Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca
Titolo: Contratti a termine, interinali e atipici in Francia, Germania e Spagna
Serie: Materiali di legislazione comparata    Numero: 11
Data: 24/05/2007
Descrittori:
CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO   LAVORO ATIPICO
LAVORO INTERINALE   STATI ESTERI
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato


 

Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 
SERVIZIO BIBLIOTECA

 

Materiali di legislazione comparata

 

 

 

 

CONTRATTI A TERMINE, INTERINALI E ATIPICI
IN FRANCIA, GERMANIA E SPAGNA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 11 – Maggio 2007


SIWEB

 

 

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Indice

 

Schede di sintesi. 1

francia.. 3

Contratti a tempo determinato. 3

Contratti di lavoro interinale. 10

Contratti atipici15

GERMANIA.. 17

Contratti a tempo determinato. 17

Contratti di lavoro interinale. 24

Contratti atipici27

spagna.. 33

Contratti a tempo determinato. 33

Contratti di lavoro interinale. 40

Contratti atipici44

 


 


Schede di sintesi

 


francia



In Francia l’ordinanza n° 2007-329, del 12 marzo 2007, ha disposto l’abrogazione dell’attuale parte legislativa del Codice del lavoro e, ai sensi dell’art. 1, la sua sostituzione con una nuova parte legislativa, contenuta nell’Allegato I dell’ordinanza stessa. Il successivo art. 14 ha disposto che l’ordinanza entri in vigore insieme alla nuova parte regolamentare del Codice del lavoro e, in ogni caso, entro la data del 1° marzo 2008.

In tale sede vengono quindi esaminati soltanto i contratti a termine, interinali ed atipici previsti dal nuovo Codice del lavoro.

 

Contratti a tempo determinato

Nell’ambito dei contratti di lavoro diversi da quelli a tempo indeterminato, per i quali è comunque previsto un termine fissato nel tempo, il nuovo codice distingue tra i veri e propri “contratti di lavoro a tempo determinato” ed i cosiddetti “contratti di lavoro assistiti”.

Ai sensi dell’art. L 1242-1 del nuovo Codice del lavoro, i contratti di lavoro a tempo determinato (contrats de travail à durée déterminée), qualunque sia il motivo per il quale vengono sottoscritti, non possono avere, né per oggetto né per effetto, il fatto di fornire durevolmente un impiego legato all’attività normale e permanente dell’impresa.

Essi possono essere conclusi solo per l’esecuzione di un compito preciso e temporaneo e solo in casi determinati (art. L 1242-2), fra i quali si citano, in particolare, i seguenti:

·        sostituzione di un dipendente in caso di assenza, di passaggio provvisorio a tempo parziale, di sospensione del suo contratto a tempo indeterminato, di partenza definitiva precedente la soppressione del suo posto di lavoro, di attesa dell’entrata in servizio del dipendente reclutato con contratto a tempo indeterminato destinato a sostituirlo;

·        aumento temporaneo dell’attività dell’impresa;

·        impieghi a carattere stagionale oppure appartenenti a settori determinati dalla legge o dalla contrattazione in cui è uso costante non ricorrere al contratto a tempo indeterminato in ragione della natura intrinseca dell’attività o dell’impiego.

 

Oltre ai casi sopra citati, un contratto a durata determinata (CDD) può essere concluso nei seguenti casi (art. L 1242-3):

·        quando vengono applicate disposizioni legali finalizzate a favorire il reclutamento di alcune categorie di persone senza impiego;

·        quando il datore di lavoro si impegna, per una durata e a condizioni fissate con decreto, ad assicurare un complemento di formazione professionale al lavoratore.

 

Il CDD deve contenere un termine fissato con precisione sin dalla sua stipula (art. L 1242-7), salvo alcune eccezioni.

Ai sensi dell’art. L 1242-8, esso può avere una durata massima complessiva di 18 mesi, ivi compreso l’eventuale unico rinnovo a tempo determinato previsto dall’art. L 1243-13.  In taluni casi, questa durata è portata a 24 mesi, in particolare quando il contratto è concluso nel quadro della partenza definitiva di un dipendente precedente la soppressione del suo posto di lavoro o quando sopravviene nell’impresa principale o in un suo appaltatore un’ordinazione eccezionale all’esportazione.

Il CDD deve essere concluso per iscritto e contenere la definizione precisa del suo motivo. Qualora non contenga un termine preciso, deve contenere una durata minima (art. L 1242-12).

Ogni CDD concluso in violazione degli articoli fin qui citati è ritenuto un contratto di lavoro a tempo indeterminato(contrat de travail à durée indéterminée, CDI) (art. L 1245-1). La riqualificazione del contratto è pronunciata dal Consiglio dei probiviri (Conseil des prud’hommes), la giurisdizione del lavoro dipendente in Francia (art. L 1245-2). In aggiunta, qualunque violazione degli articoli fin qui citati è punita con ammenda, la recidiva con incarcerazione e ammenda (artt. L 1248-1 a L 1248-6).

Le disposizioni legali e negoziali nonché gli usi applicabili ai dipendenti con CDI sono applicabili anche ai dipendenti con CDD, fatta eccezione per le disposizioni riguardanti lo scioglimento di un CDI (art. L 1242-14). In particolare, la retribuzione percepita da un dipendente con CDD non può essere inferiore all’importo della retribuzione che percepirebbe nella stessa impresa, dopo il periodo di prova, un dipendente con CDI che possieda una qualifica professionale equivalente ed occupi le stesse funzioni (art. L 1242-15).

Salvo diverso accordo fra le parti, il CDD può essere sciolto prima della scadenza del termine solo in caso di colpa grave o di forza maggiore (art. L 1243-1). Lo scioglimento anticipato prima del termine, fuori dai casi sopra indicati, per iniziativa del dipendente o dell’imprenditore, fa sorgere il diritto al risarcimento dei danni (artt. L 1243-3 e L 1243-4).

Inoltre se, alla scadenza di un CDD, le relazioni contrattuali di lavoro non proseguono con un CDI, il dipendente ha diritto, a titolo di complemento retributivo, ad un’indennità di fine contratto destinata a compensare la sua situazione di precarietà (art. L 1243-8). In alcuni casi tuttavia questa indennità non è dovuta.

E’ ammessa la conclusione di successivi CDD con lo stesso dipendente, nei seguenti casi (art. L 1244-1): sostituzione di un dipendente assente o il cui contratto a tempo indeterminato sia sospeso; impieghi a carattere stagionale oppure appartenenti a settori determinati dalla legge o dalla contrattazione in cui è uso costante non ricorrere al contratto a tempo indeterminato in ragione della natura intrinseca dell’attività o dell’impiego.

Inoltre, i CDD a carattere stagionale possono contenere una clausola di rinnovo per la stagione seguente (art. L 1244-2).

Infine, alla scadenza di un CDD, non si può ricorrere, per occupare lo stesso posto, né a un altro CDD né a un contratto di lavoro temporaneo, prima della scadenza di un termine calcolato in funzione della durata del contratto, incluso il suo eventuale rinnovo (art. L 1244-3). In alcuni casi questo termine fra i due contratti non è previsto

 

I contratti di lavoro assistiti (contrats de travail aidés) costituiscono, a loro volta, una categoria generale, comprendente al suo interno vari contratti tipici, ognuno dei quali è disciplinato in dettaglio dal Codice. Nel seguito si esaminano unicamente i contratti tipici di natura generale, escludendo cioè quelli previsti dal Codice in settori economici particolari.

I contratti di accompagnamento nell’impiego (contrats d’accompagnement dans l’emploi) hanno per oggetto di agevolare l’inserimento professionale dei disoccupati che incontrino particolari difficoltà sociali e professionali nell’accesso all’impiego. Essi prevedono: la conclusione di una convenzione fra lo Stato ed alcuni organismi datori di lavoro (collettività territoriali, persone giuridiche di diritto pubblico, organismi di diritto privato senza scopo di lucro e persone giuridiche di diritto privato incaricate di un servizio pubblico); la conclusione di un contratto di lavoro fra l’organismo datore di lavoro e il beneficiario; l’attribuzione di un aiuto finanziario dello Stato e di alcune esenzioni fiscali e contributive (art. L 5134-20).

Il contratto di accompagnamento nell’impiego è un contratto di di lavoro di diritto privato e a tempo determinato, che ha per oggetto  impieghi destinati a soddisfare bisogni collettivi non soddisfatti (art. L 5134-24). La sua durata non può essere inferiore a 6 mesi (art. L 5134-25). Le ore di lavoro settimanali devono essere almeno 20 (art. L 5134-26).

Questo contratto può essere sciolto prima del termine, per iniziativa del lavoratore, qualora lo scioglimento abbia lo scopo di permettergli: un’assunzione con contratto a tempo indeterminato; oppure un’assunzione con contratto a tempo determinato di almeno 6 mesi; o ancora una formazione che sfoci in una qualifica professionale ufficialmente riconosciuta (art. L 5134-28).

