XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Disciplina dell'attività di relazione istituzionale - A.C. 1567 e abb.
Serie: Progetti di legge    Numero: 767
Data: 30/05/05
Abstract:    Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; scheda di lettura; testo a fronte; progetti di legge; lavori parlamentari della XIII legislatura; normativa di riferimento e dottrina
Descrittori:
GRUPPI DI PRESSIONE   RELAZIONI PUBBLICHE
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Riferimenti:
AC n.3485/14   AC n.1567/14
AC n.5567/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Disciplina dell’attività di relazione istituzionale

A.C. 1567 e abb.

 

n. 767

 

xiv legislatura

30 maggio 2005


Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Ac0748.doc

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  6

§      Contenuto  6

§      Relazioni allegate  6

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  7

§      Impatto sui destinatari delle norme  7

Schede di lettura

Il progetto di legge esaminato nel corso della XIII legislatura  11

La legislazione regionale  14

Le proposte di legge in esame  16

§      Premessa  16

§      Oggetto della disciplina e princìpi generali16

§      Definizione dell’attività di relazione istituzionale  17

§      Registri delle attività di relazione istituzionale  18

§      Relazioni periodiche e controlli19

§      Sanzioni20

Testo a fronte

Testo a fronte tra le proposte di legge A.C. 1567, 3485 e 5567  23

Progetti di legge

§      A.C. 1567 (on. Pisicchio), Disciplina dell'attività di relazione istituzionale  35

§      A.C. 3485 (on. D. Galli ed altri), Disciplina dell'attività di relazione svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni43

§      A.C. 5567 (on. Colucci ed altri), Disciplina dell'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento  53

Lavori parlamentari nella XIII Legislatura

Progetti di legge

§      A.C. 244 e abb.-ter, Disciplina dell'attività di relazione, per fini non istituzionali o di interesse generale, svolta nei confronti dei membri delle Assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi63

§      A.C. 4594, (on. Ostilio e Danese), Disciplina delle attività di rappresentanza di interessi con i soggetti istituzionali73

Discussione in Assemblea

Seduta del 21 gennaio 1998 (Discussione del testo unificato delle proposte di legge A.C. 244 e abb. e deliberazione dello stralcio dell’A.C. 244 e abb.-ter)85

Esame in sede referente

-       Commissione speciale anticorruzione

Seduta del 29 gennaio 1998  129

Seduta del 19 febbraio 1998  133

Seduta del 10 marzo 1998  139

Relazione della Commissione speciale anticorruzione

§      A.C. 244-ter-A, (on. P. Mammola ed altri), Disciplina dell'attività di relazione, per fini non istituzionali o di interesse generale, svolta nei confronti dei membri delle Assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi149

Normativa di riferimento

§      D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (art. 15)165

Dottrina

§      F. Garella, I gruppi di pressione nel Parlamento italiano, in: Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, Quaderno n. 4, Seminario 1993, Ed. Giuffrè  169

§      I. Moreschini, Lobby: le regole negli Stati Uniti e in Italia, in: Democrazia e diritto, 1995, n. 2  189

§      E. De Marco, Gruppi di pressione, procedimento legislativo e realizzabilità delle leggi, in: Rassegna parlamentare, Anno XXXVIII, ott.-dic. 1996, n. 4, ISLE   225

§      P. Zuddas, La regolamentazione giuridica della rappresentanza di interessi nel Parlamento italiano, in: www.amministrazioneincammino.luiss.it, 9 aprile 2003  249

§      R. Razzante, Lobbies e trasparenza: una regolamentazione possibile?, in: Problemi dell’informazione, settembre 2003, n. 3  273

 

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 1567

Titolo

Disciplina dell’attività di relazione istituzionale

Iniziativa

On. Pisicchio

Settore d’intervento

Parlamento; Professioni; Pubblica amministrazione; Regioni; Enti locali

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

13 settembre 2001

§       annuncio

18 settembre 2001

§       assegnazione

14 gennaio 2002

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni II (Giustizia, ex art. 73, co. 1-bis, reg.); V (Bilancio); XI (Lavoro); Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 3485

Titolo

Disciplina dell’attività di relazione svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni

Iniziativa

On. Daniele Galli ed altri

Settore d’intervento

Parlamento; Professioni; Pubblica amministrazione; Regioni; Enti locali

Iter al Senato

No

Numero di articoli

8

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

16 dicembre 2002

§       annuncio

17 dicembre 2002

§       assegnazione

4 marzo 2003

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni II (Giustizia, ex art. 73, co. 1-bis, reg.); III (Affari esteri); IV (Difesa); V (Bilancio); VII (Cultura); XI (Lavoro); Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 5567

Titolo

Disciplina dell’attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento

Iniziativa

On. Colucci ed altri

Settore d’intervento

Parlamento; Professioni

Iter al Senato

No

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

27 gennaio 2005

§       annuncio

31 gennaio 2005

§       assegnazione

8 marzo 2005

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni II (Giustizia); V (Bilancio)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Le tre proposte di legge disciplinano l’attività di relazione istituzionale svolta da soggetti individuali o collettivi nei confronti delle assemblee rappresentative (nazionali e locali) o di altri organi o soggetti titolari di pubbliche funzioni (si tratta dell’attività comunemente definita di lobbying).

Le tre proposte sono assimilabili tra loro quanto all’impianto generale e a numerose singole disposizioni. Esse recano la definizione dell’attività di relazione istituzionale, fissano per il suo esercizio i princìpi della pubblicità e della trasparenza e a tal fine prevedono l’obbligo di iscrizione dei soggetti che esercitano tale attività in registri pubblici, appositamente istituiti.

L’A.C. 3485 (on. Daniele Galli ed altri) è, fra le tre proposte, quella che maggiormente si avvicina al testo approvato in sede referente, nella XIII legislatura, dalla Commissione speciale “anticorruzione” (A.C. 244-ter-A). L’A.C. 1567 (on. Pisicchio) segue la medesima impostazione generale ma è caratterizzata da un articolato più scarno, mentre l’A.C. 5567 (on. Colucci ed altri), composta da tre soli articoli, è la proposta di legge più sintetica, riferita unicamente alle attività di relazione istituzionale condotte nei confronti di membri del Parlamento.

Relazioni allegate

Le proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare, sono accompagnate dalla sola relazione illustrativa.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il ricorso allo strumento legislativo appare necessario per disposizioni che, come quelle in esame, disciplinano l’esercizio di una particolare attività professionale ponendo in capo ai titolari specifici obblighi, sanzionati in via amministrativa, e al contempo attribuendo nuove competenze ad organi costituzionali (le due Camere) ed amministrativi.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Finalità dei provvedimenti è quella di garantire il buon andamento delle istituzioni assicurando con apposite norme la massima trasparenza nei rapporti tra le istituzioni medesime e i portatori di interessi settoriali.

Dal punto di vista del contenuto, potrebbe rilevare la materia di competenza concorrente “professioni”; alcune disposizioni sono riconducibili alle materie di competenza esclusiva statale “organi dello Stato” e “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

L’attività di relazione istituzionale, oggetto dei provvedimenti in esame, non è attualmente disciplinata da norme legislative statali.

Impatto sui destinatari delle norme

I testi in esame possono incidere sui cittadini e sulle imprese in quanto impongono specifici obblighi (di iscrizione a registri, di relazione periodica) a carico di coloro, persone fisiche o soggetti collettivi, che svolgono le attività oggetto di disciplina.

Sul piano amministrativo, l’impatto è essenzialmente correlato all’istituzione e alla tenuta dei registri pubblici previsti dalle proposte di legge.

 


Schede di lettura


Il progetto di legge esaminato nel corso della XIII legislatura

Nella XIII legislatura la questione della regolamentazione delle attività professionali di rappresentanza di interessi è stata affrontata in seno alla Commissione speciale per l’esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione[1].

La Commissione ha terminato, il 31 marzo 1998[2], l’esame in sede referente dei progetti di legge ad essa assegnati, trasmettendo una serie di testi all’Assemblea. Tra questi, l’A.C. 244 e abb.-ter-A, recante Disciplina dell’attività di relazione svolta nei confronti dei componenti delle assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni, derivante dallo stralcio degli articoli da 21 a 24 del testo unificato formato dai progetti di legge recanti misure per la prevenzione dei fenomeni di corruzione. L’iter dell’A.C. 244 e abb.-ter-A non è ulteriormente proseguito.

 

Il progetto in questione si fonda sulla premessa che “le attività di relazione, occasionali o sistematiche, sono finalizzate a perseguire fini leciti ma non di interesse generale” e che la loro pubblicità possa contribuire a rendere conoscibili i diversi aspetti dei problemi oggetto di valutazione e di decisione in sede parlamentare o esecutiva.

Posto il principio della liceità delle attività di relazione, il progetto delinea un quadro normativo nell’ambito del quale esse possano svolgersi in piena trasparenza e in cui sia operante un efficace sistema di controllo.

A tale scopo, sono istituiti, presso gli Uffici di Presidenza di Camera e Senato, i registri delle attività di relazione con i componenti delle Assemblee legislative, e, presso la Presidenza del Consiglio, il registro delle attività di relazione con i titolari di pubbliche funzioni (vedi infra). I registri hanno natura pubblica.

 

Il progetto propone una nozione dell’attività professionale di lobbying (definita “attività di relazione”)attraverso l’indicazione degli strumentimediante i quali essa si esplica, che sono più precisamente le proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta, intese a perseguire interessi leciti propri o di terzi, rivolte ai seguenti soggetti istituzionali: parlamentari, membri del Governo, dirigenti della pubblica amministrazione[3].

Per tutti coloro che svolgono attività di relazione è stabilito l’obbligo di iscrizione nei registri summenzionati, nei quali vanno annotati:

§           le generalità e i recapiti di chi svolge l’attività di relazione e di coloro nel cui interesse l’attività viene esercitata;

§           la descrizione dell’attività svolta e che si intende svolgere e delle finalità che si intendono perseguire;

§           i soggetti istituzionali contattati e che si intendono contattare.

 

Onde evitare una sovrapposizione di funzioni e potenziali conflitti di interesse, si fa espresso divieto di registrazione, nel corso del loro mandato e per i tre anni successivi alla scadenza dello stesso, ai componenti delle due Camere e a tutti coloro che hanno rivestito cariche dirigenziali nella pubblica amministrazione, negli enti statali e nel parastato. Il divieto di iscrizione si estende anche ai giornalisti iscritti all’Associazione della stampa parlamentare.

Nell’intento di tutelare la loro professionalità, sono esclusi da questo divieto coloro che, prima di accedere a cariche o nomine pubbliche, svolgevano in modo continuativo attività di relazione.

Non sono obbligate alla iscrizione nei registri le seguenti categorie, per le quali sussiste un’evidente connessione tra le rispettive funzioni e l’attività di relazione:

§           pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio;

§           dirigenti politici;

§           giornalisti nell’esercizio della loro professione;

§           diplomatici stranieri;

§           rappresentanti degli enti ecclesiastici e delle confessioni religiose.

Sono inoltre esclusi dall’obbligo di iscrizione coloro i quali svolgono attività di relazione in modo non continuativo, in quanto ciò verrebbe a costituire per i medesimi soggetti un ingiustificato gravame.

 

Con lo scopo di rendere pubbliche e trasparenti le attività di relazione, il progetto prevede un sistema di controllimultipli.

Preliminarmente è posto l’obbligo, per chiunque svolga attività di relazione, di depositare, presso gli uffici cui spetta la tenuta dei registri, una relazione semestralesull’attività svolta, sugli obiettivi conseguiti, sui mezzi impiegati e sulle spese sostenute.

Le relazioni devono dar conto anche delle persone o degli enti che sono stati rappresentati nell’attività di relazione, delle eventuali variazioni intervenute, del numero dei dipendenti o collaboratori impiegati in tale attività e del numero dei soggetti istituzionali contattati.

La Presidenza del Consiglio, di sua iniziativa o su richiesta degli Uffici di Presidenza delle Camere[4], verifica la completezza e la veridicità delle relazioni depositate dagli obbligati.

A loro volta, gli uffici che tengono i registri delle attività di relazione possono disporre verifiche sulla documentazione presentata, richiedendo eventuali integrazioni. Gli stessi uffici redigono, alla fine di ogni anno, relazioni riassuntivedi tutte le attività di relazione svolte e le rendono pubbliche.

 

Il testo individua inoltre le violazionie le relative sanzioni. Le violazioni consistono nell’omessa iscrizione nei registri, nel mancato deposito delle relazioni, nella non ottemperanza alla richiesta di fornire ulteriori dati; esse vengono punite con sanzioni amministrative, comminate dalla Presidenza del Consiglio e graduate in relazione alla loro gravità.

 

È infine previsto siano le regioni, con proprie leggi, a disciplinare, sulla base dei princìpi che ispirano il provvedimento, le attività di relazione svolte nei confronti dei membri delle assemblee e delle giunte regionali, provinciali e comunali.


La legislazione regionale

Le Regioni Toscana e Molise, con leggi di contenuto sostanzialmente identico (L.R. Toscana 5/2002[5]; L.R. Molise 24/2004[6]), hanno introdotto norme per il riconoscimento dei gruppi di interesse che operano nell’ambito regionale, con riferimento all’attività politica e amministrativa del Consiglio regionale.

 

Tale disciplina stabilisce che i gruppi che intendono rappresentare i propri interessi presso il Consiglio regionale devono preliminarmente richiedere l’accreditamento al Consiglio stesso tramite l’iscrizione in uno specifico registro, organizzato per settori secondo le materie di competenza delle Commissioni consiliari, tenuto dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio.

Alcuni soggetti (le categorie economiche, sociali e del terzo settore maggiormente rappresentative a livello regionale e le loro articolazioni provinciali) sono accreditati automaticamente.

Per essere accreditati i devono gruppi di interesse devono essere in possesso di alcuni specifici requisiti:

§           essere costituiti in associazioni o fondazioni, anche non riconosciute, ovvero in comitati con finalità temporanee, con un ordinamento interno fondato su principi democratici;

§           essere costituiti da almeno sei mesi alla data della richiesta di iscrizione.

§           perseguire interessi meritevoli di tutela nel rispetto dell'ordinamento giuridico.

Per soddisfare le esigenze di trasparenza, i gruppi interessati all’iscrizione sono tenuti a indicare:

§           il settore o i settori per i quali richiedono l’accreditamento in relazione alle proprie finalità sociali;

§           i soggetti incaricati di rappresentare il gruppo a seguito dell’accreditamento.

Le domande devono essere corredate dall’atto costitutivo, dallo statuto e dagli atti necessari ad individuare chi abbia la rappresentanza legale del gruppo.

Le deliberazioni in merito alle richieste di accreditamento sono pubblicate sul Bollettino ufficiale della Regione.

 

L’iscrizione nel registro conferisce ai gruppi di interesse accreditati una serie di facoltà attraverso le quali possono esercitare l’attività di lobbying.

Essi possono presentare richieste relative ad atti non ancora all’esame delle Commissioni o del Consiglio regionale: in questo caso le proposte dei gruppi di interesse sono trasmesse, con la documentazione relativa, a tutti i gruppi politici del Consiglio regionale.

Le proposte concernenti gli atti per i quali è già iniziato l’esame da parte delle Commissioni o del Consiglio sono inoltrate alle Commissioni competenti; in relazione ad esse, i gruppi accreditati possono chiedere di essere ascoltati dalle Commissioni.

I rappresentanti dei gruppi di interesse hanno facoltà di accesso agli uffici del Consiglio regionale per richiedere informazioni e chiarimenti tecnici relativi agli atti di loro interesse; possono inoltre accedere ai documenti inerenti l’iter degli atti all’esame del Consiglio regionale.

La legge stabilisce alcune norme di comportamento cui sono tenuti i rappresentanti dei gruppi di interesse; in particolare, per essi è posto il divieto di esercitare nei confronti dei consiglieri regionali forme di pressione tali da influire sulla libertà di giudizio e di voto.

La violazione di tali norme comporta l’irrogazione da parte dell’Ufficio di Presidenza di sanzioni correlate alla gravità delle infrazioni: il richiamo formale, la sospensione temporanea e la revoca dell’iscrizione.

 


Le proposte di legge in esame

Premessa

Le tre proposte di legge all’esame della I Commissione della Camera, tutte di iniziativa parlamentare, disciplinano l’attività di relazione istituzionale svolta da soggetti individuali o collettivi nei confronti delle assemblee rappresentative o di altri organi o soggetti titolari di pubbliche funzioni.

Tale disciplina, oltre a recare la definizione dell’attività di relazione istituzionale, si concreta, principalmente, nell’obbligo di iscrizione dei sopra indicati soggetti in registri pubblici appositamente istituiti.

L’A.C. 3485 (on. Daniele Galli ed altri) è, fra le tre proposte, quella che maggiormente si avvicina al testo approvato in sede referente, nella XIII legislatura, dalla Commissione speciale “anticorruzione” (A.C. 244-ter-A: vedi supra). L’A.C. 1567 (on. Pisicchio) segue la medesima impostazione generale ma è caratterizzata da un articolato più scarno, mentre l’A.C. 5567 (on. Colucci ed altri), composta da tre soli articoli, è la proposta di legge più sintetica.

Le tre proposte sono comunque assimilabili tra loro quanto all’impianto generale e a numerose disposizioni. Sembra quindi opportuno descriverle congiuntamente, evidenziando di volta in volta le principali differenze e rinviando, per un’analisi di dettaglio, al testo a fronte riportato nel presente dossier.

Oggetto della disciplina e princìpi generali

Sebbene trattino la stessa materia, le tre proposte di legge non coincidono del tutto quanto all’ampiezza della disciplina recata e allo spettro dei destinatari.

la proposta di legge A.C. 5567 è la sola a individuare espressamente (all’articolo 1) il proprio oggetto nell’attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento.

Il successivo articolo 2 reca però una formulazione in apparenza più ampia, individuando i destinatari dell’attività di relazione istituzionale nei “componenti delle Assemblee legislative” (va infatti ricordato che anche i consigli regionali possono definirsi assemblee legislative).

Come si ricava dall’articolo 2, comma 1, delle altre due proposte di legge, la portata di queste ultime è più estesa, avendo ad oggetto l’attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei seguenti soggetti:

§         componenti della Camera e del Senato;

§         membri del Governo;

§         funzionari delle amministrazioni parlamentari e del Governo;

§         dirigenti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (individuati mediante richiamo all’art. 15 del D.Lgs. 165/2001[7]);

§         funzionari dei ruoli direttivi e personale inquadrato nelle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri e posizioni corrispondenti degli altri comparti della pubblica amministrazione (così l’A.C. 1567; l’A.C. 3485 si riferisce invece, con formulazione meno puntuale, al personale con trattamento superiore delle amministrazioni militari e a quello inquadrato nelle qualifiche superiori delle pubbliche amministrazioni, anche militare, o comunque formalmente assegnato a mansioni proprie delle medesime qualifiche);

§         membri delle assemblee elettive regionali, provinciali e comunali. Quest’ultima categoria è menzionata solo dall’A.C. 1567: l’A.C. 3485, all’articolo 8, dispone invece che siano le regioni, con proprie leggi, ad assicurare l'osservanza dei princìpi stabiliti dal provvedimento per la disciplina delle attività di relazione svolte nei confronti

-          dei membri dei consigli regionali, provinciali e comunali;

-          dei sindaci, nonché dei presidenti e dei componenti delle giunte regionali, provinciali e comunali.

 

Le tre proposte di legge individuano, con formulazione pressoché identica, nella pubblicità e nella trasparenza i princìpi generali ai quali devono informarsi le attività di relazione istituzionale (v. articolo 1, comma 1, A.C. 1567 e A.C. 3485; articolo 2, comma 3, A.C. 5567).

Definizione dell’attività di relazione istituzionale

Tutte le proposte di legge dedicano un articolo (l’articolo 2) alla definizione dell’attività di relazione istituzionale (che l’A.C. 3485 chiama semplicemente “attività di relazione”). La formulazione adottata (comma 1), definisce l’attività di relazione istituzionale come ogni attività:

§         svolta da persone, associazioni, enti e società,

§         attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica,

§         intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei componenti le Camere e degli altri soggetti istituzionali sopra menzionati.

Le tre proposte adottano dunque una definizione pressoché identica (il solo A.C. 5567 menziona tra le attività anche gli “incontri”, e non contempla espressamente la “comunicazione orale e scritta anche per via elettronica”).

Due di esse, tuttavia – l’A.C. 3485 e l’A.C. 5567, all’articolo 2, comma 2 – integrano tale definizione con un’elencazione di attività che non costituiscono, ai sensi della disciplina in oggetto, attività di relazione istituzionale. Si tratta in particolare:

§         delle attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario;

§         delle attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro;

§         delle comunicazioni (scritte e orali) rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione;

§         delle dichiarazioni rese nel corso di audizioni e di incontri pubblici dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni e ai Comitati parlamentari.

Registri delle attività di relazione istituzionale

Tutte le proposte di legge (all’articolo 3, ma con formulazioni in parte diverse) pongono in capo a chiunque svolga professionalmente attività di relazione istituzionale l’obbligo di iscriversi in appositi registri pubblici.

Registri delle attività di relazione istituzionale sono istituiti:

§         presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati con riguardo alle attività di relazione svolte nei confronti dei parlamentari (articolo 1, comma 2, A.C. 1567 ed A.C. 3485; articolo 3, comma 1, A.C. 5567);

§         presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con riguardo alle attività di relazione nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni: così dispongono i soli A.C. 1567 (articolo 1, comma 3) ed A.C. 3485 (articolo 1, comma 2);

§         con leggi regionali, presso i consigli regionali e comunali, con riguardo alle attività di relazione nei confronti delle rispettive assemblee: così prevede il solo A.C. 1567 (articolo 1, comma 4), mentre l’A.C. 3485 affronta il tema nel già illustrato articolo 8.

L’A.C. 5567 non si sofferma sulla disciplina dei registri da esso istituiti presso ciascuna Camera, rimettendo agli Uffici di Presidenza di ciascuna Camera la competenza a definire i presupposti e le modalità di iscrizione, il contenuto e le modalità di tenuta dei registri.

Le altre due proposte recano invece disposizioni più puntuali con riguardo al contenuto dei registri e ai requisiti per l’iscrizione.

Quanto al contenuto, entrambe le proposte dispongono l’annotazione nei registri

§         degli estremi identificativi di chi svolga attività di relazione istituzionale. L’A.C. 1567 (articolo 3, comma 1) sembra tuttavia orientato a registrare i dati anagrafici delle persone fisiche che svolgono tale attività su base continuativa nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, mentre l’A.C. 3485 (articolo 4) richiede espressamente l’iscrizione dei dati relativi sia alla persona fisica, associazione o società che svolge tale attività, sia ai relativi rappresentanti, amministratori e dipendenti, sia – infine – ai soggetti nell’interesse dei quali l’attività di relazione è svolta;

§         della descrizione dell’attività svolta o che si intende svolgere.

Il solo A.C. 1567 richiede espressamente che sia oggetto di registrazione l’indicazione dei soggetti istituzionali che si intendono contattare.

La medesima proposta di legge (articolo 3, comma 2) elenca come segue i requisiti per l’iscrizione:

§         aver compiuto la maggiore età;

§         non aver subìto, nell'ultimo decennio, condanne definitive per reati contro la pubblica fede o il patrimonio;

§         godere dei diritti civili e non essere stato interdetto dai pubblici uffici.

L’A.C. 3485 non reca un analogo elenco ma (ai commi 3 e 4 dell’articolo 3) vieta l’iscrizione negli elenchi, al fine di evitare possibili conflitti di interessi,

§         ai componenti delle due Camere e ai dirigenti pubblici nel corso del mandato o incarico e nei due anni successivi alla cessazione;

§         agli iscritti all’Associazione della stampa parlamentare,

ed esclude dall’obbligo di iscrizione i seguenti soggetti, per i quali (precisa la relazione illustrativa) l’attività di relazione è strettamente connessa alle funzioni rispettivamente svolte e, in quanto tale, è da tutti chiaramente riconoscibile:

§           pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio;

§           dirigenti dei partiti e movimenti politici;

§           giornalisti nell’esercizio della loro professione;

§           ambasciatori e diplomatici stranieri;

§           rappresentanti degli enti ecclesiastici e delle confessioni religiose.

Sono inoltre esclusi dall’obbligo di iscrizione coloro i quali svolgono attività di relazione in modo non continuativo.

Relazioni periodiche e controlli

L’articolo 4 dell’A.C. 1567 e l’articolo 5 dell’A.C. 3485 prevedono, con scadenze e modalità in parte diverse, l’obbligo per gli iscritti nei registri a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei medesimi una relazione periodica sull’attività svolta, che dia conto dei contatti posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute, nonché dei soggetti nell’interesse dei quali l’attività è stata svolta.

Gli uffici destinatari della relazione possono disporre verifiche su queste e richiedere, se necessario, ulteriori dati e informazioni (articolo 5, A.C. 1567 e articolo 6, comma 1, A.C. 3485).

Il solo A.C. 3485 (articolo 6, comma 2) attribuisce al ministro per la funzione pubblica, di sua iniziativa o, per l'attività di relazione svolta nei confronti delle Camere, su richiesta dei rispettivi Uffici di Presidenza, il compito di verificare la completezza e la veridicità delle relazioni.

La medesima proposta (articolo 6, comma 3) fa obbligo agli uffici cui spetta la tenuta dei registri di redigere una relazione annuale complessiva, della quale è assicurata la pubblicità.

Sanzioni

Le proposte di legge A.C. 1567 e 3485 dedicano un articolo alla disciplina sanzionatoria (rispettivamente l’articolo 6 e l’articolo 7); l’A.C. 5567 rinvia invece, anche per questo aspetto, alle determinazioni che saranno assunte dagli Uffici di Presidenza di ciascuna Camera.

Le sanzioni previste hanno natura amministrativa e carattere pecuniario (ma l’A.C. 3485 contempla anche l’inabilitazione all’esercizio dell’attività di relazione), e sono comminate dalla Presidenza del Consiglio (per l’A.C. 3485, dal ministro per la funzione pubblica), esperita un’apposita procedura di contestazione.

Esse concernono violazioni quali l’omessa iscrizione nei registri, il mancato deposito delle relazioni e la non ottemperanza alla richiesta di fornire ulteriori dati.

 


Testo a fronte

 


Testo a fronte tra le proposte di legge
A.C. 1567, 3485 e 5567

 

A.C. 1567
(on. Pisicchio)

A.C. 3485
(on. Daniele Galli ed altri)

A.C. 5567
(on. Colucci ed altri)

Disciplina dell'attività di relazione istituzionale

Disciplina dell'attività di relazione svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni

Disciplina dell'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento

 

 

Art. 1.
(Finalità).

 

 

1. La presente legge ha per oggetto l'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento, definita ai sensi dell'articolo 2.

Art. 1.
(Registri delle attività di relazione istituzionale).

Art. 1.
(Registri delle attività di relazione).

 

1. L'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti del Parlamento italiano, nonché dei suoi componenti e funzionari si informa ai princìpi di pubblicità e trasparenza.

1. Le attività di relazione svolte nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni si informano ai princìpi di pubblicità e di trasparenza.

[V. art. 2, co. 3].

2. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri dell'attività di relazione istituzionale nei confronti dei componenti delle assemblee legislative.

3. E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il registro dell'attività di relazione istituzionale nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni.

2. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri delle attività di relazione nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative. E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il registro delle attività di relazione nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni.

[V. art. 3, co. 1].

4. Sono istituiti, con leggi regionali, presso i consigli regionali, provinciali e comunali, i registri delle attività di relazione istituzionale nei confronti delle rispettive assemblee elettive.

[V. art. 8].

 

5. I registri di cui al presente articolo sono pubblici.

3. I registri di cui al comma 2 sono pubblici e sono pubblicati sui siti telematici delle rispettive amministrazioni.

[V. art. 3, co. 1].

Art. 2.
(Definizione dell'attività
di relazione istituzionale).

Art. 2.
(Definizione dell'attività
di relazione).

Art. 2.
(Definizione dell'attività
di relazione istituzionale).

1. Per attività di relazione istituzionale si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei membri e dei funzionari del Parlamento, del Governo, dei dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dei funzionari dei ruoli direttivi, del personale inquadrato nelle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri e posizioni corrispondenti degli altri comparti, della pubblica amministrazione, e di membri delle assemblee elettive regionali, provinciali e comunali.

1. Per attività di relazione si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intese a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei seguenti soggetti istituzionali:

a) componenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

b) Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Sottosegretari di Stato;

c) dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;

d) personale con trattamento superiore delle amministrazioni militari, personale inquadrato nelle qualifiche superiori delle pubbliche amministrazioni, anche militare, o comunque formalmente assegnato a mansioni proprie delle medesime qualifiche.

1. Per attività di relazione istituzionale si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, incontri, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa rivolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi.

 

2. Non sono attività di relazione:

2. Non costituiscono attività di relazione ai sensi del comma 1:

 

a) le attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario;

a) le attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario;

 

b) le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro;

b) le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro;

 

c) le comunicazioni scritte e orali rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione;

c) le comunicazioni scritte e orali rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione;

 

d) le dichiarazioni rese nel corso di audizioni e di incontri pubblici dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni e ai Comitati parlamentari.

d) le dichiarazioni rese nel corso di audizioni e di incontri pubblici dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni e ai Comitati parlamentari.

[V. art. 1, co. 1].

[V. art. 1, co. 1].

3. Le attività di relazione svolte nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative si informano ai princìpi di pubblicità e di trasparenza.

Art. 3.
(Iscrizione nei registri).

Art. 3.
(Obbligo di iscrizione nei registri).

Art. 3.
(Iscrizione nei registri).

1. Chiunque svolga attività professionale di relazione istituzionale continuativamente e in modo prevalente nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, rappresentando o promuovendo presso le istituzioni di cui all'articolo 1 interessi privati, deve chiedere l'iscrizione negli appositi registri di cui al medesimo articolo indicando:

1. Chiunque svolga una attività di relazione è tenuto ad iscriversi nei registri di cui all'articolo 1.

2. L'iscrizione deve essere effettuata una sola volta, con le modalità di cui all'articolo 4, entro trenta giorni dall'inizio dell'attività di relazione nei confronti di uno o più dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1.

1. Chiunque svolge professionalmente le attività di relazione istituzionale di cui all'articolo 2 deve chiedere l'iscrizione in appositi registri pubblici, istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

2. Ciascun Ufficio di Presidenza di cui al comma 1, nell'ambito delle proprie competenze, stabilisce i presupposti e le modalità di iscrizione nel registro, il contenuto, la tenuta e la disciplina di ogni altro profilo relativo ai registri di cui al medesimo comma 1, nonché le sanzioni applicabili in caso di violazione dell'obbligo di iscrizione e di ogni altra disposizione.

a) i dati anagrafici ed il domicilio professionale;

[V. art. 4, co. 1, lett. a)].

 

b) la descrizione dell'attività di relazione istituzionale che si intende svolgere;

[V. art. 4, co. 1, lett. c)].

 

c) i soggetti istituzionali che si intendono contattare.

