COMMISSIONE IV
DIFESA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 28 luglio 2004


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI RAMPONI

La seduta comincia alle 14,20.

Audizione del capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa, generale Giuseppe Bernardis, sullo stato di attuazione del programma pluriennale di ricerca e sviluppo dello stato maggiore dell'Aeronautica n. 2 del 2002, relativo allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter-JSF.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa, generale Giuseppe Bernardis, sullo stato di attuazione del programma pluriennale di ricerca e sviluppo dello Stato maggiore dell'Aeronautica n. 2 del 2002, relativo allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter-JSF. Il generale Bernardis è accompagnato dal tenente colonnello Sandro Spalluti.
Quando la Commissione si espresse nei confronti di questo programma fu anche precisato che, poi, avrebbe dovuto esservi un rendiconto dei ritorni che sarebbero maturati dalla partecipazione italiana: è quello che oggi vorremmo sentire. Ringrazio l'illustre ospite per la sua disponibilità e gli do senz'altro la parola.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della Difesa. Signor presidente, onorevoli deputati, sono il capo del IV reparto della segreteria generale del Ministero della difesa ed il capo del programma Joint Strike Fighter-JSF per quanto riguarda la parte governativa che cura l'andamento del progetto. Il mio intervento si baserà su una breve introduzione e tratterò l'andamento e lo sviluppo del programma, i costi, la partecipazione industriale, la fase di produzione e supporto - cioè la fase successiva a quella attuale dello sviluppo -, con alcune considerazioni e conclusioni finali.
La partecipazione internazionale vede coinvolte molte nazioni nell'ambito del programma descritto durante la presentazione di due anni fa e se sono aggiunte altre. La partecipazione al primo livello vede coinvolto solo il Regno Unito, che ha firmato il memorandum con il governo statunitense nel 2001; al secondo livello è presente l'Italia - che ha firmato il memorandum il 24 giugno 2002 e dopo l'approvazione di questa Commissione per circa mille milioni di dollari - e l'Olanda; al terzo livello partecipano, invece, la Turchia, il Canada, l'Australia, la Danimarca e la Norvegia, con varie cifre a seconda dei diversi paesi, e poi si sono aggiunti Israele e Singapore. Questi ultimi non partecipano come partner al programma ma hanno sottoscritto un accordo bilaterale con gli Stati Uniti (Secutity cooperation participation), che gli permette di avere accesso ad un numero limitato di informazioni, ma di non avere accesso ai ritorni industriali, come succede per noi.
Per quanto riguarda la situazione politica del programma, al momento negli Stati Uniti è stato deciso di controllare rigidamente la spesa dei programmi che riguardano la difesa, soprattutto quelli di carattere aeronautico o aerospaziale, perché ci sono stati aumenti dei costi estremamente elevati, particolarmente su alcuni programmi aeronautici, uno dei quali è quello antecedente all'F-35 (Joint


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Strike Fighter), cioè l'F-22, che ha avuto un aumento dei costi similare al nostro programma Eurofighter. In particolare, questo programma avrà un controllo sui rischi e sulle prestazioni, che hanno portato ad un allungamento del programma di circa 12 mesi rispetto a quello realmente previsto. Tale allungamento servirà a diminuire alcuni difetti tecnici, che consistono essenzialmente nell'aumento del peso del velivolo nella versione a decollo corto e ad atterraggio verticale, nella quale era in corsa la ditta costruttrice e che porterebbe ad una penalizzazione nell'impiego del velivolo: di conseguenza, è stato chiesto di allungare di 12 mesi lo sviluppo del programma per poter avere il velivolo come era stato inizialmente previsto.
Per l'Italia il programma rappresenta uno sforzo tecnico-economico che intendiamo salvaguardare, anche sul dettato dato dal Parlamento quando ha autorizzato il programma, ottenendo quello che ci serve da un punto di vista operativo e, contemporaneamente, assicurando al comparto industriale italiano il ritorno adeguato, non tanto quantitativamente dal punto di vista esclusivamente finanziario, quanto dal punto di vista tecnologico e della possibilità di competizione dell'industria nazionale nei riguardi di quella mondiale.
Vediamo la competizione globale come un reale momento di crescita del comparto industriale nazionale: l'industria italiana, sino ad oggi, era stata «abituata», infatti, ad operare in un sistema chiuso, a ritorno garantito, privo di stimoli che inducessero il nostro comparto ad accrescere competitività nei riguardi delle altre industrie.
Quanto alle predisposizioni per la produzione, queste saranno successive all'attuale fase di sviluppo e ne farò alcuni cenni nel prosieguo del mio intervento; in relazione alla situazione finanziaria nazionale, vorrei, in ogni caso, osservare che l'Italia ha partecipato e partecipa alla fase di sviluppo con un investimento di 1.028 milioni di dollari, cioè circa il 4 per cento del valore di quest'ultima. Ad oggi, sono stati già pagati importi per un ammontare pari a 315 milioni di dollari. Sono 1.028 i milioni di dollari complessivamente previsti, e - per quanto ci riguarda - siamo riusciti a negoziare, con il Governo americano, la destinazione all'Italia di 65 milioni di dollari, somma a nostra discrezionale disponibilità e necessaria all'effettuazione di investimenti diretti nell'industria nazionale. Questo intervento aiuterà il comparto italiano a competere con le industrie americane e più generalmente internazionali che partecipano al programma stesso.
Sono già state avviate le procedure per il finanziamento dei primi progetti per l'acquisizione di strumentazione, e per tuning idoneo a sviluppare particolari ad altissima tecnologia, che l'industria italiana non aveva neppure incluse nel programma Eurofighter.
Dall'inizio della fase di sviluppo - sono decorsi circa tre anni da allora - è intervenuto un allungamento del programma, come dicevo precedentemente, per affinamenti tecnici, essenzialmente per l'abbattimento del peso del velivolo per decollo corto. Il peso sta attualmente rientrando nei limiti: si trattava di eliminare circa duemila libbre, cioè una tonnellata di peso del velivolo, il quale, come sottolineavo poc'anzi, seppure avrebbe potuto volare con un peso eccessivo, in tali condizioni sarebbe stato incapace, però, di atterrare sulla porta aerei riportando indietro tutti i carichi di cui è dotato. È quello che avviene attualmente, ad esempio, per gli AV-8B, i quali, prima di atterrare sulla portaerei, devono liberarsi dei carichi oltre soglia, e gettarli in acqua, ciò che implica, per noi, un costo esorbitante da sostenere. Il programma di riduzione del peso, invece, ha risposto ad una scelta di maggiore rigidità che consentisse di superare i limiti appena evidenziati, a prezzo di un allungamento dei tempi previsti. Non mancano, comunque, aspetti positivi; lo dimostra il fatto che tutti i parametri chiave di specifica, individuati per verificare se il programma di cui si discute proceda o meno in modo ottimale, risultano compresi entro i limiti stabiliti. Quanto ai motori, i risultati appaiono particolarmente soddisfacenti, sia per quello originario, concepito dalla ditta Pratt&Withney - con la quale collaborano, però,


