Allegato B
Seduta n. 273 del 28/1/2008

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ACERBO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel luglio 2006 si è svolto il concorso pubblico nazionale per titoli ed esame-colloquio per 35 posti, con profilo di «funzionario di amministrazione», rivolto a laureati con contratto a tempo determinato presso l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi tecnici (Gazzetta Ufficiale n. 64 del 12 agosto 2005);
relativamente alle graduatorie l'articolo 7 del bando prevede che «il Direttore Generale riconosciuta la regolarità del procedimento, approverà le suddette graduatorie e dichiarerà i suddetti vincitori sotto condizione dell'accertamento dei requisiti richiesti»;
le graduatorie del concorso, trasmesse dalla commissione d'esame, sono state pubblicate con disposizione commissariale n. 23 del 30 novembre 2006;
nel corso di una riunione con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali sul precariato, l'Amministrazione comunicava che l'assunzione dei vincitori del citato concorso prevista per il 15 ottobre 2006 veniva posticipata a gennaio 2007;
tale decisione ha comportato la proroga dei contratti di collaborazione dei vincitori del concorso;
le norme della Finanziaria per il 2007, in corso di approvazione, rischiano di mettere in discussione il percorso di stabilizzazione del personale vincitore del concorso -:
se intenda attivarsi affinché si proceda all'immediata assunzione dei vincitori del concorso al fine di garantire la stabilizzazione del personale.
(4-02003)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, sulla base di quanto comunicato dall'Apat, si riferisce quanto segue.
Le assunzioni di personale derivanti dall'espletamento del concorso pubblico nazionale a 35 posti, con profilo di «funzionario di amministrazione» a tempo determinato di dodici mesi presso l'Apat, sono avvenute nel mese di gennaio 2007 dopo aver espletato gli adempimenti normativamente previsti.
In particolare, a seguito dell'approvazione delle graduatorie concorsuali avvenuta con disposizione del Commissario Straordinario in data 30 novembre 2006, si è provveduto alla obbligatoria pubblicità del provvedimento di approvazione.
Successivamente, espletate le procedure di notificazione e convocazione dei vincitori e verificate le eventuali incompatibilità con l'accesso al pubblico impiego, si è proceduto all'assunzione dei vincitori in data 22 gennaio 2007.
Giova a questo punto precisare che l'aver posticipato l'assunzione del personale vincitore del citato concorso nei tempi indicati non ha pregiudicato il percorso di stabilizzazione citato dall'esponente atteso

che, giusta comma 519 dell'articolo 1 della Legge Finanziaria per il 2007, destinatario delle norme sul processo di stabilizzazione è, nel caso di specie, il personale in servizio al 1o gennaio 2007 in virtù di contratti stipulati in data anteriore al 29 settembre 2006.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

AFFRONTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel Comune di Lomello (Pavia) risultano essere presenti numerosi insediamenti produttivi che hanno un notevole impatto sull'ambiente quali:
l'Officina dell'Ambiente che tratta ceneri derivanti dalla lavorazione degli inceneritori;
gassificatore, che tratta plastica e metano;
raffineria di Sannazzaro de Burgondi a 10 km da Lomello;
centrale ENI POWER a Ferrera Erbognone a 5 Km da Lomello;
creazione di una cava (leggesi discarica) già autorizzata dalle Amministrazioni Regionali e Provinciali nel Comune di Galliavola a 3 km da Lomello;
gli insediamenti di cui sopra comportano per l'abitato di Lomello il transito di circa 350 autotreni ogni giorno;
la Regione ha ora intenzione di autorizzare l'insediamento produttivo sul territorio di Lomello di un'azienda lodigiana per la lavorazione dei fanghi derivanti dai depuratori;
nel raggio di 10 km esistono già altre aziende che effettuano lo stesso tipo di lavorazione;
Lomello è un borgo medioevale di notevole rilevanza culturale e nel quale sono presenti alcuni monumenti di grande interesse storico-architettonico quali la Basilica di Santa Maria Maggiore e il Battistero di S. Giovanni ad Fontes. Sono inoltre presenti alcuni importanti scavi archeologici effettuati in collaborazione con alcune università inglesi -:
se non si ritenga di effettuare un monitoraggio sulla situazione ambientale delle zone come quella del Comune di Lomello, in cui insiste un elevato numero di impianti produttivi che potrebbero saturare e danneggiare l'ambiente e - qualora risultino rischi concreti e immediati - quali misure di propria competenza intenda urgentemente adottare;
se risulti che gli impianti produttivi ivi presenti operino anche sulla base di autorizzazioni, concessioni, pareri ed altri atti di assenso comunque denominati rilasciati da amministrazioni centrali o periferiche del Governo e, in caso affermativo, quali cautele siano state assunte e quali valutazioni siano state fatte in sede di rilascio nonché se gli atti contengano prescrizioni volte alla tutela dell'ambiente e dei beni culturali.
(4-02765)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa ad alcuni interventi localizzati nell'area di Sannazzaro de' Burgundi, la Direzione per la salvaguardia ambientale di questo Ministero ha fatto presente che, per quanto riguarda la centrale termoelettrica Eni, ed il connesso impianto di gassificazione presso lo stabilimento Eni di Sannazzaro de' Burgundi, localizzato nei comuni di Sannazzaro e Ferrera Erbognone, è stato assoggettato, ai sensi dell'articolo 6 della legge 349 del 1986, a procedura di Valutazione dell'impatto ambientale, conclusasi con pronuncia positiva emanata con decreto n. 7012 del 20 marzo 2002. Il progetto oggetto della detta pronuncia riguarda, in particolare, la realizzazione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato della potenza di circa 1200 MWe, alimentata a gas naturale e gas

di sintesi e la realizzazione di un impianto associato di gassificazione degli idrocarburi pesanti.
Si evidenzia che il detto decreto di compatibilità ambientale, pur positivo, è stato, comunque, condizionato all'osservanza di specifiche prescrizioni tese, in generale, al miglioramento della prestazione ambientale del progetto, da conseguirsi attraverso l'effettuazione di specifici monitoraggi relativi alle condizioni ambientali, anche a seguito dell'esercizio della centrale. Tali monitoraggi riguardano, tra l'altro, le emissioni delle sostanze inquinanti in atmosfera per le quali, peraltro, sono stati definiti precisi limiti di emissione.
Per quanto riguarda la raffineria, la società Eni Spa, in data 12 aprile 2006, ha presentato domanda gli pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi del sopra citato articolo 6 della legge n. 349 del 1986 relativa, in particolare, alla realizzazione di una unità di
Deasphalting e Hydrocraking, finalizzata all'adeguamento delle produzioni di raffineria, alle disposizioni della Comunità europea (Direttiva 98/70/CE del 13 ottobre 1998 e CEE/CEEA/CE n. 17 del 3 marzo 2003), recepite nell'ordinamento nazionale con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 434 del 2000, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 29 del 2002 e con legge 31 ottobre 2003, n. 306, che impongono a partire dal gennaio 2009, una ulteriore diminuzione della concentrazione di zolfo nelle benzine e nei gasoli fino a 10 ppm, rispetto alla concentrazione oggi ammessa di 50 ppm.
In relazione al progetto sopra descritto, il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, con il decreto n. 545 del 27 giugno 2007, emesso sulla base del parere della Commissione per le Valutazioni dell'impatto ambientale, ha ritenuto l'opera ambientalmente compatibile, con una serie di prescrizioni relative alla gestione e al monitoraggio, con particolare attenzione a tutti i fattori ambientali interessati dall'intervento proposto.
Per quanto riguarda la realizzazione di un impianto per la lavorazione di fanghi depurati, il comune di Lomello ha fatto presente che è in corso l'
iter amministrativo (facente capo alla regione Lombardia ed alla provincia di Pavia) e di avere espresso la non condivisione dell'insediamento all'impianto.
Lo stesso comune ha richiesto, ed è già operante, un monitoraggio ambientale iniziale, relativo alle altre realtà industriali esistenti sul proprio territorio.
La Soprintendenza, in seguito all'esame della planimetria relativa al progetto relativo alla realizzazione di trattamento fanghi, trasmessa dal Comune, ha riscontrato che l'ambito interessato dall'insediamento esterno all'abitato di Pomello, non risulta sottoposto a tutela, né ai sensi della parte seconda, relativa ai beni culturali, né ai sensi della parte Terza, relativa ai beni paesaggistici, del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Secondo la Soprintendenza, visto il contesto di riferimento, costituito dal centro storico di Pomello e dalle emergenze architettoniche ivi presenti, è opportuno continuare a monitorare il progetto, con particolare riferimento alle criticità che potranno emergere dal punto di vista architettonico e paesaggistico.
Entrando nel merito delle situazioni segnalate dall'interrogante, l'Arpa della Lombardia, dipartimento di Pavia, nel fare presente che l'officina dell'ambiente tratta ceneri di inceneritori, ottenendo materiali per cementifici e che l'autorizzazione per tale attività è stata rilasciata dalla regione Lombardia, informa di avere eseguito un monitoraggio ambientale negli anni 2004 e 2005, nel corso del quale era prevista l'analisi semestrale delle acque sotterranee di tre pozzi: uno a monte, uno a valle ed uno intermedio, l'analisi dei terreni esterni all'area per valutare eventuali ricadute, quella delle emissioni, comprese quelle riguardanti il PM10, i metalli presenti nel particolato e la silice ed infine misure di rumore ambientale con l'utilizzo del mezzo mobile. I controlli hanno rispettato le normative vigenti per tutto il periodo del monitoraggio.
Circa la cava nel Comune di Galliavola, la stessa risulta inserita nel piano cave

della Provincia di Pavia (ATE g19) pubblicato sul BUR II suppl. straordinario al n. 13 del 29 marzo 2007; nel predetto Piano è espressamente fatto divieto per la cava in questione di realizzare il ritombamento con finalità di discarica.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
per mancanza di personale e di risorse finanziarie, il presidio dei Vigili del fuoco di Guastalla è rimasto sguarnito per ben quattro volte nel corso dell'ultimo mese, stando almeno a quanto ha dichiarato Roberto Lupica, comandante provinciale del corpo dei vigili del fuoco, secondo quanto riportato dalla stampa locale;
il personale operativo nella provincia di Reggio Emilia è attualmente composto da 129 unità;
ai sensi delle disposizioni vigenti, il 32,5 per cento degli organici è tuttavia costantemente indisponibile per riposi, formazione o malattia, per cui la forza effettivamente impiegabile si aggira mediamente sulle ottanta unità, da dividere su tre sedi;
ciascuna sede provinciale può conseguentemente contare di fatto su venti vigili del fuoco professionisti permanenti, più quattro volontari (i cosiddetti «discontinui»), da suddividere sui quattro turni della giornata;
per effetto di quanto precede, nell'ambito della provincia reggiana venti uomini sono impiegati in centrale a Reggio Emilia, quattro a Guastalla ed altri quattro a Castelnovo Monti;
il sottosegretario del Ministero dell'interno Ettore Rosato ha annunciato la creazione di un fondo di 57 milioni di euro, derivante dalle addizionali sui biglietti aerei, per assicurare l'effettuazione di 609 assunzioni per l'anno prossimo;
a Reggio Emilia il presidio dovrà scontare un'ondata di collocamenti in quiescenza, alla quale verosimilmente i nuovi arrivi non riusciranno a supplire;
difficoltà sussistono anche nell'assicurare ai vigili del fuoco una formazione costante ed adeguata, mentre il grosso dei mezzi a disposizione è rappresentato da veicoli vecchi di quindici anni;
solo per la manutenzione e la gestione ordinaria, la Regione Emilia-Romagna aveva accumulato al 31 dicembre 2006 un debito complessivo di ottocentomila euro, mentre il comando di Reggio centotrentamila euro: denaro che l'Amministrazione dell'interno deve prevalentemente ai fornitori per riparazioni, pezzi di ricambio e benzina -:
quale sia l'opinione del Governo sui fatti generalizzati nella premessa e cosa il Governo intenda fare per porre rimedio a questa situazione determinatasi nella provincia di Reggio Emilia, in particolare onorando gli impegni annunciati dal sottosegretario Ettore Rosato e chiarendo le modalità di ripartizione del citato fondo creato con i proventi delle addizionali sui biglietti aerei.
(4-03947)

Risposta. - Si premette che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco soffre da tempo, su tutto il territorio nazionale, di gravi carenze finanziarie.
Detta situazione, che si riflette negativamente sulle attività operative, sulle esigenze strutturali e logistiche e sulle potenzialità organizzative, in sede sia centrale che periferica, è dovuta alle ripetute manovre di finanza pubblica di segno negativo che, a partire dal 2001, hanno ridotto in modo corposo le dotazioni finanziarie destinate alle spese di funzionamento della struttura e delle attività di soccorso, determinando una progressiva esposizione debitoria.
Il Governo sta pertanto adottando ogni utile iniziativa diretta ad assicurare un incremento delle risorse a garanzia della funzionalità del soccorso tecnico urgente.


Al fine di realizzare programmi straordinari di incremento dei servizi di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, la legge finanziaria per il 2007 ha infatti previsto la possibilità per il Ministro dell'interno e, per sua delega, per i Prefetti di stipulare convenzioni con le Regioni e gli Enti locali che prevedano la contribuzione logistica, strumentale, o finanziaria delle stesse Regioni e degli Enti locali.
La medesima legge finanziaria ha poi previsto nuove entrate stabili quali quelle derivanti dal sistema di finanziamento del Servizio antincendi negli aeroporti tramite l'istituzione di un fondo di 30 milioni di euro, da destinare annualmente al bilancio del Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, alimentato da un incremento di 50 centesimi dell'addizionale sui diritti di imbarco aeroportuale.
La disposizione, finalizzata a ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendio negli aeroporti, ricalca un'analoga previsione già adottata per la Polizia di Stato e per i Comuni, e determina un duplice tributo, a carico dei passeggeri e delle società aeroportuali, da destinare al finanziamento dei servizi resi nel predetto settore dal Corpo nazionale.
Per quanto riguarda le modalità di attuazione della citata misura, il Ministero dell'economia e delle finanze ha appositamente istituito un capitolo d'entrata per le entrate derivanti dall'addizionale sui diritti di imbarco.
Riguardo alla costituzione del fondo di 30 milioni di euro, è in corso di istituzione il capitolo d'entrata deputato ad accogliere i versamenti connessi alla contribuzione delle società aeroportuali.
Le risorse in questione, una volta acquisite all'entrata del bilancio dello Stato, potranno essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dell'interno in unico fondo (capitolo di spesa).
Per far fronte alle citate problematiche di carattere finanziario, il Governo ha avviato altresì un percorso che, nell'ambito delle disposizioni urgenti in materia finanziaria, introdotte dal decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 (cosiddetto decreto sul «Tesoretto»), convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2007, n. 127, ha previsto lo stanziamento di 20 milioni di euro per le esigenze del Corpo, per un primo immediato ripianamento dei debiti finora maturati.
Con la legge finanziaria per il 2008 è stata poi prevista l'istituzione nel bilancio del Ministero dell'interno di un fondo per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico, per il rinnovo e l'ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ad esclusione delle spese per il personale e di quelle destinate al ripianamento delle posizioni debitorie, con una dotazione di 190 milioni di euro, di cui 30 milioni di euro per le specifiche necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Riguardo all'esigenza di potenziamento dell'organico, si evidenzia che tra le maggiori conseguenze negative delle carenze finanziarie del Corpo nazionale figura proprio l'impossibilità di completare l'organico teorico del personale, recentemente portato dalle disposizioni del decreto legislativo n. 217 del 2005, della legge n. 49 del 2006 e del decreto interministeriale n. 222 del 2006 a 34.710 unità, a fronte delle sole circa 31.500 realmente in servizio.
È da aggiungere, al riguardo, che le più recenti leggi finanziarie hanno di fatto impedito al Corpo nazionale la sistematica copertura del
turn-over del personale posto in quiescenza, il che ha determinato l'impossibilità non soltanto di completare l'organico teorico, ma persino di mantenere almeno l'organico reale al passo con la copertura dei pensionamenti effettuati.
Ciò ha prodotto così una progressiva riduzione delle capacità operative del Corpo e della sua presenza sul territorio, a fronte di documentati incrementi delle situazioni potenzialmente pericolose.
Nonostante il contesto di rigidità nel quale ha operato, la manovra finanziaria del 2007 e quella del 2008 hanno comunque attuato un'inversione di tendenza sostanziale rispetto al passato.
In primo luogo, la legge finanziaria per il 2007 ha allocato le risorse per procedere ad una immediata assunzione di 600 unità

nella qualifica di vigile del fuoco, che prenderanno servizio nei Comandi provinciali al termine del corso di formazione in via di ultimazione, sulla base delle carenze rilevabili a livello nazionale. La stessa normativa ha inoltre previsto che per il 2008 ed il 2009 si potrà procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente.
In secondo luogo, la citata legge finanziaria ha previsto per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco un percorso
ad hoc per la stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale precario in possesso di determinati requisiti, che per gli anni 2008 e 2009 riguarda un contingente complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente.
Con decreto del Ministro dell'interno in data 30 luglio 2007 sono stati fissati i criteri relativi alla procedura selettiva per la stabilizzazione, che consentirà l'immissione di personale altamente qualificato al fine di poter dare un contributo fondamentale al servizio istituzionale di salvaguardia della vita delle persone. Con decreto del Presidente della Repubblica adottato lo scorso 28 dicembre è stata autorizzata per il 2007 la stabilizzazione di 130 unità di personale volontario del Corpo.
In relazione alle previsioni contenute nella legge 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 gennaio 2007 ha autorizzato il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile a bandire, nel triennio 2007/2009, i concorsi per la copertura di 1.021 posti nei ruoli del Corpo, di cui 814 vigili del fuoco, la cui assunzione resta comunque subordinata ai prescritti provvedimenti autorizzativi della Funzione pubblica.
Inoltre, a favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la legge finanziaria per il 2008, oltre a stanziare 6,5 milioni di euro da destinare al miglioramento retributivo e 10 milioni di euro per la sottoscrizione del «patto per il soccorso», contiene disposizioni che prevedono l'allocazione di risorse per proseguire i percorsi di stabilizzazione del personale volontario nel triennio 2008-2010, ed in particolare 7 milioni di euro per il 2008, 16 milioni di euro per l'anno 2009 e 26 milioni di euro annui a decorrere dal 2010.
Nel contesto generale appena descritto, si auspica di poter risolvere, compatibilmente con le priorità di livello nazionale, le problematiche relative al Comando provinciale dei vigili del fuoco di Reggio Emilia, comprensivo dei distaccamenti di Guastalla e di Castelnovo Monti, la cui carenza di organico, ancorché presente, risulta essere inferiore a quella prevista in altre parti del territorio nazionale.
È pur vero che parte del personale risulta spesso non disponibile a cause di assenze previste dalla normativa (ferie, malattia, salti turno, formazione, addestramento, eccetera); tuttavia, a rinforzo del citato organico sono richiamate ogni mese quote di vigili discontinui distribuite nelle varie sedi del Comando dal direttore regionale dei vigili del fuoco dell'Emilia Romagna.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.

ARACU. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da troppo tempo ormai, l'intero sistema ferroviario che interessa la Regione Abruzzo, si trova in una situazione di estrema difficoltà e di evidente precarietà a causa dei disservizi che stanno recando gravi danni al rilevante numero di viaggiatori che certamente hanno diritto ad utilizzare il treno quale mezzo di trasporto in condizioni più efficienti ed idonee;
le disposizioni previste dal disegno di legge Finanziaria per il 2008, che prevedono uno stanziamento pari a 168 milioni di euro, per l'ammodernamento dei collegamenti ferroviari della linea Pescara-Roma, rappresentano indubbiamente un segnale di attenzione importante a favore della Regione Abruzzo, sebbene i predetti

fondi che dovrebbero essere a disposizione, s'intendono utilizzabili per il prossimo futuro, mentre invece risulta urgente e necessario intervenire nell'immediato, poiché lo stato in cui versa l'intero sistema ferroviario nazionale e in particolare quello abruzzese, è divenuto ormai intollerabile;
quotidianamente le cronache dei mezzi di informazione abruzzese descrivono ritardi, disservizi e malfunzionamenti di ogni genere tali da rendere insostenibile la situazione di chi è «costretto» a utilizzare come sistema di trasporto quello ferroviario;
quanto suesposto sembra andare decisamente in direzione opposta rispetto ai grandi progetti di potenziamento e modernizzazione, anche in considerazione delle ventilate ipotesi di un ulteriore aumento del prezzo dei biglietti ferroviarie -:
quali iniziative urgenti, intenda intraprendere, sui vertici aziendali delle Ferrovie dello Stato e di Trenitalia, al fine di prevedere una profonda rivisitazione dell'intero asset del sistema ferroviario nazionale e in particolare per la Regione Abruzzo, per una più efficiente e moderna viabilità ferroviaria del nostro Paese, che attualmente versa in condizioni di assoluta ed evidente precarietà;
se ritenga opportuno in considerazione di quanto esposto in premessa, intervenire con appositi provvedimenti legislativi ad hoc a favore della viabilità ferroviaria della Regione Abruzzo ed in particolare della tratta che collega Roma con Pescara, al fine di potenziare e migliorare l'efficienza dei collegamenti ferroviari dell'intera area regionale abruzzese, anche alla luce dell'imminente evento dei Giochi del Mediterraneo che coinvolgerà tutta la Regione, al fine di evitare seri danni all'economia e alla immagine dell'Abruzzo.
(4-05630)

Risposta. - La linea Pescara-Avezzano-Roma, che si sviluppa quasi interamente su binario unico per circa 235 km, è caratterizzata da una particolare orografia del territorio con forti pendenze, anche del 30 per cento sulla tratta Carsoli-Colli di Monte Bove in direzione Pescara, dove, in presenza di avverse condizioni atmosferiche, possono verificarsi inconvenienti di marcia, con conseguenti ricadute sulla regolarità dei convogli.
Altri fattori che possono incidere sulla regolarità della circolazione sono:
i rallentamenti per i lavori in corso, soprattutto nella tratta terminale (Guidonia-Roma);
l'intensità del traffico ferroviario in ingresso/uscita dal nodo di Roma;
i frequenti danneggiamenti ai passaggi al livello da parte di automezzi privati.

Al fine di migliorare la puntualità sull'intera tratta, Ferrovie dello stato s.p.a. ha attivato tavoli tecnici permanenti tra Trenitalia e il gestore dell'infrastruttura, volti al monitoraggio e all'individuazione di soluzioni adeguate alle criticità riscontrate.
Inoltre, a bordo dei treni più critici, la società ferroviaria ha intensificato il personale di condotta per offrire risoluzioni tempestive degli eventuali inconvenienti che dovessero insorgere durante la marcia dei convogli; parimenti è stata messa a disposizione una locomotiva di riserva a Sulmona.
Per quanto concerne specificatamente la tratta Avezzano-Tivoli-Roma, tratta a maggiore valenza pendolare, secondo Ferrovie dello Stato, i livelli di puntualità mostrano, nel periodo di osservazione settembre-novembre, una media di arrivi entro 5 minuti dall'orario previsto superiore all'80 per cento, mentre per gli arrivi entro i 15 minuti, l'indice è del 96 per cento.
Relativamente al materiale rotabile in circolazione sulla citata relazione, su richiesta dei Comitati pendolari, le vetture del tipo a piano ribassato, precedentemente utilizzate, sono state sostituite con vetture del tipo a media distanza, mentre per la trazione, vengono impiegate locomotive del tipo E464; queste ultime rientrano tra i mezzi più moderni in circolazione, specificatamente progettati per le esigenze del trasporto locale.


Infine, la società ferroviaria ha precisato che, in considerazione delle esigenze rappresentate dai pendolari, a partire dall'orario entrato in vigore da qualche giorno, il treno Regionale 2371 proveniente da Sulmona, è stato attestato nella stazione di Roma Termini, invece che in quella di Roma Tiburtina.
Infine, l'assicurazione che la questione è all'attenzione del Ministero dei trasporti, come d'altra parte le esigenze di mobilità di tutti gli utenti del trasporto, è attestata da quanto è previsto dall'articolo 62, comma 24, della legge finanziaria per il 2008: l'istituzione, proprio presso il Ministero, di un fondo per l'ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma.
Con tale fondo, allo scopo di determinare migliore efficacia ed efficienza dei collegamenti ferroviari tra la Regione Abruzzo e Roma, si autorizza la spesa di 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con un vincolo di destinazione per la tratta Roma-Avezzano.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

BERTOLINI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è in corso di realizzazione, in una zona che coinvolge i territori compresi nei comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Camposanto, Medolla, Mirandola, in provincia di Modena, e Crevalcore, in provincia di Bologna, un impianto finalizzato allo stoccaggio sotterraneo di gas metano in una struttura geologica naturale posta nel sottosuolo tra i 2500 e i 2900 metri di profondità;
tale progetto avrebbe carattere sperimentale e prevedrebbe la realizzazione di una centrale gas che si estenderebbe per circa 6,6 ettari;
l'estensione di tale progetto interesserebbe un'area del territorio nella quale risiedono circa 50.000 persone;
la costruzione di tale impianto avrebbe generato forti e legittime preoccupazioni tra i cittadini residenti nei comuni coinvolti nel progetto, preoccupati dai possibili effetti sull'ambiente, sul territorio e sulla salute pubblica connessi alla realizzazione stessa;
la costruzione di tale impianto e le relative caratteristiche tecniche sarebbe stata al centro di assemblee pubbliche organizzate dai diversi comitati dei cittadini nei comuni interessati dal progetto, alla presenza dei responsabili della suddetta società privata titolare del progetto e dei cittadini;
i comitati dei cittadini presenti a tali incontri avrebbero giustamente contestato la grave carenza di informazioni preventive a riguardo, sia da parte della società titolare del progetto, sia da parte degli amministratori pubblici dei Comuni interessati dal progetto;
i comitati dei cittadini si sarebbero dichiarati assolutamente insoddisfatti delle risposte date dai responsabili e dai tecnici della società titolare del progetto rispetto ai dubbi e alle perplessità sollevate;
a seguito dell'eventuale realizzazione di tale impianto l'area interessata sarebbe oggetto di una forte svalutazione urbanistica ed immobiliare -:
se i Ministri competenti siano a conoscenza dei fatti suesposti, se siano a conoscenza di ulteriori informazioni e vogliano informarne la Camera dei deputati, se e quali iniziative intendano porre in essere nei confronti di una realizzazione, la cui sostenibilità, sia sotto il profilo ambientale che di ordine pubblico, investe direttamente la salute e la sicurezza dei cittadini della zona interessata.
(4-02058)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente il progetto per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di snaturale nei Comuni di, S. Felice sul Panaro (Modena), Finale Emilia (Modena), Camposanto (Modena), Medolla (Modena), Crevalcore (Modena), si fa presente

che la Società Indipendent Gas Management Srl, ha presentato, per il predetto progetto, istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi della legge 349 del 1986. Per tale deposito è previsto l'utilizzo di una struttura geologica naturale porosa (falda acquifera salata) ivi esistente tra 2.500 e 2.900 metri di profondità.
Preliminarmente la Direzione generale energia e risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico già attività produttive, ha precisato di essere competente per l'assolvimento delle procedure volte al conferimento della concessione per lo stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, che avviene con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata dalla realizzazione dell'impianto. Le disposizioni di legge che attribuiscono tale competenza sono principalmente la legge 17 gennaio 197, n. 170 (modificata dal decreto legislativo n. 164 del 2000) e la legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché il decreto del Ministro delle attività produttive 26 agosto 2005, recante norme sulle «modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, approvazione del relativo disciplinare tipo nel quale sono previste le modalità di attuazione delle attività di stoccaggio, gli obiettivi qualitativi i poteri di verifica, le conseguenze di eventuali inadempimenti». Il decreto legislativo n. 164 del 2000 ha introdotto per la prima volta in Italia la possibilità di stoccare gas naturale in unità geologiche profonde, compresi gli acquiferi salini profondi, in analogia con quanto già fatto in altri paesi, quali Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Danimarca e Russia.
Il proponente, contestualmente alla presentazione dell'istanza di Via, ha provveduto a consegnare tre copie dello Studio di impatto ambientale e del Progetto preliminare relativo all'intervento da realizzare, mentre con nota del 22 novembre 2006 ha trasmesso la documentazione attestante l'avvenuto assolvimento degli obblighi previsti dall'articolo 29 della legge 13 del 1999 (contributo dello 0,5 per mille), e con nota del 12 dicembre 2006 ha trasmesso copia degli annunci al pubblico a mezzo stampa effettuati in data 12 settembre 2006, sui quotidiani
La Repubblica e Il Resto del Carlino, completando di fatto la documentazione necessaria per l'attivazione della procedura di Via.
In merito alla richiesta avanzata dall'interrogante di riapertura dei termini per la presentazione delle osservazioni, si evidenzia come a fronte di analoga richiesta del Comune di San Felice sul Panaro (Modena) la Direzione generale per la salvaguardia ambientale Div. II Via ha comunicato allo stesso, con nota 28955 del 10 novembre 2006, che, benché il comma 9 dell'articolo 6 della legge 349 del 1986 preveda che le osservazioni o i pareri sull'opera devono pervenire entro 30 giorni dall'annuncio della comunicazione del progetto, è prassi della Direzione competente ricevere tutte le osservazioni pervenute nel corso dell'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione per le valutazioni dell'impatto Ambientale e di trasmetterle a quest'ultima per le considerazioni del caso.
Compatibilmente con lo stato di avanzamento dell'istruttoria tecnica la Commissione Via provvede a prendere in considerazione tutte le osservazioni pervenute a prescindere dalla data di ricevimento.
Poiché la regione Emilia Romagna, partecipa ai sensi di legge (articolo 6 comma 4 della legge 349 del 1986) alla procedura di Valutazione di impatto ambientale per l'espressione del parere di competenza, lo stesso Comune è stato invitato a prendere contatti direttamente con la Regione.
Come riferito dalla Direzione per la salvaguardia ambientale, «l'istruttoria tecnica presso la Commissione Via ha avuto inizio in data 27 novembre 2006 ed allo stato è ancora in corso.
La Commissione ha, attualmente in valutazione l'intervento proposto dalla Società Indipendent Gas Management Srl consistente nella realizzazione di un impianto per il servizio di stoccaggio sotterraneo di gas naturale a modulazione ciclica.
L'obiettivo dell'intervento è quello di migliorare le infrastrutture per lo stoccaggio di gas naturale in Italia in modo tale che gli utenti possano disporre di maggiore

capacità di Working Gas, di maggiore capacità di erogazione di picco, di maggiore sicurezza di approvvigionamento e di minori costi dell'energia.
Il progetto prevede, dopo un periodo biennale di indagini finalizzate all'accertamento delle proprietà fisiche della struttura geologica profonda identificata, la costruzione di una centrale di compressione del gas, di pozzi (10-19 suddivisi in quattro
cluster) e delle piazzole di perforazione necessarie, delle flowlines di collegamento tra pozzi e la centrale gas, dell'allacciamento della predetta centrale alla rete nazionale di trasporto del metano e dell'allacciamento elettrico per l'energia recuperata in fase di erogazione del gas.
Il progetto è basato sull'ipotesi della presenza nel sottosuolo dell'area di «RIVARA» di una importante struttura geologica profonda a livello della serie carbonatica Mesozoica, costituita da una spessa serie di roccia calcarea permeabile di età giurassica e cretacea a matrice compatta naturalmente fratturata, dotata di grande rigidità e di capacità produttiva di punta giornaliera (roccia serbatoio), situata a circa 2500-2800 metri di profondità e sigillata in primo luogo dalle formazioni geologiche impermeabili delle marne del cerro e della scaglia di età cretacea, e in secondo luogo dalle spesse formazioni argillose terziarie sovrastanti (roccia di copertura).
La società Independent Gas Management srl, nell'area della concessione di stoccaggio di gas naturale «RIVARA», intenderebbe svolgere un programma dei lavori articolato in 5 punti principali, incluse, una volta completata la costruzione dell'impianto, le operazioni di stoccaggio del gas nei termini della stessa concessione, e così articolato:
1) rilevi geofisici;
2) apertura dei pozzi in quattro nuove piazzole ed in un sito già esistente;
3) costruzione e l'esercizio della centrale gas L'area destinata ad accogliere la centrale gas, situata nella zona cosiddetta Lumachina e di forma trapezoidale, ha una superficie di circa 66.000 metri quadri (6.6 ettari). L'area della centrale gas è praticamente suddivisa in due parti principali da una strada interna: quella a nord è prevalentemente occupata dall'area pozzi SFP2 e dalla torcia fredda o candela (di 100 metri di altezza) e da un termocombustore (dotato di un camino dell'altezza di circa 20 metri), mentre la parte sud, divisa dalla parte nord da una strada che attraversa l'intera centrale, è stata destinata agli impianti di compressione e di trattamento del gas, compresi i turboespansori per il recupero energetico invernale;
4) realizzazione delle
flow-lines e del gasdotto che raccorda la centrale alla rete Snam;
5) i collegamenti con le linee elettriche (per il recupero dell'energia prodotta).

La realizzazione del sito di stoccaggio sotterraneo di gas di Rivara richiederà circa 6 anni dall'inizio della fase di accertamento delle caratteristiche della roccia serbatoio.
La Commissione Via ha proceduto ad effettuare una riunione preliminare per visionare la documentazione consegnata dal proponente e programmare le attività istruttorie.
In considerazione del fatto che l'istruttoria tecnica è stata avviata solo in data 27 novembre 2006 risultano ancora da effettuare il sopralluogo e una riunione istruttoria con il proponente e con i rappresentanti della regione Emilia Romagna e del Ministero per i beni e le attività culturali.
Quest'ultima, programmata per il 10 gennaio 2007 si è svolta regolarmente, mentre il sopralluogo sul sito è avvenuto il 7 febbraio 2007. In tale occasione si è tenuta anche una riunione presenti i Comuni interessati dall'opera e la provincia di Modena.
Quest'ultima ha domandato alla Commissione Via di procrastinare di circa 15 giorni la preannunciata richiesta di integrazioni alla Società proponente. La provincia di Modena, ha infatti, spiegato di essere in attesa della conclusione dei lavori di un gruppo di esperti, tra cui docenti universitari, incaricati di elaborare una serie di chiarimenti ed integrazioni, da richiedere alla predetta società proponente,

specificamente per quanto attiene gli aspetti geologici, anche in considerazione delle osservazioni che continuano a pervenire da parte del pubblico. Tali integrazioni saranno sottoposte all'esame della regione Emilia Romagna che, nel caso provvederà ad evidenziare alla Commissione Via la necessità di ulteriore documentazione da acquisire.
Nel caso di esito favorevole della procedura di Via, il processo di valutazione e decisione circa la realizzazione del progetto di dettaglio, verrà ripreso dal Ministero dello sviluppo economico come previsto dalle norme vigenti con lo strumento della conferenza dei servizi disposta dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, e quindi con il completo coinvolgimento delle istituzioni locali interessate alla realizzazione del progetto, con il fine di approvarne le caratteristiche definitive, dichiararne la pubblica utilità, procedere alle varianti urbanistiche, apporre il vincolo per gli eventuali espropri dei terreni, e quindi - solo allora - rilasciare la concessione di stoccaggio, di concerto con il Ministero dell'ambiente e di intesa con la Regione».

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la cronaca quotidiana informa, con crescente drammaticità, di violenze consumate sul territorio italiano all'interno di nuclei familiari o di comunità di origine extracomunitaria, soprattutto nei confronti delle donne e dei soggetti che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza e di minorità;
in data 17 aprile 2007 il quotidiano il Resto del Carlino ha dato conto delle percosse subite, per mano del padre, da una bambina di 11 anni, perché non riusciva a memorizzare correttamente alcuni versetti del Corano;
l'episodio, avvenuto nella cittadina di Faenza in data 28 marzo 2007, non era purtroppo il primo atto di violenza subito dalla ragazzina musulmana, ricongiuntasi al padre circa un anno fa a seguito di esplicita richiesta del genitore;
i carabinieri, avvisati dallo zio della giovane, procedevano immediatamente all'arresto del padre, convalidato dal Gip Anna Mori, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Isabella Cavallari;
avendo concesso gli arresti domiciliari al padre, la bambina, è stata provvisoriamente affidata allo zio, con evidenti disagi dal punto di vista psicologico;
il Tribunale dei minori sta ora vagliando quale sia la soluzione migliore per la bambina, prospettandosi anche l'eventualità di un ritorno anticipato in Marocco, presso la casa materna -:
se siano a conoscenza dell'episodio come sopra descritto;
se intendano mettere al corrente la Camera dei Deputati di eventuali nuove circostanze;
se le gravi violazioni alle regole di convivenza civile e penale che di fatto vengono perpetrate sul nostro territorio non comportino pericolose ripercussioni sia sotto il profilo dell'ordine pubblico, sia sotto il profilo del rispetto delle pari opportunità delle donne extracomunitarie presenti nel nostro Paese, sulle quali grava una situazione di discriminazione, sottomissione e mancato rispetto dei più elementari diritti civili ed umani;
se siano stati valutati correttamente i presupposti per procedere ad un ricongiungimento familiare, troppo spesso concesso, nel nostro Paese, anche in mancanza dei requisiti necessari;
come intendano intervenire per scongiurare l'insorgere ed il ripetersi di violenze e discriminazioni nei confronti di donne straniere.
(4-03403)

Risposta. - Con specifico riferimento all'episodio di violenza da Lei ricordato, il

Ministero dell'interno riferisce che il 28 marzo 2007 il personale della Compagnia dei Carabinieri di Faenza traeva in arresto Rahimi Abdelkader, nato a Sidi Bendaoud (Marocco) nel 1956, per il reato di «maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli» articolo 570 del codice penale, commesso nei confronti della figlia minore Rahimi Najat, nata il 29 settembre 1995 in Marocco, alla quale cagionava varie lesioni agli arti, alla testa e all'addome.
Nella circostanza, i militari, intervenuti su richiesta dello zio della bambina, hanno accertato che la minore veniva costretta quotidianamente a studiare il
Corano, provocando la reazione violenta del genitore ogniqualvolta non riusciva a ripeterlo correttamente a memoria.
La Procura della Repubblica di Ravenna, informata dell'accaduto, disponeva l'affidamento provvisorio della bambina allo zio paterno presso cui si trova attualmente, in attesa delle decisioni del Tribunale dei minori di Bologna.
Con riferimento al rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare, il Ministero dell'interno riferisce inoltre che Rahimi Abdelkader presentava tutta la documentazione richiesta dalla normativa vigente e che la Questura competente, all'esito dell'istruttoria effettuata, non ravvisava motivi ostativi.
L'episodio in questione si inscrive in un quadro più ampio di discriminazioni e violenze perpetrate, nel contesto familiare, contro le donne e i minori extracomunitari, e motivate, talora pretestuosamente, da consuetudini, pratiche o dettami a sfondo tradizionale o religioso.
In particolare si verifica, di frequente, la situazione in cui, alla volontà d'integrazione manifestata da mogli e figlie, i capifamiglia di sesso maschile reagiscano con comportamenti violenti, umilianti o vessatori.
In tali casi, le donne dimostrano di voler integrarsi nel contesto sociale, culturale e lavorativo italiano, perseguendo - nel caso di donne adulte - anche l'obiettivo di un'autonomia economica oppure - nel caso di minorenni - dimostrando di voler frequentare giovani di cultura ed etnia diversa dalla propria. Tuttavia, tale volontà di emancipazione ed integrazione risulta sovente inibita o repressa, da parte maschile, anche con la commissione di reati.
Si rivela indispensabile, perciò, da un lato, incoraggiare e promuovere l'integrazione delle donne extracomunitarie, e, dall'altro, prevenire e reprimere le condotte violente o discriminatorie nei loro confronti.
Per quanto riguarda il primo versante, quello della promozione dell'integrazione delle donne extracomunitarie, si ricordano le più importanti iniziative che il Governo ha intrapreso o sta per intraprendere.
Il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, in collaborazione con il Ministero per la pubblica istruzione, ha promosso dei corsi di alfabetizzazione rivolti in modo mirato alle migranti a rischio per favorirne il percorso di autonomia e di integrazione culturale.
Il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità ha affidato all'Istat, tramite la stipula di apposita convenzione, l'attuazione del progetto «Indagine sull'integrazione sociale, in un'ottica di genere, dei cittadini stranieri residenti in Italia», allo scopo di cogliere percezioni, atteggiamenti e motivazioni dei diversi segmenti di popolazione con particolare attenzione per le differenze di genere.
È operante, presso il Ministero dell'interno, la Consulta per l'Islam italiano, con il compito di perseguire un armonico inserimento delle comunità musulmane d'Italia nella società nazionale; l'attività della Consulta si è concentrata in modo particolare sul rispetto del principio di parità fra uomo e donna.
La Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione, adottata dal Ministro dell'interno con provvedimento del 23 aprile 2007, strumento di orientamento per accompagnare il percorso d'integrazione degli immigrati, afferma l'impegno dell'Italia al rispetto dei diritti fondamentali di chiunque si trovi sul territorio nazionale, senza distinzioni di sorta.
Per quanto riguarda il profilo della prevenzione e della repressione dei reati di violenza alle donne, si segnalano le seguenti iniziative.