 

 

 

 

 

2. Per l'iscrizione nei registri di cui all'articolo 1 il soggetto richiedente deve:

 

 

a) aver compiuto la maggiore età;

 

 

b) non aver subìto, nell'ultimo decennio, condanne definitive per reati contro la pubblica fede o il patrimonio;

 

 

c) godere dei diritti civili e non essere stato interdetto dai pubblici uffici.

 

 

 

3. Non possono iscriversi nei registri:

a) i componenti delle due Camere, nonché i dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, durante il loro mandato o incarico e nei due anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare o dell'incarico ricoperto;

b) gli iscritti all'Associazione della stampa parlamentare.

 

 

4. Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri:

a) i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni;

b) i dirigenti dei partiti e dei movimenti politici;

c) i dirigenti dei sindacati e delle associazioni di categoria a vocazione generale;

d) i giornalisti nell'esercizio della loro attività professionale di informazione rivolta al pubblico;

e) gli ambasciatori e i diplomatici stranieri in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di Stati esteri;

f) i rappresentanti di enti ecclesiastici e delle confessioni religiose in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di tali enti o confessioni;

g) coloro i quali hanno svolto o svolgono attività di relazione occasionalmente e comunque non più di una attività di relazione nel corso di un anno.

 

 

5. In sede di prima attuazione della presente legge, i soggetti interessati sono tenuti all'iscrizione nei registri entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.

 

 

Art. 4.
(Contenuto dei registri).

[V. art. 3, co. 2].

 

1. Nei registri devono essere annotati:

 

[V. art. 3, co. 1, lett. a)].

a) gli estremi identificativi, la sede di affari principale della persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti, amministratori e dipendenti che svolgono attività di relazione;

 

 

b) gli estremi identificativi, la sede di affari principale di ogni persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti, nel cui interesse viene svolta l'attività di relazione;

 

[V. art. 3, co. 1, lett. b)].

c) la descrizione dell'attività di relazione svolta o che si intende svolgere per conto proprio o nell'interesse di terzi e delle finalità che si intendono perseguire.

 

Art. 4.
(Relazioni periodiche).

Art. 5.
(Relazione dei soggetti iscritti nei registri).

 

1. Entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, gli iscritti nei registri sono obbligati a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei registri medesimi una relazione dell'attività svolta nel semestre, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute.

1. Entro il 15 aprile di ogni anno, gli iscritti nei registri sono obbligati a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei registri medesimi una relazione dell'attività svolta nell'anno precedente, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute.

 

2. Le relazioni devono, inoltre, contenere un elenco delle persone, associazioni, enti o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse l'attività è stata svolta, con le eventuali variazioni intervenute, nonché dei dipendenti o collaboratori che hanno partecipato all'attività e dei soggetti istituzionali contattati.

2. Le relazioni devono, inoltre, contenere un elenco delle persone, associazioni, enti o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse l'attività è stata svolta.

 

Art. 5.
(Verifica delle relazioni).

Art. 6.
(Verifica delle relazioni).

 

1. Gli uffici cui spetta la tenuta dei registri possono disporre verifiche sulle relazioni e sui documenti presentati dai soggetti esercenti l'attività di relazione istituzionale iscritti nei medesimi registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati e informazioni in merito.

1. Gli uffici cui spetta la tenuta dei registri possono disporre verifiche sulle relazioni e sui documenti presentati dai soggetti esercenti le attività di relazione ai sensi degli articoli 4 e 5 e iscritti nei registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati al riguardo. Alle richieste degli uffici non possono essere opposti motivi di riservatezza o il segreto professionale.

 

 

2. Il Ministro per la funzione pubblica, di sua iniziativa per l'attività di relazione svolta nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni ovvero su richiesta degli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati per l'attività di relazione svolta nei confronti dei componenti del Parlamento, verifica la completezza e la veridicità delle relazioni di cui all'articolo 5.

 

 

3. Gli stessi uffici di cui al comma 1 entro il 30 giugno di ogni anno provvedono a redigere una relazione complessiva su tutte le attività svolte dagli iscritti nei registri. Tali relazioni sono pubbliche.

 

Art. 6.
(Sanzioni).

Art. 7.
(Sanzioni).

[V. art. 3, co. 2].

1. In caso di omessa iscrizione nei registri si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 10 milioni a lire 100 milioni.

1. In caso di omessa iscrizione nei registri si applica la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 100.000 euro.

 

2. In caso di mancato deposito delle relazioni di cui all'articolo 4, ovvero di non ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni o di fornire ulteriori dati, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 5 milioni a lire 50 milioni.

2. In caso di mancato deposito delle relazioni di cui all'articolo 5, ovvero di non ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni o di fornire ulteriori dati, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 euro a 50.000 euro.

 

 

3. Salvo fatto più grave, nei casi previsti dai commi 1 e 2 e altresì dichiarata, nei confronti dei soggetti responsabili, l'inabilitazione all'esercizio dell'attività di cui all'articolo 2.

 

3. Nei confronti degli iscritti nei registri di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, le sanzioni di cui al presente articolo sono applicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, per quanto di loro competenza, trasmettono gli atti, qualora i soggetti interessati non provvedano entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei ministri contesta l'omessa ottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge.

4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono comminate dal Ministro per la funzione pubblica, al quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, per quanto di loro competenza, trasmettono gli atti, qualora i soggetti interessati non ottemperino entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione con la quale lo stesso Ministro contesta agli interessati l'omessa ottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge.

 

4. Le leggi regionali disciplinano la procedura per l'applicazione delle sanzioni per le violazioni connesse dagli iscritti nei registri di cui all'articolo 1, comma 4.

[V. art. 8].

 

 

Art. 8.
(Regioni ed enti locali).

 

[V. art. 1, co. 4, e art. 6, co. 4].

1. Le regioni provvedono con proprie leggi ad assicurare l'osservanza dei princìpi stabiliti dalla presente legge, per la disciplina delle attività di relazione svolte nei confronti dei consiglieri regionali e provinciali, dei presidenti e dei componenti delle giunte regionali e provinciali, dei consiglieri comunali, dei sindaci e dei componenti delle giunte comunali.

 

 

 

 

 


 

Progetti di legge

 


N. 1567

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato PISICCHIO

¾

 

Disciplina dell'attività di relazione istituzionale

 

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Presentata il 13 settembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - La tradizione politica anglosassone ha consegnato ai parlamentari moderni l'esperienza della regolazione giuridica del "lobbismo" inteso come modo dei rapporti tra portatori di interessi privati (ancorché diffusi nella società) e istituzioni politiche.

        L'esordio del lobbismo si ebbe nel Parlamento britannico con l'accettazione della presenza di gruppi di pressione volti ad esercitare una influenza sui responsabili delle scelte politiche, utilizzando i precari spazi del corridoio (la lobby, appunto) antistante le aule parlamentari e le commissioni. Dobbiamo, però, agli Stati Uniti, Paese in cui le relazioni politiche sono state meno condizionate dall'ideologismo tipico dell'Europa del XX secolo (e dunque più direttamente esposte alle pressioni degli interessi economici e per ciò stesso sensibili al problema del rapporto col mondo degli affari) i primi tentativi di una organica regolazione. Con il Federal Regulation of Lobbying Act del 1946 si impose, infatti, nel Congresso americano per la prima volta l'obbligo di registrazione, presso un apposito albo, dei nomi di chi esercitasse l'attività di lobbyng presso gli organi governativi (obbligo che prevedeva, tra l'altro, relazioni trimestrali sull'attività svolta). Nel 1949, attraverso l'approvazione di un codice etico, venne adottato un meccanismo volto a garantire anche l'autonomia e l'integrità dei funzionari governativi.

        L'esperienza del lobbismo americano - non diversamente da quella dei Paesi in cui il fenomeno viene recepito e regolato dall'ordinamento giuridico - è un lungo percorso di stop and go, condizionato da due impulsi contrapposti: quello di una politica che mal tollera imbrigliamenti e quello di una pubblica opinione che impone l'esigenza di una trasparenza nei rapporti tra mondo dell'economia e mondo delle istituzioni. Così il dibattito sull'efficacia delle misure previste dalla legge del 1946, che pure ha promosso una riforma (il Lobbyng Disclosure Act del 1995) capace di precisare la portata di alcuni adempimenti cui sono tenuti i professionisti della "lobby", non è tuttavia riuscito ad aprire la porta ad una più severa normativa per via di un recente e tenace ostruzionismo del Senato.

        D'altro canto, il fenomeno della globalizzazione delle strutture economiche e finanziarie (insieme con la caduta delle ideologie che ha consentito un accesso dell'economia nelle istituzioni, meno "difese" dalle sovrastrutture politiche di un tempo) ha posto con urgenza il tema di una adeguata comprensione e organizzazione giuridica del fenomeno. Va subito chiarito che nella valutazione che stiamo compiendo sul lobbismo non trova accesso alcuna forma di giudizio etico: nel lobbismo trovano spazio variegati interessi, che vanno dalle attività imprenditoriali, commerciali ed economiche in senso stretto, a quelle di categorie professionali, ai gruppi di pressione e ai movimenti organizzati per fini specifici, come i consumatori o le associazioni di volontariato.

        Si potrebbe, in verità, affermare che il lobbismo rappresenta una "necessaria" forma di partecipazione dei cittadini all'iter legislativo, una delle poche percorribili di fronte al declino della forma-partito. Tuttavia, a fronte della sempre crescente importanza del fenomeno lobbistico nelle società contemporanee, si continua a registrare uno stupefacente deficit regolamentativo nelle legislazioni dei parlamenti nazionali europei.

        Ad un recente approfondimento comparativo svolto dal Parlamento europeo circa l'esistenza nell'ambito dei parlamenti nazionali di strumenti (regolamenti, leggi o statuti) di regolazione del lobbismo, risultava che, a parte la Gran Bretagna e, per qualche marginale riferimento, la Danimarca e la Germania (qualche traccia, in verità si rileva anche nella Repubblica francese, con riferimento, in particolare, alle associazioni professionali), non vi fosse, in almeno undici dei quindici Paesi dell'Unione europea, alcun accenno a norme regolative del fenomeno.

        Il dibattito politico in Italia intorno al fenomeno del lobbismo, ha avuto, in verità, un andamento singolare e per certi aspetti paradossale: ha visto più sensibile e attenta al fenomeno la politica piuttosto che la pubblica opinione. Bisogna dare atto, infatti, alla classe politica, o almeno ad una parte di essa, di avere acutamente avvertito la necessità di giungere ad una soddisfacente disciplina dei nuovi rapporti tra mondo dell'economia e istituzioni che, alla chiusura di un lungo ciclo storico, fin dai primi anni '80 si annunciavano delicati e complessi con tutto il dirompente carico di novità che la nuova stagione politica, sempre meno protetta dalle antiche certezze dell'ideologismo passato, andava allestendo.

        Risalgono, comunque, alla IX legislatura le prime quattro proposte di legge volte a regolamentare l'attività professionale dell'esercente relazioni pubbliche, proposte da allora sempre presenti con una variegazione di voci e di toni, ma non con soddisfacente esito in termini di iter legislativo, nelle legislature successive sino alla XIII.

        Nella XIII legislatura finalmente si compie un significativo avanzamento in termini di dibattito in Commissione, sia alla Camera che al Senato, giungendo a definire due testi unificati che rappresentano un punto di arrivo importante anche da un punto di vista culturale: il fenomeno del lobbismo viene valutato fuori da ogni prospettiva etica e giudicato necessario oggetto di disciplina per il valore in sé della rappresentabilità degli interessi leciti.

        La nostra proposta tiene conto del lavoro svolto dal Parlamento nella passata legislatura, cercando, tuttavia, di offrire, attraverso un articolato scarno, una disciplina efficace e moderna al fenomeno del lobbismo.

        Così all'articolo 1 viene stabilito il principio della tenuta di registri delle attività di relazione istituzionale presso gli Uffici di Presidenza delle Camere, prevedendo analoghe soluzioni anche per le assemblee regionali, provinciali e comunali. Con l'articolo 2 viene definito il contenuto dell'attività di relazione istituzionale. L'articolo 3, invece, stabilisce i requisiti per l'esercizio da parte di singoli dell'attività lobbistica, stabilendo anche il quadro degli obblighi.

        Con gli articoli 4 e 5, invece, vengono disciplinate le relazioni periodiche e le modalità della loro verifica. L'articolo 6, infine, si occupa di sanzioni amministrative in caso di inosservanza delle prescrizioni della legge.


 


 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

(Registri delle attività

di relazione istituzionale).

        1. L'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti del Parlamento italiano, nonché dei suoi componenti e funzionari si informa ai princìpi di pubblicità e trasparenza.

        2. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri dell'attività di relazione istituzionale nei confronti dei componenti delle assemblee legislative.

        3. E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il registro dell'attività di relazione istituzionale nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni.

        4. Sono istituiti, con leggi regionali, presso i consigli regionali, provinciali e comunali, i registri delle attività di relazione istituzionale nei confronti delle rispettive assemblee elettive.

        5. I registri di cui al presente articolo sono pubblici.

 

 

 

Art. 2.

(Definizione dell'attività

di relazione istituzionale).

        1. Per attività di relazione istituzionale si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei membri e dei funzionari del Parlamento, del Governo, dei dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dei funzionari dei ruoli direttivi, del personale inquadrato nelle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri e posizioni corrispondenti degli altri comparti, della pubblica amministrazione, e di membri delle assemblee elettive regionali, provinciali e comunali.

 

 

 

Art. 3.

(Iscrizione nei registri).

        1. Chiunque svolga attività professionale di relazione istituzionale continuativamente e in modo prevalente nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, rappresentando o promuovendo presso le istituzioni di cui all'articolo 1 interessi privati, deve chiedere l'iscrizione negli appositi registri di cui al medesimo articolo indicando:

            a) i dati anagrafici ed il domicilio professionale;

            b) la descrizione dell'attività di relazione istituzionale che si intende svolgere;

            c) i soggetti istituzionali che si intendono contattare.

        2. Per l'iscrizione nei registri di cui all'articolo 1 il soggetto richiedente deve:

            a) aver compiuto la maggiore età;

            b) non aver subìto, nell'ultimo decennio, condanne definitive per reati contro la pubblica fede o il patrimonio;

            c) godere dei diritti civili e non essere stato interdetto dai pubblici uffici.

 

 

 

Art. 4.

(Relazioni periodiche).

        1. Entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, gli iscritti nei registri sono obbligati a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei registri medesimi una relazione dell'attività svolta nel semestre, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute.

        2. Le relazioni devono, inoltre, contenere un elenco delle persone, associazioni, enti o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse l'attività è stata svolta, con le eventuali variazioni intervenute, nonché dei dipendenti o collaboratori che hanno partecipato all'attività e dei soggetti istituzionali contattati.

 

 

 

Art. 5.

(Verifica delle relazioni).

        1. Gli uffici cui spetta la tenuta dei registri possono disporre verifiche sulle relazioni e sui documenti presentati dai soggetti esercenti l'attività di relazione istituzionale iscritti nei medesimi registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati e informazioni in merito.

 

 

 

Art. 6.

(Sanzioni).

        1. In caso di omessa iscrizione nei registri si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 10 milioni a lire 100 milioni.

        2. In caso di mancato deposito delle relazioni di cui all'articolo 4, ovvero di non ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni o di fornire ulteriori dati, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 5 milioni a lire 50 milioni.

        3. Nei confronti degli iscritti nei registri di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, le sanzioni di cui al presente articolo sono applicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, per quanto di loro competenza, trasmettono gli atti, qualora i soggetti interessati non provvedano entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei ministri contesta l'omessa ottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge.

        4. Le leggi regionali disciplinano la procedura per l'applicazione delle sanzioni per le violazioni connesse dagli iscritti nei registri di cui all'articolo 1, comma 4.

 

 

 


 

N. 3485

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

DANIELE GALLI, EMERENZIO BARBIERI, BIONDI, BRUSCO, DI TEODORO, LUCCHESE, MILANESE, PATRIA, RAMPONI, RICCIUTI, RIVOLTA, SANZA, SGARBI, TARANTINO, TARDITI

¾

 

Disciplina dell'attività di relazione svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 16 dicembre 2002

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


 

         Onorevoli Colleghi! - L'attività di relazione tra soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni e componenti delle amministrazioni stesse è un carattere tipico delle grandi democrazie direttamente connesso alla loro complessità.

        Infatti dalle decisioni assunte in sede rappresentativa o amministrativa dipendono spesso interessi di grande rilievo che, tuttavia, non possono

 

iscriversi tra quelli generali; d'altro canto in sede rappresentativa, talora, si devono assumere decisioni ad alto contenuto tecnico delle quali rischia di non essere ben considerata tutta la portata.

        Le attività di relazione, occasionali o sistematiche, sono, dunque, finalizzate a perseguire fini leciti ma non di interesse generale ed è utile alla stessa democrazia che sia conosciuto ogni aspetto del problema oggetto di valutazione e di decisione. Si tratta quindi non di reprimere, ma di regolamentare un fenomeno, che pur gravato spesso da pesanti sospetti, in realtà si configura come elemento idoneo a raggiungere soluzioni più funzionali e maggiormente aderenti alla realtà complessa del mondo politico, amministrativo ed economico.

        La disciplina delle attività di relazione afferma un principio di liceità ed esige soltanto che essa si svolga in piena trasparenza, all'interno di una sistema che preveda una serie di controlli. La proposta di legge, che sottoponiamo al vostro esame ed alla vostra approvazione, colma questa lacuna. L'assenza di disciplina per attività così delicate come quelle di relazione è stata e può essere causa di fraintendimenti e di degenerazioni, ai quali è necessario ovviare efficacemente.

        Nella redazione del presente testo ci si è avvalsi del lavoro della Commissione speciale contro i fenomeni di corruzione politica istituita nella scorsa legislatura, che giunse ad approvare un testo unificato, peraltro mai discusso dall'Assemblea di Montecitorio. Ma si è tenuto conto anche delle normative straniere, in particolare il Lobbyng Act USA, che nel 1995 ha sostituito la precedente legge in materia del 1946.

        Pertanto il testo elaborato dalla Commissione speciale nel 1998 è stato alleggerito in relazione a talune procedure ed è stato soppresso l'obbligo di dichiarare quali esponenti politici o amministrativi sono stati contattati principalmente in ragione del fatto che tale verifica può essere fatta dagli organi preposti in sede di controllo, non potendo opporre il lobbysta motivi di riservatezza o di segreto. D'altra parte per gli esponenti politici gli incontri e l'attività di relazione sono il "pane quotidiano" e si è inteso evitare nella pubblica opinione la precostituzione di sospetti che non si ha motivo di sollevare.

        L'articolo 1 detta i princìpi generali della legge ed istituisce presso gli Uffici di presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri delle attività di relazione con i componenti delle Assemblee legislative. E' istituito anche, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il registro delle attività di relazione con i titolari di pubbliche funzioni.

        Lo stesso articolo stabilisce che tali registri siano pubblici e pubblicati su INTERNET.

        L'articolo 2 definisce l'attività di relazione e determina puntualmente le esclusioni dalla disciplina. E' attività di relazione ogni informazione, orale o scritta, resa da singoli o da associati, ai parlamentari, al Governo, ai dirigenti della pubblica amministrazione.

        Non danno, invece, luogo ad attività assoggettabili alla disciplina proposta quelle svolte per interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario, quelle delle organizzazioni sindacali e di categoria, le comunicazioni scritte ed orali rivolte indistintamente al pubblico, le dichiarazioni rese in incontri e audizioni pubblici con il Governo o con le Commissioni e i Comitati parlamentari. Tali esclusioni si fondano sull'incontrovertibile presupposto che si tratta comunque di attività pubbliche, delle quali chiunque può avere contezza.

        L'articolo 3 stabilisce l'obbligo di iscrizione nei registri per tutti coloro che svolgono attività di relazione.

        Poiché il fine della disciplina è di rendere trasparente l'attività di relazione, l'iscrizione nei registri è il primo dei due soli obblighi cui devono sottoporsi coloro che la esercitano.

        Lo stesso articolo fa divieto di iscrizione nei registri, nei due anni successivi alla scadenza del loro mandato, ai componenti delle due Camere e a tutti coloro che hanno rivestito cariche dirigenziali nella pubblica amministrazione, nel parastato e negli enti statali. Il divieto di iscrizione si estende anche ai giornalisti iscritti all'Associazione della stampa parlamentare. Si intende in tal modo evitare una discutibile commistione di funzioni.

        Inoltre, l'articolo 3 determina con precisione l'esclusione dall'obbligo di iscrizione nei registri per i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio, per i dirigenti politici e sindacali, per i giornalisti nell'esercizio della loro professione, per gli ambasciatori e i diplomatici stranieri, per i rappresentanti degli enti ecclesiastici e delle confessioni religiose. Si tratta di categorie di persone per le quali l'attività di relazione è strettamente connessa alle loro funzioni e che da tutti possono essere riconosciute nello svolgimento delle stesse.

        Sono altresì esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri coloro i quali svolgono attività di relazione in modo del tutto sporadico. Si ritiene, infatti, che non sia utile gravare di obblighi chi non eserciti l'attività di relazione in modo continuativo. Anzi un eccesso di regolamentazione potrebbe allontanare da un rapporto diretto con i rappresentanti dei pubblici poteri un certo numero di cittadini e ciò non è nell'interesse della democrazia. E' inoltre inserita una norma transitoria che prevede che, in sede di prima attuazione della legge, i soggetti interessati si iscrivano entro sei mesi.

        L'articolo 4 stabilisce il contenuto dei registri. In essi vanno annotati le generalità e i recapiti di chi svolge l'attività di relazione e di chi ha interesse nella stessa attività, la descrizione dell'attività svolta e che si intende svolgere.

        L'articolo 5 introduce il secondo degli obblighi che è tenuto a rispettare chiunque svolga attività di relazione. Tale obbligo consiste nel depositare presso gli uffici cui spetta la tenuta dei registri una relazione annuale sull'attività svolta, sugli obiettivi conseguiti, sui mezzi impiegati, sulle spese sostenute. Inoltre, le relazioni devono dare conto delle persone o degli enti che sono stati rappresentati nell'attività di relazione. Si richiede, in sostanza, di fornire informazioni essenziali, non vessatorie, ma utili a rendere pubbliche e trasparenti le attività di relazione.

        L'articolo 6 stabilisce gli adempimenti cui sono tenuti gli uffici che tengono i registri delle attività di relazione. Essi possono disporre verifiche sulla documentazione presentata. Il Ministro per la funzione pubblica, di sua iniziativa o su richiesta degli Uffici di Presidenza delle Camere, verifica la completezza e la veridicità delle relazioni depositate dagli obbligati. Gli stessi uffici redigono, entro il 30 giugno di ogni anno, relazioni complessive di tutte le attività di relazione svolte e le rendono pubbliche.

        L'articolo 7 disciplina le sanzioni per le violazioni alle disposizioni della legge. Tali violazioni possono essere: l'omessa iscrizione nei registri, il mancato deposito delle relazioni, la non ottemperanza alla richiesta di fornire ulteriori dati. Le violazioni sono punite con sanzioni amministrative, graduate in relazione alla loro gravità.

        L'esclusione delle sanzioni dalla previsione penalistica risponde alla logica complessiva che ispira la proposta di legge. La disciplina, infatti, mira a stabilire che la sola condizione alla quale devono sottostare le attività di relazione è quella della loro trasparenza. L'eventuale violazione dà, quindi, luogo ad un comportamento non corretto da sanzionare efficacemente, ma non configura una fattispecie autonoma di reato punibile penalmente, anche se l'esercizio dell'azione penale (o anche civile e amministrativa) da parte delle autorità preposte non può essere del tutto escluso.

        L'articolo 8, nel rispetto dell'autonomia delle regioni, determina il loro obbligo a disciplinare sulla base dei princìpi che ispirano la legge, le attività di relazione con le assemblee e con le giunte regionali, provinciali e comunali.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Registri delle attività di relazione).

        1. Le attività di relazione svolte nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni si informano ai princìpi di pubblicità e di trasparenza.

        2. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri delle attività di relazione nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative. E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il registro delle attività di relazione nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni.

        3. I registri di cui al comma 2 sono pubblici e sono pubblicati sui siti telematici delle rispettive amministrazioni.

 

 

 

Art. 2.

(Definizione dell'attività di relazione).

        1. Per attività di relazione si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intese a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei seguenti soggetti istituzionali:

            a) componenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

            b) Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Sottosegretari di Stato;

            c) dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;

            d) personale con trattamento superiore delle amministrazioni militari, personale inquadrato nelle qualifiche superiori delle pubbliche amministrazioni, anche militare, o comunque formalmente assegnato a mansioni proprie delle medesime qualifiche.

        2. Non sono attività di relazione:

            a) le attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario;

            b) le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro;

            c) le comunicazioni scritte e orali rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione;

            d) le dichiarazioni rese nel corso di audizioni e di incontri pubblici dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni e ai Comitati parlamentari.

 

 

 

Art. 3.

(Obbligo di iscrizione nei registri).

        1. Chiunque svolga una attività di relazione è tenuto ad iscriversi nei registri di cui all'articolo 1.

        2. L'iscrizione deve essere effettuata una sola volta, con le modalità di cui all'articolo 4, entro trenta giorni dall'inizio dell'attività di relazione nei confronti di uno o più dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1.

        3. Non possono iscriversi nei registri:

            a) i componenti delle due Camere, nonché i dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, durante il loro mandato o incarico e nei due anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare o dell'incarico ricoperto;

            b) gli iscritti all'Associazione della stampa parlamentare.

        4. Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri:

            a) i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni;

            b) i dirigenti dei partiti e dei movimenti politici;

            c) i dirigenti dei sindacati e delle associazioni di categoria a vocazione generale;

            d) i giornalisti nell'esercizio della loro attività professionale di informazione rivolta al pubblico;

            e) gli ambasciatori e i diplomatici stranieri in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di Stati esteri;

            f) i rappresentanti di enti ecclesiastici e delle confessioni religiose in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di tali enti o confessioni;

            g) coloro i quali hanno svolto o svolgono attività di relazione occasionalmente e comunque non più di una attività di relazione nel corso di un anno.

        5. In sede di prima attuazione della presente legge, i soggetti interessati sono tenuti all'iscrizione nei registri entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.

 

 

 

Art. 4.

(Contenuto dei registri).

        1. Nei registri devono essere annotati:

            a) gli estremi identificativi, la sede di affari principale della persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti, amministratori e dipendenti che svolgono attività di relazione;

            b) gli estremi identificativi, la sede di affari principale di ogni persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti, nel cui interesse viene svolta l'attività di relazione;

            c) la descrizione dell'attività di relazione svolta o che si intende svolgere per conto proprio o nell'interesse di terzi e delle finalità che si intendono perseguire.

 

Art. 5.

(Relazione dei soggetti iscritti nei registri).

        1. Entro il 15 aprile di ogni anno, gli iscritti nei registri sono obbligati a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei registri medesimi una relazione dell'attività svolta nell'anno precedente, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute.

        2. Le relazioni devono, inoltre, contenere un elenco delle persone, associazioni, enti o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse l'attività è stata svolta.

 

 

 

Art. 6.

(Verifica delle relazioni).

        1. Gli uffici cui spetta la tenuta dei registri possono disporre verifiche sulle relazioni e sui documenti presentati dai soggetti esercenti le attività di relazione ai sensi degli articoli 4 e 5 e iscritti nei registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati al riguardo. Alle richieste degli uffici non possono essere opposti motivi di riservatezza o il segreto professionale.

        2. Il Ministro per la funzione pubblica, di sua iniziativa per l'attività di relazione svolta nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni ovvero su richiesta degli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati per l'attività di relazione svolta nei confronti dei componenti del Parlamento, verifica la completezza e la veridicità delle relazioni di cui all'articolo 5.

        3. Gli stessi uffici di cui al comma 1 entro il 30 giugno di ogni anno provvedono a redigere una relazione complessiva su tutte le attività svolte dagli iscritti nei registri. Tali relazioni sono pubbliche.

 

 

 

 

Art. 7.

(Sanzioni).

        1. In caso di omessa iscrizione nei registri si applica la sanzione amministrativa da 10.000 euro a 100.000 euro.

        2. In caso di mancato deposito delle relazioni di cui all'articolo 5, ovvero di non ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni o di fornire ulteriori dati, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 euro a 50.000 euro.

        3. Salvo fatto più grave, nei casi previsti dai commi 1 e 2 e altresì dichiarata, nei confronti dei soggetti responsabili, l'inabilitazione all'esercizio dell'attività di cui all'articolo 2.

        4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono comminate dal Ministro per la funzione pubblica, al quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, per quanto di loro competenza, trasmettono gli atti, qualora i soggetti interessati non ottemperino entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione con la quale lo stesso Ministro contesta agli interessati l'omessa ottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge.

 

 

 

Art. 8.

(Regioni ed enti locali).

        1. Le regioni provvedono con proprie leggi ad assicurare l'osservanza dei princìpi stabiliti dalla presente legge, per la disciplina delle attività di relazione svolte nei confronti dei consiglieri regionali e provinciali, dei presidenti e dei componenti delle giunte regionali e provinciali, dei consiglieri comunali, dei sindaci e dei componenti delle giunte comunali.

 

 

 


N. 5567

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

COLUCCI, AMATO, ARACU, AZZOLINI, EMERENZIO BARBIERI, BRUSCO, BURANI PROCACCINI, CAMINITI, CAMO, CARLUCCI, CIMA, DELL'ANNA, DI TEODORO, DI VIRGILIO, FATUZZO, FRAGALÀ, FRATTA PASINI, GALVAGNO, LENNA, LIOTTA, SANTINO ADAMO LODDO, MANCINI, MANINETTI, MAURO, MILANESE, MILIOTO, MORONI, MURATORI, PAOLONE, PERLINI, PERROTTA, RAMPONI, RANIELI, RICCIOTTI, RICCIUTI, ROMOLI, ANTONIO RUSSO, SANTORI, SANTULLI, SANZA, SARO, SPINA DIANA, TARANTINO, TARDITI, TIDEI, TRANTINO, TUCCI, ALFREDO VITO, ZACCHERA, ZAMA

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Disciplina dell'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento

 

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Presentata il 27 gennaio 2005

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Onorevoli Colleghi! - Come è noto l'attività di lobbying non è disciplinata dall'ordinamento italiano. Ciò a differenza di quanto avviene in altri ordinamenti, e in particolare in quello statunitense dove è vigente un'apposita legislazione in materia. Anche presso il Parlamento europeo è stata prevista l'attività di lobbying, oggetto di espresso riconoscimento nel Regolamento che, all'articolo 9, stabilisce che i Questori sono competenti per il rilascio di lascia-passare nominativi alle persone che desiderano avere frequentemente accesso ai locali del Parlamento allo scopo di fornire informazioni ai deputati nel quadro del loro mandato parlamentare nell'interesse proprio o di terzi. In compenso tali persone sono tenute a rispettare il codice di condotta pubblicato sotto forma di allegato al Regolamento e ad iscriversi in un registro tenuto dai Questori.

