Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca
Titolo: Rassegna parlamentare di politica internazionale 4/2008. L'attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito , Spagna e Stati Uniti in materia di politica estera, difesa e sicurezza
Serie: Rassegna parlamentare di politica internazionale    Numero: 4    Progressivo: 2008
Data: 29/02/2008
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

Camera dei deputati - Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera

 

RASSEGNA PARLAMENTARE

DI POLITICA INTERNAZIONALE

 

Febbraio 2008, Anno II, N. 4

L’attività parlamentare in Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti
in materia di politica estera, difesa e sicurezza

 


Germania 

Nella seduta del 20 febbraio 2008 si è svolto al Bundestag un lungo dibattito sul Futuro del Kosovo dopo la dichiarazione di indipendenza avvenuta lo scorso 17 febbraio (http://dip21.bundestag.de/dip21/btp/16/16144.pdf). In rappresentanza del Governo è intervenuto il Ministro federale degli esteri Steinmeier, il quale, nell’annunciare la decisione del Governo di riconoscere lo Stato indipendente del Kosovo e di stabilire relazioni diplomatiche bilaterali, ha sottolineato la necessità di sostenere il paese nella costruzione di uno Stato democratico di diritto e nell’affermazione dei valori europei non solo nel Kosovo, ma in tutta la regione dei Balcani occidentali, al fine di garantire stabilità ed equilibrio nell’intera area. La scelta di sostenere il processo di indipendenza – ha ricordato il Ministro degli esteri – costituisce, da un lato l’atto conclusivo di un percorso iniziato con il crollo della ex Jugoslavia, dall’altro il punto di partenza per un’efficace politica europea, in grado di risolvere definitivamente i conflitti che ormai da anni dilagano in questa regione del continente europeo.

Steinmeier ha inoltre fatto riferimento alla “piattaforma” elaborata dai Ministri degli esteri dei 27 Stati membri dell’Unione europea, riunitisi il 18 febbraio 2008 a Bruxelles per discutere sul riconoscimento del Kosovo e sulle future prospettive europee dei Balcani occidentali. In tale sede non è stato tuttavia possibile raggiungere una posizione comune in merito al riconoscimento ufficiale dell’indipendenza del Kosovo. Ciascun paese membro deciderà autonomamente sulla questione.

Il Ministro ha, infine, lanciato un appello alla Federazione Russa che, in appoggio alla Serbia, ha sempre manifestato una ferma opposizione alla nascita di uno Stato kosovaro indipendente, affinché non agisca in modo impulsivo e mantenga un atteggiamento aperto al dialogo.

Il riconoscimento ufficiale del Kosovo rappresenta una delle più difficili decisioni di politica estera adottate dall’attuale Governo tedesco, anche se il Presidente del Kosovo ha assicurato il rispetto del Piano delle Nazioni Unite, dei principi democratici e dei diritti umani, nonché la tutela dei diritti della minoranza di etnia serba. La Germania parteciperà alla nuova missione civile dell’Unione europea in Kosovo (EULEX), istituita con lo scopo di contribuire alla costruzione delle strutture istituzionali ed amministrative del nuovo Stato. Una decisione alternativa da parte del Governo (così come dichiarato dallo stesso ministro e dai rappresentanti dei gruppi della maggioranza) avrebbe rischiato di lasciare senza controllo un processo divenuto ormai inevitabile e avrebbe determinato l’acuirsi di gravi problemi interni al Kosovo, come la corruzione e la criminalità organizzata.

L’atteggiamento di maggiore ostilità alla scelta del Governo è stato espresso dai deputati del gruppo di opposizione della Sinistra (Die Linke), per i quali il riconoscimento del Kosovo rappresenta una violazione dei principi che regolano l’ordinamento internazionale, sanciti nello Statuto delle Nazioni Unite e nell’Atto Finale di Helsinki, vale a dire l’integrità territoriale, la sovranità e l’inviolabilità dei confini.

 

Stati Uniti

Il 25 febbraio 2008 il Presidente della Commissione Affari esteri del Senato, Joseph R. Biden, di ritorno dalla sua missione in Afghanistan e Pakistan, nella quale è stato accompagnato da due membri della commissione, il democratico John F. Kerry ed il repubblicano Chuck Hagel, ha tenuto un discorso innanzi al Council on Foreign Relations di New York, sul tema del rapporto tra la situazione in Afghanistan e Pakistan e la sicurezza americana

(http://biden.senate.gov/newsroom/details.cfm?id=293550&&).

La tesi centrale sviluppata nel discorso è che il focolaio principale del terrorismo si trova in questa regione e che esso va combattuto distogliendo risorse dal fronte secondario ormai costituito dall’Iraq. Tale ricollocazione è urgente perché l’intervento in Afghanistan sta scivolando verso il fallimento. Il prossimo Presidente americano deve pertanto attivarsi per concludere in modo responsabile l’intervento in Iraq.

