modifica sostanziale di un progetto, opera o di un impianto: la variazione delle caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o dell'infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente. In particolare, con riferimento alla disciplina dell'AIA, per ciascuna attività per la quale sono indicati valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa.
Si ricorda altresì che ai sensi dell’art. 29-nonies, comma 2, del Codice, nel caso in cui si abbiano modifiche dell’impianto e le modifiche progettate risultino sostanziali, il gestore deve inviare all'autorità competente una nuova domanda di AIA. Diversamente, in caso di semplice modifica, l’autorità competente, ove lo ritenga necessario, aggiorna l'AIA o le relative condizioni.
Il comma 1, al fine di considerare “non sostanziale” la modifica dell’impianto relativa all’utilizzo di CSS in luogo dei combustibili tradizionali, richiede che sussistano tutte le seguenti condizioni:
a) siano soddisfatti uno o più requisiti che garantiscano un miglioramento della situazione ambientale. L’utilizzo dei CSS deve avere come effetto quello di ridurre le emissioni inquinanti, ivi incluse quelle di gas-serra; di incrementare l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili mediante un utilizzo sostenibile della biomassa a scopi energetici; di risparmiare risorse naturali; di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili non rinnovabili; di raggiungere un più elevato livello di recupero dei rifiuti nel rispetto della gerarchia di trattamento dei rifiuti[4], di ridurre le quantità della frazione biodegradabile dei rifiuti smaltiti in discarica.
b) il CSS sia prodotto in impianti autorizzati in procedura ordinaria in conformità alle norme sulla gestione dei rifiuti recati dalla Parte IV del D.Lgs. 152/2006 oppure dotati di certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI EN 15358 o registrati EMAS.
Relativamente al richiamo alla procedura ordinaria di autorizzazione di cui alla Parte IV del Codice dell’ambiente, si ricorda che la relativa disciplina è contenuta nell’art. 208 del D.Lgs. 152/2006 che riguarda l’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti.
Si ricorda che la norma UNI EN 15358 specifica i requisiti dei sistemi di gestione per la qualità nella produzione e commercializzazione di combustibili solidi secondari dalla raccolta fino alla consegna.
Si segnala che, secondo quanto evidenziato
dalla relazione illustrativa, la norma “prescrive che anche gli impianti di
produzione del CSS siano dotati di certificazione di qualità ambientale, al
pari dei cementifici nei quali è utilizzato come combustibile, a ulteriore
garanzia della qualità del CSS e del relativo processo di produzione”, mentre
la disposizione richiede che il CSS sia prodotto in impianti che dispongono o
di autorizzazione ex art. 208 del Codice o, “ai sensi del Titolo III –bis della
Parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006, di certificazione di qualità
ambientale” formulando, peraltro, in maniera poco chiara il richiamo all’AIA.
c) nell’impianto siano utilizzate le migliori tecniche disponibili, individuate ai sensi del Titolo III-bis della Parte II del D.Lgs. 152/2006, tenendo conto, in particolare, dei documenti BREF (BAT Reference Documents) pubblicati dalla Commissione europea e delle informazioni di cui, rispettivamente, all'articolo 29-bis ed all'articolo 29-terdecies del medesimo decreto legislativo.
Si
ricorda che l’art. 29-bis del D.Lgs.
152/2006 disciplina l’individuazione e l’utilizzo delle migliori tecniche
disponibili ai fini dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), mentre l’art. 29-terdecies
disciplina lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali e
Per quanto concerne il cemento, a titolo di esempio si segnala il Reference Document on Best Available Techniques in the Cement, Lime and Magnesium avide Manufacturin Industries[5] del maggio 2010.
d) nell’impianto siano applicati le prescrizioni, le condizioni di esercizio, le norme tecniche e i valori limite di emissione fissati conformemente al D.Lgs. 133/2005, fatti salvi prescrizioni e parametri più restrittivi dettati dall'AIA.
