COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI), III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI), IV (DIFESA) E IX (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 18 marzo 2003


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IV COMMISSIONE LUIGI RAMPONI

La seduta comincia alle 13,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, come stabilito a seguito dell'odierna riunione degli uffici di presidenza e acquisita sul punto l'intesa del Presidente della Camera, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva diretta sul canale satellitare della Camera dei deputati.
(Così rimane stabilito).

Comunicazioni del Governo sull'utilizzo da parte statunitense delle infrastrutture di trasporto italiane e sui connessi problemi di sicurezza.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Governo sull'utilizzo da parte statunitense delle infrastrutture di trasporto italiano e sui connessi problemi di sicurezza.
Avverto che, come stabilito a seguito dell'odierna riunione degli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi delle Commissioni riunite, dopo le comunicazioni del ministro per i rapporti con il Parlamento si procederà allo svolgimento degli interventi, a cui è riservato un tempo complessivo di dieci minuti per ciascun gruppo. Il tempo a disposizione delle componenti del gruppo misto è di cinque minuti ciascuna. È stato altresì stabilito che gli interventi delle componenti politiche del gruppo misto si svolgeranno secondo un ordine decrescente rispetto alla loro consistenza numerica.
Comunico che l'onorevole Minniti, che ha richiesto per primo lo svolgimento della riunione odierna, mi ha informato che non potrà essere presente perché impegnato con la Commissione antimafia nella sua regione, in Calabria: mi ha pregato di riferirlo ai commissari, rassicurandomi circa un'adeguata partecipazione del gruppo di cui egli è parte.
Do la parola al ministro Giovanardi, che ringrazio per essere intervenuto alla seduta odierna.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Grazie, presidente. L'azione diplomatica del Governo italiano si è ricollegata alle conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 17 febbraio, che hanno ribadito l'obiettivo di un pieno ed effettivo disarmo dell'Iraq, in accordo con le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare della ormai famosa n. 1441, che impone al regime di Bagdad di cooperare immediatamente, senza condizioni, ed attivamente con gli ispettori ONU in quella che anche l'Unione europea considera l'opportunità finale di risolvere la crisi pacificamente.
Le attività di presenza e transito di uomini e mezzi statunitensi sul territorio nazionale rientrano nel quadro complessivo degli impegni assunti dall'Italia nell'ambito di alleanze ed accordi internazionali. Tali accordi trovano il proprio fondamento nell'articolo 3 del trattato di Washington: si tratta di accordi sia generali, che prevedono forme di assistenza militare reciproca tra i due paesi, sia particolari, che disciplinano gli aspetti


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della presenza e delle attività dei contingenti militari statunitensi, sottoscritti su basi di assoluta pariteticità e reciprocità. Tra essi, meritano di essere citati l'atto bilaterale sulle infrastrutture del 20 ottobre 1954, al quale sono strettamente collegati un accordo tecnico aereo del 30 giugno 1954, un accordo tecnico navale del 20 ottobre dello stesso anno ed il memorandum di intesa tra il Ministero della difesa della Repubblica italiana ed il dipartimento della difesa degli Stati Uniti, stipulato il 2 ottobre 1995 e specificatamente riferito alle installazioni ed infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia.
Dal predetto quadro di accordi discende la regolamentazione specifica circa il sorvolo e lo scalo sul territorio nazionale da parte di velivoli stranieri, l'uso dei porti e del sistema ferroviario. In particolare, il transito dei veicoli militari e civili dei paesi stranieri sul territorio italiano è subordinato alla preventiva autorizzazione del Governo. Le procedure per il rilascio prevedono l'intervento dell'ENAC, l'ente nazionale dell'aviazione civile, per i sorvoli e gli scali degli aeromobili civili su aeroporti civili e aeroporti militari aperti al traffico civile, del Ministero della difesa, stato maggiore dell'aeronautica, per il sorvolo e scalo su aeroporti militari o civili di velivoli militari o su aeroporti militari di velivoli civili che svolgono attività aerea per esigenze di tipo militare. Per le competenze dell'aeronautica militare è previsto che le richieste siano avanzate allo stato maggiore tramite gli addetti militari accreditati in Italia per i paesi con cui è vigente un accordo di cooperazione o tramite il Ministero degli affari esteri per i restanti paesi. Rispetto a tali previsioni procedurali generali, sono tuttavia esenti dall'obbligo di richiesta i paesi ai quali, in regime di reciprocità, siano stati rilasciati, mediante accordi bilaterali, autorizzazioni permanenti al sorvolo e scalo sul territorio nazionale: tra questi figurano i paesi della NATO ed in particolare gli Stati Uniti d'America.
Per quanto attiene all'uso dei porti, è prevista la possibilità per le navi statunitensi o di altra nazionalità che operano per trasporto di personale e merci delle forze armate statunitensi, certificati dal Department of the Navy, di entrare nei porti italiani. Anche l'uso di trasporti ferroviari è regolamentato dai predetti accordi che, nello specifico, sono integrati da una convenzione di tipo tecnico amministrativo tra il Governo degli Stati Uniti e l'Ente delle ferrovie che disciplina il servizio da rendere, comprese le tariffe da applicare e le conseguenti modalità di pagamento, da parte degli Stati Uniti. Attualmente, è in vigore una convenzione del 1984 che è stata prorogata nel 1992 senza alcuna specifica scadenza. Naturalmente, posso mettere a disposizione dei commissari tutti gli atti a cui faccio riferimento, poiché si tratta di convenzioni ed accordi internazionali a volte molto dettagliati, ma che possono essere facilmente consultati dai colleghi.
Questo sistema di accordi è stato richiamato da tutti i paesi della NATO nel quadro della strategia alleata dopo l'11 settembre. Al riguardo, il Consiglio atlantico approvò, il 4 ottobre 2001, una richiesta americana di alcune misure tra cui la concessione dell'autorizzazione permanente di sorvolo e l'autorizzazione all'accesso per gli alleati a porti ed aeroporti nel territorio nazionale. L'assunzione da parte italiana di quelle misure fu sostenuta da specifici atti di indirizzo parlamentare del 9 ottobre e del 7 novembre 2001, rispetto ad una situazione, quella della lotta al terrorismo internazionale, ancora in atto. Nella situazione in argomento, non si è trattato, quindi, di assumere una decisione sul concedere o meno l'uso del nostro sistema infrastrutturale di trasporto, bensì della semplice presa d'atto dell'esercizio da parte dell'alleato di quel regime autorizzatorio di cui è destinatario in ragione di decisioni assunte in passato, ribadite nel tempo e condivise più volte dalla stragrande maggioranza del Parlamento.
Una visione diversa della questione comporterebbe inevitabilmente la messa in discussione degli impegni internazionali assunti dal nostro paese e, pertanto, il Governo non rileva alcuna azione giustificativa


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sia sul piano giuridico sia su quello procedurale sia su quello tecnico e militare sia ancora su quello politico. Questi accordi non sono stati mai messi in discussione anche da altri governi e da altre maggioranze in momenti, per il nostro paese, di altrettanta gravità. Tali accordi, inoltre, non risulta siano stati sino ad ora messi in discussione dai paesi dell'alleanza, che continuano ad assicurare agli alleati statunitensi sia l'uso di basi sia il supporto logistico e di sicurezza necessari.
In sostanza, con il non diniego al transito sul territorio nazionale si continua a fornire un contributo ad una credibile pressione sul regime iracheno, perché collabori attivamente alla piena ed immediata applicazione della risoluzione 1441. Il Governo italiano intende continuare sulla linea della pressione militare sino all'ultimo minuto e non perdere la speranza...

PIER PAOLO CENTO. È scoppiata la guerra! È scoppiata la guerra!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento... e non perdere la speranza che si possa concludere la questione in maniera pacifica. Il Governo italiano sta lavorando per una pacifica composizione della crisi sino all'ultimo, finché c'è la speranza di evitare il conflitto.
In caso di ostilità, il Governo - come ripetutamente affermato - è disponibile a presentarsi in Parlamento; oggi alle 15,30 si svolgerà la Conferenza dei capigruppo alla Camera, e di seguito quella al Senato, che determineranno tempi e modi della presentazione del Governo per riferire al Parlamento gli ultimi sviluppi della situazione. In tal senso, ricordo che il Governo ha tenuto costantemente e tempestivamente informato il Parlamento sia attraverso comunicazioni epistolari ai presidenti delle Commissioni difesa di Camera e Senato il 9 e 28 gennaio ed il 14 febbraio, sia attraverso un'informativa del ministro della difesa il 21 gennaio, sia con la risposta del ministro per i rapporti con il Parlamento alle interrogazioni presentate nel question time, dall'onorevole Rizzo e dall'onorevole Deiana, rispettivamente il 22 e il 26 febbraio, sia con le comunicazioni del ministro degli esteri, onorevole Frattini, sulle linee di politica estera italiana il 29 gennaio, sia con le comunicazioni del Presidente del consiglio dei ministri il 19 febbraio, dalle quali sono conseguite risoluzioni approvate dal Parlamento.
Ciò detto, con riferimento alle questioni oggetto della richiesta di informativa si riportano di seguito ulteriori e più specifici elementi di informazione. Per quanto attiene ai trasporti ferroviari, peraltro conclusi nel mese di febbraio, si è trattato di alcuni convogli che, nello stesso mese, hanno trasportato mezzi ed attrezzature logistiche da Grisignano o da Verona alla base militare di Camp Darby. In particolare, sono stati trasportati essenzialmente autocarri, veicoli fuoristrada, macchine per movimento terra e mezzi per la movimentazione di carichi. I treni, come da prassi nei trasporti di materiale militare statunitense, ancorché non critico, sono stati scortati dai carabinieri della Setaf di Verona, che hanno compiti di vigilanza e scorta convogli e da personale militare americano in veste di accompagnatori.
Si è trattato, in sostanza, di attività che hanno assunto aspetti di eccezionalità solo in riferimento al contesto in cui si sono svolti. Infatti, simili trasporti avvengono normalmente, anche se con minore frequenza, da sempre, senza che ciò abbia mai provocato una qualsivoglia forma di protesta o di allarme. Non vi è stato alcun problema di rischio per le popolazioni locali, per i vettori e per il personale delle ferrovie; semmai qualche disagio per i cittadini in viaggio, sulle stesse tratte ferroviarie, non certo dovuto ai convogli per i trasporti dei mezzi statunitensi, considerato il limitato numero di treni impiegati e la frequenza giornaliera degli stessi, è stato dovuto alle forme di protesta messe in atto da gruppi di dissenzienti.
Tuttavia l'attività si è svolta senza incidenti; i manifestanti hanno avuto modo di esprimere il loro dissenso, mentre le


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forze dell'ordine (che il Governo ringrazia), con professionalità ed equilibrio, sono riuscite ad evitare scontri.
Per quanto riguarda l'uso dei porti italiani da parte dei mezzi navali statunitensi, non risulta si siano registrate sino ad ora situazioni di particolare valenza. In altri termini, al momento non vi è stato uno specifico intensificarsi delle attività rispetto alla normale presenza in acque italiane o presso i nostri porti di naviglio alleato.
Per quanto attiene all'uso dello spazio aereo italiano e degli aeroporti, occorre dire subito che, contrariamente a quanto ventilato da alcuni, non risulta ad oggi che l'attività di volo statunitense abbia comportato situazioni di rischio, di pericolo o di intralcio per il normale traffico aereo. Tutto avviene nel più rigoroso rispetto della normativa in vigore e l'attività sinora non risulta sia stata di problematica gestione. In particolare, le operazioni di vettori militari su aeroporti militari e su quelli militari aperti al traffico civile non hanno fatto registrare alcuna difficoltà, specialmente nella contestuale attività di velivoli civili.
Per quanto attiene ai velivoli civili ed agli spazi aerei o agli aeroporti affidati al controllo del traffico aereo civile, i due enti di competenza sono l'ENAC, deputato al rilascio delle autorizzazioni di sorvolo e scalo dei velivoli civili stranieri, e l'ENAV, che fornisce il controllo del traffico aereo a tutti i velivoli che operano negli spazi assegnati all'aviazione civile. L'esplicazione dell'attività aerea civile tra Italia e Stati Uniti è regolata dal protocollo di intesa sottoscritto a Chicago in data 6 dicembre 1999 (le date che riferisco fanno riferimento a governi e maggioranze diverse e diversificate; si tratta di impegni internazionali del paese che hanno sempre avuto una propria logica e continuità), che non prevede il rilascio di alcuna autorizzazione al sorvolo dei rispettivi territori nazionali, in regime di reciprocità. L'ENAC, pertanto, si limita a prendere semplicemente atto degli «operativi» notificati dai vettori ed a fornire le necessarie informazioni agli organismi di coordinamento aeroportuali.
Ciò premesso, recentemente, un certo numero di velivoli, per lo più civili noleggiati allo scopo, hanno effettuato scali tecnici in aeroporti italiani e, specificamente, su quelli militari di Aviano e Sigonella e su quelli civili di Malpensa e Fiumicino. Tali scali, principalmente finalizzati ad attività di rifornimento di carburante, di cambio equipaggio o, quando necessario, ad interventi tecnici sul velivolo, avvengono in aree riservate. Non è previsto che il personale di trasporto lasci l'area di sosta. Per avere un dato significativo, su Malpensa e Fiumicino, nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, la media di questi voli è di tre voli al giorno.
La scelta dell'aeroporto è stata indirizzata, nei casi di Aviano e Sigonella, dalla presenza in loco di unità statunitensi idonee a fornire il necessario supporto logistico e, nel caso di Fiumicino e Malpensa, dalla presenza di strutture di assistenza tecnica delle compagnie aeree civili, che hanno noleggiato velivoli alle forze armate degli Stati Uniti. Tale attività non ha interferito in maniera significativa con la normale attività commerciale.
Tra le varie questioni connesse con la problematica in argomento, è stato chiesto se gli accordi bilaterali, in base ai quali il Governo ha ritenuto legittimo l'uso statunitense della nostra rete infrastrutturale dei trasporti, fossero stati modificati dopo l'11 settembre. Al riguardo, corre l'obbligo di precisare in sede preliminare che il ministro della difesa, nel suo intervento del 21 gennaio scorso presso le Commissioni difesa di Camera e Senato riunite, non ha affatto affermato che, a seguito dei tragici fatti dell'11 settembre, siano stati modificati gli accordi internazionali che regolamentano il regime di presenza di forze NATO o di forze statunitensi in Italia nell'ambito di applicazione del Trattato del nord Atlantico. Lo stesso ministro della difesa, infatti, ha smentito tale ipotesi, affermando - cito testualmente - che questi accordi elaborati negli anni della guerra fredda e costruiti su modelli che risalgono alla fase di maggior tensione tra i due blocchi, nel tempo sono stati rinegoziati ed adeguati al mutato quadro storico