Inoltre il contratto può essere sospeso, su domanda del lavoratore,  per consentirgli di compiere il periodo di prova previsto da un impiego a tempo indeterminato o a tempo determinato di almeno 6 mesi. In caso di assunzione al termine del periodo di prova, il contratto impiego-giovane è sciolto senza preavviso (art. L 5134-29).

Infine, l’aiuto finanziario, in forma forfettaria nonché esente totalmente dagli oneri fiscali e parzialmente da quelli contributivi , versato dallo Stato all’organismo datore di lavoro è disciplinato dagli artt. L 5134-30 a L 5134-33 del Codice.

 

I contratti di avvenire (contrats d’avenir) hanno invece per fine quello di agevolare l’inserimento sociale e professionale dei beneficiari del reddito minimo d’inserimento (revenu minimum d’insertion), dell’assegno di solidarietà specifica (allocation de solidarité spécifique), dell’assegno di genitore isolato (allocation de parent isolé) o dell’assegno agli adulti disabili (allocation aux adultes handicapés). Riguardano impieghi destinati a soddisfare bisogni collettivi non soddisfatti e prevede: la conclusione di una convenzione di obiettivi fra lo Stato da un lato, il dipartimento, il comune o l’organismo intercomunale dall’altro; la conclusione di un contratto di lavoro fra il beneficiario, uno dei citati enti locali e l’organismo datore di lavoro (collettività territoriali, persone giuridiche di diritto pubblico, persone giuridiche di diritto privato incaricate di un servizio pubblico ed organismi di diritto privato senza scopo di lucro); l’attribuzione di diversi aiuti finanziari dello Stato e di alcune esenzioni fiscali e contributive (artt. L 5134-35 a L 5134-38).

Il contratto di avvenire è un contratto di lavoro di diritto privato a tempo determinato (art. L 5134-41). Esso è concluso per una durata di 2 anni e può essere rinnovato per al massimo altri 12 mesi. Nel caso dei lavoratori con più di 50 anni e degli adulti disabili il rinnovo può essere di 36 mesi al massimo (art. L 5134-42). Le ore di lavoro settimanali sono 26 (art. L 5134-45).

Questo contratto può essere sciolto prima del termine, per iniziativa del lavoratore, qualora lo scioglimento abbia lo scopo di permettergli: un’assunzione con contratto a tempo indeterminato; oppure un’assunzione con contratto a tempo determinato di almeno 6 mesi; o ancora una formazione che sfoci in una qualifica professionale ufficialmente riconosciuta (art. L 5134-48).

Inoltre il contratto può essere sospeso, su domanda del lavoratore,  per consentirgli di compiere il periodo di prova previsto da un impiego a tempo indeterminato o a tempo determinato di almeno 6 mesi. In caso di assunzione al termine del periodo di prova, il contratto impiego-giovane è sciolto senza preavviso (art. L 5134-49).

Infine, i diversi aiuti finanziari, esenti totalmente dagli oneri fiscali e parzialmente da quelli contributivi, versati dallo Stato all’organismo datore di lavoro sono disciplinati dagli artt. L 5134-51 e L 5134-52 del Codice.

 

Nell’ambito dei contratti di lavoro assistiti vi sono anche i contratti impiego-giovane (contrats emploi-jeune) che però possono avere sia durata definita che indeterminata.

Questi contratti hanno per fine quello di promuovere lo sviluppo di attività creatrici di impieghi destinati ai giovani, che rispondano a bisogni emergenti o non soddisfatti e che presentino un carattere di utilità sociale, in particolare nei campi delle attività sportive, culturali, educative, ambientali e di prossimità. Esso è destinato ai giovani fra 18 e 25 anni nonché ai giovani con meno di 30 anni riconosciuti disabili (art. L 5134-1).

Il contratto impiego-giovane prevede: la conclusione di una convenzione pluriennale fra lo Stato ed alcuni organismi datori di lavoro (collettività territoriali, persone giuridiche di diritto pubblico, organismi di diritto privato senza scopo di lucro e associazioni); la conclusione di un contratto di lavoro fra l’organismo datore di lavoro e il giovane; l’attribuzione di un aiuto finanziario dello Stato (art. L 5134-2).

Si tratta di un contratto di lavoro di diritto privato, che può essere, come precedentemente segnalato, a tempo indeterminato oppure determinato (art. L 5134-9). In questo caso la sua durata è fissata a 60 mesi (art. L 5134-14).

Quando è a tempo determinato, il contratto può essere sciolto, alla fine di ogni anno di esecuzione, per iniziativa del lavoratore oppure del datore di lavoro, se questo dimostra una causa reale e seria (art. L 5134-15). Il lavoratore in questo caso ha diritto ad una indennità calcolata in base alla retribuzione percepita (art. L 5134-16).

Qualora il contratto venga sciolto prima del termine, il datore di lavoro non può concludere, per lo stesso posto, un nuovo contratto a tempo determinato (art. L 5134-17).

Infine, l’aiuto finanziario, in forma forfettaria ed esente da imposte, versato dallo Stato all’organismo datore di lavoro per ogni posto creato e occupato mediante contratto impiego-giovane è disciplinato dall’art. L 5134-19 del Codice.

 

Contratti di lavoro interinale

Si tratta di una tipologia di contratti a parte, classificati generalmente come contratti di lavoro conclusi con un’impresa di lavoro temporaneo (contrats de travail conclu avec une entreprise de travail temporaire).

Ai sensi dell’art. L 1251-1 del nuovo Codice del lavoro, il ricorso al lavoro temporaneo ha per oggetto la messa a disposizione temporanea di un lavoratore, da parte di un’impresa di lavoro temporaneo, a beneficio di un’impresa utilizzatrice per l’esecuzione di una missione. Ogni missione porta a concludere due contratti distinti: un cosiddetto “contratto di messa a disposizione” (contrat de mise à disposition)  fra l’impresa di lavoro temporaneo e l’impresa utilizzatrice; un contratto di lavoro detto “contratto di missione” (contrat de mission) fra il lavoratore temporaneo e l’impresa di lavoro temporaneo.

Il predetto contratto di messa a disposizione, concluso per ciascun lavoratore, contiene: il motivo circostanziato per il quale si fa appello al lavoratore temporaneo; il termine della missione; le caratteristiche particolari del posto di lavoro da occupare, la qualifica professionale richiesta, il luogo della missione e il suo orario; l’importo della retribuzione comprensivo delle sue varie componenti (art. L 1251-43). Nel contratto è nulla qualsiasi clausola mirante a vietare l’assunzione del lavoratore temporaneo da parte dell’impresa utilizzatrice al termine della sua missione (art. L 1251-44).

E’ vietata qualunque attività di lavoro temporaneo non esercitata da un’impresa di lavoro temporaneo (art. L 1251-3) quale definita e disciplinata dal codice stesso.

Per quanto riguarda invece il contratto di missione, qualunque ne sia il motivo, esso non può avere né per oggetto né per effetto di fornire durevolmente un impiego legato all’attività normale e permanente dell’impresa utilizzatrice (art. L 1251-5). La violazione è punita con ammenda, la recidiva con incarcerazione e ammenda (art. L 1254-3).

Si può fare appello a un lavoratore temporaneo solo per l’esecuzione di un compito preciso e temporaneo denominato “missione” e solo in determinati casi (art. L 1251-6), fra i quali si citano in particolare i seguenti:

·        sostituzione di un dipendente in caso di assenza, di passaggio provvisorio a tempo parziale, di sospensione del suo contratto a tempo indeterminato, di partenza definitiva precedente la soppressione del suo posto di lavoro, di attesa dell’entrata in servizio del dipendente reclutato con contratto a tempo indeterminato destinato a sostituirlo;

·        aumento temporaneo dell’attività dell’impresa;

·        impieghi a carattere stagionale oppure appartenenti a settori determinati dalla legge o dalla contrattazione in cui è uso costante non ricorrere al contratto a tempo indeterminato in ragione della natura intrinseca dell’attività o dell’impiego.

 

La violazione di questo articolo è punita con ammenda, la recidiva con incarcerazione e ammenda (art. L 1254-4).

Oltre ai casi sopra citati, il contratto di missione può essere concluso nei seguenti casi, previsti dall’art. L 1251-7:

·        quando la missione di lavoro temporaneo è finalizzata, in applicazione di disposizioni legali o di un accordo di comparto, a favorire il reclutamento di persone senza impiego con particolari difficoltà sociali e professionali;

·        quando l’impresa di lavoro temporaneo e l’impresa utilizzatrice si impegnano, per una durata e a condizioni fissate con decreto o con accordo di comparto, ad assicurare un complemento di formazione professionale al lavoratore.

 

Il contratto di missione deve contenere un termine fissato con precisione sin dalla sua stipula (art. L 1251-11), salvo alcune eccezioni previste dallo stesso articolo. La violazione è punita con ammenda, la recidiva con incarcerazione e ammenda (art. L 1254-6).