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anche ditte italiane - sia per il nuovo, che dovrà risultare del tutto intercambiabile con il primo. Si tratta di un motore di concezione General Electric, in collaborazione con la ditta italiana AVIO.
I software di bordo hanno dato risultati estremamente positivi e anche i sistemi di emissione non presentano, al momento, alcun problema. Si è verificato, però, un aumento dei costi, dovuto all'allungamento del programma e ad altre ragioni di cui vi dirò successivamente.
Questo aumento è stato sostenuto completamente dagli Stati Uniti. Nessun paese partner si è accollato i costi degli incrementi, come previsto inizialmente dal memorandum negoziale.
Quanto all'andamento e allo sviluppo del velivolo, si prevedono tre blocchi di velivoli. L'Italia acquisirà il terzo blocco a partire dal 2013 o dal 2014.

PRESIDENTE. Si tratta di blocchi di produzione?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Sono blocchi di produzione iniziale. Si tratta di una fase distinta dalla produzione vera e propria: non vorrei chiamarla «prototopica», è però una fase intermedia tra questa ultima e la produzione consolidata. La produzione consolidata, dal 2014, partirà in maniera consistente con numeri di riferimento molto elevati. Quella di cui si discute, è, invece una produzione ridotta relativa, appunto, ad un livello intermedio.

MARCO MINNITI. Quali sono i numeri di acquisizione?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Per l'Italia nessuno. L'Italia partirà con i velivoli di blocco tre, già a produzione avviata.

PRESIDENTE. Mi perdoni, ma non riesco a comprendere quanto lei mi sta dicendo. Si tratta di fase prototipica avanzata o produzione anticipata ?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Signor presidente, mi riferivo ai primi due blocchi.

PRESIDENTE. Grazie della precisazione. Quella fase riguarda, pertanto, una serie di operazioni che non interessano l'Italia, che acquisirà, dunque, come lei spiegava, il terzo blocco, corrispondente alla produzione «normale».

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Sì, esattamente. Noi acquisteremo la produzione normale, a velivolo già finito, anche per una serie di considerazioni che non possiamo svolgere in questa sede. In ogni caso, non possiamo porre questo programma al di sopra di Eurofighter. Esistono tempistiche e priorità che debbono essere, infatti, rispettate dall'Italia.
Ancora in materia di costi, si è partiti, all'inizio della fase di sviluppo, con una certa spesa, e poi, all'inizio del dicembre 2002, sono subentrati costi addizionali, essenzialmente dovuti all'aggiunta di nuovi requisiti e alla partecipazione straniera; successivamente, nel 2003, vi è stato un ulteriore incremento dovuto all'inclusione, tra le voci di costo, dei «rischi», sia potenziali (tra cui rientra il ritardo del programma per esigenze di riduzione del peso del veivolo) sia conosciuti.
Precedentemente, infatti, non era stato considerata questa voce, cioè la possibilità che ci fossero delle manchevolezze nello sviluppo: il governo americano ha ritenuto, quindi, successivamente, di provvedere ad inserire tra i fattori di costo anche questo, prima non contemplato. L'incremento di spesa, però, come sottolineavo precedentemente, viene assorbito completamente dagli Stati Uniti. I costi sono, infine, espressi in milioni di dollari e sono riferiti esclusivamente al blocco completo della fase di sviluppo.

ROBERTA PINOTTI. Lei ha parlato dell'aumento dei costi correlandolo alla richiesta di nuovi requisiti, nonché all'ampliamento


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della partecipazione internazionale. In che senso ciò determina un incremento delle spese da sostenere?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Nel senso che esistono, da un lato, delle predisposizioni comuni ai vari paesi e, dall'altro, una serie di iniziative variabili, correlate a richieste internazionali particolari (in base, a cui, ad esempio, possono essere adattate alcune parti di velivolo specifiche). Ad esempio, l'Italia, insieme alla Norvegia, ha avanzato richiesta di uno studio per l'integrazione dell'armamento europeo (con particolare riferimento al missile europeo).

PRESIDENTE. Mi sembra strano, però, che tali incrementi di spesa siano interamente a carico degli Stati Uniti. Capisco il caso di eventuali aumenti dovuti all'inserimento dei rischi, capisco meno invece l'ipotesi di un intervento finanziario statunitense relativo ad eventuali aggiustamenti, come nel caso della richiesta avanzata da Italia e Norvegia. In questa ipotesi, ritengo dovremmo essere noi a sostenere le spese addizionali.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. In realtà, signor presidente, l'Italia e la Norvegia sono chiamate a sostenere le spese relative a certi interventi specifici, ma ne esistono altri, relativi all'andamento del programma, di cui determinano un allungamento, che, proprio in quanto legati a voci di costo non precedentemente previste dagli Stati Uniti ma solo successivamente da questi reinserite, verranno finanziati dal governo americano.