      Se è vero che nell'ordinamento italiano manca una specifica regolamentazione dell'attività di lobbying, non può certo dirsi che sia mancato in passato interesse per la materia, come risulta dai progetti di legge che sono stati presentati. In particolare, nella XIII legislatura il problema era stato esaminato nell'ambito dell'attività della Commissione speciale per l'esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione, in una delle cui proposte di legge licenziate per l'Assemblea (atto Camera n. 244 e abb.) un'intero capo era diretto a disciplinare l'attività di relazione per fini non istituzionali o di interesse generale svolta nei confronti dei membri delle Assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi. Tale capo - recante una disciplina piuttosto dettagliata - è stato poi stralciato dall'Assemblea della Camera dei deputati ed è confluito in un autonomo progetto di legge il cui esame parlamentare non è stato più affrontato. Altre iniziative legislative sono state inoltre presentate in questa legislatura.

      Nonostante la mancanza di un'espressa normativa in materia, si è via via negli anni accresciuta la consapevolezza che si tratta di una questione - quella appunto del rapporto tra le istituzioni ed i loro processi decisionali ed il sistema dei soggetti portatori degli interessi delle diverse categorie e delle diverse componenti sociali-centrale, poiché il suo corretto dispiegamento contribuisce a realizzare nelle istituzioni rappresentative un confronto aperto e informato e a individuare le soluzioni più adeguate a rispondere alle esigenze della società. È dunque evidente come una società complessa, come quella contemporanea, non possa ignorare che la valutazione delle singole scelte politiche non può e non deve prescindere da un'attenta analisi dei legittimi interessi «parziali» coinvolti, di cui sono portatori di volta in volta specifiche categorie professionali, soggetti imprenditoriali e sociali e, in termini più generali, i cosiddetti «gruppi di pressione». Nell'assunzione responsabile di talune decisioni, che per il loro carattere tecnico o per la loro complessità rischiano di sfuggire alla piena comprensione del singolo parlamentare, l'apporto informativo di soggetti - destinatari in via diretta o indiretta delle decisioni medesime e che in modo trasparente si fanno tramite di interessi non aventi carattere generale, ma sicuramente leciti e meritevoli di tutela - costituisce infatti una risorsa e una forma di partecipazione democratica che non vanno represse né tantomeno nascoste ma che appare opportuno riconoscere e regolamentare.

      Da tutte queste considerazioni nasce la presente proposta di legge.

      Nel richiamare i contenuti di un'importante iniziativa, il Convegno su «Lobby e trasparenza: una proposta concreta di regolamentazione», svoltosi alla Camera dei deputati il 6 maggio 2004 e nel quale l'importanza di tale attività e l'esigenza di un suo riconoscimento legislativo sono state segnalate da importanti interlocutori istituzionali, si sottolinea come lo spirito di questa iniziativa legislativa sia quello, nell'interesse del buon andamento delle istituzioni e nella consapevolezza del contributo di conoscenza che tali soggetti possono fornire, di assicurare, attraverso una disciplina formale, un rapporto chiaro, trasparente e responsabile del rapporto tra soggetti istituzionali e organizzazioni esponenziali di interessi settoriali.

      L'ipotesi qui predisposta si orienta verso una disciplina legislativa «minimale», cioè volta non a regolare l'attività di lobbying in tutta la sua estensione oggettiva e soggettiva, ma a dettare una disciplina di principio dell'attività di lobbying indirizzata ai membri del Parlamento, con esclusione delle attività di relazione istituzionale rivolte ad altri titolari di funzioni pubbliche; affida infatti alle Camere, nel rispetto della loro autonomia costituzionale, il compito di provvedere alla definizione della disciplina concreta e specifica della materia.

      L'ampliamento del contenuto normativo di una legge sull'attività di lobbying che comprenda in particolare la regolamentazione di tale attività quando essa sia rivolta ad altri titolari di funzioni pubbliche, compresi i membri del Governo e delle assemblee elettive delle regioni e delle altre autonomie territoriali, potrà essere opportunamente e debitamente valutato nel corso dell'istruttoria legislativa. In questo caso i contenuti della disciplina di questa parte della materia dovranno essere necessariamente più ampi e dettagliati, non potendosi configurare la posizione  di autonomia di tali soggetti nell'ordinamento nei medesimi termini in cui si configura quella delle Camere.

      Quanto al contenuto della proposta di legge, va segnalato che essa recepisce alcune linee fondamentali comuni a tutte le iniziative legislative fin qui predisposte (definizione legislativa dell'attività, obbligo di iscrizione, previsione dei princìpi generali regolatori della materia), rimettendo il resto della regolamentazione all'autonomia normativa delle Camere. In particolare: l'articolo 1 stabilisce la finalità della legge; l'articolo 2 reca la definizione dell'attività di relazione istituzionale, intendendosi per essa ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, incontri, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa rivolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi. Sono escluse da tale qualificazione le attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario; le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro; le comunicazioni scritte e orali rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione; le dichiarazioni rese nel corso di audizioni e di incontri pubblici dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni e ai Comitati parlamentari. Si prevede inoltre che le attività di relazione svolte nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative si informino ai princìpi di pubblicità e di trasparenza. L'articolo 3 dispone l'obbligo, a carico di chi intende svolgere l'attività di cui all'articolo 2, di richiedere l'iscrizione in appositi registri pubblici, istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, rimettendo a ciascuno di essi, nell'ambito delle proprie competenze, il compito di stabilire i presupposti e le modalità di iscrizione nel registro, il contenuto, la tenuta e la disciplina di ogni altro profilo relativo ai registri, nonché le sanzioni applicabili in caso di violazione dell'obbligo di iscrizione e di ogni altra disposizione.

      Ciò al fine di assicurare la massima compatibilità tra l'esigenza di disciplinare l'attività di lobbying e l'autonomia parlamentare, costituzionalmente garantita.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Finalità).

      1. La presente legge ha per oggetto l'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei membri del Parlamento, definita ai sensi dell'articolo 2.

 

 

 

Art. 2.

(Definizione dell'attività

di relazione istituzionale).

      1. Per attività di relazione istituzionale si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, incontri, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa rivolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi.

      2. Non costituiscono attività di relazione ai sensi del comma 1:

          a) le attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario;

          b) le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro;

          c) le comunicazioni scritte e orali rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione;

          d) le dichiarazioni rese nel corso di audizioni e di incontri pubblici dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni e ai Comitati parlamentari.

 

      3. Le attività di relazione svolte nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative si informano ai princìpi di pubblicità e di trasparenza.

 

 

 

Art. 3.

(Iscrizione nei registri).

      1. Chiunque svolge professionalmente le attività di relazione istituzionale di cui all'articolo 2 deve chiedere l'iscrizione in appositi registri pubblici, istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.

      2. Ciascun Ufficio di Presidenza di cui al comma 1, nell'ambito delle proprie competenze, stabilisce i presupposti e le modalità di iscrizione nel registro, il contenuto, la tenuta e la disciplina di ogni altro profilo relativo ai registri di cui al medesimo comma 1, nonché le sanzioni applicabili in caso di violazione dell'obbligo di iscrizione e di ogni altra disposizione.

 

 

 

 


Lavori parlamentari nella XIII Legislatura

 


Progetti di legge

 


N. 244-ter - 403-ter - 780-ter - 1417-ter - 1628-ter - 2327-ter - 2576-ter - 2586-ter - 2610-ter

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTE DI LEGGE

 

n. 244, d'iniziativa dei deputati

MAMMOLA, PALUMBO, FLORESTA

Norme per l'accertamento della situazione patrimoniale degli amministratori pubblici, dei membri del Governo, del Parlamento e dei consigli e delle giunte regionali, provinciali e comunali

Presentata il 9 maggio 1996

 

n. 403, d'iniziativa dei deputati

LUCCHESE, FRONZUTI, GRILLO, OSTILLIO, SCOCA, TASSONE, D'ALIA, PAGANO, CARDINALE, BALOCCHI, COLLAVINI, FABRIS, ZACCHERA, BURANI PROCACCINI, FRAGALA', CASCIO, PIVA

Istituzione del Servizio ispettivo nazionale a garanzia della imparzialità nella pubblica amministrazione

Presentata il 9 maggio 1996

 

n. 780, d'iniziativa del deputato PECORARO SCANIO

Istituzione del Servizio centrale di prevenzione della corruzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri

Presentata il 13 maggio 1996

 

 

n. 1417, d'iniziativa del deputato FRATTINI

Norme per la lotta alla illegalità e per promuovere l'efficienza nelle pubbliche amministrazioni

Presentata il 5 giugno 1996

 

n. 1628, d'iniziativa del deputato VELTRI

Norme per garantire la separazione tra funzioni politiche e gestionali nelle amministrazioni pubbliche

Presentata il 25 giugno 1996

 

n. 2327, d'iniziativa dei deputati

VELTRI, SINISCALCHI, ORLANDO, PECORARO SCANIO, STAJANO, PETRELLA, BRANCATI, DI STASI, OLIVIERI, SICA, CAMBURSANO, FRAU, LUCIDI, LUMIA, MALGIERI, MANGIACAVALLO, MASELLI, MIGLIORI, PISCITELLO, POLI BORTONE, POZZA TASCA, REPETTO, SCOZZARI, SOAVE, VALETTO BITELLI, PITTELLA, BIELLI

Istituzione dell'Autorità di garanzia della pubblica amministrazione

Presentata il 26 settembre 1996

 

n. 2576, d'iniziativa dei deputati

VELTRI, MALGIERI, SOAVE, COSTA, CAMBURSANO, SICA, LOMBARDI, OLIVERIO, LUMIA, GIACALONE, MANGIACAVALLO, SCOZZARI, ORLANDO, NARDONE, SINISCALCHI, NIEDDA, REPETTO, BRANCATI, PISTELLI, FERRARI, MAGGI, OLIVIERI, DEL BONO, CORSINI, ANGELICI, SCHMID, DI STASI, PETRELLA, PECORARO SCANIO, POZZA TASCA, PISCITELLO, NOVELLI, DANIELI

Norme per la trasparenza del mercato pubblico e dei relativi contratti

Presentata il 29 ottobre 1996

 

 

n. 2586, d'iniziativa dei deputati

TREMAGLIA, FRAGALA'

Istituzione dell'Autorità per la tutela della legalità e della trasparenza nella pubblica amministrazione

Presentata il 30 ottobre 1996

 

n. 2610, d'iniziativa dei deputati

PISCITELLO, DANIELI, SCOZZARI

Norme sulla moralizzazione della pubblica amministrazione

Presentata il 31 ottobre 1996

 

 

 

Disciplina dell'attività di relazione, per fini non istituzionali o di interesse generale, svolta nei confronti dei membri delle Assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi

 

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(Già articoli da 21 a 24 del testo unificato delle proposte di legge nn. 244, 403, 780, 1417, 1628, 2327, 2576, 2586 e 2610, approvato in sede referente dalla Commissione speciale per l'esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 21 gennaio 1998).

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PROGETTO DI LEGGE

N. 244-ter - 403-ter - 780-ter - 1417-ter - 1628-ter - 2327-ter - 2576-ter - 2586-ter - 2610-ter

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TESTO UNIFICATO

DELLA COMMISSIONE

 

Capo. I.

 

ISTITUZIONE DEL GARANTE DELLA LEGALITA' E DELLA TRASPARENZA

DELL'ATTIVITA' DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

 

Artt. 1-10.

 

............................

............................

............................

 

Capo II.

 

NORME PER LA TRASPARENZA DELL'ATTIVITA' POLITICA E

AMMINISTRATIVA

 

Artt. 11-20.

 

............................

............................

............................

 

Capo III.

 

DISCIPLINA DELL'ATTIVITA' DI RELAZIONE, PER FINI NON ISTITUZIONALI O DI INTERESSE GENERALE, SVOLTA NEI CONFRONTI DEI MEMBRI DELLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE E DEI RESPONSABILI

DEGLI ORGANISMI AMMINISTRATIVI

 

Art. 21.

 

(Obbligo di iscrizione nei registri).

1. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e presso il Garante i registri delle persone, delle associazioni e delle società che svolgono, per fini non istituzionali o di interesse generale, attività di relazione con i membri delle assemblee legislative e con i responsabili degli organismi amministrativi, attraverso proposte, suggerimenti, richieste intesi a perseguire, con l'attività legislativa o amministrativa, interessi di gruppi, categorie e imprese.

2. I soggetti che intendono svolgere l'attività di cui al comma 1 sono tenuti ad iscriversi nei relativi registri. Allo stesso obbligo soggiacciono le società che hanno uno o più dipendenti preposti a tenere i rapporti con i parlamentari e con i pubblici amministratori.

3. Le attività di cui al comma 1 non possono essere svolte dai membri delle Camere nonché dai soggetti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e da quelli di cui alla lettera l) del comma 1 dell'articolo 11 della presente legge nei tre anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare, dell'incarico ovvero dell'ufficio ricoperto. La medesima disposizione si applica nei confronti degli iscritti all'Associazione della stampa parlamentare.

4. Nei registri di cui al comma 1 devono essere annotati:

 

a) nome, indirizzo, numero telefonico, sede d'affari principale della persona fisica o associazione o società e dei rispettivi rappresentanti o amministratori che svolgono le attività di cui al comma 1;

 

b) composizione del capitale sociale, nel caso di società di capitali;

 

c) descrizione dell'attività che si intende svolgere e indicazione dei relativi metodi e mezzi che si intendono impiegare;

 

d) elenco dei clienti per i quali si intende agire;

 

e) descrizione dell'attività svolta da ogni singolo cliente.

 

Art. 22.

(Relazioni dei soggetti iscritti nei registri).

1. Entro sessanta giorni dall'inizio di ogni singola attività, gli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 sono obbligati a presentare alle autorità cui spetta la tenuta dei registri medesimi una dettagliata relazione che indichi le finalità della loro azione, le persone contattate e da contattare, i mezzi che si intendono impiegare e la previsione di spesa.

2. Entro sessanta giorni dalla conclusione di ogni singola attività, gli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 sono obbligati a presentare alle autorità cui spetta la tenuta dei registri medesimi una dettagliata relazione che dia conto dell'attività svolta nonchè degli obiettivi conseguiti e indichi le persone contattate, i mezzi impiegati e le spese sostenute, comprese quelle per eventuali omaggi e donativi.

3. Alla fine di ogni anno gli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 sono obbligati a presentare alle autorità cui spetta la tenuta dei registri medesimi una dettagliata relazione, contenente l'elenco dei clienti assistiti con le eventuali variazioni intervenute, l'elenco dei dipendenti o dei collaboratori che hanno partecipato all'attività, l'elenco delle persone contattate, l'indicazione dei settori di intervento, l'elenco di tutte le attività svolte ed un rendiconto delle spese sostenute.

 

Art. 23.

(Verifica delle relazioni).

1. I registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 e le relazioni presentate dai soggetti iscritti nei registri medesimi sono pubblici.

2. Il Garante di sua iniziativa ovvero su richiesta degli Uffici di presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati procede a verificare la completezza e la veridicità delle relazioni presentate dagli iscritti nei registri. Le stesse autorità provvedono alla fine di ogni anno a redigere una relazione complessiva su tutte le attività svolte dagli iscritti nei registri. Tale relazione è pubblica.

Art. 24.

(Sanzioni).

1. In caso di omessa iscrizione nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21, si applica la sanzione amministrativa da 5 a 100 milioni di lire.

2. Nei confronti degli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 che depositino una delle relazioni previste dall'articolo 22 in modo incompleto, si applica una sanzione amministrativa fino a 50 milioni di lire.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 è altresì dichiarata, nei confronti dei soggetti responsabili, l'inabilitazione all'esercizio dell'attività di cui all'articolo 21.

 

4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono comminate dal Garante, al quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati trasmettono gli atti quando ne ricorrano gli estremi.

 

Capo IV.

 

NORME PER LA PUBBLICITA' E LA TRASPARENZA DELL'ATTIVITA'

CONTRATTUALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

 

Artt. 25-26.

............................

............................

............................

 

Capo V.

 

DISPOSIZIONI FINALI

 

Artt. 27-29.

............................

............................

............................

 

 

 

 


N. 4594

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato OSTILLIO, DANESE

¾

 

Disciplina delle attività di rappresentanza di interessi con i soggetti istituzionali

 

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Presentata il 24 febbraio 1998

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Onorevoli Colleghi! - Nel nostro ordinamento i tentativi di disciplinare con legge l'attività di rappresentanza di interessi, comunemente nota con il termine di "lobbismo", non sono andati finora a buon fine sia per una giusta prudenza nell'introdurre istituti appartenenti a esperienze giuridiche ed istituzionali diverse dalla nostra, sia per una diffusa convinzione che attribuisce al lobbismo e a chi svolge tale attività una influenza negativa nei confronti delle istituzioni e in particolare del Parlamento.

Eppure lo svolgimento ufficiale, entro regole predefinite, dell'attività di rappresentanza di interessi può essere utile allo stesso funzionamento delle istituzioni, come dimostra l'esperienza di sistemi democratici di lunga e consolidata tradizione, a cominciare da quello statunitense in cui questa attività ha ricevuto una apposita disciplina fin dal 1946.

Infatti, al di là delle connotazioni negative che è andata assumendo nel corso del tempo per l'uso distorto che talvolta ne è stato fatto, l'attività finalizzata a rappresentare interessi e punti di vista particolari, se opportunamente regolamentata, può svolgere un ruolo che, secondo una opinione sempre più diffusa, è addirittura essenziale in una moderna democrazia, dato che i soggetti decisori devono essere messi nelle condizioni di decidere solo sulla base di una approfondita conoscenza dei problemi, che costituisce, appunto, l'obiettivo di chi svolge tale attività.

Anche a livello scientifico è sempre più diffusa la convinzione che quello delle lobbiesrappresenti un fenomeno che si manifesta in tutte le realtà socio-economiche del mondo contemporaneo, essendo una manifestazione fisiologica dei sistemi politici complessi, caratterizzati da interessi frammentati ma perfettamente legittimi e pertanto meritevoli di tutela.

L'esperienza generale, riscontrabile in alcuni Paesi come gli Stati Uniti, la Germania, o in realtà sovranazionali come la stessa Unione europea ci dice, infatti, che è essenziale che gli interessi e le posizioni dei soggetti destinatari delle norme in corso di emanazione siano portati con correttezza e trasparenza, nel rispetto delle forme prescritte e dei ruoli istituzionali, all'attenzione dei rappresentanti delle istituzioni, in quanto proprio il confronto esplicito e dichiarato di interessi di parte e, talvolta, contrapposti può contribuire a far assumere decisioni finali provviste di un maggior grado di imparzialità.

E, d'altra parte, lo svolgimento di recenti dibattiti parlamentari ha dimostrato che anche in Italia è convinzione ormai diffusa che l'attività di lobbying, se correttamente esercitata, sia compatibile e connaturale alla stessa funzione di rappresentanza svolta dal Parlamento.

Ovviamente, il riconoscimento di questa attività da parte del nostro ordinamento coinvolge aspetti particolarmente delicati dal punto di vista costituzionale, dovuti soprattutto al principio che ogni parlamentare" rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincoli di mandato, per cui nella sua attività deve porsi al di sopra di ogni condizionamento di parte. Ma va osservato, a tale proposito, che proprio l'attuale mancanza di disciplina, consentendo un esercizio senza regole di questa attività, la rende più rischiosa per le istituzioni e potenzialmente dannosa per la generalità dei cittadini.

Per tali motivi i tempi sono maturi per introdurre anche nel nostro ordinamento il principio che rappresentare ufficialmente presso le istituzioni interessi dichiaratamente di parte secondo regole di trasparenza valide per tutti è una attività lecita, che è doveroso da parte delle istituzioni ascoltare tale voci e che un contraddittorio trasparente, in cui le parti in causa possano esprimere i propri punti di vista, è utile per tutta la collettività.

Ciò è tanto più vero in un momento come l'attuale in cui anche la globalizzazione dei mercati, che coinvolge sempre di più gli interessi delle imprese e i diritti dei cittadini, rende necessario per le istituzioni confrontarsi direttamente con realtà nuove e, quindi, dialogare con esse per conoscerne direttamente natura e finalità.

A tali esigenze risponde la presente proposta di legge, che, con l'articolo 1, definisce l'attività di rappresentanza di interessi come quell'attività volta a presentare posizioni, richieste ed esigenze proprie sia nell'attività delle Camere che in quella della pubblica amministrazione. E' sembrato, infatti, che anche a causa delle tendenze delegificatorie in atto nel nostro ordinamento, che attribuiscono alla pubblica amministrazione competenze normative sempre più vaste, una disciplina della rappresentanza di interessi sarebbe stata incompleta se non avesse compreso anche i rapporti e i contatti svolti nei confronti della pubblica amministrazione, comprendendo con tale termine anche le Autorità garanti di settore.

Il comma 1 dell'articolo 2 provvede a istituire il registro di coloro che svolgono l'attività di rappresentanza di interessi, mentre l'obbligatorietà dell'iscrizione e i dati che devono essere iscritti nei registri sono previsti nell'articolo 3, che prevede anche alcune particolari esclusioni, in relazione a cariche e professioni particolari.

Con l'articolo 4 gli iscritti nei registri sono tenuti a presentare all'inizio di ogni anno una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente, comprendente tutti i dati necessari a valutare la legittimità delle azioni poste in essere, quali l'elenco dei soggetti contattati, i settori rappresentati e le spese sostenute.

Con l'articolo 5 è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una commissione che, anche in rappresentanza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, ha compiti di controllo sulle attività di cui all'articolo 1. La commissione, allo scopo, può avvalersi di personale della Presidenza del Consiglio dei ministri, di altre pubbliche amministrazioni oltre che delle Camere come risulta dall'articolo 6.

Con l'articolo 7 sono previste sanzioni pecuniarie sia per chi svolge l'attività di rappresentanza di interessi senza essere iscritto nei registri sia per chi non ottemperi all'obbligo di presentare o di completare nei tempi e nei modi dovuti le relazioni annuali sull'attività svolta. Le sanzioni sono comminate dalla commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

L'articolo 8 stabilisce che i registri sono pubblici e che le modalità per la loro consultazione sono disciplinate con appositi regolamenti deliberati dagli Uffici di Presidenza delle Camere e con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per i registri della Presidenza del Consiglio. Lo stesso articolo prevede, inoltre, che per quanto riguarda lo svolgimento dell'attività di rappresentanza di interessi presso la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica appositi regolamenti disciplinino l'acceso alle rispettive sedi, prevedendo spazi appositi e specifici mezzi tecnici.

L'articolo 9 prevede che anche gli ordinamenti regionali si conformino ai princìpi stabiliti dalla legge provvedendo a disciplinare le attività di relazione svolte nei confronti degli organi regionali, provinciali e comunali, limitatamente, per quanto riguarda questi ultimi, ai comuni capoluogo di provincia o con una popolazione superiore a venticinquemila abitanti.

L'articolo 10 dispone l'obbligo per le aziende con un fatturato annuo superiore a lire 100 miliardi o con un numero di dipendenti superiore a 300 di designare il responsabile della struttura con il compito di seguire i rapporti con il Parlamento ed il Governo.

L'articolo 11 prevede l'istituzione del registro delle associazioni di coloro che svolgono professionalmente attività di comunicazione, nonché relazioni pubbliche e istituzionali.

L'articolo 12 prevede, infine, le norme transitorie necessarie a regolare l'applicazione della legge nella sua fase iniziale.

L'articolo 13 disciplina l'entrata in vigore della legge.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Definizione dell'attività di rappresentanza di interessi).

1. Ai sensi della presente legge si intende per "rappresentanza di interessi" l'attività finalizzata, in modo diretto e con riguardo a specifici provvedimenti, a rappresentare posizioni, richieste ad esigenze proprie, ovvero di uno o più committenti o datori di lavoro, nei confronti delle Camere, del Governo, della pubblica amministrazione, delle autorità garanti e agenzie di settore, delle regioni e degli enti locali.

2. Le attività di cui al comma 1 devono essere informate a criteri di trasparenza e svolte nel rispetto degli obblighi della presente legge, attraverso qualsiasi mezzo, ivi compresi proposte, suggerimenti, studi, ricerche ed analisi scritti, orali e su mezzi informatici.

 

 

Art. 2.

(Istituzione dei registri).

1. E' istituito presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati il registro delle persone fisiche che, nell'interesse proprio o in rappresentanza e nell'interesse di società, associazioni, enti o altri organismi pubblici e privati, svolgono le attività di cui all'articolo 1 nei confronti di parlamentari o di consiglieri parlamentari delle Camere.

2. E' altresì istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il registro delle persone fisiche che, nell'interesse proprio o in rappresentanza e nell'interesse di società, associazioni, enti o altri organismi pubblici e privati, svolgono l'attività di cui all'articolo 1 nei confronti dei componenti del Governo, dei dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, dei membri delle Autorità garanti e agenzie di settore nonché del personale direttivo dipendente da tali soggetti.

3. I registri di cui ai commi 1 e 2 sono pubblici e la loro consultazione è regolata dall'articolo 8.

 

 

Art. 3.

(Modalità di iscrizione nei registri).

1. L'attività di cui all'articolo 1, può essere svolta soltanto previa iscrizione nei registri di cui all' articolo 2. L'iscrizione deve essere effettuata entro sessanta giorni dall'inizio dell'attività.

2. Nei registri devono essere annotati:

a) il nome, l'indirizzo, i recapiti e il domicilio della persona fisica che svolge le attività di cui all'articolo 1, nonché della società, associazione o altro organismo pubblico o privato da questa rappresentato;

b) il nome, l'indirizzo, i recapiti e il domicilio o la sede del soggetto o dei soggetti in favore dei quali è svolta l'attività di cui all'articolo 1.

3. Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri di cui all'articolo 2:

a) i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio e i rappresentanti delle istituzioni nell'esercizio delle proprie funzioni;

b) i giornalisti, limitatamente alla svolgimento della propria attività professionale;

c) i diplomatici di Stati esteri nell'esercizio delle proprie funzioni di rappresentanza;

d) i ministri del culto nonché i rappresentanti di confessioni ed enti religiosi, nello svolgimento di attività connesse al proprio ministero;

e) coloro che, al di fuori delle attività di cui all'articolo 1 e senza compenso alcuno, rappresentano occasionalmente ed eccezionalmente problematiche sia specifiche sia di interesse generale.

4. Le attività di cui all'articolo 1, non possono essere svolte:

a) dai membri delle Camere, nei tre anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare;

b) dagli iscritti all'Associazione della stampa parlamentare.

 

 

Art. 4.

(Adempimenti obbligatori).

1. Entro il 15 febbraio di ogni anno gli iscritti nei registri di cui all'articolo 2 sono tenuti a presentare ai soggetti cui spetta la tenuta dei registri una dettagliata relazione sull'attività svolta nell'anno precedente, contenente:

a) l'elenco dei soggetti rappresentati ed ogni variazione intervenuta;

b) l'indicazione delle azioni svolte e dei settori in cui si è operato su incarico e nell'interesse dei rappresentati;

c) l'elenco delle persone contattate;

d) un rendiconto delle singole voci di spesa di importo superiore a lire 500 mila.

2. Il limite di spesa di cui alla lettera d) del comma 1 è rivalutato ogni due anni con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in base all'indice dei prezzi al consumo rilevato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

 

 

Art. 5.

(Istituzione della Commissione per le verifiche).

1. E' istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una commissione composta da cinque membri, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica, dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Presidente della Corte di cassazione e dal Presidente del Consiglio di Stato, con compiti di controllo sulle attività di cui all'articolo 1.

 

 

Art.6.

(Modalità delle verifiche).

1. Relativamente alle attività svolte nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, la Commissione ha compiti di controllo sul registro di cui al medesimo comma e di verifica, ove ritenuto opportuno, sulle relazioni di cui all'articolo 4, in ordine alla loro veridicità e completezza, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati al riguardo.

2. La Commissione, su richiesta degli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, esercita le stesse funzioni di cui al comma 1 nei confronti delle attività svolte nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 2.

3. La Commissione si avvale di una segreteria tecnica costituita da personale della Presidenza del Consiglio dei ministri e, se necessario e su richiesta della stessa Presidenza del Consiglio dei ministri, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica , previe opportune intese con le rispettive Presidenze, nonché di altre amministrazioni pubbliche.

 

 

Art. 7.

(Sanzioni).

1. L'esercizio dell'attività di cui all'articolo 1, comma 1, senza l'iscrizione nei registri di cui all'articolo 2 è punito con la sanzione amministrativa da lire 10 milioni a lire 100 milioni.

2. La mancata presentazione delle relazioni di cui all'articolo 4, è punita con la sanzione amministrativa da lire 5 milioni a lire 50 milioni. La stessa sanzione è applicata a coloro che non ottemperano alle richieste, formulate dai soggetti a cui spetta la tenuta dei registri o dalla commissione di cui all'articolo 5, di completare le informazioni e di fornire ulteriori dati.

3. I casi di recidiva sono puniti con una sospensione dall'esercizio dell'attività fino ad un massimo di dodici mesi.

4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono irrogate dalla commissione di cui all'articolo 5. A tale scopo, per le sanzioni di propria competenza, gli Uffici di Presidenza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica trasmettono alla Commissione gli atti relativi ai soggetti da sanzionare.

 

 

Art. 8.

(Pubblicità dei registri e norme applicative).

1. Le modalità per la consultazione dei registri sono disciplinate con appositi regolamenti deliberati dagli Uffici di Presidenza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per i registri di cui all'articolo 2, comma 1, e da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per il registro di cui all'articolo 2, comma 2.

2. I regolamenti degli Uffici di Presidenza delle Camere di cui al comma 1 prevedono altresì disposizioni specifiche per l'accesso alla sedi parlamentari dei soggetti che svolgono le attività di cui all'articolo 1 e individuano i supporti logistici, tecnici ed informatici necessari per lo svolgimento di tali attività.

3. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1 provvede altresì a regolamentare l'accesso alle sedi della pubblica amministrazione per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 1, prevedendo i necessari supporti logistici e tecnici.

4. I regolamenti ed il decreto di cui al presente articolo prevedono altresì procedure uniformi per la consultazione e la tenuta dei registri e una apposita modulistica per la presentazione delle relazioni.

 

 

Art. 9.

(Rappresentanza di interessi presso le regioni, le province e i comuni).

1. Le regioni, in conformità ai singoli ordinamenti regionali e nell'osservanza dei princìpi di trasparenza ed efficienza di cui alla presente legge, provvedono a disciplinare le attività di relazione svolte nei confronti di:

a) consiglieri regionali;

b) presidenti e membri delle giunte regionali;

c) consiglieri provinciali;

d) presidenti e membri delle giunte provinciali;

e) consiglieri comunali dei comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore a 25 mila abitanti;

f) sindaci e membri delle giunte comunali dei comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore a 25 mila abitanti.

 

 

Art. 10.

(Obblighi per le aziende).

1. Le aziende con un fatturato annuo superiore a lire 100 miliardi o con un numero di dipendenti superiore a trecento hanno l'obbligo di designare il responsabile della struttura avente il compito di seguire i rapporti con il Parlamento ed il Governo.

 

 

Art. 11.

(Riconoscimento delle associazioni di categoria).

1. Ai sensi della legge 22 febbraio 1994, n. 146, è istituito il registro delle associazioni di coloro che svolgono professionalmente attività di comunicazione, nonchè relazioni pubbliche e istituzionali. Il registro è tenuto dal Ministero di grazia e giustizia, che opera d'intesa con il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), avvalendosi dei pareri e del supporto dell'apposita commissione istituita all'interno dello stesso CNEL.