Si segnala che gli impianti dotati di AIA
sono ovviamente tenuti a rispettarne tutte le prescrizioni e parametri. Si
ricorda, infatti, che l’art. 29-decies dispone una serie di controlli
sull’osservanza delle prescrizioni dell’AIA e, in caso di inosservanza, prevede
(al comma 9) una serie di sanzioni che vanno dalla diffida ad eliminare le
irregolarità entro un termine assegnato, fino alla revoca dell'AIA.
e) il quantitativo giornaliero di CSS utilizzato nell’impianto sia inferiore a 100 tonnellate;
Con riferimento alla predetta soglia, si ricorda che ai sensi dell’allegato I, n. 10), della direttiva 2011/92/Ue e della lettera n) dell’allegato III alla parte seconda del D.Lgs. 152/2006, sono sottoposti a VIA regionale i progetti relativi ad impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento.
f) le eventuali opere edilizie connesse e strumentali, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l'alimentazione del combustibile solido secondario (CSS), siano realizzate nel perimetro dello stabilimento in cui e situato l'impianto.
La norma fa comunque salvo il disposto dell’art. 8, comma 1, del D.Lgs. 133/2005, secondo cui nell'esercizio dell'impianto di incenerimento o di coincenerimento devono essere adottate tutte le misure affinché le attrezzature utilizzate per la ricezione, gli stoccaggi, i pretrattamenti e la movimentazione dei rifiuti, nonché per la movimentazione o lo stoccaggio dei residui prodotti, siano progettate e gestite in modo da ridurre le emissioni e gli odori, secondo i criteri della migliore tecnologia disponibile.
La norma non si limita a fissare la succitata condizione che le opere rientrino nel perimetro dello stabilimento, ma disciplina anche il regime giuridico delle opere medesime. Viene infatti disposto che tali opere:
§ ad ogni effetto di legge, sono considerate pertinenza dell'impianto cui sono asservite;
Ai sensi dell’art. 817 c.c. sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. L'elemento fondamentale e caratterizzante dell'istituto giuridico in parola è costituito dal fatto che ciascuna cosa conserva la propria individualità ed autonomia, pur essendo unita all'altra dal trattamento giuridico.
§ ai fini della disciplina urbanistica ed edilizia, sono qualificate volumi tecnici;
Si
ricorda che, nel silenzio del testo unico dell’edilizia (D.P.R. 380/2001) sul
punto in questione, il Consiglio di Stato, con la sentenza 28 gennaio 2011, n.
§ qualora non autorizzate nell'ambito del procedimento unico di cui all'art. 5, sono soggette a SCIA.
In tal modo viene recepito quanto richiesto dall’art. 214, comma 11, del D.Lgs. 152/2006, che prevede l’applicazione del regime della DIA (disciplinata dagli artt. 22-23 del D.P.R. 380/2001), alle strutture eventualmente necessarie, ivi incluse quelle per lo stoccaggio e l’alimentazione del combustibile alternativo, realizzate nell’ambito del sito dello stabilimento qualora non già autorizzate.
La norma fa invece riferimento alla SCIA poiché l’art. 5, comma 1, lett. b), del D.L. 70/2011, ha previsto l’estensione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) agli interventi edilizi precedentemente compiuti con DIA (denuncia di inizio attività).
Il comma 2 dispone che l'utilizzo del CSS è soggetto ad autorizzazione in conformità al procedimento di cui all'art. 5.
Il comma 3 prevede che, anche nel caso in cui determinate tipologie di CSS dovessero cessare di essere un rifiuto, in forza dell’art. 184-ter del D.Lgs. 152/2006 (end of waste), in ogni caso rimane ferma l'osservanza delle condizioni e dei valori limite previsti dal D.Lgs. 133/2005 sull’incenerimento dei rifiuti.
Articolo 4
L’art. 4 concerne la comunicazione di avvio del procedimento unico di aggiornamento dell'AIA che il gestore dell'impianto che intende utilizzare CSS è tenuto ad inoltrare:
§ all’autorità competente;
§ e al comune nel cui territorio è situato l’impianto.
L’autorità competente è
l’autorità competente al rilascio dell’AIA. Ai sensi del disposto combinato del
numero 3.1 dell’allegato VIII e dell’allegato XII alla parte seconda del D.Lgs. 152/2006, gli impianti rientranti nel campo di
applicazione dello schema in commento sono soggetti ad AIA regionale, per cui
l’autorità competente è
I commi 2 e 3 elencano tassativamente i contenuti della comunicazione.