PRESIDENTE. Su questo punto siamo d'accordo; per quanto riguarda, però, le integrazioni specifiche non credo che ad intervenire possano essere ancora gli Stati Uniti.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Riguardo alle tipologie di intervento dell'industria italiana sul velivolo, che non descriverò, posso dire che vi è stato un sostanziale aumento nel numero di partecipanti, almeno negli ultimi sei mesi e l'industria italiana è riuscita, nonostante un avvio molto lento, progressivamente ad acquisire la metodologia e le capacità per poter affrontare la partecipazione alle gare internazionali, caratteristiche di questo programma, le quali hanno condotto ad un ritorno industriale piuttosto consistente. Vorrei, quindi, fare un richiamo all'accordo bilaterale siglato tra l'Italia - cioè dal Ministero della difesa - e Lockheed Martin, in base al quale è stato previsto un minimo garantito di partecipazione industriale pari a 320 milioni di dollari e un'alta confidenza per 590 milioni di dollari.
Questo era l'accordo che avevamo concluso, senza il quale - come affermato dall'allora segretario generale - noi non avremmo partecipato al programma, in mancanza di un minimo garantito.

PRESIDENTE. Alta confidenza vuol dire attendibile speranza?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Alta confidenza vuol dire attendibile speranza di una partecipazione industriale per 590 milioni di dollari. Questo è quanto avevamo negoziato.

PRESIDENTE. La partecipazione industriale per 590 milioni di dollari rappresenta il massimo, includendo la partecipazione minima garantita per 320 milioni di dollari?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Sì, esattamente.
Relativamente a questa fase di sviluppo, abbiamo già concluso contratti per 138 milioni di dollari e ottenuto impegni per ulteriori contratti - che sono garantiti, a meno che il programma non sia cancellato - per altri 515 milioni di dollari. Perciò, in totale siamo oltre i 600 milioni di dollari, garantiti già adesso, a due anni


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dalla partenza del programma. Ci sono ulteriori opportunità, cioè altre gare che le industrie italiane dovranno vincere per potersele aggiudicare, per circa 500 milioni di dollari. Nella documentazione è evidenziato il modo in cui le varie imprese sono state inserite nel programma. A questo quadro si aggiunga un contratto concluso, 15 giorni fa, da Galileo avionica, che ha vinto una gara - per la prima volta - relativa ad un apparato elettro-ottico altamente sofisticato per il sistema di targeting del velivolo. Non ce lo saremmo mai aspettato perché, in questi settori di guerra elettronica e di avionica, gli americani sono estremamente restrittivi e tendono a favorire le loro industrie nell'assegnazione delle commesse.

PRESIDENTE. Qual è l'importo di questo contratto?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. L'importo è inferiore ai 30 milioni di dollari, ma potrebbe essere ripetuto nella fase di produzione.
È interessante notare la partecipazione di Alenia - che ha una parte importante nella partecipazione complessiva - nella costruzione dell'ala del velivolo. In questa realizzazione, Alenia è considerata il secondo fornitore dell'ala. Il primo fornitore è la Lockheed Martin, che è l'industria principale; il secondo fornitore mondiale è Alenia. Tutto ciò che è al di sopra di un certo livello sarà prodotto da Alenia. Tale livello è rappresentato dal completamento della capacità produttiva della linea di produzione Lockheed Martin negli Stati Uniti. Ciò comporterà che Alenia procederà alla costruzione di circa 1.300 ali, con ritorni, in proiezione, per circa 5 o 6 miliardi di dollari, per tutta la durata di vita del programma. Nella prima fase, quella della costruzione ridotta, Alenia avrà un ritorno per 390 milioni e poi per altri 20 milioni di dollari; quindi, per un totale di circa 400 milioni di dollari.
Per quanto riguarda la fase di produzione e di supporto, cioè la fase successiva a quella di sviluppo, si dovrà entrare in una negoziazione abbastanza serrata. Ovviamente, tutte le imprese che hanno vinto gare relative alla fase di sviluppo ormai sono già inserite e possono continuare nella fase di produzione. Però, vorremmo negoziare con gli Stati Uniti, e con gli altri partner, la suddivisione sia della produzione sia, soprattutto, del supporto logistico. Proprio in questi giorni, come sappiamo, una nostra delegazione, accompagnata da alcuni industriali, negli Stati Uniti sta negoziando con Lockheed Martin la parte del supporto logistico, per poterci portare i dati utili alla decisione successiva.
Per quanto riguarda il quantitativo di velivoli in acquisizione, i numeri riportati nella documentazione sono quelli al momento utilizzati per considerazioni relative sia ai costi sia alla partecipazione. Il numero relativo agli Stati Uniti è praticamente consolidato; gli altri dati rappresentano numeri nozionali - anche quello italiano di 131 unità - che noi utilizziamo ma che sono ancora suscettibili di variazioni, a seconda delle future condizioni di negoziazione e di approvazione nei singoli paesi. Praticamente, il numero totale di 3.165 unità verosimilmente sarà raggiunto e ci sono altri paesi, come Israele, sicuramente, ma anche Singapore ed altri ancora, che si rivolgeranno quasi sicuramente verso questo tipo di macchina. Perciò, i numeri varieranno tra le 3 mila e le 4 mila unità. La produzione, quella ridotta, per gli Stati Uniti, sarà avviata nel 2008, mentre per gli altri Stati nel 2013 o 2014. Nel frattempo, sia gli Stati Uniti sia gli altri paesi svolgeranno alcune attività in comune, come già ora avviene sia relativamente alla fase di collaudo, sia quanto all'addestramento del personale.
Un aspetto che non ho ricordato, ma ritengo costituisca un notevole premio di questo programma, è la partecipazione di personale industriale italiano nei team di progettazione. Al momento, una cinquantina di ingegneri di Alenia, Aerea e Datamat, nel Texas, stanno lavorando sulla progettazione del velivolo, ancorché in settori che non siano classificati, perché ancora non hanno ottenuto l'autorizzazione ad entrare nei settori classificati.