Esso può avere una durata massima complessiva di 18 mesi (art. L 1251-12), ivi compreso l’eventuale unico rinnovo previsto dall’art. L 1251-35.  In taluni casi, la durata è portata a 24 mesi, in particolare quando il contratto di missione è concluso nel quadro della partenza definitiva di un dipendente precedente la soppressione del suo posto di lavoro o quando sopravviene nell’impresa principale o in un suo appaltatore un’ordinazione eccezionale all’esportazione. La violazione è punita con ammenda, la recidiva con incarcerazione e ammenda (art. L 1254-7).

Inoltre, quando un’impresa utilizzatrice ricorre a un lavoratore  di un’impresa di lavoro temporaneo in violazione degli articoli fin qui citati, tale lavoratore può far valere presso di essa diritti corrispondenti a quelli di un CDI con effetto dal primo giorno della sua missione (art. L 1251-40). La riqualificazione del contratto è pronunciata dal Consiglio dei probiviri (Conseil des prud’hommes), la giurisdizione del lavoro dipendente in Francia, ai sensi del successivo art. L 1251-41.

Il contratto di missione deve essere concluso per iscritto (art. L 1251-16) . La violazione è punita con ammenda, la recidiva con reclusione e ammenda (art. L 1254-2).

L’impresa di lavoro temporaneo che sciolga il contratto di missione del lavoratore prima del termine previsto dal contratto deve proporgli, salvo colpa grave o forza maggiore, un nuovo contratto di missione avente effetto entro tre giorni lavorativi (art. L 1251-26).

Di converso, lo scioglimento anticipato del contratto di missione per iniziativa del lavoratore attribuisce all’impresa di lavoro temporaneo il diritto al risarcimento dei danni (art. L 1251-28).

Inoltre se, al termine di una missione, il lavoratore non beneficia immediatamente di un CDI con l’impresa utilizzatrice, egli ha diritto, a titolo di complemento retributivo, ad un’indennità di fine missione destinata a compensare la sua situazione di precarietà (art. 1251-32). In alcuni casi tuttavia questa indennità non è dovuta.

Alla scadenza di un contratto di missione non si può ricorrere, per occupare lo stesso posto, né a un CDD né a un altro contratto di missione, prima della scadenza di un termine calcolato in funzione della durata del contratto, incluso il suo eventuale rinnovo (art. L 1251-36).  La violazione è punita con ammenda, la recidiva con detenzione e ammenda (art. L 1254-9).

Infine, se l’impresa utilizzatrice continua a far lavorare un lavoratore temporaneo dopo la fine della sua missione senza aver concluso con lui un contratto di lavoro oppure senza un nuovo “contratto di messa a disposizione”, si considera che tale lavoratore è legato all’impresa utilizzatrice da un CDI.

I controlli amministrativi sulle imprese di lavoro temporaneo, volti in particolare a garantire la solvibilità delle stesse nel pagamento delle retribuzioni, delle indennità e degli oneri sociali, sono disciplinati dagli artt. L 1251-45 a L 1251-59 del Codice.

Da ultimo, occorre aggiungere che i contratti di lavoro conclusi con un’impresa di lavoro temporaneo sono anche detti in francese, con espressione atecnica, contrats de travail intérimaire. Insieme ai contratti a tempo determinato essi costituiscono i cosiddetti contrats courts,  formulazione anch’essa informale. Nel 2006 questi “contratti corti” includevano il 10% dei lavoratori del settore privato,  non contando in quest’ultimo i “contratti di lavoro assistiti” (infra). Essi sono stati utilizzati principalmente per consentire alle imprese di adattarsi rapidamente alle fluttuazioni congiunturali della loro attività.

 

Contratti atipici

Una categoria a parte è costituita dai “contratti nuove assunzioni” (contrats nouvelles embauches).

Questi contratti, istituiti nel 2005, sono contratti di lavoro a tempo indeterminato (CDI), ma che presentano speciali elementi di flessibilità. Possono essere conclusi solo nelle imprese e associazioni di diritto privato che occupino un massimo di 20 dipendenti (art. L 1223-1). La specificità principale di tale contratto è che nei primi due anni, detti “periodo di consolidamento dell’impiego”, il contratto può essere sciolto in modo più semplice dal datore di lavoro.

Il contratto nuove assunzioni non può invece essere concluso per occupare impieghi a carattere stagionale oppure appartenenti a settori determinati dalla legge o dalla contrattazione in cui è uso costante non ricorrere ad un CDI in ragione della natura intrinseca dell’attività o dell’impiego (art. L 1223-3).

In dettaglio, durante i primi due anni il datore di lavoro può, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, sciogliere il contratto senza motivare la sua decisione, salvo particolari casi, con preavviso nullo se il contratto è durato meno di 1 mese, di due settimane se il contratto è durato da 1 a 6 mesi, di un mese se il contratto è durato più di 6 mesi. In tal caso, salvo colpa grave, deve corrispondere al lavoratore una indennità pari all’8% dell’importo totale della retribuzione lorda percepita dall’inizio del contratto; il regime fiscale e sociale di tale indennità è uguale a quello previsto per l’indennità di licenziamento (art. L 1236-1).

Inoltre, il datore di lavoro deve versare il 2% dello stesso importo all’Assédic, l’ente di assicurazione contro la disoccupazione (art. L 1236-2). Se il lavoratore non ha una durata di lavoro sufficiente per ricevere un’indennità a questo titolo e se la durata del contratto è stata di almeno 4 mesi, egli ha il diritto di ricevere un’indennità forfettaria di 16, 4 Euro al giorno per un mese (art. L 5423-15).

Ogni contestazione riguardante lo scioglimento del contratto nei primi due anni è prescritta dopo 12 mesi a partire dall’invio della lettera raccomandata che notifica lo scioglimento (art. L  1236-3).

Infine, se il datore di lavoro scioglie il contratto nei primi due anni gli è vietato concludere un altro contratto nuove assunzioni con lo stesso lavoratore prima che sia scaduto un termine di tre mesi a partire dallo scioglimento del contratto precedente (art. L 1236-6).

Dopo il citato periodo di consolidamento di 2 anni, si applicano le regole comuni del contratto a tempo indeterminato (CDI).

Finora il contratto nuove assunzioni è stato utilizzato dalle imprese da un lato per rimediare ad un periodo di incertezza economica, dall’altro per collaudare più a lungo le competenze di un lavoratore.


GERMANIA

 

Contratti a tempo determinato

La definizione giuridica di “lavoratore occupato a termine” (befristet beschäftigter Arbeitnehmer) è contenuta nell’art. 3 della legge sul lavoro a tempo parziale e sui contratti di lavoro a termine[1] del 21 dicembre 2000, adottata in attuazione delle direttive 81/97/CE e 70/99/CE. In base a tale disposizione si considera occupato a termine il lavoratore che ha stipulato un contratto di lavoro per un tempo determinato. L’art. 3 distingue due tipologie di contratti di lavoro a termine:

·         quello in cui la durata è determinata in relazione ad una data del calendario (kalendermäβig befristeter Arbeitsvertrag);

·        quello in cui la durata si desume dalle modalità, dallo scopo o dalla natura della prestazione di lavoro (c.d. contratto di lavoro a termine di scopo, zweckbefristeter Arbeitsvertrag).

 

A quest’ultima tipologia è assimilabile anche il contratto di lavoro sottoposto a condizione risolutiva, cui fa riferimento il successivo art. 21 della stessa legge.

Per quanto riguarda la legittimità dell’apposizione del termine, si distinguono due fattispecie di contratto. Nella prima fattispecie la legittimità del contratto a tempo determinato presuppone che l’apposizione del termine sia giustificata da un motivo oggettivo. A tale proposito l’art. 14 della legge fornisce un elenco non tassativo dei motivi che possono essere posti a fondamento di un contratto di lavoro a termine. Secondo la legge sussiste un motivo oggettivo in particolare quando:

·        il fabbisogno aziendale di manodopera ha soltanto carattere transitorio;

·        il termine è apposto dopo una formazione o un ciclo di studi per facilitare il passaggio del lavoratore ad un successivo impiego;

·        il lavoratore viene impiegato in sostituzione di un altro lavoratore;

·        il termine è giustificato dalla particolarità della prestazione lavorativa;

·        il termine viene apposto a fini di prova;

·        il termine è giustificato da motivi che dipendono dalla persona del lavoratore;

·        il lavoratore è retribuito con stanziamenti di bilancio pubblico destinati per disposizione del bilancio stesso ad un’occupazione a termine ed il lavoratore è impegnato in modo corrispondente;

·        il termine trova fondamento in una conciliazione giudiziale.