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in uno spirito che riconosce fra l'Italia e gli Stati Uniti una condizione di assoluta reciprocità e pariteticità di rapporti.
In particolare, gli adeguamenti hanno riguardato essenzialmente le intese tecniche che disciplinano in dettaglio l'uso delle installazioni e delle infrastrutture nazionali da parte americana. Tali atti non hanno richiesto specifiche ratifiche, trattandosi di provvedimenti di attuazione di misure di dettaglio, relative a ciascuna base o installazione. Azioni per aggiornare gli accordi tecnici legati a ciascuna delle basi concesse in uso sono in atto tuttora e, proprio a seguito di tali azioni, è emersa anche la necessità di aggiornare l'accordo del 1995, specificatamente riferito alla globalità delle predette installazioni o infrastrutture. Ma nulla di tutto ciò si riferisce cronologicamente né logicamente ai fatti dell'11 settembre del 2001. Infatti, per quanto attiene alle decisioni assunte dopo l'11 settembre, il ministro della difesa ha parlato di autorizzazioni specifiche nel quadro della strategia alleata connessa con gli eventi, che hanno comportato il richiamo degli accordi in essere da parte di tutti paesi della NATO e non la rinegoziazione di questi accordi. Non è stato nella fattispecie assolutamente rinegoziato alcun accordo internazionale dopo la tragedia delle due torri.
È tuttavia chiaro che la coerenza delle finalità delle azioni connesse alla lotta contro il terrorismo con il quadro degli obblighi derivanti dall'appartenenza alla NATO è garantita dal fatto che, a seguito degli eventi terroristici richiamati, il Consiglio Atlantico dichiarò che gli attentati si collocano nell'ambito delle fattispecie suscettibili di far scattare (come sono scattati) i meccanismi dell'articolo 5 del trattato di Washington, che recita: «Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse ciascuna di esse nell'esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente o di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria ivi compreso l'uso della forza armata per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione».
Infine, in ragione di quanto esposto, non si ritiene di poter condividere le asserzioni sulla tensione sociale e sull'allarme che le comunicazioni del Governo avrebbero suscitato sull'utilizzo delle infrastrutture di trasporto da parte degli Stati Uniti, perché la posizione dell'Esecutivo è stata sin dall'inizio improntata ad un equilibrato bilanciamento fra l'interesse alla sicurezza e quello all'informazione.
Per quanto concerne i problemi legati più strettamente alla sicurezza, si fa presente che il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ha impartito specifiche direttive alle autorità provinciali di pubblica sicurezza al fine di prevenire i cosiddetti «blocchi» da parte dei manifestanti dei trasporti di materiale d'armamento diretti principalmente alla base militare di Camp Darby vicino a Pisa. Sono stati altresì sensibilizzati i compartimenti della polizia stradale e della polizia ferroviaria. Inoltre, è stata istituita una apposita unità di coordinamento, cui partecipano anche rappresentanti dei Carabinieri, di Trenitalia e delle Ferrovie dello Stato, con l'obiettivo di acquisire un quadro informativo il più possibile aggiornato e completo cui raccordare le attività di prevenzione anche delle autorità provinciali di pubblica sicurezza di volta in volta interessate. Ciò ha consentito già nella serata di lunedì 24 febbraio a due convogli militari, appositamente scortati, di raggiungere senza particolari problemi lo scalo di Pisa, in quanto nei giorni scorsi nella stessa provincia erano state assunte varie iniziative ad opera di gruppi appartenenti all'area antagonista del pacifismo radicale dirette ad impedire il transito dei convogli ferroviari trasportanti materiale militare alla base statunitense di Camp Darby o a manifestare contro l'intervento in Iraq.
Nelle prime ore di sabato 22 febbraio circa centocinquanta persone (aderenti ai


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centri sociali di Pisa e Firenze, ai collettivi studenteschi universitari e all'organizzazione sindacale dei Cobas) si sono radunate presso la stazione di Pisa-San Rossore con l'intento di bloccare un convoglio ferroviario proveniente da Vicenza e diretto alla base statunitense di Camp Darby, convoglio già bloccato - a causa di un'analoga iniziativa - in località Monselice di Padova. Le forze di polizia intervenute sul posto, dopo aver fatto sgomberare i binari, hanno comunque garantito il passaggio del convoglio, che transitava dalla stazione di Pisa-San Rossore alle ore 6.20 del mattino.
Nella mattina del medesimo sabato 22 febbraio circa ottanta persone - tra cui anche un collega di Rifondazione comunista - si sono radunate dinanzi all'ingresso della base della 46a aereobrigata; dopo un breve comizio, nel corso del quale venivano annunciate nuove iniziative per impedire il transito dei convogli ferroviari diretti a Camp Darby, la manifestazione si è sciolta senza nessun incidente. Nel pomeriggio di sabato 22 febbraio oltre quattrocento manifestanti, dopo essersi radunati in prossimità della stazione di Pisa-centrale, hanno cercato di accedere ai binari, sempre al fine di bloccare il transito di un convoglio ferroviario trasportante materiale militare; l'intervento delle forze dell'ordine ha impedito l'ingresso dei manifestanti all'interno della stazione. Nell'occasione alcuni manifestanti hanno lanciato petardi, senza tuttavia causare danni a persone o cose. I manifestanti hanno organizzato poi un corteo che ha attraversato le principale via di Pisa per concludersi alla prefettura. Contemporaneamente, le forze dell'ordine hanno bloccato l'iniziativa, attuata da circa una quarantina di persone appartenenti a Rifondazione comunista e alla CGIL, che cercavano di invadere i binari in prossimità della stazione ferroviaria di Tombolo, destinazione finale dei convogli militari.
Ancora, nella notte tra sabato 22 e domenica 23, un ulteriore tentativo di impedire il transito di altro convoglio, anch'esso scongiurato dall'intervento delle forze di polizia...

PIER PAOLO CENTO. È un mattinale!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Credo che il Governo abbia il dovere di essere esaustivo nella risposta alle domande ...

MARCO RIZZO. C'è la relazione della questura!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Può darsi che qualcuno si intenda più di me di polizia. Io sto solo dando risposta alle domande che sono state avanzate in interpellanze ed interrogazioni.
Dicevo che è stato attuato presso la stazione di Migliarino Pisano da un gruppo di disobbedienti guidati dal loro leader nazionale. In tale occasione... (Commenti). Non so se interessi, ma credo che qualche collega possa essere interessato. In tale occasione, personale della questura di Pisa ha rinvenuto sulla massicciata dei binari, in località Madonna dell'Acqua, ubicata a metà del tragitto tra Migliarino e Pisa, un grosso traliccio di cemento che è stato rimosso poco prima del passaggio del convoglio ferroviario. Si aggiunge, infine, che intorno alle 5 del mattino di martedì 25 febbraio presso la stazione di Cascina, sei giovani si sono incatenati sui binari.
Tutte queste attività dei manifestanti e dei dimostranti (avvenute sostanzialmente in maniera pacifica) si sono poi concluse nel momento in cui i mezzi militari, dalla base di Camp Darby, sono stati fatti confluire al porto di Livorno, nella notte fra il 10 e l'11 marzo scorso, per le operazioni di imbarco, effettuate, sia nella fase della pianificazione, sia in quella del trasporto all'interno dei mezzi navali, in perfetta tranquillità e sicurezza, senza avere comportato particolari problemi. L'imbarco dei mezzi è quindi avvenuto in maniera assolutamente pacifica.
Pertanto, ritengo che tutti dovremmo essere particolarmente soddisfatti perché in questo paese, contrariamente ad altri, è stato garantito il diritto di manifestare, è stato possibile organizzare il dissenso, i


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trasporti sono avvenuti pacificamente: mi dispiace, dunque, che qualcuno non sia contento di tutto ciò.
Il Governo, invece, è particolarmente soddisfatto che tutto si sia svolto nel massimo dell'ordine e della sicurezza.

PIER PAOLO CENTO. È troppo serio per credere a quello che sta dicendo!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Onorevole Cento, ognuno risponde della sua serietà! Riassumendo i quattro punti finali di questa comunicazione, tutto è avvenuto nell'ambito della perfetta legalità e in perfetta aderenza ai trattati internazionali, che sono stati ripetutamente vagliati e approvati dal Parlamento.

PIER PAOLO CENTO. Quali?

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Dai precedenti Parlamenti e da questo Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Cento, la prego!

PIER PAOLO CENTO. È una bugia! Gli atti del 1954 non sono stati mai portati a conoscenza del Parlamento!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. I violenti sono tali, bisogna avere pazienza!

PRESIDENTE. Prego il ministro Giovanardi di proseguire.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Per quanto riguarda il secondo aspetto, nella fattispecie dei trasporti, non vi è stata alcuna movimentazione di materiale che, a qualsiasi titolo, possa essere definito pericoloso. Questa movimentazione - lo ripeto - è in perfetta sintonia con la comunità internazionale, con le Nazioni Unite, con l'Europa e con la NATO, che hanno individuato nella pressione militare l'unico mezzo per costringere Saddam Hussein al rispetto delle risoluzioni dell'ONU.
Infine, il Governo italiano intende continuare la sua opera di pressione a livello internazionale quale unica strada per tentare - se ancora possibile - di evitare la guerra.
Per quanto riguarda invece il Parlamento, quando si tratta di rapporti fra Governo e quest'ultimo, ritengo che si dovrebbe sempre tenere presente ciò che in un paese anglosassone è detta prassi parlamentare, cioè il valore dei precedenti. Allora, desidero leggervi ciò che il 25 marzo del 1999, esattamente a distanza di quattro anni fa, sempre a marzo, il vicepresidente del Consiglio dei ministri di allora, l'onorevole Mattarella, prendendo la parola al Senato, alle nove del mattino, alzandosi in piedi, disse: «Ritengo doveroso informare il Parlamento sulle operazioni di bombardamento in corso sul territorio jugoslavo in cui lanci missilistici si sono alternati ad attacchi aerei su obiettivi militari e di rilevanza militare senza perdite per le forze della NATO».
Riporto ciò per sottolineare che il Parlamento italiano venne informato dei bombardamenti in corso sulla ex Jugoslavia, quando questi erano già cominciati da ventiquattr'ore e vi partecipavano aerei italiani! Quindi il nostro paese era in guerra e questo è il precedente parlamentare a noi più vicino.
Viceversa, come ho dimostrato citando tutti i passaggi parlamentari in Commissione e in Assemblea degli ultimi due mesi, questo Governo ha costantemente tenuto informato il Parlamento di tutti gli sviluppi della situazione, facendosi autorizzare dal Parlamento, passo dopo passo, dall'11 settembre in avanti, per tutte le risoluzioni, accordi ed impegni assunti a livello internazionale, così come sta facendo questa mattina con la relazione che vi ho letto e farà, questo pomeriggio, nell'ambito della conferenza dei capigruppo di Camera e Senato, i quali fisseranno - spetta loro farlo - il momento in cui il Governo, ancora una volta, si presenterà presso il Parlamento per relazionare


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sugli sviluppi della situazione, in perfetta sintonia con un sistema parlamentare democratico nel quale il Parlamento decide prima che le cose avvengono e non, come nel caso del precedente che ho ricordato, dopo che i nostri aerei stavano già bombardando la Serbia! (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega nord Padania e dell'UDC).

PRESIDENTE. Passiamo ora agli interventi dei colleghi.