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Progressivamente, vi entreranno, come è accaduto per i tecnici di Galileo, che ha ottenuto quella commessa. Un ulteriore numero di ingegneri, fino a 131, parteciperà alle varie fasi di sviluppo del programma. Questa è una notevole possibilità di apprendimento di tecniche e tecnologie che potremo riportare a casa e utilizzare nel settore industriale italiano.
La partecipazione allo sviluppo ci sta garantendo un minore costo di acquisizione dei velivoli di produzione. Questo è il motivo per cui siamo entrati nello sviluppo con quella cifra, all'inizio. Inoltre, beneficeremo di un recupero dei costi investiti tramite i diritti che deriveranno dalla vendita del velivolo a paesi terzi, quelli non partecipanti come partner. Si aggiunga che abbiamo la possibilità di influenzare i requisiti del velivolo, abbiamo visibilità sul programma e su tecnologie e soluzioni innovative che sono impiegate, oltre all'accesso ad alcune informazioni che, altrimenti, non sarebbero accessibili. Beneficeremo, altresì, di trasferimenti di tecnologia, di un significativo livello di partecipazione dell'industria nazionale e della possibilità, che stiamo valutando in maniera abbastanza consistente, di creare una linea di assemblaggio in Italia, che potrebbe portare l'industria italiana - se le negoziazioni in corso andranno a buon fine - a costituire un polo di eccellenza nell'area mediterranea, per l'assemblaggio e la manutenzione di questi velivoli. Quindi, ci sarà una capacità di supporto logistico autonomo.
Per quello che riguarda i rapporti con gli Stati Uniti, inizialmente il programma è stato abbastanza duro - come si è risaputo - mentre ora, a poco a poco, stiamo affinando le procedure e stiamo ottenendo un numero sempre crescente di autorizzazioni per poter fare accedere le nostre industrie ai livelli che a noi interessano. Contiamo di avere una situazione stabilizzata per il prossimo anno.
Questo ci darà una maggiore competizione e penetrazione nei mercati globali, con il know-how di ritorno che riusciremo a riportare e con le tecnologie che avremo guadagnato. Ci stiamo inserendo in un programma di scala di 3-4 mila velivoli ed abbiamo anche la possibilità di stringere delle alleanze strategiche con i vari partner, soprattutto non americani. Infatti, stiamo avviando numerosissime iniziative con il Regno Unito, con l'Olanda, con la Danimarca e con la Norvegia per avere in ambito europeo una capacità autonoma di gestione di questa macchina, pur rimanendo connessi al sistema americano. Infatti, la macchina non dovrà discostarsi dalla base iniziale, per non sostenere dei costi aggiuntivi e per poter essere interoperabili costantemente con le altre macchine statunitensi.
Altri paesi si stanno interessando al programma: l'ultimo è la Spagna, che deve sostituire i suoi velivoli AV-8B per imbarco sulle navi, ancorché finora non abbia partecipato al programma.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare richieste di chiarimento.

ROBERTA PINOTTI. Ringrazio il generale per la sua illustrazione e perché gran parte dei quesiti che avevo posto nella mia interrogazione hanno già trovato risposta in ciò che ha riferito.
Nella discussione fatta due anni fa in Commissione, alla possibilità di esprimere un parere favorevole era stata posta la condizione di avere una linea di assemblaggio finale in Italia. Mi pare che il relatore, credo che fosse l'onorevole Cossiga, avesse qualche problema ad inserire tale condizione, mentre dalla sua illustrazione la possibilità è effettivamente concreta. Volevo capire se, complessivamente, la nostra partecipazione al progetto possa diventare interscambiabile con il percorso europeo sull'ammodernamento degli armamenti, come questa tecnologia possa sposarsi con la possibilità di inserire missili (il lavoro svolto insieme dall'Italia e dalla Norvegia) e, in generale, con la capacità di interloquire con quello che stiamo mettendo a punto a livello europeo. Dalla sua illustrazione mi pare di capire che esista un lavoro attento rispetto a questa possibilità perché per noi rappresenta un elemento importante e fondamentale.


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Visto che stiamo pagando un programma di ricerca e sviluppo, volevo chiarimenti sull'effettivo passaggio di tecnologie. L'avere investito anche in modo significativo può darci dei ritorni rispetto al fatto che acquisteremo tali veicoli ad un costo minore, che possono esserci ricadute sull'industria italiana ed un trasferimento di tecnologie? L'utilizzazione del personale - allora si parlava di 100 ingegneri mentre adesso stanno aumentando di numero - può portare alla formazione di personale che torni in Italia con un trasferimento di tecnologia oppure tale trasferimento può essere un po' ridotto? Quindi, gli ingegneri italiani che stanno lavorando al progetto sono effettivamente coinvolti in parti significative e stanno acquisendo una tecnologia che, poi, speriamo ritorni in Italia, con ricadute positive sulla nostra produzione e sulla nostra capacità tecnologica?
Lei ha già risposto rispetto ai tempi e ai costi, ma le formulo un quesito sulla copertura dei costi che, forse, è più di competenza del Governo. Nella relazione sul progetto fornita dal servizio studi si dice che, di fatto, una parte del finanziamento è coperto dal capitolo 7177 dello stato di previsione del Ministero della difesa, ma questa parte non copre il finanziamento complessivo. Inoltre, nella stessa relazione è riportato che c'è un'integrazione di fondi derivanti da interventi a sostegno del piano di cui non sono indicate la provenienza e l'entità. Quindi, mi interessava capire complessivamente come venga completato il finanziamento.
Infine, lei ha accennato anche al fatto che questo programma deve proseguire prestando attenzione anche a quello Eurofighter.
Recentemente parte della Commissione difesa è stata al salone di Farnborough e successivamente ho letto sui giornali delle dichiarazioni preoccupate per un eventuale ritardo nei finanziamenti sul progetto Eurofighter da parte dell'Italia e della Germania, tale che potrebbe presupporre un ulteriore ritardo rispetto alla produzione. Visto che è stata citata la questione dell'Eurofighter, come si procede rispetto ai tempi e agli impegni che complessivamente sono stati assunti?