 

Nella seconda fattispecie rientrano invece i contratti a termine “semplificati”, nei quali l’apposizione del termine prescinde da una causa giustificatrice. In tal caso la legge prevede una durata massima del contratto di due anni. Nei limiti di questa durata complessiva, il contratto di lavoro a termine stabilito secondo il calendario può essere prorogato al massimo per tre volte. Tuttavia ciò non è consentito nel caso in cui vi sia già stato in precedenza un rapporto a tempo determinato o indeterminato con il medesimo datore di lavoro. Il divieto stabilito dalla norma, non accompagnato dall’indicazione di un preciso termine temporale, limita perciò la possibilità di stipulare contratti a termine senza motivo oggettivo alle prime assunzioni: anche un brevissimo contratto a termine avvenuto molti anni prima impedisce, infatti, la conclusione di un nuovo contratto a tempo determinato, senza motivo oggettivo, con il medesimo datore di lavoro. Dopo un contratto a termine semplificato è quindi possibile stipulare soltanto contratti a termine giustificati da un motivo oggettivo. In tal modo il legislatore ha inteso ridurre in modo drastico la possibilità di dar vita a contratti di lavoro a catena (c.d. Kettenarbeitsverträge).

Il numero delle proroghe o la durata massima del termine indicato in un contratto di lavoro a tempo determinato possono inoltre essere stabiliti dai contratti collettivi (Tarifverträge) in deroga a quanto previsto dalla disciplina gernerale. La clausola di apertura sindacale contenuta nell’art. 14, comma 2, capoverso 3 della legge sul part-time e i contratti a termine, conferisce infatti un ampio potere di deroga che consente all’autonomia collettiva di adattare il contratto a termine semplificato, cioè privo di motivo oggettivo, alle peculiarità dei diversi settori economici. La regolazione collettiva può, da una parte, essere più favorevole ai lavoratori, giungendo al limite a vietare la stipulazione di contratti a termine senza motivo oggettivo, dall’altra può però essere anche più svantaggiosa, aumentando il numero di proroghe consentite o la durata massima del contratto.

Con una successiva modifica della disciplina generale, in vigore dal 1° gennaio 2004, è stato introdotto nell’art. 14 un nuovo comma 2a che consente alle nuove imprese, nei primi quattro anni dopo l’inizio della loro attività, di stipulare contratti a tempo determinato, a prescindere dalla sussistenza di un motivo oggettivo, per una durata massima di quattro anni e senza limiti di proroghe nell’ambito della durata complessiva. Tale disposizione non si applica nell’ipotesi di rifondazioni aziendali connesse a ristrutturazioni “legali” di imprese e gruppi industriali.

La legge prevede un’ulteriore possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato senza causale per i lavoratori anziani che abbiano compiuto 52 anni di età[2] . Tale disposizione è stata però ritenuta incompatibile con la normativa comunitaria, in particolare con l’art. 6 della direttiva 2000/78/CE[3] che riguarda in modo specifico la giustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età. Sulla questione è infatti intervenuta una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 22 novembre 2005, la quale ha stabilito che l’apposizione di un termine in un contratto di lavoro, soltanto per motivi di età, è contraria al divieto di discriminazione sancito nel diritto comunitario. Il Tribunale federale del lavoro ha di conseguenza deciso, con sentenza del 26 aprile 2006, che i contratti di lavoro a termine privi di un motivo oggettivo e basati esclusivamente sulle disposizioni speciali previste per gli anziani, sono inefficaci. Di recente, la legge sul miglioramento delle possibilità di occupazione per i più anziani (Gesetz zur Verbesserung der Beschäftigungschancen älterer Menschen) del 19 aprile 2007, pur lasciando invariato il requisito dell’età (52 anni), ha limitato la durata del contratto a termine a cinque anni, con la possibilità di prorogarlo più volte in questo arco di tempo. Sono state inoltre introdotte altre condizioni, come la mancanza di un’occupazione da almeno quattro mesi, l’essere beneficiario del Transferkurzarbeitergeld, cioè di un contributo pubblico erogato nel periodo di passaggio da un lavoro all’altro in caso di riduzione dell’attività di un’impresa oppure di un incentivo statale all’occupazione previsto dal secondo o dal terzo libro del Codice di legislazione sociale.

 

La legge contiene inoltre una serie di disposizioni di carattere generale che si applicano a tutti i tipi di contratto a termine da essa disciplinati, come ad esempio il requisito inderogabile della forma scritta (Schriftform)  per la validità della clausola di apposizione del termine.

Il contratto di lavoro a termine cessa alla scadenza del periodo di tempo concordato oppure con il raggiungimento dello scopo. In questo ultimo caso il datore di lavoro deve inviare al lavoratore una comunicazione scritta sulla data precisa in cui si è realizzato lo scopo oggetto del contratto. Se il contratto di lavoro è stato stipulato per la durata della vita di una persona o per un periodo di tempo superiore a cinque anni, la legge prevede che il lavoratore possa presentare le proprie dimissioni dopo cinque anni, con un preavviso di sei mesi.

Nel caso di prosecuzione del rapporto di lavoro dopo la scadenza del termine o dopo il raggiungimento dello scopo, e laddove il datore di lavoro ne sia al corrente, il contratto si considera prorogato a tempo indeterminato qualora il datore di lavoro non si opponga immediatamente o non comunichi immediatamente al lavoratore il raggiungimento dello scopo (art. 15, comma 5 della legge[4]).

Per quanto riguarda, invece, le conseguenze dell’apposizione di un termine inefficace, la legge considera il contratto di lavoro come concluso a tempo indeterminato e stabilisce espressamente che non può essere risolto in via ordinaria dal datore di lavoro prima della scadenza del termine concordato, a meno che l’inefficacia sia dovuta soltanto alla mancanza della forma scritta.

La legge impone inoltre al datore di lavoro l’obbligo di informare i lavoratori occupati a termine sui corrispondenti posti disponibili a tempo indeterminato. Il datore di lavoro deve aver cura che anche i lavoratori con contratto a termine abbiano la possibilità di partecipare a corsi di formazione professionale e formazione permanente per arricchire il proprio bagaglio professionale e favorire la propria mobilità, a condizione che non vi si oppongano pressanti motivi aziendali o richieste di formazione di altri lavoratori.

 

Altre fattispecie di contratto a termine sono regolate da leggi speciali, come ad esempio quella che disciplina i contratti a tempo determinato con i medici specializzandi del 15 maggio 1986 (Gesetz über befristete Arbeitsverträge mit Ärtzten in Weiterbildung). La durata consentita del contratto di lavoro è commisurata a quella necessaria per conseguire la specializzazione o una qualifica medica ulteriore, comunque non superiore a otto anni (art. 1, comma 3 della legge). È tuttavia possibile la conclusione di un ulteriore contratto a termine per acquisire una qualifica aggiuntiva alla specializzazione, una certificazione di competenza professionale o di specializzazione professionale facoltativa: la durata in tal caso è commisurata al tempo stabilito per raggiungere questi ulteriori gradi della carriera medica. Tali disposizioni non sono valide quando il contratto di lavoro rientra nell’ambito di applicazione della legge che disciplina il contratto di lavoro a tempo determinato nel settore scientifico (Gesetz über befristete Arbeitsverträge in der Wissenschaft - Wissenschaftszeitvertragsgesetz), entrata in vigore il 18 aprile 2007.

La recente legge di modifica delle disposizioni relative ai contratti di lavoro nel settore scientifico (Gesetz zur Änderung arbeitsrechtlicher Vorschriften in der Wissenschaft) del 12 aprile 2007 ha infatti abrogato una serie di articoli della legge quadro sull’istruzione superiore universitaria (Hochschulrahmengesetz) che regolamentavano i contratti a termine con il personale scientifico e artistico delle università e degli enti di ricerca, e ha trasferito nella legge sopra citata la disciplina sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scientifico. Le nuove disposizioni non pregiudicano comunque il diritto degli istituti universitari di impiegare collaboratori scientifici e artistici a tempo indeterminato oppure con contratti a termine cui si applicano le regole generali contenute nella legge sul part-time e sui contratti di lavoro a tempo determinato.

Secondo quanto previsto dalla nuova disciplina, la durata massima di un contratto a termine per il personale scientifico e artistico delle università, fatta eccezione per i docenti, è di sei anni. Dopo il conseguimento del dottorato di ricerca il contratto di lavoro può avere una durata massima di altri sei anni (nove anni per il settore della medicina). Per ogni figlio minorenne a carico, il contratto di lavoro può essere prorogato di due anni.

La legge precisa inoltre che l’apposizione del termine è ammessa anche nel caso in cui il rapporto di lavoro sia finanziato prevalentemente con mezzi provenienti da terzi, se il finanziamento è concesso per un determinato compito e periodo di tempo e il personale interessato viene assunto appositamente per lo scopo cui sono destinati i fondi. Analogamente, nell’ambito di tale fattispecie, il contratto a termine può riguardare anche l’occupazione di personale non impegnato in attività di carattere scientifico e artistico.

 

Contratti di lavoro interinale

La normativa sul lavoro interinale[5] disciplina i rapporti che intercorrono tra un datore di lavoro (Verleiher) che mette temporaneamente a disposizione di un terzo soggetto (Entleiher) uno o più lavoratori (Leiharbeitnehmer) per l’esecuzione di una prestazione lavorativa. Pur essendo inserito nell’impresa utilizzatrice (Einsatzbetrieb) e soggetto alle direttive di quest’ultima, il lavoratore non è legato da nessun vincolo contrattuale con l’impresa alla quale è stato ceduto: il contratto di lavoro interinale (Arbeitnehmerüberlassungsvertrag) è stipulato dal soggetto che “somministra” un lavoratore con l’impresa che lo utilizzerà, mentre sussiste un rapporto di lavoro ordinario tra datore di lavoro e lavoratore “somministrato” dall’altra.