Se in Afghanistan aumenterà l’impegno militare americano, gli alleati saranno costretti a fare altrettanto, il che permetterà alla NATO di imporsi sugli attuali approcci nazionali.

Sul piano civile, occorre rilanciare l’idea di un piano Marshall per l’Afghanistan, basato su viabilità ed elettricità (si ripete, infatti, che i Talebani iniziano dove finiscono le strade). Secondo Biden, un mese di spese militari sostenute in Iraq corrisponde a sei anni di ricostruzione civile in Afghanistan. Tale ricostruzione deve essere concentrata più sulle province che sulla capitale e prevedere il coinvolgimento delle diverse elite locali.

In aggiunta a ciò la cooperazione del Pakistan è essenziale per il successo dell’intervento in Afghanistan. La politica di Musharraf verso gli estremismi interni è stata ondivaga, oscillando fra confronto, inerzia e conciliazione. A causa del suo armamento nucleare, un rovesciamento del Pakistan da parte dei fondamentalisti rappresenterebbe tuttavia un disastro globale. Cogliendo l’occasione delle recenti elezioni legislative e del conseguente ricambio politico, gli Stati Uniti devono pertanto affiancare il Pakistan all’Afghanistan in cima alle loro priorità.

In concreto sono necessari tre tipi di interventi. Innanzitutto, occorre triplicare l’assistenza non militare a quel paese e conferire ad essa una durata decennale. Va poi reso trasparente e responsabile l’utilizzo di tale aiuto, ponendo fine all’attuale sistema di erogazioni incontrollate. Infine, gli Stati Uniti devono contribuire alla ristrutturazione delle forze armate pakistane, trasformandole da un esercito rivolto ad una guerra convenzionale con l’India, e pertanto collocato alla frontiera del Kashmir, a forze diversificate impegnate nella guerra al terrorismo nelle aree tribali di frontiera con l’Afghanistan.

 

Casella di testo: Focus SicurezzaStati Uniti

Il 26 febbraio 2008, presso la Subcommittee on Intelligence, Information Sharing, and Terrorism Risk Assessment della Commissione sulla Sicurezza nazionale della Camera dei rappresentanti, si è tenuta un’audizione alla quale è stato invitato Charles E. Allen, Sottosegretario per l’intelligence e le analisi all’interno del Dipartimento sulla Sicurezza nazionale, affinché riferisse in merito alle attività di intelligence previste a tutela della sicurezza nazionale per l’anno 2008

(http://homeland.house.gov/SiteDocuments/20080226165154-47048.pdf).

Il sottosegretario Allen ha innanzi tutto ricordato come le principali minacce che l’Office of Intelligence and Analysis si trova a fronteggiare oggi siano oramai senza confini, globali, diffuse e sempre più dinamiche e volatili. A partire dal 2007 le risorse dell’ufficio sono state conseguentemente riorganizzate attorno a cinque versanti di attività:

·       minacce alla sicurezza dei confini, con un approccio che non solo prende in considerazione tutte le possibili frontiere (aeree, terrestri, marine e virtuali), ma le studia da un punto di vista integrato;

·       minacce derivanti dal radicalismo e dall’estremismo, con particolare attenzione all’Islam radicale ma senza trascurare altri pericolosi gruppi interni (sostenitori della supremazia dei bianchi, separatisti neri, ambientalisti estremi);

·       potenziali minacce derivanti da altri gruppi di popolazioni, con particolare attenzione alle tipologie dei flussi migratori verso gli Stati Uniti;

·       minacce alle infrastrutture critiche, sia nel settore privato che in ambito statale;

·       minacce derivanti da possibili attacchi chimici, biologici, radiologici e nucleari, con particolare riguardo all’uso di armi artigianali e di “bombe sporche”.

Per l’anno 2008 l’obiettivo principale è quello di una sempre maggiore condivisione delle informazioni e di una reale integrazione tra tutti coloro che operano per la sicurezza interna, a livello federale, statale e locale, al fine di poter comunicare informazioni vitali ai diretti interessati nel posto e nel momento giusto. A tale scopo sono stati segnalati l’avvio della rete nazionale integrata Homeland Secure Data Network (HSDN) e la costituzione del gruppo di collaborazione Interagency Threat Assesment Coordination Group (ITACG), con la partecipazione del Dipartimento per la Sicurezza nazionale, del National Counterterrorism Center e dell’FBI.

Nella parte finale del suo intervento, il sottosegretario Allen ha infine positivamente sottolineato gli stanziamenti previsti a favore dell’Office of Intelligence and Analysis nel bilancio federale di previsione per il 2009, con particolare riguardo alle assegnazioni destinate all’assunzione di nuovi esperti ed analisti, non solo nel campo dell’intelligence ma anche nei settori della gestione delle risorse economiche, dell’amministrazione del capitale umano e della conoscenza dei diversi aspetti giuridici e legali.

 

 

 

 


 

 

XV Legislatura – Rassegna parlamentare di politica internazionale, Anno II, n. 4 – 29 febbraio 2008