Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Espropriazione per pubblica utilità di immobili in stato di degrado o di abbandono nonché di aree industriali o destinate ad aziende agricole dismesse - AA.C. 1943 e 2063 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 1943/XVI   AC N. 2063/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 457
Data: 23/03/2011
Descrittori:
ESPROPRIAZIONE   IMMOBILI
IMPRESE AGRICOLE   IMPRESE INDUSTRIALI
ZONE AGRICOLE   ZONE E AREE INDUSTRIALI
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

23 marzo 2011

 

n. 457/0

 

Espropriazione per pubblica utilità di immobili in stato di degrado o di abbandono nonché di aree industriali o destinate ad aziende agricole dismesse

AA.C. 1943 e 2063

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

1943

2063

Titolo

Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, concernenti l'espropriazione di immobili abbandonati per l'attuazione di piani di recupero e valorizzazione

Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, concernenti l'espropriazione di aree industriali o destinate ad aziende agricole dismesse nonché di edifici di valore storico-artistico in stato di degrado o di abbandono

Iniziativa

Parlamentare

Parlamentare

Numero di articoli

3

1

Date:

 

 

presentazione alla Camera

24 novembre 2008

14 gennaio 2009

assegnazione

22 gennaio 2009

9 febbraio 2009

Commissione competente

VIII (Commissione Ambiente)

VIII (Commissione Ambiente)

Sede

Referente

Referente

Pareri previsti

I, II, V, VI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

I, II, V, VII, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Premessa: la normativa vigente

La disciplina delle espropriazioni è contenuta nel DPR 8 giugno 2001, n. 327, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”, di cui si richiamano brevemente alcuni articoli del Titolo I, relativi all’oggetto ed all’ambito di applicazione, in quanto interessati dalle modifiche introdotte dalle proposte di legge in esame. Il citato T.U. disciplina l'espropriazione, anche a favore di privati, dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili per l'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, considerando opera pubblica o di pubblica utilità anche la realizzazione degli interventi necessari per l'utilizzazione da parte della collettività di beni o di terreni, o di un loro insieme, di cui non è prevista la materiale modificazione o trasformazione (articolo 1). L’espropriazione dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili può essere disposta nei soli casi previsti dalle leggi e dai regolamenti (articolo 2), nel rispetto del principio di legalità dell'azione amministrativa. I beni non espropriabili o espropriabili in casi particolari sono quelli di cui all’articolo 4. L'autorità competente alla realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità è anche competente all'emanazione degli atti del procedimento espropriativo che si renda necessario (articolo 6).

L’articolo 7 disciplina le competenze del comune cui è data la possibilità di espropriare:

a) le aree inedificate e quelle su cui vi siano costruzioni in contrasto con la destinazione di zona o abbiano carattere provvisorio, a seguito dell'approvazione del piano regolatore generale;

b) l'immobile al quale va incorporata un'area inserita in un piano particolareggiato e non utilizzata, quando il suo proprietario non intenda acquistarla o non comunichi le proprie determinazioni;

c) gli immobili necessari per delimitare le aree fabbricabili e per attuare il piano regolatore, nel caso di mancato accordo tra i proprietari del comprensorio;

d) le aree inedificate e le costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni.

Contenuto

Le proposte di legge AC 1943 e AC 2063 - attraverso la novella di alcuni articoli del T.U. 327/2001 - sono volte a consentire l'espropriazione di aree industriali o aziende agricole dismesse, nonché di immobili abbandonati e di edifici di valore storico-artistico in stato di degrado o abbandono. Si tratta di situazioni in cui si registrano occupazioni abusive e, nel caso degli edifici in stato di abbandono, ordinanze di demolizione, in quanto i proprietari non effettuano le necessarie opere di recupero e manutenzione.

A tali occupazioni abusive si è posto rimedio con ordinanze del sindaco, in qualità di Ufficiale del Governo, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. 267/2000, volte a contrastare l'omessa custodia e manutenzione di edifici ed aree privati dismessi e a prevenire situazioni di pericolo per la cittadinanza.

Sia la pdl AC 1943 che la pdl AC 2063 introducono nel T.U. un nuovo articolo 7-bis volto a disciplinare l’espropriazione da parte dei comuni, ma attraverso modalità e condizioni diverse.

