XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Iniziative e organismi internazionali per lo sviluppo sostenibile - Conferenza UNITAR UIP - Parigi, 22-23 aprile 2005
Serie: Missioni di studio    Numero: 38
Data: 19/04/05
Descrittori:
AMBIENTE   CONGRESSI CONVEGNI E SEMINARI
TRATTATI ED ACCORDI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

Servizio studi

 

missioni di studio

INIZIATIVE E ORGANISMI INTERNAZIONALI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

CONFERENZA UNITAR UIP

Parigi, 22-23 Aprile 2005

n. 38

 


xiv legislatura

19 Aprile 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Am0577

 


INDICE

Premessa  3

Organismi, programmi e iniziative multilaterali a livello globale  5

Diritto internazionale dell’ambiente: i Temi18

§      Cambiamento climatico  18

§      Biodiversità  20

§      Desertificazione  22

§      Inquinanti chimici24

§      Acqua  27

§      Lotta alla povertà  30

§      Montagna  32

§      Diritti umani e giustizia ambientale  33

§      Proprietà intellettuale e sviluppo sostenibile  34

 

 


INIZIATIVE E ORGANISMI INTERNAZIONALI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

CONFERENZA UNITAR UIP

per il rafforzamento della capacità dei parlamenti in materia di diritto internazionale dell’ambiente e di istituzioni di sviluppo duraturo

Parigi, 22-23 aprile 2005

 

Premessa

Il più recente e globale evento internazionale sul diritto internazionale dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile si è svolto – com’è noto - a Johannesburg, nell’agosto-settembre 2002 (WSSD - World Summit on Sustainable Development) e ha prodotto due documenti che rappresentano, a tutt’oggi, il punto di riferimento più aggiornato sulle prospettive di un’azione multilaterale in questo ambito: la Political Declaration[1]e il Plan of implementation[2].

Nel recente rapporto In larger freedom: towards development, security and human rights for all[3], presentato il 21 marzo dal Segretario delle Nazioni Unite[4], insieme alle proposte in materia sicurezza e di riforma organizzativa delle Nazioni Unite (e in particolare di riorganizzazione del Consiglio di sicurezza, del Segretariato Generale e delle strutture coinvolte nella tutela dei diritti umani e della diffusione e il rafforzamento della democrazia) vengono richiamati con chiarezza anche alcuni dei capisaldi della vasta e ormai consolidata iniziativa delle Nazioni Unite nel campo dello sviluppo sostenibile[5] e, in particolare:

§      l’impegno da parte del paesi sviluppati a raggiungere la quota dello 0,7% del PIL quale aiuto ufficiale e assistenza ai paesi in via di sviluppo, non più tardi del 2015 (con il raggiungimento parziale dell’obiettivo, dello 0,5%, entro il 2009);

§      l’obiettivo di mitigare gli impatti ambientali e climatici, mirando ad una struttura più inclusiva del Protocollo di Kyoto una volta raggiunta la conclusione – nel 2012 – della prima fase di attuazione. In particolare, le nuove iniziative per la stabilizzazione dei gas serra dovranno vedere una più ampia partecipazione e un coinvolgimento di tutti i paesi maggiormente responsabili delle emissioni, sia paesi industrializzati, sia paesi in via di sviluppo.

 

In un’accezione ampia dello sviluppo sostenibile sono infatti ormai comprese non solo le tematiche della sostenibilità ambientale[6], ma anche quelle relative alla sostenibilità sociale (e quindi anche a un campo apparentemente estraneo, quale la difesa dei diritti umani) e anche quelle attinenti a condizioni di maggiore equilibrio ed equità nei trend di sviluppo economico. 

Nella rassegna riportata nella presente scheda (o almeno per alcune delle sue voci) sono stati quindi compresi riferimenti a tutte le tematiche rientranti in questa accezione ampia di “sviluppo sostenibile”.


Organismi, programmi e iniziative multilaterali a livello globale

Principali accordi internazionali che interessano la tutela dell'ambiente a livello internazionale (così dette "Convenzioni Globali delle Nazioni Unite"o MEAs “Multilaterals Environmental Agreements”):

 

§      Convenzione Quadro per i Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change - UNFCCC)[7]: http://unfccc.int/2860.php

§      Convenzione per la lotta alla Desertificazione (United Nations Convention to Combat Desertification - UNCCD)[8]: http://www.unccd.int/main.php

§      Convenzione per la Diversità biologica (Convention on Biological Diversity)[9]: http://www.biodiv.org/welcome.aspx

§      Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono e Protocollo di Montreal per la protezione della fascia di ozono stratosferico (Vienna Convention for the Protection of the Ozone Layer and Montreal Protocol on Substances that Deplete the Ozone Layer)[10]: http://www.unep.org/ozone/index.asp

 

Un elenco più completo degli accordi internazionali in materia di ambiente è quello diffuso dall’UNEP (vedi la breve scheda sull’UNEP a p. 16 del dossier) sul sito WEB http://www.unep.org/dpdl/Law/Law_instruments/multilateral_instruments.asp , mentre gli accordi internazionali in materia di tutela dell’ambiente è disponibile sul sito della Commissione europea, alla pagina: [1]http://europa.eu.int/comm/environment/international_issues/agreements_en.htm, dove vengono riportate – oltre a quelle già indicate sopra e a quelle che vengono più avanti esposte nella parte tematica del dossier (Diritto internazionale dell’ambiente: I Temi, pag. 18 del presente dossier) -- le seguenti voci:

 

Aria:

 

§      Convenzione sulla diffusione tranfrontaliera dell’inquinamento atmosferico  (CLRTAP) (1979): http://www.unece.org/env/lrtap/lrtap_h1.htm

 

Protezione civile, incidenti ambientali e tutela del mare:

 

§      Convenzione di Helsinky sugli effetti tranfrontalieri degli incidenti industriali (1992): http://www.unece.org/env/teia/text.htm

§      Convenzione di Barcellona sulla protezione del Mar Mediterraneo (1976): http://www.unep.ch/seas/main/med/medconvi.html

§      Convenzione di Helsinki sulla protezione ambientale del Mar Baltico (1992): http://www.helcom.fi/home/en_GB/welcome/

§      Convenzione OSPAR sulla protezione dell’ambiente marino nell’Atlantico Nord-orientale (1992): http://www.ospar.org/eng/html/welcome.html

§      Accordo di Bonn per la protezione del Mar del Nord (1983): http://www.bonnagreement.org/eng/html/welcome.html

§      Accordo di Lisbona sulla protezione delle coste e delle acque del Nord-Est atlantico (1990): http://sedac.ciesin.org/entri/texts/protect.coasts.waters.90.html

 

Governance

 

§      Convenzione di Aarhus sull’accesso all’informazione ambientale (1998): http://www.unece.org/env/pp/documents/cep43e.pdf

§      Convenzione di Espoo sulla valutazione di impatto ambientale in contesti transfrontalieri (1991): http://www.unece.org/env/pp/documents/cep43e.pdf

 

Uso del terreno:

 

§      Convenzione delle Alpi (1991): http://www.conventionalpine.org/index 

 

Natura and biodiversità:

 

§      Convenzione di Bonn CMS sulla conservazione delle specie migratrici (1979): http://www.cms.int/

§      Convenzione europea sulla protezione degli animali vertebrati usati a scopo sperimentale e scientifico (1986): http://conventions.coe.int/Treaty/en/Treaties/Html/123.htm

§      Convenzione sulla conservazione della fauna marina e la flora dell’Antartico (1980): http://www.ccamlr.org

 

Acque interne

 

Convenzioni sui bacini di grandi fiumi: Danubio (1987), Elba (1990), Oder (1996), Reno (1999))

 

 

 

 

 

 

Riferimenti

 

Altri siti generali di supporto per la ricerca sui Multilateral Environmental Agreements, sui quali è possibile trovare riferimenti ad ulteriori accordi internazionali, sono:

§       Regional Environmental Centrate for Central and Eastern Europe: http://www.rec.org/REC/Programs/REReP/AIMS/

§       Pagina specializzata sui MEAs del Ministero dell’ambiente della Nuova Zelanda: http://www.mfe.govt.nz/laws/meas/

§       Pagine specializzata sullo stesso argomento del Ministero ambiente del Canada: http://www.ec.gc.ca/international/multilat/mea_e.htm

§       Infine, si ricorda che, per una ricerca sistematica sull’intera base di dati degli accordi internazionali si rinvia al sito specializzato: http://untreaty.un.org/

 

 

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Principali agenzie e commissioni nell’ambito delle Nazioni Unite, coinvolte in attività per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile:

 

§       Commission for Sustainable Development:

http://www.un.org/esa/sustdev/csd/csd13/csd13.htm

Nel 1992 più di 100 Capi di Stato si riunirono a Rio de Janeiro per la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo (UN Conference on Environment and Development - UNCED). L’”Earth Summit” (Vertice della Terra) nome con cui è anche conosciuta la UNCED si concluse con il voto di un indirizzo generale nel quale furono indicate I più importanti problemi relative alla tutela dell’ambiente e allo sviluppo socio-economico. I Capi di Stato firmarono, in quell’occasione, la Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico e la Convenzione sulla Biodiversità (vedi), sottoscrissero la “Dichiarazione di Rio”, ed adottarono l’”Agenda 21”, un piano di 300 pagine che ha ad oggetto gli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 21° secolo.

Nel dicembre 1992 fu anche creata la Commissione delle NU sullo Sviluppo Sostenibile (CSD) per assicurare un seguito ai deliberati della UNCED e monitorare l’attuazione degli accordi sottoscritti, a livello locale, nazionale, regionale e internazionale. La CSD è una Commissione funzionale dell’UN Economic and Social Council (ECOSOC), composta da 53 membri.