 

 

Art. 12.

(Norme transitorie).

1. In sede di prima applicazione dellapresente legge, l'iscrizione di cui all'articolo 2 ha luogo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima.

2. Il divieto di cui all'articolo 3, comma 4, lettera a), non si applica ai parlamentari eletti nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

Art. 13.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 

 

 


 

Discussione in Assemblea

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

300.

Seduta di MERCOLedì 21 GENNAIo 1998

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

MARIO CLEMENTE MASTELLA

indi

DEL VICEPRESIDENTE

ALFREDO BIONDI,

DEL PRESIDENTE

LUCIANO VIOLANTE

E DEI VICEPRESIDENTI

PIERLUIGI PETRINI

E LORENZO ACQUARONE

 

 


Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mammola ed altri; Lucchese ed altri; Pecoraro Scanio; Frattini; Veltri; Veltri ed altri; Veltri ed altri; Tremaglia e Fragalà; Piscitello ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni di corruzione (244-403-780- 1417-1628-2327-2576-2586-2610).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Mammola ed altri; Lucchese ed altri; Pecoraro Scanio; Frattini; Veltri; Veltri ed altri; Veltri ed altri; Tremaglia e Fragalà; Piscitello ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni di corruzione.

Ricordo che nella seduta del 15 gennaio scorso sono stati approvati gli articoli fino al 26, ad eccezione degli articoli 14, 15, 21, 22, 23 e 24, precedentemente accantonati.

 

(Seguito dell'esame dell'articolo 14 - A.C. 244)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 14 nel testo unificato della Commissione, e del complesso degli emendamenti ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 244 sezione 1).

Ricordo che di tali emendamenti nella seduta del 15 gennaio è stato votato soltanto l'emendamento Vitali 14.2.

Avverto inoltre che è stato presentato l'emendamento 14.6 della Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 244 sezione 1).

Chiedo al presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione se intenda aggiungere qualcosa.

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. Signor Presidente, il Comitato dei nove ha provveduto, con l'emendamento 14.6, a riformulare gli articoli 14 e 15. A me sembra che nel presentare la riformulazione adottata dal Comitato sia necessario procedere ad una precisazione in aula, perché da parte di alcuni colleghi, nel corso della discussione della precedente seduta, sono state avanzate critiche talvolta assai severe alla Commissione...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Meloni. Onorevole De Luca, si accomodi, per piacere. Onorevole Iacobellis, per cortesia, prenda posto. Colleghi, è ridicolo che debba chiamare tutti! Il collega Meloni non riesce a parlare per il chiasso che c'è!

Onorevole Paissan, la richiamo all'ordine per la prima volta!

Prego, presidente Meloni.

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. Come dicevo, si rende necessaria una precisazione nel presentare la nuova formulazione dell'articolo 14 perché, nella seduta di giovedì, sono state avanzate critiche assai severe in ordine alla formulazione che la Commissione aveva presentato, e queste critiche si sono manifestate non solo sul terreno politico ma anche su quello tecnico-giuridico. Su questo probabilmente è necessario fare un po' di chiarezza.

In sostanza, mi pare sia stato rimproverato alla Commissione di non essersi accorta dell'esistenza della Costituzione italiana, il che naturalmente pone qualche problema. Mi pare allora che debba essere chiarito che, per ciò che riguarda la materia regolamentare, la quale per taluni è materia che non può essere influenzata o determinata da norme ordinarie, abbiamo nel nostro ordinamento una serie di norme ordinarie che definiscono quale atteggiamento debbano tenere gli organi interni delle Camere, e conseguentemente i regolamenti, in relazione all'attuazione di determinate materie. Faccio per tutti l'esempio più recente, contenuto nell'articolo 1 della legge n. 448 del 15 luglio 1994, la quale appunto determina come gli organi interni della Camera debbano addirittura procedere all'approvazione di appositi regolamenti per l'attuazione della materia contenuta nella legge.

Per ciò che riguarda in particolare la materia della decadenza, vorrei richiamare il comma 10 dell'articolo 15 della legge n. 513 del 1993 (che, come tutti sanno, reca norme in materia di disciplina delle campagne elettorali), il quale recita testualmente: «Al fine della dichiarazione di decadenza il collegio di garanzia elettorale dà comunicazione dell'accertamento definitivo delle violazioni di cui ai commi 7, 8 e 9 al Presidente della Camera di appartenenza del parlamentare, la quale pronuncia la decadenza ai sensi del proprio regolamento». Come i colleghi ricorderanno, questa era esattamente la formulazione contenuta nel testo proposto dalla Commissione. Tuttavia, per fugare ogni dubbio in materia, la Commissione è pervenuta alla conclusione che è possibile eliminare nel testo della norma ogni riferimento al regolamento. La formulazione proposta a nome del Comitato dei nove elimina appunto ogni riferimento al regolamento.

Un'altra censura (in questo consisterebbe il clamoroso incidente sul piano costituzionale in cui sarebbe incorsa la Commissione) è che, come si è detto, con legge ordinaria non si può incidere sullo status del parlamentare. I colleghi sanno che ciò non è corrispondente alle regole del nostro ordinamento, né in generale né in materia di decadenza, perché dobbiamo attenerci in tale materia a quanto è disposto dall'articolo 65 della Costituzione, il quale dispone che l'incompatibilità o l'ineleggibilità dei parlamentari è stabilita con legge dello Stato. Vi è quindi un'apposita riserva di legge in questa materia. Poiché l'area complessiva della decadenza è riconducibile o alla ineleggibilità sopravvenuta o all'incompatibilità, come la giurisprudenza e la dottrina ormai concordi affermano, la censura di carattere costituzionale mi sembra cada.

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, onorevole Meloni. Colleghi, rischiamo di dover sospendere la seduta perché non è possibile lavorare in queste condizioni. Onorevole Ascierto, vuole prendere posto, per cortesia? Onorevole Targetti, prenda posto.

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. Mi sembra quindi, dicevo, che l'obiezione cada.

In sostanza, la questione deve essere ricondotta, come è giusto che sia, alla sua vera essenza, cioè ad una decisione politica se la sanzione che vogliamo stabilire nei confronti del parlamentare che ometta la dichiarazione o che renda una falsa dichiarazione debba essere o no la decadenza. Non vi è cioè nessuna ragione giuridica o legislativa ostativa a questa decisione, ma si tratta di assumere una decisione di carattere politico. Credo siano questi i termini corretti in cui la questione deve essere posta.

Nell'illustrare l'emendamento 14.6 della Commissione, chiarisco che il Comitato dei nove ha preferito mantenere l'ipotesi di decadenza in base al seguente ragionamento. Non solo non vi è alcun ostacolo di carattere costituzionale ma, avendo già approvato una larga parte della legge con la quale si stabilisce che si risolve il rapporto di lavoro dei dirigenti che dichiarino il falso, visto che la stessa cosa avviene persino riguardo ai professori universitari e che vi sono sanzioni di questo tipo che riguardano addirittura i magistrati, ci è sembrato del tutto inopportuno stabilire che la sanzione per i parlamentari sia diversa.

Voglio fare un'ultima osservazione. È vero che potremmo stabilire che il tipo di sanzione viene demandata al regolamento.

Tuttavia se facessimo questo staremmo dicendo, in forza dell'articolo 65 della Costituzione, che in nessun caso la sanzione può essere la decadenza. In nessun caso perché, appunto, lo vieta l'articolo 65.

Leggo la formulazione del primo comma poiché la restante parte dell'articolo rimane sostanzialmente identica: «La mancata presentazione delle dichiarazioni di cui all'articolo 12, nel termine prorogato ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della presente legge, nonché la presentazione di dichiarazioni palesemente infedeli da parte dei membri del Parlamento costituiscono causa di ineleggibilità sopravvenuta su cui delibera la Camera di appartenenza». Faccio osservare che questa formulazione consente alla Camera che deve deliberare di prendere in esame ogni aspetto per il quale si allega l'ineleggibilità sopravvenuta, e quindi contestarlo. Inoltre, niente vieta, arrivati a questo punto, posta nella legge questa formulazione, che intervengano i regolamenti anche al fine di graduare la sanzione o di definirne le procedure. Nulla lo vieta, purché però la legge contenga questa formulazione.

PRESIDENTE. Il Governo?

ERNESTO BETTINELLI, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica. Signor Presidente, signore deputate, signori deputati, il Governo è fermamente favorevole all'emendamento 14.6 della Commissione, appena illustrato dal presidente Meloni. Il ripetuto rifiuto da parte dei parlamentari di depositare presso la Camera di appartenenza le dichiarazioni relative alla propria situazione patrimoniale o la presentazione di dichiarazioni palesemente infondate costituiscono infatti un'inammissibile violazione dei doveri fondamentali di trasparenza, chiaramente desumibili dagli articoli 54 e 67 della nostra Costituzione.

La prima disposizione impone anche ai politici, non solo ai soggetti delle varie amministrazioni, di assolvere con disciplina ed onore alle pubbliche funzioni che vengono loro affidate con mandato elettorale, diretto o indiretto. L'espressione costituzionale, che costituisce un'endiadi, intende salvaguardare nei confronti dei cittadini l'immagine e la dignità anche delle massime istituzioni rappresentative e di Governo a cui i singoli sono chiamati pro tempore a partecipare.

La seconda disposizione, cioè l'articolo 67, quando proclama che ogni parlamentare rappresenta la nazione nel suo complesso, al di là delle diverse, ovvie appartenenze politiche o ideologiche, sottintende l'adesione comune ai valori minimi di convivenza, tra i quali vi è certamente quello di assolvere al mandato elettorale non per fini privati o per conseguire indebiti arricchimenti, ma esclusivamente per l'interesse della collettività, comunque tale interesse venga interpretato.

È pertanto del tutto ragionevole prevedere che le Camere possano deliberare l'ineleggibilità sopravvenuta di chi così clamorosamente volesse misconoscere i presupposti della posizione pubblica che ricopre per investitura popolare.

ENNIO PARRELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENNIO PARRELLI. Signor Presidente, colleghi, l'articolo, così come riformulato si presta ad alcune osservazioni. Vorrei innanzitutto chiarire una questione. Mi sembra che il sottosegretario sia incorso in un lapsus quando ha parlato di dichiarazione «palesemente infondata»; forse voleva dire «infedele».

ERNESTO BETTINELLI, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica. Sì.

ENNIO PARRELLI. Detto questo ritengo che l'espressione «palesemente infedele» sia un non senso, perché porta ad una valutazione discrezionale, per così dire visuale. Meglio sarebbe stato usare il termine «gravemente» infedele poiché ciò comporta una valutazione, ma non «ad occhio e croce», a seconda che si abbia vista più o meno acuta, ma riferita alla gravità del fatto. Inoltre, contrariamente a quel che ha illustrato il relatore, l'aver detto «costituiscono causa di ineleggibilità sopravvenuta» non consente alcuna graduazione; è una sanzione secca, pura e semplice, non vi è altra scelta. A meno che, anziché dire «costituiscono causa di ineleggibilità», non si dica «possono costituire causa di ineleggibilità», nel qual caso si lascia uno spiraglio alla graduazione e alla valutazione. Del resto, sul fatto che si debbano graduare le sanzioni alla gravità della - ripeto - infedeltà nella dichiarazione non credo possano sorgere dubbi.

Di per sé, il testo così come è formulato a me sembra peraltro veramente un po' «mostruoso», nel senso di singolarità, in quanto il fatto successivo ad un'elezione non può, a mio avviso, retroagire, determinando la ineleggibilità, che presuppone una causa anteriore. Il caso non è assimilabile, come ho sentito dire, a quello che accade per i sindaci, essendo ben diversa la posizione di sindaco e quella di deputato, per ovvie ragioni fattuali sulle quali mi sembra superfluo soffermarmi.

Viceversa, forse la Commissione avrebbe potuto prevedere un altro tipo di sanzione, ad esempio la sospensione. In ogni modo, qualora venisse accolta la formulazione da me suggerita, cioè «possono costituire causa di ineleggibilità», si avrebbe quella graduazione, almeno come attenuazione ed esercizio di un potere discrezionale che è riservato ad una valutazione politica di quest'Assemblea.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Naturalmente, confido sul fatto che su questa proposta della Commissione, come su tutta questa materia, ci sia la possibilità di un confronto sereno, non pregiudiziale, non ideologico, posto che tutti i gruppi credo condividano gli obiettivi e le finalità tanto della Commissione quanto della legge che stiamo per votare.

Da questo punto di vista, a me pare che l'emendamento che la Commissione sottopone al voto dell'Assemblea difetti sotto parecchi aspetti di quelli che dovrebbero essere i requisiti essenziali di coerenza con il nostro ordinamento.

Il comma 1 dell'articolo - lo dico per chiarezza all'Assemblea - prevede che: «la mancata presentazione delle dichiarazioni patrimoniali, nonché la presentazione di dichiarazioni palesemente infedeli costituiscono causa di ineleggibilità sopravvenuta». Ed è proprio su questo che ci dobbiamo soffermare perché, a mio giudizio, Presidente, possono anche esistere - rispetto a quel che diceva l'onorevole Parrelli - alcuni profili per i quali non possono costituire causa di ineleggibilità. È vero, presidente Meloni, che l'articolo 65 della Costituzione rimette alla legge la individuazione delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità. Naturalmente - questo emerge anche dai lavori dell'Assemblea costituente - quando fu fatta la scelta di non elencare le cause di ineleggibilità si aveva perfettamente chiara qual era la ratio dell'articolo 65 e della ineleggibilità stessa, presupponendosi per tale la mancanza di uno dei requisiti necessari all'atto dell'elezione, per cui devono esistere dei requisiti oggettivi e soggettivi, che la legge individua, la cui assenza determina causa di ineleggibilità. I requisiti sono quelli dei diritti elettorali o dell'età o altri che effettivamente la legge ha individuato. Con quale spirito - costante da parte di tutte le leggi che hanno regolato la materia - sono stati individuati? Con lo spirito di individuare quelle ragioni, quelle funzioni, quei ruoli, quelle professioni che, detenute all'atto della candidatura, potessero rappresentare un ingiusto vantaggio del candidato detentore di quelle funzioni, di quei ruoli, di quelle professioni, rispetto ad altri candidati. Questa è stata la ratio costante di applicazione dell'articolo 65 della Costituzione rispetto alle cause di ineleggibilità.

Non sfugge a questa ratio la citata legge n. 513, perché è vero che essa fa riferimento alla decadenza, ma è stata inserita nel nostro ordinamento ed è, a mio giudizio, coerente con esso, perché introduce un elemento che è presente all'atto della candidatura e che indubbiamente può influenzare nel senso della disparità della competizione elettorale. Se vi è un limite di 100 milioni come spesa elettorale, per tutti i candidati e si accerta successivamente, anche da parte di un altro organismo, che quel limite è stato superato in maniera rilevante (ad esempio sono stati spesi 500 o 800 milioni o un miliardo di lire), poiché quello era un requisito precedente alla candidatura e l'aver superato quel limite ha determinato un ingiusto vantaggio a favore di uno dei due candidati, è giusto che possa intervenire una ragione che viene equiparata alle cause di ineleggibilità.

Così non è, colleghi, e così mi pare non possa essere per un evento anche molto grave per il quale occorre trovare la sanzione. Parlo della successiva presentazione (successiva alle elezioni: uno, due o tre anni dopo) o della mancata presentazione della dichiarazione patrimoniale o della dichiarazione palesemente infedele. Un atto questo, ripeto, gravissimo e censurabile da parte dei parlamentari ma che non è in alcun modo equiparabile ad una delle cause di ineleggibilità. Queste ultime infatti «riconoscono» oggettivamente e soggettivamente requisiti che devono essere presenti all'atto della candidatura; possono essere cause di ineleggibilità solo quelle che alterano il confronto elettorale e che creano disparità.

Presidente Meloni, ho la sensazione che era possibile e che forse lo è ancora trovare delle efficaci ed importanti sanzioni alla mancata presentazione della dichiarazione patrimoniale o alla dichiarazione palesemente infedele, rimettendo l'individuazione di queste sanzioni al regolamento o all'Ufficio di Presidenza della Camera. Potrebbero essere sanzioni in ordine alla pubblicità o anche sanzioni più elevate, che rientrano nella competenza dell'Ufficio di Presidenza (l'esclusione, ad esempio, da un certo numero di sedute o sanzioni pecuniarie).

Ciò che la Commissione ha inteso fare è proprio quello che a mio giudizio non può essere fatto. Tra tutte queste ipotesi di sanzioni la Commissione ha scelto l'ineleggibilità sopravvenuta (in ordine alla quale farò poi altre considerazioni) perché vuole fare quell'unica cosa che non è possibile fare in termini di regolamento, di Ufficio di Presidenza, e che a mio avviso non è compatibile con l'ordinamento, ossia la decadenza.

Presidente, a questo punto credo che all'Assemblea restino diverse strade. Vi è innanzitutto l'emendamento Garra 14.1, soppressivo del comma 1, che potrebbe intendersi riferito al nuovo testo e quindi diventare un subemendamento all'emendamento 14.6 della Commissione. Questa, diciamo così, è una strada radicale, che elimina questa ipotesi di ineleggibilità sopravvenuta che, tra l'altro, confligge anche con la costante dottrina parlamentare. Cosa accade (non quando dopo l'elezione si scopre che veniva meno, precedentemente all'elezione, uno dei requisiti), quando successivamente all'elezione si scopre che era venuto meno in quel momento uno dei requisiti, ovvero quando, successivamente all'elezione, il deputato ricopre un incarico che, se ri coperto originariamente, sarebbe stato motivo di ineleggibilità? L'ineleggibilità sopravvenuta, per costante giurisprudenza parlamentare, la si equipara, in quel caso, all'incompatibilità; ossia si dà al deputato di rimediare, di optare. Anche volendo impropriamente collocare questa fattispecie nell'ambito della equiparazione con le cause di ineleggibilità sopravvenuta (il che non è in alcun modo possibile) bisognava allora collocarla all'interno delle incompatibilità per cui è previsto per il deputato interessato o di ripresentare - in questo caso - la corretta dichiarazione patrimoniale o di presentarla del tutto, qualora non l'abbia fatto prima.

Qui si vuole invece «istituire» una interpretazione delle cause di ineleggibilità sopravvenute che non è nemmeno coerente con quella che è l'attuale e reale disciplina dei casi di ineleggibilità sopravvenute che vengono equiparate alle incompatibilità.

Non vorrei che il vero risultato che la Commissione rischia di conseguire sia la soppressione e quindi l'assenza di una sanzione per chi vuole restare ad un principio che capisco possa essere anche emblematico da rappresentare all'Assemblea e all'opinione pubblica ma che ripeto non è corrispondente al nostro ordinamento (e ci dovremmo tenner tutti a mantenere questa rispondenza delle leggi che approviamo con i principi fondamentali del nostro ordinamento), mentre sarebbe possibile introdurre delle sanzioni che, lo ripeto, possono essere ugualmente efficaci, ugualmente sanzionatorie nei confronti di un rappresentante del popolo pur rientrando nei canoni generali del nostro ordinamento e dello Stato di diritto.

Per tali ragioni invito la Commissione a rivedere il suo emendamento 14.6, altrimenti dovremo valutare l'ipotesi di votare l'emendamento Garra 14.1 come subemendamento soppressivo del comma 1.

PRESIDENTE. Onorevole Vito, a nome del gruppo di forza Italia, intende sottoscrivere l'emendamento in questione?

ELIO VITO. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Vito, pertanto l'emendamento Garra 14.1, che ella ha sottoscritto, si intende riferito all'emendamento 14.6 della Commissione e diviene il subemendamento Garra 0.14.6.1, (vedi l'Allegato A - A.C. 244 sezione 1).

Passiamo dunque alla votazione del subemendamento Garra 0.14.6.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia.

Onorevole Boccia, il suo gruppo avrebbe terminato il tempo a disposizione, ma per consentirle di parlare le permetto di utilizzare il tempo destinato agli interventi a titolo personale.

Ha facoltà di parlare.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, credo che la Commissione possa ancora salvare il testo del suo emendamento 14.6, apportando delle correzioni minime.

L'avverbio «palesemente» contenuto nel primo comma tende a chiarire che non si deve trattare di un errore materiale o di una distrazione, essendo chiaro che un membro del Parlamento non può essere dichiarato decaduto perché, per distrazione, ha reso una dichiarazione infedele. Ebbene, se si sostituisce l'avverbio «palesemente» con «dolosamente» o con un altro termine che chiarisca tale concetto, oppure se si accoglie l'osservazione dell'onorevole Vito che propone di invitare il soggetto interessato a correggere la sua dichiarazione, credo si possa risolvere la questione. Quindi, propongo di sostituire l'avverbio «palesemente» con «dolosamente», per indicare che c'è la volontà di dichiarare il falso, oppure suggerisco di dare al parlamentare la possibilità di correggere una sua dichiarazione che eventualmente risultasse non corretta.

Per quanto riguarda la causa di ineleggibilità sopravvenuta, vorrei fosse chiaro ai colleghi che stiamo parlando di una circostanza in cui il collega o non presenta la dichiarazione o la presenta infedele con dolo. In questo caso la sanzione deve essere gravissima. Capisco che l'onorevole Vito sollevi delle eccezioni dal punto di vista del diritto, ma noi dobbiamo in ogni caso trovare una sanzione molto forte. Se eliminiamo la causa di ineleggibilità sopravvenuta, perché condivido le osservazioni che sono state avanzate, senza rinviare ad alcun regolamento né lasciare spazio ad alcuna discrezionalità nemmeno da parte dell'Ufficio di Presidenza della Camera, ma prevedendo nella legge la sanzione, possiamo stabilire che la sanzione consista nella sospensione dell'indennità; a me pare che questa sia una sanzione molto grave.

Si potrebbe quindi dire che tali violazioni costituiscono causa di sospensione dell'indennità. Ciò potrebbe essere stabilito senza neanche rinviare ad una delibera della Camera, perché un membro del Parlamento deve sapere che, nel caso in cui non presenta la dichiarazione o ne presenta una che non è fedele, è prevista la sospensione dell'indennità, senza fare troppe discussioni.

Devo dire al rappresentante del Governo che sul comma 2 mi sarei aspettato un atteggiamento rigoroso. Infatti, mi sembra un po' labile prevedere la semplice comunicazione al Parlamento per quanto attiene ad una violazione fosse posta in essere dal Presidente del Consiglio dei ministri. Bisogna invece prevedere che tale comunicazione ha valore di mozione di sfiducia, perché un Presidente del Consiglio che non presenta la dichiarazione o presenta dichiarazioni infedeli deve essere mandato a casa. Quindi, così come un qualsiasi deputato deve ricevere una sanzione molto forte, una semplice comunicazione non può rappresentare la sanzione prevista per il Presidente del Consiglio; occorre la conseguente previsione che tale comunicazione ha valore di mozione di sfiducia.

Come ho già avuto modo di dire al presidente della Commissione, al comma 3 ci deve essere un errore materiale, che segnalo anche al Presidente della Camere. Infatti, dopo la parola «delibera» è sfuggito qualcosa. Che cosa si delibera? Non si può non specificare che cosa si delibera; mi sembra proprio un errore materiale. Pertanto propongo in questa sede, ma credo fosse questo il senso della norma, che si deliberi la revoca dell'incarico. Quindi, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, delibera la revoca dall'incarico; altrimenti non si capisce che cosa si deliberi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miraglia Del Giudice. Ne ha facoltà.

NICOLA MIRAGLIA DEL GIUDICE. Signor Presidente, l'articolo 14 sicuramente desta non poche perplessità, innanzi tutto per quanto ha ricordato poc'anzi il collega Boccia, e cioè per la presentazione delle dichiarazioni dolosamente infedeli. Infatti sarebbe quanto mai difficile, con una valutazione circa la sussistenza dell'elemento doloso o colposo nella presentazione delle dichiarazioni, individuare l'elemento psicologico.

Il problema però non riguarda solo il dolo, perché una dichiarazione palesemente infedele sottintende necessariamente l'elemento psicologico doloso, ma sulle conseguenze di questa presentazione non condivido l'orientamento della Commissione. Le cause di ineleggibilità, come ha sostenuto anche il collega Vito, presidente della Giunta delle elezioni, riguardano essenzialmente, tenuto conto dell'articolo della Costituzione che le disciplina, cause presenti al momento della elezione alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica, cause cioè che riguardano la possibilità che un candidato, per determinate sue pregresse attività, possa avere un trattamento di favore rispetto ad altro candidato del medesimo collegio elettorale.

Ipotesi di ineleggibilità assoluta sono previste in astratto ma non in concreto e non sono d'accordo con il collega Vito quando parla di incompatibilità. Quella indicata non è una causa di incompatibilità e non si può optare per presentare una dichiarazione fedele e mantenere la carica di deputato, perché si tratterebbe di una situazione che suscita perplessità. Dovremmo dunque incidere sulla sanzione della omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o della dichiarazione palesemente infedele.

Fermo restando che non è possibile parlare di cause di ineleggibilità, perché esse attengono al momento della elezione, o di incompatibilità, perché non ricade neppure in questa fattispecie, ritengo che sia possibile prevedere una sanzione pecuniaria molto elevata e la pubblicazione sui maggiori quotidiani del comportamento deontologicamente non corretto posto in essere dal deputato. Dobbiamo fermarci a questo perché per parlare di cause di ineleggibilità forse si dovrebbe pensare ad un accertamento posto in essere da una commissione di garanzia, cioè da persone estranee al Parlamento che potrebbero dichiarare ineleggibile un deputato solo per favorire determinate persone.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, come ebbi occasione di dire in sede di discussione generale, nutro qualche perplessità ed imbarazzo nel parlare di questo argomento perché, come dissi allora, il termine «corruzione» è una parola magica, nel senso che chiunque esprime riserve viene tacciato di voler favorire i corrotti o peggio, avendo l'aggravante di essere parlamentare e di parlare - così sembra - nel proprio interesse, di rimanere coinvolto nella corruzione parlamentare, ove vi fosse. Parlarne oggi suscita maggiore imbarazzo perché tutti abbiamo letto sui giornali le reazioni al libero voto espresso dalla Camera dei deputati, confondendo una prerogativa dello Stato con un anomalo privilegio che urterebbe contro l'uguaglianza dei cittadini. Tuttavia la gravità delle sanzioni e delle sviste della Commissione e del Comitato non può indurmi a tacere.

Mi associo alle parole del collega Parrelli circa la finzione regolamentare e giuridica della ineleggibilità sopravvenuta, che è un termine usato soltanto per non poter utilizzare, accorgendosi dell'eccesso, il termine «decadenza». Poiché la Costituzione fa riferimento, quanto alla legge ordinaria, soltanto alla ineleggibilità (non parliamo di incompatibilità perché sarebbe fuori luogo in questa sede), si è pensato di ricorrere a questa finzione della ineleggibilità (momento anteriore) che diventa sopravvenuta (momento posteriore): un vero e proprio mostro costituzionale, giuridico e regolamentare.

Questo basterebbe per dire che il riferimento alla ineleggibilità deve essere cancellato dal testo.

Ma vi è un qualcosa di più, sul quale richiamiamo l'attenzione dell'Assemblea (vi ha fatto riferimento poco fa il collega Miraglia Del Giudice).

Che cosa dice il testo dell'emendamento in esame? Esso così recita testualmente al comma 1: «(...) nonché la presentazione di dichiarazioni palesemente infedeli da parte dei membri del Parlamento (...)». Nella sostanza il testo dell'emendamento 14.6 della Commissione stabilisce due corsie, una delle quali è quella dell'omissione della dichiarazione. Il deputato viene avvertito che ha omesso di presentarla; viene invitato ad ottemperare e dopo scatta il procedimento.

Per le «dichiarazioni palesemente infedeli», vi è una corsia sola, che è la seguente: accertato che la dichiarazione è infedele, scatterebbe - secondo il testo - la ineleggibilità a membro del Parlamento, senza che nemmeno il deputato sia - adoperiamo questo termine - «messo in mora» per correggere.

Ma la cosa più grave è che non ci si renda conto che una disposizione così drastica travolge e coinvolge l'omissione dolosa e l'omissione colposa. Se un deputato ha omesso di dichiarare, ad esempio, la sua autovettura di grossa cilindrata, si tratterebbe di un'omissione palese...

PRESIDENTE. Onorevole Romani, per cortesia, sta parlando alle sue spalle l'onorevole Anedda!

Prosegua pure, onorevole Anedda.

GIAN FRANCO ANEDDA. ... e per la grossa cilindrata, sarebbe un'omissione grave; per questa omissione del tutto colposa, cioè contro la volontà, dovrebbe scattare invece la sanzione della ineleggibilità con ciò che abbiamo detto!

Mi pare che la Commissione abbia tentato di far quadrare un cerchio che non può essere ridotto a quadrato, perché occorre rinunciare a stabilire che, per una qualunque dichiarazione di legge ordinaria o, peggio, per una manifestazione di volontà - che può essere politica - di un'Assemblea legislativa, un membro di questa decada dalla sua funzione, che è di investitura popolare ed elettorale. Questo è il nodo del problema!

Diciamo, allora: sanzioni, certo; sanzioni rigorose, certissimo; sanzioni dure, indubbiamente, ma non parliamo di decadenza!

Ma la gravità della distorsione del testo oggi proposto dalla Commissione è ancora più palese allorquando la stessa ha tentato di sanare le differenze tra un membro del Governo ed un rappresentante del Parlamento, non potendo la Commissione o la legge intervenire sulla composizione del Governo. Ed allora abbiamo che una dichiarazione colposamente infedele di un parlamentare provocherebbe non la graduazione della sanzione medesima, ma la ineleggibilità, rectius, la decadenza; mentre l'omissione altrettanto infedele di un membro del Governo, del Presidente del Consiglio, porterebbe a quel flatus vocis, che è una comunicazione dei Presidenti dell'Assemblea alle rispettive assemblee.

La conseguenza qual è? A fronte di una sanzione che travolge un mandato popolare, per un Presidente del Consiglio - una figura molto più alta ed investita di maggiori responsabilità - si prevede una semplice annunciazione verbale all'Assemblea.

Alla luce di tali considerazioni, occorre pertanto - così come è stato detto - che la Commissione e il Comitato dei nove rivedano il complesso di questa norma stabilendo - se credono - sanzioni e proponendo modifiche regolamentari che sono necessarie. Nel regolamento della Camera, infatti, non vi è alcuna norma che consenta di intervenire con sanzioni in relazione a questo oggetto. E le Camere, le Assemblee vivono in funzione del loro regolamento. Quindi, in mancanza della norma, non vi può essere atto dispositivo. Da qui la necessità e l'invocazione alla Commissione di modificare l'emendamento. Da parte nostra, abbiamo formulato un subemendamento per salvare il salvabile. Occorre tuttavia che la Commissione si renda conto del terreno minato sul quale ha messo i piedi e rifletta con calma e senza fretta al fine di trovare una soluzione più accettabile (Applausi dei deputati dei gruppi di alleanza nazionale e di forza Italia).

VINCENZO FRAGALÀ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, per il gruppo di alleanza nazionale ha appena preso la parola l'onorevole Anedda. Se vuole, però, può utilizzare il tempo a titolo personale.