PRESIDENTE. Mi scuso con i colleghi e i nostri interlocutori, ma dobbiamo sospendere brevemente la seduta della Commissione in relazione ai lavori dell'Assemblea.
Sospendo pertanto la seduta.

La seduta, sospesa alle 14,50, è ripresa alle 15.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori. Invito il generale Bernardis a rispondere al quesito posto.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. In sintesi, per quanto riguarda la linea di montaggio, ancora non possediamo la certezza che le operazioni previste interesseranno l'Italia. Stiamo perseguendo in modo deciso questo obiettivo, anche perché una ipotesi simile, dal nostro punto di vista, potrebbe risultare di notevolissima utilità. Peraltro, la manutenzione del velivolo, a tecnologia Stealth (l'aereo è cioè dotato di caratteristiche particolari - sia per le forme, sia per i trattamenti superficiali di verniciatura a cui viene sottoposto - per risultare invisibile ai radar), dovrebbe avvenire in condizioni determinate, sulla base di linee di montaggio specifiche.
Quello che stiamo valutando, anche al fine di supportare l'industria nazionale, è la possibilità che l'Italia si occupi anche della parte Stealth - la quale, certamente, non potrà essere affidata ad una industria qualsiasi -; i trattamenti, in tal caso, potrebbero essere effettuati all'interno di un apprestamento governativo, nella fattispecie un centro di manutenzione nazionale, dove l'industria italiana in concorso con il Ministero della difesa si facciano carico del controllo relativo all'applicazione di questa tecnologia. La discussione in proposito è tuttora in atto, sebbene esista già un via libera dell'industria americana sul punto. Non è stato invece ancora acquisito il nulla osta del governo


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americano, correlato alla conclusione degli appositi accordi con la parte industriale.
Per quanto concerne, poi, l'impegno e l'impiego di risorse umane dell'industria nazionale negli Stati Uniti, abbiamo incontrato notevoli difficoltà iniziali, particolarmente nell'apertura di documentazione e nel passaggio di informazioni al nostro personale. Attualmente, si registrano però miglioramenti, dovuti al perfezionamento del tessuto dispositivo preesistente, in direzione di un'apertura crescente al personale italiano, sia governativo, che lavora a Washington - si tratta esattamente di sette persone - sia industriale vero e proprio, concentrato essenzialmente a Fort Worth, nel Texas, nella sede della Loockheed Martin. I risultati - all'origine piuttosto negativi - sono ora crescenti, in corrispondenza dell'incremento di unità di personale che può accedere a livelli adeguati di informazioni, documenti e tecnologie. Per correttezza, informo comunque che pure gli operatori britannici - i quali hanno avviato questo tipo di operazioni prima di noi -, non essendo cittadini statunitensi, per lungo tempo hanno incontrato ostacoli alla loro attività, perché privi delle autorizzazioni all'accesso in alcuni settori. Anche i britannici, in ogni caso, stanno progressivamente ottenendo le varie autorizzazioni necessarie agli accessi, in base ad accordi bilaterali particolari.
Venendo al tema del finanziamento, non sono a conoscenza delle problematiche ad esso relative. Sinora non abbiamo incontrato difficoltà vere e proprie ed eventuali problemi intervenuti non si sono posti per ragioni di ordine programmatico (relativi cioè ad una precisa scelta sugli stanziamenti finanziari) quanto, piuttosto, per questioni momentanee e contingenti di cassa.
Per quest'anno, in ogni caso, come per gli anni precedenti, il finanziamento è stato assicurato. Per quanto riguarda, invece, l'accostamento di questo programma ad Eurofighter 2000, che non è in competizione con il primo, sebbene taluni lo sostengano, l'obiettivo cui tendiamo è quello di articolare i programmi in modo che ne sia possibile la gestione contemporanea, in termini di capacità gestionale e finanziaria. Sarebbe sciagurato farli confliggere. Giustamente, come è stato sottolineato, se il programma relativo a Eurofighter dovesse slittare, questo problema si presenterebbe. Per quanto ci riguarda, non riteniamo che un evento simile accada.
Ovviamente, un blocco del programma Eurofighter 2000 per due o tre anni determinerebbe certamente seri problemi. D'altra parte, se questo avvenisse, si tradurrebbe automaticamente nell'impossibilità, da parte nostra, di proseguire il programma in futuro, poiché l'arresto delle operazioni implicherebbe un tale incremento di costi da rendere improcedibile qualsiasi tappa successiva. Ritengo, comunque, con una buona dose di obiettività, che entro questo anno non dovrebbero esserci problemi per firmare il contratto della seconda tranche di Eurofighter.

MARCO MINNITI. La seconda tranche?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Sì, ovvero il nerbo di quanto interessa al nostro paese. La seconda tranche si riferisce, infatti, alla capacità Air superority, con le residuali capacità aria-suolo, cioè quanto avevamo richiesto sin dall'inizio.