Un primo Summit di verifica dei progressi realizzati a seguito della Conferenza di Rio si è tenuto nel 1997 (quale sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite), seguito – nel 2002 – dal Summit di Johannesburg (Rio+10).

 

§      UN Department of Economic and Social Affairs:

http://www.un.org/esa/desa.htm

Sul sito dell’UN Department of Social Affairs sono riportati numerosissimi riferimenti alle attività delle Nazioni Unite nei vari campi di inziativa economica e sociale.

Si segnala anche che la sede italiana dell’UNDESA ha un proprio sito WEB: http://www.undesa.it

 

§      International Fund for Agricoltural Development: http://www.ifad.org/

Sede: Roma

Il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) è stato istituito nel 1977 come agenzia specializzata dell’Organizzazione delle Nazioni Unite impegnata nello sradicamento della povertà rurale nei paesi in via di sviluppo. Possono far parte dell’IFAD tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite. I 164 Stati membri sono classificati con le seguenti modalità: Lista A (principalmente membri dell’ OCSE); Lista B (principalmente membri OPEC); and List C (paesi in via di sviluppo). La Lista C è ulteriormente suddivisa in sub-lista C1 (paesi dell’ Africa); sub-lista C2 (paesi europei, dell’Asia e del Pacifico); e sub-lista C3 (paesi dell’America latina e dei Caraibi).

L’IFAD opera con i governi, le organizzazioni non governative (ONG) e con molte altre associazioni, focalizzando la propria attività nella ricerca di soluzioni specifiche al fine di aiutare la popolazione rurale all’accesso a servizi finanziari, mercati, tecnologie e risorse naturali (terra e acqua).

 

§      Food and Agricultural Organization: www.fao.org

Sede: Roma.

L'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura fu istituita nel 1945 a Québec. Dal 1950 ha sede a Roma. Scopo della Fao è quello di lavorare per combattere contro la povertà e la fame attraverso la promozione dello sviluppo agricolo, di una nutrizione migliore e della sicurezza alimentare per permettere a tutti di avere a propria disposizione gli alimenti necessari a condurre una vita attiva e sana.

La Fao offre assistenza allo sviluppo, analizza e distribuisce informazioni e propone raccomandazioni per i governi. Interviene nei casi di emergenza alimentare ed ha come priorità quella di incoraggiare lo sviluppo di un'agricoltura sostenibile e la crescita rurale, una strategia a lungo termine per la conservazione e la gestione delle risorse naturali. Lo scopo ultimo è quello di soddisfare le necessità delle generazioni attuali e future attraverso programmi che non portino al degrado ambientale e che siano tecnicamente appropriati, economicamente sostenibili e socialmente accettabili.

 

§      International Labour Organization: www.ilo.org

Sede: Ginevra.

L'Organizzazione Internazionale del Lavoro fu istituita nel 1919, al termine della prima guerra mondiale e dal 1946 rappresenta la prima agenzia specializzata delle Nazioni Unite.

L'ILO redige norme internazionali sul lavoro, espresse soprattutto sotto forma di raccomandazioni, nelle quali si fissano le condizioni minime in materia di diritti fondamentali dei lavoratori (libertà sindacale, diritto alla negoziazione collettiva, parità di opportunità e di trattamento, ecc.); presta assistenza tecnica nell'ambito della tutela del lavoro (formazione professionale, cooperative, sicurezza sociale); promuove lo sviluppo di organizzazioni indipendenti di lavoratori.

L'ILO è costituita da tre organismi: l'Assemblea internazionale del lavoro, che tiene una riunione annuale con la partecipazione di tutti gli stati membri; il Consiglio di amministrazione che rappresenta l'organo esecutivo dell'Ilo e si riunisce tre volte l'anno; l'Ufficio internazionale del lavoro, che è la segreteria permanente dell'organizzazione e ha la responsabilità diretta delle sue attività.

 

§      International Monetary Fund: www.imf.org

Sede: Washington

Il Fondo monetario internazionale (International monetary fund) è un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite fondata nel 1946 allo scopo di assicurare il rispetto delle norme degli accordi di Bretton Woods.

Gli accordi di Bretton Woods furono stipulati nel luglio 1944 in seguito alla conferenza monetaria e finanziaria tenuta a Bretton Woods (New Hampshire, USA)[11]. Si discusse delle modalità da adottare negli scambi internazionali e dei relativi trasferimenti valutari all'indomani della cessazione della seconda guerra mondiale. Il tema centrale fu quello della convertibilità tra le varie monete come presupposto per superare il regime dei controlli sui movimenti di merci e di capitali istituito durante il conflitto.

Ogni paese membro partecipa al Fondo monetario internazionale con una quota calcolata in base al reddito nazionale lordo, alle riserve ufficiali possedute e al contributo all'interscambio mondiale. I versamenti vengono effettuati per un 75% in valuta nazionale e per il restante 25% in Diritti speciali di prelievo (DSP).

Il Fondo offre consulenza tecnica e assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà con la loro bilancia dei pagamenti. Il Fondo è gestito dal Consiglio dei governatori, con sede a Washington, formato dai rappresentanti dei paesi membri. Ogni decisione del consiglio è strettamente legata al consenso dei dieci paesi più industrializzati (il cosiddetto "club dei dieci"), dal momento che il potere decisionale è in proporzione alla quota di partecipazione al Fondo

 

§      World Health Organization: www.who.int

Sede: Ginevra

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), agenzia specializzata per la Salute delle Nazioni Unite, è stata fondata il 7 aprile 1948.

L'obiettivo dell'OMS, così come precisato nella relativa costituzione, è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni, del livello più alto possibile di salute, definita nella medesima costituzione, come condizione di benessere fisico, mentale e sociale completo e non soltanto dell'assenza della malattia o dell'infermità.

L'OMS è governata da 192 Stati Membri attraverso l'Assemblea della Salute Mondiale. Questa è composta da rappresentanti degli Stati Membri. Le principali funzioni dellOrganizzazione Mondiale della Sanità consistono nell'approvazione del programma dell'organizzazione e del bilancio preventivo per il biennio successivo, e nelle decisioni riguardanti le principali questioni politiche.

 

§      United Nations Conference on Trade and Developmentwww.unctad.org

Sede: Ginevra.

La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo fu convocata per la prima volta nel 1964 e si è poi trasformata in un'organizzazione permanente con sede a Ginevra. L'Unctad rappresenta il principale organo dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in materia di commercio e sviluppo.

Il suo obiettivo principale è quello di aumentare il più possibile le opportunità di commercio e di progresso per i paesi in via di sviluppo e di aiutarli ad affrontare le conseguenze della mondializzazione e ad integrarsi nel mercato mondiale in condizioni di equità. Uno dei mezzi per raggiungere questi traguardi è la promozione delle loro esportazioni per permettere a questi paesi un maggiore inserimento nei mercati mondiali. Questo ha portato a stabilire un trattamento preferenziale non reciproco che i paesi industrializzati hanno concesso a quelli in via di sviluppo. Si cerca inoltre di promuovere gli scambi commerciali tra gli stessi paesi in via di sviluppo al fine di rafforzarne la crescita economica.

L'altro settore di intervento dell'Unctad riguarda la stabilizzazione dei prezzi dei prodotti primari dei paesi in via di sviluppo, che ha portato alla creazione di un fondo comune per gestire scorte di questi prodotti da immettere nel mercato attraverso acquisti o vendite al momento più opportuno.

 

§      United Nations Development Programme:www.undp.org

Sede: New York.

L'United Nations Development Programme (UNPD) è un'organizzazione internazionale sorta il 1° gennaio 1966[12] dalla fusione del Programma Ampliato di Assistenza Tecnica e del Fondo Speciale delle Nazioni Unite, che avevano – rispettivamente – le finalità di promuovere il progresso economico dei Paesi sottosviluppati e di finanziare studi preliminari (sulle possibilità economiche di un Paese o di un settore economico e sulle risorse naturali e l'attrezzatura tecnica) in vista della valutazione delle domande di finanziamento presentate dagli Stati membri.

La sede centrale è a New York, ma vi sono diramazioni in ben 166 Paesi, una rete che provvede a coordinare gli sforzi nazionali ed internazionali per il raggiungimento dei cd. Millennium Development Goals[13], incoraggiando la protezione dei diritti umani e l’emancipazione delle donne.

L’annuale Human Development Report dell’UNDP si concentra sui temi chiave dello sviluppo, fornendo strumenti di misura ed analisi, nonché proposte di soluzione.

Fanno parte dell’UNDP:

§         l’UNCDF (United Nations Capital Development Fund)[14], avente lo scopo di contribuire al raggiungimento dei Millennium Development Goals nei Paesi meno sviluppati attraverso approcci innovativi sia nelle problematiche dello sviluppo locale, sia nella microfinanza[15];

§         l’UNIFEM (United Nations Development Fund for Women)[16], che fornisce assistenza tecnica e finanziaria ai programmi volti alla promozione dei diritti delle donne, alla loro partecipazione politica e sicurezza sociale.

 

§      World Bank Group:www.worldbank.int

Sede: Washington.

Il gruppo della Banca mondiale si compone di 5 organismi:

§         International Bank for Reconstruction & Development (sede: Washington, sigla: IBRD). La Banca mondiale per la ricostruzione e lo sviluppo (o semplicemente Banca mondiale) è un istituto di credito internazionale nato nel 1945 con l'entrata in vigore degli statuti della conferenza di Bretton Woods e ha sede a Washington. Suo scopo originario era di contribuire alla ricostruzione delle capacità produttive annientate dalla guerra. Secondo obbiettivo era favorire il miglioramento delle risorse economiche, della capacità produttiva e delle condizioni di vita nelle aree sottosviluppate. Terminata la prima fase di finanziamento per la ricostruzione dei paesi europei colpiti dal conflitto ci si concentrò sul sostegno ai processi di sviluppo per il lungo periodo. La Banca mondiale concede prestiti ordinari a governi o a enti privati (purché siano garantiti dal governo del loro paese) affinché siano impiegati allo scopo di innalzare il potenziale di crescita dell'economia. L'accesso alla banca mondiale è subordinato alla partecipazione al Fondo monetario internazionale. Ogni paese partecipa alla Banca mondiale attraverso una quota proporzionale alla propria economia: solo il 20% della quota viene versata, mentre il restante 80% deve essere reso disponibile quando sia richiesto dalla stessa Banca mondiale per finanziare specifici progetti. La Banca mondiale ottiene però la maggior parte dei suoi fondi attraverso la vendita di titoli sui mercati internazionali.