In base alla legge, il soggetto che intende fornire lavoratori ad un’impresa deve richiedere per iscritto una specifica autorizzazione (Erlaubnis) che di regola viene concessa per un anno. La richiesta di proroga va presentata al più tardi tre mesi prima della scadenza del termine. Non necessita invece di autorizzazione il datore di lavoro con meno di 50 dipendenti che cede in prestito un lavoratore ad un altro soggetto, per la durata massima di un anno, al fine di evitare la riduzione obbligata dell’orario di lavoro o licenziamenti, purché abbia precedentemente inviato una comunicazione scritta all’Agenzia federale del lavoro (Bundesagentur für Arbeit). La legge pone inoltre alcune limitazioni specifiche al rapporto di lavoro interinale per le imprese operanti nel settore edilizio (art. 1b dell’Arbeitnehmerüberlassungsgesetz).

La prima disciplina del lavoro interinale, che risale al 1972, stabiliva già l’obbligo di autorizzazione per il datore di lavoro e conteneva una serie di disposizioni per la tutela del lavoratore ceduto “in prestito”. A partire dalla metà degli anni Ottanta si è delineata una evidente e progressiva tendenza alla liberalizzazione finalizzata ad ampliare e potenziare l’offerta dei posti di lavoro, premessa della successiva legislazione adottata per incentivare e promuovere l’occupazione. Con la c.d. legge Job-AQTIV (Gesetz zur Reform der arbeitsmarktpolitischen Instrumente), entrata in vigore all’inizio del 2002, la disciplina è stata ulteriormente liberalizzata con l’elevazione della durata massima del contratto di lavoro interinale a 24 mesi rispetto al termine originario di 3 mesi previsto dalla legge del 1972. Successivamente, con la prima legge Hartz (Erstes Gesetz für moderne Dienstleistungen am Arbeitsmarkt) del 23 dicembre 2002, sono stati eliminati quasi tutti i vincoli all’utilizzo del lavoro interinale ed è stato stabilito il principio di parità di trattamento in base al quale al lavoratore somministrato non può essere corrisposto un trattamento inferiore a quello a cui hanno diritto i dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice. Sono tuttavia previste alcune deroghe: è infatti consentito non rispettare tale principio nelle prime sei settimane del rapporto di lavoro, purché la retribuzione corrisposta non sia inferiore all’ammontare del sussidio di disoccupazione. Inoltre, come in altri casi, la contrattazione collettiva può stabilire ulteriori fattispecie di deroga, teoricamente senza alcun limite.

Pur essendo stata migliorata la posizione del lavoratore con l’introduzione del principio dell’equal treatment, sono stati tuttavia aboliti altri principi della normativa precedente a favore del lavoratore. Ai fini di una maggiore flessibilizazione, infatti, il fornitore di lavoro può licenziare il lavoratore quando non c’è più possibilità di occuparlo, anche se può riassumerlo quando la situazione migliora. Inoltre, le limitazioni relative alla proroga e alla continuazione di un contratto di lavoro interinale sono state rimosse rendendo così possibili assunzioni successive.

Le Agenzie di impiego temporaneo (Personal Service Agenturen – PSA), disciplinate dall’art. 37c del secondo Libro del Codice di legislazione sociale[6], rappresentanoil principale risultato della liberalizzazione del lavoro a tempo determinato (Zeitarbeit) e di quello di tipo interinale (Leiharbeit). Con alcune successive modifiche al Codice di legislazione sociale è stata abrogata la disposizione che prevedeva di istituire almeno un’Agenzia di lavoro temporaneo presso ciascun ufficio distrettuale dell’Agenzia federale del lavoro. Possono fungere da agenzie di questo tipo soltanto soggetti privati già operanti sul mercato del lavoro a tempo determinato o interinale, i quali vengono selezionati e nominati dall’autorità pubblica con bando di gara. È infatti escluso l’intervento diretto dell’Agenzia federale del lavoro in questo settore occupazionale, salvo in alcune aree particolarmente svantaggiate sotto il profilo lavorativo. In tutte le altre aree le Agenzie di impiego temporaneo hanno il compito di fornire velocemente i lavoratori disoccupati alle imprese, in modo da evitarne il passaggio al sistema degli ammortizzatori sociali. Fra l’Agenzia di impiego temporaneo e il lavoratore susiste un rapporto di lavoro ordinario. Nei periodi in cui non riesce a fornire lavoratori ad un’impresa utilizzatrice, l’Agenzia di impiego temporaneo deve istituire corsi di formazione e qualificazione.

 

Contratti atipici

La Legge sul lavoro part-time e sui contratti di lavoro a termine disciplina anche il c.d. “lavoro a richiesta” (Arbeit auf Abruf o Job on call), considerato una variante del rapporto di lavoro a tempo parziale. In base all'articolo 12 della legge, l'accordo tra le parti prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa con riguardo al volume di lavoro effettivo e secondo le richieste espresse dal datore di lavoro. Il contratto deve prevedere una durata complessiva dell'orario, all'interno di un periodo di riferimento, che è generalmente mensile ma può anche essere annuale. In quanto alla durata della prestazione settimanale, nel caso in cui l'accordo non precisi nulla, la legge fissa un orario lavorativo di dieci ore, mentre stabilisce un minimo di tre ore consecutive per la prestazione giornaliera.

La fissazione di una durata complessiva delle ore lavorative impegna il datore di lavoro a versare al dipendente il corrispondente salario stabilito, anche se non dovesse utilizzare il lavoratore per tutte le ore pattuite nel periodo di riferimento. Il dipendente è obbligato a fornire una prestazione se il datore di lavoro gliene fa richiesta con almeno quattro giorni di anticipo. Le disposizioni relative al “lavoro a richiesta” possono tuttavia essere derogate in presenza di un contratto collettivo di lavoro che disciplini diversamente gli orari di riferimento giornalieri e settimanali ed i relativi termini di preavviso.

 

A partire dalla metà degli anni Ottanta si è diffuso anche in Germania il c.d. job sharing o "lavoro ripartito", inteso come modalità contrattuale che impegna due o più lavoratori, i quali svolgono un lavoro subordinato, corrispondente ad un unico posto di lavoro a tempo pieno, con libertà di ripartirsi l'orario di lavoro in base ad accordi interni e con l'impegno, nei confronti del datore di lavoro, di fornire una prestazione completa, relativa al compito da svolgere (nonché con l'obbligo conseguente di sostituirsi reciprocamente in caso uno dei lavoratori sia impossibilitato a garantire la propria prestazione). Negli ultimi anni anche alcune note imprese tedesche (BMW, Volkswagen, Siemens, Deutsche Bank) hanno utilizzato tale modalità di lavoro flessibile, che prevede in alcune varianti contrattuali, applicate in caso di fasi di particolare attività dell'impresa, di utilizzare contemporaneamente i due lavoratori di una coppia con contratto di job sharing. Una formula innovativa di job sharing, sperimentata in Germania negli ultimi anni, è stata quella relativa all'orario di lavoro in gruppo (Arbeitszeitteam). In tal caso la prestazione lavorativa è affidata ad un team di lavoratori, i quali gestiscono autonomamente al loro interno la distribuzione delle ore lavorative; l'azienda interviene solamente nel caso in cui le modalità di ripartizione siano ritenute pregiudizievoli per il migliore svolgimento dell'attività produttiva oppure laddove sorgano contrasti all'interno del gruppo di lavoratori.

L'articolo 13 della Legge sul lavoro part-time  e sui contratti a termini ha introdotto anche una regolamentazione generale della “ripartizione del lavoro” (Arbeitsplatzteilung), concordata tra datore di lavoro e diversi lavoratori. Se uno di questi ultimi ha un impedimento e non può effettuare la prestazione a lui assegnata, gli altri lavoratori hanno l'obbligo di sostituirlo, se così è stato concordato nel contratto sottoscritto. Nell'accordo è possibile anche prevedere la sostituzione del singolo lavoratore “per motivi aziendali urgenti”.

La legge precisa inoltre che l'eventuale ritiro di uno dei lavoratori dall'accordo, non consente il licenziamento di alcuno degli altri dipendenti impegnati nel job sharing; un provvedimento in tal senso è da considerarsi nullo.

Le regole citate si applicano a qualunque tipo di prestazione che preveda l'alternanza di più lavoratori su un posto di lavoro, anche se non è stata formalmente definita una "ripartizione del lavoro" ai sensi della normativa vigente. Tutte le disposizioni fissate dall'articolo 13 possono comunque essere derogate se esiste un contratto collettivo di lavoro che disciplina le modalità di sostituzione dei lavoratori impegnati nel job sharing.

Nella pratica attuale è maggiormente utilizzata, pur considerando la scarsa diffusione del job sharing, la modalità del lavoro a coppia, con rotazione dei lavoratori sia per metà giornata lavorativa che per giorni o settimane alterne.