MARCO MINNITI. Mi pare che le informazioni che il generale Bernardis ci ha fornito confermino che si tratta di un lavoro difficile ma di un lavoro che va avanti. Quindi, da questo punto di vista, penso che sia buona norma, signor presidente, continuare ad avere una informazione step by step di questo programma che considero particolarmente rilevante. Ritengo che debba essere espresso un apprezzamento per i nostri negoziatori che, a mio avviso, hanno lavorato sostanzialmente bene.
Vorrei rivolgere alcune domande al generale Bernardis, chiedendogli anche una certa precisione nelle risposte. Il punctum dolens di questi programmi - come lei


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sa, signor generale - è il trasferimento di informazioni e tecnologia. A che punto siamo nella negoziazione bilaterale tra il Governo italiano e quello degli Stati Uniti? Altri paesi sono ad un livello di negoziazione più avanzato rispetto al nostro. Lei ha citato il Regno Unito; probabilmente questa considerazione riguarda anche l'Australia. Noi avevamo incominciato un lavoro preparatorio. Ad un certo punto, sembrava che quel lavoro preparatorio potesse alludere a soluzioni positive anche abbastanza ravvicinate. Posso sapere a che punto siamo? C'è stato uno sviluppo? Se c'è stato un intoppo, per quale ragione c'è stato? Sappiamo che la questione riguarda certamente questo programma ma, più in generale, la cooperazione nel campo della difesa tra il nostro paese e gli Stati Uniti.
La seconda questione riguarda il problema del costo del velivolo. Come lei sa, una delle ragioni che hanno indotto il nostro paese a scegliere di entrare in questo programma, pur con una posizione abbastanza diversificata rispetto agli altri paesi europei, era il quadro di un progetto low cost, cioè quello di un velivolo dalle prestazioni particolarmente elevate con costi particolarmente bassi. Le sembra di poter affermare, al punto in cui siamo, che questa previsione possa essere confermata? Non voglio che legga nella sfera di cristallo, ma lei sa, signor generale, che la storia dei programmi industriali, soprattutto in campo aeronautico, è caratterizzata da tante buone intenzioni mai rispettate (non vorrei citarle tutte, perché l'elenco sarebbe lunghissimo). Il quadro è del tutto evidente. Uno dei prerequisiti fondamentali della decisione fu quello di avere un mix tra prestazioni e costi particolarmente favorevole. Allo stato dell'arte, anche alla luce di quanto ho ascoltato, le sembra che questa previsione possa essere considerata ragionevolmente fondata? Soprattutto, quale sensazione suscita questo programma rispetto agli altri che, pure, sono stati presenti nel panorama dell'industria aerospaziale americana? In altri termini, si percepisce realmente la sensazione che il Joint Strike Fighter sarà veramente scelta di tutte le forze armate americane? Non c'è dubbio che, al di là di varie partnership, anche al di fuori degli Stati Uniti, lo zoccolo duro delle acquisizioni è tutto interno agli Stati Uniti. Non sfugge a nessuno, come non sfuggirà nemmeno a lei, che il programma F22, ad esempio, partito in un certo modo, oggi è un programma ai limiti del collasso e dell'accantonamento perché i costi sono diventati esorbitanti da essere assolutamente impraticabili per lo stesso bilancio della Difesa statunitense che, come lei sa, è particolarmente ricco e assolutamente non paragonabile a quello di qualunque altro paese europeo.
Infine, un'ultima questione. È possibile effettuare una previsione circa l'impatto che avrà su questo programma la prevista riduzione del bilancio della Difesa che ammonta, come cifra complessiva, ad 1,8 miliardi di euro, con 0,8 miliardi di euro che dovrebbero essere ricompensati? Al di là della relativa vaghezza della compensazione, in ogni caso, anche con la compensazione ci troveremo di fronte ad un evidente ridimensionamento, pari a due miliardi di euro. Tutto ciò può provocare - se non per quest'anno, per i prossimi anni - un impatto negativo su questo programma?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Per quanto riguarda il trasferimento di tecnologia e la discussione tra governi, al di là del tema specifico del JSF, si tratta di una attività continuamente condotta, nell'ambito della Difesa, in maniera abbastanza coesa con il Ministero degli affari esteri italiano. Continuamente si svolgono meeting e negoziazioni per potere ottenere il massimo di informazioni da parte delle autorità americane ed anche una copertura garantita, cioè la sottoscrizione di norme. Altro è l'accordo bilaterale per il singolo programma, infatti, ed altro è una copertura, un ombrello per qualsiasi tema trattato. Non posso disconoscere che ci sono alcune problematiche riguardo a questo particolare soggetto, essenzialmente dovute, a mio avviso, alla situazione interna statunitense.


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Anche in ragione del fatto che ci troviamo in un anno elettorale, il Congresso ha accentuato moltissimo il sistema di controlli interni e moltissimi parlamentari hanno evocato la possibilità di aumentare il livello di restrizioni, che già sono notevoli.
Per quanto riguarda l'avvicinamento ai paesi, per così dire, più favoriti - tra i quali lei ha citato la Gran Bretagna e l'Australia, ma bisogna includervi anche il Canada e, parzialmente, solo per alcuni settori, la Nuova Zelanda - che beneficiano di norme più permissive per quanto riguarda il trasferimento di tecnologia, nel settore specifico del JSF e di queste tecnologie sicuramente siamo ad un livello quasi similare. La mia percezione è che non siamo molto lontani da quello che ottiene la Gran Bretagna. Quest'ultima beneficia di trasferimenti di tecnologia maggiori in alcuni settori che non sono di interesse nazionale per l'Italia, quali, ad esempio, il settore nucleare o quello dei sistemi specifici dedicati all'intelligence. Per quanto riguarda il JSF abbiamo acquisito, più o meno, le stesse condizioni. Tuttavia, non siamo ancora soddisfatti delle condizioni ottenute e sono continuamente perseguiti questi obiettivi che lei ben conosce.
Per quanto riguarda il costo del velivolo, ricordo che quando il programma è stato presentato a questa Commissione, in una precedente occasione, ci si è riferiti a costi che avrebbero dovuto essere contenuti e mantenuti nel tempo. Il programma è costruito per poter realizzare questo. Non so se ci si riuscirà ma, sicuramente, al momento per noi il costo del velivolo convenzionale, denominato URF (unit recurring flyaway cost), è di 42 milioni di dollari statunitensi e si discosta dal costo iniziale, di 28 milioni. Tuttavia, i 42 milioni sono relativi alle condizioni economiche 2004 mentre i 28 milioni iniziali attenevano alle condizioni economiche del 1994, cioè di dieci anni fa.
È aumentato più dell'inflazione ma i costi sono nettamente più bassi di programmi similari: non si avvicina minimamente al discorso dell'F22 perché quest'ultimo è un programma che è stato, prima di tutto, cosparso di traversie di carattere tecnico e tecnologico, ma poi è stato ridotto da 750 a 280.