§         International Development Association (sede: Washington, sigla: IDA). L'Associazione internazionale per lo sviluppo nacque nel 1960 con lo scopo di sostenere i paesi economicamente più poveri che non avrebbero potuto servirsi dei finanziamenti della Banca mondiale. Finanziata dai paesi industrializzati, l'IDA concede prestiti a governi nazionali a condizioni estremamente favorevoli: scadenza a 50 anni, interessi praticamente uguali a zero, rimborsi dal decimo anno.

§         International Finance Corporation (sede: Washington, sigla: IFC). La Società finanziaria internazionale nacque nel 1956 come associazione affiliata alla Banca mondiale allo scopo di potenziare l'intervento per lo sviluppo dei paesi economicamente deboli concedendo prestiti anche ai privati sprovvisti della garanzia governativa.

§         International Centre for Settlement of Investment Disputes (sede: Washington, sigla: ICSID). Promuove gli investimenti internazionali attraverso il superamento delle controversie tra gli investitori stranieri e i paesi verso cui gli investimenti sono diretti.

§         Multilateral Investment Guarantee Agency (sede: Washington, sigla: MIGA). L'Agenzia, nata nel 1988, ha la missione di potenziare e facilitare il flusso degli investimenti esteri nei paesi in via di sviluppo. Garantisce contro i rischi non commerciali e assiste i paesi membri nell'applicazione di politiche che stimolino l'investimento estero.

 

§      United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization: www.unesco.org

Sede: Parigi.

L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization) fu fondata a Londra nel 1945 ed ha sede a Parigi. Suo scopo è di "contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza stringendo, attraverso l'educazione, la scienza e la cultura, la collaborazione fra le nazioni, con lo scopo di assicurare il rispetto universale della legge, dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione". L'Unesco si compone di una Conferenza generale, costituita da tutti gli stati membri, un Comitato esecutivo, composto da 58 rappresentanti degli Stati membri e un Segretariato.

 

§      United Nations High Commissioner for Human Rights: www.unhchr.ch

Sede: Ginevra.

L’Alta commissione per i diritti umani è il principale organo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani. L’incarico di Alto Commissariato è stato creato nel 1993 per il perseguimento di azioni multilaterali nel campo dei diritti umani agendo quale autorità morale e organismo di azioni di tutela delle vittime.

L’Alto Commissariato è impegnato nella costruzione di una cooperazione costruttiva con i governi per rafforzare la protezione dei diritti umani a livello nazionale. L’Ufficio coopera, inoltre,con molteplici soggetti quali le organizzazioni non governative, le istituzioni accademiche ed il settore privato, per diffondere la tutela dei diritti umani. Promuove, altresì, l’educazione ai diritti umani ed è sensibile ai nuovi cambiamenti quali la tratta delle persone, l’HIV/AIDS, e le conseguenze della globalizzazione.

 

§      World Intellectual Property Organization: www.wipo.int

Sede: Ginevra.

L’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO) è una delle 16 agenzie specializzate delle Nazioni Unite, che si occupa principalmente delle politiche globali che istituiscono monopoli sulla conoscenza e su altri "beni immateriali". Queste politiche si riflettono poi nella legislazione nazionale, influenzando il modo in cui le persone vivono in una società basata sull'informazione.

Il ruolo della WIPO è fondamentale anche nella tutela dei diritti nell'ambito dell'assegnazione dei nomi di domini WEB. L'Unione Europea rimanda ai principi generali espressi dalla WIPO per quanto riguarda tale materia. Controlla l’applicabilità di 23 trattati internazionali (15 sulla proprietà industriale e 7 sul copyright, oltre alla convenzione istitutiva WIPO). All’organizzazione aderiscono 182 Nazioni quali Stati membri, tra cui l’Italia.

 

§      High Representative for the Least Developed Countries, Landlocked Developing Countries and the SmallIslandDevelopingStates (OHRLLS): http://www.un.org/ohrlls/  

Sede: New York

L’Ufficio dell’Alto Rappresentante per i Paesi meno sviluppati (Least Developed Countries - LCD), i Paesi non litoranei in via di sviluppo (Landlocked Developing Countries - LLDC) e per le piccole isole in via di sviluppo (Small Island Developing States - SIDS) è stato istituito nel 2001 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n 56/227.

Le sue principali funzioni, come definite nel Rapporto A/56/645 del Segretario Generale dell’ONU, riguardano l’attività di supporto all’attuazione e al monitoraggio del Programma d’azione per i Paesi meno sviluppati, della Dichiarazione di Almaty[17] e del relativo programma d’azione, del Programma d’azione per lo sviluppo sostenibile delle SIDS, nonché l’assistenza ai Paesi LCD, LLDC e SIDS.

 

 

 

 

§      International Atomic Energy Agency: www.iaea.org

Sede: Vienna.

Centro internazionale per la cooperazione in campo nucleare, e per la promozione di tecnologie nucleari sicure e a scopo pacifico, fondato nel 1957.

Al suo interno operano il NUSSAC (Nuclear Safety Standards Advisory Committee), istituito nel 1996, con il compito di predisporre ed istruire proposte di modifica delle norme internazionali a tutela della sicurezza nucleare, e il TRANSSAC (Transport Safety Standards Advisory Committee), che ha funzioni consultive in materia di sicurezza del trasporto di materiali nucleari.

 

 

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Istituti di ricerca delle Nazioni Unite:

 

§      UN Research Institute for Social Development (UNRISD): http://www.unrisd.org/

Sede: Ginevra.

L’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite per lo sviluppo sociale (UNRISD) è un’agenzia autonoma dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che ha come finalità lo sviluppo della ricerca sulle dimensioni sociali dei problemi che riguardano lo sviluppo.

L’UNRISD è stata fondata nel 1963, periodo in cui veniva enfatizzato un “nuovo approccio allo sviluppo”, a fronte di indicatori meramente economici, considerati oltremodo fuorvianti. Pertanto l’UNRISD ha focalizzato la sua attività nello sviluppo degli indicatori sociali e nella promozione e diffusione del dibattito sullo sviluppo.

Per più di 40 anni l’UNRISD si è dedicata alla ricerca sullo sviluppo sociale e rimane, ad oggi, l’unica organizzazione delle Nazioni Unite ad occuparsi esclusivamente di tale problematica. Nel corso dei decenni le aree di ricerca dell’UNRISD si sono evolute parallelamente alle nuove tematiche: dalla pioniera attività di ricerca degli anni sessanta concentrata nell’individuazione degli indicatori umani e sociali dello sviluppo (limiti potenziali della tecnologia, misurazione dello sviluppo sociale, sviluppo regionale), si è passati alla responsabilità globale dello sviluppo sociale degli anni duemila, in cui le principali aree di ricerca sono la società civile ed i movimenti sociali, la democrazia ed i diritti umani, la politica sociale e lo sviluppo, la tecnologia e la società.

 

§      UN Institute for Training and Research (UNITAR): http://www.unitar.org/

Sede: Ginevra.

L’ Istituto delle Nazioni Unite per la formazione e la ricerca (UNITAR) è stato istituito nel 1965 come agenzia autonoma all’interno dell’ONU con lo scopo di migliorare l’efficacia dell’Organizzazione attraverso la formazione e attività di ricerca applicata. L’Istituto è supportato interamente da contributi volontari di diversi donatori: governi membri, organizzazioni intergovernative, fondazioni, e altre fonti non governative. Quale organo autonomo dell’ONU, l’UNITAR ha una certa flessibilità nelle proprie iniziative ed opera mantenendo costante il dialogo con i Paesi donatori e i Paesi beneficiari.

Nell’ultimo decennio, l’UNITAR ha sviluppato una sua particolare visione della formazione caratterizzata da un impianto istituzionale e da risorse umane diversificate e interdisciplinari. Formazione e capacity building sono diventati gli obiettivi principali dell’Istituto dall’inizio della sua ristrutturazione. I Programmi sono disegnati sulla base di bisogni chiaramente identificati per assistere i partner nell’adattarsi alla globalizzazione (attraverso il confronto con problematiche come la risoluzione delle controversie, la gestione dell’ambiente, il commercio e la finanza).

In relazione ai settori di intervento, l’UNITAR offre corsi di formazione, di capacity building che si possono dividere in due aree principali: management in affari internazionali (con programmi disegnati per diplomatici e personale dei ministeri dei Paesi membri che devono negoziare in contesti multilaterali) e sviluppo economico e sociale (con attività dirette al rafforzamento delle capacità istituzionali e umane a livello nazionale). Le richieste di formazione provenenti dai Paesi in via di sviluppo e dai Paesi in transizione sono in continua crescita.

Attualmente UNITAR organizza ogni anno 120 attività tra programmi, assegni di ricerca, seminari e gruppi di lavoro ai quali partecipano più di 5.500 partecipanti provenienti dai cinque continenti.