MICHELE SAPONARA. Anzitutto, vorrei esprimere, a nome del gruppo di Forza Italia, un ringraziamento particolare nei confronti del ministro Giovanardi per l'ampia e documentata relazione che condivido in pieno.
È un momento delicato, nel quale ognuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità, in piena scienza e coscienza, sapendo di rispondere davanti all'opinione pubblica e al paese.
Noi non vogliamo la guerra! Il presidente Berlusconi ha chiarito ampiamente - ancorché se ne dubiti - quali siano gli intendimenti del Governo, che consistono nel ricercare, fino all'ultimo momento, qualsiasi strada affinché a tale guerra non si arrivi.
Come ben ricordava il ministro Giovanardi, anche consentire l'uso delle strutture e il permesso di sorvolare il nostro suolo può essere inteso come contributo di pressione perché si arrivi ad una soluzione pacifica e non cruenta.
Nella sua relazione - che come ricordavo trovo ben documentata - il ministro ha parlato di accordi internazionali che siamo tenuti a rispettare. Così recitava il trattato Nord atlantico firmato a Washington nel 1949 e ratificato con la legge 1o agosto 1949, n. 465.
Tale trattato contiene due articoli importanti, citati dal ministro nel corso del suo intervento. In particolare, l'articolo 3 stabilisce che le parti, agendo individualmente e congiuntamente, mediante lo sviluppo delle loro risorse e prestazioni, prestandosi reciproca assistenza, manterranno e svilupperanno la loro capacità individuale e collettiva di resistenza ad un attacco armato. L'articolo 5 dello stesso trattato di Washington, aggiorna poi questa situazione.
Vi è poi l'accordo bilaterale Italia-USA del 27 gennaio 1950, firmato a Washington, sull'assistenza difensiva reciproca; l'accordo Italia-USA del 7 gennaio 1952, firmato a Roma, sulla sicurezza reciproca; l'accordo tecnico aereo, Italia-USA, del 30 giugno 1954, che definisce i limiti delle attività operative, addestrative e logistiche e di supporto che i velivoli americani possono effettuare sul territorio italiano; l'accordo del 20 ottobre 1954, che regola le modalità per l'utilizzo delle basi concesse in uso alle forze americane sul territorio nazionale (generalmente conosciuto come accordo «ombrello»).
Questi accordi tecnici andavano, ovviamente, rivisti e, a questo proposito, è stato approvato il memorandum d'intesa il 2 febbraio 1995. Ovviamente, tutte queste situazioni sono state riviste, rivisitate e aggiornate alla luce dell'attacco terroristico dell'11 settembre 2001. Dopo tale attacco, c'è stata una presa d'atto da parte del Consiglio atlantico per rispettare, integrare e rafforzare gli accordi con gli alleati.
Mi pare che accordi del genere siano già rispettati e seguiti da paesi come Germania e Francia (noi, certamente, non faremo niente di più o niente di meno rispetto a tali paesi) e penso che rappresentino una base seria e concreta per affrontare il discorso in modo costruttivo. Ecco perché riteniamo che l'opera del Governo vada apprezzata e auspichiamo che l'operato del nostro Esecutivo possa contribuire affinché non si arrivi alla guerra e che, quindi, tutto ciò che facciamo in questo momento possa rappresentare una pressione, sia sugli alleati sia su Saddam Hussein, per evitare la guerra.

MASSIMO D'ALEMA. Chiedo scusa al presidente, ma preferisco svolgere il mio intervento in piedi.

PRESIDENTE. Come per la Butterfly, che è l'opera più difficile da interpretare


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perché la cantante è sempre semi sdraiata...

MASSIMO D'ALEMA. La prossima volta le forniremo una cantante sdraiata, ora si deve accontentare di un oratore in piedi.
Credo che dobbiamo cercare di conservare alla discussione un carattere di serietà e quindi, anche se avanzerò dei rilievi critici verso il Governo, vorrei farlo nello spirito di una discussione seria come merita il momento attuale.
Mi sforzerò poi di documentare come non sia serio il riferimento che, invece, da più parti si fa alla vicenda del Kosovo; anzi, direi persino sconcertante, dal momento che il 26 marzo di allora il Parlamento approvò, anche con il voto di gran parte dei membri dell'attuale maggioranza, la condotta del Governo italiano. Per cui criticare adesso quella condotta, dopo averla approvata allora, è una manifestazione, a mio avviso, di mancanza di serietà; se meritava di essere criticata è allora che la si doveva criticare. Ma ne parlerò poi nel merito, sono in possesso di tutta la documentazione.
La questione è seria, i presenti forse non sanno che questa vicenda ha avuto una coda anche di carattere giudiziario. Venne infatti presentata una denuncia per violazione della Costituzione contro il Presidente del Consiglio dei ministri dell'epoca e c'è una sentenza della Corte di cassazione che pose fine a quella vicenda ridicola. Lo dico anche perché, se accuse di questo tipo dovessero ritornare, difenderei il mio onore in tutte le sedi. Si tratta di una questione seria che tocca la lealtà costituzionale di chi ha governato il paese. Lo ripeto, è una questione delibata in sede politica e anche in sede giurisdizionale. Lo dico per raccomandare serietà a chi già dovrebbe averne a causa dei compiti che gli spettano.
Il ministro ci ha letto una relazione molto ricca di particolari ma, a mio giudizio, risalente alla scorsa settimana. Nel senso che vorrei informarlo di alcune novità intercorse in questo periodo più recente, e che mutano alquanto il quadro, anche quello di riferimento normativo a cui il ministro si è riferito.
Ci sarebbe da parte del Governo degli Stati Uniti d'America un ultimatum all'Iraq il cui contenuto è l'esilio per Saddam Hussein. Si tratta di un obiettivo non stabilito da nessuna risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma che è una decisione unilaterale del Governo americano: non che non sia auspicabile ma non ha un fondamento di legittimità internazionale. Ebbene di qui a qualche ora, in assenza di una accettazione dell'ultimatum, ci sarà la guerra. In queste ore il Governo iracheno ha respinto quest'ultimatum, dichiarando che non accetta l'imposizione dell'esilio per i governanti dell'Iraq, ed il mondo sta precipitando verso un conflitto che il presidente di turno dell'Unione europea, il Primo ministro greco, ha definito una gravissima crisi internazionale.
Come il ministro Giovanardi sa, il regime normale di cooperazione in materia di uso delle basi, dello spazio aereo e delle vie di comunicazione non vale nel momento in cui un paese alleato sia impegnato in un'operazione di guerra nei confronti di un paese terzo; allorquando queste operazioni di guerra non siano decise nell'ambito dell'Alleanza atlantica. Naturalmente, nessuno vuole mettere in discussione l'Alleanza atlantica salvo voi: perché nel Kosovo era appunto quello il principio che valeva. Quindi l'unico che mette in discussione l'Alleanza atlantica, sia pure ex post, è il ministro Giovanardi. Ma qui l'Alleanza atlantica non c'entra nulla perché, come è noto, questa iniziativa di guerra è un'iniziativa che impegna gli Stati Uniti ed alcuni paesi che si sono schierati con loro, ma non impegna l'Alleanza atlantica perché diversi e importanti paesi dell'Alleanza si sono dichiarati contro questa iniziativa militare.
Quindi ci troviamo esattamente nel caso in cui l'uso delle basi militari, dello spazio aereo, avverrebbe, di qui a qualche ora, nell'ambito di operazioni di guerra. Siamo già in fase di preparativi di questa guerra (della guerra, non della pressione militare legittima): una guerra non autorizzata


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dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, non decisa dall'Alleanza atlantica. È un'azione di guerra preventiva ed unilaterale decisa dagli Stati Uniti e da alcuni paesi, azione di guerra che l'Italia non deve e non può sostenere in alcun modo.
In situazioni di questo tipo l'uso delle basi, dello spazio aereo e delle vie di comunicazione, richiede una esplicita autorizzazione da parte del Governo; e l'Esecutivo ha già annunciato, per bocca del ministro Martino, che la chiederà al Parlamento. Noi siamo contrari, ed avremmo voluto sentire da parte del ministro Giovanardi cosa pensa il Governo di questa cruciale questione che ci impegna in queste ore.
Forse il Governo sta riflettendo. L'altra sera mi è capitato di ascoltare il parere personale del ministro Martino: era per l'attacco. Forse il ministro Giovanardi poteva riequilibrare con un suo parere personale per la pace. Avremmo potuto almeno mettere questi pareri personali su diversi piatti della bilancia dato che, allo stato, non è molto chiaro quale sia la posizione del Governo italiano su una questione delicatissima, sotto il profilo politico naturalmente, ma anche sotto il profilo giuridico e costituzionale. Perché, a mio giudizio (non sono un giurista), per lo meno la cooperazione attiva, quale sarebbe l'uso di basi situate sul territorio italiano per aerei che hanno missioni di bombardamento sull'Iraq, ebbene, questo tipo di cooperazione configurerebbe quanto meno una violazione dell'articolo 11 della Costituzione.
Dico ciò perché la questione è delicata, per ragioni politiche, umane e anche per ragioni giuridico-costituzionali. Ci troviamo in una situazione prebellica ed ho già sottolineato come l'ultimatum americano si collochi chiaramente al di fuori di un quadro di legalità internazionale perché nessuna risoluzione del Consiglio di sicurezza prevede l'esilio di Saddam Hussein (la richiesta è il disarmo). Tra l'altro siamo in presenza di relazioni degli ispettori che sottolineavano dei primi risultati sostanziali e di una posizione (certamente maggioritaria nel Consiglio di sicurezza) che chiedeva di continuare sulla strada delle ispezioni e di prolungare e rafforzare le ispezioni stesse.
Gli Stati Uniti hanno rinunciato al voto, misurando di non avere i consensi, ed hanno deciso in modo unilaterale un'iniziativa di guerra...

GIORGIO LA MALFA. Misurando che c'era un veto!

MASSIMO D'ALEMA. No, misurando che non avevano i consensi, caro La Malfa, e non che c'era un veto (Commenti).

GIORGIO LA MALFA. Quello che era certo era il veto.

MASSIMO D'ALEMA. Ti assicuro che, se hai ascoltato il dibattito nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e le posizioni espresse dai paesi membri, non c'è il minimo dubbio che tra questi paesi almeno dieci si erano pronunciati per il prolungamento ed il rafforzamento delle ispezioni.
Il dato di fatto è che non c'è un voto del Consiglio di sicurezza e che gli americani chiedono un qualcosa che esula totalmente dalle posizioni assunte dalle Nazioni Unite, collocando questa minaccia militare al di fuori di un quadro di legalità internazionale...

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. C'è un voto parlamentare di dieci giorni fa.

MASSIMO D'ALEMA. Il Parlamento può auspicare qualcosa, ma noi non abbiamo minacciato i bombardamenti dopo 48 ore. Ripeto, la questione è così seria che, forse, possiamo evitare le battute.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Il Parlamento ha votato dieci giorni fa!

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Cosa ha votato?


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MASSIMO D'ALEMA. Tra Bush e Pannella c'è la differenza di un potenziale militare enorme. Non credo che avanziamo una richiesta assurda nel chiedere la posizione del Governo italiano. Questa mattina, il ministro Frattini, con dichiarazioni che non io ma il presidente Cossiga ha definito eversive, ha espresso solidarietà e comprensione agli Stati Uniti, ha detto che, purtroppo, non possiamo mandare i soldati a causa di un impedimento costituzionale, ma daremo ogni altro sostegno perché il tempo è scaduto. È questa la posizione italiana? Lei ha detto che vi state adoperando fino all'ultimo per la pace ma, se questo significa essere solidali con chi ha deciso di fare la guerra, siamo a posto.
Il ministro della difesa ha detto che si doveva partire, il ministro degli affari esteri ha espresso solidarietà agli Stati Uniti, lei dice che, invece, fino all'ultimo lavorerete per la pace: noto una stato di pericolosa confusione e di sostanziale subalternità del nostro Governo ad una decisione che precipita il mondo verso una crisi gravissima. Noi non siamo d'accordo e diciamo con estrema chiarezza al Governo che siamo contrari ad ogni forma di sostegno e di cooperazione ad un'azione militare illegittima e avventurosa, di cui nessuno è in grado di valutare le conseguenze sul piano delle relazioni internazionali, del funzionamento degli organismi internazionali, dei rapporti tra l'occidente e il mondo arabo, del rischio del fondamentalismo e del terrorismo. Nessuno è in grado di valutare le conseguenze di questa azione militare, non soltanto per il numero di vite umane che saranno falciate ma anche per l'equilibrio internazionale e la sicurezza del nostro paese.
Ripeto, abbiamo il diritto di sapere se abbiamo un Governo in grado di fare valere questi interessi e questi sentimenti del popolo italiano oppure se l'Esecutivo ha mille voci e viene trascinato verso il conflitto, non essendo in grado di assumere nessuna posizione che incida sul corso delle cose. Il Kosovo non c'entra nulla (Commenti dei deputati Rizzi e Biondi). Non è affatto comodo, è la verità.

PRESIDENTE. Onorevole Biondi. Colleghi, vi prego di non interrompere. Onorevole D'Alema, ha terminato il tempo a sua disposizione.

MASSIMO D'ALEMA. Siccome tale questione non ha un carattere personale, come tutti gli atti parlamentari relativi alla crisi del Kosovo e i pareri degli uffici della Camera in materia di legittimità di quelle azioni, mi permetta di fare una breve sintesi. Lo dico per rispetto verso noi stessi, perché mi pare francamente singolare aprire adesso una polemica su quello che è accaduto tre anni fa (Commenti del deputato Rizzi). Lei era con Milosevic!

PRESIDENTE. Non avete il senso del rispetto reciproco. Vi chiedo con grande correttezza di parlare al momento opportuno, colleghi, ma sistematicamente continuate ad interrompere.

ALFREDO BIONDI. Le interruzioni sono previste.

PRESIDENTE. Non mi pare che il regolamento preveda le interruzioni. Onorevole D'Alema, ha esaurito il tempo a sua disposizione, e quindi le concedo solo un minuto.

MASSIMO D'ALEMA. Se il Parlamento non è interessato, mi riservo di chiarire tali fatti in altre sedi.

PRESIDENTE. Non è che il Parlamento non sia interessato, ma l'ordine del giorno prevede la risposta del Governo alla domanda avanzata.

MASSIMO D'ALEMA. È stato il ministro Giovanardi a parlare del Kosovo.

PRESIDENTE. Forse, anche il ministro Giovanardi è andato fuori tema.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. No!


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PRESIDENTE. Non possiamo continuare con questo dibattito assolutamente fuori tema.

MASSIMO D'ALEMA. L'azione dell'Italia nel Kosovo, svolta nell'ambito della NATO, fu approvata dalla grande maggioranza del Parlamento.

ALFREDO BIONDI. Questo è un merito dell'opposizione di allora!