Il nuovo articolo 7-bis della pdl AC 1943 (articolo 1) prevede la facoltà del comune di espropriare immobili in stato di abbandono da almeno dieci anni (comma 1). Viene, quindi, definito lo stato di abbandono che ricorre in presenza di due presupposti:

§         il grave deperimento strutturale dell’edificio;

§         la sua mancata utilizzazione da almeno dieci anni e, dato che gli edifici abbandonati sono spesso oggetto di occupazione abusiva, si esclude espressamente che possa considerarsi come utilizzazione dell'immobile la sua occupazione da parte di soggetti privi di titolo legittimo (comma 2).

La procedura propedeutica all’espropriazione si articola nelle seguenti fasi (commi 3 e 4):

§         la giunta comunale può individuare gli immobili abbandonati anche su segnalazione di soggetti pubblici o privati;

§         gli uffici comunali accertano la sussistenza dello stato di abbandono;

§         il sindaco, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, notifica ai proprietari dell'immobile che, qualora entro sei mesi dal ricevimento della comunicazione non intraprendano i lavori di recupero dell'immobile, si potrà procedere all'espropriazione. E’ prevista anche una procedura nel caso di uno o più dei proprietari irreperibili;

§         decorsi i sei mesi, il consiglio comunale, su proposta della giunta, può deliberare l'inserimento del piano di recupero dell'immobile in stato di abbandono nel programma triennale dei lavori pubblici, ai sensi dell'art. 128 del d.lgs. 163/2006 (codice dei contratti pubblici);

§         il piano di recupero, predisposto dalla giunta comunale o proposto da altri soggetti pubblici o privati, può prevedere la destinazione dell'immobile a fini di pubblica utilità o la sua utilizzazione economica, anche mediante alienazione;

§         la deliberazione adottata è comunicata ai proprietari dell'immobile, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ed è trascritta senza ritardo presso l'ufficio dei registri immobiliari.

Vengono quindi indicate le modalità per il recupero dell’immobile (commi da 5 ad 8) che potrà avvenire anche attraverso il ricorso alla finanza di progetto disciplinata dagli artt. 152 e seguenti del citato d.lgs. 163/2006, salvo il caso in cui il piano stesso preveda il trasferimento della proprietà dell'immobile in favore di un soggetto diverso dal comune per la successiva esecuzione delle opere.

Al fine di evitare che le operazioni di recupero, se effettuate dall’ente locale, siano svantaggiose dal punto di vista economico, viene specificato che esse possono essere finanziate con oneri a carico del bilancio comunale soltanto mediante ricorso alle fonti di finanziamento previste dall'art. 199, comma 1, lettere da a) a e), del d.lgs. 267/2000 (T.U. degli enti locali).

Si tratta, in particolare, di:

a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti;

b) avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti;

c) entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi di concessioni edilizie e relative sanzioni;

d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato e delle regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali;

e) avanzo di amministrazione.

Qualora, invece, il piano di recupero proposto da un soggetto pubblico o privato (diverso dalla giunta comunale) preveda il trasferimento dell'immobile in favore di tale soggetto per l’esecuzione delle opere di recupero e di valorizzazione, il progetto preliminare deve determinare il corrispettivo spettante al comune, oltreal rimborso delle spese del procedimento e alle indennità di espropriazione da corrispondere ai proprietari. Tale norma, come indica la relazione illustrativa, è volta a remunerare l'attività dell'amministrazione comunale e a consentire un vantaggio per la finanza dell'ente correlato al profitto che il soggetto che intraprende l'operazione prevede di ricavare da essa.

Il progetto preliminare, predisposto dalla giunta comunale o da altri soggetti, dovrà quindi essere approvato dal consiglio comunale. Salvo che la regione manifesti il proprio dissenso ai sensi  dell’art. 19, comma 4, del T.U. 327, l'approvazione del progetto preliminare da parte del consiglio comunale costituisce adozione delle necessarie varianti al vigente strumento urbanistico e ad essa consegue l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio di durata quinquennale ai sensi dell’art. 9 del T.U. 327.