 

 

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Programmi internazionali in materia di tutela ambientale e sviluppo sostenibile:

 

§      World Food Programme: www.wfp.org e www.wfp.it

Sede: Roma

Il Programma alimentare mondiale (WFP, PAM in italiano) è la più grande organizzazione umanitaria del mondo nel campo degli aiuti alimentari a chi soffre la fame. Essa interviene, con progetti di sviluppo e di emergenza, in oltre 80 paesi nel mondo, dall'Africa sub-sahariana al Medio Oriente, dall’America Latina all’Asia al Pacifico[18].

Da quando è stato creato, nel 1963, il PAM ha investito 30 miliardi di dollari e distribuito più di 47 milioni di tonnellate di cibo per combattere la fame, promuovere lo sviluppo economico e sociale e fornire assistenza nelle emergenze in tutto il mondo.

Il PAM lavora per porre la fame al centro dell’agenda internazionale, promuovendo politiche, strategie ed operazioni che vadano direttamente a vantaggio di chi è povero ed affamato[19]. I destinatari degli aiuti (oltre 100 milioni di persone nell’anno 2003, sparse in 81 Paesi) sono, infatti, le vittime di disastri naturali, gli sfollati e i rifugiati a causa di disastri naturali, siccità, inondazioni o conflitti, nonché le popolazioni indigenti ed affamate del mondo, strette tra povertà e malnutrizione.

 

§       United Nations Human Settlements Programme: http://www.unhabitat.org/

Sede: Nairobi

Il Programma delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani (UN-habitat), originariamente noto come UNCHS (United Nations Centre for Human Settlements)[20], è stato fondato nel 1978 come agenzia specializzata dell’ONU per il coordinamento delle attività nel campo degli insediamenti urbani. È inoltre l’agenzia responsabile per l’attuazione dell’Agenda Habitat, adottata nella seconda Conferenza dell'UNCHS, Habitat II, convocata a Istanbul nel 1996 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e dedicata alla gestione dell’urbanizzazione e al miglioramento dell’ambiente in cui viviamo.

Gli obiettivi di UN-habitat nel supportare i Governi e gli altri partner del Programma si possono riassumere in:

§       miglioramento delle condizioni di vita e di alloggio dei poveri nel mondo, dell'urbanizzazione e delle relazioni urbane e rurali quali priorità dello sviluppo nazionale e internazionale;

§       adozione di una governance efficace e operativa per promuovere nuove politiche e strategie per la gestione dell'urbanizzazione;

§       promozione della cooperazione internazionale per uno sviluppo sostenibile degli insediamenti umani e miglioramento delle condizioni ambientali.

UN-Habitat promuove uno sviluppo sostenibile centrato sulla popolazione, sull'equità e sulla crescita economica sostenibile, come principi di riferimento della Conferenza. Tutto ciò allo scopo di promuovere uno sviluppo urbano che renda le città, i piccoli centri e i villaggi salubri e sani, attraverso il coinvolgimento di ONG, autorità e governi locali, del settore privato e dei Governi nazionali. UN-Habitat promuove, altresì, un’urbanizzazione sostenibile attraverso la formulazione di politiche, riforme istituzionali, capacity building, cooperazione tecnica e tutela dei diritti (advocacy) e il monitoraggio e il miglioramento degli insediamenti umani nel mondo.

 

§       United Nations Environment Programme: http://www.unep.org/

Sede: Nairobi

Fondato nel 1972, il Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) è l’organismo che dà voce ai problemi dell’ambiente all’interno del sistema delle Nazioni Unite. La sua missione consiste, infatti, nel promuovere la tutela dell’ambiente fornendo informazioni e svolgendo attività di supporto per uno sfruttamento e uno sviluppo sostenibili dell’ambiente mondiale, in collaborazione sia con altri organismi dell’ONU, sia con i governi nazionali, le organizzazioni non governative, l’industria privata e la società civile.

L’UNEP valuta le tendenze ambientali a livello mondiale, regionale e nazionale; sviluppa strumenti internazionali e nazionali di gestione dell’ambiente; contribuisce al rafforzamento delle istituzioni in grado di gestire l’ambiente in modo più intelligente; promuove il trasferimento di conoscenze e tecnologie per lo sviluppo sostenibile, e incoraggia nuovi modi di pensare all’interno della società civile e dell’industria privata.

Il Programma ospita inoltre i segretariati di diverse convenzioni sull’ambiente, compresi il Segretariato per l’ozono, il Fondo multilaterale del Protocollo di Montreal, la CITES (Convenzione sul commercio internazionale in specie protette e fauna e flora selvagge), le Convenzioni sulla biodiversità e sulle specie migratorie, nonché la Convenzione di Basilea sulla movimentazione transnazionale dei rifiuti tossici e quella di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti.

 

§       UN Population Fund (UNFPA): http://www.unfpa.org/

Sede: New York.

Il Fondo delle Nazioni Unite per le attività in materia di popolazione (UNFPA) svolge un ruolo centrale a sostegno dei paesi in via di sviluppo nelle questioni legate alla salute riproduttiva ed allo sviluppo della popolazione. Il budget totale di questa organizzazione supera i 300 milioni di dollari. Con questo denaro l'UNFPA si impegna in più di 140 paesi, svolgendovi attività di sensibilizzazione e progetti volti a concretizzare il programma d'azione varato al Cairo nel 1994, durante la Conferenza dell'ONU sulla popolazione.

L’UNFPA sostiene programmi che aiutano le famiglie a pianificare le nascite; ad affrontare parti sicuri, in condizioni igieniche adeguate; ad impedire la trasmissione di infezioni per via sessuale (incluso l’HIV); a combattere la violenza contro le donne.

Tale Programma, inoltre, aiuta i paesi in via di sviluppo a formulare politiche e strategie che promuovono lo sviluppo sostenibile.

 

Riferimenti

 

L’attività delle numerose Agenzie e Commissioni delle Nazioni Unite, nonché i fondi e programmi in materia di sviluppo economico e sociale sono documentate sul sito: http://www.un.org/esa/index.html

Inoltre le Nazioni Unite hanno istituito un vero e proprio portale ambientale “the United Nations Environment Network” http://www.unep.net/ che raccoglie tutte le informazioni ufficiali in materia ambientale organizzate per temi e per regioni.

Quale fonte di riferimento generale per tutta l’attività di carattere multilaterale sulle tematiche dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile si segnala, inoltre, l’iniziativa Geneva Environment Network, partnership cooperativafra oltre 40 fra enti internazionali, agenzie specializzate delle NU e organizzazioni non governative. In particolare, il sito WEB: The international environment house  http://www.environmenthouse.ch, che documenta – insieme – sia le attività delle Nazioni Unite, sia quelle delle organizzazioni non governative presenti in questo settore.

 


Diritto internazionale dell’ambiente: i Temi

Cambiamento climatico

La crescente attenzione internazionale sul tema del cambiamento climatico ha portato l’WMO (World Meteorological Organization) e l’UNEP (United Nations Enviroment Program) alla creazione nel 1988 di un gruppo intergovernativo sul cambiamento del clima (IPCC – Intergovernamental Panel on Climate Change) composto da numerosi esperti internazionali di clima, con la finalità di valutare le informazioni disponibili in numerosi campi (scientifico, economico e sociale) legate ai cambiamenti climatici, e da queste dedurre i futuri scenari climatici e le migliori opzioni di mitigazione ed adattamento.

I rapporti dell’IPCC, che hanno sottolineato la relazione tra le emissioni di gas-serra ed i cambiamenti climatici in atto, hanno rappresentato il “background” scientifico per i negoziati della Convenzione Quadro sui cambiamenti Climatici (UNFCCC - United Nations Framework Convention on Climate Change), adottata a New York nel maggio del 1992 e successivamente sottoscritta a Rio de Janeiro, nello stesso anno, nel corso del Vertice della Terra, dai delegati di 154 paesi, più l’ Unione Europea, ed entrata in vigore il 21 marzo 1994.

La Convenzione, che promuove diverse tipologie d’intervento[21] sia a livello nazionale che a livello internazionale per la stabilizzazione delle concentrazioni di gas-serra per la protezione del sistema climatico, non prevede, tuttavia, vincoli ma solo un impegno di massima per ridurre le emissioni di gas rispetto al 1990. Misure vincolanti sono state invece introdotte con il Protocollo di Kyoto[22].

Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra[23].

Il protocollo di Kyoto non prevede vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I[24] che si impegnano a realizzare una riduzione delle proprie emissioni entro il 2012 nella misura del 5,2% rispetto ai livelli di emissione del 1990[25].

Per garantire un’attuazione flessibile del Protocollo e una riduzione di costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo sono stati introdotti i seguenti meccanismi flessibili:

§         L’emission trading (commercio dei diritti di emissione), in base al quale i paesi soggetti ai vincolo che riescano ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri paesi soggetti a vincolo che – al contrario – non riescano a raggiungere gli obiettivi assegnati[26];

§         La joint implementation(attuazione congiunta degli obblighi individuali), secondo cui gruppi di paesi soggetti a vincolo, fra quelli indicati dall’Annex I, possono collaborare per raggiungere gli obiettivi fissati accordandosi su una diversa distribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, purché venga rispettato l'obbligo complessivo. A tal fine essi possono trasferire a, o acquistare da, ogni altro Paese emission reduction units (ERUs) realizzate attraverso specifici progetti di riduzione delle emissioni;

§         I clean development mechanisms(meccanismi per lo sviluppo pulito), il cui fine è quello di fornire assistenza alle Parti non incluse nell’Annex I negli sforzi per la riduzione delle emissioni. I privati o i governi dei paesi dell’Annex I che forniscono tale assistenza possono ottenere, in cambio dei risultati raggiunti nei paesi in via di sviluppo grazie ai progetti, certified emission reductions (CERs) il cui ammontare viene calcolato ai fini del raggiungimento del target.

 

Il protocollo è diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005 in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia, con notevole ritardo rispetto alla firma del protocollo medesimo, causato dall'uscita dal Protocollo degli USA, che rappresentano da soli il 36% delle emissioni dei Paesi industrializzati[27].