 

Uno dei nuovi strumenti di carattere flessibile introdotti dalla recente riforma del mercato del lavoro è costituito dai c.d. Mini-Jobs, che comprendono i piccoli lavori con una retribuzione minima (distributori di giornali, cassieri, addetti alle pulizie, ecc.) che non supera i 400 euro al mese. Il loro obiettivo è quello di aumentare la domanda legale di mansioni a bassa qualifica e di far emergere il lavoro nero in questi settori dell’economia. In base alla legge i mini job sono esenti dal versamento di imposte e contributi o soggetti ad essi in misura ridotta nonché accompagnati da procedure fortemente semplificate. Il datore di lavoro paga infatti una somma forfettaria di oneri finanziari: 28 per cento[7] per la previdenza, 2 per cento per le imposte. Quano il mini job è svolto in ambito familiare viene pagato soltanto il 12 per cento di tale onere, di cui 10 è destinato alle Casse previdenziali e 2 alle imposte.

Alla data di giugno 2006 le persone occupate in un mini job erano circa 6,8 milioni, cioè 2,6 milioni in più rispetto alla situazione precedente alla riforma del 2003. Questa tipologia di lavoro è più diffusa nei Länder occidentali che in quelli orientali.

I mini job sono considerati uno strumento particolarmente conveniente ed estremamente flessibile da parte delle associazioni economiche e imprenditoriali, anche se attualmente solo il 3 per cento dei lavoratori impegnati in questo ambito lavora più di 60 ore al mese, superando così il limite di 15 ore settimanali previsto dalla vecchia normativa e abrogato dalla nuova disciplina.

Parallelamente alla riforma dei mini jobs, il 1° aprile 2003 sono stati introdotti anche i c.d. Midi-Jobs con una retribuzione mensile compresa tra 400 e 800 euro. La loro diffusione è più o meno ugualmente ripartita tra est e ovest. Il settore di occupazione maggiormente interessato è quello dei servizi, e riguarda in particolare gli addetti alle pulizie e alla gastronomia. Il 75 per cento circa delle persone occupate in un midi job è rappresentato da donne di media età.

 

Da segnalare, infine, un altro importante versante, costituito dal c.d. “lavoro parasubordinato”.

I lavoratori parasubordinati (arbeitnehmerähnliche Personen) non dipendono personalmente da un datore di lavoro nella stessa misura dei lavoratori dipendenti, per il fatto di non essere inseriti nella struttura organizzativa di un’impresa e per poter liberamente decidere del proprio tempo di lavoro. A questa categoria appartengono in genere artisti, scrittori, collaboratori radiofonici e televisivi, rappresentanti commerciali, ecc..

Nell’ordinamento tedesco esistono diverse disposizioni che estendono l’applicabilità delle tutele contenute nella normativa sul lavoro anche ai lavoratori parasubordinati. Ai sensi dell’art. 5, comma 1 della legge sul Tribunale del lavoro (Arbeitsgerichtsgesetz - ArbGG) anche ai lavoratori parasubordinati è garantito il ricorso al giudice del lavoro. Ad essi spettano ugualmente le ferie minime retribuite di 24 giorni all’anno, così come stabilisce la legge federale sui congedi (Bundesurlaubsgesetz). Secondo diverse norme adottate dai vari Länder anche i lavoratori parasubordinati hanno diritto al congedo per formazione (Bildungsurlaub). Le condizioni di lavoro dei parasubordinati possono essere regolate anche da contratti collettivi (art. 12a della Tarifvertragsgesetz). Contratti collettivi di questo tipo esistono soprattutto per i liberi collaboratori in campo giornalistico. Non sono invece applicabili la normativa sulla tutela dal licenziamento ingiustificato (Kündigungsschutzgesetz) e le disposizioni speciali sempre relative al licenziamento contenute nella legge sulla tutela della maternità sul lavoro e nel Libro IX del Codice di legislazione sociale, dedicato alla riabilitazione e alla partecipazione all’attività lavorativa delle persone disabili.

 

 

 

 


spagna



L’articolo 15 dello Statuto dei Lavoratori spagnolo (Real Decreto Legislativo 1/1995, de 24 de marzo, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores) afferma che “il contratto di lavoro potrà concordarsi a tempo indeterminato o per una durata definita”.[8]

Di seguito il testo dello Statuto elenca, però, soltanto tre circostanze specifiche, nelle quali è possibile sottoscrivere dei contratti di durata determinata.

 

Contratti a tempo determinato

Dopo l’entrata in vigore della Legge 63/1997, contenente misure urgenti per il miglioramento del mercato del lavoro ed il sostegno alla contrattazione a tempo indeterminato, che ha eliminato una delle preesistenti fattispecie di contratti a termine, cioè i “contratti per il lancio di una nuova attività commerciale”, lo Statuto dei Lavoratori (art. 15 Estatuto de los Trabajadores, ET) riconosce tre tipologie di lavoro a tempo determinato (duración determinada):

·        contratti per la realizzazione di un’opera o di un servizio definiti;

·        contratti legati alle circostanze del mercato;

·        contratti di sostituzione di lavoratori con diritto alla riserva del posto di lavoro.

 

I contratti per la realizzazione di un’opera o di un servizio definito (contratos de obra o servicio determinado), nell’autonomia e nella particolarità dell’attività di un’impresa, si riferiscono a dei lavori specifici, limitati nel tempo, ma per i quali non è possibile fissare in anticipo una durata precisa, se non in modo orientativo. Ai contratti collettivi nazionali di categoria, ed anche ai contratti aziendali, è demandato il compito di identificare quei lavori, nell’ambito dell’attività normale dell’impresa, che possono essere realizzati con tale tipologia di contratti; qualunque sia la durata presumibile del contratto è comunque obbligatoria la forma scritta (art. 8.2 ET).[9]

I contratti legati alle circostanze del mercato, ad accumulo di lavoro o ad eccesso di richieste (contratos eventuales por circunstancias de la producción), che devono comunque riguardare “l’attività normale dell’impresa”, possono avere una durata massima di 6 mesi all’interno di un periodo di eccezionale attività di 12 mesi. Ai contratti collettivi nazionali di categoria, o ad altri contratti collettivi di livello inferiore, è devoluta la facoltà di elevare tali periodi, con particolare riferimento al carattere stagionale di alcune attività, ma con il limite massimo di 12 mesi di contratto all’interno di un periodo eccezionale di 18 mesi; contratti di durata inferiore a quella legale possono essere prorogati, per una sola volta, ma senza eccedere i limiti massimi sopra indicati. I contratti collettivi possono anche definire le attività per le quali è possibile assumere tali lavoratori, nonché fissare criteri generali relativi alla quota di dipendenti assumibili con tale tipologia di contratti, rispetto all’organico totale dei lavoratori dell’azienda.

I contratti di sostituzione di lavoratori con diritto alla riserva del posto di lavoro (contratos de interinidad),[10] che devono obbligatoriamente contenere il nome del lavoratore sostituito ed il motivo della sostituzione, possono essere sottoscritti in presenza di posti di lavoro temporaneamente vacanti, a causa dello svolgimento di processi di selezione o promozione interni all’azienda, oppure per assenza di dipendenti impegnati in attività di formazione (in quest’ultimo caso devono essere utilizzati lavoratori che percepiscono una prestazione economica per disoccupazione).[11] Nel primo caso la durata massima di tali contratti non può eccedere i 3 mesi, in via generale, ma quando si sia in presenza di concorsi svolti da pubbliche amministrazioni, il limite coincide con il tempo previsto per la realizzazione di tali concorsi.[12]

L’articolo 15 dello Statuto contiene poi alcune disposizioni che si applicano a tutte e tre le tipologie di contratti di lavoro a tempo determinato. In particolare sono precisate alcune circostanze che determinano la trasformazione di tali contratti a termine in contratti a tempo indeterminato (por tiempo indefinido):

·        l’assenza della forma scritta, ove obbligatoria;

·        la realizzazione di contratti sottoscritti in violazione alla legge;

·        la mancata iscrizione del lavoratore al regime della Sicurezza Sociale, una volta trascorso il periodo di prova, con la sola possibile eccezione dei contratti di sostituzione (contratos de interinidad);

·        la continuazione della prestazione lavorativa oltre il termine temporale fissato nel contratto. In ogni caso è fissato un limite massimo di 24 mesi di attività, continua o reiterata, mediante due o più contratti a termine, in un periodo di riferimento di 30 mesi (ancora con la possibile eccezione dei contratti di sostituzione).[13]

 

Lo Statuto rinvia poi alla contrattazione collettiva per la fissazione di requisiti volti ad evitare l’utilizzazione abusiva dei contratti a tempo determinato, ad esempio mediante l’impiego di lavoratori diversi, in successione, per la copertura del medesimo posto di lavoro.