Viene, da ultimo, disciplinato anche il caso di un eventuale trasferimento della proprietà dell’immobile oggetto di recupero.

 

Il nuovo articolo 7-bis introdotto dalla pdl AC 2063 (articolo 1, comma 1, lettera c), prevede, invece,  la facoltà del comune di espropriare aree rurali o immobili dismessi occupati abusivamente qualora ricorrano le seguenti condizioni (comma 1):

a) l'occupazione si protrae in maniera continuativa da almeno sei mesi, anche a opera di soggetti diversi;

b) l'occupazione reca danno alla sicurezza pubblica sia perché di ostacolo alla fruibilità di aree o immobili adiacenti sia perché possono essere stati commessi reati all’interno dell’immobile occupato ovvero le persone partecipanti all’occupazione sono state denunciate per aver commesso dei reati;

c) l'amministrazione comunale ha richiesto, da almeno sei mesi, al proprietario dell'immobile di assumere provvedimenti per porre fine all'occupazione e tali provvedimenti o non sono stati assunti, o si sono rilevati non efficaci;

d) gli strumenti urbanistici del comune non prevedono la trasformazione dell'immobile.

Vengono anche indicate (comma 2) le condizioni per l’eventuale espropriazione, da parte dei comuni, degli immobili di valore storico-artistico e delle aree di valore paesaggistico.

Gli immobili di valore storico-artistico non devono essere stati utilizzati da almeno dieci anni o devono versare in condizioni che ne compromettono l'integrità, con esclusione dei beni delle organizzazioni religiose che hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell'art. 8 della Costituzione.

Le aree non edificate di valore paesaggistico o naturalistico non devono essere state utilizzate da almeno cinque anni.

Mentre per gli immobili espropriati il comune deve decidere, entro sei mesi dall’espropriazione, una nuova destinazione d'uso che deve avere esclusivo carattere di pubblica utilità (comma 3), per le aree espropriate non edificate non è prevista una modifica della destinazione d'uso, salvo che il comune non decida di destinarle ad area verde attrezzata (comma 4).

Qualora, infine, il comune, dopo aver modificato la destinazione d'uso dell'immobile, non abbia le risorse finanziarie per tale trasformazione - e l'immobile non rientri nei casi di cui al comma 5 - può disporne la demolizione, al fine di prevenire nuovi fenomeni di occupazione (comma 6).

Per quanto riguarda, invece, la trasformazione dell’immobile espropriato sottoposto a vincoli storico-artistici o paesistico-ambientali, il progetto di trasformazione deve rispettare i vincoli esistenti o le caratteristiche architettoniche originarie dell'immobile (comma 5).

In relazione a tali immobili, si ricorda che il citato d.lgs. 42/2004 disciplina, agli artt. 30 e seguenti, la conservazione degli immobili di proprietà privata sottoposti a vincoli storico-artistici e, agli artt. 136 e seguenti, gli immobili sottoposti a vincoli paesaggistici.

Per l’attuazione, da parte dei Comuni, delle disposizioni introdotte dalla pdl in esame, viene  istituito un apposito fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il recupero delle aree dismesse e degli immobili storici espropriati gestito dalle regioni (comma 7).

Al fine di consentire la procedura di esproprio prevista dal nuovo articolo 7-bis, la pdl AC 2063  introduce anche due disposizioni di coordinamento con alcuni articoli del T.U. 327.

La prima (articolo 1, comma 1, lett. a), nel modificare l'articolo 1, comma 2, del T.U., inserisce, tra le opere di pubblica utilità per le quali interviene l’espropriazione, anche l'acquisizione di aree rurali o di immobili dismessi soggetti ad occupazione abusiva che arrechi danno alla pubblica sicurezza, di immobili di valore storico-artistico la cui mancata manutenzione possa comprometterne la salvaguardia, nonché di aree non edificate di interesse paesaggistico o naturalistico non utilizzate.

 

In relazione a tali ultime due tipologie - ossia le aree non edificate di interesse paesaggistico - si osserva che la norma andrebbe coordinata con le disposizioni recate dal d.lgs. 42/2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio), come modificato dal d.lgs. 157/2006.