La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria per il 2008) istituisce, per l'anno 2008, un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro, destinato a un Piano contro la violenza alle donne.
Il Consiglio dei Ministri, su mia proposta unitamente al Ministro della giustizia, delle politiche per la famiglia, e di concerto con i Ministri dell'interno, della pubblica istruzione, della solidarietà sociale, dell'università e della ricerca, della salute, degli affari regionali e delle autonomie locali, dell'economia e delle finanze e del lavoro e della previdenza sociale, ha presentato, nel gennaio 2007, un apposito disegno di legge recante «Misure di sensibilizzazione e prevenzione nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione».
Il disegno di legge prevede un intervento integrato in materia di contrasto verso ogni forma di violenza e molestia sessuale o di genere o per motivi di orientamento sessuale che investe tre livelli: le misure di sensibilizzazione e prevenzione, i diritti della vittima, la tutela penale.
La scelta del Governo è stata dunque quella di un approccio multidimensionale al problema, non limitandosi ad interventi di tipo repressivo, ma promuovendo un diverso approccio culturale e risposte di tipo sociale attraverso misure di sensibilizzazione e prevenzione «a tutto campo».
Il testo presentato mira a predisporre e attivare una serie di misure di sensibilizzazione sociale e di prevenzione e, sul piano del riconoscimento di diritti individuali, viene effettuato un rilevante intervento innovativo sul codice penale, sul codice di procedura penale e sul codice civile, al fine di assicurare riconoscimento e tutela, sostanziale e processuale, alle vittime di delitti accomunati dalla caratteristica di realizzare la prevaricazione sulla debolezza, determinata da molteplici ragioni, della parte offesa.
Come è noto, in data 17 ottobre 2007, alla luce del dibattito svoltosi alla Camera - Commissione giustizia, l'Assemblea ha deliberato lo stralcio degli articoli 13 e 18 del citato disegno di legge (A.C. 2169-
ter).
Conseguentemente è stata presentata una proposta di testo unificato composta da tre articoli: i primi due volti a disciplinare sotto i profili sostanziali e processuali il delitto di atti persecutori (cosiddetto
stalking), il terzo in materia di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale.
In data 15 gennaio 2008 la Commissione giustizia ha conferito al relatore il mandato di riferire in Aula sul ravvedimento riguardante lo
stalking e i reati contro la discriminazione sessuale. Il provvedimento, che ha ottenuto i pareri favorevoli delle commissioni competenti, sarà quindi posto all'ordine del giorno dell'Aula dalla conferenza dei Capigruppo.
Si auspica che il Parlamento approvi, in tempi rapidi, anche la parte residua del disegno di legge alle misure di sensibilizzazione e di prevenzione la cui importanza è dimostrata anche dalla vicenda in esame.
Il Governo, su mia iniziativa, ha inserito nel cosiddetto pacchetto sicurezza, approvato nel Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2007, una disposizione in forza della quale alle donne migranti vittime di violenze domestiche è concesso il riconoscimento di un permesso di soggiorno per protezione sociale, convertibile in permesso di soggiorno per lavoro studio, ogniqualvolta decidano di denunciare le violenze subite e per tale ragione corrano un pericolo grave ed attuale per la propria incolumità (articolo 3, comma 1, del disegno di legge contenente «Disposizioni in materia di sicurezza urbana», A.C. n. 3278).
Nel «pacchetto» inoltre, nel disegno di legge recante «Disposizioni in materia di grave allarme sociale e di certezza della pena» (A.C. n. 3241), sono presenti alcune norme particolarmente significative per la certezza della pena e la tutela delle vittime:
le disposizioni contenute nelle lettere da
g) a n) del comma 1 dell'articolo 1 intervengono in modo significativo su alcune figure criminose contemplate nella parte speciale del codice penale, al fine specifico di rafforzare la tutela contro alcune gravi forme di violenza e di prevaricazione, nonché di fronteggiare adeguatamente l'esponenziale diffusione di un peculiare fenomeno criminoso che ha, soprattutto

di recente, inciso in modo assai rilevante sulla sicurezza sociale;
in particolare, la lettera
g) interviene anche sulla rubrica del delitto di maltrattamenti di cui all'articolo 572 del codice penale, non solo conferendo esplicito rilievo, quale persona offesa, al convivente del soggetto attivo, ma anche prevedendo che la condotta in danno di persona minore degli anni quattordici, legata all'autore del reato dalle relazioni elencate nel primo comma della norma, costituisca ipotesi aggravata del reato medesimo. Si provvede altresì ad un inasprimento sanzionatorio sia per la fattispecie base, sia per quella in cui dalla condotta derivi una lesione personale grave;
con riferimento, poi, al delitto di violenza sessuale, la lettera
m) del comma 1 dell'articolo 1 introduce una ulteriore aggravante specifica nell'ambito dell'articolo 609-ter del codice penale. In particolare, viene introdotto al primo comma il numero 5-bis), che aggrava il delitto commesso dal coniuge o dal convivente, ovvero da persona cui la vittima comunque sia o sia stata legata da relazione affettiva: si vogliono così sottolineare, anche sul piano delle conseguenze sanzionatorie, la gravità e il disvalore morali dell'approfittamento di una situazione di consuetudine nelle relazioni intime.

Il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità ha proseguito la realizzazione del progetto «Rete nazionale antiviolenza» (progetto Arianna) e gestione del call-center 1522 a sostegno delle donne vittime della violenza, allo scopo di coinvolgere per la prima volta tutti i diversi attori impegnati a vario titolo nella lotta al fenomeno della violenza alle donne. Parallelamente è stata avviata una campagna di comunicazione e sensibilizzazione sul tema, finalizzata anche alla promozione del predetto servizio telefonico, a seguito della quale si è registrato un significativo aumento delle telefonate.
Il Dipartimento ha, inoltre, promosso un'indagine statistica per la prima volta interamente dedicata al fenomeno della violenza fisica e sessuale contro le donne, realizzata dall'Istat e pubblicata il 21 febbraio 2007. Sempre con riferimento ad iniziative di monitoraggio e di indagine sul fenomeno, è da segnalare che è stata portata a termine la ricerca - azione denominata Urban, realizzata da 24 città nell'ambito del progetto «Rete antiviolenza tra le città Urban-Italia», avviato nel 1998. Dai risultati finali dell'analisi condotta è emersa la necessità di mettere a punto politiche incisive e azioni efficaci per affrontare il problema a livello locale, nazionale ed internazionale.
Si fa presente, altresì, che è stato istituito il «Forum permanente contro le molestie gravi e la violenza alle donne, per orientamento sessuale e identità di genere», quale sede di dialogo e confronto fra istituzioni e società civile in materia di prevenzione e contrasto alle molestie e alla violenza di genere e per orientamento sessuale, nonché di sostegno e inclusione delle vittime, mentre è in fase di perfezionamento l'istituzione dell'«Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere», previsto dall'articolo 1, comma 1261 della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), avente compiti di analisi e ricerca scientifica, di informazione sulle conoscenze disponibili e di supporto alla progettazione ed implementazione alle politiche di prevenzione, sensibilizzazione e contrasto alla violenza di genere, contro le donne e contro le persone di diverso orientamento sessuale.
È stato pubblicato, sulla
Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2007, l'avviso relativo al finanziamento di progetti finalizzati a rafforzare la prevenzione e il contrasto della violenza di genere, che si avvalgono delle risorse stanziate dal citato articolo 1, comma 1261, della legge finanziaria per il 2007.
Nel mese di agosto 2007, inoltre, il Dipartimento ha provveduto ad attuare le previsioni di cui all'articolo 3, comma 2, della legge n. 7 del 2006, iniziando il procedimento per il finanziamento di progetti volti alla prevenzione e al contrasto delle pratiche di mutilazione genitale femminile.
Per quanto riguarda, infine, le iniziative di competenza del Ministero dell'interno, si segnalano: le direttive impartite agli uffici

periferici nel senso di impiegare, nelle attività connesse al contrasto della violenza, personale qualificato e dotato di particolare sensibilità umana; le istruzioni diramate per la costituzione, nell'ambito delle Questure, di équipes specializzate per la recezione di denunce, querele, segnalazioni e richieste d'aiuto. Si è altresì provveduto a specifiche iniziative di formazione ed aggiornamento professionale, anche nell'ambito del progetto europeo SARA (Spousal Assault Risk Assessment), specificamente dedicato al fenomeno del maltrattamento familiare.
Il Ministro per i diritti e le pari opportunità: Barbara Pollastrini.

BONELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella bassa modenese è in via di realizzazione un progetto per la costruzione di un grande deposito di stoccaggio di gas metano che occuperà nel sottosuolo un'area di circa 120 chilometri quadrati, in un territorio che va da Finale a Massa, San Felice, Medolla, Camposanto e Mirandola, con un bacino di circa 50.000 abitanti;
l'impianto comporterebbe un investimento di 200 milioni di euro, dovrebbe essere operativo nel 2010, e permetterebbe di stoccare ad una profondità di 2.500 metri ben 3,2 miliardi di metri cubi di gas metano;
lo stabilimento per spingere il gas nel sottosuolo sarà realizzato a Rivara, da una srl di Roma che appartiene ad una società inglese, che ha avviato contatti commerciali con una multinazionale francese;
il 16 novembre 2006 è stata ufficializzata presso il Comune di San Felice sul Panaro, l'iscrizione all'albo delle Libere Forme Associative del «Comitato Ambiente e Salute», nato con lo scopo di fare chiarezza sul suddetto progetto di stoccaggio di gas con annessa centrale elettrica, che coinvolge da vicino non solo il paese di Rivara ed i suoi abitanti, ma buona parte dell'Unione dei Comuni modenesi dell'Area Nord;
secondo il Comitato Ambiente e salute, vi sono tra l'altro, preoccupazioni relativamente alla sicurezza geologica (è una zona sismica, che presenta «crepe» documentate e certificate dalle quali il gas potrebbe fuoriuscire) e alla sicurezza di superficie per l'impatto ambientale: il gas sarà spinto da turbine paragonabili a quelle dei motori a reazione, con conseguente impatto acustico sul territorio, oltre alle probabili emissioni di gas inquinanti, per la combustione di gas residui e l'eventualità di sfoghi del metano. Ricordiamo che ogni anno da impianti analoghi in Italia sfuggono ottomila tonnellate di gas metano (dati stogit);
inoltre l'impianto, per raffreddare le turbine, produrrà l'emissione in piena estate di quantità preoccupanti di calore, tali da comportare modifiche significative al microclima;
la comunità locale sta manifestando forte contrarietà e disagio per non essere mai stata informata e coinvolta nel progetto di realizzazione dell'impianto, e viva preoccupazione per quanto concerne le condizioni di sicurezza dell'impianto stesso, gli effetti sulla salute e gli impatti ambientali conseguenti alla sua realizzazione;
a seguito di ciò vi sono state diverse assemblee pubbliche al fine di sensibilizzare le istituzioni, secondo l'interrogante finora troppo silenziose su questo progetto, e ottenere la necessaria chiarezza e risposte concrete ai più che legittimi dubbi dei residenti;
l'Assessore all'Ambiente della Provincia di Modena, Alberto Caldana, nel corso dell'incontro sul suddetto progetto di deposito sotterraneo di metano, che si è svolto il 6 dicembre nella sede della Provincia di Modena, ha chiesto «al Governo la riapertura dei termini per presentare

osservazioni al progetto, ulteriori rilievi tecnici e un confronto con il ministero dell'ambiente il quale deve mettere a disposizione degli enti locali e dei cittadini un referente tecnico in grado di fornire chiarimenti e risposte»;
il 10 dicembre 2006, il presidente della Provincia di Modena Emilio Sabattini, con una lettera inviata al presidente del Consiglio Romano Prodi, ai ministri all'ambiente Pecoraro Scanio e allo sviluppo economico Bersani, ha tra l'altro chiesto formalmente una proroga rispetto alla scadenza fissata dalla normativa vigente per quanto riguarda la pronuncia sulla compatibilità ambientale dell'impianto di stoccaggio sotterraneo di gas a San Felice sul Panaro -:
se siano stati fatti accurati studi relativamente alla sicurezza dell'impianto esposto in premessa, e ai suoi effetti sul territorio e sulla salute della popolazione circostante;
se non si ritenga di procedere alla sospensione del progetto esposto in premessa, anche al fine di permettere il completo coinvolgimento delle comunità locali al processo di valutazione e decisione circa la realizzazione del progetto;
se non sia indispensabile la riapertura dei termini per le osservazioni, al fine di avere il tempo adeguato per incaricare esperti di fiducia che possano studiare il progetto e i rischi ambientali e di sicurezza, ripristinando peraltro i necessari termini di trasparenza e informazione che finora sono mancati.
(4-01965)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, concernente il progetto per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di gas naturale nei Comuni di San Felice sul Panaro (Modena), Finale Emilia (Modena), Camposanto (Modena), Medolla (Modena), Crevalcore (Bologna) si fa presente che la Società Indipendent Gas Management Srl ha presentato, per il predetto progetto, istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi della legge 349 del 1986. Per tale deposito è previsto l'utilizzo di una struttura geologica naturale porosa (falda acquifera salata) ivi esistente tra 2500 e 2900 metri di profondità.
Preliminarmente la Direzione generale energia e risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico già attività produttive ha precisato di essere competente per l'assolvimento delle procedure volte al conferimento della concessione per lo stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, che avviene con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata dalla realizzazione dell'impianto. Le disposizioni di legge che attribuiscono tale competenza sono principalmente la legge 17 gennaio 197, n. 170 (modificata dal decreto legislativo n. 164 del 2000) e la legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché il decreto del Ministro delle attività produttive 26 agosto 2005, recante norme sulle «modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, approvazione del relativo disciplinante tipo nel quale sono previste le modalità di attuazione delle attività di stoccaggio, gli obbiettivi qualitativi, i poteri di verifica, le conseguenze di eventuali inadempimenti». Il decreto legislativo n. 164 del 2000 ha introdotto per la prima volta in Italia la possibilità di stoccare gas naturale in unità geologiche profonde, compresi gli acquiferi salmi profondi, in analogia con quanto già fatto in altri paesi, quali Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Danimarca e Russia.
Il proponente, contestualmente alla presentazione dell'istanza di VIA, ha provveduto a consegnare tre copie dello Studio di impatto ambientale e del Progetto preliminare relativo all'intervento da realizzare, mentre con nota del 22 novembre 2006 ha trasmesso la documentazione attestante l'avvenuto assolvimento degli obblighi previsti dall'articolo 29 della legge 136 del 1999 (contributo dello 0,5 per mille), e con nota del 12 dicembre 2006 ha trasmesso copia degli annunci al pubblico a mezzo stampa effettuati in data 12 settembre 2006, sui quotidiani
La Repubblica e Il Resto del Carlino, completando di fatto la documentazione

necessaria per l'attivazione della procedura di Via.
In merito alla richiesta avanzata dall'interrogante di riapertura dei termini per la presentazione delle osservazioni, si evidenzia come a fronte di analoga richiesta del Comune di San Felice sul Panaro (Modena), la Direzione generale per la salvaguardia ambientale Div.II Via ha comunicato allo con nota 28955 del 10 novembre 2006, che, benché il comma 9 dell'articolo 6 della legge 349 del 1986 preveda che le osservazioni o i pareri sull'opera devono pervenire entro 30 giorni dall'annuncio della comunicazione del progetto, è prassi della Direzione competente ricevere tutte le osservazioni pervenute nel corso dell'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione per le valutazioni dell'impatto ambientale e di trasmetterle a quest'ultima per le considerazioni del caso.
Compatibilmente con lo stato di avanzamento dell'istruttoria tecnica la Commissione Via provvede a prendere in considerazione tutte le osservazioni pervenute a prescindere dalla data di ricevimento.
Poiché la regione Emilia Romagna, partecipa ai sensi di legge (articolo 6 comma 4 della legge 349 del 1986) alla procedura di Valutazione di impatto ambientale per l'espressione del parere di competenza, lo stesso Comune è stato invitato a prendere contatti direttamente con la Regione.
Come riferito dalla Direzione per la salvaguardia Ambientale, «l'istruttoria tecnica presso la Commissione Via ha avuto inizio in data 27 novembre 2006 ed allo stato è ancora in corso.
La Commissione ha, attualmente in valutazione l'intervento proposto dalla Società Indipendent Gas Management Srl consistente nella realizzazione di un impianto per il servizio di stoccaggio sotterraneo di gas naturale a modulazione ciclica.
L'obiettivo dell'intervento è quello di migliorare le infrastrutture per lo stoccaggio di gas naturale in Italia in modo tale che gli utenti possano disporre di maggiore capacità di
Working Gas, di maggiore capacità di erogazione di picco, di maggiore sicurezza di approvvigionamento e di minori costi dell'energia.
Il progetto prevede, dopo un periodo biennale di indagini finalizzate all'accertamento delle proprietà fisiche della struttura geologica profonda identificata, la costruzione di una centrale di compressione del gas, di pozzi (10-19 suddivisi in quattro
cluster) e delle piazzole di perforazione necessarie, delle flowlines di collegamento tra pozzi e la centrale gas, dell'allacciamento della predetta centrale alla rete nazionale di trasporto del metano e dell'allacciamento elettrico per l'energia recuperata in fase di erogazione del gas.
Il progetto è basato sull'ipotesi della presenza nel sottosuolo dell'area di «RIVARA» di una importante struttura geologica profonda a livello della serie carbonatica mesozoica, costituita da una spessa serie di roccia calcarea permeabile di età giurassica e cretacea a matrice compatta naturalmente fratturata, dotata di grande rigidità e di capacità produttiva di punta giornaliera (roccia serbatoio), situata a circa 2500-2800 metri di profondità e sigillata in primo luogo dalle formazioni geologiche impermeabili delle marne del cerro e della scaglia di età cretacea, e in secondo luogo dalle spesse formazioni argillose terziarie sovrastanti (roccia di copertura).
La società Independent Gas Management Srl, nell'area della concessione di stoccaggio di gas naturale «RIVARA», intenderebbe svolgere un programma dei lavori articolato in 5 punti principali, incluse, una volta completata la costruzione dell'impianto, le operazioni di stoccaggio del gas nei termini della stessa Concessione, e così articolato:
1. rilevi geofisici;
2. apertura dei pozzi in quattro nuove piazzole ed in un sito già esistente;
3. costruzione e l'esercizio della Centrale Gas. L'area destinata ad accogliere la centrale gas, situata nella zona cosiddetta Lumachina e di forma trapezoidale, ha una superficie di circa 66.000 metri quadri (6.6 ettari). L'area della Centrale Gas è praticamente suddivisa in due parti principali da una strada interna: quella a Nord è prevalentemente occupata dall'area pozzi

SFP2 e dalla torcia fredda o candela (di 100 metri di altezza) e da un termocombustore (dotato di un camino dell'altezza di circa 20 metri), mentre la parte sud, divisa dalla parte nord da una strada che attraversa l'intera centrale, è stata destinata agli impianti di compressione e di trattamento del gas, compresi i turboespansori per il recupero energetico invernale;
4. realizzazione delle
flow-lines e del gasdotto che raccorda la centrale alla rete Snam;
5. i collegamenti con le linee elettriche (per il recupero dell'energia prodotta).

La realizzazione del sito di stoccaggio sotterraneo di gas di Rivara richiederà circa 6 anni dall'inizio della fase di accertamento delle caratteristiche della roccia serbatoio.
La Commissione Via ha proceduto ad effettuare una riunione preliminare per visionare la documentazione consegnata dal Proponente e programmare le attività istruttorie.
In considerazione del fatto che l'istruttoria tecnica è stata avviata solo in data 27 novembre 2006 risultano ancora da effettuare il sopralluogo e una riunione istruttoria con il proponente e con i rappresentanti della regione Emilia Romagna e del Ministero per i beni e le attività e culturali.
Quest'ultima, programmata per il 10 gennaio 2007 si è svolta regolarmente, mentre il sopralluogo sul sito è avvenuto il 7 febbraio 2007. In tale occasione si è tenuta anche una riunione presenti i Comuni interessati dall'opera e la provincia di Modena.
Quest'ultima ha domandato alla Commissione Via di procrastinare di circa 15 giorni la preannunciata richiesta di integrazioni alla Società proponente. La provincia di Modena, ha infatti, spiegato di essere in attesa della conclusione dei lavori di un gruppo di esperti, tra cui docenti universitari, incaricati di elaborare una serie di chiarimenti ed integrazioni, da richiedere alla predetta società proponente, specificamente per quanto attiene gli aspetti geologici, anche in considerazione delle osservazioni che continuano a pervenire da parte del pubblico. Tali integrazioni saranno sottoposte all'esame della regione Emilia Romagna che, nel caso provvederà ad evidenziare alla Commissione VIA la necessità di ulteriore documentazione da acquisire.
Nel caso di esito favorevole della procedura di Via il processo di valutazione e decisione circa la realizzazione del progetto di dettaglio, verrà ripreso dal Ministero dello sviluppo economico come previsto dalle norme vigenti con lo strumento della conferenza dei servizi disposta dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, e quindi con il completo coinvolgimento delle istituzioni locali interessate alla realizzazione del progetto, con il fine di approvarne le caratteristiche definitive, dichiararne la pubblica utilità, procedere alle varianti urbanistiche, apporre il vincolo per gli eventuali espropri dei terreni, e quindi - solo allora - rilasciare la concessione di stoccaggio, di concerto con il Ministero dell'ambiente e di intesa con la Regione».

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

BUONTEMPO. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la questione «ferroviaria» in Abruzzo rappresenta per l'Abruzzo un tema centrale e strategico. Che le numerose ripetute promesse da parte degli enti e delle amministrazioni competenti sono risultate senza esito e non hanno prodotto alcuna soluzione decisiva;
la Finanziaria 2008 prevede uno stanziamento di 168 milioni di euro per l'ammodernamento della linea Pescara-Roma, stanziamento che certamente non produrrà effetti in tempi brevi;
nella precedente legislatura l'interrogante ha già presentato un'interrogazione sul medesimo tema;
i convogli continuano ad effettuare numerosi ed eccessivi ritardi -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per sollecitare le autorità competenti

almeno a migliorare i tempi di percorrenza garantendo al minimo gli orari previsti.
(4-05826)

Risposta. - La linea Pescara-Avezzano-Roma, che si sviluppa quasi interamente su binario unico per circa 235 km, è caratterizzata da una particolare orografia del territorio con forti pendenze, anche del 30 per cento sulla tratta Carsoli-Colli di Monte Bove in direzione Pescara, dove, in presenza di avverse condizioni atmosferiche, possono verificarsi inconvenienti di marcia, con conseguenti ricadute sulla regolarità dei convogli.
Altri fattori che possono incidere sulla regolarità della circolazione sono:
i rallentamenti per i lavori in corso, soprattutto nella tratta terminale (Guidonia-Roma);
l'intensità del traffico ferroviario in ingresso/uscita dal nodo di Roma;
i frequenti danneggiamenti ai passaggi al livello da parte di automezzi privati.

Al fine di migliorare la puntualità sull'intera tratta, Ferrovie dello stato S.p.A., ha attivati tavoli tecnici permanenti tra Trenitalia e il gestore dell'infrastruttura, volti al monitoraggio e all'individuazione di soluzioni adeguate alle criticità riscontrate.
Inoltre, a bordo dei treni più critici, la società ferroviaria ha intensificato il personale di condotta per offrire risoluzioni tempestive degli eventuali inconvenienti che dovessero insorgere durante la marcia del convogli; parimenti è stata messa a disposizione una locomotiva di riserva a Sulmona.
Per quanto concerne specificatamente la tratta Avezzano-Tivoli-Roma, tratta a maggiore valenza pendolare, secondo Ferrovie dello Stato, i livelli di puntualità mostrano, nel periodo di osservazione settembre-novembre, una media di arrivi entro 5 minuti dall'orario previsto superiore all'80 per cento mentre per gli arrivi entro i 15 minuti, l'indice è del 96 per cento.
Relativamente al materiale rotabile in circolazione sulla citata relazione, su richiesta dei Comitati pendolari, le vetture del tipo a piano ribassato, precedentemente utilizzate, sono state sostituite con vetture del tipo a media distanza mentre per la trazione, vengono impiegate locomotive del tipo E464; queste ultime rientrano tra i mezzi più moderni in circolazione, specificatamente progettati per le esigenze del trasporto locale.
Infine, la società ferroviaria ha precisato che, in considerazione delle esigenze rappresentate dai pendolari, a partire dall'orario entrato in vigore da qualche giorno, il treno Regionale 2371 proveniente da Sulmona, è stato attestato nella stazione di Roma Termini, invece che in quella di Roma Tiburtina.
Infine, l'assicurazione che la questione è all'attenzione del Ministero dei trasporti, come d'altra parte le esigenze di mobilità di tutti gli utenti del trasporto, è attestata da quanto è previsto dall'articolo 62, comma 24, della legge finanziaria per il 2008: l'istituzione, proprio presso il Ministero, di un fondo per l'ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma.
Con tale fondo, allo scopo di determinare migliore efficacia ed efficienza dei collegamenti ferroviari tra la Regione Abruzzo e Roma, si autorizza la spesa di 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con un vincolo di destinazione per la tratta Roma-Avezzano.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

CAPOTOSTI e FABRIS. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni il caso Piediluco entra regolarmente nelle cronache locali dei giornali e della televisione per gli effetti prodotti dall'eutrofizzazione che, come noto, costituisce un fenomeno di degenerazione delle acque;
il Lago di Piediluco, è per estensione (1.7 km2), il secondo specchio lacustre di origine naturale del territorio regionale;

ciò che allarma opinione pubblica e amministrazioni è la progressiva perdita di naturalità delle acque che ha comportato e comporta danni ambientali ed economici;
la non balneabilità, la riduzione delle risorse ittiche, i divieti di pesca provocano disagi e soprattutto una compromissione dell'economia locale;
le cause di questa situazione sono da ricercare nella gestione del lago che è monopolizzato dalla produzione di energia elettrica, ma anche nel complesso delle attività antropiche che caratterizzano l'intero bacino;
in questo ultimo caso l'accelerazione e la gravità del degrado delle acque sono riconducibili all'ampliamento del bacino idrografico che ha determinato l'adduzione nel lago degli apporti inquinanti dell'intero bacino idrografigo del Fiume Velino e della porzione del bacino del Fiume Nera sottesa dalla derivazione del, medio Nera (Triponzo) -:
quali provvedimenti il Ministro interpellato intenda porre in essere al fine di individuare, seppur in modo graduale, in maniera concreta le risorse per tutti gli interventi previsti dal piano stralcio, approvato nel 2006, che potranno contribuire in termini significativi al miglioramento della situazione complessiva del lago di Piediluco e del sistema di cui lo stesso è parte integrante anche in considerazione del fatto che il bacino costituisce un bene di estrema rilevanza e interesse nazionale sotto il profilo ambientale e turistico e la disponibilità dei finanziamenti, che sono fuori dalle potenzialità degli enti locali, costituisce atto dovuto a seguito dell'approvazione del piano stralcio stesso.
(4-05285)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, avente ad oggetto l'eutrofizzazione del lago di Piediluco, è utile, innanzi tutto, porre in evidenza la complessità della situazione in cui versa il lago e la sua non semplice risoluzione, dovuta soprattutto all'adduzione dei fiumi Nera e Velino che ha avuto come conseguenza un flusso di inquinanti pesantemente cresciuti nel tempo, dovuti all'insieme delle attività antropiche che si sono sviluppate e che ampliano, quindi, anche il numero delle amministrazioni interessate, che solo a livello di regioni comprendono oltre all'Umbria, anche le Marche e il Lazio.
In tale contesto, l'Autorità di bacino del fiume Tevere ha inteso adottare, nell'anno 2003 il «Piano stralcio per la salvaguardia delle acque e delle sponde del lago», avente come obiettivo principale la prevenzione e la riduzione progressiva del fenomeno eutrofico delle acque, anche attraverso la disciplina delle attività antropiche.
I problemi di cui lo stesso è affetto possono, molto sinteticamente, essere così riassunti:

a) la forte eutrofia è dovuta all'eccessivo apporto di sostanze nutrienti, in particolare azoto e fosforo, da parte del fiume Velino e del canale Medio Nera;
b) il peggioramento della qualità delle acque ha contribuito nel tempo a mutare profondamente la tipologia della fauna ittica consentendo il successo competitivo di specie di basso pregio;
c) l'uso idrogeologico delle acque del lago di Piediluco ha, inoltre, provocato problemi alla comunità biotica che popola il lago (ad esempio si è verificata una riduzione della vegetazione idrolitica nei pressi della riva, causando di conseguenza la riduzione delle aree di frega per le specie fitofile).

Da parte sua, la Provincia, per affrontare organicamente le diverse problematiche connesse ai monitoraggio e gestione del lago, aveva inteso approvare, con delibera G.P. 245 del 1998, il «Progetto di riqualificazione del lago di Piediluco», nell'ambito del quale, il Servizio programmazione ittico faunistica aveva assunto l'impegno di attivare periodicamente il monitoraggio delle popolazioni ittiche e dell'attività di pesca, quale fondamentale presupposto per trarre le indicazioni tecnico scientifiche necessarie per la gestione.
L'attività di monitoraggio era prevista, con frequenza biennale, per registrare i

cambiamenti delle popolazioni ittiche in seguito agli interventi di recupero intrapresi ed all'azione di prelievo operato dalla pesca professionale.
Considerando l'attività della pesca professionale ed alieutica esercitata nel lago, lo studio della comunità ittica rappresenta un contributo sostanziale e fondamentale, volto alla definizione di appropriate ipotesi di riqualificazione, salvaguardia e gestione del patrimonio ittico.
L'intero problema è stato organicamente affrontato dall'Autorità di bacino del fiume Tevere che ha elaborato il «Piano stralcio per la salvaguardia della acque e delle sponde del lago di Piediluco», approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 aprile 2006, che persegue, tra l'altro, obiettivi di contenimento e riduzione dei fenomeni eutrofici, attraverso interventi strutturali e non.
La previsione di spesa per gli interventi strutturali cui fanno riferimento gli interroganti, finalizzati al contenimento dell'erosione dei suoli da cui proviene il fosforo, individuato come principale causa del fenomeno di eutrofizzazione, ammonta a circa 60 milioni di euro.
Considerato l'importo elevato e la scarsa disponibilità di risorse annualmente destinate alla difesa del suolo, in fase di approvazione del Piano, il Ministro dell'ambiente, in qualità di Presidente del comitato istituzionale di bacino del fiume Tevere, ha proposto l'istituzione di un tavolo tecnico, finalizzato ad individuare soluzioni alternative che consentano di ottimizzare la spesa, indirizzando le azioni programmatorie verso tipologie di intervento anche non strutturali o, comunque, con un migliore rapporto costi/benefici.
A tale tavolo tecnico, la cui prima riunione operativa si è tenuta l'11 settembre 2007 presso l'Autorità di bacino, hanno partecipato il Ministero dell'ambiente con le Direzioni generali difesa suolo e qualità della vita, il Ministero delle politiche agricole e forestali e le Regioni interessate, con il coordinamento dell'Autorità di bacino.
Una seconda riunione si è tenuta, sempre presso l'Autorità di bacino, l'11 ottobre 2007 e in tale occasione la regione Umbria ha portato a conoscenza di tutti i partecipanti lo stato di avanzamento delle attività di sperimentazione intraprese nel bacino del lago di Piediluco. Inoltre, sono state dettate le linee guida da seguire nelle fasi di lavoro da parte del tavolo tecnico.
Il lavoro di verifica appena intrapreso consentirà di evidenziare modalità e priorità di realizzazione degli interventi di tutela e risanamento delle acque del lago.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

CAPOTOSTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni il caso Piediluco entra regolarmente nelle cronache locali dei giornali e della televisione per gli effetti prodotti dall'eutrofizzazione che, come noto, costituisce un fenomeno di degenerazione delle acque;
il Lago di Piediluco, è per estensione (1,7 km2), il secondo specchio lacustre di origine naturale del territorio regionale;
ciò che allarma opinione pubblica e amministrazioni è la progressiva perdita di naturalità delle acque che ha comportato e comporta danni ambientali ed economici;
la non balneabilità, la riduzione delle risorse ittiche, i divieti di pesca provocano disagi e soprattutto una compromissione dell'economia locale;
le cause di questa situazione sono da ricercare nella gestione del lago che è monopolizzato dalla produzione di energia elettrica, ma anche nel complesso delle attività antropiche che caratterizzano l'intero bacino;
in questo ultimo caso l'accelerazione e la gravità del degrado delle acque sono riconducibili all'ampliamento del bacino idrografico che ha determinato l'adduzione nel lago degli apporti inquinanti

dell'intero bacino idrografigo del Fiume Velino e della porzione del bacino del Fiume Nera sottesa dalla derivazione del medio Nera (Triponzo) -:
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di individuare, seppur in modo graduale, in maniera concreta le risorse per tutti gli interventi previsti dal piano stralcio, approvato nel 2006, che potranno contribuire in termini significativi al miglioramento della situazione complessiva del lago di Piediluco e del sistema di cui lo stesso è parte integrante anche in considerazione del fatto che il bacino costituisce un bene di estrema rilevanza e interesse nazionale sotto il profilo ambientale e turistico e la disponibilità dei finanziamenti, che sono fuori dalle potenzialità degli enti locali, costituisce atto dovuto a seguito dell'approvazione del piano stralcio stesso.
(4-05581)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, avente ad oggetto l'eutrofizzazione del lago di Piediluco, è utile, innanzi tutto, porre in evidenza la complessità della situazione in cui versa il lago e la sua non semplice risoluzione, dovuta soprattutto all'adduzione dei fiumi Nera e Velino che ha avuto come conseguenza un flusso di inquinanti pesantemente cresciuti nel tempo, dovuti all'insieme delle attività antropiche che si sono sviluppate e che ampliano, quindi, anche il numero delle amministrazioni interessate, che solo a livello di regioni comprendono oltre all'Umbria, anche le Marche e il Lazio.
In tale contesto, l'Autorità di bacino del fiume Tevere ha inteso adottare, nell'anno 2003 il «Piano stralcio per la salvaguardia delle acque e delle sponde del lago», avente come obiettivo principale la prevenzione e la riduzione progressiva del fenomeno eutrofico delle acque, anche attraverso la disciplina delle attività antropiche.
I problemi di cui lo stesso è affetto possono, molto sinteticamente, essere così riassunti:

a) la forte eutrofia è dovuta all'eccessivo apporto di sostanze nutrienti, in particolare azoto e fosforo, da parte del fiume Velino e del canale Medio Nera;
b) il peggioramento della qualità delle acque ha contribuito nel tempo a mutare profondamente la tipologia della fauna ittica consentendo il successo competitivo di specie di basso pregio;
e) l'uso idrogeologico delle acque del lago di Piediluco ha, inoltre, provocato problemi alla comunità biotica che popola il lago (ad esempio si è verificata una riduzione della vegetazione idrolitica nei pressi della riva, causando di conseguenza la riduzione delle aree di frega per le specie fitofile).

