COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di marted́ 30 settembre 2003


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIANLUIGI SCALTRITTI

La seduta comincia alle 14,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva inerente l'esame dei progetti di legge C. 27 Stefani, C. 291 Massidda, C. 498 Bono, C. 1417 Onnis, C. 1418 onnis, C. 2016 Benedetti Valentini, C. 2314 Serena, C. 3533 Pezzella e C. 3761 Bellillo, recanti «Modifiche alla legge n.157 del 1992, protezione della fauna selvatica e prelievo venatorio», il seguito dell'audizione di rappresentanti dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
Ricordo che la prima parte di questa audizione si è svolta il 18 giugno 2003. Sono presenti, in rappresentanza dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, il commissario straordinario, dottor Massimo Pensato, ed i dirigenti di ricerca, dottor Fernando Spina e dottor Silvano Toso. Ringrazio i rappresentanti intervenuti per la loro presenza e chiedo loro se intendano integrare gli interventi svolti nella seduta precedente.

MASSIMO PENSATO, Commissario straordinario dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. A seguito delle richieste che ci sono state rivolte nella precedente seduta, intendiamo lasciare agli atti della Commissione una documentazione aggiuntiva, inerente all'attività svolta dall'istituto e, in particolare, a quella di inanellamento, della quale si occupa direttamente il dottor Spina.

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Sulla base di una richiesta avanzata dall'onorevole Onnis alla fine del mese di luglio scorso, abbiamo preparato una documentazione relativa ad alcuni aspetti dell'attività di inanellamento, in Italia, negli ultimi dieci anni.
Nel documento da noi predisposto, abbiamo esaminato la distribuzione spazio-temporale di quest'attività nel nostro paese ed, inoltre, a fronte di una richiesta relativa alla distribuzione dell'attività di inanellamento nelle diverse regioni italiane, abbiamo effettuato analisi di notevole dettaglio. Siamo in grado di fornire, per ciascuna regione, analisi relative alla distribuzione storica e stagionale dello sforzo di inanellamento, nonché al numero delle stazioni attive, al numero di uccelli inanellati e alle specie campionate, su base annuale e di decade.
Inoltre, in merito alle richieste di chiarimenti circa le attività di inanellamento riguardanti alcune specie di interesse venatorio quali, in particolare, colombaccio, beccaccia, merlo, tordo bottaccio e tordo sassello, abbiamo effettuato una serie di


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analisi (in parte già in vostro possesso perché contenute nei volumi che avevamo trasmesso a suo tempo alla Commissione), che forniscono molte indicazioni di dettaglio riguardo ad alcuni aspetti legati a queste specie. In particolare, per quanto riguarda la beccaccia, abbiamo allegato una relazione che origina da un progetto, finanziato dal Ministero delle politiche agricole e forestali, con il coordinamento del nostro istituto, che si sta realizzando nei pressi di Roma, a Castelporziano, e rappresenta il materiale informativo più dettagliato circa questa specie in Italia. Da ultimo, abbiamo descritto in maniera estesa la distribuzione, nel nostro paese, dei titolari di autorizzazioni all'inanellamento.
Insieme a questa relazione, vi consegniamo copia della traduzione italiana di una relazione, che ci è stata richiesta dalla Commissione europea nell'ambito delle attività del Comitato Ornis, sia in forma cartacea sia su supporto informatico (CD-ROM), al fine di rendere più agevole l'utilizzo e la lettura dei grafici.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che desiderino intervenire.

FRANCESCO ONNIS. Dottor Spina, lei ha citato i titolari di autorizzazione all'inanellamento. Queste autorizzazioni consistono nel cosiddetto «patentino»?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Sì.

FRANCESCO ONNIS. Potremmo conoscere il numero dei «patentini» in corso di validità in Italia?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Al momento, in Italia ci sono 375 titolari di autorizzazione; alcuni di essi operano in più regioni italiane. Quindi, il totale delle autorizzazioni attualmente attive nel nostro paese è di 468. A questo numero devono essere aggiunti gli aspiranti inanellatori, che sono 111, ed i collaboratori, cioè le persone che aiutano nell'attività di campo pur non essendo titolari di autorizzazione ad operare sugli animali catturati, dei quali debbono essere rilevati i dati biometrici e fisiologici. Tali rilevazioni, infatti, rientrano specificamente tra i compiti dell'inanellatore. Il totale delle persone coinvolte, dunque, è di 699, come evidenziato nell'ultima parte della relazione, con una distribuzione geografica molto varia, in quanto si passa dalle 8 unità della Calabria fino ad un massimo di 125, in Lombardia. I dati di inanellamento prodotti da questa rete di rilevatori, negli ultimi dieci anni, assommano a 2 milioni e 245 mila e sono relativi ad oltre 300 specie.