 

 

Riferimenti

 

-        United Nations Framework Convention on Climate Change http://unfccc.int

-        Intergovernmental Panel on Climate Change http://www.ipcc.ch/

-        Iniziative della Banca mondiale http://carbonfinance.org.

-        Periodico della direzione generale Ambiente della Commissione europea http://europa.eu.int/comm/environment/news/efe/theme_05_it.htm

-        NASA's Global Change Master Directory http://globalchange.nasa.gov/

-        US Environmental Protecion Agency - EPA'S Global warming Site http://yosemite.epa.gov/oar/globalwarming.nsf/content/index.html

 


Biodiversità[28]

Da molti decenni si osserva una preoccupante diminuzione della diversità biologica a causa delle attività dell'uomo (inquinamento, deforestazione, ecc.). Una diversità biologica adeguata limita infatti gli effetti di taluni rischi ambientali quali il cambiamento climatico e le invasioni di parassiti. La diversità è essenziale per la redditività a lungo termine delle attività agricole e alieutiche ed è alla base di numerosi processi industriali e della produzione di nuovi medicinali. La conservazione e l'utilizzo sostenibile della diversità biologica sono due elementi indispensabili per conseguire uno sviluppo sostenibile e per realizzare gli obiettivi di sviluppo in materia di povertà, salute e ambiente (cd. Millennium Goals).

Nel 2002, al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, i capi di Stato di tutto il mondo si sono accordati sulla necessità di ridurre sensibilmente il tasso di perdita della biodiversità da qui al 2010. La Convenzione sulla diversità biologica è stata unanimemente considerata come lo strumento principale in questo campo.

Con la sottoscrizione al Summit della Terra di Rio de Janeiro nel 1992 della Convenzione per la Conservazione della Diversità Biologica, o biodiversità, che mira a tutelare le specie nei loro habitat naturali e riabilitare quelle in via di estinzione, si è inteso creare una struttura organica in cui comprendere una serie di azioni di carattere generale, finalizzate al perseguimento dei seguenti tre obiettivi principali:

§         la conservazione della diversità biologica;

§         l'uso sostenibile delle sue componenti;

§         la condivisione giusta ed equa dei benefici derivanti da un uso corretto delle risorse genetiche.

 

Questa Convenzione, divenuta operativa il 29 dicembre 1993 in seguito alla ratifica di numerosi Paesi[29], rappresenta pertanto il primo accordo globale che mira a garantire la conservazione e l’utilizzo del materiale genetico contenuto nei diversi ecosistemi, quale bene comune dell’umanità e parte integrante del processo di sviluppo di un Paese.

Il negoziato internazionale per dare attuazione alla Convenzione ha però subito una battuta d’arresto nel 1999, dinanzi al problema della firma del primo Protocollo della Convenzione, il Protocollo sulla Biosicurezza, relativo alla definizione delle procedure atte a garantire il trasferimento, la manipolazione e l’utilizzazione in condizioni di sicurezza, di ogni organismo geneticamente modificato originato dalle biotecnologie. Tale protocollo, noto come Protocollo di Cartagena, è stato successivamente adottato a Montreal il 29 gennaio 2000.

Obiettivo del Protocollo è quello di assicurare un appropriato livello di garanzia e protezione nel settore della sicurezza biotecnologica e, specificatamente, sul movimento transfrontaliero di qualsiasi organismo vivente geneticamente modificato (Ogm) risultante da tali metodologie che possa avere effetti negativi sulla conservazione e sull’utilizzazione della ricchezza della diversità biologica, nonché della salute umana.

Nel maggio 2000 sono state aperte le sottoscrizioni, che, tuttavia, a tutt’oggi non hanno ancora raggiunto il numero di 50, necessario per l’entrata in vigore del Protocollo.

 

 

Riferimenti

 

-        Convention on Biological diversity http://www.biodiv.org

-        UNEP World Conservation Monitoring Centre http://www.unep-wcmc.org/

-        European Centre for Nature Conservation http://www.ecnc.nl/

-        Periodico della direzione generale Ambiente della Commissione europea http://europa.eu.int/comm/environment/news/efe/theme_12_it.htm

-        CITES (the Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora) http://www.cites.org/


Desertificazione

Secondo le stime del Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite (United Nations Environment Programme - UNEP), un quarto delle terre del pianeta è minacciato dalla desertificazione. Il fenomeno minaccia più di un miliardo di persone in oltre 100 nazioni[30] e secondo la Banca mondiale causa una perdita globale di reddito di 42 miliardi di dollari all’anno.

In base alla definizione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione (UNCCD) (vedi infra), la desertificazione è un processo di "degrado dei terreni coltivabili in aree aride, semi-aride e asciutte sub-umide in conseguenza di numerosi fattori, comprese le variazioni climatiche e le attività umane".

La desertificazione spesso deriva dalla siccità, ma spesso le ragioni più significative per tale fenomeno sono rappresentate dalle attività umane (si pensi ad es. alla deforestazione che produce la distruzione del manto superficiale del terreno o all'attività irrigua effettuata con canali e tubazioni scadenti che rende salmastre le terre coltivate, desertificando 500.000 ettari all'anno).

I rischi legati alla degradazione delle terre sono stati autorevolmente evidenziati per la prima volta dal Programma UNESCO per le zone aride e dalla Risoluzione Onu n. 3337 del 1974, che prevedeva l'istituzione della United Nations Conference On Desertification (UNCOD), fondamentalmente con il compito di raccogliere dati sull'estensione del fenomeno e di promuovere un programma di lotta alla desertificazione indicato con l’acronimo UNPACD (United Nations Plan of Action to Combat Desertification);

Con la Conferenza di Rio, nel 1992, la desertificazione è stata riconosciuta (insieme alla diversità biologica e ai cambiamenti climatici globali) una delle principali emergenze per l'umanità. La stessa Conferenza ha invitato l'Assemblea delle Nazioni Unite a istituire un Comitato intergovernativo di negoziazione (Incd) i cui lavori hanno condotto il 17 giugno 1994 all’adozione, a Parigi, della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione (UNCCD), che è entrata in vigore il 26 dicembre 1996 e che, a tutt’oggi, risulta essere stata ratificata da 110 Paesi, compresa l’Italia.

Questo documento, composto da 40 articoli e da 4 allegati regionali, ha come scopo principale quello di adottare per la lotta contro la desertificazione strategie incentrate simultaneamente sul miglioramento della produttività delle terre, sul ripristino sulla conservazione e sulla gestione sostenibile del suolo e si distingue dagli sforzi fatti precedentemente in quanto ha potere esecutivo e comporta impegni nazionali precisi per un’azione concreta specialmente a livello locale, dove la desertificazione deve essere combattuta con maggiore energia.

Per l’area del Mediterraneo nel suo complesso, si segnala il progetto DISMED (Desertification Information System for the Mediterranean), promosso nel 1998 dal Segretariato UNCCD e dalle autorità di Marocco e Italia.

 

 

Riferimenti

 

-        Desertification Information System for the Mediterranean http://dismed.eionet.eu.int

-        The United Nations Convention to Combat Desertification www.unccd.int

-        Sito FAO desertificazione http://www.fao.org/desertification/default.asp?lang=en

 


Inquinanti chimici

Tre differenti Convenzioni internazionali, sviluppate sotto gli auspici dell’UNEP – fra loro collegate in vario modo – disciplinano la protezione dell’ambiente dagli inquinanti chimici (Convenzioni di Stoccolma, di Basilea e di Rotterdam). Esse riguardano, rispettivamente:

§      Gli inquinanti organici persistenti

§      Il controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento

§      Le procedure relative alle sostanze chimiche pericolose e ai pesticidi nel commercio internazionale

Inquinanti organici persistenti

I POPs (acronimo dell’espressione inglese “persistent organic pollutants”) sono una classe di sostanze chimiche che hanno la caratteristica di permanere nell’ambiente (anche se trasportate a grandi distanze, attraverso l’aria o l’acqua), di accumularsi nei tessuti umani e animali, e di produrre impatti significativi sulla salute e sull’ambiente, anche a basse concentrazioni.

I POPs sono pericolosi perché: sono tossici; sono persistenti, essendo capaci di resistere ai normali processi di eliminazione dei prodotti contaminanti; si accumulano nel grasso corporeo degli esseri umani, dei mammiferi marini e di altri animali[31] e vengono trasmessi al feto dalla madre; sono capaci di coprire grandi distanze trasportati dal vento o dalle correnti marine. Anche piccole quantità di POPS possono danneggiare l'apparato nervoso, creare problemi al sistema immunitario e a quello riproduttivo, compromettere lo sviluppo e favorire il cancro. In questa classe sono incluse sostanze quali la diossina, i PCBs e il DDT e parecchi pesticidi.

Con la Convenzione di Stoccolma[32], firmata da più di 90 nazioni a Stoccolma il 23 maggio 2001, è stata bandita la produzione di dodici sostanze tossiche (non l’utilizzazione e il trasporto): insetticidi (Aldrin, Clordano, DDT, esaclorobenzene  ed altri), prodotti industriali (PCB o policlorodifenili) e sottoprodotti, cioè prodotti secondari non desiderati (diossine e furani policlorurati). La Convenzione condiziona l’inizio della sua piena operatività  alla ratifica da parte di 50 stati. Con la ratifica della Francia, depositata alle Nazioni Unite il 17 febbraio 2005, tale soglia è stata raggiunta[33]. A partire dalla data di ratifica da parte della Francia, decorrono 90 giorni per l'entrata in vigore del trattato.