Da parte sua, la Provincia, per affrontare organicamente le diverse problematiche connesse al monitoraggio e gestione del lago, aveva inteso approvare, con delibera G.P. 245 del 1998, il «Progetto di riqualificazione del lago di Piediluco», nell'ambito del quale, il Servizio programmazione ittico faunistica aveva assunto l'impegno di attivare periodicamente il monitoraggio delle popolazioni ittiche e dell'attività di pesca, quale fondamentale presupposto per trarre le indicazioni tecnico scientifiche necessarie per la gestione.
L'attività di monitoraggio era prevista, con frequenza biennale, per registrare i cambiamenti delle popolazioni ittiche in seguito agli interventi di recupero intrapresi ed all'azione di prelievo operato dalla pesca professionale.
Considerando l'attività della pesca professionale ed alieutica esercitata nel lago, lo studio della comunità ittica rappresenta un contributo sostanziale e fondamentale, volto alla definizione di appropriate ipotesi di riqualificazione, salvaguardia e gestione del patrimonio ittico.
L'intero problema è stato organicamente affrontato dall'Autorità di bacino del fiume Tevere che ha elaborato il «Piano stralcio per la salvaguardia della acque e delle sponde del lago di Piediluco», approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 aprile 2006, che persegue, tra l'altro, obiettivi di contenimento e riduzione

dei fenomeni eutrofici, attraverso interventi strutturali e non.
La previsione di spesa per gli interventi strutturali cui fanno riferimento gli interroganti, finalizzati al contenimento dell'erosione dei suoli da cui proviene il fosforo, individuato come principale causa del fenomeno di eutrofizzazione, ammonta a circa 60 milioni di euro.
Considerato l'importo elevato e la scarsa disponibilità di risorse annualmente destinate alla difesa del suolo, in fase di approvazione del Piano, il Ministro dell'ambiente, in qualità di Presidente del comitato istituzionale di bacino del fiume Tevere, ha proposto l'istituzione di un tavolo tecnico, finalizzato ad individuare soluzioni alternative che consentano di ottimizzare la spesa, indirizzando le azioni programmatorie verso tipologie di intervento anche non strutturali o, comunque, con un migliore rapporto costi/benefici.
A tale tavolo tecnico, la cui prima riunione operativa si è tenuta l'11 settembre 2007 presso l'Autorità di bacino, hanno partecipato il Ministero dell'ambiente con le Direzioni generali difesa suolo e qualità della vita, il Ministero delle politiche agricole e forestali e le Regioni interessate, con il coordinamento dell'Autorità di bacino.
Una seconda riunione si è tenuta, sempre presso l'Autorità di bacino, l'11 ottobre 2007, e in tale occasione la Regione Umbria ha portato a conoscenza di tutti i partecipanti lo stato di avanzamento delle attività di sperimentazione intraprese nel bacino del lago di Piediluco. Inoltre, sono state dettate le linee guida da seguire nelle fasi di lavoro da parte del tavolo tecnico.
Il lavoro di verifica appena intrapreso consentirà di evidenziare modalità e priorità di realizzazione degli interventi di tutela e risanamento delle acque del lago.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

CATONE. - Al Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, al Ministro dell'interno, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto annuale diffuso dal Eurispes-Telefono Azzurro emerge che tra i giovani c'è una nuova e preoccupante tendenza, quella di ubriacarsi prima di entrare in discoteca usando un mix di alcolici denominato «shottino»;
dallo stesso rapporto si viene a conoscenza anche di un'altra moda che sta prendendo piede in Italia, proveniente dalla Spagna, chiamata «botellon», ossia ritrovarsi in piazza, attraverso un «passaparola» su internet, con una bottiglia di vino o di altri alcolici e formare gruppi che condividono, oltre alle bevute, anche giochi, musica improvvisata e chiacchiere, facendo registrare in alcune città come Milano riunioni anche con 30 mila partecipanti;
tra i giovani di 11-24 anni che si ubriacano il 9,2 per cento va in discoteca contro l'1,9 per cento di chi non ci va;
i giovani in Italia iniziano a bere ad un'età media di 12,2 anni contro i 14,6 della Ue;
più di 2.500 giovani ogni anno perdono la vita per incidenti stradali causati dall'alcol -:
alla luce di questi dati, quali iniziative intendono intraprendere i ministri interrogati per combattere tale fenomeno e quali azioni e provvedimenti intendono, nel breve tempo, adottare anche in tema di ordine pubblico e sicurezza.
(4-05662)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiede di conoscere quali iniziative abbia intrapreso il Governo per combattere il fenomeno degli incidenti stradali dovuti all'abuso di alcol, che coinvolgono un numero sempre maggiore di giovani, si premette quanto segue.
Il Piano nazionale per la sicurezza stradale - la cui realizzazione vede l'attivo intervento del Comitato interministeriale per la sicurezza stradale, di cui fa parte anche il dipartimento per le politiche giovanili e le attività sportive - si articola su

cinque specifiche linee di intervento: programmazione; regolamentazione; formazione e sperimentazione; controlli; informazione e comunicazione.
Nell'ambito di tale distinzione delle singole aree, il ruolo del dipartimento per le politiche giovanili si concentra esclusivamente sulla quinta linea di intervento, con l'avvio di progetti mirati alla prevenzione, sensibilizzazione, informazione e coinvolgimento dei giovani e meno giovani sul tema della sicurezza stradale.
In base a tale specifica competenza, tra le iniziative concrete già assunte, va ricordata la sottoscrizione, in data 15 marzo 2007, promossa dal Ministro per le politiche giovanili e dal Ministro dell'interno del codice di autoregolamentazione per la sicurezza stradale, coinvolgendo i rappresentanti dei produttori di alcolici e quelli dei locali di ritrovo e da ballo, ai fine di orientare i giovani alla cultura della responsabilità e della legalità in tema di sicurezza stradale. Al fine di contrastare le «stragi del sabato sera» all'uscita delle discoteche, che colpiscono sempre più frequentemente giovani e giovanissimi, è stata promossa l'identificazione del «guidatore designato», ossia di colui che, in un gruppo di giovani che si recano insieme in un locale notturno, si impegna a non bere alcolici, beneficiando, a titolo di incentivo, di biglietti omaggio o ridotti per l'ingresso nel locale o di sconti sulle consumazioni analcoliche.
Nella stessa direzione è la campagna di comunicazione sulla sicurezza stradale «la vita non è un
optional», promossa il 2 agosto 2007 dal Ministro per le politiche giovanili, il Ministro dell'interno, la Fondazione ANIA per la sicurezza stradale e i gestori di telefonia mobile TIM, Vodafone, WIND e Tre, che prevede l'invio di diversi milioni di sms ai giovani tra i 18 e i 35 anni con il messaggio «chi beve non guida, chi guida non beve». Per i ragazzi che hanno conservato il messaggio e che, a seguito di un controllo da parte delle forze di polizia, sono risultati avere un tasso alcolico pari a zero, è prevista la possibilità di partecipare all'estrazione di alcuni premi, tra i quali, i biglietti per assistere a grandi eventi sportivi.
Il Sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive: Giovanni Lolli.

COLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni prevede all'articolo 1 che l'attività amministrativa sia retta dal principio di trasparenza;
tale enunciazione costituisce, a sua volta, traduzione sul piano dell'azione amministrativa del principio fondante lo stesso ordine costituzionale: quello democratico;
la giunta comunale di Biccari ha adottato in data 20 luglio 2006 una delibera con cui - nell'affidare al legale di fiducia dell'amministrazione l'incarico di impedire ad un cittadino di quel comune di avanzare richieste di atti amministrativi oppure di avviare ricorsi straordinari al Capo dello Stato - ha, di fatto, provveduto a qualificare come obiettivo programmatico prioritario dell'azione amministrativa comunale l'impedire ad un cittadino di agire per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi; tale atto della giunta risulta adottato, come esso stesso recita, allo scopo di garantire l'imparzialità ed il buon andamento dei servizi e la trasparenza dell'azione amministrativa;
il supposto interesse che la citata delibera dovrebbe tutelare risiederebbe nell'esigenza di evitare che gli uffici comunali siano impegnati nelle attività di ricerca d'archivio e di realizzazione di copie di atti amministrativi occorrenti a soddisfare le richieste del cittadino in questione e concernenti vari procedimenti nei settori degli impianti eolici, delle aree cimiteriali, degli insediamenti produttivi e dell'edilizia;

non risulta che il consiglio comunale di Biccari abbia adottato atti od assunto iniziative volti a sconfessare l'operato della giunta;
le attività poste in essere da parte degli organi di vertice del comune di Biccari sono, secondo l'interrogante, ostentamente e protervamente lesive dei principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e legalità ma anche, di fatto, offensive dello stesso principio democratico -:
se non ritenga necessario sottoporre la questione all'esame della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, affinché la stessa eserciti i propri poteri di vigilanza e di accesso, ai sensi della richiamata legge n. 241 del 1990.
(4-02433)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi ha già esaminato una richiesta di parere del 26 febbraio 2007, inoltrata dal comune di Biccari, in relazione, in relazione ad un accesso agli atti da parte del Consigliere comunale Gianfilippo Mignogna. La Commissione ha esaminato la questione nel
plenum dell'11 giugno 2007, adottando la pronuncia allegata in copia (disponibile presso il servizio Assemblea).
Sulla questione ora oggetto dell'interrogazione, la predetta Commisisone potrà esprimere ulteriori opportune valutazioni, qualora specificatamente interpellata al riguardo.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali: Vannino Chiti.

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
sono attualmente in fase di svolgimento i lavori di riassetto della strada statale 13, nel tratto che va dalla località Pian di Pan sino al nuovo centro commerciale, denominato «Meduna», situati in quel di Pordenone;
al fine di permettere una migliore esecuzione dei lavori è stata avviata la procedura volta ad ottenere l'autorizzazione per una perizia di variante;
tale autorizzazione risulterebbe di competenza del consiglio di amministrazione dell'Anas ove la richiesta sarebbe pervenuta circa 5 mesi fa;
purtroppo, però, a tutt'oggi essa non è stata ancora rilasciata e tale ritardo ha costretto l'impresa esecutrice a sospendere i lavori con gravi conseguenze sulla celerità di quei lavori, ritenuti indispensabili per la viabilità della zona -:
quali iniziative urgenti intenda assumere per porre fine al ritardo, da parte dell'Anas, nell'adozione della autorizzazione di propria competenza circa detta perizia di variante.
(4-04229)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Anas fa sapere che la perizia relativa al lavori di riassetto della strada statale 13 «Pontebbana» all'ingresso est della conurbazione pordenonese è stata approvata dal Consiglio di amministrazione 27 settembre 2007.
Tali lavori di sistemazione della statale si sviluppano fra le progressive chilometriche 82+800 e 85+800 ed interessano principalmente il territorio dei Comuni di Pordenone, Zoppola e Fiume Veneto.
L'intervento è suddiviso nei seguenti 4 tratti:

A) Zona di Via Canaletto-Canale «Amman»;
B) Rotatoria di Ponte Meduna;
C) Complanari e Scatolari da Ponte Meduna alla Rotatoria di Pian di Pan;
D) Rotatoria di Pian di Pan.

I lavori cui fa riferimento l'atto ispettivo sono quelli sub B e C.
Per quanto riguarda la rotatoria di Ponte Meduna (B) si informa che l'intervento

prevede una rotatoria di svincolo per le varie viabilità che convergono sulla statale sia a nord che a sud e un viadotto della lunghezza di 216 metri su sette campate - le cinque centrali da 32 metri e quelle laterali di 28 metri - sovrapassante la rotatoria, che permetta la continuità dell'asse principale. Le rampe di connessione della strada statale n. 13 alla rotatoria sono tutte previste con corsie di accelerazione e decelerazione.
Per quanto attiene invece le complanari e scatolari da Ponte Meduna alla rotatoria di Pian di Pan, si comunica che in detto tratto di strada, di circa un chilometro e mezzo ed intensamente trafficato, si affacciano numerose attività commerciali ed industriali tutte con accesso singolo sulla statale. Per ottimizzare la fluidità del traffico il progetto attuale prevede due complanari a senso unico collegate tramite due sottopassi.
I lavori di perizia sono stati consegnati lo scorso mese di ottobre 2007 e se ne prevede l'ultimazione per il mese di maggio 2009.

Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.

DEL BUE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
gli abitanti di San Felice sul Panaro (Modena) e dei paesi limitrofi (si parla di una superficie interessata di 117 chilometri quadrati di sottosuolo) hanno appreso dai giornali l'esistenza di un progetto per lo stoccaggio del gas che dovrebbe sorgere in frazione Rivara;
tale informazione è apparsa su La Gazzetta di Modena del 29 novembre 2006 praticamente «a giochi fatti» ed a soli cinque giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle osservazioni;
l'interrogante non ritiene questo il modo corretto per fornire questo tipo di informazioni, rassicurando, con dati obiettivi, la popolazione interessata la quale, naturalmente, teme che dietro la metodologia verticistica si celino progetti nocivi ed inaccettabili per la qualità della vita e dell'ambiente;
si è formato un apposito Comitato che ha posto numerose questioni di merito che si riferiscono all'inquinamento acustico, ai gas incombusti ed al pericolo per la quantità enorme di gas metano (3,2 miliardi di metri cubi in lavorazione mentre quello in stoccaggio è stimato attorno ai 5 miliardi di metri cubi), in zona sismica ed in un territorio dove, secondo studi fatti, non è possibile stoccare gas poiché il terreno presenta vari punti di dispersione;
l'interrogante comprende bene l'esistenza di competenze regionali in materia, ma crede che tale atteggiamento non possa passare sotto silenzio a livello parlamentare e chiede pertanto al Governo di raccogliere tutte le informazioni necessarie e di renderle note, assumendo al riguardo una posizione chiara che possa scongiurare il sorgere di una situazione di emergenza che nel progredire diverrebbe difficilmente gestibile o sanabile -:
se sia a conoscenza dell'esistenza del progetto in questione;
se sia a conoscenza del paradossale metodo utilizzato per fare informazione: eventi destinati a mutare le condizioni territoriali e la qualità dell'ambiente e della vita di una popolazione complessivamente stimata in 50.000 abitanti vengono portati alla conoscenza degli interessati attraverso la stampa locale e per di più a decisioni praticamente compiute.
(4-01918)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, concernente il progetto per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di gas naturale nei Comuni di San Felice sul Panaro (Modena), Finale Emilia (Modena), Camposanto (Modena), Medolla (Modena), Crevalcore (Bologna) si fa presente che la Società Indipendent Gas Management Srl ha presentato, per il predetto progetto, istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi della legge

349 del 1986. Per tale deposito è previsto l'utilizzo di una struttura geologica naturale porosa (falda acquifera salata) ivi esistente tra 2500 e 2900 metri di profondità.
Preliminarmente la Direzione generale energia e risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico già attività produttive ha precisato di essere competente per l'assolvimento delle procedure volte al conferimento della concessione per lo stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, che avviene con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata dalla realizzazione dell'impianto. Le disposizioni di legge che attribuiscono tale competenza sono principalmente la legge 17 gennaio 197, n. 170 (modificata dal decreto legislativo n. 164 del 2000) e la legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché il decreto del Ministro delle attività produttive 26 agosto 2005, recante norme sulle «modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, approvazione del relativo disciplinare tipo nel quale sono previste le modalità di attuazione delle attività di stoccaggio, gli obbiettivi qualitativi, i poteri di verifica, le conseguenze di eventuali inadempimenti». Il decreto legislativo n. 164 del 2000 ha introdotto per la prima volta in Italia la possibilità di stoccare gas naturale in unità geologiche profonde, compresi gli acquiferi salini profondi, in analogia con quanto già fatto in altri paesi, quali Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Danimarca e Russia.
Il proponente, contestualmente alla presentazione dell'istanza di VIA, ha provveduto a consegnare tre copie dello Studio di impatto ambientale e del Progetto preliminare relativo all'intervento da realizzare, mentre con nota del 22 novembre 2006 ha trasmesso la documentazione attestante l'avvenuto assolvimento degli obblighi previsti dall'articolo 29 della legge 136 del 1999 (contributo dello 0,5 per mille), e con nota del 12 dicembre 2006 ha trasmesso copia degli annunci al pubblico a mezzo stampa effettuati in data 12 settembre 2006, sui quotidiani
La Repubblica e Il Resto del Carlino, completando di fatto la documentazione necessaria per l'attivazione della procedura di Via.
In merito alla richiesta avanzata dall'interrogante di riapertura dei termini per la presentazione delle osservazioni, si evidenzia come a fronte di analoga richiesta del Comune di San Felice sul Panaro (Modena), la Direzione generale per la salvaguardia ambientale Div.II Via ha comunicato allo con nota 28955 del 10 novembre 2006, che, benché il comma 9 dell'articolo 6 della legge 349 del 1986 preveda che le osservazioni o i pareri sull'opera devono pervenire entro 30 giorni dall'annuncio della comunicazione del progetto, è prassi della Direzione competente ricevere tutte le osservazioni pervenute nel corso dell'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione per le valutazioni dell'impatto ambientale e di trasmetterle a quest'ultima per le considerazioni del caso.
Compatibilmente con lo stato di avanzamento dell'istruttoria tecnica la Commissione provvede a prendere in considerazione tutte le osservazioni pervenute a prescindere dalla data di ricevimento.
Poiché la regione Emilia Romagna, partecipa ai sensi di legge (articolo 6 comma 4 della legge 349 del 1986) alla procedura di Valutazione di impatto ambientale per l'espressione del parere di competenza, lo stesso Comune è stato invitato a prendere contatti direttamente con la Regione.
Come riferito dalla Direzione per la salvaguardia Ambientale, «l'istruttoria tecnica presso la Commissione Via ha avuto inizio in data 27 novembre 2006 ed allo stato è ancora in corso.
La Commissione ha attualmente in valutazione l'intervento proposto dalla Società Indipendent Gas Management Srl consistente nella realizzazione di un impianto per il servizio di stoccaggio sotterraneo di gas naturale a modulazione ciclica.
L'obiettivo dell'intervento è quello di migliorare le infrastrutture per lo stoccaggio di gas naturale in Italia in modo tale che gli utenti possano disporre di maggiore capacità di
Working Gas, di maggiore capacità di erogazione di picco, di maggiore sicurezza di approvvigionamento e di minori costi dell'energia.


Il progetto prevede, dopo un periodo biennale di indagini finalizzate all'accertamento delle proprietà fisiche della struttura geologica profonda identificata, la costruzione di una centrale di compressione del gas, di pozzi (10-19 suddivisi in quattro
cluster) e delle piazzole di perforazione necessarie, delle flowlines di collegamento tra pozzi e la centrale gas, dell'allacciamento della predetta centrale alla rete nazionale di trasporto del metano e dell'allacciamento elettrico per l'energia recuperata in fase di erogazione del gas.
Il progetto è basato sull'ipotesi della presenza nel sottosuolo dell'area di «RIVARA» di una importante struttura geologica profonda a livello della serie carbonatica mesozoica, costituita da una spessa serie di roccia calcarea permeabile di età giurassica e cretacea a matrice compatta naturalmente fratturata, dotata di grande rigidità e di capacità produttiva di punta giornaliera (roccia serbatoio), situata a circa 2500-2800 metri di profondità e sigillata in primo luogo dalle formazioni geologiche impermeabili delle marne del cerro e della scaglia di età cretacea, e in secondo luogo dalle spesse formazioni argillose terziarie sovrastanti (roccia di copertura).
La società Independent Gas Management Srl, nell'area della concessione di stoccaggio di gas naturale «RIVARA», intenderebbe svolgere un programma dei lavori articolato in 5 punti principali, incluse, una volta completata la costruzione dell'impianto, le operazioni di stoccaggio del gas nei termini della stessa Concessione, e così articolato:
1. rilevi geofisici;
2. apertura dei pozzi in quattro nuove piazzole ed in un sito già esistente;
3. costruzione e l'esercizio della Centrale Gas. L'area destinata ad accogliere la centrale gas, situata nella zona cosiddetta Lumachina e di forma trapezoidale, ha una superficie di circa 66.000 metri quadri (6.6 ettari). L'area della Centrale Gas è praticamente suddivisa in due parti principali da una strada interna: quella a Nord è prevalentemente occupata dall'area pozzi SFP2 e dalla torcia fredda o candela (di 100 metri di altezza) e da un termocombustore (dotato di un camino dell'altezza di circa 20 metri), mentre la parte sud, divisa dalla parte nord da una strada che attraversa l'intera centrale, è stata destinata agli impianti di compressione e di trattamento del gas, compresi i turboespansori per il recupero energetico invernale;
4. realizzazione delle
flow-lines e del gasdotto che raccorda la centrale alla rete Snam;
5. i collegamenti con le linee elettriche (per il recupero dell'energia prodotta).

La realizzazione del sito di stoccaggio sotterraneo di gas di Rivara richiederà circa 6 anni dall'inizio della fase di accertamento delle caratteristiche della roccia serbatoio.
La Commissione Via ha proceduto ad effettuare una riunione preliminare per visionare la documentazione consegnata dal Proponente e programmare le attività istruttorie.
In considerazione del fatto che l'istruttoria tecnica è stata avviata solo in data 27 novembre 2006 risultano ancora da effettuare il sopralluogo e una riunione istruttoria con il proponente e con i rappresentanti della regione Emilia Romagna e del Ministero per i beni e le attività e culturali.
Quest'ultima, programmata per il 10 gennaio 2007 si è svolta regolarmente, mentre il sopralluogo sul sito è avvenuto il 7 febbraio 2007. In tale occasione si è tenuta anche una riunione presenti i Comuni interessati dall'opera e la provincia di Modena.
Quest'ultima ha domandato alla Commissione Via di procrastinare di circa 15 giorni la preannunciata richiesta di integrazioni alla Società proponente. La provincia di Modena, ha infatti, spiegato di essere in attesa della conclusione dei lavori di un gruppo di esperti, tra cui docenti universitari, incaricati di elaborare una serie di chiarimenti ed integrazioni, da richiedere alla predetta società proponente, specificamente per quanto attiene gli aspetti geologici, anche in considerazione delle osservazioni che continuano a pervenire da

parte del pubblico. Tali integrazioni saranno sottoposte all'esame della regione Emilia Romagna che, nel caso, provvederà ad evidenziare alla Commissione VIA la necessità di ulteriore documentazione da acquisire.
Nel caso di esito favorevole della procedura di Via il processo di valutazione e decisione circa la realizzazione del progetto di dettaglio, verrà ripreso dal Ministero dello sviluppo economico come previsto dalle norme vigenti con lo strumento della conferenza dei servizi disposta dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, e quindi con il completo coinvolgimento delle istituzioni locali interessate alla realizzazione del progetto, con il fine di approvarne le caratteristiche definitive, dichiararne la pubblica utilità, procedere alle varianti urbanistiche, apporre il vincolo per gli eventuali espropri dei terreni, e quindi solo allora rilasciare la concessione di stoccaggio, di concerto con il Ministero dell'ambiente e di intesa con la Regione».

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

DI CAGNO ABBRESCIA e FITTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti rinnovabili, sono al centro dell'attenzione globale al fine di una migliore sostenibilità ed efficienza dell'uso dell'energia;
i progetti per l'utilizzo dello sviluppo dell'energia eolica, nonché l'interesse di grandi gruppi imprenditoriali anche internazionali, ad investire in tale direzione nel nostro Paese, aumentano in misura esponenziale, anche a causa del notevole ritardo nella produzione di energia derivante da fonti alternative;
l'energia eolica ipotizzata come valida alternativa energetica, collegata anche alle politiche di riduzione dei gas ad effetto serra rientranti negli accordi previsti dal protocollo di Kyoto, in realtà non sembra poter costituire prospettive significative in termini di produzione energetica; è importante evidenziare inoltre, che nell'ultimo Piano Energetico Nazionale (PEN) fatto nel 1988, si prevedevano per l'anno 2000 solo 600 MW eolici, in quanto erano stati considerati coltivabili soltanto i siti efficienti, cioè quelli con più di 2.000 ore all'anno di vento;
più volte il Premio Nobel Carlo Rubbia, ha chiarito che dall'energia eolica in Italia deriva complessivamente un modesto apporto energetico: appena lo 0,4 per cento del totale; a ciò vanno aggiunte inoltre le valutazioni negative riguardo agli impatti sul paesaggio italiano, costituzionalmente tutelato, di Italia Nostra e del Comitato nazionale del paesaggio;
numerose associazioni a tutela dell'ambiente e da ultimo anche il WWF, denunciano tra l'altro i devastanti impatti dell'eolico sull'avifauna, sull'ambiente e sulle montagne in particolare dell'Appennino, che invece dovrebbero considerarsi le nostre «aree di ricarica» per l'aria e per l'acqua; talune di queste associazioni hanno, fra l'altro, emanato proprie linee guida per la corretta installazione degli impianti eolici e sottoscritto convenzioni con l'ANEV (l'associazione nazionale degli industriali del vento registrata come associazione ambientalista riconosciuta) che sono state costantemente disattese sul territorio; il paradosso vuole che in tema di eolico, i comitati ambientalisti locali, che hanno contezza dei singoli interventi, spesso si trovano in contrasto con le proprie direzioni nazionali, che agiscono in base a principi generali;
l'unica associazione schierata fieramente a favore dell'eolico è Legambiente, che per questo si è attirata le accuse, in alcuni casi dimostrate da Italia Nostra, di collegamento con i cosiddetti industriali del vento;

tra le altre accuse che le associazioni ambientaliste hanno ribadito a più riprese, esisterebbe una «lobby eolica» e che inoltre, secondo le medesime associazioni, non sono spiegabili le resistenze, ribadite peraltro anche dall'ex Ministro delle attività produttive Scajola, sull'incentivazione dell'energia solare fotovoltaica, enucleatesi nei ritardi dell'emanazione dei relativi decreti e nei numerosi ostacoli burocratici frapposti all'installazione ed all'allaccio di questo tipo di impianti; peraltro questi ostacoli sembrano essere stati superati con il recente decreto sul fotovoltaico, anche se resta da spiegare perché l'obiettivo previsto per l'incentivo del fotovoltaico, sia di 3.000 MW al 2016, la metà di quanto previsto per l'eolico, nonostante l'Italia sia «il Paese del sole» e non del vento e perché si siano ad oggi installati 2.123 MW eolici, contro poche centinaia di MW fotovoltaici, settore nel quale siamo indietro addirittura alla Norvegia;
in sostanza le accuse rivolte all'eolico riguardano il gigantismo delle installazioni, che è direttamente proporzionale alla produttività, alla rapida maturazione industriale del settore ed al sistema degli incentivi; da questi fattori deriva la «violenza» dell'impatto sul territorio (si consideri che per installare rotori di circa 90 metri di diametro in montagna, occorre realizzare strade in grado di sopportare trasporti eccezionali e fondazioni da centinaia di tonnellate di cemento) e sul paesaggio (gli impianti superano i 120 metri di altezza e gli industriali tendono ad aggiungere altri impianti ai parchi già realizzati, in modo da sfruttare le economie di scala; ad esempio nel Fortore, una delle poche aree in Italia con ventosità superiore alle 2.000 ore, a cavallo tra Campania e Puglia, si dovevano installare 50 pali: si è invece arrivati a 450 e si ipotizza di arrivare a 1.000); quanto alla proliferazione degli impianti, tale aspetto è evidentemente «drogato» sia da finanziamenti diretti, come nel caso della Puglia, sia da interventi indiretti (si realizzano strade con fondi agricoli europei, alle quali poi si muta imputazione), sia inoltre dall'acquisto a prezzo maggiorato dell'energia prodotta, che garantisce redditività anche quando l'impianto non sarebbe di per se conveniente;
il dato speculativo pertanto travalica qualsiasi altra considerazione ambientale e di sviluppo sostenibile; ad esempio esiste una società tedesca, che in questo momento promette ad investitori tedeschi, austriaci e svizzeri (ma non italiani) rendimenti superiori al 7 per cento annuo al fine dell'istallazione di impianti eolici in Italia;
tuttavia speculare sul protocollo di Kyoto, raggiungendone taluni obiettivi nominali, non significa realizzarlo; di fronte a questi interventi classificati «ambientali», in molti centri abitati di diverse Regioni, fra cui la Puglia, si sono sollevate perplessità e contestazioni sulla possibilità di installazione di gigantesche torri realizzate in aree anche limitrofe ai centri abitati, con procedure opinabili e spesso senza valutazione d'impatto ambientale, con il rischio di deturpare, paesaggi naturali, zone archeologiche, zone geologiche che rappresentano le peculiarità di un territorio e l'identità delle popolazioni locali;
per quanto esposto non può che essere considerata con sospetto l'inversione a 180 gradi, operata dall'attuale Governo della Regione Puglia, inizialmente totalmente contrario all'ipotesi di costruzione di nuove centrali eoliche sul proprio territorio, ma che invece con la delibera regionale del 13 ottobre 2006, n. 1550 ha previsto la possibilità di investire, attraverso ingenti incentivi e agevolazioni in favore dell'industria energetica alternativa, consentendo la costruzione e l'installazione di pale eoliche in maniera disorganica, indistinta e priva di ogni valutazione e monitoraggio preventivo; secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano: La Gazzetta del Mezzogiorno il 24 gennaio 2007, la predetta delibera approvata dalla Regione Puglia, sebbene stabilisca alcuni criteri e le necessarie regolamentazioni per l'installazione degli impianti, attraverso determinati requisiti di

grandezza, prevede altresì una disposizione transitoria, che consentiva fino alla fine di marzo 2007 di agire in deroga, permettendo in modo espansivo l'installazione di pale eoliche dislocate su tutto il territorio regionale, ovvero dal foggiano al Salento da parte delle imprese, alcune delle quali multinazionali del settore, il cui investimento complessivo risulta pari a 10 miliardi di euro;
il predetto articolo descrive inoltre l'enorme potenzialità in termini affaristici che le installazioni di tali gigantesche torri eoliche, costituirebbe per le grandi imprese del settore, i cui oneri molto spesso sono coperti da fondi regionali ed europei che non hanno nulla a che fare con il protocollo di Kyoto e con una seria politica di riduzione dei gas ad effetto serra;
appare agli interpellanti assai discutibile la scelta della Giunta regionale pugliese di sostenere le industrie energetiche, proponendo ingenti investimenti per un settore - che peraltro ha un basso impatto occupazionale - già beneficiario di altre agevolazioni, modificando i criteri adottati in precedenza ed escludendo le industrie manifatturiere, cosi penalizzando il territorio sia dal punto di vista occupazionale, che da quello della tutela ambientale;
l'allarme sul proliferare degli impianti eolici in Puglia è stato lanciato anche dalla Coldiretti, paventando il rischio che se dovessero essere autorizzate tutte le proposte di realizzazione di impianti, la genuinità e la salubrità dei prodotti regionali tipici di qualità, sarebbero inevitabilmente danneggiate dall'impatto negativo degli impianti eolici sul territorio, al punto che non risulterebbero più appetibili e ricollegabili alla bellezza e alla naturalità dei luoghi di origine;
quantificando la situazione attuale della Regione Puglia, secondo i dati diffusi dalla LIPU (Lega italiana protezione uccelli) su ben 1.232 torri con parere ambientale positivo, realizzate o da realizzare, 1.116 torri, non sono state assoggettate alla procedura di VIA; su 76 parchi eolici valutati dagli organi regionali, solo uno ha avuto parere ambientale negativo, successivamente revisionato su istanza della società; il complesso degli impianti già autorizzati, produrrebbe 1.686 MW, ben al di là degli obiettivi della Regione; la LIPU inoltre ha segnalato l'ostruzionismo informativo delle amministrazioni interessate, la scarsità di informazioni sul BURP (bollettino ufficiale regionale Puglia) e la mancanza di pubblicità del deposito del progetto; risulta inoltre importante sottolineare che oltre ai progetti autorizzati, sono stati presentati un numero enorme di altri progetti stimabile in non meno di ulteriori 6.400 MW, tutti da realizzare senza alcuna programmazione in assenza di un piano energetico; recentemente il Ministro per i beni culturali ha diffuso un documento contenente delle Linee guida per il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio ai fini della emanazione di successive direttive valide su tutto il territorio nazionale;
risultano invece contrastanti e confuse le opinioni espresse dal Ministero dell'Ambiente, poiché mentre il sottosegretario Laura Marchetti ha proposto una moratoria nazionale al fine di sospendere per sei mesi le autorizzazioni per l'eolico, attraverso un intervento del Governo, il Ministro Alfonso Pecoraro Scanio ha invece rimandato l'eventuale decisione di una moratoria nazionale sull'eolico, al Parlamento;
tali affermazioni probabilmente hanno indotto i rappresentanti del Governo a soffermarsi sui rischi di impatto ambientale nonché a riflettere sulle diverse denunce da parte di numerose associazioni, contrarie alle installazioni di torri eoliche in numero sproporzionato, ipotizzando pertanto, iniziative volte a sospendere le procedure di installazioni di gigantesche torri eoliche che distruggono il paesaggio regionale;
quanto predetto tuttavia sembra aver messo fretta agli industriali eolici, che accelerano le presentazioni di richieste e di realizzazioni di impianti al fine di creare, come sta avvenendo con le autorizzazioni

CIP 6, il cosiddetto «fatto compiuto» o il diritto acquisito -:
quali urgenti provvedimenti intendano intraprendere, con riferimento alle norme costituzionali contenute nell'articolo 9, comma 2 (tutela del paesaggio) e nell'articolo 117, comma 2, lettera s) (tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali), al fine di evitare che le previsioni di imminenti installazioni di pale eoliche nelle regioni italiane ed in particolare nella Regione Puglia, effettuate in maniera imponente e selvaggia, provochino gravi danni al territorio, al paesaggio, alla tutela ambientale e all'ecosistema, non garantendo inoltre alcun beneficio in termini occupazionali;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non ritenga opportuno emanare direttive alle Soprintendenze, che riconfermando la validità della Direttiva Urbani sulle installazioni eoliche, ne richieda un'applicazione restrittiva, in attesa della emanazione di una disciplina organica;
se non ritenga infine, opportuno chiarire quale sia attualmente la reale posizione del Governo, sulle iniziative che si intendono adottare per le autorizzazioni delle installazioni di pale eoliche, al fine di stabilire delle regole ritenute più consone, al fine di tutelare il paesaggio nazionale e in particolare quello pugliese, che è ormai preso d'assalto da parte delle imprese del settore, interessate soltanto dall'elevato profitto, più che dalla finalità legata alla produzione energetica da fonte rinnovabile.
(4-05103)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame vengono chieste notizie in merito all'installazione di pale eoliche al fine di stabilire delle regole ritenute più consone alla tutela del paesaggio nazionale, in particolare quello pugliese, e alla tutela ambientale e degli ecosistemi; segnalano, altresì, l'eventualità di realizzare torri coliche in aree anche limitrofe ai centri abitati, con procedure opinabili e spesso senza Valutazione di impatto ambientale, con il rischio di deturpare paesaggi, zone archeologiche e zone geologiche di particolare pregio.
Il tema dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili è entrato prepotentemente nell'agenda della politica energetica e ambientale, sia a scala internazionale sia nazionale.
I motivi sono essenzialmente due: la necessità di diversificare le forme di approvvigionamento d'energia e - a seguito delle iniziative internazionali di contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra (segnatamente la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il susseguente Protocollo di Kyoto e la direttiva della Commissione europea
Emissions Trading) - di promozione delle fonti energetiche alternative a quelle fossili, la cui combustione è la principale causa dell'accumulo in atmosfera dei gas ad effetto serra.
Tra le fonti rinnovabili, quella eolica rappresenta senza dubbio una prospettiva interessante in questo senso. È altrettanto indubbio, tuttavia - come notano gli interroganti - che lo sviluppo dell'eolico in Italia, soprattutto quando non governato e controllato da pertinenti misure di salvaguardia, può apportare impatti negativi considerevoli,
inter alia, sul paesaggio, sull'ambiente e sugli elementi naturalistci, tra cui ad esempio l'avifauna. Ciò vale soprattutto in considerazione dell'accelerazione della presentazione di richieste e di realizzazione di impianti eolici avvenuta negli ultimi anni.
Come anticipato, con l'interrogazione in oggetto gli onorevoli chiedono di stabilire regole ritenute più consone al fine di tutelare gli ecosistemi e il paesaggio nazionale ed in particolare quello meridionale dove effettivamente si è concentrata in maniera prevalente l'installazione e la richiesta di installazione di nuovi impianti eolici e segnalano la eventualità di realizzazione di torri eoliche in aree anche limitrofe ai centri abitati, con procedure opinabili e spesso senza Valutazione di impatto ambientale (Via), con il rischio di deturpare paesaggi naturali, zone archeologiche e zone geologiche di particolare pregio.


Bisogna innanzitutto notare come l'attuale Governo abbia istituito una tavolo di lavoro interministeriale presso il Ciace (Comitato interministeriale per gli affari europei) al fine di addivenire ad una posizione unica e condivisa del nostro Paese in merito allo sviluppo delle politiche energetiche.
Tale percorso di concertazione e definizione di una strategia condivisa è conseguente agli impegni assunti a livello comunitario a seguito del Consiglio ambiente di primavera nel quale sono stati definiti gli obbiettivi al 2020 di produzione di energia da fonti rinnovabili, di riduzione delle emissioni, di risparmio ed efficienza energetica e di utilizzo dei biocarburanti.
Nel
Position Paper del Governo italiano, predisposto a seguito dei lavori del tavolo, è stato definito e concordato il potenziale del nostro Paese per lo sviluppo dell'eolico individuando in 12.000 Mw tale potenziale di cui 2 mila Mw off-shore.
Inoltre l'attuale finanziaria, ai fini di predisporre un quadro normativo chiaro ed organico, rinnova tutto il sistema di incentivazione e diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, quindi anche l'eolico, ridisegnando il sistema di attribuzione dei CV e prevedendo anche un meccanismo di
feed in tariff per le produzioni di piccola taglia.
Inoltre, sempre in finanziaria viene confermato l'impegno alla formulazione del documento di linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento unico per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.
Infine, sempre in finanziaria viene normato l'
iter di autorizzazione per gli impianti eolici off-shore.
Per rispondere ai quesiti degli interroganti, si illustra che, questo Ministero, ha già assunto o intendere assumere le seguenti iniziative:
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato il decreto del 17 ottobre 2007 «Rete natura 2000» contenente «criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone speciali di conservazione (Zsc) e a zone di protezione speciale, (Zps), in cui all'articolo 5, comma 1, lettera
l, si prevede il divieto di realizzazione di nuovi impianti eolici in tutte le Zone di protezione speciale, ovvero nelle aree della rete ecologica europea definita Natura 2000 identificate e individuate proprio per la loro peculiare rilevanza dal punto di vista della conservazione delle specie di uccelli. A tale divieto sono fatti salvi solo gli interventi di sostituzione e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sull'area, in relazione ai suoi obiettivi di tutela naturalistica, della Zps, nonché gli impianti per auto-produzione per potenza complessiva non superiore a 20 KW, ovvero, il cosiddetto «microeolico». Inoltre, riguardo agli impianti per i quali, alla data di emanazione del decreto in oggetto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto, è prevista una particolare procedura valutativa, di carattere tecnico-scientifico, che tenga conto del ciclo biologico delle specie ornitiche interessate.
2. Il Ministero ha incluso, nello schema di decreto legislativo recante ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 (il cui
iter di approvazione governativo e parlamentare è in corso, e che modifica la normativa nazionale di riferimento, proprio allo scopo di assoggettare obbligatoriamente a Via gli «impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento»), considerato che la normativa vigente non prevede l'obbligo di Via per le centrali eoliche, ma una verifica di assoggettabilità, comunemente definita screening. Si segnala tuttavia che, al di là delle prerogative ministeriali, tale emendamento è stato respinto in sede parlamentare.
3. A riguardo delle procedure di
screening, aggiungiamo inoltre, che il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 e s.m.i, prevedono lo screening per tali impianti di competenza regionale, in piena coerenza con la direttiva n. 337 del 1985 sulla Via. Inoltre il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in coerenza con la natura diffusa e distribuita delle fonti rinnovabili, ribadisce l'importante ed esclusivo ruolo delle Regioni in materia di funzioni amministrative.

Attualmente, quindi, le amministrazioni e le regioni di concerto con gli enti locali coinvolti hanno la possibilità di non approvare la realizzazione degli impianti o di richiederne la Via.
4. Infine, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente, e il Ministero per i beni e le attività culturali stanno redigendo le Linee guida nazionali, previste dall'
ex articolo 12, comma 19, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, «Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità», al fine di assicurare un corretto inserimento degli impianti per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio.