MASSIMO D'ALEMA. In secondo luogo, è falso che le Forze armate italiane siano state impegnate nei combattimenti prima del voto della Camera del 26 marzo e, quindi, false dichiarazioni di questo tipo richiederebbero azioni in tutte le sedi volte a tutelare la rispettabilità del Governo. La Camera votò, approvò l'azione del Governo e autorizzò l'impiego delle Forze armate italiane che avveniva nell'ambito di un'alleanza internazionale vincolante: qui siamo in un caso totalmente diverso.

ALFREDO BIONDI. Le bombe sono sempre bombe, onorevole D'Alema.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Le bombe sono sempre bombe!

MASSIMO D'ALEMA. Esistono momenti nei quali l'uso legittimo della forza può essere inevitabile e ci sono atti di forza che sono sbagliati e controproducenti. Spetta alla politica valutare quando l'uso della forza è inevitabile e quando è dannoso: in questo caso entra in gioco la responsabilità della politica, il resto sono chiacchiere e pagliacciate.

PRESIDENTE. Molti di noi viaggiano frequentemente ed hanno occasione di visitare i Parlamenti dei vari Stati. Personalmente, non mi sono mai trovato di fronte ad una situazione in cui il presidente venga assolutamente ignorato quando richiama i deputati ad un atteggiamento corretto. Anziché fare un dibattito durante l'esposizione, il signor ministro risponderà al termine della nostra riunione a tutti i quesiti che saranno posti.

GUSTAVO SELVA. Parlo a nome di Alleanza nazionale sul tema che è oggetto del nostro dibattito ed approvo totalmente ciò che, con argomentazioni e con senso politico, ha detto il ministro Giovanardi: quindi, non ho altro da aggiungere. Credo che, a questo punto, il potere di evitare la guerra appartenga soltanto ad un miracolo. Devono entrare in funzione le preghiere di cui si è fatto promotore Giovanni Paolo II: questa è la posizione per un cattolico (Commenti del deputato Maura Cossutta). Visto che attorno alla posizione di Giovanni Paolo II ci sono stati tanti consensi, mi auguro che ci sia qualcuno che si unisca anche al suo auspicio.
Non sono abituato a sottrarmi alle mie responsabilità; conseguentemente, in questo mio intervento espliciterò qual è la posizione, assunta su questa vicenda, del gruppo parlamentare di cui faccio parte e che in questa sede rappresento.
Si discute sul fatto che vi sia, da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, George W. Bush, una volontà precisa di andare alla guerra. Al riguardo, ritengo che bisogna rifarsi al discorso pronunciato dallo stesso Presidente americano all'Assemblea delle Nazioni Unite il 13 settembre scorso; a cui ebbi, in qualità di capo della delegazione parlamentare italiana, la possibilità di assistere di persona. In quell'occasione, l'appello lanciato da George W. Bush è stato alquanto documentato, e con esso sono state richiamate le responsabilità di Saddam Hussein nei confronti delle Nazioni Unite: sono ben sedici le risoluzioni - poi è stata approvata anche la diciassettesima (la n. 1441) - che l'Iraq non ha rispettato. L'intervento degli ispettori dell'ONU, infatti, è stato reso possibile soltanto grazie al dispiegamento militare operato dagli USA e dalla Gran Bretagna.
La risoluzione n. 1441, approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, impegna Saddam Hussein a dare conto e prova di ciò che le Nazioni Unite chiedono, vale a dire il reale e totale disarmo dell'Iraq.
Mi rendo conto che possono permanere delle preoccupazioni e delle perplessità sull'esito delle ispezioni effettuate dagli


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ispettori dell'ONU, ma ritengo che non si possa non valutare la doppiezza dell'azione svolta da Saddam Hussein, il quale in un primo momento ha dichiarato di non possedere più armamenti pericolosi - armi biochimiche e testate nucleari -, mentre, in un secondo momento, anche a seguito delle ispezioni svolte, ha ammesso - anche ieri - di aver posseduto armi di distruzione di massa.
La Germania e la Francia, fermamente contrarie alla guerra, sostengono che bisognava continuare ad effettuare le ispezioni, senza però porre alcun termine; e l'unico argomento da esse addotto per smentire coloro i quali chiedevano le famose «serie conseguenze», è stato soltanto che bisognava continuare le ispezioni. Ma questo non è il modo migliore per delegittimare le Nazioni Unite? Se non si pone un termine, che fissi il giorno e l'ora per il giudizio finale...

VALDO SPINI. Ma Chirac ha proposto un termine di 30 giorni!

GUSTAVO SELVA. Sì, ma dopo i 30 giorni, forse, ne sarebbero venuti altri 30. Per farla breve, siamo giunti al punto in cui, a mio avviso, l'azione, diplomatica e politica non è più efficace. Pertanto, le cosiddette «serie conseguenze» comportano che coloro i quali hanno assunto la responsabilità di lottare contro il terrorismo, di disarmare Saddam Hussein, debbono attuare - lo dico con dolore - quanto la risoluzione n. 1441 statuisce.
L'Italia non ha le responsabilità che discendono dal far parte del Consiglio di sicurezza dell'ONU; e, comunque, non si può sostenere che noi non abbiamo fatto tutto ciò che potevamo fare. In sede di Nazioni Unite, infatti, noi abbiamo spinto tutti a ricercare le strade per fare in modo che Saddam Hussein potesse finalmente rendere conto di ciò che ancora possedeva e di ciò di cui, a suo giudizio, egli si era liberato. Questo non è avvenuto. L'Italia ha perseguito questo obiettivo in tutti i modi, a cominciare con il suo primo alleato (gli USA), ed anche in sede di Consiglio europeo dei ministri dove si è approvato all'unanimità un documento; detto ciò, ritengo che l'Italia abbia dato al massimo la prova di quale fosse la sua volontà.
Arrivati a questo punto, noi non possiamo far mancare la nostra solidarietà politica agli Stati Uniti d'America, sia per l'azione che anche noi ci siamo impegnati a svolgere nella lotta contro il terrorismo, sia per l'azione da svolgersi per far sì che il popolo iracheno sia liberato da una dittatura che voi, amici della sinistra, definite sanguinaria. Io mi auguro che si possa raggiungere anche questo risultato. Certo è che gli Stati Uniti d'America e il Regno Unito si sono assunti una responsabilità e un impegno che, per quanto mi riguarda, vanno onorati non facendo mancare loro la nostra solidarietà.
Io sono molto sensibile alle parole espresse dal Papa; sono anche sensibile alle manifestazioni che si sono svolte in tutte le parti del mondo. Onorevole D'Alema, colleghi della sinistra, in merito a quelle manifestazioni dico soltanto che avrei voluto vedere delle foto in cui anche Saddam Hussein fosse stato rappresentato come Hitler e non, invece, il Presidente di quegli Stati Uniti d'America che da Hitler ci hanno liberato facendo quello che noi europei non eravamo riusciti a fare. Questo rappresenta una cosa che ritengo vada detta e sottolineata. Pertanto, ritengo nostro dovere assumersi il grave e difficile compito di sostenere il nostro Governo - al riguardo, suggerirò che il Governo assuma la posizione che oggi io mi sono permesso di illustrare - nella sua azione di solidarietà politica agli USA, tenuto conto che al nostro paese non è stato richiesto un contributo in termini di uomini e di mezzi.
È il dovere di chi sente tutto il peso e tutta la responsabilità sul piano politico - anche sul piano umano, e per me perfino religioso -, ma che non può assolutamente rinunciare a questo difficile ed impegnativo dovere. Questa è la posizione che Alleanza nazionale, qualora il Governo decida di manifestare la nostra solidarietà agli Stati Uniti d'America, come io ho fatto


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in questo momento, appoggerà assolutamente, ritenendo che ciò contribuisca a riparare quei gravi danni.
In questa sede non voglio analizzare se la responsabilità di aver diviso l'Europa, l'ONU e l'Alleanza atlantica stia da una parte o dall'altra; ma poiché l'Alleanza atlantica ci ha difeso in tempi difficilissimi, ed è stata elemento di propulsione della caduta del muro di Berlino, e l'Unione europea ci ha reso, da paese sottosviluppato, una delle prime nazioni del mondo, credo che abbiamo tutto l'interesse a che questa difficile frattura, oggi verificatasi, si ricomponga subito. Ma si può ricomporre soltanto nel nome dei valori democratici, della libertà e del rispetto della persona umana, ed è quello che io credo renda nobile anche questa proclamazione, in questo momento difficile, in quanti sentono il dovere di farlo.

SERGIO MATTARELLA. Il momento è talmente grave, e con prospettive talmente allarmanti, che l'ultima cosa che vorrei fare è sollevare polemiche. Tuttavia, dato che il ministro Giovanardi - senza essere interrotto - ha citato il mio intervento al Senato della mattina del 25 marzo 1999, vorrei suggerirgli l'opportunità di licenziare qualcuno dei suoi collaboratori che gli hanno fornito il materiale, perché, come direbbe il signor de Lapalisse, prima del 25 c'è il 24 marzo, ed io mi sono recato alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica il 24 marzo, onorevole Giovanardi, nel pomeriggio del 24 marzo, in assenza del Presidente del Consiglio, impegnato a Berlino per il Consiglio dell'Unione europea.
Dunque, il 24 marzo pomeriggio ero alle ore 17 alla Camera e alle ore 19 al Senato, per informare il Parlamento di quanto stava per accadere, e non era possibile prima, poiché il giorno precedente, il 23 marzo 1999, era ancora a Belgrado il rappresentante del Presidente americano Clinton, Richard Holbrooke, per cercare di trovare una soluzione pacifica; e che vi fossero operazioni militari imminenti è stato comunicato al Parlamento prima che avessero inizio, il giorno 24 marzo 1999: dica ai suoi consiglieri o collaboratori, ministro Giovanardi, di leggersi bene gli atti parlamentari. Sono stato alla Camera e al Senato il 24 e vi sono tornato il 25 marzo; il 26 marzo, poi, il Presidente del Consiglio è tornato da Berlino, è intervenuto alla Camera e si è votato.
Ma non si è trattato di una sorpresa per le Camere perché, come è noto, nel settembre precedente il Governo Prodi aveva operato il trasferimento di autorità alla NATO delle nostre Forze armate nell'ambito dell'Alleanza, e da ottobre a marzo, più volte in Assemblea e molte volte in Commissione, i ministri degli esteri e della difesa avevano informato il Parlamento sull'evoluzione della vicenda, anche davanti a qualche intervento in Commissione - legga gli atti parlamentari - di esponenti di Forza Italia, che sollecitavano a far presto con l'inizio delle operazioni militari!
Questo è quello che ella può leggere negli atti parlamentari, senza alcuna ombra di smentita da parte di chicchessia, poiché questi sono i fatti; ed era ben diverso, onorevole Giovanardi, da quanto è avvenuto oggi, perché, come ho ricordato, si trattava di un'operazione assunta dalla NATO, e noi vi abbiamo partecipato in quanto componenti dell'Alleanza, perché la NATO l'ha decisa e l'ha condotta. Allora era in corso una «pulizia etnica» e vi era, onorevole Giovanardi, la nascita in Albania, ad un passo da casa nostra, di campi profughi con circa 2 milioni di rifugiati. E se non fossimo riusciti a farli ritornare nelle loro case, avremmo avuto, davanti casa nostra, un'altra Palestina.
Quello che la guerra in Kosovo ha evitato, riconducendo i profughi nel loro paese, può essere provocato da questa guerra in Iraq, destabilizzando, vicino al nostro paese, quei paesi sul Mediterraneo che vanno dall'Egitto al Marocco. Questo è il nostro interesse, come era allora per il Kosovo, in aggiunta alle ragioni dell'intervento umanitario, e queste sono le ragioni ulteriori che, per questa guerra, invitano


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ad una riflessione ben diversa da quella che sta facendo la maggioranza e che, poc'anzi, ha fatto l'onorevole Selva.
Ministro Giovanardi, lei ha reso un'informazione sul passato - forse era il suo compito, e non lo contesto -, ma ritengo che, ormai, bisogna parlare di quanto è avvenuto dopo i fatti da lei illustrati. Credo che occorra farlo in Assemblea e non più in Commissione, sollecitamente, senza perdere ulteriore tempo, perché domani sera scadrà l'ultimatum posto all'Iraq, e dunque è verosimile che, da domani sera in poi, inizino in qualsiasi momento le operazioni belliche.
Signor ministro, lei ha parlato dei manifestanti; io non faccio mistero, poiché l'ho dichiarato anche pubblicamente, di non aver condiviso le manifestazioni e gli ostacoli posti contro il passaggio di mezzi degli Stati Uniti, perché sono convinto che ad un alleato si possa dire che sta sbagliando anche quando, come in questo caso, sta capovolgendo la visione dei rapporti internazionali che ha coltivato per novant'anni - instaurando una sorta di «isolazionismo attivo», che rappresenta una sgradevole novità nella concezione politica degli Stati Uniti -, ma non si possa dirgli che non può usare il nostro territorio per passarvi.
Ma questo, onorevole ministro, ora non è più possibile, poiché adesso sta iniziando una guerra. Non si tratta di decidere se autorizzare o meno: semplicemente, il Parlamento non lo può fare, perché non si tratta di una guerra di difesa, non nasce per emergenze umanitarie e non è autorizzata dall'ONU: basti leggere quanto dichiarato da Kofi Annan, nelle sue interviste, per capire che, semmai, è contro l'orientamento delle Nazioni Unite. Aggiungo che la novità di questi decenni, instaurata dopo la seconda guerra mondiale, è che esiste un foro della comunità internazionale in cui decidere quali iniziative assumere: operare al di fuori di questo, contro di questo e neppure all'interno di una alleanza, come avvenne per il Kosovo, significa rinunziare a questa condizione. Non è un'operazione della NATO, perché l'Alleanza non è coinvolta, e non c'entra affatto quel marginale richiamo agli eventuali interventi in difesa della Turchia: si tratta, di conseguenza, di una guerra che la nostra Costituzione non consente al nostro paese di intraprendere, e come lei sa, signor ministro Giovanardi, secondo il diritto internazionale concedere basi per attività belliche significa rivestire lo status di paese cobelligerante.
Sono molto attento, personalmente e come gruppo, ai rapporti con gli Stati Uniti, e sono molto attento a ciò che avverrà dopo Bush, nel rapporto vero, da riprendere in maniera assolutamente prioritaria, tra Europa e Stati Uniti; tuttavia, vi sono cose che semplicemente non si possono fare, perché non lo consente la nostra Costituzione. Mi dispiace che oggi il ministro degli esteri abbia detto che l'opposizione non si deve soffermare su questioni tecnico-giuridiche, ma il rispetto della Costituzione non è una questione tecnico-giuridica. Questa non è una guerra nell'ambito dell'ONU, non è una guerra nell'ambito dell'Alleanza atlantica, poiché si è scelto di operare al di fuori della NATO, non è una guerra di difesa e non ha di fronte emergenze umanitarie. Il nostro alleato vuole farla, ma è un errore; possiamo anche rispettarlo, pur non condividendolo - anzi, per quanto mi riguarda, ritengo si tratti di un errore che avrà imprevedibili e gravissime conseguenze -, ma abbiamo il dovere di rispettare la nostra Costituzione, che in queste condizioni non ci consente di partecipare in alcuna parte, in alcuna misura e in alcun ruolo a questa condizione bellica.
Vede, ciò sarebbe tanto più grave e tanto più evidente se la posizione che il Governo esprimerà in Assemblea dovesse essere quella illustrata poc'anzi dall'onorevole Selva. Si tratta di una posizione che rispetto, ma che andrebbe ben al di là dell'uso delle basi, poiché finirebbe nell'approvazione e nella condivisione dell'iniziativa bellica, schierandosi sostanzialmente, come ha fatto il Presidente del Consiglio Berlusconi, con la dichiarazione con cui ha apprezzato il vertice delle Azzorre, nel fronte dei belligeranti: questo