MARCO MINNITI. Il problema è che l'F22 era partito con costi unitari molto più bassi e poi si è arrivati a superare la soglia dei 100 milioni di euro.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Sono anche il capo programma di Eurofighter e, quindi, abbiamo il suo paragone. Anche tale programma ha avuto delle problematiche di carattere tecnico e tecnologico, che non sono state fondamentali per creargli problemi, nonché di carattere politico, di accordi internazionali e di numeri che sono stati fissati, che però certamente non verranno rispettati in maniera completa perché il discorso delle vendite all'estero è aleatorio.

MARCO MINNITI. Citavo l'F22 perché siamo partiti da 700, si è arrivati a 200 ed adesso si parla di acquisizioni che potrebbero essere nell'ambito di poche decine.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Per quanto riguarda la sua domanda circa l'assicurazione degli americani sull'acquisizione del loro numero, per il momento l'Aeronautica non ha alternative di sostituzione degli F16, se non con questa macchina. Addirittura, l'Aeronautica americana si è espressa anche per la versione a decollo corto per sostituire gli A-10, che sono il loro cavallo di battaglia per le operazioni di rischieramento. Quindi, verosimilmente, questi numeri verranno mantenuti e non ho la possibilità di fare delle valutazioni diverse. I numeri sono stati calati specificatamente nell'ambito della Marina americana, la quale ha preferito acquisire un certo numero di F18 Eco superiore a quello che aveva preso originariamente perché sono subito disponibili, a scapito di un certo numero di velivoli convenzionali della versione navale.


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Cerchiamo di mantenere aggiornate tali valutazioni, anche per massimizzare il ritorno del nostro investimento. Alla base del programma, sia dal punto vista industriale sia governativo, rimane sempre la grande scommessa che, per poter vincere, bisogna partecipare: quindi, stiamo cercando di partecipare in maniera attiva per ricavare il massimo possibile. Dobbiamo svolgere la funzione di monitoraggio e di controllo in maniera più stretta possibile e l'industria deve seguirci attivamente per quanto riguarda la sua parte, in modo tale da portare a casa il ritorno previsto.

ROBERTO LAVAGNINI. Vorrei fare una considerazione sulla difesa americana e sulle spese di ricerca tecnologica degli Stati Uniti rispetto all'Europa. Penso che, nonostante i nostri sforzi in questi accordi bilaterali, non potremo mai accedere a tutta la tecnologia più avanzata che gli Stati Uniti metteranno, probabilmente, solo sui loro velivoli e non su quelli che predisporranno per altri paesi.
In questi giorni abbiamo varato la nostra portaerei Cavour, la quale avrà una prua allungata proprio per il decollo e la ricezione aerea. Vorrei sapere se il JSF con il decollo corto rientra negli aerei che possono essere imbarcati dalla Cavour.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Il JSF italiano ad atterraggio verticale è un programma basato essenzialmente sulla nave Cavour perché, al di là di un unico studio sulla composizione della flotta mista fra decollo corto e convenzionale, tutti gli altri erano stati fatti fondamentalmente per poter imbarcare questo aereo sulla nave italiana. Quindi, sulla nave è stato tutto predisposto solo per questo tipo di aereo, anche perché questo sarà l'unico da imbarcare su una nave come la nostra ed è anche uno dei motivi fondamentali per cui siamo entrati nel programma. Comunque, anche se l'Aeronautica avesse rinunciato a tutte le caratteristiche di questo velivolo, acquisendo solo gli Eurofighter, la Marina avrebbe potuto solo comperare questo aereo. A suo tempo avevamo calcolato che, con un numero di velivoli appena superiore a quello necessario, avremmo avuto il ritorno adeguato partecipando al programma, invece che comprarli pronti al termine dello sviluppo.

PRESIDENTE. Dalla relazione si dice che avete ottenuto la libertà di 65 milioni di dollari da reinvestire sulle aziende italiane per finanziarie i progetti di ricerca e sviluppo. Allora, avete pensato di integrarli in termini di ricerca oppure siete rimasti su tale cifra, considerato anche che, rispetto alle nostre previsioni, con il cambio ci abbiamo guadagnato? Oggi parlare di un milione di dollari vuol dire mille 600 miliardi e non 2 mila miliardi come quando autorizzammo la spesa (200 miliardi all'anno per dieci anni). Quindi, volevo sapere se questi 65 milioni dollari rimangano tali.
Inoltre, come è stato definito il numero di 131 velivoli in acquisizione? Nella relazione è chiaramente detto che si tratta di dati orientativi: abbiamo preso pari pari la linea dei Tornado e degli AMX?
Vorrei sapere, infine, quando ritiene che potrà nuovamente aggiornare la Commissione con un altro rapporto.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Il meccanismo di assegnazione dei 65 milioni di dollari passa, comunque, attraverso l'ufficio di programma americano, ma sono a discrezione italiana per poter incentivare l'industria italiana. Sono stati ottenuti dalla cifra iniziale americana, che era tutta per il governo americano, perché nelle negoziazioni abbiamo detto che avremmo voluto aiutare la nostra industria a diventare competitiva. Stiamo già aiutando l'industria nazionale in settori che sono anche para JSF con il piano di ricerca nazionale presentato in Parlamento e, quindi, possiamo utilizzare i 65 milioni di dollari per incentivare l'industria in tali settori, mettendoli a rapporto con quello che già si sta facendo in Italia.
Centotrentuno è il quantitativo iniziale di velivoli previsto, necessario alla sostituzione


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degli AM-X, quantificati in 109 (cioè un numero inferiore a quello dei 138 originari, in quanto l'aereo di cui si discute possiede una capacità maggiore); dobbiamo, inoltre, considerare i complementi aerei ai 131 previsti, corrispondenti ai velivoli da imbarcare sulla portaerei Garibaldi per dotare la Marina delle sue componenti in sostituzione degli AV 8B.