In definitiva, l'impegno del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è dunque, con tutta evidenza, quello di favorire la migliore diffusione delle energie alternative, in linea con gli impegni improcrastinabili cui tutto il pianeta, e non solo l'Italia, è chiamato ad assumere in termini di politica energetica e lotta ai mutamenti climatici, ma ben valutando le ricadute che gli impianti relativi possono avere sul patrimonio ambientale e culturale del Paese, nella consapevolezza che ecosistemi e paesaggio, come ricordato dagli stessi interroganti, rappresentano un valore costituzionale.
Ai fini di dare agli interpellanti le maggiori informazioni possibili inerenti gli aspetti di diretta pertinenza della regione Puglia, e a mero titolo di completezza dell'informativa, si fa qui presente che:
la regione Puglia, con nota prot. 625 del 31 maggio 2007 ha precisato che, con legge regionale n. 9 del 2005, sono state sottoposte a moratoria, dal 1o giugno 2005 al 30 giugno 2006, le installazioni eoliche di tipo industriale, cioè superiori a una sola turbina di 1 MW;
nella stessa legge sono inoltre contenute norme di semplificazione delle procedure per gli impianti di minieolico, di potenza inferiore ad 1 MW;
il Governo regionale ha motivato l'opportunità di una moratoria con la necessità di consentire alla nuova giunta un'ipotesi di programmazione, cioè il Piano energetico ambientale regionale (Pear), che contenesse ed indicasse le scelte della Regione su tutto il campo delle fonti energetiche, comprese quelle rinnovabili e naturalmente quelle eoliche;
non ci sarebbe quindi alcuna contraddizione fra la suddetta legge e le determinazioni assunte successivamente dall'Amministrazione regionale;
nel marzo 2006, il Pear è stato portato nella sua prima elaborazione all'attenzione del Governo, del Consiglio e dell'opinione pubblica;
tale piano contiene l'indicazione di una nuova politica energetica che prevede la riduzione del 25 per cento in 10 anni delle emissioni di anidride carbonica, mediante riduzione della produzione del polo di Cerano e indisponibilità ad altri impianti alimentati a fossile o gas e la crescita delle energie rinnovabili dall'attuale 3 per cento al 18 per cento;
il 4 ottobre 2006, la Giunta ha emanato il regolamento n. 16, allegato in copia, pubblicato sul BURP n. 128 del 6 ottobre 2006, che sostituisce le precedenti linee guida del 2004 ed orienta le iniziative di produzione energetica eolica a partire dall'articolo 4 «Piani regolatori per l'installazione di impianti eolici (Prie)», allo scopo di tutelare i valori ambientali, storici e culturali presenti sul territorio»;
altre forme di tutela e regolamentazione sono indicate negli articoli 8 (Valutazione integrata) e 13 (Parametro di controllo), mentre viene formalmente escluso con l'articolo 14 ogni impianto nelle Aree protette regionali, istituite con legge regionale n. 19 del 1997, Oasi di protezione ex legge regionale n. 27 del 1998 SIC e ZPS ex direttive «Habitat» ed «Uccelli», Zone umide tutelate a livello internazionale dalla Convenzione di Ramsar;


tali aree devono essere considerate con un'area
buffer di almeno 300 metri, prescrizione su cui diverse società hanno impugnato procedure di ricorso amministrativo davanti al Tar;
il suddetto regolamento è stato sottoposto, nel suo
iter ad una intensa fase di concertazione con le parti sociali (Confindustria e Sindacati) e le associazioni ambientaliste dalla quale è emersa l'esigenza di una clausola transitoria che consentisse la presentazione di progetti in assenza di Prie, motivata come necessaria a conclusione della moratoria, fase che è scaduta il 4 aprile 2007;
la Regione ha quindi scelto di favorire lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, nell'ambito di un riequilibrio complessivo della produzione energetica, sempre all'interno di prescrizioni volte a tutelare
habitat, territorio ed ambiente.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

DONADI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la presente interrogazione viene proposta a seguito di un fatto capitato a un deputato del gruppo, ma che avrebbe potuto accadere e probabilmente è già accaduto a qualunque cittadino consumatore utente dei servizi di Alitalia;
in previsione della conclusione dei lavori della Camera dei Deputati fin da lunedì 30 luglio, attraverso l'agenzia viaggi della Camera, il deputato aveva prenotato un posto sul volo Roma-Verona di giovedì 3 agosto ad ore 17,30, confermandolo come di prassi con l'indicazione del proprio numero di tessera Alitalia 1278261;
giovedì 3 agosto in tarda mattinata aveva provveduto all'effettuazione del cosiddetto check in telefonico, attraverso il quale era stato accettato sul volo indicato e gli era stato assegnato il posto 9C;
arrivato per tempo a Fiumicino (attorno alle ore 16,30) si era recato all'accettazione Freccia Alata dove è stato regolarmente accettato e gli è stata consegnata la carta d'imbarco con la conferma del posto 9C;
alle 17,05 si presentava all'imbarco dove l'addetta strappava il talloncino e gli faceva passare salvo rincorrerlo qualche istante dopo lungo il tunnel d'accesso all'aereo per segnalargli che il computer aveva rilevato un problema e lo invitava a ritornare alla porta d'imbarco;
qui dopo aver consultato il computer lo informava che era stato cancellato dalla lista dei passeggeri, che l'aereo era pieno poiché i posti liberi erano stati già assegnati ai passeggeri in lista d'attesa e quindi non avrebbe potuto salire a bordo;
il deputato elevava vibrate proteste ed invitava l'addetta a chiedere al comandante di ammetterlo sullo strapuntino tra i piloti, che aveva visto spesso utilizzare in altre occasioni;
l'addetta gli riferiva che il comandante aveva opposto un netto rifiuto alla richiesta;
di fronte a sue nuove vibrate proteste venivo raggiunto da altri responsabili dello scalo dai quali tuttavia non riusciva ad ottenere alcuna giustificazione su quanto accaduto;
poiché il successivo volo per Verona era previsto quattro ore più tardi gli veniva offerto un trasferimento su un volo per Venezia in partenza un'ora dopo e gli veniva messa a disposizione una vettura con conducente da quell'aeroporto per riportarlo a Verona;
accettava la soluzione allo scopo di ridurre il danno riuscendo così a rientrare a Verona con circa tre ore di ritardo rispetto al volo da lui prenotato e dovendo annullare gli impegni già assunti in quelle ore;
qualunque sistema elettronico delle compagnie aree una volta che il passeggero è stato accettato con consegna della carta

d'imbarco automaticamente deve impedire che cancellazioni possano verificarsi per errori di digitazione -:
ad avviso degli interroganti è quindi evidente che la cancellazione può avvenire solo attraverso una «forzatura» del sistema utilizzando password non disponibili a tutti gli operatori;
non può che esservi stato dunque un atto posto in essere deliberatamente da chi possedeva tale password per poter cancellare il nome del deputato dalla lista dei passeggeri;
ciò non può che essere avvenuto per favorire un altro passeggero privo del posto o giunto in ritardo rispetto al tempo limite di accettazione;
il sistema non può non permettere di ricostruire tutta la sequenza delle operazioni svolte nell'occasione identificando pertanto, attraverso il codice personale di accesso, l'autore dell'atto deliberato con il quale il mio nominativo è stato cancellato dalla lista dei passeggeri accettati;
il sistema non può non permettere di accertare il nome del passeggero favorito, che non può che essere stato accettato immediatamente dopo la cancellazione del mio nominativo dalla lista -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se sia a conoscenza dell'identificazione dell'autore materiale dell'atto ed in caso negativo se non ritenga di dover disporre un'inchiesta per il suo accertamento;
se e quali provvedimenti siano stati assunti dal Responsabile dello scalo e dall'Alitalia per punire adeguatamente l'autore di atto tanto grave;
se non ritenga che un tale doloso comportamento meriti il licenziamento in tronco per giusta causa;
se ove ritenga che risulti integrata la fattispecie di cui all'articolo 323 del codice penale (abuso d'ufficio) sia stato presentato un esposto alla Procura della Repubblica affinché assuma le iniziative di competenza;
se sia stato identificato il soggetto che ha tratto vantaggio dall'atto e se sia stato denunciato anche il suo nome alle competenti autorità nell'ipotesi di reato di concussione;
se non ritenga che in un caso come quello avvenuto la regola dovrebbe essere quella semmai di lasciare a terra l'ultimo dei passeggeri in lista d'attesa, ammesso sul volo;
se sia a conoscenza di altri episodi di quello narrato ed in tal caso quante volte tali fatti avvengano annualmente presso Alitalia;
se sia a conoscenza del fatto che episodi, come quelli narrati, siano pressoché sconosciuti presso altre importanti compagnie aeree europee come British Airways, Lufthansa ed Air France;
se non ritenga che fatti come quelli denunciati siano un chiaro sintomo del degrado che ha ormai investito la nostra compagnia di bandiera e quali provvedimenti intenda assumere affinché simili episodi non abbiano più a verificarsi.
(4-04975)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, è stato interessato l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), che ha riferito quanto segue.
Il disservizio verificatosi il 2 agosto 2007 è stato causato dalla concomitanza dell'alta affluenza di passeggeri nello scalo di Fiumicino durante il periodo dell'esodo estivo e la temporanea chiusura della sala Freccia Alata, dovuta agli interventi di ristrutturazione presso il Terminal A dello scalo e la conseguente apertura di banchi
check-in dedicati ai fruitori della suddetta sala. A ciò si è aggiunto un problema tecnico del sistema di accettazione.
Il personale della compagnia Alitalia ha, comunque, ovviato all'indiscutibile disagio subito, offrendo al passeggero un volo alternativo

per Venezia e da li una macchina per raggiungere Verona.
La medesima compagnia, secondo quanto riferisce l'Enac, si è dichiarata disponibile per ogni altra verifica si ritenesse opportuna, anche contattando direttamente la struttura aziendale dedicata alle relazioni esterne.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

EVANGELISTI. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
presso l'U.S.P. del Ministero della pubblica istruzione di Massa Carrara si è svolto un incontro di informazione sugli organici con le organizzazioni sindacali, in cui, oltre alla comunicazione relativa alla riduzione dei docenti di 1 e 2 grado della scuola secondaria (meno 69 unità), è stato comunicato che saranno applicati tagli agli organici di diritto del personale A.T.A.;
l'Ufficio scolastico regionale del MPI avrebbe deciso, in particolare per quanto riguarda la provincia di Massa Carrara, di ridurre i Collaboratori Scolastici di 2 unità, gli assistenti Amministrativi di 3 unità e gli Assistenti Tecnici di 17 unità;
si tratta della riduzione del 18,28 per cento dell'organico di diritto degli Assistenti Tecnici, che, rispetto al taglio previsto a livello regionale - meno sessanta unità - costituisce quasi un terzo della riduzione complessiva;
le organizzazioni sindacali FLC, Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola hanno dichiarato di non accettare ulteriori riduzioni di personale, già pesantemente ridimensionato negli anni scorsi;
inoltre, nella provincia di Massa Carrara, su sedici istituzioni di Secondaria Superiore, esistono 13 Istituti Professionali e un Liceo Artistico con 5 corsi serali, le cui prime classi non sono state comprese nell'organico di diritto;
tra i professionali il solo IPSSAR «G. Minuto» impiega ben 15 Assistenti Tecnici che svolgono un'indispensabile supporto ai laboratori;
il Professionale per l'artigianato del marmo «P. Tacca» impiega per la sua tipologia, unica nella Regione, 4 Assistenti Tecnici;
nella provincia Massa Carrara gli Istituti tecnici sono sei con due corsi serali ed anche qui le attività laboratoriali hanno un peso rilevante e diventano sempre più numerose -:
se il ministro non ritenga di dover intervenire, anche in accordo con le parti sociali, per giungere ad una più equa ripartizione dei tagli a livello regionale tenendo conto dell'esistenza degli Istituti professionali e tecnici e dell'incidenza delle riduzioni stesse sul totale degli organici per ciascuna figura professionale ed eventualmente assegnare i posti richiesti secondo la normativa vigente nell'organico di fatto, al fine di garantire il corretto funzionamento degli Istituti Scolastici.
(4-03645)

Risposta. - Si fa riferimento alla interrogazione in esame riguardante il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario assegnato all'istituto professionale di stato per i servizi alberghieri e la ristorazione «G. Minuto» di Massa ed all'Istituto professionale per l'artigianato del marmo «P. Tacca» di Carrara e si comunica quanto riferito dal direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale per la Toscana.
Nella ripartizione della dotazione organica tra le province della regione si era tenuto conto, in primo luogo, del rapporto tra la dotazione organica di diritto del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, per l'anno corrente e la dotazione risultante dallo schema di decreto interministeriale relativo alla dotazione assegnata per l'anno scolastico 2007/08, ed in secondo luogo della diversa incidenza, dell'incremento o del decremento del numero totale di alunni.


In particolare per quanto riguarda gli assistenti tecnici si è ritenuto opportuno assumere come parametro di base il numero classi della scuola secondaria di II grado ed il rapporto nei confronti del totale regionale delle classi, nella considerazione che il numero dei posti di assistente tecnico è stabilito in funzione non del numero di alunni, bensì delle ore di frequenza per le esercitazioni di laboratorio previste nel piano orario di ogni classe.
Per quanto riguarda la tipologia degli istituti si sottolinea che la distribuzione nelle province toscane tra licei, istituti tecnici, professionali, artistici eccetera, anche nel caso che si tratti di, sezioni aggregate di istituti superiori, ha caratteristiche di omogeneità.
Si evidenzia, in particolare, che i decrementi sono risultati sensibilmente attenuati nelle province che presentavano uno scostamento in eccesso più forte dal rapporto regionale, come accaduto per Livorno, Massa Carrara, Lucca, Arezzo; nello specifico caso di Massa Carrara, il dato medio regionale avrebbe condotto ad un'assegnazione di 67 unità anziché alle 76 assegnate.
Non sono state effettuate assegnazioni in aumento per le province che, al contrario, presentavano uno scostamento per difetto dal valore medio regionale, ad eccezione della provincia di Pistoia, per la quale è stato assegnato n. 1 posto in più, per la concomitanza di un forte scostamento, per difetto, dal valore medio e di un sensibile incremento nel numero delle classi.
Va, inoltre, precisato che il dirigente dell'ufficio scolastico provinciale di Massa Carrara, esercitando la facoltà di compensazione tra diversi profili professionali, come previsto dalla normativa vigente ed in applicazione della delega del direttore generale regionale, ha determinato una dotazione finale, per il profilo di assistente tecnico, di 84 unità e quindi 8 più delle 76 inizialmente previste.
Per quanto riguarda l'istituto «G. Minuto» di Massa, funzionante con un totale di n. 765 alunni, compreso il corso serale, distribuiti su n. 33 classi, nell'esigenza di evitare duplicazioni di competenze, come richiamato dal citato schema di decreto interministeriale e dalla circolare ministeriale n. 8255 del 23 aprile 2007, ed anche nella considerazione che l'organico prevede 20 cattedre di insegnante tecnico-pratico, delle quali n. 9 per esercitazioni di cucina, n. 7 per esercitazioni di sala bar e n. 4 per esercitazioni di pratica operativa, la dotazione totale di assistenti tecnici dell'istituto è stata determinata in n. 14 unità.
In merito all'istituto del marmo «Tacca» di Carrara, per il quale non sono possibili raffronti con istituti analoghi, in quanto atipico ed unico sul territorio nazionale, lo stesso funziona con n. 83 alunni, compreso il corso serale, per n. 10 classi; le cattedre per gli insegnanti tecnico pratici sono n. 2, di cui 1 per il laboratorio tecnologico del marmo, architettura e macchine e l'altra per 1 laboratorio tecnologico marmo e scultura, la dotazione totale di assistenti tecnici è stata determinata in n. 3 unità.
Successivamente, in sede di adeguamento dell'organico alla situazione di fatto, le dotazioni di assistenti tecnici degli istituti «Tacca» e «Minuto» sono state aumentate ambedue di 18 ore.

Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.

FASOLINO. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Capaccio ricomprende nel suo territorio il sito archeologico di Paestum, giacimento culturale di valenza eccelsa, patrimonio mondiale dell'UNESCO, meta di milioni di visitatori provenienti da tutti i continenti;
alla frequentazione archeologica si aggiunge il turismo balneare per oltre 500 mila presenze registrate annue;
il bacino di utenza afferente alla stazione di Capaccio assomma a circa 50.070 residenti fissi;
il solo Comune di Capaccio annovera oltre 20.000 cittadini residenti fissi che

durante la stagione estiva subiscono un notevole incremento numerico;
sul territorio comunale insistono numerosi alberghi, di tutte le categorie, pensioni, villaggi turistici, campeggi, ristoranti;
inoltre, vi è fiorente l'industria casearia incentrata sulla zootecnia bufalina, con allevamenti di capi selezionati e indenni per migliaia di addetti; artigianato e commercio sono fiorenti; ai confini comunali nell'area verso sud, insiste uno dei nuclei industriali più avanzati e tecnologici d'Italia, con oltre 1000 addetti. L'agricoltura è sviluppata a livelli di eccellenza, con prodotti tipici e pregiati (fragole, carciofi, meloni, cocomeri e frutta di ogni genere, ortaggi vari);
dopo il notevole ridimensionamento dello scalo FS di Paestum la stazione di Capaccio ha corrisposto alla domanda molteplice e diffusa di mobilità su ferro accrescendo nel tempo il volume di trasportati e di merci al punto che, negli anni passati, anche per soddisfare giuste aspettative di turisti e pendolari l'interrogante aveva richiesto alle autorità nazionali e regionali (Napoli) almeno tre fermate di treni Intercity nella stazione di Capaccio (Reggio Calabria centrale-Milano centrale e viceversa e Reggio Calabria centrale-Roma Termini quest'ultimo solo nei giorni festivi e la domenica);
è stato altresì tenuto un incontro al compartimento di Napoli, con lusinghieri apprezzamenti sulla validità della richiesta;
inopinatamente, Trenitalia non solo disattende le giuste aspettative, addirittura prevede per uno scalo così importante e fruito, l'eliminazione degli edifici, con conseguenze gravissime: via i parcheggi, già faticosamente realizzati; banchine di transito e di attesa scoperte ed esposte, di volta in volta, al sole cocente, alla pioggia, alla grandine, al vento, al freddo, al gelo, fuori portata per vecchi e disabili (dove andranno?), contravvenendo ad elementari norme igienico-sanitarie, anche le toilettes saranno eliminate. Roba da terzo mondo! Un vero colpo, che rompe gli equilibri economici raggiunti e rischia di far precipitare l'immagine e «l'appeal» internazionali conseguiti con il duro lavoro e l'intelligenza di operatori e di cittadini;
la situazione è resa ancora più grave dalla concomitante difficoltà che incontrano le relazioni su gomma da e per Battipaglia perdurando l'assenza di una strada protetta tra l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e la superstrada del Cilento, con code interminabili soprattutto durante i mesi estivi, le festività e i fine settimana;
in data 31 luglio 2007, il Consiglio comunale di Capaccio ha deliberato la sua opposizione al paventato ridimensionamento della struttura;
se non intenda con opportuna urgenza sollecitare Trenitalia a rivedere gli sciagurati orientamenti dinanzi esposti ed a prevedere, in alternativa, un potenziamento dello scalo ferroviario di Capaccio anche in sintonia con le dichiarazioni rese dal medesimo Ministero interrogato in una riunione durante la recente campagna amministrativa del Comune di Capaccio.
(4-04644)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che con lo sviluppo delle nuove tecnologie le piccole e medie stazioni possono essere controllate a distanza da una sala di controllo centralizzata, attraverso la quale è possibile gestire in sicurezza la circolazione e l'informazione al pubblico e garantire altre funzioni.
Anche la stazione di Capaccio, sulla linea Battipaglia-Reggio Calabria, come tante altre, è gestita attraverso tale sistema di controllo centralizzato da postazione remota collocata a Sapri.
La stazione che registra indici di frequentazione abbastanza contenuti, è stata interessata nel tempo, in accordo con il comune, da vari interventi volti a realizzare condizioni di maggiore sicurezza e comfort per i viaggiatori, tra i quali la società ferroviaria ha, in particolare, menzionato il

sottopassaggio pedonale con le rampe di scale a servizio del 1o, 2o e 3o marciapiede, che ha consentito di risolvere la problematica degli attraversamenti a raso dei binari e le nuove strutture per l'attesa, realizzate lungo i marciapiedi. Questi ultimi sono stati prolungati per consentire la fermata dei treni in posizione più baricentrica rispetto al nuovo attraversamento. Per quanto riguarda il servizio disabili, la società Trenitalia S.p.A. che ne ha la competenza, ha ritenuto di localizzarlo nella vicina stazione di Agropoli.
Su un piano di funzionalità e sicurezza, Ferrovie dello Stato ritiene che le iniziative assunte dall'amministrazione di Capaccio, dirette a ripristinare la situazione
ex ante, non abbiano motivazioni. Infatti, l'iniziativa risulterebbe in contrasto con quanto stabilito dall'Atto di concessione e il Contratto di Programma che conferiscono a Rete Ferroviaria Italiana spa, quale gestore della rete, la piena competenza circa la gestione e il mantenimento in efficienza dell'infrastruttura ferroviaria, ivi compresi i complessi di stazione.
Peraltro, risulterebbe che Rete Ferroviaria Italiana spa sia impegnata a favorire soluzioni mirate ad accrescere la capacità di accoglienza complessiva degli impianti ferroviari compresi nella competenza territoriale di detta amministrazione.
Particolare rilievo assume, in tale contesto, il progetto riguardante la fermata di Paestum, per la quale è in corso di predisposizione uno specifico accordo di programma tra il gestore della rete, Soprintendenze per i beni archeologici di Salerno, Avellino e Benevento e lo stesso comune di Capaccio, per la realizzazione di consistenti interventi di restauro e riqualificazione del complesso, tesi a valorizzarne la vocazione turistica dovuta alla presenza dell'importante sito archeologico.
Nell'ottica di una ulteriore qualificazione dei servizi di assistenza turistica per tale fermata, la società ferroviaria ha già ceduto in locazione per tali scopi, sempre al comune di Capaccio, tutti i locali collocati al piano terra del fabbricato relativo alla fermata di Paestum, all'interno dei quali è prevista la realizzazione di
info-point punti vendita di biglietti, punti ristoro e spazi dedicati alla esposizione dei reperti archeologici.
Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

FRANZOSO e SANZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture, al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il porto di Taranto, oggi secondo scalo di rilevanza nazionale, pur avendo connotazione di sito di interesse nazionale perimetrato con decreto ministeriale ambiente del 10 gennaio 2000, vede il proprio sviluppo compromesso dalle difficoltà connesse alle procedure preliminari alla realizzazione di nuove infrastrutture;
la realizzazione delle opere marittime indispensabili per lo sviluppo dello scalo quali quelle connesse al progetto della «Piastra Logistica», tra cui l'ampliamento del IV Sporgente, realizzazione della Darsena ad Ovest del IV Sporgente - per un valore complessivo di 156.000,00 euro - è fortemente condizionata dalla vigente normativa in materia di dragaggi, ancor più per il fatto che si è in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale in applicazione dell'articolo 5, comma 11-quinquies, della legge n. 84 del 1994;
lo stesso comma 1002 della Legge Finanziaria, che prevede la possibilità di ricorrere a procedure accelerate «al fine di garantire gli interventi infrastrutturali volti ad assicurare il necessario adeguamento strutturale per l'ampliamento del porto di Taranto...», in assenza di una normativa di regolamentazione delle procedure sui dragaggi, rischia di essere privato dei suoi effetti e del significato che la stessa Finanziaria ha voluto attribuire allo sviluppo del Porto di Taranto riconoscendolo scalo di rilevanza anche con effetti sull'economia nazionale;

il porto di Taranto, secondo porto nazionale per il volume di traffici movimentati, ha l'urgente necessità di realizzare nuovi interventi di potenziamento infrastrutturale, al fine di non comprometterne la capacità di reggere la concorrenza della portualità mediterranea e Nord-europea e contribuire a garantire, pertanto, la crescita dell'economia regionale e nazionale -:
se e come intendano intervenire affinché si individuino con la massima urgenza le soluzioni alla problematica relativa ai dragaggi che, per quanto riguarda il porto di Taranto e il suo processo di sviluppo, riveste carattere di assoluta emergenza.
(4-04220)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in oggetto concernente il progetto definitivo della «piastra portuale di Taranto» in particolare la problematica relativa a nuovi interventi di potenziamento infrastrutturale per quanto riguarda il porto di Taranto ed il suo, processo di sviluppo, si riferisce quanto segue.
In data 4 giugno 2007 la Società Taranto logistica Spa ha trasmesso il progetto definitivo in oggetto ai fini di quanto previsto dalla normativa di Legge Obiettivo ed in particolare dall'articolo 4 comma 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002, oggi articolo 166, comma 3 del decreto legislativo n. 163 del 2000.
Tale intervento, facente parte del Programma di infrastrutture strategiche di cui alla Delibera CIPE n. 121/01, è costituito, sulla base di quanto previsto dal progetto preliminare, da quattro diversi ambiti: ampliamento del IV sporgente, darsena ad ovest del IV sporgente, adeguamento e potenziamento della «Strada dei Moli», Nuova piattaforma logistica sull'area ex squadra rialzo RFI.
Il citato progetto preliminare dell'intervento in questione è stato approvato con prescrizioni dalla Delibera CIPE n 74 del 29 settembre 2003, nella quale si legge che: «il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, con nota n 8522 del 21 luglio 2003, ha ritenuto l'intervento non assoggettabile alla procedura di valutazione di impatto ambientale nazionale».
In riferimento a quanto sopra, occorre precisare che la nota dello scrivente Ministero, richiamata nella suddetta Delibera CIPE, riguarda l'esclusione dalla procedura di VIA unicamente per le opere riguardanti l'ampliamento del IV sporgente, che comprende anche la realizzazione della darsena ovest, e l'adeguamento della Strada dei Moli.
Dagli atti in possesso risulta che l'istanza, datata giugno 2002, di verifica di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale era stata avanzata limitatamente ai lavori di realizzazione del IV sporgente e darsena ad ovest e a quelli relativi alla strada dei moli.
Pertanto, emerge che non è stata sancita l'esclusione dalla procedura di VIA per la realizzazione della nuova piattaforma logistica risulta, quindi, che la necessaria procedura di valutazione di impatto ambientale non è stata svolta.
Altresì, va considerato come l'esclusione dalla procedura di VIA, da parte di questo Ministero, sia stata sancita sulla base dello scenario rappresentato dalle opere previste nell'istanza sopra citata, in quanto le medesime si configuravano essenzialmente come una ottimizzazione e razionalizzazione dei traffici già presenti in rada e in porto.
L'inserimento della nuova piattaforma logistica, determinando una modifica dello scenario progettuale nel suo complesso e quindi una sostanziale modifica degli impatti sul contesto ambientale, comporta che non sussistono più le condizioni per l'esclusione dalla procedura di Via e conseguentemente rende necessario l'espletamento della stessa procedura di Via sul complesso delle opere che costituiscono il progetto della Piastra portuale di Taranto.
Per quanto sopra è stata dunque rilevata la necessità di sanare, sotto il profilo procedurale, il mancato svolgimento della procedura di Via Speciale, anche in osservanza alla Direttiva comunitaria.
Pertanto, con nota prot. DSA - 2007 - 0018167 del 2 luglio 2007 la Direzione generale per la salvaguardia ambientale ha chiesto al Ministero delle infrastrutture, in

qualità di Amministrazione a cui fa capo l'intera procedura, di mettere in essere tutti i provvedimenti necessari per consentire l'espletamento della procedura di VIA da parte di questo Ministero, atteso che la normativa di Legge Obiettivo prevede anche (articolo 167, comma 5 del decreto legislativo n. 163 del 2006) la possibilità di avviare la procedura di localizzazione dell'opera e di valutazione di impatto ambientale sulla scorta del progetto definitivo.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

FRANZOSO. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
con la Delibera CIPE n. 91 del 20 dicembre 2004 si è previsto il finanziamento per la progettazione preliminare di alcuni interventi di potenziamento infrastrutturale nel Mezzogiorno, per il loro inserimento nella rete infrastrutturale europea;
tra gli interventi previsti nella Delibera CIPE 91/2004 è inserita anche la progettazione preliminare della tratta Taranto-Metaponto per renderla omogenea agli standard funzionali della Direttrice Adriatica ed idonea ad assorbire tutto il traffico merci proveniente dai porti di Gioia Tauro e di Taranto;
sempre la stessa delibera ha previsto anche che la durata della progettazione dei singoli interventi è prevista in otto mesi per poter poi procedere alle successive fasi di verifica, approvazione ed eventuale finanziamento degli interventi stessi -:
quale sia lo stato dell'arte relativo alla progettazione della tratta Taranto-Metaponto, essendo abbondantemente trascorsi gli otto mesi dall'avvio delle attività di progettazione previsti dalla Delibera CIPE citata in premessa.
(4-05042)

Risposta. - Ferrovie dello Stato SpA informa che è stata ultimata di recente la progettazione preliminare del raddoppio della linea Taranto-Metaponto. Attualmente sono in corso le attività necessarie per l'avvio dell'iter autorizzativo della suddetta progettazione e per il successivo inoltro a questo Ministero come per tutte le altre progettazioni finanziate con le risorse rese disponibili dalla Delibera CIPE n. 91 del 20 dicembre 2004.
Tale raddoppio è stato inserito nella tabella D03 dello schema di contratto di programma 2007-2011 tra il Ministero delle infrastrutture e Rete ferroviaria italiana SpA, tra le opere previste a completamento del Piano per lo sviluppo infrastrutturale della Rete convenzionale con un costo di 340 milioni di euro; l'elaborazione della progettazione definitiva e la successiva realizzazione delle opere restano tuttavia subordinate all'effettiva disponibilità dei finanziamenti necessari.

Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.

GALANTE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa si apprende la notizia che alcuni cittadini della periferia ovest di Lucca Maggiano Farneta si sarebbero costituiti in comitato per denunciare l'aumento, nei mesi estivi, di casi di cefalee, alterazioni nervose a causa di un forte ronzio proveniente dai tralicci dell'alta tensione dell'elettrodotto aereo della linea La Spezia-Acciaiolo;
il suddetto Comitato, a tal proposito, ha presentato un esposto alla Procura di Lucca, ai carabinieri e alla ASL locale;
nell'esposto presentato il comitato avanza la richiesta di controlli sull'attività della linea elettrica e sul campo elettromagnetico da essa prodotto, facendo notare che la portata di 132 Kilowatora ha funzionato per un periodo a portata ridotta

fino a quando una sentenza della Pretura di Pisa ha consentito di sfruttare la struttura;
già nell'ottobre 2005, il comitato aveva chiesto l'interramento della linea, senza ottenere risposta e ora è determinato a chiedere risarcimenti individuali e collettivi -:
se il Ministro non ritenga opportuno, secondo le proprie competenze, attivarsi al fine di procedere ad un capillare monitoraggio dei nostri elettrodotti al fine di tutelare la salute dei nostri cittadini e salvaguardare il decoro ambientale messo a rischio dall'elevato inquinamento elettromagnetico prodotto da alcuni di essi, per scarsa manutenzione o errata locazione.
(4-00928)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, concernente le problematiche inerenti l'elettrodotto denominato La Spezia-Acciaiolo, di proprietà della Terna Spa, che attraversa la zona Farneta di Lucca, si premette che il Comitato dei cittadini di Farneta, avendo verificato una violazione delle distanze da alcune abitazioni della zona dell'elettrodotto, ha proceduto, in un primo tempo, a diffidare la società Terna a provvedere alla sospensione della fornitura di energia elettrica, e, successivamente, ha avanzato un ricorso al TAR chiedendo lo spostamento dell'elettrodotto in questione.
È utile fare presente che la costruzione dell'elettrodotto in questione è antecedente all'entrata in vigore della normativa sulla Valutazione di impatto ambientale essendo in esercizio fin dal 1985, pertanto, per lo stesso, non è stata effettuata alcuna istruttoria in tal senso.
In Italia, fino alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, relativo agli elettrodotti, i livelli di esposizione per la popolazione ai campi elettrici e magnetici generati dalle linee elettriche erano stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 1992. Le disposizioni contenute nell'articolo 5 di quest'ultimo decreto, fissano per gli elettrodotti a 380 kV, una distanza di rispetto dalle abitazioni non inferiore a 28 metri.
Il recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri emanato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute, adotta implicitamente il criterio di rispetto delle distanze attraverso la fissazione, per il campo di induzione magnetica, dei seguenti tre parametri:
1) il limite di esposizione in 100 μT (micro Tesla);
2) il limite di attenzione in 10 μT;
3) l'obiettivo di qualità in 3 μT).

In nessun caso è consentito superare il limite di esposizione di 100 μT.
Il primo parametro è definito per tutelare la salute da effetti acuti e non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione.
Il secondo costituisce una misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo temine causati da un'esposizione prolungata.
Il terzo stabilisce una limitazione a cui tendere per favorire la progressiva minimizzazione dell'esposizione degli individui.
L'obiettivo di qualità, come indicato nell'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, è applicabile soltanto ai «nuovi elettrodotti in corrispondenza di aree gioco per l'infanzia, di ambienti abitativi, di ambienti scolastici e di luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore e nella progettazione dei nuovi insediamenti e delle nuove aree di cui sopra in prossimità di linee ed installazioni elettriche già presenti nel territorio,...» mentre nelle aree, negli ambienti e nei luoghi di cui sopra limitrofi ad elettrodotti in esercizio si deve considerare il valore di attenzione.
Qualora sia riscontrato il mancato rispetto della normativa vigente, si dovrà procedere ad un intervento di risanamento la cui tipologia sarà individuata dal gestore in relazione all'entità del superamento dei limiti. È opportuno precisare che la soluzione adottata non implica necessariamente l'interramento della linea elettrica.


Si sottolinea che, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, della legge 22 febbraio 2001, n. 36 «Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magneti ed elettromagnetici» l'esercizio delle funzioni di controllo e vigilanza ambientale è affidato alla competente Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, la quale, attraverso delle rilevazioni strumentali, verifica il rispetto dei limiti predetti.
In merito alla questione, l'Amministrazione comunale di Lucca ha avviato un'indagine conoscitiva per accertare il corretto funzionamento dell'elettrodotto in parola, il tutto finalizzato ad una completa valutazione dei rischi sanitari e ambientali che tale impianto potrebbe comportare.
L'indagine, inoltre, ha affrontato l'aspetto relativo alla normativa di settore, per valutare l'eventuale violazione della distanza di sicurezza, finalizzata al controllo sul superamento dei limiti di esposizione degli abitanti della zona per il campo elettrico e magnetico.
Richiedendo ed acquisendo, quindi, dalla Società Terna, ente gestore del servizio, i dati relativi alle correnti circolanti nelle zone in questione, si è avvalsa della collaborazione dell'ARPAT per effettuare una stima sull'intensità di induzione magnetica prodotta dalla linea ENEL n. 314 denominata, appunto, La Spezia-Acciaiolo, avente una tensione di esercizio di 380 kV.
Dalle analisi effettuate, per il periodo gennaio-agosto 2005-2006, è emerso che i valori di intensità dell'induzione magnetica nelle zone considerate sono inferiori al valore di attenzione di 10 μT (micro tesla) fissato, al comma 2 dell'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, come «misura di cautela per la protezione di possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con l'esposizione ai campi magnetici generati dalla frequenza di rete (50 Hz)» e sono, pertanto, conformi alla vigente normativa in materia di tutela e cautela sanitaria della popolazione.
In ogni caso, anche per rassicurare l'interrogante, l'Amministrazione che rappresento seguirà attentamente la questione, facendo effettuare ulteriori controlli tendenti alla misurazione dei campi elettromagnetici e che, se del caso, inviterà gli organi competenti a porre in essere tutte le azioni a tutela della salute e dell'ambiente.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

GALANTE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da organi di stampa si apprende la notizia del sequestro di una discarica nei pressi della città di Pescantina (Verona);
tale discarica era già stata oggetto di indagini giudiziarie a causa di evidenti negligenze di manutenzione e conseguente grave impatto ambientale che alcune sostanze tossiche che essa disperdeva;
sempre secondo quanto riportato dalla stampa locale veneta, il sequestro giudiziario della suddetta discarica sarebbe stato il risultato di un'indagine che ha avuto inizio nel giugno 2001, quando vennero riscontrate in essa tracce consistenti di ammoniaca e di altre sostanza tossiche;
la vicenda di Pescantina pone in seria considerazione la necessità di porre maggiore attenzione ad un uso più responsabile degli smaltitori di rifiuti e delle nostre discariche;
si pone con urgenza altresì la necessità di una generale e opportuna maggiore responsabilizzazione degli enti locali nella lotta all'inquinamento ambientale -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di porre in essere le opportune misure di sicurezza delle nostre discariche e responsabilizzare maggiormente gli enti locali nella lotta all'inquinamento ambientale.
(4-01228)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la discarica di Pescantina in provincia di Verona, sulla

base delle notizie avute dalla Direzione per la qualità della ditta di questo Ministero si riferisce quanto segue.
In data 9 agosto 2006 l'Autorità giudiziaria ha disposto con decreto il sequestro preventivo dell'area di insistenza della discarica comunale sita in Pescantina, località Cà Filissine, e degli impianti a servizio della stessa, nominando custode il sindaco del comune di Pescantina. Le operazioni di ordinaria gestione sono state affidate alla Daneco Spa quale responsabile tecnico della gestione della discarica.
La Daneco ha comunicato all'Amministrazione provinciale che il tribunale di Verona, in data 26 ottobre 2006, ha autorizzato la temporanea rimozione dei sigilli per l'esecuzione dei nuovi pozzi per l'emungimento di percolato nei lotti 5 e 6 dell'impianto della discarica.
Lo smaltimento dei rifiuti, conferiti presso la suddetta discarica viene effettuato nelle discariche di S. Urbaro a Padova e di Torretta di Legnago (Verona). La regione Veneto, infatti, ha autorizzato con vari Decreti del Presidente della Giunta lo smaltimento, prima di 400 tonnellate al giorno e successivamente per un quantitativo medio di 150 t/g, di rifiuti nelle sopra menzionate discariche, cui si aggiunge il provvedimento da parte della regione Veneto, che aumenta il quantitativo di rifiuti da smaltire a 300 t/g presso la discarica tattica di S. Urbano (Padova). Con validità dell'autorizzazione sino al 30 giugno 2007 e da ultimo, al fine di poter far fronte a detta situazione d'emergenza, in data 29 giugno 2007 con provvedimento n. 116, il Presidente della Giunta Regionale del Veneto ha prorogato al 30 settembre 2007 i termini di cui al decreto del Presidente della Giunta regionale del Veneto n. 29 del 9 febbraio 2007, autorizzando lo smaltimento di un quantitativo medio di 300 t/g di rifiuti urbani prodotti nei comuni appartenenti ai bacini d'utenza VR 1, VR 2 e VR 5, presso la discarica, tattica regionale di S. Urbano (Padova). Sono, ancora, in corso gli accertamenti del caso da parte della magistratura, per appurare le cause e le modalità dell'inquinamento nonché il grado di pericolosità per la salute umana. Preliminarmente, appare necessario ripercorrere brevemente la normativa sottesa al caso in questione. Il nostro legislatore ha previsto per la materia dei rifiuti delle norme molto stringenti, per tutelare e garantire un elevato livello di protezione della salute umana e dell'ambiente.
Nel corso degli anni si è cercato di responsabilizzare maggiormente i cittadini, le amministrazioni ed il comparto produttivo attraverso una disciplina più organica e rigorosa, secondo i principi e gli obiettivi fissati dalle direttive europee ed in considerazione, soprattutto, del principio di sussidiarietà che, ormai, informa completamente il nostro ordinamento, distribuendo competenze e funzioni fra Stato e autonomie locali (sussidiarietà verticale). Già con decreto legislativo n. 22 del 1997 (decreto Ronchi) e successivamente con la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 152 del 2006 il legislatore ha cercato di coinvolgere tutti i soggetti che a vario titolo partecipano alla produzione dei rifiuti, ponendo un forte accento sulla responsabilità condivisa e sulla cooperazione (articolo 178, comma 3). Il nostro ordinamento prevede, dunque, che la pubblica amministrazione garantisca controlli efficaci con riferimento a tutte le fasi della gestione dei rifiuti dalla produzione fino allo smaltimento finale,
ex articolo 178, comma 1. Nell'ambito della gestione dei rifiuti lo smaltimento finale in discarica costituisce una fase residuale e marginale e deve essere effettuata in condizioni di sicurezza, ai sensi dell'articolo 182, comma 1. In particolare le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplinate secondo le disposizioni del decreto legislativo n. 36 del 2003, di attuazione della direttiva 1999/3 I/CE. Quest'ultima norma prevede che il soggetto richiedente l'autorizzazione alla costruzione e la gestione della discarica presenti dei «piani», tra questi il «piano di sorveglianza e controllo». Tale piano deve indicare tutte le misure tecniche per prevenire i rischi di incidenti causati dal funzionamento della discarica e per limitarne le conseguenze, sia in fase operativa che post-operativa, con particolare riferimento alle precauzioni adottate a tutela delle acque dall'inquinamento

provocato da infiltrazioni di percolato nel terreno, indicando i parametri da monitorare, la frequenza dei monitoraggi e la verifica delle attività di studio del sito. La norma stabilisce, inoltre, le modalità cui dovranno attenersi i titolari dell'autorizzazione o, su delega di quest'ultimo, il gestore delle discariche esistenti, per i quali è prevista la presentazione di un piano di adeguamento della discarica. Quest'ultimo deve essere approvato dall'autorità competente con motivato provvedimento che autorizzi la prosecuzione dell'esercizio della discarica e fissi i lavori di adeguamento, le modalità di esecuzione ed il termine finale per l'ultimazione degli stessi, termine che non può in ogni caso essere successivo al 16 luglio 2009; in caso di mancata approvazione del piano di adeguamento, l'autorità competente deve prescrivere modalità e tempi di chiusura della discarica. In particolare, per quanto riguarda le attività di controllo, la legge 21 gennaio 2003 impone alla Provincia di approvare, in sede di rilascio di autorizzazione, un «piano di controllo» da effettuarsi a cura di un soggetto terzo. In considerazione di quanto sopra esposto appare evidente che la vita di una discarica derivi da un'autorizzazione rilasciata dalla Regione, ovvero per le discariche già esistenti la prosecuzione dell'attività dipenda da un piano di adeguamento approvato dalla Regione. Inoltre, la gestione delle discariche è sottoposta a monitoraggi e controlli, che ai sensi dell'articolo 197 del decreto legislativo n. 152 del 2006 sono esercitati dalla Provincia, che si avvale del supporto operativo dell'Arpa, lo Stato ai sensi dell'articolo 195 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha poteri di indirizzo e coordinamento, che esercita nel rispetto dell'articolo 8 della legge 59/1997 previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, o con la singola Regione interessata. Nel caso della discarica di Pescantina, sia l'amministrazione provinciale, mediante l'Arpav, sia il comune, sia il gestore della discarica, hanno nel corso degli anni provveduto a monitorare e controllare i pozzi di raccolta del percolato presenti nella discarica. La presenza nell'acqua della falda freatica, che interessa il corpo della discarica, di sostanze nocive dovuta, probabilmente, ad infiltrazioni di percolato proveniente dalla discarica stessa, è un problema affrontato dalle amministrazioni locali, attraverso indagini, ulteriori monitoraggi e l'adozione di tutte le possibili misure per tutelare l'ambiente e garantire la protezione della salute umana.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