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sarebbe nettamente contro la nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).

LUCA VOLONTÈ. Non voglio evitare di affrontare il tema della guerra e della crisi irachena, tuttavia mi preme sottolineare che queste Commissioni riunite sono state convocate per le comunicazioni del Governo, richieste da due lettere dell'onorevole Minniti, la prima del 26 febbraio 2003 e la seconda del 3 marzo 2003, inerenti modalità di trasporto e traffico aereo militare.
Mi sembra che sotto questo aspetto la larga e puntuale risposta del ministro Giovanardi sia assolutamente esaustiva. Lo dico perché nel suo intervento egli ha anche ricordato i passaggi parlamentari - riguardo ad un tema più ampio che, ripeto, non mi risulta sia oggetto di questa riunione delle Commissioni congiunte - che sono stati rispettosi della Carta costituzionale e della sostanza della democrazia del nostro paese. Lo dico anche per il rispetto e la passione che ognuno di noi ha per il percorso parlamentare che proseguirà nei prossimi giorni ed ore. Molti di noi capigruppo si troveranno, tra qualche ora - insieme al Governo - alla Camera ed anche al Senato, per convenire sul momento in cui la discussione sul merito avrà seguito e luogo in sede parlamentare. Mi riferisco al tema della crisi dell'Iraq, all'ultimatum posto e alle eventualità del conflitto bellico messo in atto dalle forze americane ed inglesi.
Ritengo che, avendo assolutamente condiviso la risposta del ministro Giovanardi sul tema specifico di questo nostro consesso, possa anche permettermi di rivolgere un invito a lui, in rappresentanza del Governo - visto che il termine previsto dall'ultimatum scadrà tra circa 36 ore - affinché siano perseguite azioni ancora più incisive, rispetto all'oggetto delle mozioni parlamentari approvate qualche settimana fa (una sull'esilio e l'altra, di maggioranza e opposizione, che prendeva in considerazione la sostanza delle conclusioni del Consiglio europeo). Auspico ciò soprattutto per vedere se sia possibile verificare in sede di Unione europea la posizione comune rispetto al conflitto, almeno tra i paesi fondatori. Ricordo a me stesso che il Capo dello Stato più di una volta ha ricordato l'esigenza che i paesi fondatori muovessero almeno un passo in questa direzione, rispetto a quello che stava e sta accadendo in queste ore.
Mi chiedo se non sia il caso di intervenire anche in sede NATO per verificare la possibilità di una riflessione in seno all'Alleanza, da qui alle prossime 36 ore, rispetto a quello che sembra sia un ultimatum che non può essere ulteriormente aggiornato. Ritengo anche (lo ha detto in anticipo con molta chiarezza il ministro Giovanardi, così come altri esponenti dell'esecutivo) che il Governo senta non solo il dovere, ma l'assoluta consapevolezza di venire a riferire nei prossimi giorni in sede parlamentare, non solo perché il Parlamento ha il diritto di sapere ma perché ha anche il dovere di decidere rispetto ad alcune questioni, come ad esempio l'uso delle basi in caso di conflitto e il suo contrasto con l'articolo 11 della Costituzione. Esprimo solo la mia personale opinione, ma a me pare che, in proposito, la posizione emersa venerdì da una riunione informale tra Capo di Stato e Governo sia stata abbastanza chiara.
Da ultimo, vorrei ricordare a me stesso, e non certamente a colleghi molto più autorevoli che sono intervenuti prima di me, il comportamento tenuto da maggioranza e opposizione riguardo alla vicenda del Kosovo. Ero, allora, un giovane parlamentare di prima legislatura, e rammento perfettamente il voto bipartisan che fu espresso: questo è quanto di più importante da rievocare, almeno sul piano parlamentare, di quella guerra. Auspico, dunque, il medesimo senso di responsabilità e la stessa ampiezza di vedute all'interno del Parlamento, pur con tutte le differenze del caso e le possibili conseguenze drammatiche della vicenda in corso.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE GUSTAVO SELVA

FEDERICO BRICOLO. Ringrazio anzitutto il ministro per la limpida ed esaustiva


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esposizione, sebbene essa possa divenire un pretesto per chi intendesse politicizzarla. Il Governo è stato chiarissimo su ciò che si è verificato sinora per la materia oggetto di questa informativa, la quale, come è noto, riguarda unicamente presenza e transito di uomini e mezzi statunitensi sul territorio nazionale, e niente altro. Il ministro ha spiegato che queste iniziative rientrano nel quadro complessivo degli impegni assunti dall'Italia nell'ambito dell'alleanza e degli accordi internazionali. Dunque, il Governo non ha concesso l'uso delle infrastrutture, ma ha preso atto dell'esercizio da parte dell'alleato americano dell'uso delle medesime, fatto inerente agli accordi internazionali che nessuna delle maggioranze parlamentari susseguitesi nel tempo ha mai messo in discussione in momenti altrettanto gravi e implicanti l'assunzione di decisioni importanti per il nostro paese. Non concedere l'uso delle infrastrutture agli alleati voleva dire rompere tali accordi internazionali e dunque è su ciò che oggi si dovrebbe discutere. La sinistra, invece, sfrutta l'informativa del Governo per fare la solita demagogia politica a proposito di una situazione drammatica che in questo momento stiamo cercando di affrontare, relativa ad una crisi internazionale capace di sfociare - nelle prossime ore - addirittura in un conflitto bellico.
Il ministro ha anche precisato che l'utilizzazione del sistema infrastrutturale del nostro paese non prefigura alcun coinvolgimento in una guerra. È rilevante che ciò sia stato puntualizzato dal ministro, anche perché il Governo finora ha sempre tenuto una posizione chiara, cercando di compiere tutti gli sforzi possibili per arrivare ad una soluzione pacifica del problema internazionale in atto, finalizzata al disarmo unilaterale di Saddam Hussein in Iraq. Questo sinora non è però avvenuto. Il Parlamento avrà la possibilità di esprimersi a riguardo, se ci saranno decisioni da prendere nel prossimo futuro. Vogliamo anche ricordare e apprezzare il comportamento che il Governo ha tenuto, rispettando i dettati costituzionali, informando sempre il Parlamento, coinvolgendolo in tutte le scelte che sono state compiute relativamente alla crisi in corso. Non si può non rispondere all'onorevole D'Alema, che prima interveniva facendo capire che ci sono delle guerre giuste e delle guerre sbagliate. Pochi anni fa, quando D'Alema era Presidente del Consiglio, evidentemente era giusto andare in Serbia, bombardare questa, Belgrado, l'Adriatico, con gli ordigni all'uranio impoverito per liberare il Kosovo, perché era oppresso dal regime di Milosevic. Ed è anche giusto rispondere all'ex ministro Mattarella, il quale interveniva dicendo che quella era stata una guerra giusta, essendo i kosovari oppressi dai serbi. Adesso guardiamo la realtà dei fatti e i risultati di questa guerra. Abbiamo un paese come il Kosovo, nel quale non esistono più cristiani, perché sono stati tutti massacrati e allontanati, dove transitano armi e droga, dove ha corso il traffico di vite umane, di ragazze immesse nel mercato della prostituzione. Tutto questo accade in Kosovo dove, se non vi fosse ancora la presenza di missioni di pace, adesso saremmo veramente allo sbando.
Dunque, due posizioni diverse: esiste una guerra giusta, quella della sinistra, decisa per massacrare i serbi e bombardare la Serbia, mentre la guerra portata avanti dagli alleati, dagli americani, dagli inglesi, dagli australiani, degli spagnoli e da tanti altri partner europei è considerata sbagliata; si tratta chiaramente di una posizione demagogica e non si può strumentalizzare un conflitto imminente, perché tutti vogliamo la pace. Il Governo, Berlusconi in prima persona, ha sempre cercato di tutelare l'interesse del nostro paese nel difendere i rapporti che ci legano agli alleati americani e l'unità europea che, purtroppo, in questo momento manca. A breve, l'Italia sarà chiamata ad assumere la guida dell'Europa, durante il semestre di presidenza italiana, e dovrà ristabilire rapporti importanti che la diplomazia sembra aver reciso.
Rivolgo l'invito a non fare demagogia, soprattutto in relazione alle informazioni


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rese oggi dal ministro, a comportarsi in modo realistico, dando atto al Governo di aver rispettato la Costituzione e le prerogative del Parlamento, informandolo e coinvolgendo in tutte le decisioni.

ELETTRA DEIANA. Credo che sia fin troppo noto e risaputo, ma a fronte della comunicazione del Governo deve essere ribadito, che le ragioni della guerra non hanno nulla a che vedere né con il supposto possesso di armamenti di distruzione di massa da parte del rais di Bagdad, né con l'idea, abbastanza pretestuosa e presuntuosa, degli Stati Uniti d'America di esportare la democrazia in punta di cannone. Si tratta di una guerra di dominio globale, condotta finora tentando di porre al servizio degli Stati Uniti d'America le istituzioni internazionali, oppure di liquidarle tacciandole di alto tradimento, come in queste ore sta facendo il Presidente degli Stati Uniti.
Poiché si tratta di un tipo di guerra di tal genere, l'Europa è in crisi: infatti, c'è chi non è disponibile alla riorganizzazione del dominio planetario; anche la NATO ha subito una crisi per questo motivo, poiché alcuni governi non sono d'accordo. Il Belgio, membro della NATO, ha negato il transito alle truppe Usa, in una guerra che non ha alcuna autorizzazione. Rispettiamo gli accordi del passato, ha dichiarato quel Governo, in particolare un ministro belga, ma se gli Stati Uniti dovessero scatenare una guerra senza l'approvazione delle Nazioni Unite, si collocherebbero nell'illegalità ed i transiti non potrebbero essere più accettati.
Per queste ragioni, poiché è fallito l'ignobile «mercato delle vacche» con cui gli Stati Uniti hanno cercato il voto di una serie di paesi poveri, anche l'ONU ed il Consiglio di sicurezza sono entrati in crisi. Ci troviamo in una fase straordinariamente delicata della politica internazionale che registra, proprio in ragione di tale sconquasso, il modo in cui gli Stati Uniti hanno operato sul terreno internazionale. Siamo in presenza di una ribellione corale ed ostinata da parte di una opinione pubblica mondiale contraria alla guerra, un'opinione pubblica composita, complessa, stratificata, di cui fanno parte i nuovi movimenti, le Chiese, a cui si unisce la voce del Papa e quella delle culture più diverse (anche quella della signora Veronica Lario).
Vorrei sottolineare che, proprio per la natura di questa guerra, che si è resa manifesta, la decisione del Governo di non prendere posizione netta, ma nello stesso tempo di continuare ad appoggiare le ragioni e le strategie degli Stati Uniti d'America è particolarmente inquietante.
Diceva, giustamente, l'onorevole Landi di Chiavenna che le bombe sono sempre bombe: è vero. Sono convinta (il mio gruppo votò contro la decisione in materia) che la guerra nei Balcani sia stata nefasta e che nell'incubazione di questa guerra infinita ed indefinita si mostri lo strumento di un nuovo ordine mondiale. Oggi non si può ripetere la filastrocca del passato: l'aspetto più inquietante della guerra va oltre la ferocia dei bombardamenti su popolazioni civili inermi, va oltre la logica neo coloniale di un insediamento americano, poiché si tratta di un conflitto che mira a sconvolgere definitivamente gli equilibri istituzionali ed il diritto internazionale, cioè quel contesto di relazioni costituito dopo la seconda guerra mondiale con grande fatica ma con qualche risultato.
Siamo di fronte al rischio di un inasprimento senza fine dello scontro tra occidente e mondo arabo: il famoso scontro di civiltà di cui parlò Bush, che continua ad accompagnare la sua strategia, la costruzione del nemico e delle ragioni con le quali si tenta di distogliere l'opinione pubblica dalle vere ragioni del conflitto.
Il Governo si sta assumendo la responsabilità di coinvolgere il nostro paese non in una qualsiasi, ma proprio in questa guerra, che comporta la crisi delle istituzioni internazionali, il depotenziamento del diritto internazionale, l'aggressione ed il vilipendio dell'ONU da parte di Bush. Il Governo ha compiuti una serie di atti gravi nel contesto di una scelta di interpretazione dei trattati finalizzata a coprire e legittimare qualcosa che non può essere