La comunicazione è corredata, in particolare:
§ da una relazione tecnica, dalla quale si desume che l'utilizzo del CSS è conforme alle migliori tecniche disponibili e conduce ad un bilancio ambientale favorevole, anche tenuto conto dei pertinenti criteri per la verifica di assoggettabilità a VIA recati dall’Allegato V della parte seconda del Codice;
§ e da una sintesi non tecnica destinata al pubblico, ai fini di quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 5 (che, lo si ricorda, prevede la messa a disposizione del pubblico della comunicazione, affinché chiunque vi abbia interesse possa inviare le proprie osservazioni).
La comunicazione contiene inoltre informazioni relative:
§ ai quantitativi di CSS che si intendono utilizzare in sostituzione dei combustibili fossili entro il limite di 100 tonnellate giornaliere previsto dall’articolo 3, comma 1, lettera e);
§ alle modalità tecniche e all'osservanza dei valori limite e delle prescrizioni dell'AIA.
Alla comunicazione è altresì allegata copia della documentazione pertinente (certificazione di qualità ambientale; progetto delle eventuali opere connesse e strumentali).
Il comma 4 disciplina il formato della medesima, prevedendo che la comunicazione sia resa in copia cartacea e mediante supporto informatico riproducibile, secondo le modalità prescritte dall'autorità competente.
Articolo 5
L’art. 5 disciplina l'iter procedimentale e gli effetti del provvedimento di aggiornamento dell'AIA.
Il comma 1 disciplina la fase di avvio del procedimento, prevedendo che l'autorità competente, qualora riscontri l'incompletezza della comunicazione rispetto ai contenuti prescritti dall’art. 4, possa richiedere (entro 30 giorni dalla ricezione, e comunque per una sola volta), le integrazioni documentali necessarie.
Nel caso le integrazioni non siano fornite nel termine assegnato (non superiore a 60 giorni) il procedimento è archiviato, fatta salva la facoltà del gestore di ripresentare la comunicazione.
Il comma 2 disciplina la fase di pubblicità e partecipazione.
Viene in particolare prevista la pubblicazione integrale della comunicazione sui siti web del comune e dell’autorità competente e data la possibilità, a chiunque vi abbia interesse, di far pervenire osservazioni scritte nel termine di 30 giorni, anche per via telematica.
I commi 3 e 4 disciplinano la fase decisoria e il potere prescrittivo dell'autorità competente.
Ai sensi del comma 3, l’autorità competente, verificata la sussistenza delle prescrizioni di cui all’art. 4 e tenuto conto delle osservazioni, provvede ad aggiornare l'AIA entro 90 giorni dal ricevimento della comunicazione o dell’eventuale documentazione integrativa.
L’autorità competente può disporre misure integrative necessarie al rispetto del D.Lgs. 133/2005 in materia di incenerimento. Sono inoltre fatte salve le prescrizioni, anche più restrittive, contenute nell'AIA.
Nel caso siano previste le opere edilizie connesse e strumentali di cui all’art. 4, comma 3, lett. d), viene previsto il parere dell'amministrazione comunale, con esclusivo riferimento ai profili urbanistici ed edilizi.
Per tale parere è prevista un’ipotesi di silenzio-assenso qualora non venga reso entro 30 giorni dalla richiesta dell’autorità competente.
Ai sensi del comma 4 l’autorità competente può disporre ulteriori misure di aggiornamento concernenti l'uso dei CSS, motivate sulla base di quanto riportato nella prima comunicazione annuale sul funzionamento dell’impianto di cui all'art. 15, comma 3, del D.Lgs. 133/2005.
L’art. 15, comma 3, del D.Lgs. 133/2005 prevede che per gli impianti di incenerimento e coincenerimento aventi una capacità nominale di due o più tonnellate l'ora, entro il 30 giugno dell'anno successivo, il gestore predispone una relazione annuale relativa al funzionamento ed alla sorveglianza dell'impianto che dovrà essere trasmessa all'autorità competente. Tale relazione fornisce, come requisito minimo, informazioni in merito all'andamento del processo e delle emissioni nell'atmosfera e nell'acqua rispetto alle norme di emissione previste dal D.Lgs. 133/2005.