GIOVANARDI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in località Rivara di San Felice di Modena la Società Independent Gas Management srl ha progettato di costruire un impianto sperimentale di stoccaggio gas inacquifero, sfruttando la particolare situazione geologica dell'area;
esperti di indiscussa serietà contestano il progetto sottolineando i rischi di tale soluzione, per la particolare sismicità della zona e l'impossibilità di impermeabilizzare il sito;
in provincia di Modena e nelle province limitrofe esistono siti di stoccaggio del gas esauriti che potrebbero essere utilmente riutilizzati -:
quali iniziative intenda assumere per garantire che la soluzione prospettata non sia a rischio per la popolazione;
quali impegni potrà assumere la Protezione civile in caso di eventi imprevisti e quali vie intenda esplorare per trovare soluzioni alternative sul territorio più economiche e più sicure.
(4-01987)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente il progetto per la realizzazione di un impianto di stoccaggio di gas naturale nei Comuni di S. Felice sul Panaro (Modena), Finale Emilia (Modena), Camposanto (Modena), Medolla

(Modena), Crevalcore (Bologna), si fa presente che la Società Indipendent Gas Management srl ha presentato, per il predetto progetto, istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi della legge 349 del 1986. Per tale deposito è previsto l'utilizzo di una struttura geologica naturale porosa (falda acquifera salata) ivi esistente tra 2500 e 2900 metri di profondità.
Preliminarmente la Direzione Generale energia e risorse minerarie del Ministero dello sviluppo economico, già attività produttive, ha precisato di essere competente per l'assolvimento delle procedure volte al conferimento della concessione per lo stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, che avviene con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata dalla realizzazione dell'impianto. Le disposizioni di legge che attribuiscono tale competenza sono principalmente la legge 17 gennaio 197, n. 170 (modificata dal decreto legislativo n. 164 del 2000) e la legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché il decreto del Ministro delle attività produttive 26 agosto 2005, recante norme sulle «modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, approvazione del relativo disciplinare tipo nel quale sono previste le modalità di attuazione delle attività di stoccaggio, gli obiettivi qualitativi, i poteri di verifica, le conseguenze di eventuali inadempimenti». Il decreto legislativo n. 164 del 2000 ha introdotto per la prima volta in Italia la possibilità di stoccare gas naturale in unità geologiche profonde, compresi gli acquiferi salini profondi, in analogia con quanto già fatto in altri paesi, quali Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Danimarca e Russia.
Il proponente, contestualmente alla presentazione dell'istanza di Via, ha provveduto a consegnare tre copie dello Studio di impatto ambientale e del Progetto preliminare relativo all'intervento da realizzare, mentre con nota del 22 novembre 2006 ha trasmesso la documentazione attestante l'avvenuto assolvimento degli obblighi previsti dall'articolo 29 della legge 136 del 1999 (contributo dello 0,5 per mille), e con nota del 12 dicembre 2006 ha trasmesso copia degli annunci al pubblico a mezzo stampa effettuati in data 12 settembre 2006, sui quotidiani
La Repubblica e Il Resto del Carlino, completando di fatto la documentazione necessaria per l'attivazione della procedura di Via.
In merito alla richiesta avanzata dall'interrogante di riapertura dei termini per la presentazione delle osservazioni, si evidenzia come a fronte di analoga richiesta del Comune di San Felice sul Panaro (Modena) la Direzione generale per la salvaguardia ambientale Div.II Via ha comunicato allo stesso, con nota 28955 del 10 novembre 2006, che, benchè il comma 9 dell'articolo 6 della legge n. 349 del 1986 preveda che le osservazioni o i pareri sull'opera devono pervenire entro 30 giorni dall'annuncio della comunicazione del progetto, è prassi della Direzione competente ricevere tutte le osservazioni pervenute nel corso dell'istruttoria tecnica condotta dalla Commissione per le valutazioni dell'impatto ambientale e di trasmetterle a quest'ultima per le considerazioni del caso.
Compatibilmente con lo stato di avanzamento dell'istruttoria tecnica la Commissione Via provvede a prendere in considerazione tutte le osservazioni pervenute a prescindere dalla data di ricevimento.
Poiché la regione Emilia Romagna, partecipa ai sensi di legge articolo 6, comma 4 della legge n. 349 del 1986 alla procedura di Valutazione di impatto ambientale per l'espressione del parere di competenza, lo stesso Comune è stato invitato a prendere contatti direttamente con la Regione.
Come riferito dalla Direzione per la salvaguardia ambientale, «l'istruttoria tecnica presso la Commissione Via ha avuto inizio in data 27 novembre 2006 ed allo stato è ancora in corso.
La Commissione ha, attualmente in valutazione l'intervento proposto dalla Società Indipendent Gas Management Srl consistente nella realizzazione di un impianto per il servizio di stoccaggio sotterraneo di gas naturale a modulazione ciclica.
L'obiettivo dell'intervento è quello di migliorare le infrastrutture per lo stoccaggio di gas naturale in Italia in modo tale

che gli utenti possano disporre di maggiore capacità di Working Gas, di maggiore capacità di erogazione di picco, di maggiore sicurezza di approvvigionamento e di minori costi dell'energia.
Il progetto prevede, dopo un periodo biennale di indagini finalizzate all'accertamento delle proprietà fisiche della struttura geologica profonda identificata, la costruzione di una centrale di compressione del gas, di pozzi (10-19 suddivisi in quattro
cluster) e delle piazzole di perforazione necessarie, delle flowlines di collegamento tra pozzi e la centrale gas, dell'allacciamento della predetta centrale alla rete nazionale di trasporto del metano e dell'allacciamento elettrico per l'energia recuperata in fase di erogazione del gas.
Il progetto è basato sull'ipotesi della presenza nel sottosuolo dell'area di «RIVARA» di una importante struttura geologica profonda a livello della serie carbonatica mesozoica, costituita da una spessa serie di roccia calcarea permeabile di età giurassica e cretacea a matrice compatta naturalmente fratturata, dotata di grande rigidità e di capacità produttiva di punta giornaliera (roccia serbatoio), situata a circa 2500-2800 metri di profondità e sigillata in primo luogo dalle formazioni geologiche impermeabili delle marne del cerro e della scaglia di età cretacea, e in secondo luogo dalle spesse formazioni argillose terziarie sovrastanti (roccia di copertura).
La società Independent Gas Management srl, nell'area della concessione di stoccaggio di gas naturale «RIVARA», intenderebbe svolgere un programma dei lavori articolato in 5 punti principali, incluse, una volta completata la costruzione dell'impianto, le operazioni di stoccaggio del gas nei termini della stessa Concessione, e così articolato:
1. rilevi geofisici;
2. apertura dei pozzi in quattro nuove piazzole ed in un sito già esistente;
3. costruzione e l'esercizio della Centrale Gas. L'area destinata ad accogliere la centrale gas, situata nella zona cosiddetta Lumachina e di forma trapezoidale, ha una superficie di circa 66.000 metri quadri (6.6 ettari). L'area della Centrale Gas è praticamente suddivisa in due parti principali da una strada interna: quella a Nord è prevalentemente occupata dall'area pozzi SFP2 e dalla torcia fredda o candela (di 100 metri di altezza) e da un termocombustore (dotato di un camino dell'altezza di circa 20
metri), mentre la parte sud, divisa dalla parte nord da una strada che attraversa l'intera centrale, è stata destinata agli impianti di compressione e di trattamento del gas, compresi i turboespansori per il recupero energetico invernale;
4. realizzazione delle
flow-lines e del gasdotto che raccorda la centrale alla rete Snam;
5. i collegamenti con le linee elettriche (per il recupero dell'energia prodotta).

La realizzazione del sito di stoccaggio sotterraneo di gas di Rivara richiederà circa 6 anni dall'inizio della fase di accertamento delle caratteristiche della roccia serbatoio.
La Commissione Via ha proceduto ad effettuare una riunione preliminare per visionare la documentazione consegnata dal proponente e programmare le attività istruttorie.
In considerazione del fatto che l'istruttoria tecnica è stata avviata solo in data 27 novembre 2006 risultano ancora da effettuare il sopralluogo e una riunione istruttoria con il proponente e con i rappresentanti della regione Emilia Romagna e del Ministero per i beni e le attività culturali.
Quest'ultima, programmata per il 10 gennaio 2007 si è svolta regolarmente, mentre il sopralluogo sul sito è avvenuto il 7 febbraio 2007. In tale occasione si è tenuta anche una riunione presenti i Comuni interessati dall'opera e la provincia di Modena.
Quest'ultima ha domandato alla Commissione Via di procrastinare di circa 15 giorni la preannunciata richiesta di integrazioni alla Società proponente. La provincia di Modena, ha infatti, spiegato di essere in attesa della conclusione dei lavori di un gruppo di esperti, tra cui docenti universitari, incaricati di elaborare una

serie di chiarimenti ed integrazioni, da richiedere alla predetta società proponente, specificamente per quanto attiene gli aspetti geologici, anche in considerazione delle osservazioni che continua a pervenire da parte del pubblico. Tali integrazioni saranno sottoposte all'esame della regione Emilia Romagna che, nel caso provvederà ad evidenziare alla Commissione Via la necessità di ulteriore documentazione da acquisire.
Nel caso di esito favorevole della procedura di Via, il processo di valutazione e decisione circa la realizzazione del progetto di dettaglio, verrà ripreso dal Ministero dello sviluppo economico come previsto dalle norme vigenti con lo strumento della conferenza dei servizi disposta dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, e quindi con il completo coinvolgimento delle istituzioni locali interessate alla realizzazione del progetto, con il fine di approvarne le caratteristiche definitive, dichiararne la pubblica utilità, procedere alle varianti urbanistiche, apporre il vincolo per gli eventuali espropri dei terreni, e quindi - solo allora - rilasciare la concessione di stoccaggio, di concerto con il Ministero dell'ambiente e di intesa con la Regione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

GRECO. - Al Ministro della pubblica istruzione. - Per sapere - premesso che:
i docenti tecnico-pratici di laboratorio svolgono la loro funzione di docenza sia con insegnamento autonomo, per alcune classi di concorso presenti negli Istituti Professionali Statali, sia in compresenza-codocenza in altre discipline tecnico-professionali presenti negli Istituti Secondari Superiori Statali;
l'articolo 5 della legge 3 maggio 1999 n. 124 ha riconosciuto a tali docenti piena «autonomia d'insegnamento» nelle proprie classi di concorso, aventi pienezza di voto e giudizio disciplinare con pari dignità professionale rispetto ai docenti compresenti di materie tecnico-scientifiche (c.d. teorici) sia in sede di valutazione e scrutinio sia per quanto attiene la conduzione delle attività didattiche;
negli Esami di Stato, i docenti di laboratorio in base alla vigente normativa, svolgono funzioni istituzionali di Presidenti e Commissari nominati dal Ministero della Pubblica Istruzione oltre a far parte delle Commissioni stesse in qualità di Commissari Interni alla pari di tutti gli altri docenti, rappresentando in piena autonomia e con piena legittimità di voto la materia d'insegnamento;
le funzioni e i compiti didattico-istituzionali dei docenti di laboratorio sono autonome e medesime di tutti gli altri docenti delle scuole medie superiori;
ai sensi del decreto ministeriale n. 358 dei 18 settembre 1998 e circolare ministeriale n. 277 del 19 novembre 1998 e succ. (Esami di Stato), le classi di concorso dei docenti di laboratorio sono affini alle classi di concorso dei docenti di materie tecniche per le materie rientranti nei programmi d'insegnamento dell'ultimo anno di corso;
poiché l'evoluzione delle predette normative a tutt'oggi ha generato due figure pressappoco identiche in compresenza con funzioni didattiche affini, non si rende più giustificabile la differenza di retribuzione esistente fra tali docenti di laboratorio e tutti gli altri docenti delle scuole medie superiori anche in considerazione del decreto legislativo 17 ottobre 2005 n. 227 (Definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento). Infatti a tutt'oggi alcuni sono inquadrati al VII livello retributivo (articolo 17 decreto-legge n. 13 del 1976 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 88 del 1976); altri al VI livello per una interpretazione restrittiva del Consiglio di Stato e altri ai sensi della legge regionale 30 luglio 1970 n.15 con paradossale, grave e palese disparità di trattamento economico (violazione articolo 3 della Costituzione italiana)

rispetto a tutti gli altri insegnanti italiani pur svolgendo le medesime autonome funzioni di docenza;
la categoria dei docenti di laboratorio vive una insostenibile situazione di diffuso disagio dovuto al mancato riconoscimento della vigente normativa e della pari dignità delle materie laboratoriali (talvolta tacitamente e gravemente disapplicata dai dirigenti scolastici a vantaggio dei co-docenti di materie tecniche generando una difficile coabitazione lavorativa e didattica); alla differente posizione economica rispetto a tutti gli altri docenti degli Istituti Superiori e all'incertezza della loro collocazione nella scuola riformata;
da diversi anni i docenti di laboratorio hanno attivato una rappresentanza nazionale permanente allo scopo di sensibilizzare le istituzioni sui problemi della categoria;
le classi di concorso relative alle discipline di esercitazioni e di laboratorio, presenti in molti indirizzi, oltre alla 2 prova laboratoriale agli Esami di Stato tenuta dal docente di laboratorio, rappresentano un'occasione di reale raccordo con il mondo del lavoro e una risorsa dei percorsi post-secondari;
la qualità di queste autonome discipline didattiche deve essere potenziata e pertanto in futuro l'accesso (classi di concorso) e la formazione di questi insegnanti dovrà avvenire nelle università al pari di tutti gli altri docenti salvaguardando i diritti acquisiti dai circa 30.000 docenti di laboratorio attualmente in servizio -:
quali provvedimenti ed iniziative il Ministro intenda adottare per evitare la paradossale differenza retributiva dei docenti di laboratorio rispetto a tutti gli altri docenti delle Scuole Secondarie Superiori, oltre a garantire e tutelare i diritti di questi insegnanti che con il loro «saper fare» trasmettono e formano didatticamente nelle scuole italiane le future generazioni dell'Italia produttiva e del mondo del lavoro.
(4-03127)

Risposta. - Si fa riferimento all'interrogazione in esame concernente la richiesta di equiparazione economica dei docenti tecnico-pratici (Itp) ai docenti laureati degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
Va in proposito evidenziato che le funzioni previste per tali tipologie di insegnamento sono diverse. La differenziazione di funzioni tra l'insegnamento tecnico-pratico e quello degli altri docenti è peraltro rilevabile nel differente titolo di studio richiesto per l'accesso alla classe di concorso di appartenenza; infatti, mentre per l'accesso al ruolo degli Itp è previsto il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado, per la generalità degli altri insegnamenti è invece previsto il diploma di laurea, per cui è plausibile che l'insegnamento delle materie per le quali sia espressamente richiesto il diploma di laurea, o altro titolo ad esso equiparato, sia affidato a personale cui è stato richiesto un titolo di studio di più elevato valore culturale.
Va inoltre fatto presente che le tabelle annesse al vigente Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto «Scuola» prevedono espressamente gli inquadramenti relativi al personale in argomento nel ruolo dei docenti diplomati degli istituti di secondo grado; il relativo sviluppo economico si differenzia, peraltro, da quello dei docenti della scuola materna e della scuola elementare, ai cui ruoli è stato possibile accedere con il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado (diploma di scuola magistrale o di istituto magistrale per la scuola materna e diploma di istituto magistrale per la scuola elementare).
A sostegno della richiesta di equiparazione economica non soccorrono neppure gli inquadramenti previsti dalla disposizione citata nell'atto di sindacato ispettivo, cioè l'articolo 17 del decreto-legge n. 13 del 1976, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 88 del 1976 (Riordinamento dei ruoli del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato); ciò in quanto il predetto articolo 17 fa espresso riferimento ad «Inquadramenti in via transitoria»,

i cui effetti erano quindi limitati a quanti, all'epoca, si trovavano nelle particolari situazioni derivanti da precedenti disposizioni legislative che, attualmente, sono quasi completamente riassorbite.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, sottolineando l'importante ruolo svolto dai docenti Itp, l'equiparazione economica dei medesimi ai docenti laureati degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado può essere esclusivamente prevista da una norma di legge, non potendo la relativa richiesta essere accolta con un provvedimento di carattere amministrativo.

Il Viceministro della pubblica istruzione: Mariangela Bastico.

HOLZMANN. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Alto Adige opera da alcuni mesi una formazione politica denominata «Südtirol Freiheit, fondata dalla consigliera provinciale Eva Klotz;
detta formazione politica alla quale aderiscono anche ex terroristi degli anni sessanta si è distinta particolarmente per la diffusione di tesi irredentiste ed anti nazionali;
nei mesi scorsi in vari comuni della provincia di Bolzano sono stati affissi manifesti recanti la seguente dicitura «Südtirol ist nicht Italien» ovvero l'Alto Adige non è Italia;
in occasione della ricorrenza del 4 novembre sono state deposte varie corone in luoghi emblematici della provincia, presso monumenti ai Caduti, Ossari ed al cippo del Brennero da parte di istituzioni e o associazioni private e d'arma;
nei giorni scorsi al Brennero attivisti della neonata formazione politica hanno rimosso una corona d'alloro al cippo del Brennero e l'hanno sostituita con un'altra listata a lutto, inoltre hanno eretto un cartello presso il confine in territorio austriaco con la provocatoria scritta «Südtirol ist nicht Italien» ed un altro con le scritte in varie lingue per affermare i loro concetti d'ingiusta appartenenza dell'Alto Adige all'Italia -:
se gli autori delle gravi provocazioni siano stati individuati o se sono in corso indagini da parte delle Forze dell'Ordine;
quali provvedimenti intenda assumere il Governo in merito alla predetta formazione politica che sta diffondendo tesi e messaggi inquietanti ed in grado di turbare il clima di pacifica convivenza faticosamente costruita in provincia di Bolzano;
quali azioni concrete intenda intraprendere il Governo nei confronti della Repubblica austriaca per sollecitare la rimozione dei cartelli provocatori.
(4-05673)

Risposta. - In merito all'affissione in Trentino Alto Adige di manifesti recanti i colori della bandiera austriaca con la scritta Sudtirol ist nicht Italien (L'Alto Adige non è Italia), da informazioni acquisite tramite il Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano, è emerso che l'affissione in parola è stata frutto di una iniziativa del partito pantirolese Sud-Tiroler Freiheit (Libertà per i Sudtirolesi), guidato da Eva Klotz, da sempre autrice dell'autodeterminazione per l'Alto Adige.
I manifesti, affissi in particolare in 40 dei 116 comuni della provincia di Bolzano concentrati nei comprensori della Bassa Atesina, nel tempo sono stati oggetto di danneggiamenti da parte di ignoti, che li hanno strappati rendendoli illeggibili.
L'11 maggio 2007, Eva Klotz ha presentato la sua nuova formazione politica denominata
Sudtiroler Freiheit-Freies Buendnis fuer Tirol cioè «Libertà per i Sudtirolesi-Libera alleanza per il Tirolo».
L'iniziativa è stata presentata come un movimento politico che sarà comunque presente alle prossime elezioni provinciali del 2008.
Successivamente, in data 11 novembre 2007 alcuni esponenti del partito «Sudtiroler Freiheit» hanno collocato nel Comune

austriaco di Gries am Brenner, nei pressi del confine con l'Italia, un cartello del tutto analogo ai manifesti già affissi in Alto Adige che riportava la scritta Sudtirol ist nicht Italien (L'Alto Adige non è Italia), sullo sfondo dei colori della bandiera nazionale austriaca (rosso-bianco-rosso), nonché un secondo cartello in cui, in sei diverse lingue, venivano spiegati i motivi di quel confine che il predetto Partito ritiene «ingiusto».
La data dell'11 novembre era stata scelta in quanto in tale giorno ricade l'anniversario dell'arrivo al Brennero delle truppe italiane nel 1918.
Nell'occasione al valico italo-austriaco si è svolta una manifestazione alla quale hanno preso parte un centinaio di esponenti e simpatizzanti sia del partito di Eva Klotz sia degli ambienti patriottico-pantirolesi dell'Alto Adige e del confinante Tirolo. La Klotz ha ribadito la richiesta dell'autodeterminazione per gli altoatesini di lingua tedesca con il ritorno dell'Alto Adige alla «madrepatria» austriaca.
Successivamente il cartello è stato rimosso dalle Autorità austriache perché in contrasto con le disposizioni del codice della strada di quel Paese.
Nella serata del 30 novembre 2007, alcuni esponenti del partito
Sudtiroler Freiheit hanno nuovamente collocato il suddetto cartello nei pressi del confine italo-austriaco del Brennero in territorio austriaco in posizione diversa e tale da non determinare disagi alla circolazione stradale.
L'Ambasciata d'Italia a Vienna ha provveduto al contempo a rappresentare tali episodi al Ministero degli affari europei e internazionali, sollecitando la rimozione anche di una corona di fiori listata a lutto che era rimasta sul luogo dell'insegna.
Anche in tale circostanza il Ministero dell'interno ha riscontrato nelle autorità austriache, tanto a livello centrale che periferico, la più ampia e fattiva collaborazione in linea con lo stato di eccellenza che caratterizza le relazioni italo-austriache.
Per quanto riguarda le eventuali responsabilità penali connesse ai predetti episodi, si precisa che in merito alla sottrazione di una corona deposta sul cippo di confine del Brennero in occasione delle celebrazioni del 4 novembre 2007, la Questura di Bolzano ha provveduto a informare la competente Autorità giudiziaria.
Quanto al contenuto del cartello con la scritta
Sudtirol ist nicht Italien - che, come detto, rappresenta la copia esatta del manifesto fatto affiggere la scorsa estate dallo stesso partito in molti comuni altoatesini su spazi pubblicitari a pagamento -, risulta che tale affissione aveva dato luogo alla proposizione di un esposto alla Procura della Repubblica di Bolzano da parte di alcuni esponenti di Alleanza Nazionale e di Forza Italia. La Procura in questione non ha, tuttavia, rinvenuto alcun elemento penalmente rilevante.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.

JANNONE. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella puntata del 4 ottobre del programma televisivo Le Iene è stato denunciato un fatto molto grave di cui sono vittime i cittadini del Comune di Perugia;
moltissimi automobilisti del capoluogo umbro si sono lamentati della brevissima durata del colore giallo di alcuni apparecchi semaforici (meno di 3 secondi);
il problema compete solo ai semafori su cui è installata la T-RED, una macchina elettronica dotata di fotocamera che contesta multe in automatico a tutti coloro che oltrepassano la linea bianca dello stop durante il colore giallo;
durando pochissimi secondi, non tutti gli automobilisti riescono a fermarsi in tempo e vengono quindi sanzionati con numerose multe per passaggio con semaforo rosso;
la legge non indica quanto debba durare il giallo, ogni comune può decidere autonomamente;
uno studio del CNR dice che la durata minima del giallo in città per poter frenare in sicurezza è di 5 secondi;

la società CTS con sede a Rovellasca (CO) che gestisce gli impianti T-RED, ha effettuato 37.683 multe e per ognuna di esse guadagna 24.50 euro + iva e il resto confluisce nelle casse dei comuni;
il numero di incidenti è triplicato, poiché gli automobilisti per paura di ricevere multe frenano anche con il verde -:
quali misure o iniziative legislative il ministro intenda adottare a tutela dei cittadini al fine di rendere uniforme sul territorio nazionale la funzione del colore giallo nei semafori;
se intenda impartire direttive, anche ai sensi dell'articolo 5 del codice della strada, rivolte ai comuni che introitano sanzioni pecuniarie per la mancata osservanza del segnale giallo intese a evitare, tra l'altro, che i comuni o le società di gestione di apparecchi automatici siano indotti, di fatto, a moltiplicare il numero delle contravvenzioni anziché a prevenire gli incidenti.
(4-05210)

Risposta. - In merito alla problematica esposta nell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 41, comma 10, del nuovo codice della strada, decreto legislativo n. 285 del 1992, non indica una durata minima del periodo d'accensione della luce gialla veicolare, ma si limita ad affermare un principio di portata generale: durante tale periodo, i veicoli non devono oltrepassare la linea d'arresto, salvo che vi si trovino così vicino da non potersi arrestare con sufficiente sicurezza.
Le norme tecniche al riguardo vengono invece dettate da organismi di unificazione o da enti di ricerca.
In particolare lo studio prenormativo pubblicato dal CNR il 10 settembre 2001, «Norme sulle caratteristiche funzionali e geometriche delle intersezioni stradali», al paragrafo 6.7.4 «Determinazione dei tempi di giallo», indica durate minime di 3, 4 e 5 secondi per velocità dei veicoli in arrivo pari, rispettivamente, a 50, 60 e 70 chilometri orari.
In presenza di traffico pesante, ivi compresi autotreni, autoarticolati, autosnodati, filosnodati e vetture tranviarie, è indicata una durata minima di 4 secondi anche per velocità di 50 km/h.
Nella pratica, ai fini della massima uniformità applicativa, si adottano generalmente tempi minimi fissi di 4 e 5 secondi, rispettivamente, su strade urbane ed extraurbane.
Ciò non esclude che in fase di progettazione dell'impianto semaforico, in dipendenza delle dimensioni della intersezione, della velocità dei veicoli in arrivo e della loro lunghezza, ferma restando la durata minima di 3 secondi in assenza di traffico pesante, debbano essere adottate durate anche congruamente superiori; è per tale motivo che dalla norma di legge non è prefissata la durata del giallo.
Peraltro, la fasatura dell'impianto semaforico, effettuata a cura dell'ente proprietario della strada sulla scorta della geometria dell'intersezione e delle caratteristiche di traffico, è del tutto indipendente da quella dei dispositivi di rilevamento delle connesse infrazioni; tali apparecchiature, infatti, sono attivate dallo scatto del rosso, non sono condizionate dalla durata del giallo e non possono in alcun modo influire sul funzionamento dell'impianto semaforico.
L'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, che ricade tra le attività di cui all'articolo 11, comma 1, lettera
a) del Codice, costituisce servizio di polizia stradale, e pertanto non può essere delegato a terzi, pena la nullità giuridica degli accertamenti, e la censurabilità delle amministrazioni inadempienti.
Al contrario, le singole apparecchiature possono essere noleggiate con contratti che prevedano, altresì, gli interventi di manutenzione, essendo sufficiente che le stesse siano nella disponibilità degli organi di polizia stradale, cui spetta la convalida e sottoscrizione di verbali di accertamento.
Possono, invece, essere affidate a terzi o svolte sotto il diretto controllo degli organi di polizia stradale le attività puramente manuali, quali rimozione e sostituzione dei rullini, sviluppo e stampa dei fotogrammi,

e masterizzazione dei dati relativi, ovvero le procedure di notifica.
Nel caso in cui le operazioni di sviluppo e stampa della documentazione fotografica siano affidate a soggetti privati, giova ricordare che con parere del 19 dicembre 1998, ripreso dal Ministero dell'interno con la circolare del 16 marzo 1999, il Garante per la protezione dei dati personali ha affermato che nel trattamento dei dati connesso allo svolgimento dei propri compiti, ciascun soggetto pubblico può avvalersi del contributo di privati, affidando ad essi determinate attività che rientrano nella sfera di titolarità dell'amministrazione stessa, non comportando decisioni di fondo sulle finalità e sulle modalità di utilizzazione dei dati (...), ma piuttosto, limitati margini di autonomia in ordine al concreto svolgimento del servizio e a scelte tecnico operative.
Devono comunque essere rispettate alcune condizioni, cioè:
è necessario che i dipendenti della struttura privata operino in qualità di «incaricati del trattamento» (articolo 19 della legge n. 675 del 1996);
gli stessi dipendenti devono agire sotto la diretta sorveglianza e secondo le istruzioni del «titolare» (articolo 1, comma 2, lettera
d) e del «responsabile». (articolo 1, comma 2, lettera e) e articolo 8 del trattamento (articolo 8, comma 5);
il ruolo di «incaricato» del trattamento può essere svolto soltanto da una persona fisica;
si può nominare come «responsabile» la società incaricata, ovvero una o più persone operanti nell'amministrazione pubblica, ovvero una o più persone operanti nella medesima società.

A tali condizioni, il privato è legittimato a trattare i dati in possesso della struttura pubblica, ma è comunque vincolato ad utilizzarli svolgendo compiti che devono risultare da un atto scritto, sia provvedimento amministrativo sia convenzione.
Parimenti legittimo può essere considerato, l'affidamento ad una società privata del servizio di riscossione degli importi delle sanzioni, fermi restando gli obblighi di devoluzione previsti dall'articolo 208 del codice della strada.
Per quanto riguarda il corrispettivo da assegnare all'affidatario del servizio, sempre e comunque nel rispetto dei pareri che saranno espressi da organismi più esperti in materia in ordine alle procedure di gara e di affidamento, tale corrispettivo dovrebbe essere quantificato in base al costo delle effettive operazioni effettuate, in conformità a quanto disposto dall'articolo 201, comma 4, del codice della strada.
Difatti, appare chiaro che le procedure affidate rientrano tra «le spese di accertamento» e come tali, essendo possibile una quantificazione analitica dei costi, è possibile determinarne il corrispettivo da riconoscere all'impresa affidataria.
Una determinazione a priori del costo del servizio, basata su una percentuale predefinita e senza una motivazione plausibile che giustifichi tale corrispettivo, limiterebbe in modo sostanziale le percentuali che spettano ai soggetti beneficiari richiamati nel medesimo articolo 208, con il rischio di pregiudicare le attività e gli obiettivi da perseguire che sono finanziati con i fondi in questione.
Tra l'altro, la procedura così come ipotizzata appare violare in parte anche le disposizioni dettate dall'articolo 208 del codice della strada, laddove si stabilisce la destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

JANNONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il problema della carenza di personale nella Caserma dei Vigili del Fuoco di Dalmine sta diventando ogni giorno più serio;
dall'inizio di settembre le mille ore di straordinario che il ministero aveva concesso per permetterne l'operatività si sono esaurite;

la nuova caserma di via Vailetta, inaugurata a maggio, si trova a dover nuovamente fronteggiare i problemi derivanti dalla mancanza di personale: attualmente il servizio è garantito solo grazie al distaccamento di sei uomini per turno dal comando provinciale. Un numero insufficiente, che non permette di garantire il pronto intervento: che dovrebbe essere costituita da sette uomini per ogni turno;
mancano ancora parte degli arredi, e anche la sede della scuola per la formazione del personale è interessata da problemi di organico;
della situazione si è parlato in una tavola rotonda in cui istituzioni, rappresentanti sindacali, Confindustria e Vigili del Fuoco sono concordi nel riconoscere il ruolo strategico della nuova caserma, che si trova nei pressi dell'autostrada, della ex statale 525 e in un territorio con un'elevata concentrazione di industrie ad alto rischio;
da marzo ad oggi sono stati realizzati centinaia di interventi, a testimonianza di quanto questa sede sia importante -:
quali misure il Ministro intenda adottare per potenziare l'organico dei Vigili del Fuoco della caserma di Dalmine in modo da assicurare la necessaria ed importante efficienza della struttura.
(4-05535)

Risposta. - Il distaccamento di Dalmine è stato attivato nel maggio del 2006 ed ha operato a pieno regime, 24 ore al giorno, fino alla data del 4 settembre 2006, mediante l'impiego di una squadra di sei Vigili del fuoco composta, in una prima fase, in parte da personale in straordinario, in parte da personale volontario discontinuo e, in un secondo momento, mediante assegnazione di 18 nuove unità di vigili permanenti.
Successivamente, per effetto dei processi di mobilità ordinaria che si sono verificati a livello nazionale ed a causa dei pensionamenti, il Comando provinciale di Bergamo ha registrato, in via generale, una carenza di organico di personale operativo, attualmente quantificabile in 32 unità rispetto alla pianta organica normativamente prevista.
Tale situazione, che non riguarda solo la provincia di Bergamo ma è estesa all'intero territorio nazionale, unita all'impossibilità di autorizzare l'impiego di ulteriori ore di straordinario oltre a quelle già attribuite al Comando stesso, ha, talvolta, impedito al distaccamento di Dalmine di funzionare a pieno regime, essendo la sua stessa operatività subordinata all'effettiva presenza, presso il Comando, del numero necessario di unità di personale con funzioni operative.
Va detto, peraltro, che le carenze di circa 3.000 unità attualmente esistenti nel Corpo nazionale sono anche la conseguenza delle scelte operate in sede di emanazione delle leggi finanziarie degli anni precedenti, ove, a fronte di sporadici interventi di aumento di organico, non sono state previste autorizzazioni alla copertura del
turn over del personale posto in quiescenza.
Sotto questo profilo, l'attuale Governo ha operato un'inversione di tendenza sostanziale rispetto al passato; sarà infatti possibile procedere ad un parziale ripianamento degli organici dei Vigili del fuoco attraverso l'attuazione delle misure previste dalle leggi finanziarie del 2007 e del 2008.
In primo luogo, la legge finanziaria del 2007 ha allocato le risorse per procedere ad una immediata assunzione di 600 unità nella qualifica di vigile del fuoco, che stanno concludendo il corso di formazione di sei mesi iniziato il 16 luglio scorso, al termine del quale prenderanno servizio nei Comandi provinciali sulla base delle carenze rilevabili a livello nazionale.
Si terrà pertanto conto della necessità di assegnare nuovo personale alle sedi del Nord Italia, tra cui quella di Bergamo.
In secondo luogo, la citata legge ha previsto per il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco un percorso
ad hoc per la stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale precario in possesso di determinati requisiti. Con decreto del Ministro dell'interno in data 30 luglio 2007 sono pertanto stati fissati i criteri relativi alla procedura selettiva per detta stabilizzazione, che consentirà

l'immissione di personale già qualificato al fine di poter dare un contributo fondamentale al servizio istituzionale di salvaguardia della vita delle persone.
In base alle disposizioni contenute nella citata normativa, è consentita infatti la stabilizzazione di una parte dei vigili del fuoco selezionati tra quei soggetti che prestano servizio volontario nel Corpo nazionale stesso, iscritti negli appositi elenchi da almeno tre anni e con almeno centoventi giorni di servizio, purché in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa.
Con decreto del Presidente della Repubblica adottato il 28 dicembre 2007 è stata autorizzata la stabilizzazione di 130 unità di personale per l'anno 2007 e, nell'ambito di tale quota, altro personale operativo sarà assegnato a Bergamo.
I percorsi di stabilizzazione del personale precario già avviati con la scorsa finanziaria proseguiranno con l'attuazione della legge finanziaria 2008, nella parte in cui si prevede l'autorizzazione, per il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di una spesa per assunzioni di personale, da realizzarsi attraverso le procedure selettive di stabilizzazione, pari a 7 milioni di euro per l'anno 2008, 16 milioni di euro per l'anno 2009 e 26 milioni di euro annui a decorrere dal 2010.
Ulteriori unità di personale operativo potranno essere assegnate alla sede di Bergamo a seguito dei prossimi concorsi di riqualificazione per capo squadra e per capo reparto.
In relazione alle previsioni contenute nella legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 gennaio 2007 ha inoltre autorizzato il Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile a bandire, nel triennio 2007/2009, i concorsi per la copertura di 1021 posti nei ruoli del Corpo, di cui 814 Vigili del fuoco, la cui assunzione resta comunque subordinata ai prescritti provvedimenti autorizzativi della Funzione pubblica.
Si auspica pertanto che l'attuazione complessiva delle suindicate misure possa risolvere, compatibilmente con le priorità di livello nazionale, la problematica relativa alla carenza di organico in provincia di Bergamo, nonché la particolare situazione nella quale si trova il distaccamento di Dalmine, cui sarà comunque sempre possibile assegnare un adeguato numero di vigili discontinui e che, per il resto, è dotato delle strutture tecniche necessarie al suo regolare funzionamento.
Nel contesto delle previsioni di legge finalizzate al potenziamento degli organici si potrà dar seguito al progetto «Soccorso Italia in venti minuti» che, per quanto riguarda la provincia di Bergamo, ha individuato le località di Trescore e Sarnico quali sedi per la realizzazione di ulteriori distaccamenti, la cui attivazione potrà certamente contribuire al miglioramento del sistema complessivo del soccorso nel territorio interessato.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.