Il citato d.lgs. 157/2006 ha, infatti, introdotto, con una modifica all’art. 6 del d.lgs. 42/2004, in riferimento alla valorizzazione del patrimonio culturale, anche la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati. Inoltre, l’art.135dispone che le regioni sottopongano a specifica normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici, che dovranno indicare, tra l’altro, specifiche prescrizioni volte anche al recupero e alla riqualificazione degli immobili e delle aree compromessi o degradati. Il successivo art. 143, relativo all’elaborazione del piano paesaggistico, include gli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate tra gli interventi da inserire nei piani paesaggistici. Si ricorda, infine, che la Parte terza del citato d.lgs. 42/2004 reca una specifica disciplina per la tutela dei beni paesaggistici, tra i quali rientrano, come si è detto, anche gli immobili e le aree compromesse o degradate.

La seconda modifica, nel novellare l'articolo 7, comma 1, del T.U., aggiunge ulteriori tipologie per le quali i comuni possono procedere all’esproprio, secondo le modalità introdotte dal nuovo articolo 7-bis. Si tratta di:

§         aree rurali e immobili dismessi, soggetti a fenomeni di occupazione abusiva;

§         immobili in disuso di valore storico-artistico, nonché aree non edificate di valore paesaggistico o naturalistico.

 

Anche la pdl AC 1943 reca, infine, due ulteriori modifiche alT.U. 327.

La prima modifica (articolo 2) riguarda l'articolo 11, comma 1, del T.U. e disciplina il termine della comunicazione agli interessati relativa all'avvio del procedimento nella nuova fattispecie introdotta dall’articolo 7-bis. Tale comunicazione, preordinata ad assicurare la partecipazione degli interessati ed aggiuntiva all'avviso già inviato a seguito dell'individuazione dell'immobile abbandonato, dovrà essere eseguita almeno venti giorni prima della data prevista per la delibera del consiglio comunale sul progetto preliminare.

La seconda modifica (articolo 3) introduce il nuovo articolo 29-bis relativo all’indennità per l'espropriazione degli immobili abbandonati. Viene precisato che essa dovrà essere compensata, anche parzialmente, con gli importi dei tributi spettanti al comune ed esigibili alla data del pagamento dell'indennità stessa, dei quali il proprietario dell'immobile risulta eventualmente debitore. La relazione illustrativa precisa che tale disposizione è volta a consentire una più agevole definizione dei rapporti finanziari tra il soggetto proprietario e l'ente pubblico, in circostanze nelle quali – a causa dello stato di abbandono degli immobili - potrebbe essere frequente l'esistenza di debiti tributari formatisi a carico del proprietario medesimo.

Relazioni allegate

Le proposte di legge, di iniziativa parlamentare, sono corredate della relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

Le proposte di legge intervengono su una materia già disciplinata da fonti di rango legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le proposte possono essere riconducibili alla materia ordinamento civile, attribuita, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l) alla competenza esclusiva dello Stato. Potrebbe rilevare, inoltre, anche la materia funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, anch’essa di competenza esclusiva dello Stato. Rileva, infine, la materia governo del territorio assegnata dall’articolo 117, terzo comma, alla competenza concorrente tra Stato e regioni.

Compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo

(in collaborazione con l’Avvocatura, Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)

La Corte EDU ha affermato che le procedure di esproprio, per essere compatibili con l’art. 1 del Prot. 1 CEDU, devono fondarsi su una causa di pubblica utilità e l’ingerenza nel godimento del diritto di proprietà deve realizzare un giusto equilibrio tra le esigenze di carattere generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (si veda, tra le altre, la sentenza Belvedere alberghiera c. Italia del 30 maggio 2000).

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Si rinvia alle precedenti osservazioni riguardanti il coordinamento con il codice dei beni culturali e del paesaggio.

Formulazione del testo

Occorre riformulare il comma 7 dell’articolo  1 della pdl AC 2063 in cui si prevede che alla dotazione del fondo per il recupero delle aree dismesse si provvede con stanziamento determinato dalla legge finanziaria, ai sensi dell'art. 11, comma 3, lett. c), della legge 468/1978, atteso che tale legge è stata abrogata dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 51 della legge 196/2009, legge di contabilità e finanza pubblica, che ha introdotto in sua vece la legge di stabilità.

 


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