L’art. 15.6 ET pone il principio generale dell’eguaglianza dei diritti tra i lavoratori a tempo determinato e quelli a tempo indefinito, pur nel riconoscimento di alcune specificità, come quelle relative alle modalità di estinzione del contratto; in aggiunta lo Statuto introduce anche il principio della proporzionalità del riconoscimento dei diritti, in funzione del tempo lavorato.

L’imprenditore deve inoltre informare tutti i dipendenti a tempo determinato dell’esistenza di posti di lavoro vacanti all’interno dell’azienda ed i contratti collettivi devono contenere misure a favore della loro formazione professionale continua (art. 15.7 ET).

 

In aggiunta alle tipologie sopra esposte, il diritto del lavoro spagnolo conosce altre forme di impiego a termine, come i contratti temporanei per i lavoratori disoccupati in situazione di esclusione sociale (contratos temporales para trabajadores desempleados en situación de exclusión social), disciplinati dalla Legge 43/2006, sul miglioramento della crescita e dell’occupazione, e destinati a categorie particolari di persone (individui che percepiscono il reddito minimo di inserimento, giovani tra i 18 ed i 30 anni provenienti da istituti di custodia per minori, persone con problemi di dipendenza dalla droga e dall’alcool inserite in programmi di recupero, ex carcerati e detenuti, compresi i minori negli appositi istituti, ammessi a svolgere attività lavorativa all’esterno) oppure i contratti formativi.

Tali contratti, regolamentati dall’articolo 11 dello Statuto dei Lavoratori, sono distinti in due categorie: contratti di praticantato e contratti per la formazione.

I contratti di praticantato (contratos de trabajo en prácticas) sono rivolti a coloro che sono in possesso di un titolo di studio universitario (laurea o diploma) o di formazione professionale di livello adeguato (tecnico o tecnico superiore) e devono essere sottoscritti entro 4 anni dal conseguimento del titolo (6 anni per le persone disabili). I contratti non possono avere una durata inferiore a 6 mesi né superiore a 2 anni; sono consentite due proroghe, salvo disposizioni contrarie inserite nei contratti collettivi di categoria, purché non venga superato il limite massimo temporale di 2 anni, nella medesima o in distinte aziende. La fissazione del livello retributivo è affidata ai contratti collettivi, ma la legge (art. 15.1.e ET) stabilisce che non può essere inferiore al 60%, nel primo anno, ed al 75%, nel secondo anno, del salario stabilito dal contratto vigente per i lavoratori che svolgono la stessa mansione in azienda.  

I contratti per la formazione (contratos para la formación) sono invece rivolti ai giovani tra i 16 ed i 21 anni che non siano in possesso dei requisiti per l’accesso ai contratti di praticantato. Il limite di età può essere elevato a 24 anni, ed anche oltre, con riferimento ad una serie di categorie di lavoratori svantaggiati (disabili, stranieri, disoccupati da più di 3 anni, …). Anche i contratti per la formazione non possono avere una durata inferiore a 6 mesi né superiore a 2 anni; il limite massimo può essere elevato fino a 3 anni (4 anni per i lavoratori disabili) in base ad apposite disposizioni inserite nei contratti collettivi nazionali o di livello inferiore. Anche in tale circostanza sono consentite due proroghe, fino al raggiungimento dei limiti massimi temporali. Il livello retributivo è fissato nel contratto collettivo, ma non può essere inferiore al salario minimo interprofessionale, in proporzione del tempo lavorato (art. 16.2.h ET). Ai contratti collettivi è anche demandata la fissazione del numero massimo dei contratti di formazione rispetto al totale dei posti di lavoro dell’impresa.

Si ritengono applicabili anche ai contratti formativi le disposizioni dell’art. 15.7 dello Statuto dei Lavoratori (doveri di informazione sui posti vacanti in azienda e misure a favore della formazione professionale continua del lavoratore), così come alcune delle tutele generali che determinano la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato (violazione delle disposizioni normative, assenza della forma scritta, ove indispensabile, mancata iscrizione del lavoratore al regime della Sicurezza Sociale).

 

Si ritiene opportuno segnalare, infine, un altro tipo di contratto, che può essere sottoscritto a termine o a tempo indefinito. Si tratta dei cosiddetti “contratti-staffetta” (contratos de relevo), che vengono disciplinati nell’ambito del lavoro a tempo parziale (art. 12 ET) e che sono contraddistinti dalla fornitura di una prestazione lavorativa generalmente in part-time, la quale sostituisce le ore lavorate in meno da un dipendente, a non più di 5 anni dal raggiungimento dell’età pensionistica, che abbia concordato con l’azienda una riduzione tra il 25% e l’85% della propria giornata lavorativa (e della corrispondente retribuzione) accedendo così contemporaneamente alla condizione di “pensionamento parziale” (jubilación parcial).

Il lavoratore sostitutivo deve trovarsi in stato di disoccupazione oppure essere già impiegato presso la medesima impresa con un contratto di durata determinata. La durata del contratto, come precedentemente indicato, può essere di durata indeterminata oppure a termine; in quest’ultimo caso, la durata corrisponde al periodo mancante al lavoratore sostituito per il raggiungimento dell’età pensionabile. Il contratto-staffetta può essere concordato anche per la sostituzione parziale di un lavoratore che abbia già raggiunto l’età pensionabile, ma che rimane in azienda accedendo al pensionamento parziale; anche in tale circostanza il contratto di assunzione può essere a tempo indeterminato oppure, se a termine, di durata annuale, prorogabile fino al pensionamento definitivo del lavoratore sostituito. Va precisato che la legge (art. 12.6.b ET) consente la realizzazione di contratti-staffetta non solo a tempo parziale (in ogni caso la giornata lavorativa non può essere inferiore alla riduzione della prestazione del lavoratore sostituito), ma anche a tempo pieno, con orario di lavoro non solo complementare ma anche simultaneo con quello del lavoratore in pensionamento parziale. Il posto di lavoro può essere non solo il medesimo ma anche uno simile, intendendosi per “simile” quello nel quale si svolgono “compiti corrispondenti al medesimo gruppo professionale o ad una categoria equivalente.” (art. 12.6.c ET).

Si ritengono applicabili anche ai contratti-staffetta le disposizioni dell’art. 15.7 dello Statuto dei Lavoratori (doveri di informazione sui posti vacanti in azienda e misure a favore della formazione professionale continua del lavoratore).

 

Contratti di lavoro interinale

Prima del 1994 la cessione temporanea di lavoratori da un’impresa ad un’altra era considerata in Spagna, in base all’articolo 43 della precedente versione dello Statuto dei Lavoratori (Legge 8/1980), come traffico illegale di manodopera ed era quindi vietata dalla legge.

A seguito dell’entrata in vigore della Ley 14/1994, de 1 de junio, por la que regulan las Empresas de Trabajo Temporal, il legislatore spagnolo ha voluto adeguare la normativa interna a quella di altri paesi dell’Unione Europea, introducendo così quella forma di impiego nota come “lavoro interinale”.

L'intermediazione tra il lavoratore e l'azienda temporaneamente utilizzatrice deve però essere effettuata solamente da imprese di lavoro interinale (empresas de trabajo temporal) che hanno ottenuto l’autorizzazione amministrativa rilasciata dalla Direzione Provinciale del Lavoro e della Previdenza Sociale, in base al possesso di requisiti definiti: struttura organizzativa che consenta di assolvere gli obblighi dovuti in veste di datore di lavoro; dedicarsi esclusivamente all'attività specifica dell'impresa di lavoro temporaneo ed inserire questa dicitura nella denominazione dell'impresa stessa; non avere obblighi pendenti di carattere fiscale o previdenziale; garantire l'assolvimento degli obblighi salariali e previdenziali previsti dalla legge; non avere subito sanzioni con sospensione dell'attività in più di una occasione.

Le imprese di lavoro interinale devono inoltre costituire una garanzia finanziaria consistente in un deposito in contanti o valori pubblici presso la Cassa Generale dei Depositi o sue succursali, oppure, in alternativa, documentare un avallo o cauzione, con carattere di corresponsabilità, concessi da una banca, una cassa di risparmio, una cooperativa di credito, una società di garanzia reciproca o mediante una polizza assicurativa stipulata allo scopo.

Il rapporto dell'impresa di lavoro temporaneo con l'azienda beneficiaria avviene mediante la sottoscrizione di contratti di mobilità (contratos de puesta a disposición) che possono realizzarsi in quattro casi, corrispondenti alle tipologie già esposte con riferimento ai contratti a tempo determinato disciplinati dall’articolo 15 dello Statuto dei lavoratori: 1) realizzazione di opere o servizi determinati; 2) presenza di carichi eccezionali di lavoro, eccesso di richieste od altre esigenze congiunturali del mercato; 3) sostituzione di lavoratori con diritto alla conservazione del posto; 4) copertura temporanea di posti durante operazioni di selezione o promozione di personale.