LANDOLFI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
la legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cosiddetta «legge obiettivo»), all'articolo 1, ha stabilito modalità di individuazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti strategici e di preminente interesse nazionale, da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese;
la suddetta disposizione onerava il Governo della redazione di un programma formulato secondo i criteri e le indicazioni procedurali ivi specificamente previste, demandando al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (anche CIPE) di approvare, in sede di prima applicazione della legge, il suddetto programma entro il 31 dicembre 2001;
con la delibera 21 dicembre 2001, n. 121 (Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2002 S.O.) il CIPE provvedeva all'approvazione del 1 Programma delle opere strategiche che riporta, all'allegato 1 - nell'ambito del «Corridoio plurimodale tirrenico-nord Europa», alla voce «Sistemi stradali ed autostradali» - la «A1 (Capua)-Domitiana ed adeguamento»;

dal momento della sua approvazione, la «legge obiettivo» ha subìto - nel corso dei primi anni di applicazione - modificazioni e perfezionamenti, tra i quali anche l'attribuzione al Ministero, allora denominato delle infrastrutture e dei trasporti, della responsabilità dell'istruttoria e della funzione di supporto alle attività del competente CIPE, dando facoltà al suddetto dicastero di avvalersi di uno specifico organismo denominato «struttura tecnica di missione»;
successivamente, la legge 23 dicembre 2005, n. 266 ha previsto, in particolare, il finanziamento degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale di cui alla legge n. 443 del 2001;
con la delibera 29 marzo 2006, n. 97 (Gazzetta Ufficiale n. 198 del 2006), il CIPE approvava, con le prescrizioni e raccomandazioni proposte dall'allora Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il progetto preliminare «Strada statale 7-quater Domitiana: lavori di ammodernamento alla sezione tipo A nel tratto tra il km 0+000 ed il km 27+000, compresa la variante di Mondragone», assegnando all'opera, in via programmatica, un contributo di 9,834 milioni di euro per quindici anni a valere sui fondi recati dall'articolo 1, comma 78, della citata legge n. 266 del 2005 con decorrenza 2007, contributo suscettibile di sviluppare un volume di investimenti di 110 milioni di euro, e prevedendo che l'assegnazione definitiva del contributo fosse disposta previa sottoposizione al CIPE stesso, entro due mesi dalla data di pubblicazione della medesima delibera sulla Gazzetta Ufficiale, del progetto definitivo di uno stralcio funzionale dell'opera coerente con il contributo medesimo e con le eventuali ulteriori disponibilità che risultassero destinate all'opera;
con nota del 21 dicembre 2006, n. 520, il Ministero delle infrastrutture trasmetteva una nota nella quale proponeva la revoca dell'assegnazione programmatica disposta con la predetta delibera n. 97 del 2006, rilevando che il termine di cui sopra era scaduto, in quanto la delibera era stata pubblicata il 26 agosto 2006, e prendendo atto che l'ANAS S.p.A. aveva rappresentato l'impossibilità di individuare uno stralcio funzionale realizzabile con le risorse messe a disposizione ed aveva evidenziato per contro tre possibili ipotesi di stralci funzionali di costo superiore a detto contributo;
stante il comportamento di ANAS S.p.A. e le modalità di gestione della specifica pratica, il CIPE - con delibera del 5 aprile 2007 - cogliendone il pretesto, non esitava a revocare l'assegnazione del primo contributo di 9,834 milioni di euro, inficiando la realizzabilità - in tempi ragionevoli - dell'intera opera, ed indirizzando gli impegni economici e progettuali, precedentemente dedicati ad un importante e strategico investimento infrastrutturale per il meridione d'Italia, alla realizzazione della metropolitana della Città di Bologna;
il Ministero delle infrastrutture, nel contempo (ossia nella stessa delibera di revoca), veniva contraddittoriamente e sorprendentemente impegnato dal CIPE a proseguire «in relazione al carattere strategico dell'opera» l'iter istruttorio con l'ANAS, per la scelta dello stralcio funzionale da realizzare, nell'ambito delle tre proposte già elaborate, e ad individuare altre possibili forme di copertura del relativo costo -:
per quali logiche motivazioni, un'opera - che ha già superato il vaglio e la lunga elaborazione della programmazione delle infrastrutture nazionali strategiche (tra cui la stesura del progetto preliminare corredato dello studio di impatto ambientale, il parere favorevole espresso dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, il parere favorevole espresso dalla Giunta regionale della Campania ed infine il parere favorevole del Ministero per i beni e le attività culturali) e per la quale viene tutt'oggi confermata la sua strategicità - sia stata oggetto di così generica, ed errata, istruttoria

tale che, nonostante la non irrisoria parte di disponibilità finanziarie già autorizzate, ANAS S.p.A. non sia riuscita a produrre un progetto di stralcio funzionale compatibile con i parametri economici previsti, nonostante si afferma siano state prodotte - da ANAS S.p.A. stessa - ben tre diverse ipotesi progettuali;
per quali motivi ANAS S.p.A., anziché agire quale mero organo tecnico di esecuzione delle decisioni strategiche operate nella appropriata sede CIPE, è di fatto assurta a soggetto che - lasciando trascorrere inutilmente il tempo prescritto (due mesi dalla pubblicazione della delibera di assegnazione) e producendo più proposte progettuali tutte fuori dei conosciuti ed obbligati parametri economici - ha contraddetto la valutazione discrezionale di merito, operata in sede tecnico-politica;
se non si voglia - alla luce di quanto esposto in premessa e di quanto espressamente chiesto - trarre le logiche conseguenze provvedendo all'avvicendamento di chi, nei competenti Comparti di ANAS S.p.A., si è assunto la grave responsabilità di determinare l'irrealizzabilità della suddetta opera, nonostante le importanti spese di istruttoria, e di sviluppo progettuale, che tutte le amministrazioni coinvolte hanno dovuto sostenere per giungere al completamento del progetto preliminare;
stante la situazione, quali siano i tempi eventualmente contemplati per dare seguito all'opera di confermata considerazione strategica.
(4-04429)

Risposta. - Il progetto relativo all'ammodernamento della strada statale 7-quater «Domitiana» si sviluppa interamente in nuova sede, ad est dei centri abitati di Cellole e Mondragone, con un'estesa di km 33 ed ha inizio e termine sulla strada statale 7-quater già esistente, rispettivamente in prossimità del fiume Garigliano e a nord di Castelvorturno.
Il progetto preliminare è approvato dal CIPE, che ha finanziato l'intervento con uno stanziamento parziale di 110 milioni di euro.
Per alleggerire il traffico della strada statale 7-
quater, gli unici lotti funzionali in grado di assorbire il traffico, che attualmente circola sulla statale in questione, sono:
1. dallo svincolo esistente in prossimità del fiume Garigliano allo svincolo di Sessa Aurunca;
2. dallo svincolo di Mondragone nord allo svincolo di Mondragone sud (variante esterna all'abitato di Mondragone).

L'entità delle risorse messe a disposizione dal CIPE non consente, allo stato, di individuare uno stralcio funzionale da poter realizzare.
Allo scopo di finanziare l'infrastruttura, ANAS ha pertanto inserito l'ammodernamento della strada statale 7-
quater nel Contratto di Programma 2007-2011 e precisamente:
lotto dallo svincolo esistente in prossimità del fiume Garigliano allo svincolo di Sessa Aurunca nel capitolo «legge Obiettivo» con un importo di euro 643.584.681 ed appaltabilità 2009;
lotto dallo svincolo di Mondragone nord allo svincolo di Mondragone sud (variante esterna all'abitato di Mondragone) e nel capitolo «fondi ordinari» con un importo di euro 378.600.000, di cui disponibili euro 338.500.000 (QSN 2007-2013), con appaltabilità 2009.

Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.

MANCUSO. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Compagnia di bandiera «Alitalia» non naviga certo in acque tranquille e in questo momento dovrebbe avere un riguardo particolare nei confronti dei clienti che ancora le danno fiducia;
altre compagnie aeree concorrenti sono spesso maggiormente attente ai problemi dei passeggeri che trasportano;

nei giorni scorsi un passeggero con al seguito un cane di piccola taglia si é visto porre innumerevoli problemi di trasporto per l'animale non accettandolo al seguito del padrone nella zona passeggeri sebbene l'aereo fosse mezzo vuoto ed un'altra compagnia abbia accettato tale soluzione;
non di rado capita che animali trasportati nel vano bagagli con Alitalia siano arrivati morti per le non eccelse condizioni di vivibilità dei vani preposti al trasporto animale -:
se non sia intenzione del Governo richiamare Alitalia ad una maggiore cura dei clienti che viaggiano con animali al seguito, invece che ostacolarli inutilmente, anche tramite pratiche burocratiche che causano solo perdite di tempo e sfiducia nei viaggiatori.
(4-03557)

Risposta. - Sulla questione rappresentata nell'atto cui si risponde, è stato interessato Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) che ha riferito che gli attuali regolamenti di certificazione degli operatori aerei di trasporto pubblico non prevedono specifici requisiti sul trasporto di animali domestici al seguito di passeggeri: pertanto, la scelta di autorizzare o meno il trasporto degli stessi è lasciata alla decisione del singolo operatore.
Nel caso segnalato, la società Alitalia ha previsto detta possibilità disciplinandola con norme proprie riportate nell'
Operations Manual General Basic, relative all'accettazione e al trasporto di animali domestici in cabina passeggeri.
Tali norme prevedono che: «per la loro particolare natura, le spedizioni costituite da animali domestici sia come bagaglio al seguito che come merce sono soggette a determinate norme restrittive riportate nel
Cargo Manual e nel IATA live animals manual.».
È dovere del personale di terra e di volo coinvolto avere la massima cura nel trattare gli animali in modo da minimizzare gli eventuali disagi connessi con il trasporto stesso.
In particolare la temperatura del compartimento cargo (in caso di trasporto non in cabina) va regolata, quando applicabile, come indicato nel piano di carico.
Animali vivi possono essere trasportati a condizione che le leggi del paese d'imbarco, transito, coincidenza, e destinazione dell'animale lo consentano e siano rispettate tutte le disposizioni riportate nel manuale di scalo procedure passeggeri e bagagli, nel
Cargo Manual e nel Travel lnformation Manual.
Quando consentito, animali domestici quali gatti, uccelli, (eccetto pappagalli e pappagallini), conigli, furetti, criceti, possono essere trasportati come bagaglio al seguito del passeggero sia in stiva sia in cabina passeggeri. In cabina sono ammessi solo negli appositi contenitori, ad eccezione dei cani guida.
Nell'atto ispettivo viene evidenziato un episodio sul quale, in considerazione della scarsità di elementi, l'Enac non ha potuto acquisire informazioni. Tuttavia, ha assunto l'impegno di interessare la società Alitalia affinché sensibilizzi ulteriormente il proprio personale sulle problematiche oggetto dell'interrogazione.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

MELLANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Parco del Delta del Po è area umida di interesse comunitario ad alto valore naturalistico, zona di passaggio e sosta di molte specie di animali migratori appartenenti anche a specie protette;
il fragile ecosistema del Delta del Po è messo a dura prova dal piombo riversato dai cacciatori che ristagna nelle zone allagate;
la concessione ai privati delle zone a maggior pregio naturalistico ostacola di fatto l'azione di controllo da parte delle autorità preposte;

la grave siccità e la discutibile gestione delle risorse idriche ha prodotto, anche quest'anno, profondi danni all'ecosistema del Delta del Po, con la riproposizione del fenomeno preoccupante del cuneo salino che incide negativamente sugli equilibri ambientali -:
se il Governo per tutelare l'ecosistema del Parco del Delta del Po non ritenga opportuno trasformare l'attuale Parco Regionale in un Parco Nazionale, permettendo così alla zona di tornare ad essere luogo di ricovero e di protezione della fauna migratoria.
(4-01049)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativo al Parco del delta del Po, si forniscono elementi informativi in merito.
Il Parco del delta del Po come giustamente descritto dall'interrogante, è una zona umida di grande interesse in quanto costituito dalla porzione di territorio più giovane d'Italia.
Occupa due regioni, il Veneto e l'Emilia Romagna ed insiste su tre provincie, una veneta - Rovigo - per circa 78.000 Ha e due romagnole - Ferrara e Ravenna - per oltre 53.000 Ha.
È un'area tutelata da un Parco regionale istituto dalla regione Veneto con la legge regionale 8 settembre 1997 n. 36 che prevede, all'articolo 3, la promozione da parte della stessa regione, d'intesa con la regione Emilia-Romagna, l'istituzione del Parco interregionale del delta del Po, interessando così le provincie di Rovigo nel Veneto, e di Ferrara e Ravenna in Emilia Romagna.
Nel suo complesso il Parco del delta del Po è formato da circa 30.000 Ha di area protetta e oltre 40.000 Ha di area contigua e tra l'altro insiste su una zona densamente abitata ed antropizzata per la presenza di un'agricoltura specializzata da un lato e dall'altro dalla pesca nelle valli; attività per le quali la presenza del Parco costituisce di per se una risorsa.
In relazione al quesito posto dall'onorevole interrogante, si sottolinea quanto segue:
le concessioni interessano per lo più le valli da pesca ed in tali zone, rientranti nelle aree del parco, non è possibile cacciare o svolgere altra attività. Tra l'altro bisogna ricordare che in queste aree, la caccia sarebbe naturalmente preclusa in quanto nei periodi di attività venatoria le acque delle valli generalmente gelano ed ogni movimento delle acque, e lo stesso disturbo acustico rappresenterebbe un gravissimo pericolo per il pescato che in questa fase si trova in fase preletargica, quasi anaerobica. Lo stress dovuto alla repentina richiesta di ossigeno da parte del pesce, ne determina uno
schok che lo porta a morte istantanea. Nel caso di specie, pertanto, il controllo è il principale interesse dello stesso concessionario;
pur condividendo che la cattiva gestione delle acque nei momenti di siccità può determinare fenomeni di stagnazione, sembra necessario sottolineare che la problematica debba essere riportata all'Ente gestore (Autorità di bacino del fiume Po) che normalizza il prelievo per il consumo agricolo e l'irrigazione. Il cuneo salino, infine, che si viene a formare sarebbe di per se naturalmente condizionato dall'azione del mare che, tra l'atro, è più consistente nei periodi equinoziali.
Si fa presente, altresì, che la previsione dell'istituzione di un Parco interregionale è già contenuta nella legge n. 394 del 1991 che, all'articolo 35 comma 4, stabilisce che «Entro due anni ... le Regioni interessate (Emilia Romagna e Veneto), provvedono, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, all'istituzione del parco naturale interregionale del delta del Po.
Tale disposizione normativa è stata altresì oggetto di concertazione nella Conferenza Stato-Regioni del 12 ottobre 2000, in cui è stata sottoscritta l'Intesa sui criteri previsti dall'articolo 78, comma 2, del decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 - per l'individuazione delle riserve naturali statali, non collocate nei parchi nazionali, la cui gestione è affidata alle Regioni.


Nel caso in cui l'intesa per l'istituzione del parco interregionale non venga perfezionata, il citato comma 4 dell'articolo dà la possibilità al Ministero dell'ambiente di istituire un Parco Nazionale.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

MELLANO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel maggio 2001 la Commissione Europea ha indicato nella perdita del suolo e nella diminuzione della fertilità la minaccia principale allo sviluppo sostenibile;
il Sesto programma di azione in materia di ambiente della Comunità europea comprende una strategia tematica per la protezione del suolo incentrata sui fenomeni di erosione, deterioramento, contaminazione e desertificazione;
il 16 aprile 2002 è stata emanata una comunicazione (COM(2002)179 def) della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni dal titolo: «Verso una strategia tematica per la protezione del suolo», in cui si richiamava la necessità di sviluppare una Strategia tematica sul suolo, anche con la possibilità di utilizzo dello strumento della «direttiva quadro»;
la nuova Politica agricola comunitaria, all'interno della cosiddetta «condizionalità», prevede azioni di salvaguardia del suolo, mentre gli Stati membri dovranno approvare entro breve i nuovi Piani di sviluppo rurale (PSR);
il 22 settembre scorso è stata ufficialmente resa pubblica dalla Commissione europea la «Strategia tematica per la protezione del suolo» (Com(2006)231) insieme alla proposta di Direttiva europea (232 del 2006) che sarà a breve approvata e che diverrà di obbligatoria applicazione per i 25 stati membri;
il suolo rappresenta uno dei principali «contenitori» di carbonio e quindi riveste una particolare importanza per ciò che riguarda il contenimento dell'anidride carbonica in atmosfera, secondo quanto stabilito dal Protocollo di Kyoto;
la legislazione italiana non prevede alcuna norma di protezione del suolo in quanto tale, dalle minacce che su questo elemento ambientale incombono (erosione, salinizzazione, compattazione, contaminazione, impermeabilizzazione, inondazioni, perdita di sostanza organica e di biodiversità) ma si parla sempre genericamente di «difesa del suolo» intesa come difesa territoriale dai dissesti idrogeologici -:
se ed entro quali tempi si preveda l'emanazione di una normativa in merito alla «protezione del suolo» secondo quanto descritto nella strategia tematica di recente approvata dalla Commissione europea;
se non si ritenga di iniziare sul tema un'attività di monitoraggio per verificare, a livello degli enti locali (regioni e province innanzitutto), degli istituti di ricerca nazionali e regionali, delle Università, quali siano le conoscenze acquisite e quali le necessità per l'immediato futuro;
se non ritenga sia necessario, sul modello di quanto accade in altri stati a cominciare dagli USA, adottare iniziative normative finalizzate alla creazione di «servizi dei suoli» che abbiano il compito di monitorare e studiare la risorsa, al contempo provvedendo ad indicare le soluzioni migliori per limitare le minacce in atto.
(4-01111)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, concernente la strategia tematica per la protezione del suolo, si rappresenta quanto segue.
Numerose convenzioni e protocolli internazionali, come la Convenzione per la Lotta alla siccità ed alla desertificazione, il Protocollo per la protezione del suolo della Convenzione delle Alpi, il Protocollo di Kyoto, la Convenzione sulla biodiversità, si occupano di tutelare la funzione del suolo

e sono stati sottoscritti ed adottati anche nel nostro Paese. Inoltre, la direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale intende disciplinare il regime di responsabilità civile in caso di contaminazione del suolo recante rischio significativo per la salute umana.
La Strategia Tematica per la Protezione del suolo è, però, come noto, il primo strumento normativo comunitario a sottolineare la necessità di proteggere il suolo in quanto tale per la varietà unica delle sue funzioni indispensabili alla vita e ad affrontare globalmente e direttamente le varie minacce: erosione, diminuzione della sostanza organica, compattazione, salinizzazione, frane, impermealizzazione e contaminazione.
Le alluvioni, anch'esse precedentemente inserite tra le minacce, sono ora singolarmente oggetto della specifica Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e gestione dei rischi di alluvione, pubblicata il 6 novembre 2007 nella
Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (OJ L288) e che entrerà in vigore il prossimo 26 novembre, alla cui predisposizione ha partecipato attivamente; anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per la sua competenza in materia.
La difesa del suolo, intesa come difesa dal dissesto idrogeologico, generato tra l'altro dalle frane e dalle alluvioni, è disciplinata in Italia dalla: legge 18 maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni, recante «Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo»; dal decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 183 del 7 agosto 1998, recante «Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania»; dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 1998, recante «Atto di indirizzo e coordinamento per per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'articolo 1, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 180».
Tali norme hanno individuato nei «Piani dei bacini idrografci» gli strumenti pianificatori dell'assetto idrogeologico, attraverso la definizione delle aree a rischio. La Direzione per la difesa del suolo è competente per la materia, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Lo strumento normativo che intende veicolare la Strategia per la protezione del suolo riguarda una proposta di Direttiva quadro, impostata sulla definizione delle aree a rischio per alcune minacce: erosione, perdita di sostanza organica, compattazione, salinizzazione e frane e la predisposizione di un conseguente programma di obiettivi e misure per eliminare o almeno ridurre tale rischio, nonché sulla limitazione dell'impermealizzazione dei suoli, mentre per la contaminazione prevede l'adozione di misure per contenere l'immissione di sostanze inquinanti, nonché l'inventario dei siti contaminati, il rapporto sullo stato del suolo di tali siti e la bonifica dei siti inventariati come contaminati, secondo un calendario graduale.
La proposta di direttiva, scaturita da un lungo processo di consultazione, del quale l'Italia ha fatto parte, è attualmente in fase di prima lettura nel processo di codecisione: è oggetto di dibattito presso il Consiglio dell'Unione Europea, che si prefigge di raggiungere un accordo politico nel Consiglio dei Ministri del 17 dicembre prossimo, ed ha già raccolto l'approvazione del Parlamento europeo nella seduta del 14 novembre scorso con una risoluzione che adotta una serie di emendamenti al testo della proposta iniziale.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per la competenza ambientale della materia assegnata dal Trattato, partecipa a tale processo nei lavori del Consiglio Ambiente dell'Unione europea anche attraverso il lavoro di coordinamento di un gruppo di lavoro nazionale a cui prende parte il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
Il recepimento italiano della suddetta norma pertanto sarà realizzato al momento della sua entrata in vigore.
Per quanto riguarda la necessità di monitorare i suoli italiani, l'Italia già dispone dell'Osservatorio nazionale pedologico e per la qualità del suolo, istituito

presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e che raccoglie le esperienze regionali e partecipa al Progetto MOSES (Monitoring the State of European Soils) nell'ambito del JRC - Centro comune di ricerca della Commissione Europea ad ISPRA - Varese con alcuni studi-pilota in altrettante Regioni italiane.
L'eventualità di creare dei veri e propri «Servizi dei suoli» è stata esaminata anche in ambito europeo nel corso del processo consultivo di preparazione della strategia, ma tale progettualità non è stata presa in considerazione dagli Stati Membri come ulteriore supporto, principalmente per problemi di carattere economico.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

MIGLIORI. - Al Ministro delle infrastrutture, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori del centro direzionale di Firenze Nord della Società Autostrade hanno proclamato nei giorni scorsi iniziative di mobilitazione finalizzate a contrastare un progetto di smembramento di funzioni ed attività oggi svolte da tale società che invece verrebbero assegnate a cinque nuove società;
tale progetto priverebbe Firenze del ruolo storico di «cuore» operativo e tecnico della rete autostradale nazionale -:
se il Governo sia al corrente e condivida tale progetto della società Autostrade per l'Italia S.P.A;
se non si reputi opportuna una forte iniziativa politica atta a chiarire l'evidente esigenza pubblica di unitarietà e funzionalità delle delicate funzioni di Governo del sistema autostradale nazionale;
se non si reputino urgenti iniziative di sostegno ai livelli occupazionali minacciati ed a pericoli per il sistema produttivo fiorentino insiti in tale progetto.
(4-04699)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, concernente il progetto della Società Autostrade per l'Italia di ripartire tra cinque diverse società funzioni ed attività da essa svolte finora, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le notizie fornite direttamente dalla suddetta concessionaria confermano lo sviluppo di tale progetto da parte della Società finalizzato a separare in modo chiaro e trasparente le attività connesse direttamente all'esercizio della concessione autostradale da quelle che operano sul mercato.
Tale progetto prevede la costituzione di alcune società controllate da Società Autostrade per l'Italia, di cui si indicano le caratteristiche:
1) società che operi sul mercato
Business to Business, come fornitore di nuove tecnologie per i sistemi di pagamento, sistemi di accesso ed altre applicazioni collegate;
2) società che operi sul mercato
Business to Customer, per la commercializzazione e la gestione dei sistemi di pagamento Telepass e Viacard.

Per le due predette Società è previsto l'adeguamento dell'assetto organizzativo a quello connotato dalla Direttiva europea 2004/52/CE concernente l'interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale nella Comunità europea, che distingue le attività proprie della concessionaria da quelle di gestore del titolo di pagamento.
3) due società che operino come erogatori dei servizi di pulizia dei servizi igienici delle aree di servizio; tale operazione prevede un
test nel Gruppo Autostrade di internalizzazione di attività finora gestite da società terze con la finalità di migliorare il livello di qualità del servizio di pulizia.
4) società di sviluppo e gestione di servizi per infrastrutture viarie (manutenzione e viabilità per reti non autostradali); l'istruttoria avviata per la costituzione di tale società si è conclusa con la proposta di costituire una Società dedicata alle attività di
Global Service.

Il 26 giugno scorso tale progetto è stato reso noto ed illustrato alle Organizzazioni sindacali con la garanzia del rispetto delle procedure sindacali previste dalle norme e dai contratti collettivi di lavoro e il mantenimento dei livelli occupazionali e delle sedi di lavoro.
La Società Autostrade ha comunicato ad Anas il 10 settembre 2007 la volontà di costituire le Società di cui ai precedenti punti 1 e 2.
Al riguardo, Anas SpA ha attualmente in corso un'istruttoria alla luce di quanto disposto sul tema delle operazioni societarie dalla Direttiva del 30 luglio 2007 emanata dal Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze recante «Criteri di autorizzazione alle modificazioni del concessionario autostradale derivanti da concentrazione comunitaria».
L'operazione non è stata ancora autorizzata ed è impegno di Anas SpA, vagliarne le condizioni al fine di garantire il rispetto della normativa e degli atti convenzionali vigenti.

Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi un tragico terremoto ha colpito varie zone del Perù con oltre cinquecento morti, millecinquecento feriti ed ingenti distruzioni;
oltre a necessitare di pronti interventi di solidarietà internazionale, il Perù ospita una nutrita colonia di nostri connazionali così come l'Italia ospita una significativa comunità di lavoratori peruviani -:
quali concrete iniziative di sostegno alle popolazioni colpite dal terremoto in Perù siano state assunte dal Governo italiano, quali iniziative di coordinamento col Governo peruviano siano state assunte per la ricostruzione, quali misure di verifica su danni alle persone ed alle proprietà degli italiani in Perù siano state attivate.
(4-04749)

Risposta. - Com'è noto, il Perù conta un alto numero di italiani residenti ( circa 29.000) ed attira ogni anno migliaia di visitatori dal nostro Paese; secondo le stime delle associazioni di categoria dei tour operator, tra il 15 ed il 16 agosto erano presenti in Perù circa 2.500 turisti italiani, in gran parte concentrati a Lima o lungo i circuiti classici (Cuzco, Machu Picchu, il lago Titicaca).
Non appena appresa la notizia del sisma, l'unità di crisi si è messa in contatto con la nostra ambasciata a Lima che, sia direttamente, sia per il tramite del corrispondente consolare di Ica si è adoperata per acquisire maggiori informazioni sull'accaduto, con particolare riferimento all'eventuale coinvolgimento di connazionali.
Parallelamente, da parte dell'unità di crisi, si provvedeva a contattare tutti gli italiani che avevano segnalato viaggi nell'area colpita dal sisma sul sito www.dovesiamonelmondo.it.
Per tutta la durata dell'emergenza, l'unità di crisi ha rafforzato i turni di presenza 24 ore su 24 ed ha risposto ad un migliaio di telefonate giunte da familiari in Italia di connazionali presenti in Perù, raccogliendo oltre 300 segnalazioni su persone in un primo tempo irreperibili e successivamente rintracciate.
Al momento del terremoto si trovavano nell'area di Ica (oltre ai circa 100 connazionali residenti) una cinquantina di turisti, tutti contattati direttamente o attraverso la nostra ambasciata a Lima. Secondo quanto reso noto da quest'ultima, il terremoto non ha mietuto vittime di nazionalità italiana. Tre connazionali sono rimasti lievemente feriti a causa del sisma; mentre due di questi sono rientrati in Italia con l'assistenza dell'ambasciata, uno ha preferito continuare le vacanze in Perù.
La direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha, a sua volta, effettuato un duplice intervento umanitario in favore delle vittime del terremoto, che ha causato danni gravissimi e circa 10.000 profughi e sfollati, e cioè:
l'invio di un volo umanitario il 20 agosto, al fine di soccorrere la popolazione colpita dall'evento, con beni e materiali di

primissima necessità, per un valore di 204.000 euro;
un contributo finanziario alla Ficross (Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa) di 200.000 euro per fornire alla popolazione peruviana duramente colpita dal recente terremoto, generi di prima necessità, alimenti, cure e riparo.
Attualmente stiamo esaminando con favore la richiesta delle Autorità Peruviane di utilizzare l'importo residuo del primo accordo di conversione del debito attualmente disponibile per interventi di emergenza e ricostruzione nelle zone colpite dal sisma, recentemente formalizzata.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Donato Di Santo.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è pressoché cronico il ritardo che i viaggiatori sono costretti a subire dei voli Alitalia Roma-Lamezia Terme e viceversa e che, spesso, supera persino le due ore;
da qualche giorno, però, i viaggiatori si vedono cancellato il volo Alitalia AZ 1162 delle ore 6,50, che collega l'aeroporto di Lamezia Terme con Roma;
negli ultimi giorni il citato volo è stato cancellato ben 4 volte;
lo scalo aereo di Lamezia Terme è fruito dalla maggioranza dei cittadini calabresi, i quali, peraltro con costi eccessivi e non riscontrabili su altre linee, si servono del volo AZ 1162 delle ore 6,50 per recarsi a Roma per ragioni professionali o anche di salute;
all'interrogante appaiono del tutto ingiustificate le motivazioni adottate dalla compagnia aerea in questione, tanto per i ritardi quanto per la cancellazione dei voli -:
quali urgenti iniziative intenda attuare presso la Compagnia aerea Alitalia, al fine di far ovviare ai notevoli disagi che la stessa continua a provocare sui cittadini calabresi.
(4-05665)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, concernente le cancellazioni del volo sulla tratta Lamezia Terme-Roma Fiumicino operate dalla compagnia Alitalia, l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha riferito che nell'intero anno 2007 il volo AZ 1162 delle ore 06.50 ha subito 4 cancellazioni, precisamente nei giorni:
14 febbraio 2007 cancellato per nebbia sull'aeroporto di Fiumicino;
6 novembre 2007 cancellato per guasto tecnico;
7 novembre 2007 cancellato per guasto tecnico;
13 novembre 2007 cancellato per guasto tecnico.

La Società di gestione aeroportuale, interessata al riguardo dall'Ente, ha reso noto, con una sintesi comparativa dei ritardi riscontrati nell'attività di volo di tutte le compagnie operanti su Lamezia, che il vettore Alitalia ha un ritardo medio dei voli in partenza inferiore a quello di quasi tutte le compagnie che operano sullo scalo, dell'ordine di 10 minuti, ritenendo tale del tutto fisiologico.
Giova, infine, ricordare che l'Enac, con l'adozione della Carta dei diritti del passeggero, consultabile sul sito istituzionale dell'ente stesso, ha raccolto in un testo unico, sulla base della normativa vigente, nazionale, comunitaria ed internazionale, tutte le forme di tutela rivendicabili oggi dal viaggiatore in caso di disservizi.
Sul sito sono, inoltre, a disposizione dell'utenza tutte le informazioni necessarie nonché gli appositi moduli per l'inoltro dei reclami nei confronti degli operatori aeroportuali inefficienti.
Inoltre, il decreto legislativo, n. 69 del 2006, che reca la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni, del Regolamento comunitario n. 261/2004/CE, in materia di assistenza ai passeggeri, è stato recepito ad ulteriore garanzia dei medesimi.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

NARDI. - Al Ministro delle infrastrutture. - Per sapere - premesso che:
il 25 giugno 2007, Autostrade per l'Italia SpA ha comunicato ai sindacati la sua volontà di realizzare 5 nuove società, attuando uno smembramento di fatto dell'attuale Azienda;
successivamente, con un comunicato al personale del 13 luglio, Autostrade per l'Italia SpA ha confermato che è allo studio un progetto per attribuire a cinque nuove società le attività relative alle nuove tecnologie, ai sistemi di pagamento, e ad attività di global service;
questa operazione avviene al di fuori del sistema concessionario e sarebbe stata comunicata da Autostrade anche all'ANAS;
la maggior parte del personale che verrebbe coinvolto in detta operazione lavora nelle sedi e negli uffici del Centro Direzionale di Firenze Nord, storicamente «cuore» operativo, tecnico ed impiantistico della rete autostradale nazionale, e che dal centro direzionale di Firenze Nord viene coordinato e controllato tutto il sistema della rete autostradale (a Firenze fanno capo, ad oggi, tutte le più importanti funzioni operative di assistenza autostradale, commerciale ed elettronico-telematica degli impianti, oltre a tutte le attività di gestione e controllo dei pedaggi);
nell'operazione di smembramento sarebbe coinvolto anche molto personale che attualmente lavora presso la sede della Direzione Generale di Autostrade in via Bergamini a Roma;
dinanzi a tale ipotesi di smembramento, a salvaguardia delle competenze, delle professionalità e delle funzioni del personale e a garanzia della stabilità e dello sviluppo occupazionale, le rappresentanze sindacali dei lavoratori hanno programmato ed effettuato scioperi e sono, altresì, in corso iniziative di mobilitazione dei lavoratori -;
se il Ministro sia a conoscenza dell'operazione;
come valuti il Governo questa iniziativa e se ritenga opportuno intervenire su Autostrade per l'Italia SpA al fine di chiarire se questa operazione sia da mettere in relazione alle vicende che hanno impegnato il Governo in merito alla vendita agli spagnoli di ABERTIS;
se il Governo condivida le preoccupazioni dei lavoratori per il mantenimento dei livelli occupazionali, delle competenze, delle professionalità e delle funzioni svolte e quali garanzie ci siano per la stabilità e il futuro della realtà autostradale fiorentina e romana.
(4-04457)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame concernente il progetto della Società Autostrade per l'Italia di ripartire tra cinque diverse società funzioni ed attività da essa svolte finora, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le notizie fornite direttamente dalla suddetta Concessionaria confermano lo sviluppo di tale progetto da parte della Società finalizzato a separare in modo chiaro e trasparente le attività connesse direttamente all'esercizio della concessione autostradale da quelle che operano sul mercato.
Tale progetto prevede la costituzione di alcune società controllate da Società Autostrade per l'Italia, di cui si indicano le caratteristiche:
1) società che operi sul mercato
Business to Business, come fornitore di nuove tecnologie per i sistemi di pagamento, sistemi di accesso ed altre applicazioni collegate;
2) società che operi sul mercato
Business to Customer, per la commercializzazione e la gestione dei sistemi di pagamento Telepass e Viacard.

Per le due predette Società è previsto l'adeguamento dell'assetto organizzativo a quello connotato dalla Direttiva europea 2004/52/CE concernente l'interoperabilità

dei sistemi di telepedaggio stradale nella Comunità europea, che distingue le attività proprie della concessionaria da quelle di gestore del titolo di pagamento;
3) due società che operino come erogatori dei servizi di pulizia dei servizi igienici delle aree di servizio; tale operazione prevede un
test nel Gruppo Autostrade di internalizzazione di attività finora gestite da società terze con la finalità di migliorare il livello di qualità del servizio di pulizia;
4) società di sviluppo e gestione di servizi per infrastrutture viarie (manutenzione e viabilità per reti non autostradali); l'istruttoria avviata per la costituzione di tale società si è conclusa con la proposta di costituire una Società dedicata alle attività di
Global Service.

Il 26 giugno scorso tale progetto è stato reso noto ed illustrato alle Organizzazioni sindacali con la garanzia del rispetto delle procedure sindacali previste dalle norme e dai contratti collettivi di lavoro e il mantenimento dei livelli occupazionali e delle sedi di lavoro.
La Società Autostrade ha comunicato ad Anas il 10 settembre 2007 la volontà di costituire le Società di cui ai precedenti punti 1 e 2.
Al riguardo, Anas SpA ha attualmente in corso un'istruttoria alla luce di quanto disposto sul tema delle operazioni societarie dalla Direttiva del 30 luglio 2007 emanata dal Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze recante «Criteri di autorizzazione alle modificazioni del concessionario autostradale derivanti da concentrazione comunitaria».
L'operazione non è stata ancora autorizzata ed è impegno di Anas SpA vagliarne le condizioni al fine di garantire il rispetto della normativa e degli atti convenzionali vigenti.

Il Ministro delle infrastrutture: Antonio Di Pietro.

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le disposizioni in materia di usura, di cui alla Legge n. 108 del 7 marzo 1996, introducono norme volte a specificare dettagliatamente le condizioni che determinano la riconoscibilità del reato usurario;
le stesse norme articolano i dispositivi attraverso i quali sanzionare chiunque, fuori dai casi previsti dall'articolo 643 del codice penale, si faccia dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di un'altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari; altresì, sempre le stesse regole, istituiscono quelle direttive che definiscono le modalità con cui risarcire le vittime del ricatto di usura;
nel novero del sistema usurario rientrano a pieno titolo l'espanso fenomeno del racket delle estorsioni ed il sistematico condizionamento dell'economia legale da parte della criminalità organizzata;
in merito alla valutazione dei danni subiti per l'esercizio di attività commerciali, nel comma 2-bis dell'articolo 4 del decreto-legge n. 419 del 1991, inserito dall'Art. 12 della suddetta Legge, è riportato: «L'ammontare del danno patrimoniale é determinato comprendendo la perdita subita e il mancato guadagno». Ma che, «Se quest'ultimo non può essere provato nel suo preciso ammontare, è valutato con equo apprezzamento delle circostanze del caso tenendo conto anche della riduzione di valore dell'avviamento commerciale»;
coerentemente alla stima del valore delle perdite è stato istituito dall'Art. 14 della stessa Legge, presso l'ufficio del commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative anti-racket, il «fondo di solidarietà per le vittime dell'usura», destinato alla concessione ed erogazione di mutui senza interesse a favore di quei soggetti che, esercitando attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, abbiano dichiarato di essere vittime del delitto di

usura e siano risultate parti offese nel relativo procedimento penale -:
se non ritengano necessario, sia per ciò che concerne la valutazione dei danni subiti dalle vittime del delitto di usura, sia per quanto riguarda la commisurazione del valore dell'importo del mutuo ad essi corrispondente (come nel proposito del comma 4 dello stesso articolo), contemplare ed esplicitare maggiormente la natura di quei costi sociali ed economici indiretti di cui le parti offese sono costrette a farsi carico durante tutto il periodo precedente e successivo alla denuncia del reato.
(4-03451)

Risposta. - In ordine al quesito posto dall'interrogante, va rilevato che il Capo I del decreto-legge n. 419 del 1991, di cui fa parte l'articolo 4, comma 2-bis, citato nel documento parlamentare, è stato abrogato dalla legge 23 febbraio 1999, n. 44, a partire dall'entrata in vigore del suo regolamento di attuazione, il decreto del Presidente della Repubblica 16 agosto 1999, n. 455. La materia è ora trattata dalla citata legge n. 44 del 1999 che qualifica l'elargizione in favore dei soggetti danneggiati da attività estorsive in termini di contributo al ristoro del danno patrimoniale subito, nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla suddetta legge.
L'articolo 10 della legge n. 44 del 1999 dispone che l'ammontare del danno è determinato, nel caso di danno a beni mobili o immobili, comprendendo la perdita subita e il mancato guadagno, salvo quanto previsto dall'articolo 7, comma 3. Nel caso di morte o di danno conseguente a lesioni personali, ovvero a intimidazione anche ambientale, detto ammontare è individuato sulla base del mancato guadagno inerente all'attività esercitata dalla vittima.
Il mancato guadagno, se non può essere provato nel suo preciso ammontare, è valutato con equo apprezzamento delle circostanze, tenendo conto anche della riduzione del valore dell'avviamento commerciale.
Quanto al mutuo previsto dall'articolo 14 della legge n. 108 del 1996, il suo importo deve essere commisurato al danno subito dalla vittima del delitto di usura per effetto degli interessi e degli altri vantaggi usurari corrisposti all'autore del reato. Può essere erogato un importo maggiore quando, per le caratteristiche del prestito usurario, le sue modalità di riscossione o la sua riferibilità a organizzazioni criminali, siano derivati alla vittima del delitto di usura ulteriori rilevanti danni per perdite o mancati guadagni.
Nel condividere le finalità insite nell'interrogazione, si precisa che, per la valutazione e quantificazione dei danni conseguenti all'usura, presso le Prefetture sono stati istituiti degli specifici nuclei di Valutazione, presieduti a un dirigente prefettizio e con la partecipazione di un rappresentante della Banca d'Italia, con il compito di valutare in maniera complessiva i danni subiti dagli istanti. Nell'ambito della valutazione vengono, in particolar modo, individuati analiticamente il danno emergente e, se sussistenti, il mancato guadagno, altri vantaggi usurari, la perdita dell'avviamento commerciale e le lesioni personali.
L'attività dei nuclei di valutazione non si riduce a pura formulazione matematica ma, a partire da principi contabili e amministrativi di fondo consolidati e riconosciuti dalle associazioni professionali e dalla dottrina economico-aziendale, può trovare spazi applicativi multiformi, in relazione alla realtà economica rappresentata dal soggetto potenzialmente beneficiario, secondo le direttive impartite dall'ufficio del Commissario
antiracket.
Detta attività valutativa, diversa caso per caso, è il frutto dell'applicazione dei principi fondamentali e di criteri generali alla fattispecie concreta, al fine di determinare il valore, più reale possibile, del danno subito dall'esercente l'attività economica o professionale, in dipendenza della commissione dei reati di usura denunciati.
La quantificazione del danno è inquadrata entro i limiti spaziali e temporali definiti dalla legge e deve connettersi ai fatti criminali da cui non può astrarsi.
La valutazione, se condivisa dal Prefetto, viene successivamente trasmessa al Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura che, se la ritiene esaustiva

e conforme ai principi individuati dal Comitato stesso, la pone quale fondamento dell'erogazione dei benefici normativamente previsti dalla legge 108 del 1996.
Anche se la quantificazione dei danni subiti è stata ricondotta nell'alveo di parametri oggettivi, che tengano conto essenzialmente di valori economicamente individuabili ed oggettivamente applicabili ai casi concreti, va sottolineato che, pur in presenza dell'attuale quadro normativo, nell'attività di valutazione dei danni sono esaminati con particolare attenzione le esigenze della vittima che ha interesse a ricevere una somma quanto più vicina possibile al danno subito onde consentirle di reinserirsi al più presto nell'economia legale.
Quindi, ogni diversa determinazione, sia per quanto attiene la valutazione dei danni, sia per quanto attiene l'entità del mutuo, non potrà che essere oggetto di soluzioni in sede legislativa, considerato anche che sull'argomento risultano presentati in Parlamento numerosi progetti di legge in attesa di compiere il loro percorso legislativo.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.