PRESIDENTE. Ma questi velivoli non dovrebbero sostituire anche i Tornado?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Per quanto riguarda i Tornado, in un primo momento non era emersa l'esigenza di provvedere alla loro sostituzione - che avverrà tra il 2018 e il 2020 -; solo adesso è stata rappresentata allo Stato maggiore della difesa, da parte degli Stati maggiori forza armata, questa necessità. Pertanto, la sostituzione dei Tornado rientrerà anche nella componente JSF.
All'epoca in cui il problema si pose, si aprì addirittura un dibattito attorno alla possibilità che a sostituire i Tornado fossero gli Eurofighter oppure i JSF. Come è noto, successivamente emerse l'insostenibilità del programma di sviluppo di Eurofighter per mancanza di risorse sufficienti. Verosimilmente, quindi, il numero previsto di 131 di velivoli per l'Italia aumenterà di un'aliquota anche dipendente da eventuali problemi di finanziamento.

PRESIDENTE. Quanto alla presentazione del prossimo rapporto?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Ritengo che la presentazione del rapporto debba risultare correlata alla negoziazione del prossimo memorandum per la produzione, ovvero a venire nel 2006. Sempre che non intervengano novità significative prima di quella data, dovrebbero trascorrere due anni di tempo prima di presentare un nuovo rapporto.

PRESIDENTE. Lei ritiene che nel frattempo non avverrà nulla, dunque? Mi scuso, ma credo di non aver ben capito. Lei ha detto che nel 2006 si provvederà a stipulare il nuovo memorandum...

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Memorandum che non coincide con il contratto.

PRESIDENTE. Bene. La produzione inizia in quale data?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Nel 2008 per gli americani e nel 2014 per l'Italia.

PRESIDENTE. E allora perché è stato previsto un programma di ricerca e sviluppo di dieci anni?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. In realtà il motivo è che i due programmi finiscono per accavallarsi.

PRESIDENTE. Continuo ad esprimere le mie perplessità. Si prevede un programma di ricerca e sviluppo decennale sino al 2014, nel 2004 sarà stipulato un memorandum per la produzione e a partire dal 2006 la produzione verrà avviata?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Si, perché il memorandum di produzione vale per tutte le nazioni, a prescindere dalla fase in cui l'Italia entrerà.

PRESIDENTE. Continuo a non comprendere. Mi domando a quale ricerca e sviluppo saranno destinati i nostri 200 miliardi annui, considerando che già nel 2006 la produzione verrà avviata.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. La produzione è riferita,


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però, al primo blocco di velivoli, privi delle capacità che noi richiediamo. Il nostro velivolo apparterrà al terzo blocco. In ogni caso, sarà mia cura provvedere a trasmettere agli uffici di questa Commissione i documenti necessari, specificamente riferiti a quanto appena illustrato, per tutti i chiarimenti del caso.

PRESIDENTE. L'Inghilterra, ad esempio, quale blocco acquisterà?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Velivoli del secondo e soprattutto del terzo blocco.

PRESIDENTE. Le sarò comunque molto grato se provvederà alla trasmissione di quel materiale documentale perché, nonostante tutto, continuo a non comprendere con chiarezza certe scelte.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. Certamente. In ogni caso, considerazioni analoghe valgono anche per gli Eurofighter. Stiamo organizzando sviluppo e produzione insieme, scelta che giustifica la previsione di blocchi successivi.
Venendo alla domanda che mi era stata precedentemente posta dall'onorevole Minniti, a proposito dell'eventuale impatto indotto da una futura decurtazione dei finanziamenti, posso ritenere che - rispetto allo specifico programma di cui si discute -, in ragione delle risorse frazionate di cui oggi si dispone, non possano aversi ricadute significative.
Certamente, anche il programma in esame rientrerà nella revisione, attualmente in corso, di tutti i progetti della difesa: se per alcuni di questi esiste un preciso obbligo di esecuzione e, pertanto, ben difficilmente potremmo eluderne il pagamento, per altri sarà invece possibile modulare le spese.
Al momento, in ogni caso, non abbiamo ancora la percezione dell'impatto rispetto alla programmazione complessiva, non tanto per l'anno prossimo - quando le ricadute saranno comunque molto forti - quanto per i successivi. Molto dipenderà anche dall'articolazione del bilancio della difesa e dalle priorità che si intenderà perseguire.

PRESIDENTE. Ha detto che l'anno prossimo l'impatto ci sarà?

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. L'anno prossimo l'impatto complessivo sarà fortissimo perché il taglio è previsto proprio per tale periodo. Ma non sappiamo quali siano le ricadute per gli anni successivi...

PRESIDENTE. Capisco. Dunque il rapporto verrà presentato in concomitanza con la sigla del memorandum.

GIUSEPPE BERNARDIS, Capo del IV reparto della Segreteria generale del Ministero della difesa. All'atto della firma del memorandum, o addirittura prima, qualora si riscontrino esigenze di chiarimento, in proposito ad alcuni aspetti individuati, provvederemo ad informare nuovamente la Commissione. Potremmo anche convenire un incontro periodico annuale. Non abbiamo infatti alcuna difficoltà a presentare un rapporto simile alla Commissione.

PRESIDENTE. La ringrazio della sua disponibilità. Provvederemo a discutere sull'utilità di un incontro annuale per ottenere le informazioni necessarie sui programmi di cui si è discusso e sulla loro evoluzione. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.