Oggetto del trattato sono – come si è detto - dodici prodotti chimici particolarmente pericolosi, ma la Convenzione è aperta al processo di individuazione di altre sostanze e quindi di aggiunta a questo primo elenco. Può consultarsi, in proposito, l’elenco ufficiale delle sostenze proposte: http://www.pops.int/documents/meetings/cop_1/chemlisting/Default.htm

 

 

Riferimenti

 

UNEP, Sito sui POPs http://www.chem.unep.ch/pops/default.html

 

Controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi

La più importante fonte legislativa internazionale, per quanto riguarda i rifiuti tossici, è la Convenzione di Basilea[34] del 1989 sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e sul loro smaltimento. Gli obiettivi della Convenzione di Basilea sono:

a) ridurre i movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e di altra natura, fino a raggiungere un livello compatibile con una solida gestione dellimpatto ambientale;

b) trattare e smaltire i rifiuti pericolosi in un luogo più vicino possibile a quello di origine, in maniera compatibile con l’ambiente;

c) minimizzare la produzione di rifiuti pericolosi e di altra natura.

La Convenzione riconosce il diritto degli Stati di bandire l’ingresso o lo smaltimento nel proprio territorio di rifiuti pericolosi o di altra natura che provengono da altri paesi. La Convenzione stabilisce, altresì, che gli Stati parte non devono consentire l’esportazione di tali materiali in paesi che ne hanno vietato per legge tutte le importazioni. Ai sensi dell’art. 25 della Convenzione, essa è entrata in vigore il 5 maggio 1992 ed è stata ratificata dall’Italia il 7 febbraio 1994. Alla data dell’8 aprile 2005 hanno aderito alla Convenzione 165 Paesi.

 

 

Riferimenti

 

Segretariato della Convenzione www.basel.int 

Procedure relative alle sostanze chimiche pericolose e ai pesticidi nel commercio internazionale

La Convenzione di Rotterdam[35], firmata il 10 settembre 1998, si prefigge di controllare il commercio ed il trasporto di sostanze tossiche e pericolose per l'uomo e per l'ambiente e fornisce ai paesi uno strumento importante per ridurre i rischi associati al loro uso.

L’ambito di applicazione della Convenzione è assai ampio e comprende le importazioni e le esportazioni di tutti i pesticidi altamente pericolosi e i prodotti chimici vietati o soggetti a restrizioni dalle normative vigenti, escludendo altresì l’applicazione della normativa al commercio internazionale di prodotti chimici ad uso bellico, sostanze psicotrope, materiale radioattivo o di rifiuto, farmaci, prodotti ed additivi alimentari, chimici in quantità limitate a fini di ricerca o per uso personale.

Essa introduce, infatti, uno dei più importanti principi oggi vigenti nel commercio internazionale di prodotti inquinanti e tossici: il sistema del “previo assenso informato” (PIC), frutto della collaborazione attiva tra i soggetti pubblici e privati parti della traslazione, che diviene il fulcro della regolamentazione internazionale sui prodotti chimici. L’Unione europea ha dato attuazione alle disposizioni della Convenzione con il Regolamento (CE) n. 304/2003, introducendo, altresì, alcune modifiche ritenute necessarie per rendere ancora più severi alcuni obblighi previsti dalla Convenzione.

La Convenzione, sottoscritta da 73 Paesi, è entrata in vigore il 24 febbraio 2004 ed è stata ratificata dall’Italia il 27 agosto 2002.

 

 

Riferimenti

 

PIC e Rotterdam Convention, www.pic.int


Acqua

Il Segretario Generale delle NU, Kofi Annan, nel rapporto “We the peoples”, del 2000, sottolineava come “il consumo di acqua dolce si è sestuplicato tra il 1900 e il 1995, più del doppio del livello di crescita della popolazione. Circa un terzo della popolazione mondiale già vive in paesi considerati ad emergenza idrica (questo accade quando il consumo supera del 10% il totale dell'offerta). Se questo trend dovesse continuare, due terzi della popolazione della terra vivranno in queste condizioni nel 2025”.

In base ai dati pubblicati dall’UNEP (United Nations Environment Programme), a causa della rapida crescita della popolazione della terra, l’acqua dolce disponibile pro-capite per il consumo umano si è sensibilmente ridotta, tanto che si stima, per il 2025, che circa 3,5 miliardi di persone rientreranno nella categoria di "water scarcity" con una disponibilità media annua di 1.700 m3 di acqua pro capite.

La percezione del problema non rappresenta un evento recente nel panorama internazionale[36]: la prima grande conferenza dell’ONU incentrata sul problema dell’acqua, in cui si affermò che "tutti hanno diritto di accedere all'acqua potabile in quantità e qualità corrispondenti ai propri bisogni fondamentali" si tenne, infatti, a Mar de la Plata, in Argentina, nel lontano 1977.

Un passaggio importante si ebbe poi nel 1992, anno in cui si è tenuta la Conferenza internazionale delle Nazioni Unite su Acqua e ambiente (ICWE), chiusasi con la Dichiarazione di Dublino, imperniata su 4 principi fondamentali[37], e inviata ai leader mondiali riunitisi pochi mesi dopo alla Conferenza UNCED di Rio de Janeiro.

Sempre nel 1992, il 17 marzo, è stata firmata la Convenzione di Helsinki sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri[38] e dei laghi internazionali, con l’obiettivo di prevenire e controllare l'inquinamento dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali istituendo un quadro per la cooperazione tra i paesi membri della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite volto a garantire un'utilizzazione razionale delle risorse idriche nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile.

Tale Convenzione è entrata in vigore il 6 ottobre 1996 e a tutt’oggi è stata ratificata da 35 Paesi, compresa l’Italia.

Negli anni successivi sono stati siglati due protocolli alla Convenzione, il Protocollo su acqua e salute (adottato a Londra, nel 1999) e quello sulla responsabilità civile (firmato a Kiev nel 2003)[39].

Gli impegni assunti in materia di acque nel Plan of implementation adottato nel 2002 al Summit di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile sono tali e tanti che vengono indicati, nel loro insieme, come Piano d'attuazione per l'acqua.

Vi si trovano l’esigenza di invertire il prima possibile il trend corrente del deterioramento delle risorse naturali attraverso la promozione di un programma di azioni, con assistenza finanziaria e tecnica, per raggiungere l’obiettivo contenuto nella Dichiarazione del Millennio (nei cd. Millennium Development Goals viene previsto il dimezzamento, entro il 2015, del numero di persone che non hanno accesso all’acqua potabile e a servizi igienici adeguati), anche attraverso un’intensificazione nella prevenzione dell’inquinamento idrico per ridurre i pericoli per la salute e proteggere gli ecosistemi. Viene altresì previsto di sviluppare entro il 2005 una gestione integrata delle risorse idriche e piani di efficienza idrica con sostegno ai paesi in via di sviluppo.

Nel marzo 2003 si è poi tenuto a Kyoto il 3° Forum mondiale sull’acqua[40], conclusosi con una Dichiarazione ministeriale[41] che, da più parti, viene ritenuta insoddisfacente, poiché risultante di un compromesso fra posizioni inconciliabili emerse nel corso della Conferenza, quella dell’Unione Europea, quella dei G77[42] e quella di USA e Giappone.

 

 

Riferimenti

 

§       Convenzione di Helsinki http://www.unece.org/env/water/

§       Green Cross Italia http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/acqua.htm

§       3° World Water Forum http://www.world.water-forum3.com

§       Global Internationals Waters Assessment http://www.giwa.net

§       World Water Council - Wwc www.worldwatercouncil.org

§       Water For People www.wsscc.org/vision/21/index

§       Water For Food www.waterforfood.org

§       World Water Day 2000 www.unesco.org/science/waterday

§       Global Water Partnership www.gwp.sida.se

§       Water Supply and Sanitation (World Bank) http://www.worldbank.org/watsan

§       World Water Assessment  Programme (UNESCO) http://www.unesco.org/water/wwap/index.shtml

§       International Office of Water http://www.oieau.fr

§       Contratto mondiale sull’acqua http://www.cipsi.it/contrattoacqua/home


Lotta alla povertà

Nel 2000 una dichiarazione congiunta del Fondo Monetario Internazionale (FMI), dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), della Banca Mondiale e delle Nazioni Unite osservava che "La povertà in tutte le sue forme è la più grande sfida per la comunità internazionale. In modo particolare preoccupa che 1,2 miliardi di persone vivano con meno di 1 dollaro al giorno e che ulteriori 1,6 miliardi vivano con meno di 2 dollari al giorno”.

Secondo il Rapporto sullo sviluppo mondiale 2000-2001 della Banca Mondiale, la povertà è multidimensionale “comprendendo non solo privazioni materiali, ma anche bassi livelli di scolarità e salute”. Il rapporto, inoltre, estende il concetto di povertà fino ad includere “vulnerabilità ed esposizione ai rischi e incapacità di far sentire la propria voce e mancanza di potere”[43].

La riduzione del debito estero dei Paesi più poveri è l’azione più importante e potenzialmente più efficace finora individuata per la lotta contro la povertà. Per la componente multilaterale di tali debiti, l’iniziativa HIPC (Heavily Indebted Poor Countries) è stata proposta dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale nell’autunno del 1996 al vertice G7 di Lione. Essa permette ai paesi poveri, con buone performances di politica economica, di riportare il servizio del debito a livelli sostenibili per le risorse di ciascuno di essi.

Il programma, che vede coinvolti tutti i creditori multilaterali e bilaterali, viene attivato a condizione che i paesi beneficiari adottino programmi di aggiustamento strutturale del bilancio, monitorati dal FMI, e devolvano le risorse finanziarie – liberatesi con l’annullamento debitorio – al finanziamento di interventi addizionali nel settore della spesa sociale. In particolare la riduzione del debito estero è strettamente condizionata all’adozione di specifici programmi di riduzione della povertà (Poverty Reduction Strategy Papers - PRSP).