Ai sensi del comma 5, qualora l’autorità competente non si pronunci entro il prescritto
termine, ferma restando l'applicazione delle conseguenze sfavorevoli di cui
agli artt. 2, commi da
Si ricorda che le citate norme della L. 241/1990 disciplinano la mancata o tardiva emanazione del provvedimento, nonché, in caso di ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento, il risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
Con l’art. 8 della L. 131/2003 sono state dettate disposizioni di attuazione dell'art. 120 della Costituzione sul potere sostitutivo (assegnazione di un congruo termine per provvedere, adozione dei provvedimenti in via sostitutiva o eventuale nomina di un commissario, proporzionalità dei provvedimenti sostitutivi alle finalità perseguite, ecc.).
Il comma 6 dispone che il provvedimento di aggiornamento dell'AIA, oltre a produrre il consueto effetto sostitutivo delle autorizzazioni ambientali settoriali di cui all'allegato IX alla Parte II del codice ambientale (art 29-quater, comma 11), sostituisce altresì ogni altro atto di assenso (ambientale e non) eventualmente presupposto o comunque necessario, ivi inclusi quelli previsti dalla medesima Parte II del Codice ambientale (tra i quali la verifica di assoggettabilità, ove applicabile) e i titoli edilizi.
L’art. 29-quater, comma 11, del D.Lgs. 152/2006 dispone, tra l’altro, che le autorizzazioni integrate ambientali, rilasciate ai sensi del predetto decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'allegato IX, secondo le modalità e gli effetti previsti dalle relative norme settoriali.
Il comma 7 prevede che, almeno 15 giorni prima dell'effettivo utilizzo, il gestore dell'impianto trasmetta una comunicazione contenente l'elenco e la documentazione concernente gli impianti di produzione e le certificazioni di conformità del CSS alla normativa tecnica UNI EN 15359, ovvero, nei limiti dell’applicabilità della relativa disciplina, del combustibile da rifiuti (CDR) di cui al D.M. 5 febbraio 1998.
Si ricorda che l’art. 39, comma 8, del D.Lgs. 205/2010 (con cui si è provveduto a recepire la direttiva 2008/98/CE e, tra l’altro, a sostituire alle definizioni di CDR e CDR-Q, quella di CSS), dispone che rimangono in vigore fino alla loro scadenza naturale tutte le autorizzazioni in essere all’esercizio degli impianti di trattamento rifiuti che prevedono la produzione o l’utilizzo di CDR e CDR-Q, così come già definiti dall’articolo 183, comma 1, lett. r) e s), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, precedentemente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 205 del 2010, ivi incluse le comunicazioni per il recupero semplificato del CDR di cui alle procedure del D.M. 5 febbraio 1998 art. 3, Allegato 1, Suballegato 1, voce 14, e art. 4, Allegato 2, Suballegato 1, voce 1, salvo modifiche sostanziali che richiedano una revisione delle stesse.
Articolo 6
L’art. 6 reca le disposizioni transitorie e finali, principalmente rivolte a consentire l’applicazione delle disposizioni dello schema di regolamento anche ai procedimenti in itinere.
I commi 1 e
I commi 3 e 4 recano un'ulteriore forma di semplificazione riservata:
§ all'utilizzo del CSS in impianti già autorizzati al coincenerimento di rifiuti;
§ o al caso in cui per il CSS utilizzato nell’impianto sia stata dichiarata la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste) ai sensi dell’art. 184-ter del D.Lgs. 152/2006.
Nei casi indicati, i commi 3 e 4 ribadiscono che l’utilizzo del CSS non determina una modifica sostanziale ad ogni effetto di legge, e semplificano ulteriormente il procedimento prevedendo che si applichi esclusivamente il più snello procedimento di comunicazione di cui all'articolo 29-nonies, comma 1, del Codice ambientale. Per le eventuali opere edilizie da realizzare nel sito dello stabilimento è confermato il regime della SCIA.
Il comma 1 dell’art. 29-nonies del D.Lgs. 152/2006 prevede che il gestore comunichi all'autorità competente le modifiche progettate dell'impianto, e che quest’ultima, ove lo ritenga necessario, aggiorni l'autorizzazione integrata ambientale o le relative condizioni.
Il comma 5 opera un generale rinvio, per quanto non diversamente disposto, alle pertinenti disposizioni relative a controlli e sanzioni in materia di AIA dettate dal Titolo III-bis della Parte II del D.Lgs. 152/2006, nonché alle norme in materia di gestione dei CSS dettate dalla Parte IV del medesimo decreto, e in particolare alle norme attuative dell’art. 184-ter.