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né coperto né legittimato. Il continuo ricorso da parte del Governo (anche oggi, del ministro Giovanardi) al regime autorizzatorio che vige automaticamente e che, quindi, legittimerebbe il consenso alle operazioni di trasporto, sorvolo e all'uso delle basi (il ministro ha dichiarato che il Governo è intenzionato a fornire il proprio assenso all'utilizzazione delle basi), rimanda ad una interpretazione dei trattati del tutto unilaterale: i trattati vivono in maniera automatica in un contesto di normalità ma, nel momento in cui nasce una situazione di guerra come quella in cui ci troviamo (minacciata, annunciata e teorizzata, secondo la nuova dottrina militare degli Stati Uniti, nella forma della guerra preventiva), i trattati non presentano alcun automatismo e non autorizzano il Governo ad una interpretazione di tal genere.
Soltanto il Parlamento dovrebbe autorizzare ma non potrebbe, perché si troverebbe di fronte ad una evidente violazione degli stessi trattati.
Ciò, evidentemente, ammettendo come vincolo i trattati i quali, in realtà, oggi vigono in una situazione di completo mutamento del quadro internazionale e necessitano di una nuova interpretazione. Infatti, l'interpretazione cui mirano gli Stati Uniti è quella di distruggere completamente i vincoli, lacci e lacciuoli, per definire una situazione internazionale in cui soltanto il dominio degli Stati Uniti detta legge. Credo che l'anticipazione illustrata dal ministro Giovanardi circa le intenzioni del Governo di dare il beneplacito alla guerra contro l'Iraq, sia attraverso un apprezzamento, sia mediante la pubblicità data alla lettera con cui Bush ha manifestato apprezzamento a Berlusconi, sia con l'annuncio dell'intenzione del Governo di consentire l'uso delle basi, consista in una ammissione molto grave, che richiede, da parte di chi non vuole questa guerra, il massimo sforzo perché il Parlamento si pronunci in senso contrario. Ovviamente, noi siamo impegnati in questo.
Inoltre, intendo affermare che questa informativa del Governo si svolge a seguito di una settimana di silenzio da parte sua, durante la quale non è stato possibile discutere interpellanze, interrogazioni o interrogazioni a risposta immediata e neppure, in particolare, una interrogazione a risposta immediata che io avevo presentato e nella quale chiedevo ragione (a questo proposito, il ministro non ha chiarito assolutamente nulla) del come e in quale sede governativa sia stata emanata una circolare del Ministero dell'economia e delle finanze indirizzata alla Agenzia delle dogane in cui si chiarisce che i dipendenti degli uffici doganali - riferisco il contenuto della circolare - devono adottare ogni facilitazione nelle procedure doganali nonché ogni forma di concorso per agevolare e velocizzare al massimo le operazioni di transito della merce terza nell'ambito del territorio nazionale, pena la segnalazione di ogni inconveniente alla stessa Agenzia delle dogane. In questa circolare si premette e si sottolinea che la richiesta è derivata dalla esigenza manifestata dalle autorità statunitensi.
Insomma, il nostro Governo ha compiuto la scelta di rendere subalterno il territorio nazionale e le autorità civili del paese. Quindi, si tratta di una scelta di una gravità senza precedenti, della quale neanche rende conto, riducendo tutto ad una informativa «calderone» che non spiega assolutamente nulla se non la decisione del Governo di continuare ad essere subalterno al presidente Bush.

ARMANDO COSSUTTA. Cari colleghi, tra poche ore scadrà l'ultimatum statunitense. Il presidente Selva ha detto il vero quando ha affermato che soltanto un miracolo potrebbe fermare la guerra. Non credo nei miracoli e, quindi, temo che la guerra...

PRESIDENTE. Il Papa ci crede.

ARMANDO COSSUTTA. Mi lasci parlare, signor presidente. Temo che la guerra comincerà fra poche ore. Ritengo che se il Governo davvero intendesse agire per la pace, per evitare la guerra, anziché semplicemente auspicare che ci sia pace e non


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guerra dovrebbe concretamente assumere una posizione precisa. Di fronte all'ultimatum, al diktat degli Stati Uniti, il Governo italiano dovrebbe pronunciare un no, e chissà che un bastone nella ruota della guerra non riesca ad inserirlo. In secondo luogo, deve fin d'ora impegnarsi a rifiutare ogni appoggio, diretto e indiretto, all'operazione bellica. Il dibattito in Assemblea si deve svolgere presto. Fra pochi minuti, i presidenti dei gruppi parlamentari si riuniranno per decidere quando. Chiedo che l'Assemblea possa affrontare il tema, discutere e deliberare presto, cioè prima che comincino a cadere le bombe americane sul territorio iracheno, per potere ancora, in qualche modo, contribuire ad evitare che la guerra possa scoppiare inevitabilmente.
Il punto sul quale credo che non possiamo esitare ad esprimere un parere è che si tratta di una guerra ingiustificata perché non è motivata né dal possesso di armi di sterminio di massa né da azioni, attività o intenti legati al terrorismo internazionale. É una guerra ingiustificata e illegittima perché dichiarata al di fuori delle Nazioni Unite e, anzi, contro la volontà della maggioranza dei componenti il Consiglio di sicurezza, è dichiarata al di fuori della NATO ed è contro la legge.
È una guerra che altri hanno definito orrenda. Non sono religioso ma mi ha colpito enormemente la dichiarazione, di poche ore fa, del portavoce della Santa Sede secondo cui chi combatterà questa guerra dovrà risponderne dinanzi a Dio. Si tratta di una guerra feroce ed ignobile, una guerra contro la quale è necessario manifestare senza incertezze e senza esitazioni la posizione dell'Italia. Purtroppo, il Governo ha già compiuto alcune scelte. In qualche modo, può ancora rimediare, in un dibattito franco nelle Assemblee di Montecitorio e di palazzo Madama. Tuttavia, ha già compiuto le sue scelte quando, senza essere obbligato da alcun trattato, ha concesso l'uso del territorio per azioni di guerra, perché le operazioni di transito nel nostro territorio e nel nostro spazio aereo non erano di routine, come previsto dagli accordi internazionali, ma connesse alla preparazione di una guerra che, infatti, è alle porte e, tra qualche ora, scoppierà.
Il Governo ha compiuto una scelta nel momento in cui il Presidente del Consiglio dei ministri ha espresso il suo apprezzamento sui risultati del vertice delle Azzorre, nel quale si è deciso di aprire le ostilità belliche e di iniziare la guerra, ed ha assunto una posizione nel momento in cui il ministro degli esteri, Frattini - poche ore fa - ha dichiarato che l'Italia concederà l'uso delle basi e del territorio e quando il ministro Martino - 24 o 48 ore fa - ha pubblicamente dichiarato che egli, ministro della difesa, è favorevole ad un intervento armato in Iraq. Vi è una presa di posizione del Governo nei confronti della quale il Parlamento, oggi, deve potere intervenire per esprimere una ferma determinazione. La determinazione, oggi, se si vuole in qualche modo agire per salvaguardare la pace e per impedire la guerra, concretamente consiste nel dichiarare nettamente e senza incertezze che non sarà concesso né il territorio, né lo spazio aereo, né altro all'uso militare voluto dagli Stati Uniti.

UGO INTINI. Non mi appassiono al dibattito tecnico-giuridico sull'uso delle basi. Quel che è importante è che ci troviamo di fronte alla decisione politica di Bush per una guerra unilaterale che non è dettata dall'obiettivo, semplicemente, di disarmare Saddam Hussein perché, che questo sia il solo o il principale obiettivo, ormai, non ci credono più neppure i bambini. Questa guerra unilaterale colpisce le Nazioni Unite, colpisce l'Europa e colpisce anche l'Alleanza atlantica, cioè le tre istituzioni che il presidente della Repubblica Ciampi invita a tutelare.
L'opposizione, in una circostanza drammatica come questa, non deve fare propaganda, non deve sottolineare ciò che divide e non deve compiere esasperazioni polemiche: bisogna trovare il minimo comune denominatore che unisce l'opposizione a una gran parte della maggioranza. Il minimo comune denominatore è il no alla guerra unilaterale americana, non


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perché siamo antiamericani, piuttosto perché questa è una guerra lanciata senza la costrizione della necessità, senza il sostegno delle Nazioni Unite o la compagnia dei tradizionali alleati; perché questa guerra corona un periodo di terribili fallimenti diplomatici degli Stati Uniti, il peggiore per Washington, almeno dell'ultima generazione; perché questa guerra rischia di sperperare non la potenza dell'America, ma una parte essenziale della sua gloria. Non sono parole mie, ma del New York Times di questa mattina.
Intorno a questa linea, che trova anche l'appoggio della parte migliore dell'America, esiste una larga maggioranza in Europa ed in Italia. Come opposizione, l'obiettivo che ci dobbiamo porre è di fare emergere questa maggioranza anche in Parlamento.
Infine una parola per quanto riguarda le basi. Il centro-sinistra è una forza di governo, si deve comportare all'opposizione come se fosse al governo. Cosa faremmo se fossimo al governo? Cercheremmo sino all'ultimo, insieme a Chirac, a Schroeder e al cuore dell'Europa di contrastare la guerra unilaterale di Bush, poi concorderemmo con gli alleati NATO contrari alla guerra come noi una posizione comune, sentiremmo l'opinione di Berlino, di Atene, di Bruxelles. L'opinione dei socialisti è che si deve essere contrari a qualunque appoggio, diretto o indiretto, alla guerra unilaterale di Bush. Tuttavia, credo si debba essere anche favorevoli ad esprimere una posizione comune del Partito socialista europeo, presieduto, non dimentichiamolo, da Robin Cook, che ieri si è dimesso da ministro britannico.
Il capogruppo dell'UDC Volonté poco fa ha detto che bisogna concordare con i paesi fondatori dell'Europa una posizione sulle basi. Sono d'accordo, ma bisogna concordare anche la posizione politica, molto più importante. Il capogruppo dell'UDC ha detto che occorre un voto bipartisan come quello sul Kossovo, e questo è possibile se troviamo il minimo comune denominatore cui accennavo in precedenza. Questo minimo comune denominatore si può trovare, ma l'opposizione deve dire sì per evitare che l'Alleanza atlantica sia la prima vittima di questa guerra, perché i Bush passano, ma l'America resta! La parte più responsabile della maggioranza deve dire sì a collocare l'Italia con il cuore vero dell'Europa: gli amici dell'UDC e molti colleghi del Polo direbbero con il cuore cristiano dell'Europa e sarei disponibile a dirlo anch'io.

ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor ministro, ella è venuto qui a leggere una serie di dati rispetto a sollecitazioni che anche i parlamentari verdi avevano fatto, tuttavia ci ha letto cose datate, perché è evidente che la situazione si è profondamente modificata. Il ministro degli esteri oggi ha sentito la necessità di annunciare alla radio una posizione totalmente diversa rispetto a quella espressa davanti alle Camere. Non una posizione di impegno per la pace, ma una posizione di supina accettazione della guerra, annunciando, peraltro, la concessione di basi e spazi aerei per una guerra unilaterale fatta contro l'ONU ed in contraddizione con la Costituzione repubblicana.
Il ministro Buttiglione ieri in televisione ha ribadito che la Costituzione italiana vieta ogni tipo di coinvolgimento in una guerra di aggressione. Non voglio arrivare a chiedere ai ministri cattolici di questo Governo di seguire l'esempio di Cook, che abbiano cioè il coraggio delle dimissioni per difendere la propria coscienza e la propria posizione a favore della pace; ma sicuramente esiste il dovere della coerenza, che noi speriamo abbiano tutti in questo Parlamento.
Al di là delle valutazioni espresse, mi sembra che anche coloro che più volte hanno detto, (parlo del centro-destra) che, nel caso di un mandato delle Nazioni Unite, avrebbero ritenuto la guerra giusta, sottolineavano che mai avrebbero appoggiato una guerra senza l'ONU; spero che non si siano dimenticati ciò che pubblicamente hanno dichiarato. Il Presidente del Consiglio l'ha anche detto pubblicamente al popolo italiano. Se, invece, ipocritamente, dalle lettere di Berlusconi a Bush - perché noi abbiamo visto quelle di