VINCENZO FRAGALÀ. Va bene, Presidente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, onorevole Fragalà.

VINCENZO FRAGALÀ. Signor Presidente, signori deputati, faccio mie le indicazioni ed i suggerimenti che sono venuti nel dibattito in aula dagli onorevoli Anedda e Vito, nonché da altri illustri colleghi, in merito agli aspetti che a nostro avviso rendono il primo comma della proposta della Commissione assolutamente non approvabile. La norma contiene infatti aspetti che - come è stato detto - ledono la nostra architettura ordinamentale e costituzionale. Nel concreto, infatti, si fa passare per ineleggibilità sopravvenuta quella che è una decadenza, contravvenendo così alle indicazioni normative sulle cause di ineleggibilità.

A mio avviso, signor Presidente, signori deputati, vi è un'assoluta sproporzione fra le sanzioni previste nei commi 1 e 2 della proposta della Commissione, soprattutto se consideriamo che l'erroneità o l'omissione nell'ambito delle dichiarazioni patrimoniali dei parlamentari sono punite in maniera molto più dura anche nel caso di pretesi illeciti assolutamente colposi; si passa infatti dall'elisione del mandato popolare per i parlamentari alla semplice comunicazione nel caso di membri del Governo. Sul piano della tecnica giuridica, inoltre, la dizione «palesemente infedeli» comporta gravi distorsioni sul piano interpretativo.

Il gruppo al quale appartengo ritiene sia possibile superare le evidenti incongruenze contenute nei due commi richiamati attraverso una riformulazione del testo. A tal fine annuncio la presentazione di un subemendamento tendente ad individuare - a fronte di un illecito, un'omissione, un errore colposo o incolpevole - la sanzione dell'invio della documentazione alle Camere di appartenenza ai fini di una deliberazione adottata ai sensi dei regolamenti parlamentari vigenti.

Intendiamo così rispondere alle osservazioni manifestate dai rappresentanti dei diversi gruppi. La sanzione non può essere determinata né con la mistificazione di una illegittimità sopravvenuta, che invece è una vera e propria decadenza, né, ancora peggio, attraverso l'indicazione di una decadenza che andrebbe a contraddire tutta l'architettura costituzionale ed ordinamentale del nostro Stato.

Per questi motivi potremmo - anche previa consultazione dei componenti la Commissione - giungere alla conclusione che, sulla base dell'indicazione normativa, mi sono permesso di sottoporre alla vostra valutazione con la presentazione di un subemendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, potrebbe leggere il testo di questo subemendamento?

VINCENZO FRAGALÀ. Presidente, il testo del subemendamento, di cui è primo firmatario l'onorevole Tatarella, è il seguente: «Sostituire il comma 1 con il seguente: 'La mancata presentazione delle dichiarazioni di cui all'articolo 12 nel termine prorogato ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della presente legge, nonché la presentazione di dichiarazioni gravemente infedeli'» - qui vi è la differenza tra palesemente e gravemente - «'da parte dei membri del Parlamento sono sottoposte all'esame delle Camere di appartenenza perché deliberino ai sensi del proprio regolamento'».

Questa è la proposta, signor Presidente.

PRESIDENTE. Avverto pertanto che è stato presentato il subemendamento Tatarella 0.14.6.2 (vedi l'allegato A - A.C. 244 sezione 1).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Presidente, desidero chiarire, anche a nome del mio gruppo, che le valutazioni giuridiche qui esposte autorevolmente dai colleghi Anedda, Vito e Boccia, in realtà tendono a portare la discussione su un piano tecnico, mentre per la verità il problema è esclusivamente e squisitamente di natura politica. Noi dovremmo cioè decidere se rispetto a questi comportamenti gravi, posti in essere dal deputato, ovvero alla infedele dichiarazione della propria situazione patrimoniale, la sanzione - ripeto, di fronte a comportamenti gravi - debba essere o meno la decadenza. Sulla legittimità di tale sanzione personalmente non ho dubbio alcuno. È sempre utile e stimolante confrontarsi con colleghi bravi ed il collega Anedda sa quanta stima abbia di lui, gliel'ho confermata pubblicamente più volte in questa aula. Tuttavia voglio ricordare al collega Anedda - che è un po' più anziano di me - che in questa aula, nel 1993, ha votato la legge n. 515; ha dunque votato una sanzione di decadenza, da deliberare da parte della Camera, in presenza del mancato deposito, nel termine previsto, della dichiarazione indicata dalla legge. Non stiamo parlando di dichiarazioni infedeli, bensì meramente e semplicemente dell'omesso deposito di quella dichiarazione. È chiaro che tale deposito interviene in presenza di una proclamazione dell'eletto. Questa è la situazione giuridica che - ripeto - il collega Anedda ha votato come tanti altri colleghi oggi presenti in questa aula.

Torniamo allora al problema politico: vogliamo o meno questa sanzione? Personalmente ritengo che essa sia congrua in riferimento alla gravità del comportamento che abbiamo descritto. In ogni caso, preciso che la valutazione che sto esprimendo è quella del gruppo che rappresento.

Rispetto alle obiezioni che il collega Anedda sollevava sul comma 2, ricordo bene che abbiamo valutato insieme la questione nel corso dei lavori in Commissione e proprio ascoltando le opportune considerazioni del collega Anedda siamo pervenuti a questa soluzione. Infatti, sarebbe stato inimmaginabile che il Parlamento - o la Camera dei deputati - potesse in qualche modo minare la posizione del Presidente del Consiglio o dei ministri, se non altro perché le Camere esprimono la fiducia al Presidente del Consiglio ed ai ministri. Pertanto, non avremmo mai potuto costruire un regime sanzionatorio diverso da quello che abbiamo ipotizzato, che comunque, attesa la rilevanza delle cariche, è un regime di sanzione «politica» - possiamo chiamarla così - di estrema rilevanza.

Mi appare infatti evidente - e concludo - che, rispetto ad un'omissione grave di questo tipo, posta in essere dal Presidente del Consiglio, le conseguenze politiche sarebbero estremamente diverse e molto più gravi rispetto allo stesso comportamento adottato da un semplice parlamentare.

Di conseguenza, confermo la nostra preferenza politica per la soluzione che è stata prospettata dalla Commissione. Come ipotesi subordinata, come cerchio concentrico che viene comunque ricompreso in quello più ampio, che noi, lo ripeto, preferiamo, valuteremo quale voto esprimere tra poco sul subemendamento presentato dai colleghi Tatarella e Fragalà. Personalmente, mi sento di proporre al mio gruppo, per le ragioni che ho esposto, un voto di astensione su quel subemendamento.

ELIO VELTRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Veltri, per il suo gruppo ha parlato testé il collega Bonito. Intende fare una dichiarazione a titolo personale? Lei fa parte del Comitato dei nove...

ELIO VELTRI. Presidente, intendo intervenire per dichiarazione di voto sul subemendamento presentato dagli onorevoli Tatarella e Fragalà.

PRESIDENTE. Allora interverrà quando passeremo all'esame di quel subemendamento.

Qual è il parere della Commissione sui subemendamenti presentati?

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. La Commissione è favorevole al proprio testo.

PRESIDENTE. Onorevole Meloni, deve esprimere il parere della Commissione sul subemendamento Garra 0.14.6.1, soppressivo del comma 1 dell'emendamento 14.6, della Commissione, nonché sul subemendamento Tatarella 0.14.6.2.

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. La Commissione mantiene il proprio testo ed esprime parere contrario sul subemendamento Garra 0.14.6.1, nonché sul subemendamento Tatarella 0.14.6.2. Credo che qui vi sia un problema politico rispetto al quale ognuno si assume le sue responsabilità.

PRESIDENTE. Il Governo?

ERNESTO BETTINELLI, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garra. Ne ha facoltà.

GIACOMO GARRA. Signor Presidente, l'intransigenza testé manifestata dal presidente della Commissione mi induce a tener fermo il mio subemendamento. Avrei trovato ragionevole la soluzione proposta con il subemendamento Tatarella 0.14.6.2, ma mentre da parte del rappresentante del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo, con il preannuncio di un voto di astensione, vi è stata una qualche apertura nei confronti del subemendamento Tatarella, da parte del Comitato dei nove non è venuta nessuna soluzione improntata alla ragionevolezza ed al rispetto dell'ordinamento costituzionale.

Sono pertanto dispiaciuto di dover mantenere un subemendamento il cui accoglimento ci priverebbe, oltre tutto, della possibilità di votare la soluzione avanzata dagli onorevoli Tatarella e Fragalà che a me era parsa ragionevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Garra 0.14.6.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

 

Presenti 490

Votanti 431

Astenuti 59

Maggioranza 216

Hanno votato 196

Hanno votato no 235

(La Camera respinge - Vedi votazioni).

 

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, vorrei segnalare che nella precedente votazione il dispositivo di voto della mia postazione non ha funzionato.

ALBERTO GAGLIARDI. Signor Presidente, anch'io vorrei segnalare che nella votazione che si è svolta poco fa era mia intenzione esprimere voto favorevole.

PRESIDENTE. Colleghi, prendo atto delle vostre precisazioni.

Passiamo alla votazione del subemendamento Tatarella 0.14.6.2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Veltri. Ne ha facoltà.

ELIO VELTRI. Signor Presidente, condivido le argomentazioni addotte dal collega Bonito, ma desidero integrare le ragioni del mio voto contrario. Oltre alle considerazioni politiche, vi è un motivo fondamentale, quello di equità.

Vorrei ricordare alla Camera che abbiamo già approvato una norma che prevede la decadenza dall'incarico dei manager pubblici che dovessero presentare dichiarazioni infedeli o non presentarle. Abbiamo altresì previsto la risoluzione del rapporto di lavoro per i magistrati, i dirigenti pubblici, i professori universitari ed i membri degli organi di autogoverno delle magistrature che dovessero avere un rapporto di lavoro pubblico, nel caso in cui dovessero presentare una dichiarazione infedele o non la presentassero affatto. Conseguentemente si determinerebbe una sperequazione enorme tra il trattamento che riserviamo ai parlamentari e quello che abbiamo riservato a tutti gli altri soggetti ai quali ho fatto riferimento. Per queste ragioni esprimerò un voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Maggi. Ne ha facoltà.

ROCCO MAGGI. Presidente, desidero semplicemente dichiarare a titolo personale che esprimerò un voto favorevole sul subemendamento Tatarella 0.14.6.2.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

TULLIO GRIMALDI. Presidente, i deputati del mio gruppo non possono votare a favore del subemendamento al nostro esame e vorrei spiegarne brevemente le ragioni.

Siamo al nodo politico della questione: è in discussione l'infedeltà di una dichiarazione ed infedeltà significa che la dichiarazione è volutamente infedele, non potendosi trattare di una omissione colposa: quando si parla di infedeltà si fa riferimento ad una dichiarazione volta a nascondere la reale situazione patrimoniale.

Nel momento in cui si auspica una lotta seria all'evasione fiscale verso la trasparenza, mi sembra che dimostrare che i parlamentari vogliono sottrarsi alle più elementari regole di correttezza sarebbe un segnale assolutamente negativo per i cittadini (e già ne abbiamo dato qualcuno ieri: non vorrei che lo facessimo anche oggi!).

Questo articolo 14 probabilmente andrebbe formulato meglio anche dal punto di vista della forma (ho già sollevato il problema), ma è importante dare un segnale politico: in questo momento è inammissibile che i parlamentari ritengano di essere dei privilegiati rispetto ai comuni cittadini e di potersi comportare diversamente.

Voglio anche aggiungere - lo ha già detto il presidente della Commissione - che non è assolutamente inconcepibile introdurre con legge ordinaria una decadenza o una causa di ineleggibilità sopravvenuta per fatti di tale gravità. E mi riferisco alla circostanza che il parlamentare, eletto dal popolo, si sottragga al più elementare dovere, quello di rendere conto della propria situazione patrimoniale.

Quindi, il nostro gruppo voterà contro il subemendamento, che vanifica completamente il testo di questa norma, mentre invece voteremo a favore del mantenimento dell'emendamento della Commissione (Applausi dei deputati del gruppo di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guerra. Ne ha facoltà.

MAURO GUERRA. Signor Presidente, abbiamo ascoltato e riteniamo assolutamente convincenti le argomentazioni addotte nel suo precedente intervento dal collega Bonito e dal gruppo della sinistra democratica, e per tali ragioni voteremo contro il subemendamento e successivamente per il mantenimento del testo proposto dalla Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

SERGIO COLA. Signor Presidente, si è detto che ci troviamo di fronte ad una situazione di carattere politico e non giuridico; mi chiedo allora se violare la Costituzione sia una questione di carattere politico o giuridico, e se, attraverso una fictio, arrivare a soluzioni che contrastano manifestamente con la Costituzione sia o meno legittimo.

Quando l'onorevole Bonito ha fatto riferimento all'adesione del collega Anedda attraverso il voto favorevole, all'approvazione della legge n. 515, ha fatto un'osservazione che per la verità non lascia alcun segno; se si è errato una volta attraverso l'introduzione non consentita della decadenza, dobbiamo errare ancora una volta, di fronte al dettato dell'articolo 65 della Costituzione? Allora il quesito che io pongo e che naturalmente è a sostegno del subemendamento Tatarella è il seguente: è vero che ci troviamo di fronte ad una situazione manifestamente legittima sotto il profilo giuridico, e poiché questa questione concerne la Costituzione, cui noi facciamo sempre richiamo, ritengo che non possiamo discostarci dal rispetto della Costituzione, ancorché per motivi di carattere politico.

FABIO DI CAPUA. Chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO DI CAPUA. Signor Presidente, non ho ben capito la posizione del mio gruppo, se sia o meno confermato un voto di astensione sul subemendamento.

PRESIDENTE. L'onorevole Guerra ha parlato a nome del gruppo dichiarandosi contro il subemendamento.

FABIO DI CAPUA. Quindi, la posizione del gruppo è contro il subemendamento.

PRESIDENTE. Questo mi è stato riferito.

FABIO DI CAPUA. Sta bene. Confermo questa posizione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Tatarella 0.14.6.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

 

Presenti 489

Votanti 463

Astenuti 26

Maggioranza 232

Hanno votato 215

Hanno votato no 248

(La Camera respinge - Vedi votazioni).

 

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 14.6 della Commissione interamente sostitutivo degli articoli 14 e 15, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

 

Presenti 477

Votanti 384

Astenuti 93

Maggioranza 193

Hanno votato 251

Hanno votato no 133

(La Camera approva - Vedi votazioni).

 

Colleghi, essendo stato votato l'emendamento 14.6 della Commissione, sostitutivo degli articoli 14 e 15, sono così preclusi i restanti emendamenti agli articoli 14 e 15 e si procederà direttamente all'esame dell'articolo 21 (per l'articolo 15 e gli emendamenti ad esso presentati vedi l'allegato A - A.C. 244 sezione 2).

 

(Stralcio degli articoli 21, 22, 23 e 24 - A.C. 244)

 

PRESIDENTE. Dobbiamo ora passare all'esame dell'articolo 21, nel testo unificato della Commissione.

MARIANNA LI CALZI, Relatore per i capi II e III. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIANNA LI CALZI, Relatore per i capi II e III. Signor Presidente, colleghi, per quanto riguarda il capo III della presente proposta, la Commissione aveva elaborato una proposta organica intesa a porre in essere norme efficaci per prevenire la corruzione e assicurare la più indiscutibile correttezza all'attività legislativa e alla pubblica amministrazione, nonché la massima trasparenza all'attività politica.

Il comitato dei saggi, che ha preceduto il lavoro della Commissione, con un sistematico studio dei problemi che si pongono in materia di corruzione, aveva tra l'altro indicato nelle attività delle cosiddette lobby...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Li Calzi. Colleghi, vi prego di non allontanarvi perché dobbiamo procedere ancora ad un paio di votazioni; poi sospenderemo fino alle 16, perché alle 15 avrà luogo il question time.

MARIANNA LI CALZI, Relatore per i capi II e III. Il comitato dei saggi, come dicevo, aveva indicato nelle attività delle cosiddette lobby un punto nodale e delicato, meritevole di attenzione. Lo stesso comitato non si era nascosto la difficoltà di intervenire con una normativa in materia assai complessa, da alcuni ingiustificatamente vista con sospetto quasi di natura intrinsecamente illecita, e perciò irredimibile, quando invece essa non è, per propria natura, illecita e può per alcuni versi risultare persino necessaria quando i pubblici poteri sono chiamati ad assumere, ad esempio, decisioni ad alto tasso tecnico.

La disciplina in materia di attività di relazione elaborata dalla Commissione è stata ispirata proprio da questa indicazione. Non si sono criminalizzate le attività di relazione; al contrario, per il solo fatto di farle emergere, si connotavano le stesse non solo come lecite, ma anche come utili se svolte alla luce della trasparenza e della correttezza. Tuttavia, la novità e la delicatezza della materia di cui si proponeva la normazione, il suo oggettivo incrociarsi in alcuni snodi importantissimi con il divenire quotidiano della vita democratica (basterebbe pensare, ad esempio, alla rappresentazione delle opinioni delle parti sociali) hanno determinato forti tendenze ad approfondire ulteriormente la materia. Ne sono testimonianza gli emendamenti presentati in quest'aula e gli ampi rimaneggiamenti proposti al testo elaborato dalla Commissione.

Allo stato del confronto, signor Presidente, l'esigenza di un'ulteriore riflessione sulla materia non appare pretestuosa, ma anzi opportuna. Chiedo pertanto lo stralcio delle norme relative alle attività di relazione di cui al capo III.

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, pongo in votazione la proposta di stralcio del capo III (articoli 21, 22, 23 e 24).

(È approvata).

 

Esame dell'articolo 27 - A.C. 244)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 27 nel testo unificato della Commissione, e del complesso degli emendamenti e articoli aggiuntivi ad esso presentati (vedi l'allegato A - A.C. 244 sezione 3).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

PIERGIORGIO MARTINELLI, Relatore per il capo IV. Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sul suo emendamento 27.4 e sull'identico emendamento Boccia 27.1, invita l'onorevole Boccia a ritirare i suoi emendamenti 27.3 e 27.2 ed esprime parere favorevole sui suoi articoli aggiuntivi 27.01 e 27.02.

PRESIDENTE. Il Governo?

ERNESTO BETTINELLI, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 27.4 della Commissione e Boccia 27.1, accettati dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 396

Votanti 391

Astenuti 5

Maggioranza 196

Hanno votato sì 390

Hanno votato no 1).

 

Onorevole Boccia, accoglie l'invito a ritirare i suoi emendamenti 27.3 e 27.2?

ANTONIO BOCCIA. Presidente, vorrei solo capire perché dobbiamo escludere le regioni ordinarie dal principio di adeguamento alla norma in esame.

PRESIDENTE. Credo che l'articolo aggiuntivo 27.02 della Commissione tenga conto proprio del suo suggerimento, onorevole Boccia.

ANTONIO BOCCIA. Sì, Presidente, ma poiché in precedenza sono stati approvati due identici emendamenti, uno a mia firma e l'altro della Commissione, che estendono l'adeguamento ai principi non solo al capo I ma a tutta la legge, devo rilevare che l'emendamento successivo si riferisce solo al capo I. Affermare quindi che vale come principio l'intera legge per tutte le regioni non mi sembra sia sbagliato. Restringere il campo solo alle regioni ad autonomia differenziata...

PRESIDENTE. Non so se sia così.

ANTONIO BOCCIA. A proposito del mio emendamento 27.2 devo dire che mi pare eccessivamente labile la previsione della Commissione di cui all'articolo aggiuntivo 27.02 che, nel testo attuale non consegue il risultato. Nel mio emendamento è previsto il termine perentorio di 90 giorni; togliamo pure l'aggettivo «perentorio», ma stabiliamo un termine altrimenti regioni, province e comuni non provvederanno mai.

PRESIDENTE. Presidente Meloni?

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. La distinzione tra regioni ordinarie e regioni ad autonomia differenziata, che - prego l'onorevole Boccia di credermi - non è una nuova formulazione ma si trova in dottrina da parecchio tempo ed ha una sua ragione. Con la proposta di modifica presentata dalla Commissione si afferma che tutte le regioni e tutti gli enti locali statuiscono il modo con il quale adeguarsi mentre per le regioni ad autonomia differenziata (o a statuto speciale che dir si voglia) è necessario fare riferimento esplicito a questa, come legge fondamentale dello Stato, perché si adeguino secondo i loro ordinamenti.

PRESIDENTE. In merito alla seconda osservazione, relativa al termine?

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. Mi pare che in proposito abbia ragione l'onorevole Boccia e convenga introdurre la previsione del termine nella proposta di modifica formulata dalla Commissione. Pertanto, all'articolo aggiuntivo 27.02 della Commissione, dopo la parola «definendo» debbono aggiungersi le parole «entro 90 giorni dalla pubblicazione della legge».

PRESIDENTE. Il testo dell'articolo aggiuntivo 27.02 della Commissione sarebbe dunque: «...definendo entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge le modalità di collegamento con l'anagrafe patrimoniale di cui all'articolo 5 della presente legge».

ELIO VITO. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Se lo scopo della proposta di modifica dell'articolo aggiuntivo da parte della Commissione voleva essere quello di accogliere la richiesta del collega Boccia mi pare che il termine di 90 giorni dovrebbe essere introdotto all'inizio del periodo: «Le regioni, le province e i comuni provvedono, entro 90 giorni, con propri atti normativi ad attuare le finalità di trasparenza». Altrimenti non avrebbero un termine per attuare la legge ma avrebbero il termine di 90 giorni per collegarsi all'anagrafe.

PRESIDENTE. Mi pare che la sua osservazione sia corretta. Il testo sarebbe dunque: «Le regioni, le province e i comuni provvedono, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, con propri atti normativi...».

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. D'accordo.

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, lei dunque ritira i suoi emendamenti 27.2 e 27.3?

ANTONIO BOCCIA. Sì, Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 27.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caveri. Ne ha facoltà.

LUCIANO CAVERI. Voteremo contro l'articolo 27 perché è del tutto evidente come la norma, così come è scritta, è incostituzionale rispetto alle regioni ad autonomia differenziata. Incostituzionale perché c'è una contraddizione nelle due frasi. Da una parte infatti si afferma che le disposizioni del capo I sono norme fondamentali di riforma economico-sociale; si sa che queste norme fondamentali fanno cadere l'autonomia speciale: di fatto le autonomie differenziate non hanno più spazio per poter agire nel momento in cui tutti i loro poteri vengono compressi dalla norma di grande riforma economico-sociale. Dall'altra si fa un riferimento a questo punto inutile prevedendo che le regioni ad autonomia differenziata adeguino i loro ordinamenti nei limiti dei rispettivi statuti. È ovvio che i «limiti dei rispettivi statuti» vengono meno nel momento in cui si invoca nella fase precedente la riforma economico-sociale.

Esiste evidentemente un problema di coordinamento costituzionale che la Commissione non si è posto. Torto nostro il fatto di non aver presentato emendamenti, ma ci auguriamo che al Senato sia superata questa difformità, che farebbe sì che questa norma possa essere facilmente impugnabile di fronte alla Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 27, nel testo modificato dagli emendamenti approvati.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 405

Votanti 361

Astenuti 44

Maggioranza 181

Hanno votato sì 356

Hanno votato no 5).

 

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 27.01 della Commissione, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 391

Votanti 350

Astenuti 41

Maggioranza 176

Hanno votato sì 346

Hanno votato no 4).

 

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 27.02 della Commissione, nel testo riformulato, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 384

Votanti 338

Astenuti 46

Maggioranza 170

Hanno votato sì 335

Hanno votato no 3).

 

(Esame dell'articolo 28 - A.C. 244)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 28 nel testo della Commissione, e dell'unico emendamento ad esso presentato (vedi l'allegato A - A.C. 244 sezione 4).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

PIERGIORGIO MARTINELLI, Relatore per il capo IV. Il parere della Commissione è favorevole sul suo emendamento 28.3, interamente sostitutivo dell'articolo.

PRESIDENTE. Il Governo?

ERNESTO BETTINELLI, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica. Il Governo concorda con il relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 28.3 della Commissione, interamente sostitutivo dell'articolo, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 388

Votanti 343

Astenuti 45

Maggioranza 172

Hanno votato sì 338

Hanno votato no 5).

 

(Esame dell'articolo 29 - A.C. 244)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 29 nel testo della Commissione, e dell'unico emendamento ad esso presentato (vedi l'allegato A - A.C. 244 sezione 5).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Può sembrare una piccola questione, però io ritengo che, salvo che non ci siano ragioni straordinarie, in generale sia preferibile mantenere la norma generale della Costituzione sulla entrata in vigore entro quindici giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Anche in questo caso, trattandosi di una profonda e importante innovazione, che comporta modifiche per le altre pubbliche amministrazioni, ritengo che probabilmente sia preferibile mantenere la norma di carattere generale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il presidente della Commissione speciale, onorevole Meloni. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. Concordo con quanto sostenuto dall'onorevole Vito.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

PIERGIORGIO MARTINELLI, Relatore per il capo IV. Il parere della Commissione è favorevole sull'emendamento Garra 29.1, soppressivo dell'articolo.

PRESIDENTE. Il Governo?

ERNESTO BETTINELLI, Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica. Il Governo concorda con il relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Avverto che essendo stato presentato un solo emendamento, interamente soppressivo dell'articolo, porrò in votazione il mantenimento del testo.

Ricordo che la Commissione e il Governo sono favorevoli all'emendamento Garra 29.1 e quindi contrari all'articolo.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 29.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

 

(Presenti 389

Votanti 382

Astenuti 7

Maggioranza 192

Hanno votato sì 4

Hanno votato no 378).

 

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 244)

 

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento. Invito i colleghi a valutare la possibilità di consegnare il testo delle loro dichiarazioni di voto.

Prendo atto che alcuni colleghi hanno accettato l'invito ed avverto che la Presidenza autorizza la pubblicazione in calce al resoconto stenografico delle dichiarazioni di voto degli onorevoli Maggi, Cento, Siniscalchi, Bressa, Donato Bruno, Pecoraro Scanio, Li Calzi e Martinelli.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miraglia Del Giudice. Ne ha facoltà.

NICOLA MIRAGLIA DEL GIUDICE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che questa legge, così come modificata dagli emendamenti approvati, possa ricevere il voto favorevole del gruppo del centro cristiano democratico.

Ci sono, per la verità, ancora alcune perplessità soprattutto con riferimento alla parte che riguarda le ineleggibilità assolute dei deputati in caso di dichiarazione non presentata, però lo stralcio delle attività delle lobby, che era la preoccupazione maggiore perché ciò tendeva a limitare la libertà delle persone avevano contatti con i deputati, induce il gruppo del centro cristiano democratico a votare a favore di questa legge che rappresenta un primo passo contro la corruzione.

Ciò detto concludo dichiarando il voto favorevole del gruppo a cui appartengo (Applausi dei deputati del gruppo del CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Presidente, ho avuto modo di parlare su questo provvedimento in sede di discussione sulle linee generali, l'8 marzo scorso.

Signor Presidente, ritengo di non poter esprimere un voto favorevole proprio per le ragioni politiche che sono state avanzate da alcune parti. Non voterò a favore del provvedimento non perché io sia per la corruzione e per la non trasparenza. Credo che moltissimi colleghi di quest'aula abbiano ravvisato (è emerso sia nel corso della discussione sulle linee generali che nell'esame degli emendamenti) molte anomalie presenti in questo provvedimento.

Certo, non voglio fare alcun affronto nei confronti della Commissione anticorruzione. Quest'ultima è stata costituita, ha lavorato su un articolato che ritengo che non vada in alcun modo in direzione della lotta reale alla corruzione e quindi in aiuto all'etica, alla moralità e al buon funzionamento della pubblica amministrazione.

Non voterò a favore anche perché in termini culturali quello in oggetto, a mio avviso, è un provvedimento con un impianto che ha un sapore poliziesco. È un provvedimento dove c'è un garante; in questo paese abbiamo tanti garanti, tante authority, ma non sappiamo poi quale tipo di credibilità abbiano questi garanti e queste authority.

Ma c'è una Commissione che si muove, e si muove in termini ovviamente di restringimento delle libertà ed anche in termini preoccupanti sul piano della cultura e della acquisizione della difesa del diritto e della civiltà all'interno del nostro paese.

È l'impianto culturale che non va, è l'intero impianto della normativa che non va! Ad esempio, negli articoli 14 e 15 è stata inserita una figura giuridica che non esiste nel nostro ordinamento. Parlando di decadenza ed in fondo di incompatibilità e di ineleggibilità sopravvenuta introduciamo una figura incredibile. Signor Presidente, lei aveva detto che questa era una materia assai dubbia perché ci trovavamo dinanzi ad una riserva regolamentare della Camera. Cosa ha fatto la Commissione? Ha fatto un giro di valutazioni e poi ha trovato l'escamotage parlando di ineleggibilità sopravvenuta.

Signor Presidente, ritengo che questo sia un provvedimento assai pericoloso.

Non so da che cosa nasca e per quale motivo esso nasca; lo dico perché potevamo tranquillamente fare una legge in termini molto più seri e soprattutto potevamo rafforzare l'attuale ordinamento e le attuali leggi in vigore nel nostro paese. Mi riferisco a quelle leggi che regolamentano la prevenzione, la repressione, la persecuzione e le sanzioni per alcuni reati.

Ritengo che sia stata fatta una legge eccezionale che certamente è ai confini dell'ordinamento. Quest'aula sa che cosa vuol dire fare delle leggi eccezionali e quali sono, ovviamente, i diversi tipi di vulnus che si aprono sul piano dell'ordinamento generale e sui principi costituzionali.

Signor Presidente, credo che questo sia un dato su cui tutti noi dobbiamo riflettere; c'è poi un'altra riflessione che ritengo si debba fare. Molti colleghi hanno detto: va bene, approviamo questo provvedimento, poi il Senato provvederà ad approvarlo o ad affossarlo.

Questo è un fatto incredibile, che non può essere accettato perché tutti sanno che questo provvedimento non è in alcun modo applicabile.

Queste sono le ragioni per le quali ho ritenuto di svolgere un intervento di tale tenore. Infatti, ci troviamo di fronte ad una questione molto preoccupante per quel che concerne il Parlamento.

L'onorevole relatore diceva che il parlamentare deve essere messo allo stesso livello dei pubblici funzionari, il che è indubbio; ma ci troviamo di fronte in realtà ad un altro elemento, ad un livore nei confronti del Parlamento, al tentativo di ridimensionare e di affievolire la sovranità del Parlamento, non per garantire i parlamentari né per garantire l'impunità dei parlamentari stessi. La percezione di tale livore ha comportato che si sia parlato in quest'aula rivolgendosi all'esterno e per crearsi degli alibi verso l'esterno, senza discutere in modo serio di ciò che il Parlamento rappresenta.

Per questi motivi non voterò a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo misto-CDU).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fragalà.

Onorevole Fragalà, anche se il tempo a disposizione del suo gruppo è esaurito, le consento ugualmente di intervenire. Ne ha facoltà.

VINCENZO FRAGALÀ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di alleanza nazionale si asterrà su questo provvedimento, pur condividendone fortemente lo spirito e gli obiettivi, ma riteniamo che lo strumento normativo elaborato dalla Camera li abbia totalmente disattesi e che anzi vada in controtendenza rispetto agli obiettivi che avrebbe dovuto perseguire una proposta di legge diretta a garantire trasparenza, linearità e comportamenti cristallini dei rappresentanti della pubblica amministrazione e dei membri delle Camere elettive.