Su tale ultimo punto, si ricorda che il comma 2 dell’art. 184-ter del D.Lgs. 152/2006 prevede l’emanazione di uno o più decreti del Ministro dell’ambiente volti ad adottare, in conformità alle disposizioni dell’UE e delle condizioni dettate dal comma 1 del medesimo articolo, i criteri specifici che devono essere rispettati, per specifiche tipologie di rifiuto, onde dichiararne l’end of waste.
Il comma 3 dell’art. 184-ter ha individuato le norme vigenti che continuano ad applicarsi nelle more dell’adozione di tali decreti. Tra queste si ricorda, in particolare, il D.M. Ambiente 5 febbraio 1998.
Secondo quanto affermato
dal Ministro dell'ambiente nella seduta del 7 agosto
Il comma 6 precisa che l'utilizzo dei combustibili solidi secondari (CSS) concorre al raggiungimento degli obiettivi nazionali di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (17% dei consumi lordi nazionali) in misura proporzionale alla biomassa contenuta.
Per “biomassa” si intende, ai sensi del D.Lgs. 28/2011 “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
Il Ministro dello
sviluppo economico con il D.M. 14 gennaio
Il comma 7 prevede che con accordi e contratti di programma, stipulati ai sensi dell'articolo 206, commi 1, lettera f), 2 e 3, del D.Lgs. 152/2006, sia possibile stabilire, nel rispetto della normativa dell'UE, ulteriori forme di semplificazione amministrativa.
L’art. 206 del D.Lgs. 152/2006, al comma 1, consente al Ministero dell'ambiente e alle autorità competenti, al fine di perseguire la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure, di stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici, con imprese di settore, soggetti pubblici o privati ed associazioni di categoria, nel rispetto dei principi e degli obiettivi stabiliti dalle norme della parte IV del Codice e (in base al disposto del comma 3) senza stabilire deroghe alla normativa europea.
Tali accordi, ai sensi della lettera f) del citato comma 1, possono avere ad oggetto “la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti”.
Il comma 2 consente altresì al Ministero dell'ambiente di stipulare appositi accordi e contratti di programma con soggetti pubblici e privati o con le associazioni di categoria per promuovere e favorire l'utilizzo dei sistemi di certificazione ambientale e per attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero.
Il comma 8 chiarisce che sono fatti salvi le autorizzazioni e gli altri atti di assenso, comunque denominati, all'utilizzo dei CSS e del CDR di cui al D.M. ambiente 5 febbraio 1998 negli impianti oggetto dello schema e negli altri impianti di combustione, rilasciati prima dell’entrata in vigore del presente regolamento.
Il comma 9 introduce un periodo transitorio di 12 mesi (a partire dall'entrata in vigore del regolamento) durante il quale le certificazioni UNI EN ISO 9001 e 14001 sono considerate equivalenti alla certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI EN 15358.
La norma UNI EN ISO 9001 è il riferimento
normativo, riconosciuto a livello internazionale, per la certificazione del
Sistema di Gestione per
Si ricorda, infine, che la norma UNI EN 15358 specifica i requisiti dei sistemi di gestione per la qualità nella produzione e commercializzazione di combustibili solidi secondari dalla raccolta fino alla consegna.
Il comma 10, infine, disciplina la comunicazione del regolamento alla Commissione europea, in adempimento degli obblighi in tal senso previsti dalle direttive di settore: la direttiva 2011/92/UE sulla VIA e la direttiva 2010/75/CE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento).
Si fa notare che nel testo del comma in esame la direttiva relativa
alle emissioni industriali è erroneamente indicata come 2000/75/CE.
[1] Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
[3] Sulle
differenze tra le diverse definizioni normative e le diverse caratteristiche
dei combustibili si rinvia a N. Rendina, Per i combustibili da rifiuto legislazione e
normativa strettamente integrate (in “Il Sole 24
Ore - Ambiente e sicurezza” n. 22 del 2011), disponibile al link http://xvi.intra.camera.it/temiap/AES22_2011_CSS.pdf.
[4] Tale gerarchia è esplicitata, a livello nazionale, nell’art. 179 (recante “Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti”) del D.Lgs. 152/2006.