Tale iniziativa è stata successivamente ampliata nel 1999 a seguito del vertice G7 di Colonia assumendo la denominazione di “HIPC-rafforzata”[44].

Successivamente, al crescere dell’attenzione verso il tema della lotta alla povertà, sono sorte altre numerose iniziative.

Nel settembre del 1999 il FMI ha istituito il Poverty Reduction and Growth Facility (PRGF) per dare un’importanza centrale all’obiettivo della riduzione della povertà e della crescita nelle operazioni di credito rivolte ai Paesi più poveri.

Nel corso del 2000, inoltre, la Banca Mondiale ha istituito un proprio Programma per la povertà e la crescita (Poverty and Growth Program – PGP, anche detto Attacking Poverty Program - APP) volto ad aiutare i Paesi poveri nella progettazione e realizzazione di strategie di riduzione della povertà.

Un’altra importante iniziativa di lotta alla povertà è costituita dall’Antipoverty Partnership Iniziative (APPI). Si tratta di un fondo fiduciario globale istituito nel 2000 dall’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo)[45] con l’obiettivo principale di promuovere partenariati internazionali a sostegno dell’applicazione, nei paesi interessati, di politiche e programmi di lotta alla povertà, basate sullo sviluppo territoriale, integrato e partecipato. Il Fondo intende promuovere dunque un nuovo multilateralismo, dove le comunità locali assumano un ruolo protagonista.

Nel capitolo II del Plan of implementation adottato al Vertice di Johannesburg del 2002, dedicato alla lotta alla povertà (paragrafi 6-12), emerge chiaramente la volontà di attribuire a tutti la responsabilità di permettere ai PVS di raggiungere lo sviluppo sostenibile. Tra le misure che gli Stati dovrebbero adottare a tutti i livelli per raggiungere l’obiettivo spiccano gli impegni concreti mutuati dalla Millennium Declaration per il dimezzamento della povertà entro il 2015 e l’impegno per creare un nuovo fondo - a carattere volontario - di assistenza per lo sviluppo, nell’ambito delle Nazioni Unite (World Solidarity Fund). Per il resto gli sforzi si concentrano sul miglioramento della condizione della donna, delle popolazioni indigene, sull’educazione e sulla lotta alla desertificazione.

 

 

Riferimenti

 

§       http://appi.nazioniunite.it/index.php?newlang=italian

§       www.worldbank.org/debt/ e/o http://www.worldbank.org/hipc/about/about.html

§       www.worldbank.org/poverty

§       http://www.undp.org/poverty/

§       http://www.undp.org/povertyreport/

§       http://www.imf.org/external/np/exr/facts/prgf.htm


Montagna

Lo sviluppo sostenibile delle aree montane è stato uno dei temi messi a fuoco dalla prima Conferenza sull’ambiente delle Nazioni Unite - UNCED (Rio,1992), attraverso la “Mountain Agenda”[46]. Il documento di riferimento approvato in quella occasione è il Cap. 13 dell’Agenda 21[47].

Da allora le questioni relative alla montagna hanno occupato uno spazio proprio nell’agenda della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (CSD), creata nel 1992.

 

 

Riferimenti

 

§       The Mountain Portal: http://www.mountain-portal.co.uk/text/index.htm

§       Mountains Partnership: http://www.mountainpartnership.org/

§       The Mountain Institute: http://www.mountain.org/

§       Mountain Forum: http://www.mtnforum.org/

§       BishkekGlobalMountainSummit[48]: http://www.mtnforum.org/bgms/index.html

§       EuropeanMountain Forum: http://www.mtnforum.org/europe/mediterranean/

§       Il portale della montagna italiana: http://www.montagna.org/

§       Sistema informativo della montagna: http://www.simontagna.it/jsp/autentica.jsp

§       Istituto Nazionale della Montagna: http://www.inrm.it/

 

Brevi articoli di sintesi:

 

§       Peter. B. Stone, Mountains under pressure (http://www.mountain-portal.co.uk/text/Stone_speech.html)

§      Sadruddin Aga Kahn, Sustainable tourism in the mountains (http://www.mountain-portal.co.uk/text/Sadruddin_speech.html)


Diritti umani e giustizia ambientale

Nell’ottobre 2002, durante il Vertice sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, il CIEL (Center for International Environmental Law) ha presentato uno studio "One Species, One Planet: Environmental Justice and Sustainable Development"[49], nel quale analizzano, innanzitutto, i concetti di “sviluppo sostenibile” e “giustizia ambientale”.

Lo studio illustra, quindi, alcuni principi di giustizia ambientale, esponendo i forti legami tra questa e lo sviluppo sostenibile. Il documento si sofferma, inoltre, su tre aspetti del diritto internazionale che approfondiscono tale nesso: il diritto alla vita, compreso il diritto ad un ambiente salubre, il diritto di proprietà degli indigeni e delle altre comunità locali, i diritti di partecipazione e procedurali. Da ultimo, lo studio esamina alcuni degli ostacoli che impediscono il raggiungimento della giustizia ambientale e dello sviluppo sostenibile, e fornisce alcune raccomandazioni per superare tali ostacoli. Tra esse il perseguimento di azioni specifiche, quali lo sviluppo di leggi, procedure, programmi e progetti che tendano ad armonizzare ed integrare la tutela delle risorse naturali ed iniziative manageriali concentrate su un loro uso equo e sostenibile.

 

 

Riferimenti

 

§       http://www.ciel.org/index.html

§       http://www.ciel.org/Publications/OneSpecies_OnePlanet.pdf

§       http://www.ciel.org/Publications/pubbaw.html


Proprietà intellettuale e sviluppo sostenibile

La normativa (di fonte statale o pattizia) sulla proprietà intellettuale nasce dalla esigenza di bilanciare l’interesse privato di chi produce innovazione attraverso la propria attività intellettuale e l’interesse pubblico alla disseminazione delle idee.

E’ ormai generalmente riconosciuto che le norme sulla proprietà intellettuale incidono sullo sviluppo sostenibile. Infatti, i diritti di proprietà intellettuale, in quanto privilegi (temporanei) sui prodotti dell’attività intellettuale, possono avere effetti determinanti sul controllo dell’informazione e della tecnologia, influenzando il flusso di tecnologie fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo – ad esempio – condizionando l’efficacia delle misure agevolative di trasferimento di tecnologie ambientalmente virtuose nell’ambito di accordi ambientali multilaterali. Altri possibili effetti delle normative in questione sullo sviluppo sostenibile possono riguardare anche altri ambiti, quali l’accesso delle popolazioni più povere ai farmaci, o i livelli del controllo delle comunità sul patrimonio delle conoscenze e delle culture tradizionali.

Le norme internazionali sulla proprietà intellettuale potrebbero quindi rappresentare uno strumento incisivo per favorire il trasferimento di tecnologie ambientali. Invece, sembra che la tendenza generale in atto sia nella direzione opposta, di privilegiare la tutela dell’interesse privato: il WTO Agreement on Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (“TRIPS Agreement”)[50], stabilisce un quadro comune, obbligatorio, di requisiti minimi della regolamentazione sulla proprietà intellettuale, senza tenere in alcun conto le problematiche dello sviluppo sostenibile.

 

 

Riferimenti

 

World Intellectual Property Organization (http://www.wipo.int/)

 



[1]http://www.un.org/jsummit/html/documents/summit_docs/1009wssd_pol_declaration.doc La Dichiarazione politica – predisposta dal Governo della Repubblica del Sud Africa e approvata a conclusione dei lavori – riassume i termini politici complessivi del Summit, riaffermando – in 37 punti - alcuni principi ed esprimendo alcuni giudizi di valore (possono segnalrsi, in particolare, il punto 14 sulla globalizzazione, il punto 28 sul rispetto della dichiarazione ILO sui principi fondamentali e sui diritti in materia di lavoro, il punto 29 sulla responsabilità delle aziende private).

[2]http://www.johannesburgsummit.org/html/documents/summit_docs/2309_planfinal.doc

Il documento si articola in 153 paragrafi, raggruppati in 11 grandi capitoli:

1.L’Introduzione, in cui si pongono alcuni principi, fra i quali quello della responsabilità comune ma differenziata (principio già enunciato a Rio)

2.Lo sradicamento della povertà

3.Il cambiamento dei modelli di consumo e di produzione insostenibili

4.La protezione delle risorse naturali, quale base dello sviluppo sociale ed economico

5.La globalizzazione

6.La tutela della salute

7.Il problema delle piccole isole nei Paesi in via di sviluppo (cd SIDS), quale caso particolare di combinazione di problematiche ambientali ed economico-sociali

8.L’Africa (continente minacciato da una particolare marginalizzazione prodotta dalla combinazione di povertà, conflitti, insufficiente diffusione della democrazia e AIDS)

8 bis.Altre iniziative regionali

9.Gli Strumenti di attuazione: rappresenta il capitolo più consistente del documento, articolato in 45 paragrafi, definisce una serie di obiettivi (fra i quali l’elevazione degli aiuti ai Paesi poveri fino allo 0,7% del PNL dei Paesi sviluppati, il richiamo dei paragrafi 47-51 del Monterrey Consensus in tema di riduzione o cancellazione del debito estero, la conferma dell’impegno per il rifinanziamento della Global Environmental Facility, e l’impegno volontario integrativo dell’Unione Europea per un ulteriore finanziamento di 80 milioni di Euro, la conferma degli impegni di Doha sulle politiche tariffarie)

10.Il quadro istituzionale dello sviluppo sostenibile, dove si afferma il nesso fra good governence e sviluppo sostenibile.

[3] http://www.un.org/largerfreedom/ .

[4] Il Rapporto è stato predisposto in preparazione del vertice dei Capi di Stato presso le Nazioni Unite, in programma a New York per il settembre 2005 nel quale si verificheranno i progressi raggiunti nell’attuazione della Millennium Declaration (2000).