Reputiamo si tratti un provvedimento di legge contraddittorio ed inapplicabile, in contrasto con l'impianto costituzionale e ordinamentale dello Stato. Mi rivolgo a coloro che, a loro dire per ragioni politiche, ma a mio avviso per ragioni esclusivamente demagogiche, hanno tradotto determinati principi, validi solo in casi eccezionali, in norme che non supereranno il vaglio del Senato e che presenteranno il fianco ad una serie infinita di eccezioni di costituzionalità.

La maggioranza si assume la responsabilità di aver tradito un nobile intento, quale era quello di istituire un organo finalizzato alla prevenzione ed alla lotta alla corruzione nel paese. È stato tradito anche il nobile intento di chi voleva rispondere con segni concreti al richiamo della Corte dei conti. Quello della corruzione è un fenomeno tutt'oggi dilagante, che la Camera cerca di affrontare con una legge piena di errori di grammatica giuridica e di sintassi costituzionale.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, non accettando che lo strumento normativo traligni e tradisca i principi per cui alleanza nazionale si è sempre battuta in questa e nelle precedenti legislature, riteniamo di dover lasciare traccia delle forti perplessità che nutriamo nei confronti dell'impianto normativo della legge in esame astenendoci su di essa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mancuso. Ne ha facoltà.

FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, intendo manifestare il dissenso rispetto alla decisione del mio gruppo sia di partecipare alla formulazione del testo sia di votarne il contenuto. Desidero che resti, questo solo a me importa, documentato il mio profondo dissenso, che non è soltanto tecnico ma anche politico e morale rispetto a questo strumento legislativo, del quale io spero vi sia, prima o dopo, qualcuno capace di assumersi la paternità, cioè di intestare al proprio nome questo vero, insigne monumento di illegalità in uno Stato che aspira, a parole, ad essere legalitario.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

 

(Coordinamento - A.C. 244)

 

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. Chiedo di parlare ai sensi del comma 1 dell'articolo 90 del regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MELONI, Presidente della Commissione speciale per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione. All'emendamento 5.2 della Commissione come modificato dal subemendamento 0.5.2.2., sostituire le parole: «e, per quanto concerne gli aspetti tecnici, l'AIPA» con le seguenti: «e, per quanto concerne gli aspetti tecnici, sentita l'AIPA».

All'emendamento 11.8 della Commissione, come riformulato nel corso della seduta del 15 gennaio, sostituire le parole: «su proposta della Commissione con delibera del Consiglio dei ministri» con le seguenti: «previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta della Commissione».

All'articolo 18, a seguito dell'approvazione dell'emendamento Boccia 11.1, sopprimere le lettere a), b) e c).

All'articolo 25, comma 2, ultimo periodo, dopo le parole: «le società» inserire le seguenti: «e i soggetti».

All'articolo 25 come modificato dall'emendamento 25.8 della Commissione, al comma 1, sostituire le parole: «con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri» con le seguenti: «con il regolamento di cui all'articolo 26» e aggiungere, in fine, le parole: «tre volte alla settimana».

Conseguentemente:

sostituire il comma 5 dell'articolo 25 con il seguente:

«5. L'inserzione nel Bollettino degli avvisi e dei bandi di cui al comma 2 deve essere gratuita per le amministrazioni pubbliche indicate al medesimo comma 2»;

al comma 6 dell'articolo 25 sostituire le parole: «il regolamento di cui al comma 1» con le seguenti: «il regolamento di cui all'articolo 26»;

sostituire il comma 1 dell'articolo 26 con il seguente:

«1. Ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è emanato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, il regolamento per la definizione delle modalità di pubblicazione in via transitoria e di diffusione con mezzi informatici del Bollettino di cui all'articolo 25, e per la definizione della disciplina dei contratti di abbonamento stipulati dalle amministrazioni pubbliche e dai privati».

CARLO GIOVANARDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, ho cercato di seguire le proposte di coordinamento, ma mi sembra che alcune siano certamente di tipo formale mentre altre abbiano carattere aggiuntivo o modificativo rispetto al testo votato. Mi sembra in sostanza un coordinamento atipico e vasto e mi chiedo quindi se possa passare sotto silenzio una proposta di coordinamento così corposa.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, i mutamenti intervenuti nel corso delle sedute, grazie ai contributi incisivi offerti dall'Assemblea, hanno comportato questo tipo di coordinamento. Non mi pare comunque che vi siano modifiche di carattere sostanziale.

 

 

(Votazione finale e approvazione - A.C. 244)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge nn. 244, 403, 780, 1417, 1628, 2327, 2576, 2586 e 2610, di cui si è testé concluso l'esame.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione

Comunico il risultato della votazione:

Mammola ed altri; Lucchese ed altri; Pecoraro Scanio; Frattini; Veltri; Veltri ed altri; Veltri ed altri; Tremaglia e Fragalà; Piscitello ed altri: «Misure per la prevenzione dei fenomeni di corruzione» (244-403-780-1417-1628-2327-2576-2586-2610):

 

 

Presenti 361

Votanti 308

Astenuti 53

Maggioranza 155

Hanno votato 263

Hanno votato no 45

(La Camera approva - Vedi votazioni).



DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI ROCCO MAGGI, PIER PAOLO CENTO, VINCENZO SINISCALCHI, GIANCLAUDIO BRESSA, DONATO BRUNO, ALFONSO PECORARO SCANIO, MARIANNA LI CALZI E PIERGIORGIO MARTINELLI SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 244.


 

ROCCO MAGGI. Esprimo il voto favorevole mio personale e del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo al testo in oggetto.

Pur non condividendo alcuni punti del provvedimento in questione, come già evidenziato in discussione generale ed auspicando che al Senato siano apportati utili correttivi per un riequilibrio costituzionale e sistematico delle delicate e complesse materie, devo però rilevare l'importanza di offrire al paese un primo significativo segnale in tema di prevenzione della corruzione, di trasparenza e di garanzia del buon andamento dell'attività politica e amministrativa.

 

PIER PAOLO CENTO. Dichiaro il voto convinto dei deputati verdi a favore di questo provvedimento. Per la prima volta, infatti, dopo l'avvio delle indagini giudiziarie contro la corruzione, la Camera affronta in maniera organica un insieme di proposte di legge atte a prevenire la corruzione ed a garantire una nuova e maggiore trasparenza nel rapporto cittadini-pubblica amministrazione.

La Commissione speciale anticorruzione, istituita su proposta del Presidente Violante, ha raggiunto un suo primo importante risultato e noi verdi ne siamo soddisfatti.

L'Assemblea, con il dibattito parlamentare, ha contribuito a migliorare il testo approvato dalla Commissione, eliminando gli eccessi inquisitori e nel contempo rendendo più concrete le prerogative e le innovazioni previste.

Siamo, altresì, convinti che l'approvazione di questa legge è un buon segnale anche per il paese, che deve ritrovare fiducia nella politica e nelle sue istituzioni. Un buon lavoro dunque che ci auguriamo, proprio perché convinti della sua utilità e portata innovativa, trovi al più presto nel Senato la sede per una nuova discussione e approvazione.

 

VINCENZO SINISCALCHI. Nel dichiarare il voto favorevole al provvedimento dei deputati del gruppo della sinistra democratica non posso non sottolineare la importanza che questa legge potrà rivestire nel nostro ordinamento.

Il non facile lavoro svolto dalla Commissione speciale su impulso del Presidente della Camera si è sviluppato sulla base delle proposte tutte di iniziativa parlamentare, che fin dall'inizio dell'attuale legislatura sono state avanzate per soddisfare una esigenza fondamentale emersa nel corpo sociale non solo come conseguenza della fase di forte intervento della magistratura nei primi anni novanta contro le centrali della corruzione politica ed economica, ma anche per l'esigenza di istituire forme di intervento preventivo. Si tratta, in sostanza, di costruire un sistema idoneo ad evitare il formarsi di veri e propri terreni di coltura della corruzione, in particolare di quella forma diffusa di «corruzione ambientale» che produce forme di assuefazione, di omertà compiacente, di istituzione di veri e propri sistemi di poteri illegali. Tutto ciò ha minato e mina la credibilità delle istituzioni pubbliche o a partecipazione pubblica, economiche, finanziarie, politiche.

La corruzione è elemento essenziale della criminalità economica e nella recente «Conferenza mondiale sulla corruzione» di Lima l'Italia si è impegnata solennemente a combatterla portando il contributo delle sue iniziative legislative, come quella che oggi si conclude. Non è certamente sfuggito che un appello fermo ed accorato, all'inizio dell'anno, perché si provveda a pervenire e combattere la corruzione, era contenuto nelle parole del Pontefice con un preciso richiamo alle vittime vere del fenomeno: gli onesti, i deboli, le categorie più povere.

Nessuno si illude che soltanto con una legge possa risolversi questo gravissimo problema. Ma è un avvio importante, esprime una volontà di riformare, di progresso, di miglioramento. Le riserve che su alcuni punti sono state espresse in aula appaiono come il segnale della difficoltà che ogni forte riforma comporta. Ma l'approvazione di una legge che è destinata a distinguere gli onesti (e sono la stragrande maggioranza) amministratori, politici, imprenditori, dai disonesti (che sono una minoranza dotata di una enorme carica eversiva dell'ordinamento) è oggi sollecitata dal nostro gruppo e, se si tiene conto dei discorsi dei procuratori generali e di quelli della Corte dei conti, anche dai vertici delle più importanti istituzioni del paese.

L'introduzione della figura del «garante», quella dell'anagrafe patrimoniale e del bollettino delle contrattazioni pubbliche sono un primo importante passo verso la costruzione di un sistema destinato a prevenire l'illecito, a rendere trasparenti le più rilevanti attività istituzionali ed economiche, a ridare fiducia ai cittadini evitando il ripetersi di supplenze o, comunque, di interventi solamente repressivi che, se rivelano i fenomeni, non servono tuttavia a prevenirli.

In questo spirito, auspicando la rapida approvazione delle altre leggi analizzate dalla Commissione speciale, il gruppo della sinistra voterà a favore del provvedimento.

 

GIANCLAUDIO BRESSA. Desidero dichiarare il mio voto contrario a questo provvedimento e lo voglio fare con chiarezza, perché c'è il rischio che passi la bizzarra idea che chi si oppone a questo provvedimento debba essere iscritto d'ufficio nel registro dei difensori dei corrotti e dei corruttori.

Ci sono invece dei motivi veri e seri per opporsi a questo provvedimento; motivi di carattere culturale, politico e di merito.

La prossima settimana saremo chiamati a votare sulla riforma della seconda parte della Costituzione. Uno dei temi fondamentali in discussione è l'organizzazione in senso federale dello Stato. Le interpretazioni che si possono dare del federalismo sono molteplici, ma un elemento è sempre comune a queste diverse impostazioni culturali e cioè che federalismo significa maggiore responsabilità, sia per i cittadini, sia per chi governa. Responsabilità, l'unico vero termine di paragone per una cultura moderna della pubblica amministrazione. E noi, con questo provvedimento, istituiamo l'istituto centrale dei censori della responsabilità, calpestando ogni logica di autonomia e libertà. Scelta, questa, sbagliatissima.

C'è poi una ragione politica di contrarietà a questa legge.

Il problema della responsabilità e della trasparenza nella pubblica amministrazione non si affronta cavalcando demagogicamente gli umori della piazza. Il Parlamento è il luogo dove si compongono e trovano soluzione i problemi del paese. Se il Parlamento si trasforma in un semplice amplificatore delle voci della piazza viene meno al suo ruolo, e per la democrazia e la civiltà del diritto si aprono tempi oscuri.

Sono contrario al provvedimento anche per una ragione di merito: per come è costruito, per la manifesta non conoscenza dei meccanismi della pubblica amministrazione non garantirà la trasparenza ma la paralisi della macchina amministrativa.

Questa è una legge che sembra essere stata scritta da George Orwell da Eugene McCarty, la notte di Halloween, notte in cui sono le ombre e i fantasmi padroni della scena.

Il grande fratello e la caccia alle streghe non sono la cultura più adatta per garantire trasparenza e responsabilità, non sono comunque la mia cultura e per questo il mio voto sarà contrario.

 

DONATO BRUNO. Prendo la parola a nome del gruppo parlamentare di forza Italia per la dichiarazione di voto finale su questo provvedimento che ha subìto non pochi travagli, come forse è giusto quando si affrontano problematiche di grande respiro e di grande impatto e quando sono in gioco le aspettative e del cittadino e della pubblica amministrazione. La legge, che certamente verrà varata da quest'aula, come tutte le cose fatte dall'uomo è perfettibile, ma non va sottaciuto lo sforzo che è stato fatto dall'intera Commissione speciale, ed in particolare dal presidente Meloni, dai relatori e dal Governo. Anch'io credo di poter affermare che questa Commissione stava correndo il rischio di impantanarsi. Infatti i lavori si stavano orientando più sulla repressione che sulla prevenzione del malgoverno e del malaffare. Non si può sottacere comunque che il testo risente di queste due tendenze.

Non a caso il Governo all'inizio era rappresentato in Commissione dal ministro di grazia e giustizia e poi, terminata la disamina generale, dal ministro della funzione pubblica. Quest'ultimo nella persona del sottosegretario, onorevole Bettinelli, ha apportato elementi di novità, ha costantemente dato suggerimenti, ha proposto aggiustamenti che in assenza avrebbero rischiato di frantumare gli orientamenti delle varie componenti politiche, facili ad arroccarsi su posizioni di rendita piuttosto che aprire la finestra sulla realtà quotidiana. Credo di cogliere in questo «cambio della guardia» il motivo che ha ridato speranza affinché si potesse procedere anche speditamente al raggiungimento di una convergenza su di un testo che intendesse e recepisse il comune sentire. La nostra parte politica, come le altre, ha voluto, sentendone l'esigenza, licenziare un testo che si è prefisso di dare regolamentazione a comportamenti di taluni soggetti che rappresentano lo Stato nelle varie realtà istituzionali e subistituzionali, e che possono destare allarme a causa di fenomeni di corruttela. E che il fenomeno sussiste sembra indubbio: segnalo solo la relazione del presidente della Corte dei conti che illustra un quadro ancora allarmante.

In gioco quindi, da una parte la libertà del cittadino chiamato o posto a servire lo Stato e, dall'altra, le esigenze di cogliere in taluni passaggi della propria esistenza quelli che non rappresentano la normalità, arrivo a dire fisiologicità. È su questa necessità di contemperazione che è scattato l'orientamento di tentare di raggiungere un giusto equilibrio tra queste due esigenze fondamentali: le libertà di ognuno di noi e la trasparenza che deve esserci in ogni atto o comportamento che siamo chiamati a compiere. Nessuno si illuda, però, che quanto fatto in Commissione o in aula sia bastevole. Certamente è stato compiuto un lavoro importante che i cittadini attendono e che la politica ha l'obbligo di fare. Occorre a parer mio, e questo deve essere un monito per tutto il Parlamento, che si ritorni al dialogo, al confronto e, se del caso, allo scontro, anche duro, come in qualche occasione vi è stato, e me ne scuso. Ma questo non deve toglierci e non deve togliere ai cittadini l'idea, la voglia, la speranza di andare avanti, senza temere che il Parlamento si sottragga all'obbligo affidatogli dalla Corte costituzionale.

Noi non abbiamo l'obbligo né il dovere di fare passi avanti o passi indietro. Questo linguaggio da «scuola di danza sudamericana» oltre che inopportuno ha il solo effetto di destare giusto allarme e giusta preoccupazione nel cittadino. Noi invece abbiamo l'obbligo e il dovere di far riconquistare fiducia e rispetto nelle e verso le istituzioni. Penso soprattutto ai giovani e cerco di immaginare a quali e quanti tipi di tensioni e persino sbandamenti siano essi sottoposti: dalla scuola, dall'università, dalla ricerca di un posto di lavoro a volte, e spesse volte, anche dalla famiglia. Sbandamenti che comportano la caduta di taluni fondamentali valori, tra questi e in primis quelli della libertà e della certezza del diritto, di uno Stato di diritto. Se non operassimo per questi due fondamentali ed ineludibili valori, non svolgeremmo il nostro compito in maniera degna. Il nostro agire, è inutile nasconderlo, a volte è mosso da esigenze partitiche, di classe, di opportunità politica, ma quando sono in gioco le libertà e la certezza del diritto, gli steccati, le barriere dovrebbero dissolversi. Questo oggi sta avvenendo, si sta stagliando un quadro in cui tutta l'Assemblea, chiamata a varare una nuova legge lo fa con la scienza e la coscienza di tutti. E il riscontrare la quasi totalità dei consensi sarà motivo di orgoglio anche e soprattutto per i cittadini.

Per quanto detto, il nostro voto al provvedimento sarà favorevole.

 

ALFONSO PECORARO SCANIO. Dopo aver sentito gli interventi a dir poco sorprendenti di alcuni colleghi tra cui, in particolare, Fragalà di alleanza nazionale, che con motivazioni che lasciavano prevedere un voto più che contrario, per decenza, ha annunciato un voto di astensione, ed il solito intervento arrabbiato del collega Mancuso; pur avendo pensato in un primo momento di astenermi dal voto finale su un testo troppo timido rispetto alle necessità, non posso invece che esprimere un voto favorevole seppure con forti perplessità per la tardiva e debole attenzione alle richieste di trasparenza e moralizzazione che salgono con forza dai nostri concittadini e chiedono vigore nella battaglia anticorruzione.

È infatti, con estremo ritardo che questo Parlamento, a distanza di cinque anni dall'inizio di quelle inchieste giudiziarie che hanno evidenziato in Italia e anche all'estero l'enorme livello di corruzione della classe politica e della pubblica amministrazione, finalmente si decide a varare un primo provvedimento contro la corruzione. Solo un'altra volta, nel luglio del 1993 l'Assemblea votò un'iniziativa anticorruzione forte: la Commissione di inchiesta sugli illeciti arricchimenti di politici e pubblici funzionari. Poi il Senato affossò definitivamente la proposta. Nell'intervento di oggi il deputato Fragalà ha nuovamente richiamato il Senato annunciandoci che difficilmente questo testo che oggi approviamo supererà l'esame dell'altro ramo del Parlamento. Non vorrei fosse l'annuncio di una ennesima beffa. Io sono il presentatore di uno dei primi progetti di legge anticorruzione inseriti tra le proposte che hanno dato origine al testo unificato sui cui votiamo. In particolare avevo ripresentata il 13 maggio 1996 la proposta di istituzione del servizio centrale di prevenzione della corruzione sul modello di quanto fatto in Francia e dopo aver, nel 1995, incontrato direttamente a Parigi i responsabili dell'analogo servizio francese. Ho anche presentato altre proposte di legge per consentire quella confisca degli illeciti arricchimenti di magistrati, politici e pubblici funzionari che utilizzano cariche pubbliche per interessi privati.

Purtroppo questa parte di provvedimenti non è stata ancora presa in esame; anzi anche un punto importante come quello sulle lobby è stato stralciato. Ci sarebbero, come si vede, molte ragioni per non ritenersi totalmente soddisfatti del testo su cui ci accingiamo a votare. Pur tuttavia, di fronte all'arrogante voglia di impunità e privilegio che trasuda dalle isteriche espressioni di alcuni colleghi in questa aula, appare evidente che anche un così timido testo viene considerato una sorta di lesa maestà da chi interpreta il proprio compito di parlamentare come condizione di superiorità rispetto ai cittadini e non di rappresentanza e servizio.

Voterò quindi «sì» seppure evidenziando la necessità che al Senato il testo sia migliorato invece che affossato come auspicano molti colleghi, in particolare del centro-destra.

 

MARIANNA LI CALZI. Nell'annunciare il voto favorevole dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano sulla proposta di legge che introduce misure di prevenzione della corruzione, ritengo non sia inutile una pur breve ricognizione sull'iter parlamentare del provvedimento.

La Commissione speciale per l'esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la repressione della corruzione ha da tempo compendiato il suo lavoro in un'organica proposta di legge, che ha tenuto conto delle riflessioni del Comitato dei saggi, delle diverse proposte di legge presentate in materia da vari gruppi di parlamentari, dall'accresciuta sensibilità della pubblica opinione che, giustamente, reclama una gestione della cosa pubblica corretta ed imparziale.

La Commissione, della quale ho personalmente fatto parte, non è pervenuta alla sua sintesi sulla base di un acritico accoglimento di certe soluzioni draconiane, pur prospettate da qualche parte. Né la Commissione ha ritenuto che il testo elaborato non fosse emendabile, sulla scorta delle proposte venute dal Governo e dal Parlamento durante il confronto in Assemblea.

Non si trattava, infatti, di stabilire un confine tra chi approvava in blocco il testo proposto dalla Commissione e, perciò, dimostrava lealtà nella lotta alla corruzione e chi, invece, non condivideva alcune delle proposte individuate in quel testo e, perciò, si disponeva, nei fatti, a difesa dei corrotti.

L'apertura, la disponibilità all'approfondimento, all'accoglimento di suggerimenti di modifiche, di integrazioni, di miglioramenti, anche tecnici, all'articolato hanno trovato pieno riscontro in Assemblea.

Si è anche evitato, nella preoccupazione di voler assicurare la più ampia trasparenza alla vita politica ed amministrativa del paese, di incidere nel delicato meccanismo di relazione tra le diverse competenze e di equilibrio tra i poteri, che sono certamente a fondamento di ogni sistema che non si limiti a dirsi democratico, ma che tale sia effettivamente.

Su questa base si è pervenuti alla norma che invita le regioni, nella loro autonomia (che si vuole accresciuta con il passaggio ad un assetto federale dello Stato), ad introdurre le norme che collegheranno le amministrazioni da esse dipendenti all'anagrafe patrimoniale introdotte dall'articolato che stiamo per votare.

Si è, infine, deciso di stralciare le norme relative alla disciplina delle attività di relazione, le cosiddette lobby, di fronte alla non pretestuosa esigenza di approfondimento di una materia, per sua natura, complessa, delicata, del tutto nuova per la nostra legislazione.

Io penso che tutto ciò smentisca l'erroneo convincimento di chi ha voluto vedere nella normativa proposta una legge allo stesso tempo capestro e velleitaria, elaborata da una congrega di fondamentalisti, gretta e chiusa al dialogo, desiderosa soltanto di affermare, davanti alla pubblica opinione, la propria intransigenza morale a fronte dell'ambiguità di altri.

Sul testo che voteremo non si è combattuta alcuna guerra di religione. E poiché non era stata proposta alcuna forma di moderna inquisizione, non c'è alcun fronte sedicente «liberale» che ne ha sventato la minaccia.

C'è stata - questo è vero - una ricerca, non sempre facile, di porre in essere una normativa che, lasciando invariate le norme previste dal codice penale, agisca con efficacia sul versante della prevenzione della corruzione, e risponda ad un'esigenza di trasparenza, di correttezza, di disinteresse nell'amministrazione della cosa pubblica e nella vita politica di tutti i giorni; esigenza che non si è affievolita dopo le grandi inchieste giudiziarie degli ultimi anni e che resta avvertita e forte come non mai fra i cittadini del nostro paese.

La proposta di legge che siamo chiamati ad approvare mantiene una sua organicità ed appare realistica, ponderata, applicabile. Con essa il Parlamento darà un significativo contributo all'opera di ripristino di un clima in cui il sospetto non sia l'anticamera della verità proprio perché sono stati introdotti controlli efficaci sull'attività politica e sulla gestione amministrativa.

Ribadisco, pertanto, il convinto voto favorevole dei deputati del gruppo di rinnovamento italiano alla normativa proposta.

 

PIERGIORGIO MARTINELLI. Dopo un anno di lungo cammino e ripetuti rimbalzi tra Assemblea e Commissione speciale sulla prevenzione dei fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione, è riuscito ad arrivare al voto finale il testo della Commissione, superando definitivamente gli ostacoli frapposti da specifici interessi delle lobby e della burocrazia.

Certo, in tutti questi mesi di ritardo, proprio nei mesi in cui si sono spartiti gli ingenti finanziamenti pubblici per il Giubileo di Roma, i grandi appaltatori e le amministrazioni pubbliche, eludendo le normative attuali, hanno potuto continuare ad operare al di fuori di ogni controllo ed entro quei margini che, in questa prolungata fase transitoria, la stessa legge nazionale, la 109 del 1994, permette tuttora a causa della mancata emanazione del regolamento di attuazione e della conseguente mancata istituzione dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici.

Malgrado le normative comunitarie abbiano imposto misure di trasparenza e di

controllo sull'attività contrattuale, al fine di raggiungere l'obiettivo primario della massima garanzia di pari opportunità e concorrenza effettiva tra gli operatori economici su tutto il territorio della Comunità europea, sono tuttora ricorrenti fatti di prassi amministrativa volti a favorire le imprese locali, nonché scelte arbitrarie dei progettisti specialmente per i servizi di progettazione sotto soglia.

Il bollettino ufficiale dell'attività contrattuale della pubblica amministrazione ha lo scopo specifico di far sparire tutti questi fatti.

Per la prima volta si prevede un organo ufficiale di informazione su tutta l'attività contrattuale pubblica, che non lascia margini per eludere la legge: uno strumento di informazione e di controllo a diffusione nazionale che garantisce la massima circolazione delle notizie, comprendo tutto il mercato pubblico, dai bandi di gara per le concessioni e gli appalti alla vendita di beni mobili e immobili, ai risultati delle aggiudicazioni, per qualsiasi importo, dei relativi contratti.

Vengono quindi superati i limiti attuali delle leggi nazionali vigenti, garantendo così la reale concorrenza nel mercato. La pubblicità è infatti fattore fondamentale per la trasparenza e la libera concorrenza. La cattiva informazione penalizza soprattutto le medie e le piccole imprese per le quali risulta ancora difficile conoscere in tempo utile per presentare le offerte. Con il bollettino si potrà avere finalmente la radiografia completa del mercato italiano, compresi i lavori dall'importo medio-basso che oggi vengono pubblicizzati in modo frammentario e solo a livello locale.

L'istituzione di un tale strumento, che renderà trasparenti tutte le operazioni della pubblica amministrazione, potrà svolgere soprattutto un'azione deterrente contro la violazione delle norme contribuendo a combattere per sempre la corruzione.

Una volta tanto, malgrado le pressioni negative, la battaglia viene vinta dalla volontà della popolazione onesta di interrompere i meccanismi di corruzione che per anni hanno condizionato il mercato degli appalti e delle forniture pubbliche, determinando fattori inflittavi di oltre il 40 per cento sui prezzi a discapito delle tasche dei contribuenti.

Finalmente, per legge, si creano le migliori condizioni per modificare un costume perverso, da troppi anni radicato nell'amministrazione pubblica, che proprio nel settore degli appalti ha trovato un terreno fertile per svilupparsi.

Oggi il Parlamento, con l'approvazione di questa legge, ha posato la pietra miliare che indica a noi ed alle future generazioni l'inizio della strada da percorrere per debellare definitivamente il fenomeno della corruzione. E questo contribuirà a ridare fiducia ai cittadini verso tutte le istituzioni.


 


 

Allegato A

Seduta 300 del 21/1/1998

 

PROPOSTE DI LEGGE: MAMMOLA ED ALTRI; LUCCHESE ED ALTRI; PECORARO SCANIO; FRATTINI; VELTRI ED ALTRI; VELTRI ED ALTRI; TREMAGLIA E FRAGALÀ; PISCITELLO ED ALTRI: MISURE PER LA PREVENZIONE DEI FENOMENI DI CORRUZIONE (244-403-780-1417-1628-2327-2576-2586-2610)

 

 


(A.C. 244 - sezione 1)

ARTICOLO 14 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.

(Omissione delle dichiarazioni da parte dei membri del Parlamento e del Governo).

1. Qualora i membri del Parlamento, nel termine prorogato ai sensi dell'articolo 13, abbiano omesso di presentare le dichiarazioni di cui all'articolo 12, la Camera di appartenenza, secondo il proprio regolamento, ne pronuncia la sospensione fino alla presentazione delle dichiarazioni e comunque per un periodo massimo di tre mesi. Al termine di tale periodo, se il parlamentare sospeso persiste nel suo comportamento omissivo, la Camera di appartenenza ne dichiara la decadenza secondo le norme del proprio regolamento.

2. Nel caso di mancata presentazione delle dichiarazioni di cui all'articolo 12 nel termine prorogato ai sensi dell'articolo 13 da parte del Presidente del Consiglio dei ministri o di ministri, i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati ne informano le rispettive Assemblee.

3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sono dichiarati decaduti dall'incarico i sottosegretari di Stato che omettano di presentare le dichiarazioni di cui all'articolo 12 nel termine prorogato ai sensi dell'articolo 13.

 



 

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 14 DELLA PROPOSTA DI LEGGE


 

ART. 14.

Subemendamenti all'emendamento della commissione 14. 6

Sopprimere il comma 1.

0. 14. 6. 1. Garra, Vito.

 

 

Sostituire il comma 1, con il seguente:

1. La mancata presentazione delle dichiarazioni di cui all'articolo 12, nel termine prorogato ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della presente legge, nonché la presentazione di dichiarazioni gravemente infedeli da parte dei membri del Parlamento sono sottoposte all'esame delle Camere di appartenenza perché deliberino ai sensi del proprio regolamento.

0. 14. 6. 2. Tatarella, Fragalà, Maggi.

 

 

Sostituire gli articoli 14 e 15 con il seguente:

Art. 14.

(Omissione delle dichiarazioni e presentazione di dichiarazioni infedeli da parte dei membri del Parlamento e del Governo).

1. La mancata presentazione delle dichiarazioni di cui all'articolo 12, nel termine prorogato ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della presente legge, nonché la presentazione di dichiarazioni palesemente infedeli da parte dei membri del Parlamento costituiscono causa di ineleggibilità sopravvenuta su cui delibera la Camera di appartenenza.

2. Qualora le violazioni di cui al comma 1 siano poste in essere dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da Ministri non parlamentari, i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati ne danno comunicazione alle rispettive Assemblee.

3. Sulle violazioni di cui al comma 1 poste in essere dai Sottosegretari di Stato non parlamentari delibera il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.

14. 6. La Commissione.

 

 

 

Sopprimere il comma 1.

 14. 4. Boccia.

 

 

Al comma 2, dopo la parola: ministri aggiungere le seguenti: o di sottosegretari o di membri del Parlamento.

14. 3. Boccia.

 

 

Sopprimere il comma 3.

Conseguentemente, al comma 5, dell'articolo 15, sopprimere le parole: e 3.

14. 5. Boccia.

 

 

(A. C. 244 - Sezione 2).

 

ARTICOLO 15 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 15.

(Verifica delle dichiarazioni dei membri del Parlamento e del Governo).

1. Gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati verificano annualmente le dichiarazioni rese ai sensi dell'articolo 12 dai membri del Parlamento, dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai ministri e dai sottosegretari di Stato non parlamentari.

2. Gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, qualora le dichiarazioni rese ai sensi dell'articolo 12 appaiano palesemente e gravemente incongrue ovvero qualora ne ravvisino, comunque, la motivata necessità, sentito l'interessato che ha facoltà di controdedurre, trasmettono le dichiarazioni medesime al Garante, affinché le sottoponga a verifica secondo le modalità previste dalla presente legge.