ANTONIO PEPE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco svolge compiti vari e complessi a supporto della popolazione civile e delle istituzioni;
esso si configura come organizzazione essenziale di protezione civile anche in occasione di fenomeni di calamità naturale;
il rapporto tra la città di Foggia e il corpo dei Vigili del Fuoco è profondo e di lunga durata;
sin dalla seconda guerra mondiale con interventi di grande coraggio i Vigili del Fuoco si sono distinti in azioni eroiche, azioni che hanno contribuito anche all'ottenimento della medaglia d'oro al valor Militare e Civile per il capoluogo dauno;
nei tempi più recenti durante il crollo di viale Giotto, evento tragico che ha segnato la città di Foggia, i vigili del Fuoco lavorarono ininterrottamente per giorni riuscendo a salvare alcune vite umane;
questo profondo legame merita un reciproco rispetto ed un impegno delle istruzioni per permettere le condizioni migliori di lavoro;
per questo motivo ed anche in considerazione dello sviluppo che in questi anni ha avuto la città di Foggia, si è autorizzata la costruzione di una nuova e tecnologicamente avanzata caserma che ospitasse uomini e mezzi;
nonostante l'iter burocratico sia ultimato e risulti stanziato il relativo finanziamento con la individuazione dei suoli, ad oggi nulla di certo è dato sapere circa i tempi di costruzione della nuova struttura -:
quali urgenti iniziative intenda porre in essere per permettere la rapida edificazione della caserma di cui sopra.
(4-05184)

Risposta. - Si concorda con quanto evidenziato dall'interrogante riguardo al fondamentale ruolo svolto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, organismo che, per compiti istituzionali, provvede in maniera diretta e con l'immediatezza necessaria, alla tutela della vita umana e alla salvaguardia dei beni e dell'ambiente dai danni, o dai pericoli di danni, causati da incendi o da altre situazioni accidentali.
In tale contesto vanno senz'altro ricordati i meriti degli operatori del Comando provinciale di Foggia, che si sono più volte distinti in occasione di interventi connessi a fenomeni di calamità naturale e ad altre operazioni di protezione civile e di soccorso tecnico urgente a difesa della popolazione.
Nella programmazione di interventi di sviluppo e ammodernamento delle strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è stata inserita la realizzazione della nuova sede del Comando provinciale, in linea con le accresciute esigenze della città di Foggia e della sua provincia.


Ciò nonostante, l'
iter procedurale per la costruzione della nuova Caserma, avviato nel 2004 con la redazione del progetto esecutivo, ha incontrato alcune difficoltà che, in seguito alla gara pubblica indetta per l'aggiudicazione dei relativi lavori, si sono verificate a causa del recesso formalizzato, da ultimo in data 2 aprile 2007, da parte delle prime tre ditte classificate in graduatoria.
Si fa presente, peraltro, che sono in corso le operazioni volte a riavviare e portare a compimento le procedure finalizzate all'esecuzione dell'opera, tenuto conto che, per la conclusione dei lavori, è stato stimato un maggiore fabbisogno economico rispetto al costo preventivato ed al relativo finanziamento già disposto.
Infatti, considerato il tempo trascorso dalla redazione ed approvazione del progetto esecutivo originario, si è reso necessario procedere, prima di dar corso al nuovo appalto, ad un aggiornamento dei prezzi prevedendo un aumento dell'importo del progetto stesso, cui si aggiungono gli ulteriori oneri connessi all'espletamento della procedura di gara.
Al riguardo, un'eventuale modifica al citato progetto originario che prevede la realizzazione di tre distinti corpi di fabbrica (un edificio principale comprendente uffici, camerate, servizi logistici ed alloggio di servizio del Comandante; un edificio retrostante con autorimessa e torre di manovra ed un ulteriore fabbricato di modeste dimensioni, per le centrali tecnologiche), e che sarebbe conseguita a un'attuazione parziale dell'intervento attraverso l'individuazione di uno stralcio funzionale, con esclusione di un intero corpo di fabbrica, non è stata ritenuta rispondente alle esigenze di funzionalità e operatività della struttura.
Si è certamente consapevoli del fatto che l'insieme delle indicate circostanze ha comportato ritardi nell'effettuazione dei lavori e, tuttavia, si assicura che questa Amministrazione, unitamente agli Uffici centrali e periferici del Ministero delle infrastrutture, sta adottando ogni iniziativa finalizzata ad un rapido espletamento dell'
iter necessario ai fini della costruzione della nuova sede del Comando provinciale dei vigili del fuoco di Foggia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ettore Rosato.

PELLEGRINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è ormai una questione annosa quella relativa al progetto di iniziativa privata per la realizzazione di un porto turistico contiguo a quello esistente a San Felice Circeo e per il completamento di quello già esistente, ai sensi del cosiddetto decreto Burlando (decreto del Presidente della Repubblica 509/97);
il porto di San Felice Circeo è stato concepito come porto per imbarcazioni da pesca e realizzato, con fondi pubblici a partire dal 1959. Dopo diverse revisioni progettuali e varianti in corso d'opera, si determinò un profondo mutamento delle correnti nell'area a levante dell'opera, con conseguente interruzione del trasporto dei sedimenti che alimentavano la duna costiera tra San Felice e Terracina e la scomparsa della spiaggia urbana del comune costiero, poi ricostruita con costosi e continui interventi tuttora in corso;
per la realizzazione del porto si sono succedute sin dall'inizio diverse varianti in corso d'opera, che hanno dapprima ampliato ed esteso l'opera iniziale (variante del 1961, la cui realizzazione ha scatenato i violentissimi effetti erosivi sulla costa fino a Terracina) conclusasi, nel 1988, con la bocciatura del progetto di ulteriore ampliamento verso levante, poi trasformatosi, circa dieci anni più tardi, in proposta di realizzazione di un porto turistico di iniziativa privata;
la società che ha proposto il progetto nel 1999 è la Penta s.r.l.;
va preliminarmente evidenziato che questo primo progetto, risalente al 1999, di

intervento sul porto turistico venne annullato con sentenza dal TAR, la quale successivamente, in seguito ad appello, fu confermata dal Consiglio di Stato (sentenza 4163/2004);
successivamente, il Comune di San Felice al Circeo, sollecitato dal Ministero infrastrutture e trasporti, riconvocava la conferenza di servizi limitatamente alla raccolta dei pareri e visti mancanti nella procedura originaria;
l'amministrazione comunale si è dimostrata favorevole al progetto presentato dalla società Penta, nonostante molti cittadini e associazioni abbiano manifestato la loro contrarietà all'ampliamento della struttura, membri dei danni ambientali causati dall'attuale struttura negli anni successivi alla sua realizzazione;
vi sono state anche diverse assemblee pubbliche organizzate anche da partiti politici volte a ribadire la loro netta contrarietà al raddoppio del Porto per gli effetti devastanti che la sua realizzazione avrebbe su un ecosistema già gravemente compromesso;
non da ultimo, va ricordato che è stata presentata dall'onorevole Angelo Bonelli altra interrogazione parlamentare sulla vicenda de qua, con la quale vengono espresse perplessità sia sull'assetto societario della società «Penta» che sull'impatto ambientale che il raddoppio del porto avrebbe sulla fascia costiera;
le associazioni e i cittadini hanno sempre ritenuto utile una proposta limitata esclusivamente ad una riorganizzazione e riassetto dell'esistente scalo portuale, tale da ricondurre i previsti interventi in effettive opere di ristrutturazione, tenendo in debita considerazione l'esistente attività cantieristica della attuale struttura, che non è stata mai completata né autorizzata sin dalla data di inizio dei lavori risalenti al 1959;
il delicato contesto ambientale e il sovraffollamento del bacino esistente ha da sempre fornito l'alibi tecnico ai fautori dell'ampliamento: non sembra logico ritenere che il raddoppio del porto servirebbe a mettere in sicurezza il porto esistente;
sembrerebbe evidente l'incongruenza dei dati progettuali con lo scopo dichiarato, volta secondo l'interrogante a realizzare una speculazione immobiliare travestita da imprenditorialità nautica in una delle aree più pregiate del Lazio;
laddove il progetto venisse approvato, vi è perplessità di questo interrogante sui tempi di realizzazione dello stesso progetto, che richiederebbe diversi anni, arrecando grave pregiudizio per le attività commerciali e ciò a causa dello strumentale spezzettamento dell'opera tra strutture portuali ed inevitabili opere di infrastrutturazione a monte, necessarie per l'effettiva fruibilità e funzionalità dell'opera marittima;
il nodo centrale della questione relativa alla ipotetica realizzabilità del raddoppio del porto del Circeo e stato puntualmente riassunto in uno dei passaggi della sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato la procedura di approvazione del progetto: «Se il progetto è stato approvato con la prescrizione di realizzare i parcheggi, è evidente che l'ampliamento del porto non poteva essere attuato se non a condizione di eseguire anche i parcheggi, che sono, pertanto, una opera a terra che nell'ambito di una progettazione unitaria aveva carattere inevitabile»;
è stato accertato che il progetto «Penta» riguarda esclusivamente opere a mare e come tale resta subordinato al parere vincolante dell'Ente Parco;
in effetti, un intervento di raddoppio dell'area portuale comporterebbe la necessità di supportare, al tempo stesso, strutture e servizi a terra;
una nuova conferenza di servizi era stata convocata dal Comune di San Felice Circeo per il 12 dicembre 2006, ed aveva ad oggetto, dunque, il riesame del progetto per il raddoppio del porto di San Felice Circeo;

tale conferenza di servizi è stata più volte rinviata in quanto sembrava necessario un maggior approfondimento in merito alla valutazione dell'impatto ambientale e urbanistico che la realizzazione delle opere comporterebbe;
in particolare, il nuovo progetto della «Penta srl» dovrebbe essere corredato dalla Valutazione di Impatto Ambientale che mancava nel progetto originario, annullato dal Tar e dal Consiglio di Stato;
vi è da sottolineare che il direttore della Direzione per la Conservazione della Natura presso il Ministero dell'Ambiente il 3 ottobre 2002 con nota n. 17559 rilevava che le posizioni espresse a suo tempo (1979) dal Ministero Agricoltura e Foreste (gestore del Parco fino all'istituzione dell'Ente Parco avvenuta 2004), sull'argomento dello sviluppo nautico del Circeo, potrebbero non essere più consone ai mutati interessi di tutela delle aree protette;
tale ultimo intervento si rese necessario, in quanto l'Ente Parco risulta essere commissariato e privo di tutti gli strumenti previsti dalla legge sulle aree protette per indirizzare lo sviluppo economico dei territori in esso ricompresi;
a tal proposito occorre precisare che la legge 6 dicembre 1991, n. 394, «legge quadro sulle aree protette», ha dettato i principi per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese;
nel nostro Paese i parchi nazionali, regionali, le aree naturali protette e quelle marine tutelano e valorizzano un ricco e variegato patrimonio naturale e paesaggistico, con il compito primario di conservare la biodiversità ed allo stesso tempo di promuovere lo sviluppo sostenibile in funzione del miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini, in primo luogo delle popolazioni residenti;
il progetto attualmente sottoposto all'attenzione della Conferenza è lo stesso che già nel 2000 ricevette numerose critiche e la ricettività complessiva di circa 600 imbarcazioni appare eccessiva anche alla luce delle difficoltà ambientali e delle aree a terra insufficienti;
a giudizio dell'interrogante il progetto in questione non può considerarsi del tutto conforme alle previsioni del Piano di coordinamento dei porti della Regione Lazio approvato con deliberazione del Consiglio regionale 22 dicembre 1998 n. 491, trattandosi di opere comportanti il raddoppio o quasi degli attuali posti barca, snaturando ovviamente il concetto stesso di «ristrutturazione del porto esistente», con probabili effetti negativi che tale incremento potrebbe comportare sul tessuto urbano circostante;
è necessario che un qualsiasi progetto sia idoneo a soddisfare in via combinata gli interessi pubblici alla valorizzazione turistica ed economica della regione, alla tutela del paesaggio e dell'ambiente e alla sicurezza della navigazione;
da recenti notizie pubblicate dalla stampa locale, l'intento di realizzare parcheggi e infrastrutture a servizio del porto in aree protette è stato palesato sia dall'amministrazione comunale (che ha, con propria delibera consiliare, individuato all'interno del parco di Villa Aguet un'area destinata alla realizzazione di 110 parcheggi a raso), sia da uno dei soci della società Penta (che ha illustrato, a mezzo stampa, il progetto di ubicare alcune infrastrutture di servizio al raddoppio del porto nei terreni del Parco);
la realizzazione ed il successivo funzionamento ed utilizzo delle nuove strutture portuali provocherà impatti ambientali incidenti in ogni caso sulle valenze naturali protette dal parco;
appare pertanto necessario ed urgente verificare lo stato delle cose per porre rimedio ai guasti, ovvero per ripristinare la verità, e comunque per restituire dignità a quelle istituzioni e a quei cittadini preoccupati per le ripercussioni di

carattere ambientale che il raddoppio potrebbe avere sul litorale;
non si può peraltro tralasciare che nella maggioranza consiliare del Comune di San Felice esistono chiari e conclamati conflitti di interesse, come già denunciato da più parti (l'attuale presidente di consiglio comunale è socio nonché sindaco della cooperativa «Circeo Primo», che attualmente gestisce parte dello specchio acqueo del porto esistente; il sindaco del Comune, Giuseppe Schiboni, due assessori e il capogruppo di Forza Italia si sono sempre dichiarati incompatibili sulle questioni portuali) -:
se si intenda dare un chiaro segnale di tutela delle aree protette, avviando, coerentemente con quanto previsto nel programma dell'Unione, un'efficace azione volta a consentire in tempi rapidi di uscire dalla situazione emergenziale e mettere fine ai commissariamenti;
se si intendano adottare interventi efficaci per attuare una «ristrutturazione del porto esistente» all'interno dell'area protetta, e, in particolare, realizzare nell'area già individuata dal Piano regolatore generale nel 1979 quei necessari servizi, che risultano necessari per le popolazioni di quelle terre;
se al Ministro dell'interno risulti se i soci e gli organi amministrativi della società «Penta», della società «Morgen Rote» (la quale sembrerebbe essere in collegamento con la «Penta» ed è proprietaria del parco di Villa Aguet sovrastante il porto, area interessata all'infrastrutturazione dell'area portuale) succedutisi nel corso dei quasi otto anni dall'avvio del procedimento siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge per le contrattazioni con la Pubblica Amministrazione, indispensabili per prevenire i tentativi di infiltrazione mafiosa;
in particolare, se intenda il Ministro dell'interno acquisire, la più ampia informazione circa l'esistenza di notizie ed elementi sintomatici di tentativi di infiltrazioni mafiose rispetto a situazioni quali quelle indicate in premessa;
se il Ministro dell'interno non ritenga di verificare se sussistano i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale in rapporto al pericolo di infiltrazioni malavitose.
(4-02726)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata in esame, concernente il completamento dell'attuale struttura del Porto di San Felice Circeo ed il suo raddoppio, proposto dalla società Penta, si riferisce che la problematica in argomento è stata oggetto di una richiesta di informazioni da parte della Commissione europea formalizzata con l'apertura del caso 2003/2037 «Progetto per raddoppio del Porto Turistico di S. Felice Circeo-Latina».
La direzione per la protezione della natura, ha rappresentato di aver con nota del 16 luglio 2003, protocollo 13428 sottolineata la incisività che la somma degli interventi previsti, sia per opere a mare che a terra, avrebbe potuto rappresentare nei confronti di
habitat e specie presenti nell'area, in virtù della individuazione dei SIC e ZPS di seguito specificati, nell'ambito della Rete ecologica europea «Natura200»:
SIC IT6000013 «Fondali tra Capo Circeo e Terracina»;
SIC IT6040016 «Promontorio del Circeo (Quarto Caldo)»;
SIC IT 6040017 «Promontorio del Circeo (Quarto Freddo);
ZPSIT 6040015 «Parco Nazionale del Circeo».

La regione Lazio con nota protocollo 8997 del 20 giugno 2003 aveva informato che il progetto in questione era stato assoggettato a procedura di verifica ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile del 1996 e che in data 21 giugno 2001 la Conferenza dei Servizi aveva espresso parere positivo con prescrizioni ai sensi delle direttive comunitarie 85/33/CEE, atteso che l'impianto

portuale era al di fuori del perimetro del Parco Nazionale del Circeo.
Il comune di San Felice Circeo aveva comunicato che le opere in questione ricadevano per la parte a mare, esternamente alla ZPS denominata «Parco nazionale del Circeo» codice IT6040015 ed ai pSIC individuati con i codici IT6040016 - Promontorio del Circeo (Quarto Caldo), IT6040017 - Promontorio del Circeo (Quarto freddo) e IT600013. Fondali tra Capo Circeo e Terracina, e per la parte a terra all'interno della ZPS denominata «Parco Nazionale del Circeo» codice IT6040015.
In particolare le opere a mare consistono nell'ampliamento della superficie dell'attuale darsena finalizzata ad una razionalizzazione complessiva del porto turistico esistente che ad oggi presenta situazioni di potenziale pericolo di incidenti.
Per le opere a terra sono previste strutture per i servizi di appoggio alla portualità, compresi parcheggi e viabilità da aree a verde pubblico.
Risulta, altresì, secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Latina, che per i fatti prospettati dall'onorevole interrogante pende il procedimento penale n. 73/07 iscritto in data 2 gennaio 2007, nel cui ambito sono in corso indagini, a seguito di informativa dei carabinieri di San Felice al Circeo.
Risulta anche, secondo quanto riferito dal Ministero dell'interno e dalla prefettura di Latina, che per entrambe le situazioni si è innestata una complessa fase giudiziale in quanto i soggetti interessati hanno impugnato alcuni atti dei relativi procedimenti, ottenendone l'annullamento con l'accoglimento dei motivi.
Al riguardo l'amministrazione comunale ha informato in merito all'annullamento da parte del TAR, dell'atto formale di concessione demaniale n. 198 del 13 ottobre 2004 rilasciato alla società Penta S.r.l. dalla capitaneria di Porto di Gaeta a seguito delle risultanze della Conferenza dei servizi svoltasi nella seduta del 26 aprile 2001.
Successivamente il Consiglio di Stato sezione sesta con decisione 15 ottobre 2004 n. 4163 ha respinto l'appello principale presentato dalla società Penta D.r.l. avverso la sentenza del Tar n. 1456/2002 dando esecuzione alla decisione stessa.
Il comune di San Felice Circeo, pertanto, al fine di acquisire tutti i pareri previsti dalla normativa vigente, così come stabilito dall'Autorità giudiziaria, ha provveduto a convocare, ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997 una nuova conferenza dei servizi per il giorno 12 febbraio 2007 invitando tutti gli enti preposti, ciascuno per la propria competenza, a dare indicazioni circa le necessarie procedure di Valutazione di Impatto ambientale e di Valutazione di indicenza, tenendo in debito conto anche quanto stabilito dalla Commissione europea nell'ambito del procedimento 2003/2037 del 28 aprile 2003 denominato «Progetto per raddoppio del porto turistico di San Felice Circeo» conclusosi con la raccomandazione di sottoporre i progetti alle procedure previste dalla vigente normativa europea.
L'amministrazione comunale di San Felice Circeo, nel ribadire che la concessione è stata annullata dalla sentenza del TAR e dalla decisione del Consiglio di Stato citate, ha anche affermato che non è stata realizzata alcuna opera e che è in corso di predisposizione una proposta di deliberazione da sottoporre all'esame del consiglio comunale intesa a dare precisi indirizzi relativi ad una sistemazione ed una valutazione complessiva dell'assetto territoriale ed ambientale dell'area in questione che contempli tutti gli interventi delle infrastrutture a mare e a terra, ovvero completamento ed ampliamento del porto esistente, realizzazione delle opere a terra, sistemazione dell'area a monte, collegamenti per la mobilità mediante una programmazione complessiva ed organica che individui tutte le sistemazioni compatibili con l'assetto territoriale e ambientale della zona.
La stessa regione Lazio, recentemente, ha comunicato che il Consiglio regionale, giudicando negativamente le ripercussioni che potrebbe avere la realizzazione del progetto anche sul delicato assetto morfologico del litorale sud pontino, ha approvato, nella seduta del 21 febbraio 2007 la mozione 203,

che impegna il presidente e la giunta a pronunciarsi negativamente in sede di conferenza del Servizi sul progetto di ampliamento del porto, che già fissata per il 12 febbraio 2007 è stata rinviata a data da destinarsi.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

CAMILLO PIAZZA. - Al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 1 ottobre a San Donato Milanese, un'automobile che transitava lungo viale De Gasperi ha investito un cittadino che, in sella alla sua bicicletta, stava attraversando sulle strisce pedonali. Il ciclista è ora ricoverato all'ospedale San Raffaele per un grave trauma cranico;
nella settimana europea della mobilità sostenibile e in concomitanza con «Lombardia in Bici», l'iniziativa voluta dalla Regione Lombardia per promuovere e diffondere sul territorio la cultura della bicicletta, il comune di San Donato Milanese elimina le piste ciclabili;
il luogo dove è stato investito il ciclista è proprio quello dove la nuova amministrazione comunale ha iniziato i lavori per eliminare dalle carreggiate le piste ciclabili e per cancellare i cosiddetti OFO, le linee di arresto agli incroci semaforici voluti per far sostare in piena sicurezza, davanti alle auto, i ciclisti in attesa del verde;
a differenza di quanto stanno facendo tante amministrazioni comunali, nel Consiglio comunale del 19 settembre scorso il nuovo sindaco Mario Dompè (Forza Italia) ha voluto lanciare un forte segnale in controtendenza annunciando di aver dato mandato agli uffici comunali di procedere allo smantellamento di circa 5 chilometri di piste ciclabili;
la rete ciclabile sandonatese, appoggiata e cofinanziata tre anni fa da Governo e Regione Lombardia proprio per aumentare la sicurezza stradale, e ulteriormente potenziata nel corso di questi anni, avrebbe potuto essere ulteriormente sviluppata per garantire interconnessione e nuove possibilità di movimento ai ciclisti urbani, ma con l'eliminazione dei 5 chilometri decisi dal sindaco, risulterà monca ed inutilizzabile per gli spostamenti quotidiani casa-lavoro. Il rischio concreto è che siano mantenuti e sviluppati solo i percorsi ciclabili tra parchi e luoghi di svago, confinando la bicicletta a mezzo utile solo per il tempo libero;
San Donato è stata in questi anni una città presa ad esempio in tutta Italia per le azioni a favore delle biciclette. FIAB - Federazione Nazionale Amici della Bicicletta le ha assegnato proprio quest'anno il riconoscimento di «Città Amica delle Biciclette» perché, con una convinta politica di sostegno della mobilità sostenibile, è passata in pochi anni dal 3 per cento di spostamenti in bicicletta ad una percentuale che supera il 12 per cento, ha realizzato una invidiabile maglia ciclabile e ha offerto servizi all'avanguardia costruendo la Stazione delle Biciclette. Ora si torna indietro, all'uso smodato dell'automobile;
con l'eliminazione delle piste ciclabili si avranno corsie più larghe per far correre le automobili nel centro della città e nuovi posti auto per attrarre più traffico e aumentare l'inquinamento;
secondo uno studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e dell'Apat tra il 2002 e il 2004, nelle maggiori città italiane, sono ottomila i decessi per malattie legate all'inquinamento dell'aria;
il 4 dicembre 2006, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stato istituito il Tavolo nazionale per la mobilità sostenibile che ha il compito di elaborare proposte utili a diffondere politiche di mobilità a basso impatto ambientale fondamentali per combattere efficacemente nelle

nostre città l'inquinamento e il traffico che provocano enormi conseguenze alla salute. Il Tavolo, a cui partecipano i Ministri dei trasporti, delle infrastrutture e della salute, l'Istituto Superiore di Sanità, le Regioni, l'Oms, Trenitalia e l'Apat, rappresenta un passo importante nella lotta ai cambiamenti climatici e nel rispetto del Protocollo di Kyoto. Il Ministero dell'Ambiente ha dichiarato che il Tavolo per la mobilità sostenibile deve proporre provvedimenti da inserire nella programmazione nazionale oltre a strumenti operativi da indicare agli enti locali;
la Finanziaria 2007 ha istituito un Fondo per la mobilità urbana con una dotazione di 90 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 con l'obiettivo di abbattere le polveri sottili e, di concerto con il Ministero dei trasporti, saranno utilizzati per rilanciare il trasporto pubblico, per potenziare le reti ciclabili in ambito urbano e per realizzare altre forme di mobilità a basso impatto ambientale;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha promosso la Prima Conferenza della Bicicletta che si terrà a Milano dal 9 all'11 novembre 2007 affidandone l'organizzazione alla Provincia di Milano. L'obiettivo della conferenza è raccogliere tutte le energie e risorse espresse dal territorio, dalle istituzioni e dal ricco tessuto delle associazioni per definire una politica nazionale tesa alla promozione strategica della ciclabilità;
in questa ottica è necessaria una revisione del Codice della strada e di tutta la normativa vigente affinché la mobilità quotidiana su due ruote sia favorita ma anche protetta, soprattutto nei contesti urbani. La bicicletta svolge un ruolo decisivo nell'educazione all'ambiente e allo sport. È un mezzo di trasporto pulito, ecosostenibile ed economico e deve diventare uno strumento di spostamento quotidiano a tutti gli effetti;
a San Donato Milanese in seguito alla decisione del Consiglio comunale di smantellamento delle piste ciclabili, i cittadini hanno deciso di manifestare con le loro bici nel traffico automobilistico ogni giovedì del mese per protestare e per chiedere il mantenimento delle piste ciclabili che la nuova Giunta sta eliminando -:
se intenda acquisire informazioni con riferimento all'utilizzo dei fondi erogati per cofinanziare la rete ciclabile Sandonatese e, qualora esistessero dei residui non utilizzati non ritenga di disporne la revoca;
se il Governo non reputi necessario non assegnare risorse tratte dal fondo per la mobilità urbana 2007-2009 senza preventivamente accertare la serietà e la coerenza degli impegni assunti nelle politiche di riduzione del traffico urbano e delle polveri sottili da parte degli enti locali assegnatari.
(4-05120)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame e per quanto concerne l'incidente segnalato, si fa presente che l'articolo 377, comma 2, del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, prescrive che i ciclisti sono tenuti ad attraversare tenendo il veicolo a mano, nel caso di attraversamento di carreggiate a traffico particolarmente intenso e, in generale, dove le circostanze lo richiedano.
Per quanto concerne le particolari linee d'arresto per i velocipedi citate nell'atto, si specifica che l'articolo 144 del Regolamento non prevede tali fattispecie.
Si osserva inoltre che, ai sensi dell'articolo 13 comma 4-
bis del codice della strada, la realizzazione delle piste ciclabili è obbligatoria per l'intero sviluppo nel caso di strade di nuova costruzione, classificate come extraurbane secondarie, urbane di scorrimento o di quartiere e locali extraurbane o urbane, ai sensi dell'articolo 2, comma 3 lettere c), d) e f) del medesimo codice, in conformità ai programmi triennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza.
La realizzazione delle piste ciclabili è invece solo facoltativa per le strade preesistenti; in ogni caso la progettazione e la

costruzione delle piste ciclabili devono essere condotte secondo le norme tecniche previste dal decreto ministeriale n. 557 del 1999, recante «Regolamento per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili», in applicazione dell'articolo 7 della legge n. 366 del 1998 che detta «Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica».
Infine, si fa presente che il Ministero dei trasporti non ha erogato fondi finalizzati a finanziamenti delle piste ciclabili del Comune di S. Donato Milanese.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

PILI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il giorno 21 giugno 2006 si è verificata una collisione nel golfo di Olbia tra un traghetto Moby e il traghetto Nuraghes della Tirrenia (società a partecipazione statale), in servizio tra Civitavecchia ed Olbia;
il traghetto della Tirrenia ha subito danni ingenti ed è prevedibile che rimanga fermo almeno per un altro mese;
tale traghetto, che è di ultima generazione ed ha capacità di trasportare fino a 3.000 persone, è stato sostituito con la nave Janas, pure efficiente e moderna, abitualmente impiegata sulla tratta Genova-Olbia-Arbatax;
su suddetta rotta è stata messa in servizio la nave Flaminia vecchia e lenta, tolta dalle rotte Cagliari-Trapani-Palermo-Napoli;
tali rotte sono coperte con altra nave (tipo Toscana) ancora più vecchia e lenta;
il risultato pratico di tutto ciò, è secondo l'interrogante, davvero pregiudizievole perché tantissimi passeggeri già in possesso di regolari biglietti si trovano ad essere dirottati su navi con la metà della capienza e ad essere quindi in over-booking;
tale incresciosa situazione sta scatenando disordini nelle biglietterie e seri problemi di ordine pubblico;
molti passeggeri non riescono a trovare posto, e chi lo trova è comunque costretto a viaggi interminabili con navi ormai non adeguate a fornire un servizio accettabile in termini di tempi di percorrenza e qualità del servizio offerto;
a giudizio dell'interrogante, la soluzione più sensata del problema apertosi dopo l'incidente sarebbe dovuta essere quella di sostituire il traghetto Nuraghes con delle navi veloci di cui la Tirrenia dispone, lasciando tutto il resto immutato;
i traghetti veloci sono infatti adattissimi per le tratte brevi (come la Civitavecchia-Olbia), e uno di questi traghetti, perfettamente efficiente, è tenuto ormeggiato nel porto di Arbatax proprio per le eventuali emergenze;
invece che provvedere a risolvere il solo problema della rotta Civitavecchia-Olbia con l'uso dei traghetti veloci, per effetto di una gestione confusa e con una sorta di effetto domino, è nato e sta dilagando lo scompiglio su tutte le rotte, aggravando sempre più il sistema di trasporti da e per la Sardegna -:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dell'incresciosa situazione descritta in premessa, anche in relazione alle sue conseguenze di ordine pubblico;
quali opportuni ed urgenti provvedimenti intendano adottare per far sì che la Sardegna non continui ad essere sempre più lontana e sempre più difficile da raggiungere, con i conseguenti gravi disagi e mortificazioni per il popolo sardo impossibilitato a raggiungere la propria Regione in condizioni di trasporto adeguato ad uno Stato civile.
(4-00638)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, la società Tirrenia, interessata al riguardo, ha ritenuto di precisare che l'impiego del m/t Janas al posto del Nuraghes incidentato è stata determinata dall'esigenza di soddisfare le prenotazioni di quel momento

sulla linea Civitavecchia-Olbia, tali da richiedere l'impiego di una unità con una capacità non inferiore ai 2.700 passeggeri e 900 auto.
Inoltre, rispetto all'ipotesi di una sostituzione del Nuraghes con altre navi veloci a disposizione della Tirrenia, la società marittima ha affermato che le stesse non sarebbero state sufficienti in considerazione della capacità insufficiente ad assolvere gli impegni di traffico assunti e che tali mezzi non dispongono di cabine.
L'impiego posto in essere dalla società, invece, non ha determinato il fenomeno dell'
over booking, che anzi è stato evitato dirottando una nave del tipo Bithia dalla linea Genova-Olbia-Arbatax alla linea Civitavecchia-Olbia.
In ordine allo stato della nave Flaminia, unità del tipo «strada trasformata» la Tirrenia ha effettuato nel corso del 2007 lavori di ammodernamento alla zona alberghiera elevando lo
standard a quello delle più recenti unità sociali e che la nave stessa sviluppando una velocità di 18,5 nodi può ritenersi adeguata.
Infine, per quanto riguarda il traghetto Toscana, riposizionato sulle linee Napoli-Cagliari, Palermo-Cagliari e Trapani-Cagliari, tale unità è stata varata nel 1994 e rimodernata nel 2004 e, ad oggi, dispone di cabine con servizi doccia, bar tavola calda e sala televisione, servizi tutti rimodernati.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.

RAISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica 21 maggio 2001 è istituito il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano;
il Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano persegue finalità di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, di difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici, di promozione sociale ed economica in conformità agli indirizzi contenuti nel documento programmatico per lo sviluppo sociale ed economico approvato dal Comitato istituzionale di coordinamento;
la Legge Quadro sulle Aree Protette stabilisce che il presidente è nominato con decreto del Ministro dell'ambiente d'intesa con i presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricada in tutto o in parte il parco nazionale;
nei giorni scorsi è iniziato l'iter per la nomina del nuovo presidente: il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani ha firmato il decreto d'intesa con cui accoglie la proposta di nomina, avanzata dal ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio, dell'ex senatore di Reggio Emilia, Fausto Giovannelli;
secondo l'interrogante l'ex senatore designato avrebbe come caratteristica peculiare quella di essere un senatore non ricandidato dai democratici di sinistra alle ultime elezioni e quindi in attesa di collocazione;
secondo l'interrogante la scelta delle persone da inserire all'interno dei consigli di amministrazione dei parchi e soprattutto alla presidenza del parco dovrebbe essere guidata solo dal criterio della grande competenza rispetto alla materia e alle problematiche che in tale ambito dovranno essere affrontate;
secondo l'interrogante, invece, la scelta è stata soprattutto dettata dalla volontà di «riciclare» un uomo politico della sinistra non rieletto in Parlamento -:
se il presidente Romano Prodi sia a conoscenza dell'intesa tra il presidente Vasco Errani e il ministro Alfonso Pecoraro Scanio;
come venga valutata oggi la scelta di proporre l'ex senatore Fausto Giovannelli, in considerazione del fatto che nei mesi scorsi la Regione aveva contestato diversi nomi proposti dal centro-destra per la presidenza del Parco, accusando l'allora ministro Altero Matteoli di scegliere persone

appartenenti all'area politica che sosteneva il Governo Berlusconi;
se il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga opportuno ritirare il proprio sostegno alla candidatura dell'ex senatore.
(4-01008)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame concernente la nomina del presidente del Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano si fa presente che a seguito, della cessazione dalla carica degli organi di Governo dell'Ente parco nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano, si è reso necessario, al precipuo fine di salvaguardare la funzionalità dell'Ente parco e la continuità della relativa azione amministrativa, procedere alla nomina di un Commissario straordinario investendolo del potere di adottare tutti gli atti necessari al regolare svolgimento dell'attività dell'Ente stesso.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di porre fine alla situazione Commissariale dell'ente Parco, perdurante dal 2002, ha individuato nel dottor Fausto Giovannelli la persona idonea a ricoprire l'incarico di presidente dell'ente in questione e, a tale riguardo, ho promosso ripetuti incontri con i presidenti delle regioni interessate al fine di raggiungere i consenso in ordine al nominativo cui affidare l'incarico di presidente.
La scelta a favore del dottor Giovannelli quale presidente dell'Ente parco in esame, è stata operata tenuto conto dell'assoluto valore e della notevole professionalità e competenza in materia del soggetto, il cui
curriculum rispecchia le qualità professionali e culturali-dovute ad un proficuo svolgimento di attività in campo ambientale, e istituzionale. Inoltre, il dottor Giovannelli, ha fatto parte per quattro legislature della Commissione ambiente del Senato dove è stato autore e relatore di numerosi disegni di legge in materia ambientale e di aree protette, tra i quali, anche del provvedimento istitutivo dell'Ente parco.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha acquisito le prescritte intese da parte delle regioni Toscana ed Emilia Romagna (articolo 9 della legge n. 394 del 1991), che costituiscono l'esito di un positivo processo di concertazione interistituzionale ed i necessari pareri delle competenti Commissioni parlamentari (articolo 1 della legge 24 gennaio 1978 n. 14) i quali si sono favorevolmente espressi sul nominativo indicato dal Ministro, nella persona del dottor Fausto Giovannelli al fine di ricoprire la carica di Presidente dell'Ente Parco nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano.
Con la nomina sopra descritta, il Parco nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano, esce da una situazione di commissariamento che perdurava dal 24 marzo 2004.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Alfonso Pecoraro Scanio.

TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
nel mese di gennaio la Commissione Europea avviava una procedura con la quale si chiedevano informazioni circa alcuni benefici fiscali esistenti nella normativa italiana a favore di alcuni Enti che beneficiano di una riduzione di imposte nella misura del 50 per cento, che detti Enti svolgono attività nel campo dell'istruzione, della sanità eccetera e che detti benefici alterano la concorrenza sul mercato nazionale;
è necessario rispondere alla Commissione europea e ripristinare parità di regole per tutti gli operatori del mercato italiano al fine di evitare una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia -:
quale sia lo stato in cui si trova la procedura avviata dalla Commissione europea e come il Governo intende rispondere alle richieste formulategli dalla stessa.
(4-03824)

Risposta. - Con il documento di sindacato ispettivo in esame l'interrogante ha chiesto di conoscere lo stato della procedura avviata dalla Commissione europea con la quale si chiedono informazioni circa la riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, nella misura del 50 per cento, a favore, tra l'altro, di enti che svolgono attività nel campo dell'istruzione e della sanità e come il Governo intende rispondere alle richieste della stessa (articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601).
La Commissione europea ha chiesto alle Autorità italiane, in data 25 gennaio 2007, informazioni per condurre un esame preliminare sotto il profilo della compatibilità della predetta agevolazione con le regole comunitarie in materia di aiuti di Stato.
Tali informazioni sono state fornite dall'Amministrazione finanziaria il 22 marzo 2007 al Dipartimento per le politiche europee ed il 27 giugno 2007 alla Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea.
In data 5 novembre 2007, la Commissione europea ha chiesto alle Autorità italiane ulteriori elementi. A tal fine, gli uffici competenti hanno avviato le rispettive attività per il reperimento di dati e di informazioni e, nel contempo, attesa la peculiarità degli stessi, hanno proposto alla Commissione europea un incontro, al fine di assolvere adeguatamente alla predetta richiesta.
Non appena saranno disponibili le valutazioni della Commissione europea, il Governo farà conoscere la propria posizione in proposito che, ovviamente, non potrà non tenere conto dell'Accordo con la Santa sede (articolo 7, punto 3), del parere reso dal Consiglio di Stato (8 ottobre 1991, parere n. 1296) e delle pronunce giurisprudenziali della Corte di cassazione (sentenze n. 2573 del 29 marzo 1990 e n. 1633 del 15 febbraio 1995).
In particolare, si ritiene che la disposizione agevolativa di cui trattasi spiega i propri effetti non solo in presenza dei prescritti presupposti soggettivi, ma solo nel caso in cui coesistano requisiti di tipo oggettivo, con riferimento alle attività in concreto esercitate ed alla loro meritevolezza di particolare tutela. In tal senso si è espresso Il Consiglio di Stato, con parere n. 1296 del 1991, con il quale, tra l'altro, ha escluso che l'agevolazione in esame possa essere riconosciuta ad attività commerciali o a scopo di lucro.
Anche la Corte di cassazione (sentenze n. 2573 del 1990 e n. 1633 del 1995), ha affermato che per beneficiare dell'agevolazione in esame è necessario, oltre al requisito soggettivo, che esista un rapporto di strumentalità diretta tra le finalità di utilità sociale e di interesse pubblico dell'ente e le attività in concreto poste in essere, attraverso le quali si realizzano tali finalità.
In altri termini, per la sussistenza del requisito oggettivo non è sufficiente che l'attività commerciale posta in essere dall'ente sia volta al reperimento di mezzi economici da destinare allo svolgimento di attività istituzionale, ma occorre, altresì, che la medesima attività sia coerente con il fine perseguito e non sia indifferentemente utilizzabile per il perseguimento di qualsiasi altro fine.
In considerazione dei principi sopra esposti, l'Amministrazione finanziaria è intervenuta sulla specifica materia con la risoluzione n. 91/E del 19 luglio 2005, con la quale si è inteso chiarire, in particolare, l'operatività del beneficio in esame agli enti ecclesiastici.

Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Vincenzo Visco.

TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il debito complessivo delle pubbliche amministrazioni italiane alla fine del 2006 è risultato pari al 106,8 per cento del PIL;
l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2006 è stato pari al 4,4 per cento del PIL con un deficit pari al 2,4 per cento del PIL;
il debito pubblico italiano, come detto pari al 106,8 per cento del PIL, è costituito per circa il 99,4 per cento da passività delle amministrazioni centrali,

mentre la restante quota, pari al 7,2 per cento è da attribuire alle amministrazioni
locali, che ne curano la gestione nell'ambito della loro sfera di autonomia;
circa l'85 per cento del debito delle amministrazioni centrali è rappresentato da strumenti finanziari negoziabili, i titoli di Stato, di cui la Direzione II del Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze è responsabile per la politica di emissione e gestione;
nel corso del 2006 si è interrotto il trend decrescente dei tassi di interesse di mercato che aveva caratterizzato gli ultimi anni, che la politica di emissione ha stabilizzato la spesa per interessi complessiva del settore pubblica amministrazione in rapporto al PIL lasciandola sostanzialmente invariata rispetto al 2005, attestandosi intorno al 4,6 per cento;
nel 2006 gli strumenti di debito offerti al mercato e le relative procedure di collocamento hanno garantito una penetrazione diffusa nei portafogli degli investitori, con un incremento di quelli internazionali, consentendo una presenza presso un numero sempre più ampio e diversificato di tipologie di investitori;
l'asta è stato lo strumento più utilizzato per il collocamento dei titoli domestici in virtù delle proprie tipiche caratteristiche di trasparenza ed efficienza, divenendo strumento principale per il perseguimento degli obiettivi della gestione del debito consolidato, utilizzando tale procedura anche per le emissioni dei titoli indicizzati all'inflazione;
il significativo sviluppo del mercato secondario di questi prodotti nell'area europea, con le conseguenze che ne derivano in termini di contenuto informativo delle quotazioni e degli scambi, ha reso possibile un uso sempre più efficiente dello strumento d'asta;
vi è stato ruolo crescente del risparmio intermediato, con la quota detenuta direttamente dalle famiglie e dalle imprese non finanziarie che è scesa dal 16 per cento di fine 2004 all'11 per cento di fine 2005, segnalando un sempre maggiore ricorso all'investimento tramite l'intermediazione di istituzioni finanziarie;
più specificamente, la quota di titoli di Stato direttamente detenuta dalle famiglie italiane è notevolmente diminuita, tra il 1997 ad oggi, passando dal 40 per cento al 16 per cento del totale;
in base ai dati forniti dagli operatori specialisti in titoli di Stato emerge che, negli ultimi anni, la base degli investitori, limitatamente alla distribuzione per area geografica e categoria di detentori, ha visto un notevole accrescimento di investitori stranieri attratti dall'investimento in titoli di Stato italiani. La quota in loro possesso è decisamente aumentata, passando dal 22 per cento nel 1997 al 56 per cento nel 2005;
sempre in base ai dati forniti dagli operatori specialisti in titoli di Stato si evince come, tra gli investitori non residenti, la quota detenuta al di fuori dell'Europa, in particolare nell'area asiatica, sia andata progressivamente crescendo;
è auspicabile che, date queste condizioni, il debito italiano possa essere meno vulnerabile da shock finanziari locali o relativi a singole tipologie di investitori. Di converso non può tacersi il fatto che una grossa fetta di debito pubblico detenuto da soggetti residenti all'estero espone maggiormente il nostro Paese alle insidie derivanti dalle scelte degli investitori stranieri, più sensibili ai rating, alle politiche fiscali e all'andamento degli spread (premio a rischio) rispetto ai risparmiatori domestici;
la consistenza del debito delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2006 è stata pari a 1.575.447 milioni di euro totali, costituito per 156.737 milioni di euro da monete e depositi, per 122.327 milioni di euro da titoli a breve termine, per 1.163.956 milioni di euro a titoli a medio e lungo termine e per 132.427 milioni di euro da altre passività;

il possesso di titoli a breve termine è così suddiviso:
29.615 milioni di euro detenuti dalle IFM (istituzioni finanziarie monetarie);
12.713 milioni di euro detenuti da istituzioni finanziarie;
11.668 milioni di euro detenuti da operatori residenti;
68.331 milioni di euro detenuti da operatori non residenti;
il possesso di titoli a medio e lungo termine è così suddiviso:
62.760 milioni di euro detenuti dalla Banca d'Italia;
126.753 milioni di euro detenuti dalle IFM;
195.528 milioni di euro detenuti da istituzioni finanziarie;
168.755 milioni di euro detenuti da operatori residenti;
610.160 milioni di euro detenuti da operatori non residenti;
il possesso di titoli del debito pubblico nella sua integrità è così suddiviso:
62.760 milioni di euro detenuti dalla Banca d'Italia;
353.146 milioni di euro detenuti dalle IFM;
216.903 milioni di euro detenuti da istituzioni finanziarie;
259.901 milioni di euro detenuti da operatori residenti;
682.656 milioni di euro detenuti da operatori non residenti;
ciò significa che l'Italia ha un debito pubblico che è il più grande tra i paesi dell'area UE e che l'entità del debito pubblico è direttamente proporzionale alle oscillazioni dei tassi d'interesse;
per effetto degli aumenti dei tassi di interesse avvenuti dall'inizio dell'anno, la spesa per interessi aumenterà, secondo le ultime stime, di un importo non inferiore ai 2,5 miliardi di euro;
nel corso degli anni l'ammontare totale del debito pubblico ha registrato un notevole accrescimento della somma monetaria dovuta a titolo di interesse, così come evidenziato in tabella (in milioni di euro):
anno 1980: uscite correnti: 75.030, uscite c/capitale: 9.076, totale uscite assoluto: 84.106, totale uscite al netto di interessi: 75.103, entrate correnti: 69.464, entrate c/capitale: 474, totale: 69.938, saldo corrente: -5.566, saldo in conto capitale: -8.602, saldo primario: -5.165, indebitamento netto -14.168, interessi 9.003;
anno 1981: uscite correnti: 98.248, uscite c/capitale: 12.120, totale uscite assoluto: 110.368, totale uscite al netto di interessi: 97.959, entrate correnti: 83.057, entrate c/capitale: 823, totale: 83.880, saldo corrente: -15.191, saldo in conto capitale: -11.297, saldo primario: -14.079, indebitamento netto -26.488, interessi 12.409;
anno 1982: uscite correnti: 121.623, uscite c/capitale: 14.389, totale uscite assoluto: 136.012, totale uscite al netto di interessi: 117.121, entrate correnti: 104.830, entrate c/capitale: 2.398, totale: 107.228, saldo corrente: -16.793, saldo in conto capitale: -11.991, saldo primario: -9.893, indebitamento netto -28.784, interessi 18.891;
anno 1983: uscite correnti: 149.660, uscite c/capitale: 16.061, totale uscite assoluto: 165.721, totale uscite al netto di interessi: 139.568, entrate correnti: 127.840, entrate c/capitale: 4.026, totale: 131.866, saldo corrente: -21.820, saldo in conto capitale: -12.035, saldo primario: -7.702, indebitamento netto -33.855, interessi 26.153;
anno 1984: uscite correnti: 171.336, uscite c/capitale: 18.374, totale uscite assoluto: 189.710, totale uscite al netto di interessi: 157.615, entrate correnti: 143.840, entrate c/capitale: 1.913, totale: 145.753, saldo corrente: -27.496, saldo in conto capitale: -16.461, saldo primario: -11.862, indebitamento netto -43.957, interessi 32.095;

anno 1985: uscite correnti: 193.956, uscite c/capitale: 22.040, totale uscite assoluto: 215.996, totale uscite al netto di interessi: 179.796, entrate correnti: 161.562, entrate c/capitale: 1.224, totale: 162.786, saldo corrente: -32.394, saldo in conto capitale: -20.816, saldo primario: -17.010, indebitamento netto -53.210, interessi 36.200;
anno 1986: uscite correnti: 216.343, uscite c/capitale: 25.056, totale uscite assoluto: 241.399, totale uscite al netto di interessi: 199.689, entrate correnti: 183.190, entrate c/capitale: 1.408, totale: 184.598, saldo corrente: -33.153, saldo in conto capitale: -23.648, saldo primario: -15.091, indebitamento netto -56.801, interessi 41.710;
anno 1987: uscite correnti: 232.932, uscite c/capitale: 27.554, totale uscite assoluto: 260.486, totale uscite al netto di interessi: 219.428, entrate correnti: 199.437, entrate c/capitale: 1.216, totale: 200.653, saldo corrente: -33.495, saldo in conto capitale: -26.338, saldo primario: -18.775, indebitamento netto -59.833, interessi 41.058;
anno 1988: uscite correnti: 262.539, uscite c/capitale: 30.653, totale uscite assoluto: 293.192, totale uscite al netto di interessi: 245.301, entrate correnti: 227.880, entrate c/capitale: 1.527, totale: 229.407, saldo corrente: -34.659, saldo in conto capitale: -29.126, saldo primario: -15.894, indebitamento netto -63.785, interessi 47.891;
anno 1989: uscite correnti: 296.928, uscite c/capitale: 32.376, totale uscite assoluto: 329.304, totale uscite al netto di interessi: 271.205, entrate correnti: 254.658, entrate c/capitale: 2.184, totale: 256.842, saldo corrente: -42.270, saldo in conto capitale: -30.192, saldo primario: -14.363, indebitamento netto -72.462, interessi 58.099;
anno 1990: uscite correnti: 336.478, uscite c/capitale: 37.025, totale uscite assoluto: 373.503, totale uscite al netto di interessi: 302.776, entrate correnti: 291.659, entrate c/capitale: 1.596, totale: 293.255, saldo corrente: -44.819, saldo in conto capitale: -35.429, saldo primario: -9.521, indebitamento netto -80.248, interessi 70.727;
anno 1991: uscite correnti: 379.761, uscite c/capitale: 36.448, totale uscite assoluto: 416.209, totale uscite al netto di interessi: 329.296, entrate correnti: 326.443, entrate c/capitale: 2.598, totale: 329.041, saldo corrente: -53.318, saldo in conto capitale: -33.850, saldo primario: -255, indebitamento netto -87.168, interessi 86.913;
anno 1992: uscite correnti: 412.775, uscite c/capitale: 35.390, totale uscite assoluto: 448.165, totale uscite al netto di interessi: 349.631, entrate correnti: 347.487, entrate c/capitale: 17.047, totale: 364.534, saldo corrente: -65.288, saldo in conto capitale: -18.343, saldo primario: 14.903, indebitamento netto -83.631, interessi 98.534;
anno 1993: uscite correnti: 435.572, uscite c/capitale: 34.370, totale uscite assoluto: 469.942, totale uscite al netto di interessi: 364.902, entrate correnti: 379.392, entrate c/capitale: 7.220, totale: 386.612, saldo corrente: -56.180, saldo in conto capitale: -27.150, saldo primario: 21.710, indebitamento netto -83.330, interessi 105.040;
anno 1994: uscite correnti: 440.774, uscite c/capitale: 31.422, totale uscite assoluto: 472.166, totale uscite al netto di interessi: 372.462, entrate correnti: 388.871, entrate c/capitale: 3.502, totale: 392.373, saldo corrente: -51.873, saldo in conto capitale: -27.920, saldo primario: 19.911, indebitamento netto -79.793, interessi 99.704;
anno 1995: uscite correnti: 457.130, uscite c/capitale: 42.583, totale uscite assoluto: 499.713, totale uscite al netto di interessi: 389.919, entrate correnti: 421.557, entrate c/capitale: 7.922, totale: 429.479, saldo corrente: -35.573, saldo in conto capitale: -34.661, saldo primario: 39.560, indebitamento netto -70.234, interessi 109.794;

anno 1996: uscite correnti: 491.096, uscite c/capitale: 37.095, totale uscite assoluto: 528.191, totale uscite al netto di interessi: 412.580, entrate correnti: 454.078, entrate c/capitale: 4.283, totale: 458.361, saldo corrente: -37.018, saldo in conto capitale: -32.812, saldo primario: 45.781, indebitamento netto -69.830, interessi 115.611;
anno 1997: uscite correnti: 492.407, uscite c/capitale: 35.563, totale uscite assoluto: 527.970, totale uscite al netto di interessi: 430.522, entrate correnti: 489.815, entrate c/capitale: 10.105, totale: 499.920, saldo corrente: -2.592, saldo in conto capitale: -25.458, saldo primario: 69.398, indebitamento netto -28.050, interessi 97.448;
anno 1998: uscite correnti: 493.735, uscite c/capitale: 41.072, totale uscite assoluto: 534.807, totale uscite al netto di interessi: 448.525, entrate correnti: 496.829, entrate c/capitale: 7.497, totale: 504.326, saldo corrente: 3.094, saldo in conto capitale: -33.575, saldo primario: 55.801, indebitamento netto -30.481, interessi 86.282;
anno 1999: uscite correnti: 498.171, uscite c/capitale: 44.335, totale uscite assoluto: 542.506, totale uscite al netto di interessi: 468.139, entrate correnti: 517.334, entrate c/capitale: 5.622, totale: 522.956, saldo corrente: 19.163, saldo in conto capitale: -38.713, saldo primario: 54.817, indebitamento netto -19.550, interessi 74.367;
anno 2000: uscite correnti: 519.569, uscite c/capitale: 30.814, totale uscite assoluto: 550.383, totale uscite al netto di interessi: 474.822, entrate correnti: 535.377, entrate c/capitale: 5.044, totale: 540.421, saldo corrente: 15.808, saldo in conto capitale: -25.770, saldo primario: 65.599, indebitamento netto -9.962, interessi 75.561;
anno 2001: uscite correnti: 548.765, uscite c/capitale: 52.077, totale uscite assoluto: 600.842, totale uscite al netto di interessi: 522.078, entrate correnti: 558.872, entrate c/capitale: 3.469, totale: 562.341, saldo corrente: 10.107, saldo in conto capitale: -48.608, saldo primario: 40.263, indebitamento netto -38.501, interessi 78.764;
anno 2002: uscite correnti: 567.051, uscite c/capitale: 46.932, totale uscite assoluto: 613.983, totale uscite al netto di interessi: 542.464, entrate correnti: 571.231, entrate c/capitale: 5.667, totale: 576.898, saldo corrente: 4.180, saldo in conto capitale: -41.265, saldo primario: 34.434, indebitamento netto -37.085, interessi 71.519;
anno 2003: uscite correnti: 590.664, uscite c/capitale: 57.809, totale uscite assoluto: 648.473, totale uscite al netto di interessi: 580.123, entrate correnti: 579.569, entrate c/capitale: 22.290, totale: 601.859, saldo corrente: -11.095, saldo in conto capitale: -35.519, saldo primario: 21.736, indebitamento netto -46.614, interessi 68.350;
anno 2004: uscite correnti: 612.741, uscite c/capitale: 54.449, totale uscite assoluto: 667.190, totale uscite al netto di interessi: 601.496, entrate correnti: 606.944, entrate c/capitale: 12.180, totale: 619.124, saldo corrente: -5.797, saldo in conto capitale: -42.269, saldo primario: 17.628, indebitamento netto -48.066, interessi 65.694;
anno 2005: uscite correnti: 633.038, uscite c/capitale: 58.029, totale uscite assoluto: 691.067, totale uscite al netto di interessi: 626.854, entrate correnti: 625.695, entrate c/capitale: 5.849, totale: 631.544, saldo corrente: -7.343, saldo in conto capitale: -52.180, saldo primario: 4.690, indebitamento netto -59.523, interessi 64.213;
anno 2006: uscite correnti: 656.577, uscite c/capitale: 88.981, totale uscite assoluto: 745.558, totale uscite al netto di interessi: 678.006, entrate correnti: 675.582, entrate c/capitale: 4.472, totale: 680.054, saldo corrente: 19.005, saldo in conto capitale: -84.509, saldo primario: 2.048, indebitamento netto -65.504, interessi 67.552;

i criteri che ispirano la politica di emissione mirano a soddisfare le esigenze di finanziamento dello Stato perseguendo l'obiettivo di contenere il costo del debito in un orizzonte temporale di medio-lungo termine. Ciò è necessario, e perché la finalità sia perseguita si deve tenere sotto controllo il livello di esposizione ai diversi tipi di rischio, quali principalmente il rischio di interesse (nominale e reale) e quello di rifinanziamento;
il debito pubblico e le manovre di politica economica necessarie alla sua riduzione comportano effetti distributivi del reddito;
il vantaggio proveniente dal possesso di titoli del debito pubblico è rappresentato dal diritto al pagamento di interessi e al rimborso del capitale;
i fondi per il pagamento degli interessi ed il rimborso del capitale possono essere reperiti, alternativamente o cumulativamente, riducendo altre poste della spesa pubblica o aumentando l'imposizione fiscale;
se i sottoscrittori del debito pubblico hanno diritto a un flusso di pagamenti a loro favore maggiore del flusso di pagamenti dovuto per tasse ed imposte che devono effettuare per ottemperare al servizio del debito, ciò significa che essi beneficeranno di un guadagno netto proveniente dall'investimento in titoli del debito pubblico. Analogamente, altri cittadini dovranno effettuare pagamenti a favore dei proprietari dei titoli del debito pubblico. Per questo secondo gruppo sussisterà un obbligo al pagamento per il servizio del debito pubblico maggiore ai trasferimenti in loro favore, subendo una perdita netta a causa dell'esistenza del debito stesso;
l'espansione del debito pubblico può tradursi sia in un aumento delle rendite finanziarie che ogni singolo sottoscrittore ottiene sia in benefici indiretti imputabili ai maggiori trasferimenti determinati dall'espansione della spesa pubblica;
nel caso vi siano soggetti titolari di ammontari significativi di titoli del debito pubblico, i vantaggi economici di cui beneficiano possono superare significativamente gli oneri derivanti dalla contribuzione corrispondente dovuta;
questa situazione è potenzialmente in grado di generare un conflitto distributivo. Tale evenienza sarà tanto più probabile quanto più eterogeneamente è distribuita la ricchezza finanziaria del Paese;
in tale contesto, l'azione di gruppi rappresentativi di interessi settoriali, può esercitare un condizionamento reale sul funzionamento del sistema economico e sociale;
la Bancaentrale europea il 6 dicembre 2001 ha rilasciato un comunicato stampa, «Decisioni sull'emissione delle banconote in euro e sulla distribuzione del reddito monetario». Nella seconda parte del comunicato «Decisione relativa alla distribuzione del reddito monetario a decorrere dall'esercizio finanziario 2002», si legge che:
«L'esercizio delle funzioni di politica monetaria genera un reddito monetario denominato "reddito da signoraggio". Conformemente allo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, tale reddito, generato nell'area dell'euro, viene accentrato e ripartito tra le BCN in proporzione alle quote versate di capitale della BCE, in maniera tale da assicurare che la posizione di reddito relativa delle BCN non risenta in futuro di spostamenti nella circolazione delle banconote.
Nei tre anni compresi fra il 1999 e il 2001 il reddito da signoraggio derivante dalle banconote nazionali in circolazione non è stato accentrato e redistribuito. Secondo la decisione del Consiglio direttivo della BCE che definisce il regime applicabile a partire dal 2002, tutte le banconote saranno incluse fra le passività monetarie delle BCN ai fini del calcolo del reddito monetario. Per attenuare l'impatto di tale inclusione sull'attuale posizione di reddito relativa delle BCN, essa sarà realizzata

in maniera graduale attraverso un regime transitorio. Durante il periodo di transizione, che terminerà alla fine del 2007, il reddito monetario da ripartire fra le BCN sarà corretto tenendo conto delle differenze, nel periodo compreso tra luglio 1999 e giugno 2001, fra l'ammontare medio delle banconote in circolazione di ciascuna BCN e quello che sarebbe stato attribuito a ciascuna di esse in base allo schema di sottoscrizione del capitale della BCE. Questo aggiustamento sarà ridotto gradualmente, anno per anno, fino al termine del 2007; in seguito, il reddito monetario sarà integralmente distribuito in proporzione alle quote versate del capitale della BCE»;
sono soci della Banca centrale europea le seguenti banche centrali dell'area euro:
Banche centrali nazionali dell'area euro: Nationale Bank van Belgif5/Banque National de Belgique, capitale quota per cento: 2.4708, capitale versato euro: 142,334,199.56;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Deutsche Bundesbank, capitale quota per cento: 20.5211, capitale versato euro: 1,182,149,240.19;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Bank of Greece, capitale quota per cento: 1.8168, capitale versato euro: 104,659,532.85;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Banco de Espa
Atna, capitale quota per cento: 7.5498, capitale versato euro: 434,917,735.09;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Banque de France, capitale quota per cento: 14.3875, capitale versato euro: 828,813,864.42;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Central Bank and Financial Services Authority of Ireland, capitale quota per cento: 0.8885, capitale versato euro: 51,183,396.60;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Banca d'Italia, capitale quota per cento: 12.5297, capitale versato euro: 721,792,464.09;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Banque centrale du Luxembourg, capitale quota per cento: 0.1575, capitale versato euro: 9,073,027.53;
Banche centrali nazionali dell'area euro: De Nederlandsche Bank, capitale quota per cento: 3.8937, capitale versato euro: 224,302,522.60;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Osterreische NationalBank, capitale quota per cento: 2.0159, capitale versato euro: 116,128,991.78;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Banco de Portugal, capitale quota per cento: 1.7137, capitale versato euro: 98,720,300.22;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Banka Slovenije, capitale quota per cento: 0.3194, capitale versato euro: 18,399,523.77;
Banche centrali nazionali dell'area euro: Suomen Pan
i - Finlands Bank, capitale quota per cento: 1.2448, capitale versato euro: 71,708,601.11;
Totale: 69.5092, capitale versato euro: 4,004,183,399.81 -:
quali siano i soggetti partecipanti al mercato dei titoli del debito pubblico, quali quantità e tipologie di titoli e per quali importi o, se è il caso, con quali sconti gli stessi li abbiano acquistati;
quali siano le ragioni per le quali la Banca centrale europea, a partire dal 2002, ha incluso tutte le banconote «fra le passività monetarie delle Banche Centrali Nazionali ai fini del calcolo del reddito monetario»;
a quanto ammonti il reddito dei «diritti di signoraggio» realizzato dalla Banca centrale europea e quanto di questo

reddito sia stato redistribuito tra le Banche centrali nazionali;
quali quote di capitale detengano e chi siano i soci della Banca d'Italia e delle Banche centrali nazionali che hanno diritto a partecipare alla ripartizione degli utili della BCE.
(4-04737)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale vengono posti quesiti in ordine al mercato dei titoli di Stato.
Al riguardo, si fa presente che il Ministero dell'economia e delle finanze dispone regolarmente l'emissione sul mercato interno di cinque categorie di titoli di Stato disponibili sia per gli investitori privati, che per quelli istituzionali:
buoni ordinari del tesoro (BOT) a 3, 6, 12 mesi;
certificati del tesoro zero coupon (CTZ) a 24 mesi;
buoni del tesoro poliennali (BTP) in tagli da 3, 5, 10, 15 e 30 anni;
buoni del tesoro poliennali indicizzati all'inflazione dell'area euro (BTP€i) a 5, 10, 30 anni;
certificati di credito del tesoro (CCT) a 7 anni.

Il collocamento dei titoli di Stato può avvenire per asta pubblica, al fine di garantire l'accesso ad una vasta platea di investitori e mantenere un elevato grado di competizione e trasparenza, o tramite il consorzio di collocamento, dove l'emittente concorda le condizioni di emissione con un gruppo di banche.
Da molti anni è stato privilegiato il metodo dell'asta pubblica per le emissioni sul mercato interno. Si utilizzano due tipi di aste: l'asta competitiva senza prezzo base per i BOT e l'asta marginale senza prezzo base per i titoli a medio-lungo termine (BTP, CCT, CTZ).
Le emissioni sono disposte mediante appositi decreti ministeriali che stabiliscono i quantitativi da offrire, le caratteristiche dei titoli e le modalità di svolgimento delle aste.
Per i titoli diversi dai BOT, l'esecuzione delle operazioni relative al collocamento dei titoli di Stato è affidata alla Banca d'Italia.
Sempre nell'ambito dei citati decreti, è stabilito che, come rimborso delle spese sostenute e come compenso del servizio reso, agli operatori che partecipano alle aste venga corrisposta, per il tramite della Banca d'Italia, una provvigione di collocamento calcolata sull'ammontare nominale sottoscritto - computata come sconto sul prezzo di aggiudicazione dell'asta - in modo che non venga applicato alcun onere di intermediazione sulle sottoscrizioni della clientela (in ottemperanza alle norme sulla trasparenza bancaria).
Tale obbligo, previsto dal decreto ministeriale del 12 febbraio 2004, riguardante la trasparenza nel collocamento dei titoli pubblici, vale solo in fase di sottoscrizione dei titoli in asta e non per gli acquisti sul mercato secondario.
Nel corso degli anni, la misura delle provvigioni è stata ridotta; in particolare, dal 2001 è pari allo 0,40 per cento per i BTP a 10, 15 e 30 anni, allo 0,30 per cento per i CCT e i BTP a 5 anni, allo 0,20 per cento per i BTP a 3 anni e per i CTZ; per i BTP€i la remunerazione viene stabilita di volta in volta, a seconda se l'emissione viene effettuata tramite asta o sindacato di collocamento, ed in base alla durata del titolo (5, 10 o 30 anni).
Nel caso dei BOT, invece, gli intermediari possono applicare ai propri clienti commissioni che variano secondo la durata del titolo; tuttavia, per contenerne il livello, il citato decreto ha fissato un tetto a tali commissioni: esse non possono superare lo 0,05 per cento per i titoli con durata residua uguale o inferiore agli 80 giorni; lo 0,10 per cento per i titoli con durata residua compresa tra gli 81 ed i 170 giorni; lo 0,20 per cento per quelli con durata residua tra i 171 ed i 330 giorni e lo 0,30 per cento per i titoli con durata residua pari o superiore a 331 giorni. Tali commissioni si aggiungono al prezzo applicato dagli intermediari ai richiedenti, che è quello medio ponderato d'asta.
L'asta viene effettuata presso la Banca d'Italia, alla presenza di un funzionario del

Ministero dell'economia (ufficiale rogante), che è responsabile della regolarità dell'asta, e di un funzionario della Banca medesima.
Le domande degli operatori abilitati vengono inviate per via telematica, utilizzando la Rete nazionale interbancaria.
Sono operatori abilitati le banche e le imprese di investimento registrate presso la Banca d'Italia. In particolare, possono partecipare all'asta i soggetti sottoindicati, purché abilitati allo svolgimento di almeno uno dei servizi di investimento, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria):
le banche italiane comunitarie ed extracomunitarie di cui all'articolo 1, comma 2, lettere
a), b) e c) del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), iscritte nell'albo istituito presso la Banca d'Italia, di cui all'articolo 13, comma 1, del medesimo decreto legislativo.

Le banche comunitarie possono partecipare all'asta, anche se esercitino le attività di cui all'articolo 16 del citato decreto legislativo n. 385 del 1993 senza stabilimento di succursali nel territorio della Repubblica, purché risultino curati gli adempimenti previsti dal comma 3 del predetto articolo 16.
Le banche extracomunitarie possono partecipare all'asta, anche se esercitino le attività di intermediazione mobiliare senza stabilimento di succursali, purché con autorizzazione della Banca d'Italia rilasciata d'intesa con la CONSOB, ai sensi dell'articolo 16, comma 4, del menzionato decreto legislativo n. 385 del 1993;
le società di intermediazione mobiliare e le imprese di investimento extracomunitarie di cui all'articolo 1, comma 1, lettere
e) e g) del citato decreto legislativo n. 58 del 1998, iscritte nell'albo istituito presso la CONSOB ai sensi dell'articolo 20, comma 1 del medesimo decreto legislativo, ovvero le imprese di investimento comunitarie di cui alla lettera f) del citato articolo 1, comma 1, iscritte nell'apposito elenco allegato a detto albo.

Detti operatori partecipano in proprio e per conto terzi.
Tra tutti questi soggetti, nel corso degli ultimi anni, il ruolo degli specialisti in titoli di Stato è divenuto sempre più rilevante.
Gli specialisti in titoli di Stato sono operatori principali attivi sui mercati regolamentari all'ingrosso dei titoli di Stato selezionati da questa Amministrazione, ai sensi del decreto ministeriale n. 219 del 13 maggio 1999, che abbiano determinati requisiti di patrimonio, di organizzazione, di operatività, al fine di garantire un elevato livello di efficienza e trasparenza al mercato regolamentato all'ingrosso.
Attualmente, 21 banche appartengono all'elenco degli Specialisti in titoli di Stato: ABN Amro Bank N.V, Banca Imi S.p.A., Barclays Bank PLC, Bayerische Hypo und Vereinsbank AG, BNP Paribas, Calyon - Corp. Inv. Bank, Citigroup Global Markets Ltd., Credit Suisse Europe Securities Ltd, Deutsche Bank A.G., Dresdner Bank A.G., Goldman Sachs International Bank, HSBC France, ING Bank N.V., JP Morgan Securities Ltd, Lehman Brothers International Europe, Merrill Lynch International, Morgan Stanley & Co. Int. PLC, Monte dei Paschi di Siena Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Nomura International PLC, Société Générale Inv. Banking, UBS Ltd.
Condizione necessaria per il mantenimento della qualifica di specialista è l'aggiudicazione, su base annua, di una quota di mercato primario in asta non inferiore al 3 per cento del volume emesso dal tesoro.
Gli specialisti hanno alcuni privilegi quali l'accesso esclusivo ai collocamenti supplementari dei titoli e quello alle operazioni di riacquisto titoli.
Per i titoli di Stato a medio e lungo termine, e per i BOT a sei mesi è prevista una riapertura supplementare dell'asta riservata agli Specialisti, per un importo massimo pari al 25 per cento del quantitativo offerto per la prima
tranche di ogni nuovo titolo e del 10 per cento per le tranche successive. Tali percentuali, ormai standard, sono fissate nel decreto di emissione e, ove si manifestassero particolari ragioni di opportunità, potrebbero variare.


Come stabilito dai decreti di emissione, ciascuno specialista ha diritto ad acquisire una quota del capitale nominale offerto nella
tranche supplementare, che è pari al rapporto fra il valore dei titoli di cui lo specialista è risultato aggiudicatario nelle ultime tre aste «ordinarie» dello stesso titolo, ed il totale complessivamente assegnato agli operatori nelle tre medesime aste.
Nel 2006 sul mercato domestico sono stati collocati titoli di Stato per un ammontare pari a 386 miliardi di euro, così suddivisi: 211 miliardi di BOT; 25 miliardi di CTZ, 22 miliardi di CCT, 116 miliardi di BTP, 12 miliardi di BTP indicizzati all'inflazione dell'area euro.
Per quanto riguarda le ragioni per le quali la Banca Centrale Europea, a partire dal 2002, ha incluso tutte le banconote «fra le passività monetarie delle Banche Centrali Nazionali ai fini del calcolo del reddito monetario», va richiamato in via preliminare l'articolo 32 (comma 2) dello Statuto del SEBC e della BCE, nel quale il reddito monetario oggetto di distribuzione all'interno dell'Eurosistema, ai sensi dell'articolo 32, comma 1, è definito come il reddito annuo ottenuto dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote e dei depositi costituiti dagli enti creditizi; questi attivi devono essere accantonati dalle Banche Centrali Nazionali (BCN) secondo gli indirizzi stabiliti dal Consiglio direttivo. Il medesimo articolo (comma 3) autorizza il Consiglio direttivo ad adottare un metodo alternativo per un periodo non superiore a cinque anni dall'introduzione dell'euro, qualora ciò fosse ritenuto necessario a causa della disomogeneità nella struttura di bilancio delle Banche centrali nazionali.
Con decisione del 3 novembre 1998 (ECB/1998/NP12), il Consiglio direttivo decise di adottare per gli anni 1999, 2000 e 2001 un metodo semplificato di calcolo del reddito monetario, che non prevedeva l'inclusione delle banconote nell'aggregato delle passività monetarie, tenendo conto del fatto che l'introduzione dell'euro come moneta legale era stata posticipata di tre anni.
Nel 2001 il Consiglio direttivo della BCE tornò in materia (Decisione ECB/2001/16), stabilendo che a partire dal 2002 tutte le banconote dovessero essere incluse fra le passività monetarie; nel solo anno 2002, nel quale ebbe luogo il
changeover dalle valute nazionali all'euro, sono state considerate nell'aggregato sia le banconote in euro, che quelle nazionali; dal 2003 queste ultime non sono più entrate nel calcolo del reddito monetario.
Per quanto concerne il quesito relativo al reddito dei «diritti di signoraggio» realizzato dalla Banca Centrale Europea e quanto di questo reddito sia stato redistribuito tra le Banche Centrali Nazionali, si precisa che con Decisione ECB/2001/15, la BCE ha regolamentato l'allocazione all'interno dell'Eurosistema delle banconote in euro in circolazione. Essa attribuisce alla BCE una quota pari all'8 per cento delle banconote in euro messe in circolazione dalle Banche centrali Nazionali; il restante 92 per cento viene ripartito fra le Banche centrali nazionali in proporzioni pari alle rispettive quote di partecipazione al capitale della BCE
capital key.
Sulla propria quota di banconote in euro, la BCE ricava un reddito da signoraggio le cui modalità di redistribuzione sono ora contenute nella Decisione ECB/2005/11. Essa prevede che il signoraggio della BCE debba essere redistribuito alle BCN in proporzione al rispettivo
capital key, a meno che il Consiglio direttivo decida di trattenerne (in tutto o in parte) il relativo ammontare a causa di: a) una perdita d'esercizio della BCE o un utile netto inferiore all'importo del signoraggio; b) una assegnazione al Fondo di accantonamento a fronte dei rischi di cambio, di tasso d'interesse e di prezzo sull'oro.
Nel seguente prospetto sono riportati i dati relativi al reddito da signoraggio percepito dalla BCE e la relativa redistribuzione.
Signoraggio BCE 2002-727, 2003-698, 2004-733, 2005-868, 2006-1.319.
Redistribuzione alle BCN 2002-6061, 2003-, 2004-, 2005-, 2006-.

1) Una parte del signoraggio fu trattenuta dalla BCE per coprire i costi sostenuti per la costituzione di una riserva di banconote in euro.

Per quanto riguarda le quote di capitale detenute e i nominativi dei soci della Banca
d'Italia e delle Banche centrali nazionali che hanno diritto a partecipare alla ripartizione degli utili della BCE, si fa presente che la partecipazione al capitale della Banca d'Italia è disciplinata dagli articoli 3 e 49 dello Statuto. Il capitale, di ammontare pari a 156.000 euro, è rappresentato da 300.000 quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna. La disciplina della titolarità delle quote di partecipazione fa rinvio alle disposizioni legislative. È, altresì, stabilito che la cessione di quote del capitale avviene solo previo consenso del Consiglio Superiore e su proposta del Direttore «nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza dell'Istituto e di una equilibrata distribuzione».
Le informazioni concernenti i partecipanti al capitale della Banca d'Italia e le rispettive quote di partecipazione sono pubblicate sul sito www.bancaditalia.it.
Si segnala, infine che, tranne limitate eccezioni, il capitale delle Banche centrali nazionali dell'Eurosistema è interamente pubblico.

Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Roberto Pinza.

ZACCHERA. - Al Ministro dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è affittato al ministero dei trasporti, in Domodossola (Verbania) in Piazza Matteotti n. 6 e 9 un immobile ad uso degli uffici provinciali della Motorizzazione civile per la provincia del Verbano Cusio Ossola;
l'affitto è stabilito su di una base trimestrale di euro 12.923,36 (iva compresa) ma risulta che, nonostante i solleciti dei proprietari (Immobiliare Valentina s.r.l.), il pagamento dell'affitto sia in grave ritardo e precisamente dal 14 settembre 2006;
risultano infatti impagate le fatture:
n. 7 del 2006 per il periodo 14 settembre 2006 - 13 dicembre 2006;
n. 1 del 2006 per il periodo 14 dicembre 2006 - 13 marzo 2007.
Risultano a debito (con fattura non emessa per evitare il danno - pagamento iva - oltre alla beffa) i periodi:
14 marzo 2007 - 13 giugno 2007;
14 giugno 2007 - 13 settembre 2007;
14 settembre 2007 - 13 dicembre 2007.
In definitiva, fra pochissimi giorni (il 13 dicembre 2007) il debito raggiungerà l'importo di euro (12.923,36 per 5) 64.616,80, oltre all'adeguamento ISTAT per gli anni 2006 e 2007 che, come ogni anno, su richiesta del locatore fatta nel mese di agosto, veniva determinato direttamente dal ministero, che provvedeva a comunicarne l'importo, ai fini della fatturazione, a Immobiliare Valentina s.r.l. -:
quali siano i motivi del predetto ritardo, che superano quelli pur notoriamente in essere per altri affitti a carico della amministrazione pubblica e quali iniziative si intendano intraprendere per ovviare in futuro a questa situazione.
(4-05656)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si fa presente che i pagamenti relativi alla locazione dell'immobile in uso all'Ufficio della motorizzazione di Verbano-Cusio-Ossola, dovuti alla ditta «Immobiliare Valentina s.r.l.» gravano sul capitolo di spesa all'uopo dedicato, che per il 2007 è stato il 1.232, piano di gestione 17.
Nella consapevolezza dell'insufficienza della dotazione del citato capitolo di spesa a far fronte a tutte le esigenze degli Uffici periferici del Ministero dei trasporti, sono state operate scelte in considerazione della priorità dei pagamenti relativi a pignoramenti e ad altre condizioni di urgenza. La disponibilità residua è stata, quindi, per quanto possibile, ripartita in proporzione equa fra tutti i creditori, disponendo a loro favore pagamenti in acconto.
A seguito di richiesta di integrazione del Fondo consumi intermedi con la legge di assestamento di bilancio, di recente si è potuto disporre verso la ditta sopra citata il pagamento della somma di 66.914 euro, a copertura quasi totale del debito fino a tutto il 2007.

Il Ministro dei trasporti: Alessandro Bianchi.