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Bush a Berlusconi, ma non quelle di Berlusconi a Bush, che dovrebbero essere rese pubbliche - si desume che i contratti per la ricostruzione dell'Iraq, come dicono i siti internet di tutto il mondo, sono già stati firmati preventivamente, allora è evidente che noi, ed anche qualcuno di voi, siamo stati truffati, perché qualcuno non ha lavorato per la pace, dando per scontato che si sarebbe comunque arrivati alla guerra.
Prima l'obiettivo veniva indicato nel disarmo di Saddam, mentre adesso l'ultimatum riguarda l'esilio, ma si tratta di un ultimatum che va contro il mandato delle Nazioni Unite. Noi saremmo ben felici dell'esilio di Saddam, ma sappiamo perfettamente che si chiede l'esilio per fare la guerra. Oggi, forse, in condizioni normali si dovrebbe chiedere la riunione del Consiglio di sicurezza per condannare l'ultimatum lanciato da Bush, perché si tratta di un ultimatum contro le Nazioni Unite, siamo in una condizione totalmente diversa. È inutile rivangare situazioni non paragonabili a questa, perché oggi voi rischiate di portare l'Italia in una guerra in posizione contrastante con la Francia, con la Germania, con il Belgio, con la gran parte dei paesi fondatori dell'Unione europea. State schierando irresponsabilmente l'Italia su una posizione contraria alla storia di cinquant'anni di questo paese. Una storia di fedeltà all'Alleanza atlantica, fatta anche con la Francia, con la Germania e con i grandi paesi europei.
Dal suo punto di vista, correttamente, la destra americana ha teorizzato la guerra preventiva, condannata dal Papa e dalla maggior parte del mondo intellettuale, laico e cattolico, del pianeta. Abbiate almeno il coraggio di capire che la responsabilità che vi state assumendo non è quella di fare la guerra al terrorismo, per la quale ovviamente sono tutti d'accordo, ma di spostare l'Italia in una posizione anomala, con la Polonia e con la Spagna contro la Francia, il Belgio e la Germania, spaccando l'Unione europea. Poiché ciò ci sembra estremamente grave, noi con tutta l'opposizione chiederemo che nel Parlamento si abbia il coraggio di rappresentare il popolo italiano, perché la stragrande maggioranza degli italiani è contro la guerra, a maggior ragione contro una guerra preventiva fatta al di fuori di ogni legalità internazionale e contro le Nazioni Unite. Capiamo che, mentre gli altri ministri hanno parlato in televisione o alla radio, il ministro Giovanardi si trova nella difficile condizione di essere il primo ad intervenire presso un organo parlamentare e a dovere esprimere una posizione non ancora delineata; tuttavia noi auspichiamo che anche i parlamentari del centro-destra trovino il coraggio che oggi i parlamentari laburisti inglesi stanno trovando, (sono ben 150), per votare secondo la loro coscienza e secondo ciò che pensa il loro popolo, contravvenendo anche alle posizioni sbagliate che sta assumendo Blair. Speriamo che anche in Italia nella maggioranza ci sia qualcuno che sia in grado di rispondere alla propria coscienza, al paese ed alla maggioranza dei cittadini e non alle lettere segrete che Berlusconi ha scritto a Bush ma non ha mai consegnato ai parlamentari italiani.

PINO PISICCHIO. Credo che in ore drammatiche come quelle che stiamo vivendo si imponga a noi tutti una operazione di verità tendente ad evitare la riduzione in chiave di antagonismo domestico di una vicenda che invece ha dimensioni e profondità di ben altro tenore. Con questo intento ho provato a domandare a me stesso: in una situazione oggettivamente difficile, con un range di posizioni assumibili estremamente esiguo, che cosa avrebbe potuto fare il Governo di centro-sinistra? Io credo che il Governo di centro-sinistra, consapevole della responsabilità che gli sarebbe derivata in un momento così drammatico, avrebbe certamente evitato di fare a priori la scelta della subalternanza, così come avrebbe evitato di assumere posizioni che talvolta hanno anche rasentato il limite della gaffe. Mi riferisco alle dichiarazioni del ministro Martino, con riferimento ad una sua personale opzione nei confronti della guerra.
Il limite dell'articolo 11 della Costituzione credo valga anche per il ministro


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della difesa; non ritengo sia posto, dalla Costituzione, in termini generici. Tuttavia - e bisogna essere onesti, in questa operazione di verità, fino in fondo -, dobbiamo considerare che abbiamo la necessità, da un lato, di essere consapevoli dei doveri derivanti dalla scelta compiuta dall'Italia nel 1947 - la scelta di porci all'interno di un'alleanza, sottoscrivendo un patto con gli Stati Uniti; patto che ci impone la lealtà nei confronti di questo alleato - e, dall'altro, di esprimere un «no» chiaro, forte, clamorosamente forte, nei confronti della guerra. Guerra che, peraltro, verrebbe compiuta non solo al di fuori di un percorso legittimante - non esistono, probabilmente, guerre siffatte - ma anche senza alcuna forma di considerazione da parte delle Nazioni Unite. Si è più volte sostenuto che la vicenda ha fatto vittime particolarmente «pesanti»; alludo alle istituzioni sovranazionali. Ritengo che l'Italia, in questo momento, abbia - così come indicava il Presidente della Repubblica - il dovere di non spezzare la solidarietà internazionale, cominciando dall'Europa.
L'Europa ha subìto un grave vulnus da questa vicenda della crisi irachena; ma l'Europa è il nostro destino, la nostra vocazione. L'Unione europea, peraltro, è il consesso internazionale che vedrà, tra tre mesi, il nostro paese in una posizione di presidenza e, dunque, con responsabilità specifiche. L'Italia non deve spezzare la solidarietà europea e deve intessere in questa fase relazioni con gli altri paesi; anch'io apprezzo l'apertura che mi è sembrato provenisse dal presidente del gruppo dell'UDC con riferimento al nucleo storico dei paesi fondatori dell'Unione europea, paesi da sempre europeisti. Ritengo che in questa dimensione sia rinvenibile il percorso che il nostro paese dovrà fare; dobbiamo trovare la risposta nella solidarietà europea. Torniamo a percorrere con fatica questo itinerario che, peraltro, avrà un grande significato anche per la fase successiva. Nelle tremende vicende, che il mondo sta vivendo in queste ore, di una guerra annunciata da mesi - aspetto che ce la fa maggiormente odiare -, la nostra maggiore responsabilità è, a mio avviso, quella di immaginare cosa fare per salvare le istituzioni sovranazionali dopo questo tempo di follia.

GIORGIO LA MALFA. Signor presidente, è giusto che questo nostro dibattito venga seguito, al più presto, da una discussione nelle Assemblee parlamentari perché, come hanno detto molti colleghi, la situazione politico-diplomatico-militare è cambiata rispetto al momento in cui questo incontro fu sollecitato. Siamo, oggi, in una condizione prebellica, se non bellica; di conseguenza, è giusto che l'Assemblea parlamentare sia investita al più presto della questione. Ma il punto di partenza delle nostre valutazioni, onorevoli colleghi - e non l'ho sentito dire dai colleghi dell'opposizione -, non può che essere la risoluzione n. 1441 delle Nazioni Unite; una risoluzione votata all'unanimità da tutti i paesi membri del Consiglio di sicurezza, compresi, ovviamente, Cina, Francia, Germania, e via dicendo. Risoluzione con la quale si chiedeva il pronto disarmo dell'Iraq ed una collaborazione piena di quel paese all'operazione di disarmo (non all'opera degli ispettori, ma all'operazione di disarmo cui l'ONU l'aveva chiamato molte volte).
Difatti, molta parte dei colleghi della sinistra, dissentendo da quell'impostazione, hanno sempre sostenuto che la guerra non sarebbe potuta discendere nemmeno da una valutazione delle Nazioni Unite. Onorevole Mattarella, onorevole D'Alema, la vostra posizione è diversa da quella di altri colleghi presenti in Parlamento, i quali sostengono che nemmeno una valutazione delle Nazioni Unite avrebbe autorizzato una guerra. Infatti, la risoluzione 1441 fissa un obbligo per l'Iraq e stabilisce che l'Iraq ha accumulato delle armi di distruzione di massa che devono essere distrutte e consegnate al più presto, in modo incondizionato, e via dicendo. Questo è il fondamento legale di una eventuale guerra....

SERGIO MATTARELLA. Ma la risoluzione n. 1441 prevede una seconda deliberazione, che non vi è stata.


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GIORGIO LA MALFA. Mi dispiace, onorevole Mattarella, ma la risoluzione n. 1441 non la prevede.

SERGIO MATTARELLA. Sì, invece!

GIORGIO LA MALFA. Nel testo non vi è scritto ciò, onorevole Mattarella; vi è scritto che, qualora l'Iraq non adempia, seguiranno serie conseguenze.

VALDO SPINI. Israele sarebbe stata attaccata cento volte !

GIORGIO LA MALFA. Lasciamo perdere Israele; ne parliamo un'altra volta. Questo è il punto della questione, che non può essere sottovalutato.
Aggiungo una seconda considerazione, in risposta ai colleghi che, come Cossutta ed altri, hanno sostenuto che non si doveva neppure concedere l'uso delle basi e dei treni perché ciò sarebbe stato fatto per la preparazione dell'azione bellica. L'altro giorno il Presidente francese Chirac, in una intervista poi pubblicata dal Corriere della sera, ha detto agli americani: non fate la guerra perché state vincendo; state vincendo attraverso la pressione militare. Dunque, anche a mezzo di quella parte di sostegno che l'Italia ha dato con le sue basi, con il suo spazio aereo, alla preparazione dell'azione militare. Ma riferisco ciò perché nell'opposizione vi sono due posizioni diverse; vi sono molti, tra di voi, che sono convinti che l'azione militare sia indispensabile perché è indispensabile disarmare l'Iraq, e vi sono altri i quali credono che l'obiettivo debba essere sconfiggere e umiliare gli Stati Uniti, dei quali siete stati nemici per cinquant'anni. Sono due posizioni diverse, tra le quali è bene si faccia grande chiarezza.
Ne parleremo in Assemblea, onorevoli colleghi; rischiamo la guerra. Il Governo italiano ha fatto di tutto, onorevoli colleghi, per mantenere un equilibrio rispetto alla vicenda in esame; penso, ad esempio, a quando ha cooperato alla ricerca di una piattaforma comune nel Consiglio europeo di Bruxelles. Piattaforma che era un punto di equilibrio tra le posizioni franco-tedesche e le posizioni del laburista Blair, persona che mi onoro di considerare un uomo dello schieramento occidentale al quale io appartengo. Non si può considerare il laburista Blair alla stregua dell'estrema destra americana, come qualcuno ha sostenuto; si tratta di un uomo che, per così dire, rappresentava, almeno fino all'altro ieri, gli ideali dell'Ulivo, in questo nostro paese. Da tale punto di vista, il Governo italiano è stato prudente, ha cercato di tenere conto, ha svolto un'opera; ma, oggi, onorevoli colleghi, siamo arrivati ad una condizione bellica. Vi è una guerra, giudichiamola come ci pare; ma se negassimo l'aiuto dell'Italia, se negassimo le basi dell'Italia agli americani, noi aiuteremmo l'Iraq nel suo sforzo bellico (Commenti). Questa è la condizione; voi potete osservare giustamente - ed io pure lo sostengo - che sarebbe stato preferibile riuscire ad evitare la guerra attraverso il disarmo del dittatore iracheno. Ma, oggi, la scelta è tra essere con i nostri alleati - con un paese libero come gli Stati Uniti - ed essere con un dittatore che merita la condanna che voi stessi date.

PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro Giovanardi per la replica.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor presidente, voglio anzitutto ringraziare tutti i colleghi intervenuti in un dibattito che, però, è propedeutico alla discussione che seguirà, probabilmente nella giornata di domani, in Assemblea; discussione che sarà specificamente dedicata a come affrontare le nuove emergenze maturate nelle ultime ore. Dovevo rispondere ad interpellanze ed interrogazioni che vertevano su una questione importante: il comportamento del nostro paese negli ultimi quindici giorni in ordine alla questione della movimentazione di mezzi militari dei nostri alleati sul nostro territorio. Devo osservare, con soddisfazione, che, tranne qualche piccola eccezione, tale argomento, oggi, non è stato portato nel dibattito; infatti, mi sembra che di contestazioni rispetto alla piena legittimità del comportamento


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del Governo in questi quindici giorni non ve ne siano state, salvo poche eccezioni. Anzi, sembrava quasi che l'argomento fosse, in qualche modo, passato di moda. Ma l'onorevole La Malfa ha detto con grande lucidità che se c'era, e se c'è ancora, una possibilità su un milione di evitare la guerra, tale occasione è legata alla pressione militare; e ciò non perché lo affermi il Governo italiano, ma perché l'hanno sostenuto tutti i paesi europei, inclusi Francia e Germania. Anche domenica scorsa il Papa ha affermato che bisogna fare di tutto per giungere alla pace, in quanto il ricorso alla forza rappresenta l'ultima opzione: ha ricordato, quindi, l'uso della forza come ultima opzione.
Sono rimasto impressionato dall'opinione del giornalista arabo Magdi Allam, persona molto seria, che ha sostenuto quanto la divisione dell'occidente, che poi ha contribuito alla crescita dell'area pacifista, abbia avvicinato la guerra ed alimentato l'illusione di Saddam di permanere, comunque, al potere.
Non voglio sottrarmi al fulcro della discussione, che riguarda la legittimità del comportamento passato e futuro del Governo. Per tale motivo ho citato l'onorevole Mattarella, di cui ho grandissimo rispetto, come ho grandissimo rispetto dell'onorevole D'Alema e anche l'opposizione di allora, quando votò in senso bipartisan per l'intervento in Kosovo, con piena convinzione.

SERGIO MATTARELLA. Il CCD soltanto.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. No, per l'intervento in Kosovo tutta l'opposizione votò a favore.

SERGIO MATTARELLA. No, soltanto il CCD. Gi altri furono contro, votando la loro mozione per l'intervento, ma contro quella del Governo.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ma non per l'intervento in Kosovo! Nell'occasione vi fu una larga solidarietà bipartisan! (Commenti). Va bene, tranne la Lega, vi fu un atteggiamento bipartisan, confermato per l'intera legislatura precedente.