3. Il Garante invia all'Ufficio di Presidenza della Camera che gli ha trasmesso le dichiarazioni, entro tre mesi dalla ricezione delle dichiarazioni medesime, una relazione sull'esito della verifica compiuta.

4. La Camera di appartenenza delibera, secondo il proprio regolamento, la decadenza dei propri componenti che abbiano presentato dichiarazioni infedeli che occultino variazioni sostanziali e rilevanti della situazione patrimoniale, e trasmette gli atti alle autorità competenti.

5. Nel caso di presentazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, dei ministri e dei sottosegretari di Stato non parlamentari di dichiarazioni infedeli che occultino variazioni sostanziali della situazione patrimoniale, si procede a norma dei commi 2 e 3 dell'articolo 14.


 

 

 

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 15 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

 

ART. 15.

 

Sopprimerlo. 15. 4.

Vitali, Maiolo, Leone, Tarditi.

 

 

Al comma 2, sopprimere le parole: ovvero qualora ne ravvisino comunque la motivata necessità.

 15. 3. Anedda, Trantino, Fragalà.

 

 

Al comma 2, sopprimere le parole: ovvero qualora ne ravvisino, comunque, la motivata necessità.

 15. 5. Maggi.

 

 

Sopprimere il comma 4.

15. 1. Garra.

 

 

Al comma 4, sostituire le parole: la decadenza con le seguenti: a norma del comma 2 del precedente articolo 14 nei confronti.

15. 6. Boccia.

 

 

Al comma 4, dopo le parole: che abbiano presentato, aggiungere la seguente: dolosamente.

15. 2. Cento.

 

(A. C. 244 - Sezione 3).

ARTICOLO 27 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Capo V.

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 27.

(Legislazione regionale).

1. Le disposizioni del capo I costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale e princìpi fondamentali della legislazione dello Stato. Le regioni ad autonomia differenziata e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i loro ordinamenti nei limiti dei rispettivi statuti.

 

 

EMENDAMENTI ED ARTICOLI AGGIUNTIVI PRESENTATI ALL'ARTICOLO 27 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

 

ART. 27.

 

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: del capo I con le seguenti: della presente legge.

  27. 4. La Commissione.

 

 

Al comma 1,primo periodo, sostituire le parole: del capo I con le seguenti: della presente legge.

 

  27. 1. Boccia.

 

 

Al comma 1, secondo periodo, sopprimere le parole: ad autonomia differenziata.

27. 3. Boccia.

 

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

2. Le province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industrie, artigianato e agricoltura e loro associazioni, gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, nonché gli enti strumentali dello Stato, delle regioni e degli enti locali e le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale adeguano il proprio ordinamento alle previsioni della presente legge entro il termine perentorio di 90 giorni dalla sua entrata in vigore.

27. 2. Boccia.

 

 

Dopo l'articolo 27 aggiungere il seguente:

Art. 27-bis.

(Norma transitoria).

1. Per il primo funzionamento della Commissione e fino all'espletamento delle procedure selettive ai fini del reclutamento di cui al comma 3 dell'articolo 3 è assegnato alla Commissione un ufficio di segreteria composto da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche collocati in posizione di comando. Il contingente di tale ufficio è determinato nel limite complessivo di 15 unità ed il servizio presso la Commissione è equiparato ad ogni effetto a quello prestato nelle rispettive amministrazioni di provenienza. Le richieste di comando formulate a tal fine dalla Commissione sono accolte, salvo motivi eccezionali, dalle amministrazioni destinatarie.

27. 01. La Commissione.

 

 

Dopo l'articolo 27 inserire il seguente:

Art. 27-bis.

1. Le regioni, le province e i comuni provvedono entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge con propri atti normativi ad attuare le finalità di trasparenza dell'attività politica e amministrativa di cui al capo II della presente legge relativamente ai consiglieri regionali, ai presidenti ed ai membri delle giunte regionali, ai consiglieri provinciali, ai presidenti delle province ed ai membri delle giunte provinciali, ai consiglieri comunali, ai sindaci ed ai membri delle giunte comunali, definendo le modalità di collegamento con l'anagrafe patrimoniale di cui all'articolo 5 della presente legge.

27. 02. La Commissione.

(Testo così modificato nel corso della seduta).

 

 

(A. C. 244 - Sezione 4).

 

ARTICOLO 28 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 28.

(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 5 miliardi per il 1997 e in lire 3,8 miliardi a decorrere dal 1998, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1997 e relative proiezioni per gli anni 1998 e 1999, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

 

EMENDAMENTO PRESENTATO ALL'ARTICOLO 28 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

 

ART. 28.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 28.

(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dalla presente legge, valutato in lire 2.000 milioni per l'anno 1998 e lire 2.900 milioni a decorrere dall'anno 1999, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per l'anno finanziario 1998, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

2. Con successiva legge potranno essere indicate le risorse aggiuntive necessarie per far fronte agli ultreriori oneri che dovessero derivare dalla definizione delle norme concernenti l'organizzazione e il funzionamento della commissione, ai sensi del comma 3 dell'articolo 3.

3. Il rendiconto della gestione finanziaria del fondo di cui all'articolo 3, comma 1, è soggetto al controllo della Corte dei conti.

28. 3. (Nuova formulazione) La Commissione.

 

 

 

(A. C. 244 - Sezione 5).

ARTICOLO 29 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 29.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 

EMENDAMENTO PRESENTATO ALL'ARTICOLO 29 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

 

ART. 29.

 

Sopprimerlo.

29. 1. Garra.

 

 


Esame in sede referente

 


 

Commissione speciale anticorruzione

IN SEDE REFERENTE

 

Giovedì 29 gennaio 1998. - Presidenza del Presidente Giovanni MELONI.


Testo unificato:

Disciplina dell'attività di relazione, per fini non istituzionali o di interesse generale, svolta nei confronti dei membri delle assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi (244-403-780-1417-1628-2327-2576-2586-2610-ter).

(Esame e rinvio).

 

La Commissione comincia l'esame del testo unificato.

 

Giovanni MELONI, presidente, preliminarmente ricorda che il testo in esame è risultato dallo stralcio deliberato dall'Assemblea nella seduta del 21 gennaio scorso, su proposta della Commissione, del capo III del testo unificato delle proposte di legge nn. 244 e abbinate. In proposito fa presente che, il senatore Zecchino, presidente della Commissione giustizia del Senato, ha presentato un disegno di legge avente il medesimo oggetto del testo unificato in esame. Eppure le norme in questione, nel corso dell'esame dell'Assemblea relativo al testo unificato delle proposte di legge nn. 244 e abbinate, hanno suscitato aspre polemiche. Il disegno di legge del senatore Zecchino, appare rispetto alle norme stralciate alla Camera, di carattere molto più rigoroso, posto che prevede che tutti coloro che esercitano attività lobbistica devono iscriversi in appositi registri e che tale obbligo gravi anche sui parlamentari; qualora questi ultimi omettano di iscriversi in tali registri si prevede l'applicazione di sanzioni penali.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, intende sottoporre alla Commissione talune linee direttrici che, a suo avviso, dovrebbero ispirare la riforma sull'attività lobbistica. Qualora la Commissione condivida tali princìpi di base, in qualità di relatore, potrebbe predisporre un nuovo testo. In particolare, a suo avviso, la riforma dovrebbe essere ancorata a due cardini: non si tratta di reprimere e neppure di contenere un'attività intrinsecamente illecita, quanto piuttosto di rendere trasparente un'attività del tutto permessa e utile al corretto funzionamento della democrazia, liberandola dal sospetto di cui è gravata; da ciò discende che nessuna previsione penalistica debba colpire le sue eventuali violazioni. Inoltre la riforma dovrebbe prescindere dal problema della professionalizzazione di questa attività: il contesto è improprio e anche a toccarlo solo indirettamente, questo problema renderebbe tutto più difficile.

Preliminarmente, occorre definire con chiarezza in cosa consiste l'attività di lobbyng: si tratta, a suo avviso, di relazioni, occasionali e/o sistematiche, tese a perseguire fini leciti ma non di interesse generale, svolte attraverso mezzi che non siano a disposizione di tutti, come giornali, riviste, spot televisivi, convegni; si può dunque prevedere espressamente che l'uso di tali mezzi non comporta il configurarsi di lobbyng.

Poiché il fine della riforma è di rendere trasparente tale attività, i soli obblighi che devono essere previsti sono l'iscrizione negli appositi elenchi e le informazioni sull'attività svolta attraverso relazioni periodiche che non comportino né la violazione della riservatezza professionale, né la violazione della norme sulla privacy.

Chi deve sottostare a questi obblighi? Un metodo equo potrebbe essere individuato nella generalità di chi svolge attività di lobbyinganche occasionalmente ma sulla base di una retribuzione; dunque «chiunque» svolge tale attività.

Questa formula esige che siano espressamente indicate nella legge le esclusioni, che possono essere legate tanto alle persone quanto alle circostanze. Non svolgono in alcun caso attività di lobbying:

a) i pubblici ufficiali che rappresentano a parlamentari o a funzionari della pubblica amministrazione problemi di loro competenza;

b) i giornalisti;

c) i rappresentanti di stati esteri;

d) i ministri dei culti religiosi;

e) i rappresentanti di organismi di volontariato e di organizzazioni umanitarie;

f) i rappresentanti di partiti politici;

g) chiunque entra in contatto senza essere retribuito per tale attività (ad esempio, un elettore che rappresenta un problema della sua città).

Non si dà luogo a lobbying:

a) quando si organizzano incontri aperti al pubblico da chiunque promossi;

b) in caso di riunioni collegiali fra parti sociali o politiche.

Resta da stabilire se deve essere previsto l'obbligo di iscrizione, in quanto tali, delle società con fini di lucro che hanno come ragione sociale le relazioni istituzionali, delle organizzazioni di categoria, delle società con fini di lucro che abbiano dipendenti addetti all'attività di lobbying.

Si potrebbe optare per la non iscrizione in quanto tali. In questo caso scatterebbe l'obbligo dell'iscrizione per ogni singolo rappresentante che stabilisce un contatto di lobbying.

Si potrebbe optare per determinare l'obbligo di iscrizione cumulativa dei soli funzionari addetti ai contatti di lobbying, con il conseguente obbligo di comunicazione delle eventuali variazioni.

Quanto alle relazioni che i lobbisti dovrebbero essere obbligati a presentare, si potrebbero prevedere due relazioni di base e in aggiunta le suppletive quando necessario:

a) quella iniziale, quando comincia il contatto di lobbying;

b) quella annuale sull'attività svolta;

c) quelle suppletive, per comunicare variazioni sostanziali rispetto alle precedenti relazioni.

Quanto al contenuto delle relazioni, rileva che queste potrebbero escludere tutti i dati che non siano strettamente pertinenti al contatto di lobbying e le persone contattate. Questo è stato il punto più controverso, su cui chiede l'opinione dei membri della Commissione. Per parte sua ritiene in proposito che si potrebbe prevedere l'obbligo di indicare con precisione la funzione o gli organi collegiali cui è finalizzato il contatto di lobbying (ad esempio, la Commissione Industria del Senato o la Presidenza del Consiglio o la Direzione generale delle Finanze). In ordine alle sanzioni, ritiene opportuno escludere sanzioni draconiane e prevedere l'inabilitazione soltanto a seguito di condanna penale per un reato connesso all'attività di lobbying.

Giovanni MELONI, presidente, osserva, in ordine all'opportunità di prevedere o meno l'obbligo di indicare le persone contattate da parte dei lobbisti, che, qualora si escludesse tale obbligo, l'utilità della legge verrebbe meno e si creerebbe una disparità di trattamento tra persone che coprono organi monocratici, e pertanto sono facilmente individuabili, e persone che fanno parte di organi collegiali.

Elio VELTRI (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva, preliminarmente, che sulla Commissione speciale pesa un evidente pregiudizio, in base al quale i componenti della stessa sarebbero presi da un furore giustizialista. Le critiche provengono proprio da persone che hanno presentato proposte di legge i cui contenuti si presentano ben più giustizialisti e confliggenti con i princìpi costituzionali di quelli delle norme poi portate all'esame dell'Assemblea da parte della Commissione. Ciò è avvenuto anche per le norme sull'attività lobbistica. In proposito ritiene che la Commissione debba approvare un testo che abbia dei contenuti rispondenti agli obbiettivi perseguiti, senza cedere alle pressioni di coloro che vorrebbero una normativa «annacquata». Precisa ciò anche con riferimento alle altre proposte di legge all'esame della Commissione. Tra queste vi era anche la sua proposta di legge in materia di conflitto di interessi, materia che, a seguito di un conflitto di competenza sollevato dalla I Commissione, è stata oggetto di una riassegnazione e quindi di un trasferimento alla Commissione Affari costituzionali; probabilmente su tale nuova decisione ha pesato la considerazione della provvisorietà della Commissione speciale - i cui poteri referenti sono soggetti a termine - che come tale non sarebbe idonea ad occuparsi di grandi temi come il conflitto di interessi.

Achille SERRA (gruppo forza Italia), in ordine alle osservazioni da ultimo espresse dal deputato Veltri, osserva che sulla materia del conflitto di interessi vi è stato un regolare conflitto di competenza sollevato dalla I Commissione, le cui richieste sono state accolte dal Presidente della Camera.

Giovanni MELONI, presidente, condividendo le osservazioni del deputato Serra osserva che la I Commissione si è limitata a sollevare il conflitto di competenza sulla materia del conflitto di interessi, inviando a tal fine una lettera al Presidente della Camera. Per parte sua, allorché ha avuto conoscenza di tale deliberazione della I Commissione, ha inviato a sua volta una lettera al Presidente della Camera sostenendo che non vi erano ragioni per modificare l'assegnazione già avvenuta. Ma il Presidente della Camera, contrariamente a quanto ha fatto in precedenti occasioni in relazione a conflitti di competenza sollevati da altre Commissioni, ha deciso di riassegnare la materia alla Commissione Affari costituzionali.

Per quanto in particolare riguarda il testo unificato in esame condivide le osservazioni espresse dal deputato Veltri. Condivide, inoltre, le linee direttrici esposte dal relatore che dovrebbero essere i princìpi cardine della riforma. Propone, quindi, di dare incarico al relatore di predisporre un nuovo testo.

La Commissione consente.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, chiede se sia opportuno che la Commissione proceda a svolgere audizioni informali di soggetti che svolgono attività lobbistica o di loro rappresentanti.

Giovanni MELONI, presidente, riferendosi al quesito del relatore, ritiene che se la Commissione decidesse di svolgere audizioni informali, troppi sarebbero i soggetti da audire e i tempi ristretti a disposizione della Commissione probabilmente non lo consentono. È un'ipotesi tuttavia da valutare.

Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 12,30.

 


 

 


 

Commissione speciale anticorruzione

IN SEDE REFERENTE

Giovedì 19 febbraio 1998. - Presidenza del Presidente Giovanni MELONI.


La seduta comincia alle 10,30.

Testo unificato delle proposte di legge:

Disciplina dell'attività di relazione, per fini non istituzionali o di interesse generale, svolta nei confronti dei membri delle assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi. (244-403-780-1417-1628-2327-2576-2586-2610-ter).

(Seguito dell'esame, adozione di un testo base e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame del testo unificato in titolo, rinviato da ultimo il 29 gennaio scorso.

Giovanni MELONI, presidente, ricorda che nella seduta del 29 gennaio 1998, è stata svolta la relazione.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, richiamandosi alla relazione svolta nella seduta del 29 gennaio scorso, sottolinea che il nodo centrale sollevato dal tema in esame risiede nell'individuazione dei soggetti da sottoporre all'obbligo di iscrizione nei registri. Fa quindi presente di aver predisposto un nuovo testo (vedi allegato). Passa quindi ad illustrarne il contenuto, rilevando che tale testo si incentra sui seguenti punti: innanzitutto la determinazione del carattere pubblico delle attività di relazione e l'istituzione dei registri delle medesime attività presso gli uffici di Presidenza di Camera e Senato e presso la Presidenza del Consiglio. In ordine a quest'ultimo aspetto ricorda che nel testo unificato in esame - che com'è noto è stato stralciato dal più ampio testo recante misure per la prevenzione dei fenomeni di corruzione ora all'esame del Senato - fa riferimento al Garante per la legalità e la trasparenza della attività amministrativa, poi ridenominato Commissione di garanzia per la trasparenza e l'imparzialità delle pubbliche amministrazioni; a tale Commissione il testo all'ordine del giorno attribuisce la tenuta dei registri dei soggetti che svolgono l'attività di relazione con organismi amministrativi. Tuttavia, dato che il testo unificato n. 244 e abbinate-bis già approvato dalla Camera non è divenuto ancora legge, non è possibile far riferimento alla citata Commissione di garanzia. Pertanto nel testo da lei elaborato si prevede che i registri per le attività di relazione con organismi amministrativi siano tenuti presso la Presidenza del Consiglio. Il secondo punto da sottolineare attiene alla definizione delle attività di relazione e soprattutto all'individuazione di quelle attività che non possono essere considerate tali e dei soggetti che devono essere esclusi dall'obbligo di iscrizione. In proposito ritiene che non debbano essere qualificate attività di relazione quelle di interesse generale e comunque pubbliche e che debbano essere esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri i pubblici ufficiali i dirigenti politici, i giornalisti, il corpo diplomatico e i rappresentanti dei culti. L'obbligo di iscriversi nei registri grava quindi, su tutti, coloro che svolgono attività di relazione. Il testo da lei elaborato prevede il divieto di iscrizione per i membri delle Camere, i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio nonché i giornalisti parlamentari; indica, inoltre, quale debba essere il contenuto dei registri, ponendo un obbligo di relazione a carico degli iscritti nei registri stessi che, ogni sei mesi devono presentare relazioni sull'attività lobbistica svolta. La verifica delle relazioni presentate dagli iscritti è demandata alla Presidenza del Consiglio; le verifiche possono comportare l'obbligo di produrre ulteriore documentazione. Quanto al sistema sanzionatorio, si escludono, tra le sanzioni, «inabilitazioni e cancellazioni dai registri», posto che tali registri non sono in alcun modo albi professionali. Si prevede, altresì, che le regioni nella loro autonomia provvedano a regolamentare le attività di relazione secondo i criteri indicati dalla riforma. Infine il testo contiene norme transitorie volte a prevedere servizi che rendano più agevoli le attività di relazione.

Giovanni MELONI, Presidente, ringrazia il relatore per la relazione svolta e per l'impegno profuso nel predisporre un testo che raccoglie molte delle osservazioni emerse nel dibattito parlamentare. Chiede, quindi, al relatore se l'obbligo di iscrizione nei registri gravi anche sui rappresentanti di associazioni di categoria.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, rispondendo al quesito del Presidente, chiarisce che in base al testo da lei predisposto, l'obbligo di iscrizione nei registri dovrebbe gravare sui soggetti delegati alle pubbliche relazioni.

Giovanni MELONI, Presidente, propone di adottare il nuovo testo presentato oggi dal relatore come testo base e di fissare il termine per i relativi emendamenti per mercoledì 25 febbraio prossimo alle 20.

La Commissione concorda.

Giovanni MELONI, Presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame a giovedì 26 febbraio prossimo.

 

La seduta termina alle 10,50.



 

ALLEGATO

 

NUOVO TESTO DEL T.U. N. 244 E ABB-TER ADOTTATO COME TESTO BASE DALLA COMMISSIONE

 

 


Art. 1.

(Registri delle attività di relazione).

 

1. Le attività di relazione svolte nei confronti dei componenti delle assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi si informano ai principi di pubblicità e trasparenza.

2. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri delle attività di relazione. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il registro delle attività di relazione con i responsabili degli organismi amministrativi.

3. I registri sono pubblici.

 

 

Art. 2.

(Definizione di attività di relazione).

1. Per attività di relazione si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intese a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei seguenti soggetti istituzionali:

a) membri del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

b) Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministri, Sottosegretari di Stato;

c) Dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;

d) personale con trattamento superiore delle amministrazioni militari, personale inquadrato nell'VIII e IX livello delle pubbliche amministrazioni pubbliche anche militari o comunque formalmente assegnato a mansioni proprie dei livelli medesimi.

2. Non sono attività di relazione:

a) le attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario;

b) le comunicazioni scritte e orali rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione;

c) le dichiarazioni rese nel corso di incontri e audizioni pubbliche dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni ed ai Comitati parlamentari.

3. Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri:

a) i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni;

b) i dirigenti dei partiti e movimenti politici;

c) i giornalisti nell'esercizio della loro attività professionale di informazione rivolta al pubblico;

d) gli ambasciatori e i diplomatici stranieri in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di Stati esteri;

e) i rappresentanti di enti ecclesiastici e delle confessioni religiose in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di tali enti o confessioni;

f) coloro i quali hanno svolto o svolgono attività di relazione occasionalmente e comunque per non più di un contatto nel corso di un anno.

 

 

Art. 3.

(Obbligo di iscrizione nei registri).

1. Chiunque svolga attività di relazione è tenuto ad iscriversi nei registri.

2. L'iscrizione deve essere effettuata con le modalità di cui al successivo articolo 4 entro quaranta cinque giorni dall'inizio di un'attività di relazione con uno o più soggetti di cui al precedente articolo 1 comma 1.

3. Non possono iscriversi nei registri:

a) i membri delle Camere, nonché i soggetti di all'articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni durante il loro mandato o incarico e nei tre anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare, dell'incarico o dell'ufficio ricoperto, con esclusione di coloro i quali svolgevano professionalmente tale attività in precedenza;

b) gli iscritti all'Associazione della stampa parlamentare.

 

 

Art. 4.

(Tenuta dei registri).

1. Nei registri devono essere annotati:

a) nome, indirizzo, numero telefonico, sede d'affari principale della persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti, amministratori e dipendenti che svolgono attività di relazione;

b) nome, indirizzo, numero telefonico, sede d'affari principale di ogni persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse viene svolta l'attività di relazione;

c) descrizione dell'attività di relazione svolta o che si intende svolgere per conto proprio e nell'interesse di terzi e delle finalità che si intendono perseguire;

d) indicazione dei soggetti istituzionali contattati e che si intendono contattare.

 

 

Art. 5.

(Relazione dei soggetti iscritti nei registri).

1. Entro il 30 giugno ed il 31 dicembre di ogni anno, gli iscritti nei registri sono obbligati a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei registri medesimi una relazione dell'attività svolta nel semestre, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute.

2. Le relazioni devono, inoltre, contenere un elenco delle persone, associazioni, enti o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse l'attività è stata svolta, con le eventuali variazioni intervenute, dei dipendenti o collaboratori che hanno partecipato all'attività e dei soggetti istituzionali contattati.

 

 

Art. 6.

(Verifica delle relazioni).

1. Gli Uffici cui spetta la tenuta dei registri possono disporre verifiche su relazioni e documenti presentati dai soggetti esercenti le attività di relazione ed iscritti nei registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati al riguardo.

2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, di sua iniziativa per le relazioni svolte con i responsabili degli organismi amministrativi ovvero su richiesta degli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati per l'attività di relazione con i membri del Parlamento, verifica la completezza e la veridicità delle relazioni di cui all'articolo 5.

3. Gli stessi uffici alla fine di ogni anno provvedono a redigere una relazione complessiva su tutte le attività svolte dagli iscritti nei registri. Tali relazioni sono pubbliche.

 

 

Art. 7.

(Sanzioni).

1. In caso di omessa iscrizione nei registri si applica la sanzione amministrativa da 10 a 100 milioni di lire.

2. In caso di mancato deposito delle relazioni di cui all'articolo 5, ovvero di non ottemperamento alla richiesta di completare le informazioni o di fornire ulteriori dati, si applica la sanzione da 5 a 50 milioni di lire.

3. Le sanzioni di cui commi 1 e 2 sono comminate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati trasmettono gli atti qualora i soggetti interessati non si adeguino entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione con la quale la Presidenza contesta agli interessati l'omessa ottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge.

 

Art. 8.

(Relazioni con le regioni).

1. Le regioni provvedono con proprie leggi all'osservanza dei princìpi espressi nella presente legge, per disciplinare le attività di relazione di cui all'articolo 1 svolte con i consiglieri regionali, i presidenti e i membri delle giunte regionali, i consiglieri provinciali, i presidenti ed i membri delle giunte provinciali, i consiglieri comunali, i sindaci e i membri delle giunte comunali.

 

 

Art. 9.

(Norme transitorie).

1. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, gli Uffici di presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e la Presidenza del Consiglio dispongono perché siano attivate le strutture e i servizi idonei allo svolgimento delle attività di relazione da parte degli iscritti nei registri e la modulistica per la redazione delle relazioni.

2. In sede di prima applicazione, i soggetti obbligati sono tenuti all'iscrizione nei registri entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

 


 

 


Commissione speciale anticorruzione

 

IN SEDE REFERENTE

 

Martedì 10 marzo 1998. - Presidenza del Presidente Giovanni MELONI. - Interviene il Sottosegretario di Stato per la funzione pubblica Ernesto Bettinelli.

 


La seduta comincia alle 11,40.

 

Sull'ordine dei lavori.

Giovanni MELONI, presidente, propone, e la Commissione consente, di passare subito all'esame del testo unificato delle proposte di legge 244-ter e abbinate in materia di attività di relazione svolta nei confronti dei membri delle assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi.

 

Testo unificato delle proposte di legge:

Disciplina dell'attività di relazione, per fini non istituzionali o di interesse generale, svolta nei confronti dei membri delle assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi (244-403-780-1417-1628-2327-2576-2586-2610-ter).

(Seguito dell'esame e conclusione).

 

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento all'ordine del giorno rinviato nella seduta del 19 febbraio scorso.

Giovanni MELONI, presidente, ricorda che nella seduta del 19 febbraio la Commissione aveva adottato il nuovo testo presentato dal relatore come testo base per il prosieguo dei lavori. A tale testo sono stati presentati emendamenti (vedi allegato).

La Commissione passa all'esame degli articoli del testo unificato all'ordine del giorno e degli emendamenti ad esso presentati.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, intervenendo sul complesso degli emendamenti presentati, fa presente che gli stessi possono dividersi in due gruppi: da un alto, gli emendamenti volti ad escludere i membri del Parlamento dai soggetti nei confronti dei quali può svolgersi attività di relazione; dall'altro, gli emendamenti che escludono l'obbligo di iscriversi nei registri per le organizzazioni sindacali e datoriali.

Su entrambi i gruppi di emendamenti, che affrontano questioni di natura prettamente politica, chiede ai deputati di esprimere la propria posizione al riguardo. Si tratta, a suo avviso, di questioni politiche preliminari.

Donato BRUNO (gruppo forza Italia) sottolinea che gli emendamenti 1.1 e 2.6, presentati da deputati del suo gruppo, si fondano sulla convinzione che il contatto nei confronti di un parlamentare non può di fatto influenzare lo svolgimento della sua attività.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, esprime parere contrario sull'emendamento 1.1.

Il sottosegretario Ernesto BETTINELLI si rimette alla Commissione.

Gian Franco ANEDDA (gruppo alleanza nazionale), intervenendo sull'articolo 1, intende sottolineare che il termine «registro» utilizzato al comma 2 non è molto preciso se riferito alle attività di relazione. Non comprende, infatti, come sia possibile inserire nel registro le relazioni sull'attività.

Giovanni MELONI, presidente, fa presente che anche all'estero si parla di «registri».

La Commissione respinge l'emendamento 1.1 e passa all'esame dell'articolo 2 e degli emendamenti ad esso riferiti.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, esprime parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 2.

Il sottosegretario Ernesto BETTINELLI si rimette alla Commissione.

Gian Franco ANEDDA (gruppo alleanza nazionale) propone di sostituire la parola «membri» di cui al comma 1, lettera a) con la parola «componenti». Ritiene, inoltre, poco chiara la lettera c) del comma 3, poiché è ovvio, a suo avviso, che l'attività giornalistica di informazione sia per sua natura rivolta al pubblico.

Francesco BONITO (gruppo democratici di sinistra-l'Ulivo), relatore, ricorda che la richiesta di salvaguardare esclusivamente l'attività professionale e di informazione rivolta al pubblico è stata avanzata proprio dai giornalisti.

Gian Franco ANEDDA (gruppo alleanza nazionale), in riferimento al comma 2, lettera d), ritiene, da un lato, di difficile attuazione la possibilità di contestare ad un giornalista che abbia svolto attività di informazione non rivolta al pubblico, e dall'altro che l'attività di informazione a mezzo televisivo non possa comunque essere qualificata come attività di relazione.

Esprime, inoltre, perplessità anche sul comma 3, lettera f). Ritiene, altresì, non chiarito dal testo dell'articolo 2 se il contatto di parlamentari nel corso dell'esame dei progetti di legge da parte di soggetti interessati agli stessi, siano da considerare attività di relazione ai sensi del testo in esame o meno.

Donato BRUNO (gruppo forza Italia), in riferimento alla questione testé posta dal deputato Anedda, ritiene che la predetta attività sia da considerare attività di relazione solo se i soggetti che la svolgono percepiscono una remunerazione o ricevono comunque una utilità.

Francesco BONITO (gruppo democratici di sinistra-l'Ulivo), relatore, fa presente che la ratio della disposizione è di garantire la trasparenza dell'attività di relazione e non di impedirla.

Il sottosegretario Ernesto BETTINELLI, in riferimento al comma 1, lettera d), propone di sostituire la parola «livello» con la locuzione «qualifica funzionale».

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, condivide la proposta del deputato Anedda di sostituire la parola «membri» con la parola «componenti», nonché la proposta formulata dal sottosegretario Bettinelli di sostituire al comma 1, lettera d), la parola «livello» con la locuzione «qualifica funzionale».

La Commissione respinge gli emendamenti Frattini ed altri 2.6 e 2.7.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, per quanto riguarda il gruppo di emendamenti volti a non considerare attività di relazione quella svolta dalle organizzazioni sindacali e datoriali, ritiene che se si intende aggiungere nel comma 2 l'attività dei sindacati, allora sarebbe più opportuno comprendere anche le associazioni di categoria.

Il sottosegretario Ernesto BETTINELLI ritiene preferibile riferirsi alle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, preannuncia la presentazione di un suo emendamento all'articolo 2, comma 2, volto a non considerare attività di relazione quelle svolte da organizzazioni sindacali e di categoria.

La Commissione respinge gli emendamenti Frattini ed altri 2.12 e 2.11.

Giovanni MELONI, presidente, avverte che il relatore ha presentato l'emendamento 2.15 che è del seguente tenore:

All'articolo 2, comma 2, dopo la lettera a) inserire la seguente:

a-bis) le attività svolte da organizzazioni sindacali e di categoria.

La Commissione approva l'emendamento 2.15 del relatore, risultando così assorbiti l'emendamento Bastianoni 2.5, gli identici emendamenti Frattini ed altri 2.14, Biondi 2.3 e Trantino ed altri 2.1, gli identici emendamenti Frattini ed altri 2.13, Trantino ed altri 2.2, e Biondi 2.4, e gli emendamenti Frattini ed altri 2.9 e 2.10. Respinge quindi l'emendamento Frattini ed altri 2.8.

Passa all'esame dell'articolo 3 e dell'emendamento ad esso riferito.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, esprime parere favorevole sull'emendamento 3.1.