[5] Si ricorda che le origini del concetto di “sviluppo sostenibile” risalgono alla "Conferenza di Stoccolma", o Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente Umano del 1972, al termine della quale i delegati di 113 nazioni approvarono un piano d'azione inerente i diritti e le responsabilità dell'uomo in relazione all'ambiente globale. Nel 1983 l’Organizzazione delle Nazioni Unite istituì la Commissione Mondiale per lo Sviluppo e l’Ambiente. Il rapporto della Commissione, noto con il nome della Presidente Harlem Brundtland, ha dato una prima definizione di sviluppo sostenibile inteso come “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”. Successivamente, la Conferenza di Rio del 1992, anche denominata “Earth Summit” (vedi infra) ha rilanciato l’idea di Sostenibilità come concetto integrato che coniuga le dimensioni di Ambiente, Economia e Società.

[6] Come sinteticamente definite – ad esempio - dall’obiettivo n. 7 dei “Millennium Development Goals

[7] Segretariato a Bonn, Germania.

[8] Segretariato a Bonn, Germania.

[9] Segretariato a Montreéal, Quebec, Canada.

[10] Segretariato presso UNEP, Nairobi, Kenia.

[11] Gli accordi si ispirano ad uno scritto di Keynes del 1942 nel quale si proponeva la costruzione di un'unione valutaria internazionale per stimolare l'espansione del commercio internazionale e lo sviluppo economico mondiale.

[12] In seguito alla risoluzione dell'Assemblea generale dell'e Nazioni Unite del 22 novembre 1965.

[13] http://www.un.org/millenniumgoals/

[14] http://www.uncdf.org/

[15] Con tale termine vengono indicati i servizi finanziari forniti alle persone meno abbienti, quindi ad una fascia di utenti di minore reddito e più vulnerabili rispetto ai clienti tradizionali di una banca. Cfr. http://www.runic-europe.org/italian/microcredit/index.html.

[16] http://www.unifem.org/

[17] Tale Dichiarazione, ed il relativo Programma d’azione, sono stati adottati nel corso della Conferenza interministeriale dei Paesi LLDC, dei cd. Paesi donatori e delle istituzioni finanziarie internazionali sulla cooperazione nel settore del trasporto transfrontaliero tenutasi ad Almaty, in Kazakistan, nell’agosto 2003. Tali strumenti si propongono di incentivare la solidarietà e la collaborazione internazionale per consentire ai Paesi LLDC, caratterizzati dalla mancanza di accesso al mare e dalla loro lontananza e isolamento rispetto ai mercati mondiali (fattori che influiscono negativamente sui costi di trasporto e sulla possibilità di accedere al commercio internazionale), di partecipare effettivamente al commercio internazionale, soprattutto attraverso interventi infrastrutturali.

[18] Nel 2003 il PAM ha distribuito aiuti alimentari ad oltre 100 milioni di persone in 81 paesi.

[19] Secondo quanto riportato nel sito del Programma, ogni giorno muoiono di fame 25.000 persone.

[20] La trasformazione è avvenuta in seguito alla risoluzione 56/206 del 21 dicembre 2001, con la quale l’Assemblea Generale ha deciso di trasformare l’UNCHS nello United Nations Human Settlements Programme, UN-Habitat.

[21] Tutti gli interventi, effettuati alla luce della Convenzione e dei rapporti dell’IPCC, vengono valutati e ratificati, con cadenza annuale, dalla Conferenza delle Parti (COP).

[22] Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla COP3.

[23] Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta: anidride carbonica (CO2), metano (CH4), ossido di azoto (NO2), esafluoruro di zolfo (SF6), idrofluorocarburi (HFCs) e perfluorocarburi (PFCs).

[24] Tale documento contiene una lista di 40 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato.

[25] L’onere, tuttavia, è stato ripartito fra i Paesi dell’Annex I in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica.

[26] Si segnala, in proposito, che sia l’Unione europea che la Banca mondiale hanno intrapreso un programma di emission trading attraverso, rispettivamente, l’emanazione della direttiva 2003/87/CE e l’istituzione del Community Development Carbon Fund.

[27] L’entrata in vigore del Protocollo era infatti vincolata alla ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, fra i quali un numero di paesi dell’Annex I responsabili di una quota di emissioni, calcolate al 1990, almeno pari al 55%.

[28] Per Biodiversità, o diversità biologica, si intende la variabilità fra gli organismi viventi di tutte le specie comprese in un ecosistema ed anche la variabilità degli ecosistemi presenti in un'area, sia quelli terrestri che quelli acquatici, ed ovviamente le complessità di cui fanno parte.

[29] A tutt’oggi la Convenzione è stata ratificata da oltre 180 Paesi, tra cui anche l’Italia.

[30] Attualmente le terre emerse coprono oltre un terzo di tutta la superficie terrestre. Di queste i deserti propriamente detti rappresentano circa il 7 per cento. La maggior parte delle regioni che rischiano di tramutarsi in terre aride si trovano in prossimità delle cinque principali aree desertiche mondiali; si tratta del Deserto di Sonora nel Messico nord-occidentale e la sua continuazione nella parte sud-occidentale degli Stati Uniti; del Deserto di Atacama, tra le Ande e l'Oceano Pacifico; della larga area desertica che dall'Oceano Atlantico corre verso oriente in direzione della Cina e che comprende il Deserto del Sahara, il Deserto Arabico, i deserti dell'Iran e dell'ex-Unione Sovietica, il Gran Deserto Indiano (Thar) nel Rajasthan ed infine i deserti del Takla-makan e del Gobi, che si trovano rispettivamente in Cina ed in Mongolia; nonché del Deserto del Kalahari in Sud Africa e- infine - di gran parte dell'Australia. Vi sono poi altre aree che debbono essere attentamente considerate: in Africa, il 66 per cento di tutti i terreni è arido o semi arido; nel Nord America, invece, questa percentuale è del 34 per cento.

[31] In particolare, sono stati denunciati gli effetti nocivi degli inquinanti organici persistenti nelle regioni artiche, con pesanti ricadute sulla salute delle popolazioni Inuit, oltre che delle balene e degli orsi polari. Vedi, in proposito: Clifton Curtis a Tina Skaar, Ubiquitous and Dangerous http://www.ourplanet.com/imgversn/124/curtis.html

[32] http://www.pops.int/documents/convtext/convtext_en.pdf

[33] Si ricorda che l’Unione Europea ha ratificato la Convenzione nel novembre 2004.

[34] http://www.basel.int/text/documents.html

[35] http://www.pic.int/en/ViewPage.asp?id=104

[36] Una rassegna completa delle iniziative internazionali è disponibile sul sito di Green Cross Italia, all’indirizzo http://www.greencrossitalia.it/ita/acqua/risorse_acqua/acqua_004.htm.

[37]

1.    l'acqua dolce è una risorsa limitata e fragile, indispensabile per la vita, lo sviluppo e l'ambiente;

2.    la gestione e la valorizzazione delle risorse idriche devono essere basate sul coinvolgimento partecipativo degli utenti, pianificatori e responsabili politici a tutti i livelli;

3.    le donne svolgono un ruolo fondamentale nell'approvvigionamento, gestione e conservazione dell'acqua;

4.    l'acqua ha un valore economico in tutti i suoi utilizzi e dovrà essere riconosciuta come bene economico.

[38] http://www.fondfranceschi.it/hdoc/pubblicazioni/acqua/txa15.htm

[39] All’entrata in vigore del primo protocollo manca il deposito di un solo strumento di ratifica (l’Italia non vi ha ancora provveduto), per il secondo invece il percorso è appena cominciato, perché dei 24 Paesi aderenti (tra i quali non compare l’Italia), solo uno ha provveduto a ratificarlo. Lo stato delle ratifiche è consultabile all’indirizzo http://www.unece.org/env/water/status/legal.htm.

[40] http://www.world.water-forum3.com/

[41] http://www.world.water-forum3.com/jp/mc/md_final.pdf

[42] http://www.g77.org.

[43] Con tale Rapporto per la prima volta la Banca Mondiale ha sposato esplicitamente le tesi del premio Nobel Amartya Sen sulla povertà, sancendo il passaggio da una concezione della povertà definita esclusivamente in termini di reddito e di bisogni di base ad una povertà intesa anche come “vulnerabilità” e “mancanza di potere”, avvicinandosi in tal modo alle posizioni delle agenzie ONU. Per una storia delle politiche internazionali di lotta alla povertà si rimanda all’articolo di E. Baglioni “Le nuove strategie internazionali di riduzione della povertà: il caso del Senegal”, disponibile all’indirizzo http://www.equilibri.net/dossiers/senegal105.htm#1.

[44] In tale occasione l’area dei Paesi ammessi ai benefici dell’iniziativa è stata considerevolmente allargata e sono state anche apportate altre importanti modifiche ai meccanismi dell’iniziativa: l'ammontare del debito eleggibile a cancellazione è stato elevato dall'80% di Lione al 90% ed oltre, “ove necessario" e, inoltre, è stato rafforzato il legame fra risorse finanziarie liberatesi dalle cancellazioni debitorie, PRSP e sviluppo economico.

[45] Tale fondo si affianca al Poverty Reduction Thematic Trust Fund http://www.undp.org/poverty/ttf.htm.

[46] Per un excursus storico della “Mountain Agenda”, vedi: http://www.mountain-portal.co.uk/text/MtnAgenda.html

[47] http://www.mountain-portal.co.uk/text/ch13_Ag21.html

[48] Consultazione on-line di tutti i documenti tematici svolti nella Conferenza internazionale di Bishkek.

[49] http://www.ciel.org/Publications/OneSpecies_OnePlanet.pdf

[50] www.wto.org/english/docs_e/legal_e/27-trips.pdf