Il contratto di mobilità può avere la durata massima di 6 mesi nel secondo caso e di 3 mesi nel quarto; nelle altre due fattispecie coincide con il periodo di sussistenza della causa per cui è stato sottoscritto; se alla scadenza del contratto il lavoratore continua a prestare servizio nell'impresa beneficiaria, viene considerato vincolato ad essa con un contratto a tempo indeterminato. E' vietato stipulare contratti di mobilità per sostituire lavoratori in sciopero, svolgere lavori od attività di particolare pericolosità per la salute o la sicurezza del lavoratore, cedere lavoratori ad altre imprese di lavoro interinale, e nei casi in cui, nei dodici mesi immediatamente precedenti, i posti di lavoro che si vuole coprire si siano resi vacanti per licenziamento ingiusto o per soppressione dei posti per ragioni economiche, tecnologiche o per rescissione del contratto da parte del lavoratore per giusta causa.

Il lavoratore è a sua volta legato all'impresa di lavoro interinale da contratto a tempo determinato od indeterminato. In quest'ultimo caso viene applicata la normativa generale per i contratti a tempo indefinito; nel primo caso il lavoratore ha diritto ad essere retribuito secondo quanto stabilito nei contratti collettivi, incluse le quote proporzionali di eventuali paghe straordinarie, di giorni festivi e di ferie, e deve ricevere inoltre un'indennità economica, alla scadenza del contratto di mobilità, equivalente alla quota proporzionale della somma ottenuta moltiplicando dodici giorni di salario per ogni anno di servizio.

 

 

La legge 14/1994 è stata successivamente modificata dalla Ley 29/1999, de 16 de julio, de modificación de la Ley 14/1994, de 1 de junio, por la que se regulan las empresas de trabajo temporal, poiché il legislatore spagnolo aveva ritenuto che la diffusione del lavoro interinale avesse accentuato i problemi di precarietà del lavoro dipendente, in considerazione di due fattori. In primo luogo la netta preferenza, da parte delle imprese intermediarie, per la sottoscrizione di contratti a tempo determinato con i lavoratori ad essa legati e, soprattutto, in secondo luogo, per il fatto che i lavoratori ceduti, durante il periodo di attività nelle aziende (contratti di mobilità), fossero retribuiti in base a contratti collettivi appositamente predisposti per il lavoro interinale, determinando spesso  situazioni di disparità economica tra dipendenti dell'azienda e lavoratori temporanei, assegnati alla stessa mansione.

La legge di riforma del 1999 ha quindi modificato diversi articoli della legge di base.

In particolare, ai fini della valutazione del requisito della "struttura organizzativa" adeguata dell'impresa di intermediazione, la nuova legge ha indicato la preferenza per le imprese che dispongano di più lavoratori legati con contratti a tempo indefinito, imponendo in ogni caso il numero minimo di 12 dipendenti con contratti stabili (sia a tempo pieno sia a tempo parziale) ogni 1000 (o frazione di mille) lavoratori ceduti alle aziende nell'anno immediatamente precedente. Il calcolo va effettuato sommando tutti i giorni di messa a disposizione dell'insieme dei lavoratori ceduti e dividendo per 365.

Con riferimento al problema della disparità di trattamento, è stato invece riformulato l'articolo 11 della legge del 1994, eliminando nei contratti di mobilità la possibilità di ricorso ad accordi economici particolari ed obbligando all’applicazione tout court del contratto collettivo in uso nell'azienda interessata.

 

Contratti atipici

Lo Statuto dei Lavoratori disciplina due ulteriori forme di contratti, di natura atipica: i contratti di lavoro di gruppo ed i contratti di lavoro a domicilio.

I contratti di lavoro di gruppo (contratos de trabajo de grupo) sono sottoscritti tra un imprenditore ed il rappresentante di un gruppo di lavoratori, considerato nel suo insieme (art. 10 ET). Si tratta di una fattispecie particolare, diversa dal caso in cui il datore di lavoro affidi ad un gruppo di lavoratori un “lavoro in comune” (trabajo en común), mantenendo un rapporto individuale con ciascuno di essi, che cioè comporti la conservazione dei diritti e dei doveri connessi alla sua posizione di datore di lavoro. Nel contratto di lavoro di gruppo il rapporto giuridico, con i diritti e i doveri connessi, si instaura soltanto tra l’imprenditore ed il rappresentante del gruppo. Il contratto può assumere forma scritta o orale; in ogni caso deve essere comunicato al Servizio Pubblico di Collocamento (Servicio Público de Empleo) il contenuto dell’accordo, entro 10 giorni dalla sua concertazione. La durata del contratto può essere indefinita od a tempo determinato.

I contratti di lavoro a domicilio (contratos de trabajo a domicilio) sono caratterizzati dallo svolgimento della prestazione lavorativa presso il domicilio del lavoratore oppure in un altro luogo liberamente scelto da quest’ultimo e senza il controllo dell’imprenditore (art. 13 ET). Il contratto deve assumere forma scritta e contenere l’indicazione del luogo dove viene svolta l’attività lavorativa, ai fini dell’applicazione delle misure necessarie in termini di salute e di sicurezza del lavoro. Il contratto può essere sottoscritto a tempo indeterminato o determinato; per i contratti a termine posti in essere a partire dal 4 marzo 2001 è previsto, alla fine del contratto, il versamento di un’indennità per il lavoratore pari a 8 giorni di salario per ciascun anno lavorato, a meno che non siano applicabili altre normative specifiche. La retribuzione del lavoratore a domicilio deve essere almemo uguale a quella degli altri dipendenti dello stesso settore economico, appartenenti ad una categoria professionale equivalente.

L’imprenditore è tenuto a trasmettere al lavoratore a domicilio un documento relativo al controllo dell’attività lavorativa svolta, nel quale vi siano il nome del lavoratore, la tipologia e la quantità del lavoro, la quantità delle materie prime consegnate, le tariffe stabilite per l’ammontare del salario e le modalità per la consegna ed il ricevimento dei materiali lavorati, nonché tutti gli altri aspetti del rapporto di lavoro rilevanti per le parti. I lavoratori a domicilio, infine, possono esercitare i diritti di rappresentanza collettiva previsti generalmente dallo Statuto, a meno che non si tratti di un gruppo familiare.

 



[1] Gesetz über Teilzeitarbeit und befristete Arbeitsverträge (TzBfG) http://bundesrecht.juris.de/bundesrecht/tzbfg/gesamt.pdf, da ultimo modificata dall’art. 1 della legge del 19 aprile 2007.

[2]Il limite di età originariamente previsto dalla legge era di 58 anni, poi ridotto a 52, fino alla data del 31 dicembre 2006, con la riforma entrata in vigore il 1° gennaio 2003.

[3] Si tratta della direttiva comunitaria del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, recepita dalla Germania con la Gesetz zur Umsetzung europäischer Richtlinien zur Verwirklichung des Grundsatzes der Gleichbehandlung del 14 agosto 2006.

[4] Tale disposizione è sostanzialmente analoga al § 625 del Codice civile che prevede il rinnovo tacito di un rapporto di servizio se l’obbligato lo prosegue dopo la scadenza del termine fissato.

[5] Gesetz zur Regelung der gewerbmäβigen Arbeitnehmerüberlassung del 7 agosto 1972, da ultimo modificata nel 2006.

[6] L’articolo in questione è stato da ultimo modificato dall’art. 1 della quinta legge di modifica del terzo Libro del Codice di legislazione sociale del 22 dicembre 2005.

[7] La percentuale degli oneri finanziari a carico del datore di lavoro è stata elevata dal 23 al 28 per cento dal 1° luglio 2006.

[8] Tale formulazione è stata modificata nel 1994, a seguito dell’approvazione della Legge 11/1994, che ha superato la precedente preferenza generale per i contratti a tempo indeterminato (“Il contratto di lavoro si presume concordato a tempo indeterminato, ciò nonostante potranno sottoscriversi contratti di durata determinata…”).

[9] In ogni caso l’art. 8.2 dello Statuto dei Lavoratori impone la forma scritta per tutti i contratti a termine della durata di più di 4 settimane.

[10] Tale denominazione sintetica, così come le due precedenti, è tratta dal sito del Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali spagnolo, a partire dalla pagine indice http://www.mtas.es/Guia/texto/guia_4.htm.

[11] La disposizione aggiuntiva quattordicesima dello Statuto contiene una terza possibilità, introdotta nel 1999, concernente la sostituzione di lavoratori in aspettativa volontaria per la cura di un figlio, che può avere la durata massima di 3 anni.

[12] Al di fuori dello Statuto dei Lavoratori esiste un’altra forma di impiego sostitutivo, cioè i contratti per la sostituzione di lavoratori che anticipano l’età di pensionamento (contratos en sustitución por anticipación de la edad de jubilación), istituiti con il Real Decreto 1194/1985, che consentono alle imprese di sostituire i dipendenti, che anticipano da 65 a 64 anni il loro pensionamento, con dei lavoratori disoccupati iscritti agli uffici di collocamento, sottoscrivendo contratti della durata minima di un anno.

[13] L’art. 15.5 dello Statuto precisa che tale circostanza si applica anche in presenza di diverse tipologie di contratti a tempo determinato oppure di utilizzazione del lavoratore in forma diretta o attraverso la messa a disposizione da parte di agenzie di lavoro interinale.