Gian Franco ANEDDA (gruppo alleanza nazionale) illustra il suo emendamento 3.1, raccomandandone l'approvazione.

La Commissione approva l'emendamento Anedda ed altri 3.1 e passa all'esame dell'articolo 4 e degli emendamenti ad esso riferiti.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, esprime parere favorevole sull'emendamento 4.1 e parere contrario sugli emendamenti 4.2 e 4.3.

Il sottosegretario Ernesto BETTINELLI si rimette alla Commissione.

La Commissione approva l'emendamento Frattini ed altri 4.l e respinge gli emendamenti Frattini ed altri 4.2 e 4.3. Passa all'esame dell'articolo 5 e degli emendamenti ad esso riferiti.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, esprime parere contrario sugli emendamenti 5.5, 5.1, 5.2, 5.3 e 5.4.

Il sottosegretario Ernesto BETTINELLI si rimette alla Commissione.

Gian Franco ANEDDA (gruppo alleanza nazionale) raccomanda l'approvazione del suo emendamento 5.5, volto a prevedere un una sola relazione annuale ritenendo eccessivamente gravoso l'onere di presentare la relazione ogni sei mesi.

La Commissione respinge gli emendamenti Anedda ed altri 5.5 e Frattini ed altri 5.1, risultando così precluso l'emendamento Frattini ed altri 5.2; respinge gli emendamenti Frattini ed altri 5.3 e 5.4.

Passa, quindi, all'esame dell'articolo 6 e dell'emendamento ad esso riferito.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, esprime parere contrario sull'emendamento 6.1.

La Commissione respinge l'emendamento Anedda ed altri 6.1 e passa all'esame dell'articolo 7 e degli emendamenti ad esso riferiti.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, esprime parere contrario sugli emendamenti 7.1 e 7.2 e parere favorevole sugli emendamenti 7.3 e 7.4.

La Commissione respinge l'emendamento Frattini ed altri 7.1; approva l'emendamento Anedda ed altri 7.3; respinge l'emendamento Frattini ed altri 7.2 e approva l'emendamento Anedda ed altri 7.4.

Giovanni MELONI, presidente, ritiene opportuno che il rappresentante del Governo si esprima in merito alla eventualità che il testo risultante dagli emendamenti testé approvati possa recare oneri finanziari a carico del bilancio dello Stato.

Il sottosegretario Ernesto BETTINELLI non ritiene che il testo rechi alcun onere finanziario a carico del bilancio dello Stato.

Marianna LI CALZI (gruppo rinnovamento italiano-l'Ulivo), relatore, ritiene opportune le seguenti modifiche di carattere formale.

Innanzitutto nel titolo andrebbero soppresse le parole: «per fini non istituzionali o di interesse generale»; all'articolo 1, comma 1, andrebbero sostituite le parole «responsabili degli organismi amministrativi» con le seguenti «titolari di pubbliche funzioni». Al comma 2, sarebbe opportuno aggiungere, alla fine del primo periodo, le parole «con i componenti delle assemblee legislative».

Propone, inoltre, di spostare il comma 3 dell'articolo 2 e di aggiungerlo quale comma 4 dell'articolo 3. Dovunque compaia, è opportuno sostituire la parola «membri» con la parola «componenti» e, all'articolo 3, la parola «professionalmente» con le parole «in modo continuativo».

Infine, andrebbero soppresse all'articolo 8 le parole «di cui all'articolo 1». La formulazione dell'articolo 8 sarebbe dunque la seguente:

 

 

Art. 8.

(Relazioni con le regioni).

1. Le regioni provvedono con proprie leggi all'osservanza dei principi espressi nella presente legge, per disciplinare le attività di relazione svolte con i consiglieri regionali e provinciali, i presidenti ed i componenti delle giunte regionali e provinciali, i consiglieri comunali, i sindaci e i componenti delle giunte comunali.

La Commissione approva le modifiche formali proposte dal relatore. Delibera quindi di conferire mandato al relatore Li Calzi a riferire favorevolmente in Assemblea sul nuovo testo unificato delle proposte di legge 244-ter e abbinate, riservandosi il Presidente di nominare i componenti il Comitato dei nove sulla base delle designazioni dei gruppi.

 

Sui lavori della Commissione.

Giovanni MELONI, presidente, rilevato che per la giornata di domani, mercoledì 11 marzo, è previsto in Assemblea lo svolgimento di interpellanze sullo stato della giustizia, propone di convocare la Commissione alle ore 12, anziché alle ore 10.

Propone, altresì, in relazione alle proposte di legge n. 725 e 4339 (Norme sanzionatorie a carico dei partiti politici) di fissare per domani, mercoledì 11 marzo, alle ore 12, il termine per la presentazione di subemendamenti all'emendamento 3.14 del relatore.

 

La Commissione consente.

 

La seduta termina alle 13,10.

 


 



ALLEGATO

Testo unificato delle proposte di legge nn. 244-403-780-1417-1628-2327-2576-2586-2610-ter.

 

ART. 1.

Al comma 2, sopprimere il primo periodo.

1. 1. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

ART. 2.

Al comma 1, sopprimere la lettera a).

2. 6. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

Al comma 1, sopprimere la lettera d).

2. 7. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

Al comma 2, lettera a), dopo le parole: di carattere generale, inserire le seguenti: di rappresentanza di categorie professionali.

2. 12. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

Al comma 2, lettera a), dopo le parole: di carattere generale, inserire la seguente: sindacale.

2. 11. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

Al comma 2, dopo la lettera a) inserire la seguente: le attività svolte da organizzazioni sindacali e di categoria.

2. 15. Il Relatore.

 

 

Al comma 2, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

aa) le attività svolte per scopi istituzionali da organizzazioni sindacali e datoriali senza fini di lucro.

2. 5. Bastianoni.

 

 

Al comma 2, aggiungere la seguente lettera:

a-bis) le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro.

 2. 14. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

Al comma 2, aggiungere la lettera a-bis):

a-bis) le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro.

 2. 3. Biondi.

 

 

Al comma 2, aggiungere la lettera a-bis):

a-bis) le attività di rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro.

 2. 1. Trantino, Anedda, Fragalà, Tremaglia.

 

 

Al comma 3, lettera b), aggiungere le seguenti parole: nonché dei sindacati dei lavoratori e delle associazioni di categoria rappresentative delle imprese.

  2. 13. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

Al comma 3, lettera b), aggiungere le seguenti parole: nonché dei sindacati dei lavoratori e delle associazioni di categoria rappresentative delle imprese.

  2. 2. Trantino, Anedda, Fragalà, Tremaglia.

 

 

Al comma 3, lettera b), aggiungere le seguenti parole: nonché dei sindacati dei lavoratori e delle associazioni di categoria rappresentative delle imprese.

  2. 4. Biondi.

 

 

Al comma 3, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: , dei sindacati e delle associazioni di categoria a vocazione generale;.

2. 9. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli, Biondi.

 

 

Al comma 3, dopo la lettera b), inserire la seguente:

b-bis) i dirigenti dei sindacati e delle associazioni di categoria a vocazione generale.

2. 10. Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Al comma 3 sopprimere la lettera e).

2. 8. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

ART. 3.

Al comma 2, dopo la parola: effettuata inserire le seguenti: una sola volta.

Conseguentemente al medesimo comma sostituire le parole: di un'attività con le seguenti: dell'attività.

3. 1. Anedda, Trantino, Fragalà.

 

 

ART. 4.

Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: e nell'interesse di terzi con le seguenti: o nell'interesse di terzi.

4. 1. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Al comma 1 sopprimere la lettera d).

4. 2. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Al comma 1, lettera d), sopprimere le seguenti parole: e che si intendano contattare.

4. 3. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

ART. 5.

Al comma 1 sopprimere le parole: 30 giugno e conseguentemente sostituire la parola: semestre con le seguenti: anno precedente e sopprimere, poi, al medesimo comma la parola: effettivamente.

5. 5. Anedda, Trantino, Fragalà.

 

 

Al comma 1, sostituire le parole: il 30 giugno e il 31 dicembre con le seguenti: il 15 aprile.

5. 1. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Al comma 1, sostituire le parole: svolta nel semestre con le seguenti: svolta nell'anno precedente.

5. 2. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Sopprimere il comma 2.

5. 3. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Al comma 2, sopprimere le seguenti parole: e dei soggetti istituzionali contattati.

5. 4. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

ART. 6.

Al comma 2, dopo la parola: Parlamento, sostituire le parole: verifica, con le seguenti: può verificare.

6. 1. Anedda, Trantino, Fragalà.

 

 

ART. 7.

Al comma 1, sostituire le parole: da 20 a 100 milioni di lire con le seguenti: da 1 a 10 milioni di lire.

7. 1. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Al comma 2, dopo la parola: sanzione inserire la seguente: amministrativa.

7. 3. Anedda, Fragalà, Trantino.

 

 

Al comma 2, sostituire le parole: da 5 a 50 milioni con le seguenti: di lire 500 mila.

7. 2. Frattini, Aleffi, de Ghislanzoni Cardoli.

 

 

Al comma 3, sostituire le parole: si adeguino con la seguente: ottemperino.

7. 4. Anedda, Fragalà, Trantino.


 

 

 


Relazione della Commissione speciale anticorruzione

 


 

N.244-ter - 403-ter - 780-ter - 1417-ter - 1628-ter - 2327-ter - 2576-ter - 2586-ter - 2610-ter - 4594-A

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DEI

PROGETTI DI LEGGE RECANTI MISURE PER LA PREVENZIONE E LA

REPRESSIONE DEI FENOMENI DI CORRUZIONE

 

 

 

Presentata alla Presidenza il 25 marzo 1998

(Relatore: LI CALZI)

 

sulle

 

PROPOSTE DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

 

MAMMOLA, PALUMBO, FLORESTA (244); LUCCHESE, FRONZUTI, GRILLO, OSTILLIO, SCOCA, TASSONE, D'ALIA, PAGANO, CARDINALE, BALOCCHI, COLLAVINI, FABRIS, ZACCHERA, BURANI PROCACCINI, FRAGALA', CASCIO, PIVA (403); PECORARO SCANIO (780); FRATTINI (1417); VELTRI (1628); VELTRI, SINISCALCHI, ORLANDO, PECORARO SCANIO, STAJANO, PETRELLA, BRANCATI, DI STASI, OLIVIERI, SICA, CAMBURSANO, FRAU, LUCIDI, LUMIA, MALGIERI, MANGIACAVALLO, MASELLI, MIGLIORI, PISCITELLO, POLI BORTONE, POZZA TASCA, REPETTO, SCOZZARI, SOAVE, VALETTO BITELLI, PITTELLA, BIELLI (2327); VELTRI, MALGIERI, SOAVE, COSTA, CAMBURSANO, SICA, LOMBARDI, OLIVERIO, LUMIA, GIACALONE, MANGIACAVALLO, SCOZZARI, ORLANDO, NARDONE, SINISCALCHI, NIEDDA, REPETTO, BRANCATI, PISTELLI, FERRARI, MAGGI, OLIVIERI, DEL BONO, CORSINI, ANGELICI, SCHMID, DI STASI, PETRELLA, PECORARO SCANIO, POZZA TASCA, PISCITELLO, NOVELLI, DANIELI (2576); TREMAGLIA, FRAGALA' (2586); PISCITELLO, DANIELI, SCOZZARI (2610); OSTILLIO, DANESE (4594)

 

Disciplina dell'attività di relazione, per fini non istituzionali o di interesse generale, svolta nei confronti dei membri delle Assemblee legislative e dei responsabili degli organismi amministrativi

 

(Già articoli da 21 a 24 del testo unificato delle proposte di legge nn. 244, 403, 780, 1417, 1628, 2327, 2576, 2586 e 2610, approvato in sede referente dalla Commissione speciale per l'esame dei progetti di legge recanti misure per la prevenzione e la repressione dei fenomeni di corruzione, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 21 gennaio 1998). La proposta di legge n. 4594 è stata abbinata in data 25 marzo 1998.

 

 


 

Onorevoli colleghi! - La proposta di legge che disciplina le attività di relazione si fonda sulla premessa precisa che non si tratta di reprimere e neppure soltanto di contenere un'attività intrinsecamente illecita ed irredimibile, da vedersi necessariamente come pesantemente gravata dal sospetto.

        L'attività di relazione caratterizza, al giorno d'oggi, le grandi democrazie per due ordine di motivi.

        Dalle decisioni assunte in sede rappresentativa dipendono spesso interessi di grande rilievo che, tuttavia, non possono iscriversi tra quelli generali.

        In sede rappresentativa, talora, si devono assumere decisioni ad alto contenuto tecnico delle quali rischia di non essere ben considerata tutta la portata.

        Le attività di relazione, occasionali o sistematiche, sono, dunque, finalizzate a perseguire fini leciti ma non di interesse generale ed è utile alla stessa democrazia che sia conosciuto ogni aspetto del problema oggetto di valutazione e di decisione.

        La disciplina delle attività di relazione, pertanto, afferma il principio della loro liceità ed esige soltanto che esse si svolgano in piena trasparenza, all'internodi un sistema che preveda un serio controllo.

        L'articolo 1 istituisce presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri delle attività di relazione con i componenti delle Assemblee legislative. E' istituito anche, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il registro delle attività di relazione con i titolari di pubbliche funzioni.

        Lo stesso articolo stabilisce che tali registri siano pubblici.

        L'articolo 2 definisce l'attività di relazione e determina puntualmente le esclusioni dalla disciplina. E' attività di relazione ogni informazione, orale o scritta, resa da singoli o da associati, ai parlamentari, al Governo, ai dirigenti della pubblica amministrazione.

        Non danno, invece, luogo ad attività assoggettabili alla disciplina quelle svolte per interesse pubblico, sociale o umanitario, quelle delle organizzazioni sindacali e di categoria, le comunicazioni scritte ed orali rivolte indistintamente al pubblico, le dichiarazioni rese in incontri ed audizioni con il Governo o con le Commissioni e i Comitati parlamentari. Tali esclusioni si fondano sull'incontrovertibile presupposto che si tratta comunque di attività pubbliche, delle quali chiunque può avere contezza.

        L'articolo 3 stabilisce l'obbligo di iscrizione nei registri per tutti coloro che svolgono attività di relazione.

        Poiché il fine della disciplina è di rendere trasparente l'attività di relazione, l'iscrizione nei registri è il primo dei due soli obblighi cui devono sottoporsi coloro che la esercitano.

        Lo stesso articolo fa divieto di iscrizione nei registri, nei tre anni successivi alla scadenza del loro mandato, ai componenti delle due Camere e a tutti coloro che hanno rivestito cariche dirigenziali nella pubblica amministrazione, nel parastato e negli enti statali. Il divieto di iscrizione si estende anche ai giornalisti iscritti all'Associazione della stampa parlamentare. Si intende in tal modo evitare una discutibile commistione di funzioni. Sono esclusi da questo divieto coloro che, prima di accedere a cariche o nomine pubbliche, svolgevano attività di relazione, nell'intento di salvaguardare la loro professionalità.

        Inoltre, l'articolo 3 determina con precisione l'esclusione dall'obbligo di iscrizione nei registri per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio, per i dirigenti politici, per i giornalisti nell'esercizio della loro professione, per i diplomatici stranieri, per i rappresentanti degli enti ecclesiastici e delle confessioni religiose. Si tratta di categorie di persone per le quali l'attività di relazione è strettamente connessa alle loro funzioni e che da tutti possono essere riconosciute nello svolgimento delle stesse.

        Sono altresì esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri coloro i quali svolgono attività di relazione in modo del tutto sporadico. Si ritiene, infatti, che non sia utile gravare di obblighi chi non eserciti l'attività di relazione in modo continuativo. Anzi un eccesso di regolamentazione potrebbe allontanare da un rapporto diretto con i rappresentanti dei pubblici poteri un certo numero di cittadini e ciò non è nell'interesse della democrazia.

        L'articolo 4 stabilisce il contenuto dei registri. In essi vanno annotati le generalità e i recapiti di chi svolge l'attività di relazione e di chi ha interesse nella stessa attività, la descrizione dell'attività svolta e che si intende svolgere, i soggetti istituzionali contattati e che si intendono contattare.

        L'articolo 5 introduce il secondo degli obblighi che è tenuto a rispettare chiunque svolga attività di relazione. Tale obbligo consiste nel depositare presso gli uffici cui spetta la tenuta dei registri una relazione semestrale sull'attività svolta, sugli obiettivi conseguiti, sui mezzi impiegati, sulle spese sostenute. Inoltre, le relazioni devono dar conto delle persone o degli enti che sono stati rappresentati nell'attività di relazione, delle eventuali variazioni intervenute, del numero dei dipendenti o collaboratori impiegati in tale attività e del numero dei soggetti istituzionali contattati. Si richiede, in sostanza, di fornire informazioni essenziali, non vessatorie, ma utili a rendere pubbliche e trasparenti le attività di relazione.

        L'articolo 6 stabilisce gli adempimenti cui sono tenuti gli uffici che tengono i registri delle attività di relazione. Essi possono disporre verifiche sulla documentazione presentata. La Presidenza del Consiglio, di sua iniziativa o su richiesta degli Uffici di Presidenza delle Camere, verifica la completezza e la veridicità delle relazioni depositate dagli obbligati. Gli stessi uffici redigono, alla fine di ogni anno, relazioni riassuntive di tutte le attività di relazione svolte e le rendono pubbliche.

        L'articolo 7 disciplina le sanzioni per le violazioni di cui alla presente legge. Tali violazioni possono essere: l'omessa iscrizione nei registri, il mancato deposito delle relazioni, la non ottemperanza alla richiesta di fornire ulteriori dati. Le violazioni vengono punite con sanzioni amministrative, graduate in relazione alla loro gravità.

        L'esclusione delle sanzioni dalla previsione penalistica risponde alla logica complessiva che ispira la proposta di legge. La disciplina, infatti, mira a stabilire che la sola condizione alle quale devono sottostare le attività di relazione è quella della loro trasparenza. L'eventuale violazione dà, quindi, luogo ad un comportamento non corretto da sanzionare efficacemente, ma non configura la fattispecie di un reato punibile penalmente.

        L'articolo 8, nel rispetto dell'autonomia delle regioni, determina il loro obbligo a disciplinare sulla base dei principi che ispirano la presente legge, le attività di relazione con le assemblee e con le giunte regionali, provinciali e comunali.

        L'articolo 9 contiene norme transitorie, con le quali si dispone che gli uffici cui spetta la tenuta dei registri provvedano ad attivare i servizi idonei a far applicare la nuova disciplina e si fissa entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge la scadenza degli obblighi in sede di prima applicazione.

        La disciplina proposta è agile e facilmente applicabile perché non contiene alcuna regola tesa a penalizzare l'attività di relazione. Le norme contenute nella presente proposta di legge sono utili a separare agli occhi della pubblica opinione le attività di relazione svolte con serietà e con trasparenza da ogni altro rapporto equivoco e che, perciò, non può svolgersi alla luce del sole.

        La proposta di legge, che sottoponiamo al vostro esame ed alla vostra approvazione, colma una lacuna. L'assenza di disciplina per attività così delicate come quelle di relazione è stata e può essere causa di fraintendimenti e di degenerazioni, ai quali si ovvia efficacemente con le norme proposte.

 

LI CALZI, Relatore.

 


 

TESTO DELLA PROPOSTA DI

LEGGE

derivante dallo stralcio

 

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.........................

TESTO

della commissione

Capo III.

DISCIPLINA DELL'ATTIVITA' DI RELAZIONE, PER FINI NON ISTITUZIONALI O DI INTERESSE GENERALE, SVOLTA NEI CONFRONTI DEI MEMBRI DELLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE E DEI RESPONSABILI DEGLI ORGANISMI AMMINISTRATIVI

DISCIPLINA DELL'ATTIVITA' DI RELAZIONE SVOLTA NEI CONFRONTI DEI COMPONENTI DELLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE E DEI TITOLARI DI PUBBLICHE FUNZIONI

Art. 21.

(Obbligo di iscrizione nei registri).

Art. 1.

(Registri delle attività di relazione).

 

1. Le attività di relazione svolte nei confronti dei componenti delle assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni si informano ai principi di pubblicità e trasparenza.

1. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e presso il Garante i registri delle persone, delle associazioni e delle società che svolgono, per fini non istituzionali o di interesse generale, attività di relazione con i membri delle assemblee legislative e con i responsabili degli organismi amministrativi, attraverso proposte, suggerimenti, richieste intesi a perseguire, con l'attività legislativa o amministrativa, interessi di gruppi, categorie e imprese.

2. I soggetti che intendono svolgere l'attività di cui al comma 1 sono tenuti ad iscriversi nei relativi registri. Allo stesso obbligo soggiacciono le società che hanno uno o più dipendenti preposti a tenere i rapporti con i parlamentari e con i pubblici amministratori.

2. Sono istituiti presso gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati i registri delle attività di relazione nei confronti dei componenti delle assemblee legislative. E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il registro delle attività di relazione nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni.

3. I registri sono pubblici.

(V. articolo 3, comma 1).

3. Le attività di cui al comma 1 non possono essere svolte dai membri delle Camere nonché dai soggetti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e da quelli di cui alla lettera l) del comma 1 dell'articolo 11 della presente legge nei tre anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare, dell'incarico ovvero dell'ufficio ricoperto. La medesima disposizione si applica nei confronti degli iscritti all'Associazione della stampa parlamentare.

(V. articolo 3, comma 3).

 

Art. 2.

(Definizione dell'attività di relazione).

1. Per attività di relazione si intende ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intese a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei seguenti soggetti istituzionali:

 

a) componenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

 

b) Presidente del Consiglio dei ministri, Ministri, Sottosegretari di Stato;

 

c) dirigenti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni;

 

d) personale con trattamento superiore delle amministrazioni militari, personale inquadrato nell'VIII e nella IX qualifica funzionale delle pubbliche amministrazioni anche militari o comunque formalmente assegnato a mansioni proprie delle medesime qualifiche.

 

2. Non sono attività di relazione:

 

a) le attività svolte per fini di interesse pubblico, di carattere generale, sociale o umanitario;

 

b) le attività svolte da organizzazioni sindacali e di categoria;

 

c) le comunicazioni scritte e orali rivolte al pubblico ed effettuate anche a mezzo di stampa, radio e televisione;

 

d) le dichiarazioni rese nel corso di incontri e audizioni pubbliche dinanzi a rappresentanti del Governo, alle Commissioni ed ai Comitati parlamentari.

 

 

 

Art. 3.

(Obbligo di iscrizione nei registri).

1. Chiunque svolga attività di relazione è tenuto ad iscriversi nei registri di cui all'articolo 1.

2. L'iscrizione deve essere effettuata una sola volta, con le modalità di cui all'articolo 4, entro quarantacinque giorni dall'inizio dell'attività di relazione nei confronti di uno o più dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1.

3. Non possono iscriversi nei registri:

 

a) i componenti delle due Camere, nonché i soggetti di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, durante il loro mandato o incarico e nei tre anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare o dell'incarico ricoperto, con esclusione di coloro i quali svolgevano in modo continuativo tale attività in precedenza;

 

b) gli iscritti all'Associazione della stampa parlamentare.

 

4. Sono esclusi dall'obbligo di iscrizione nei registri:

 

a) i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni;

 

b) i dirigenti dei partiti e movimenti politici;

 

c) i giornalisti nell'esercizio della loro attività professionale di informazione rivolta al pubblico;

 

d) gli ambasciatori e i diplomatici stranieri in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di Stati esteri;

 

e) i rappresentanti di enti ecclesiastici e delle confessioni religiose in relazione alle attività svolte per conto e nell'interesse di tali enti o confessioni;

 

f) coloro i quali hanno svolto o svolgono attività di relazione occasionalmente e comunque per non più di un'attività di relazione nel corso di un anno.

 

 

Art. 4.

(Contenuto dei registri).

4. Nei registri di cui al comma 1 devono essere annotati:

a) nome, indirizzo, numero telefonico, sede d'affari principale della persona fisica o associazione o società e dei rispettivi rappresentanti o amministratori che svolgono le attività di cui al comma 1;

b) composizione del capitale sociale, nel caso di società di capitali;

c) descrizione dell'attività che si intende svolgere e indicazione dei relativi metodi e mezzi che si intendono impiegare;

d) elenco dei clienti per i quali si intende agire;

e) descrizione dell'attività svolta da ogni singolo cliente.

1. Nei registri devono essere annotati:

a) nome, indirizzo, numero telefonico, sede d'affari principale della persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti, amministratori e dipendenti che svolgono attività di relazione;

b) nome, indirizzo, numero telefonico, sede d'affari principale di ogni persona fisica, associazione, ente o società e dei rispettivi rappresentanti, nel cui interesse viene svolta l'attività di relazione;

c) la descrizione dell'attività di relazione svolta o che si intende svolgere per conto proprio o nell'interesse di terzi e delle finalità che si intendono perseguire;

d) i soggetti istituzionali contattati e che si intendono contattare.

Art. 22.

(Relazioni dei soggetti iscritti nei registri).

Art. 5.

(Relazione dei soggetti iscritti nei registri).

1. Entro sessanta giorni dall'inizio di ogni singola attività, gli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 sono obbligati a presentare alle autorità cui spetta la tenuta dei registri medesimi una dettagliata relazione che indichi le finalità della loro azione, le persone contattate e da contattare, i mezzi che si intendono impiegare e la previsione di spesa.

2. Entro sessanta giorni dalla conclusione di ogni singola attività, gli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 sono obbligati a presentare alle autorità cui spetta la tenuta dei registri medesimi una dettagliata relazione che dia conto dell'attività svolta nonchè degli obiettivi conseguiti e indichi le persone contattate, i mezzi impiegati e le spese sostenute, comprese quelle per eventuali omaggi e donativi.

 

3. Alla fine di ogni anno gli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 sono obbligati a presentare alle autorità cui spetta la tenuta dei registri medesimi una dettagliata relazione, contenente l'elenco dei clienti assistiti con le eventuali variazioni intervenute, l'elenco dei dipendenti o dei collaboratori che hanno partecipato all'attività, l'elenco delle persone contattate, l'indicazione dei settori di intervento, l'elenco di tutte le attività svolte ed un rendiconto delle spese sostenute.

1. Entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, gli iscritti nei registri sono obbligati a presentare agli uffici cui spetta la tenuta dei registri medesimi una relazione dell'attività svolta nel semestre, che dia conto dei contatti effettivamente posti in essere, degli obiettivi conseguiti, dei mezzi impiegati e delle spese sostenute.

2. Le relazioni devono, inoltre, contenere un elenco delle persone, associazioni, enti o società e dei rispettivi rappresentanti nel cui interesse l'attività è stata svolta, con le eventuali variazioni intervenute, dei dipendenti o collaboratori che hanno partecipato all'attività e dei soggetti istituzionali contattati.

Art. 23.

(Verifica delle relazioni).

1. I registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 e le relazioni presentate dai soggetti iscritti nei registri medesimi sono pubblici.

2. Il Garante di sua iniziativa ovvero su richiesta degli Uffici di presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati procede a verificare la completezza e la veridicità delle relazioni presentate dagli iscritti nei registri. Le stesse autorità provvedono alla fine di ogni anno a redigere una relazione complessiva su tutte le attività svolte dagli iscritti nei registri. Tale relazione è pubblica.

Art. 6.

(Verifica delle relazioni).

1. Gli uffici cui spetta la tenuta dei registri possono disporre verifiche sulle relazioni e sui documenti presentati dai soggetti esercenti le attività di relazione ed iscritti nei registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati al riguardo.

2. La Presidenza del Consiglio dei ministri, di sua iniziativa per l'attività di relazione svolta nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni ovvero su richiesta degli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati per l'attività di relazione svolta nei confronti dei componenti del Parlamento, verifica la completezza e la veridicità delle relazioni di cui all'articolo 5.

3. Gli stessi uffici di cui al comma 1 alla fine di ogni anno provvedono a redigere una relazione complessiva su tutte le attività svolte dagli iscritti nei registri. Tali relazioni sono pubbliche.

Art. 24.

(Sanzioni).

Art. 7.

(Sanzioni).

1. In caso di omessa iscrizione nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21, si applica la sanzione amministrativa da 5 a 100 milioni di lire.

1. In caso di omessa iscrizione nei registri si applica la sanzione amministrativa da 10 a 100 milioni di lire.

2. Nei confronti degli iscritti nei registri di cui al comma 1 dell'articolo 21 che depositino una delle relazioni previste dall'articolo 22 in modo incompleto, si applica una sanzione amministrativa fino a 50 milioni di lire.

2. In caso di mancato deposito delle relazioni di cui all'articolo 5, ovvero di non ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni o di fornire ulteriori dati, si applica la sanzione amministrativa da 5 a 50 milioni di lire.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 è altresì dichiarata, nei confronti dei soggetti responsabili, l'inabilitazione all'esercizio dell'attività di cui all'articolo 21.

 

4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 sono comminate dal Garante, al quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati trasmettono gli atti quando ne ricorrano gli estremi.

3. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono comminate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, per quanto di loro competenza, trasmettono gli atti, qualora i soggetti interessati non ottemperino entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei ministri contesta agli interessati l'omessa ottemperanza agli obblighi di cui alla presente legge.

 

 

Art. 8.

(Regioni ed enti locali).

1. Le regioni provvedono con proprie leggi ad assicurare l'osservanza dei principi contenuti nella presente legge, per disciplinare le attività di relazione svolte nei confronti dei consiglieri regionali e provinciali, dei presidenti e dei componenti delle giunte regionali e provinciali, dei consiglieri comunali, dei sindaci e dei componenti delle giunte comunali.

 

Art. 9.

(Norme transitorie).

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli Uffici di Presidenza del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e la Presidenza del Consiglio dei ministri adottano le iniziative opportune affinché siano attivate le strutture ed i servizi idonei allo svolgimento delle attività di relazione da parte degli iscritti nei registri e sia predisposta la modulistica per la redazione delle relazioni.

 

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2. In sede di prima applicazione, i soggetti interessati sono tenuti all'iscrizione nei registri entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

 

 


 



[1]     La Commissione speciale è stata istituita con delibera della Camera il 26 settembre 1996.

[2]     Termine ultimo per la conclusione dei lavori.

[3]     Oltre al personale con trattamento superiore delle amministrazioni militari e quello inquadrato nelle qualifiche superiori delle pubbliche amministrazioni, anche militare, o comunque formalmente assegnato a mansioni proprie delle medesime qualifiche.

[4]     La Presidenza del Consiglio si attiva su sua iniziativa per l’attività di relazione svolta nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni, ovvero su richiesta degli Uffici di Presidenza del Senato e della Camera per l’attività di relazione svolta nei confronti dei parlamentari.

[5]     Regione Toscana, legge regionale 18 gennaio 2002, n. 5, Norme per la trasparenza dell'attività politica e amministrativa del Consiglio regionale della Toscana. Con deliberazione n. 29 dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del 9 aprile 2002, la Regione Toscana ha approvato un Disciplinare per l’attuazione della L.R. 5/2002.

[6]     Regione Molise, legge regionale 22 ottobre 2004, n. 24, Norme per la trasparenza dell'attività politica ed amministrativa del consiglio regionale del Molise.

[7]     D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.