SERGIO MATTARELLA. No, non è così. Soltanto il CCD votò favore. AN e Forza Italia votarono contro il documento del Governo, preferendo la loro mozione favorevole all'intervento.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ed allora il mio partito si vanta di aver votato a favore dell'intervento in Kosovo. Tuttavia, il passaggio delicato è che il presidente D'Alema mi ha contestato un'affermazione, dicendo che anche la sera prima il Parlamento era stato avvertito dall'onorevole Mattarella di ciò che stava avvenendo. Dagli atti risulta esattamente il contrario.
L'onorevole Mattarella, la sera del 24, parlando alla Camera, affermò (e sentite se non ci sono assonanze con l'attuale situazione): «La vicenda del Kosovo (potete anche tradurre con Iraq), non può quindi in alcun modo essere considerata interna ad un singolo paese, ma, come più volte sottolineato dalle Nazioni Unite, una minaccia alla pace, alla sicurezza internazionale, che la Comunità internazionale è, quindi, chiamata ad affrontare e risolvere. Sappiamo tutti che l'ONU, anche se nella risoluzione che ho citato si era riservata di adottare ulteriori azioni e misure per stabilire la pace e la sicurezza nella regione, non ha espressamente autorizzato un intervento armato in Kosovo. È anche a tutti nota la ragione per cui ciò non avviene: la ferma opposizione dei paesi con diritto di veto nel Consiglio di sicurezza». Quindi, l'onorevole Mattarella informò le Camere che anche se l'ONU era contrario ad un intervento armato, l'Italia stava per...

SERGIO MATTARELLA. Si trattava di un'azione della NATO.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Intanto, chiariamo


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che il Governo di allora era assolutamente consapevole che l'ONU fosse contrario all'intervento armato, perché, come Mattarella spiegò legittimamente, si pensava ad un veto, per cui bisognava operare al di fuori dell'ONU. Si tratta di atti parlamentari (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il ministro ha ascoltato pazientemente, ma ora fatelo parlare.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. L'onorevole Mattarella, in conclusione del suo intervento, affermava che: «l'Italia, comunque, si adopererà fino in fondo, fino all'ultimo momento, per una soluzione pacifica, utilizzando ogni spiraglio, anche minuscolo, di possibilità di intesa. È necessario, però, naturalmente, un mutamento nell'atteggiamento, un significativo scostamento dell'atteggiamento del Governo di Belgrado».

SERGIO MATTARELLA. Sono lusingato; tuttavia, perché non cita tutto il mio intervento?

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Sì, infatti, lo leggo tutto. L'onorevole Mattarella continuava, affermando: «Anche in presenza di un intervento militare, verosimilmente imminente, il Governo italiano continuerebbe a compiere ogni sforzo, per raggiungere intese ed evitare l'inasprirsi ulteriore della situazione, già adesso così drammatica» (Commenti). Devo terminare l'intervento, per cortesia.

PRESIDENTE. Lasciatelo parlare, colleghi, per favore.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Mentre la sera del 24 l'onorevole Mattarella annunciava che l'ONU non era d'accordo per l'intervento, ed affermava che il Governo stava lavorando ancora, perché riteneva ci fossero spiragli di pace, la mattina dopo si presentava al Senato alle 9, per annunciare che erano già cominciati i lanci di missili ed i bombardamenti sulla Serbia.
Dico ciò non perché desideri censurare l'onorevole Mattarella, o l'onorevole D'Alema, bensì perché fotografo, puntualmente, una situazione condivisa; e mi ribello al fatto che chi si è comportato in tale modo contesti così duramente un'area politica, un Governo che si è mosso passo dopo passo nelle Commissioni parlamentari ed in Assemblea.

MASSIMO D'ALEMA. Lei è un buffone!

PRESIDENTE. Onorevole D'Alema, questo non è consentito fra colleghi!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Sulla base di atti parlamentari...Non sono menzogne! Ho letto gli atti parlamentari!

MASSIMO D'ALEMA. Lei ha letto alcuni brani! Lei è un buffone! Chiedo la parola per fatto personale! Il Governo sta mentendo al Parlamento!

PRESIDENTE. Onorevole D'Alema, lei non può intervenire.

MASSIMO D'ALEMA. Perché c'è un bugiardo che sta parlando.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Sto illustrando una situazione politico-parlamentare, da noi condivisa, che sfociò in un intervento armato in Serbia, sul quale noi esprimemmo allora un parere favorevole, che confermiamo oggi; ma i vostri attacchi al Governo, oggi così duramente contestato proprio sotto il profilo della legittimità e della trasparenza del nostro rapporto con il Parlamento, sono da respingere con durezza, perché non stiamo parlando o mettendo in conto un intervento armato italiano, o che militari italiani... (Commenti) o che i militari italiani partecipino ad azioni belliche, o che mezzi militari italiani partecipino ad azioni belliche, perché ciò è stato già escluso! Escluso! Quindi,


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non stiamo parlando di aerei italiani che vanno a bombardare! Stiamo parlando di una situazione nuova...

ARMANDO COSSUTTA. Gli aerei sono già in Turchia!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento....nella quale c'è stato un ultimatum e nella quale alcuni paesi, ahimè!, in una situazione sicuramente non facile, come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Danimarca, la Spagna, la Polonia, molti dei quali hanno fatto parte della Comunità europea prima, e dell'Europa unita oggi; alcuni dei quali, come gli Stati Uniti, sono il nostro principale alleato, alcuni dei quali, come il Giappone, come l'Australia, o come la Polonia, pur non facendo parte dell'Europa, sono paesi democratici, hanno annunciato un'azione unilaterale.
Dico, molto francamente, che non faremo la politica dei «né, né». Non diremo «né con i paesi democratici, né con Saddam Hussein».

ALFONSO PECORARO SCANIO. Ci sono pure la Francia e la Germania! State con la Francia o con gli Stati Uniti? Qui nessuno è con Saddam Hussein! Si vergogni!

PRESIDENTE. Onorevole Pecoraro Scanio, la prego, non interrompa!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Caro Pecoraro Scanio, i violenti non mi spaventano! I violenti non mi spaventano!

ALFONSO PECORARO SCANIO. Non può permettersi di dire che stiamo con Saddam!

PRESIDENTE. Onorevole Pecoraro Scanio, lei non può parlare!

ALFONSO PECORARO SCANIO. È il ministro Giovanardi che non può parlare! Non può permettersi di dire che stiamo con Saddam!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ma sei Benito Mussolini? Ma chi sei?!

PRESIDENTE. Onorevole Pecoraro Scanio, non è lei il presidente! Lei non può parlare!

ALFONSO PECORARO SCANIO. Lui non può permettersi di dire che stiamo con Saddam.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ma va, fascista! Ma allora sei proprio un fascista!

ALFONSO PECORARO SCANIO. Non può permettersi di dire che stiamo con Saddam.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. La nostra posizione politica rifiuta il «né, né». Rifiutiamo una posizione politica che di fronte a tale situazione...(Commenti del deputato Pecoraro Scanio). Ma, presidente, avrò il diritto di parlare?!

PRESIDENTE. Onorevole Pecoraro Scanio, per l'ultima volta la invito ad ascoltare. Il ministro sta rispondendo...

ALFONSO PECORARO SCANIO. Lei deve richiamare il ministro!

PRESIDENTE. No, richiamo lei perché sta interrompendo il ministro!
Signor ministro, la prego di continuare.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ripeto ancora una volta, perché sia chiaro. In una situazione in cui tutta la comunità internazionale ha un obiettivo condiviso, cioè disarmare e neutralizzare Saddam Hussein...

GIOVANNA MELANDRI. Non è l'esilio!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Il Parlamento italiano ha chiesto l'esilio con una mozione


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votata all'unanimità. Si può condividere o meno, ma l'ha chiesto il Parlamento (Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghe, per cortesia, almeno voi siate gentili.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor presidente, non mi lascio intimidire dai violenti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega nord Padania e dell'UDC)! Ho il diritto di parlare e di esprimere la mia posizione (Commenti).

PRESIDENTE. Non si può impedire al ministro di parlare. Onorevoli colleghi, il ministro sta rispondendo alle vostre affermazioni: lasciatelo parlare!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. In una situazione in cui tutta la comunità internazionale ha un obiettivo ampiamente condiviso da tutti, disarmare e neutralizzare Saddam Hussein, in una situazione in cui purtroppo la comunità internazionale si è drammaticamente divisa sulle strategie e sui modi per arrivare all'obiettivo ed in cui alcuni paesi amici ed alleati dell'Italia (come la Francia e la Germania) hanno assunto una posizione, ed altri paesi amici ed alleati dell'Italia (come gli Stati Uniti, l'Inghilterra e la Spagna) hanno assunto un'altra posizione, non possiamo - ripeto -, in questa situazione in cui una parte di questi paesi amici ed alleati arriverà ad uno scontro imminente di tipo bellico con Saddam Hussein, assumere una posizione politica di equidistanza tra queste due posizioni, che dica che non stiamo né con Saddam Hussein né con gli Stati Uniti e l'Inghilterra (Commenti).

PIETRO FOLENA. La Francia! La Francia!

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. La Francia e la Germania non hanno fatto ciò che sta chiedendo l'opposizione, cioè impedire agli inglesi, agli americani o agli spagnoli l'utilizzo delle loro basi o il sorvolo aereo del territorio. Questo è ciò che chiede il centrosinistra.
Vi dico subito - ma saremo più precisi domani nel dibattito in Assemblea - che il Governo non intende assumere atteggiamenti ostili nei confronti dei nostri amici e dei nostri alleati (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega nord Padania e dell'UDC). Rimarremo all'interno della perfetta legittimità costituzionale, delle regole e degli accordi internazionali liberamente sottoscritti e non ci faremo trascinare in un'avventura, che lacererebbe in maniera definitiva la Comunità europea, i rapporti con gli Stati Uniti e non troverebbe la possibilità di riallacciarli in sede ONU.
Opereremo, come abbiamo fatto in queste settimane, non per accentuare le fratture ma per ridurle, nell'ottica della pace (Commenti) per trovare soluzioni il più largamente condivise con i nostri alleati e per non far assumere al nostro paese posizioni avventuristiche che ci farebbero trovare isolati nel contesto dei paesi europei.

ARMANDO COSSUTTA. Tu vuoi stare con Bush e contro il Papa.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Anche Francia e Germania, in queste settimane, hanno cercato una soluzione diversa della crisi. Abbiamo sempre presente che la nostra pace, la nostra libertà e la nostra democrazia sono state tutelate per cinquant'anni proprio dall'alleanza con i paesi europei e con gli Stati Uniti.
È una linea politica a cui nessun Governo ha mai rinunciato ed a cui non intendiamo rinunciare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Lega nord Padania e dell'UDC).

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole D'Alema, a norma del comma 2 dell'articolo 42, di cui do lettura: «In qualunque occasione siano discussi provvedimenti


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adottati dai precedenti Governi, i deputati i quali appartengano ai Governi che le adottarono hanno il diritto di ottenere la parola al termine della discussione».
Prego, onorevole D'Alema.

MASSIMO D'ALEMA. La ringrazio, presidente.
Chiedo scusa al ministro Giovanardi per averlo apostrofato in modo eccessivo. Tuttavia, vorrei che rimanesse agli atti una considerazione. Il ministro nella sua introduzione ha affermato che il Governo da me presieduto si è presentato in Parlamento soltanto dopo l'inizio delle ostilità nel Kosovo, nella data del 25 marzo 1999. Questa informazione è falsa e l'onorevole Mattarella lo ha dimostrato. La correttezza avrebbe voluto che, in primo luogo, si chiedesse scusa.
Infatti, il Vicepresidente del Consiglio si è presentato in Parlamento non il 25 marzo, come ha detto il ministro Giovanardi, mentendo, bensì il 24 marzo, non dopo l'inizio delle ostilità, bensì prima. Lo dico perché è giusto che rimanga a verbale anche la verità.
In quella informativa urgente al Parlamento, avvenuta - ripeto - prima dell'inizio delle ostilità, il Vicepresidente del consiglio aveva annunziato come ormai imminente (è riportato negli Atti parlamentari, XIII legislatura, n. 515, seduta 24 marzo 1999) l'intervento armato della NATO contro le forze armate serbe, che avevano invaso il Kosovo. Il Vicepresidente aveva espresso il consenso del Governo italiano ed aveva indicato gli articoli del Trattato dell'Alleanza del nord Atlantico sulla base dei quali il nostro paese era impegnato. D'altro canto, l'Italia era impegnata sin dal settembre 1998, quando il Governo Prodi aveva emanato l'act order, mettendo le nostre forze armate a disposizione del comando generale della NATO.
Successivamente il Parlamento è stato più volte informato e, nella seduta delle Commissioni riunite del gennaio 1999, diversi parlamentari dell'opposizione (ho sotto gli occhi l'intervento dell'onorevole Zacchera) hanno sollecitato l'avvio di un'azione armata all'indomani del massacro di Racak.
Questi sono i fatti. Il ministro ha affermato che l'onorevole Mattarella è venuto in Parlamento dopo l'inizio delle ostilità: non è vero! Egli è venuto il giorno prima annunciando l'imminente attacco della NATO. Tutto ciò è riportato negli atti della Camera. Questo tipo di polemiche, secondo me, non servono a nulla (Commenti).

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. E allora non le fate!

MASSIMO D'ALEMA. Il ministro Giovanardi le ha avviate dicendo una cosa inesatta. Ritengo che quando un ministro della Repubblica accusa un Governo del passato di essere venuto in Parlamento dopo l'inizio delle ostilità, mentre si appura immediatamente che è venuto prima, non deve neanche chiedere scusa, ma affermare di aver avuto una svista.

CARLO GIOVANARDI, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Faremo un giurì d'onore sugli atti parlamentari.

MASSIMO D'ALEMA. Questa è la regola minima di un rapporto politico e personale civile (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Grazie. Sono così esaurite le comunicazioni del Governo sull'utilizzo da parte statunitense delle infrastrutture di trasporto italiane e sui connessi problemi di sicurezza.

La seduta termina alle 15,25.