FRANCESCO ONNIS. Quindi, i soggetti legittimati sarebbero 375?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Al momento, i titolari sono 375.

FRANCESCO ONNIS. La mia domanda è volta semplicemente ad acquisire questo dato.

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. È tutto indicato nella relazione che abbiamo consegnato alla Commissione, compresa la distribuzione per regioni.

FRANCESCO ONNIS. I titolari del cosiddetto «patentino» procedono all'attività di inanellamento per un tipo di fauna o per tutta la fauna migratoria? Ad esempio, può effettuarsi una distinzione fra acquatici e non acquatici?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Ci sono tre tipi di autorizzazione, dal livello C, B ed A, richiedenti un esperienza crescente. Tali diverse autorizzazioni comportano la possibilità di inanellare insiemi di specie diverse tra loro. La ragione per cui non si dà la possibilità a chiunque di inanellare le specie deriva dal fatto che inanellare un certo numero di specie dell'agrifauna


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italiana è un'operazione che richiede grandi capacità (per esempio, a livello di identificazione delle singole specie oppure in termini di tecniche di cattura delle stesse o di gestione di alcuni animali particolari). Tuttavia, non esiste una differenziazione a livello di gruppi sistematici.

FRANCESCO ONNIS. Esistono, per esempio, stazioni di inanellamento solo per gli acquatici?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Sì, esistono stazioni di inanellamento solo per gli acquatici in quanto le tecniche che vanno utilizzate per la cattura e l'inanellamento di tali specie sono specifiche. Si tratta di grandi trappole ad ingresso, a nassa, che, generalmente, devono essere posizionate in zone al limite tra la terra e l'acqua e nelle quali vengono posti degli attrattivi (essenzialmente mangimi), grazie ai quali gli animali entrano nelle gabbie per poi essere immediatamente inanellati e liberati.

FRANCESCO ONNIS. Tra i 375 di cui abbiamo parlato, quali sono i soggetti titolati che si dedicano solo agli acquatici?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Al momento, ci sono una decina di stazioni che catturano uccelli acquatici in Italia.

LUIGINO VASCON. Non vi è dubbio che la base scientifica del censimento che avviene attraverso gli inanellamenti rappresenta il presupposto ed il fondamento a cui il Ministero delle politiche agricole e forestali e quello dell'ambiente, così come le singole regioni, si riferiscono per stabilire divieti o autorizzazioni ai prelievi (tutto ciò, normalmente, avviene sulla base dei censimenti).
L'argomento è talmente interessante e pregnante che, approfittando della cortesia dei nostri ospiti, bisognerebbe spendere molto più tempo per capire nello specifico di che cosa stiamo parlando.
Un aspetto, comunque, rimane poco chiaro. Visto l'elenco delle specie cacciabili (parlo non degli ungulati o della selvaggina stanziale, bensì di quella prevalentemente migratoria), mi sorprende che solamente sei specie vengano censite. In particolare, per quanto riguarda la beccacia, la sua presenza viene rilevata nel parco di Castelporziano. Vorrei sapere se esistono altre stazioni di controllo di questa specie migratoria.

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. La ragione per la quale ho citato le sei specie cui lei fa riferimento è data dal fatto che proprio queste specie sono state citate dall'onorevole Onnis nell'ambito di una delle sue richieste di chiarimento.
In realtà, l'attività di inanellamento consente la raccolta di dati e, quindi, un'attività di censimento di un numero molto elevato di specie. La media annuale di specie inanellate in Italia, a partire dell'ultimo decennio, è sempre superiore alle 270 specie l'anno, con un picco di 293 nel 1997, per cui i dati si riferiscono ad un campione molto rappresentativo dell'agrifauna italiana nel suo complesso. Al momento, la nostra banca dati nazionale ospita 3 milioni 250 mila dati relativi a 362 specie diverse.
Per quanto riguarda la beccaccia, il problema è legato alla tecnica che deve essere utilizzata per l'inanellamento di questa specie che, notoriamente, di giorno rimane ferma in zone cosiddette di rimessa, per andare, invece, ad alimentarsi di notte in zone aperte. Le catture, quindi, vanno effettuate di notte secondo una tecnica molto specifica che richiede l'utilizzo di fari di forte intensità e di retini particolari. Finora è stato difficile localizzare, in Italia, aree che assicurino la presenza di un numero congruo di animali durate l'alimentazione notturna in situazioni tali da consentirne poi la cattura e permettere così l'organizzazione positiva di un progetto.


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Con l'occasione vorrei anche sottolineare che i dati che si riferiscono alla migrazione degli uccelli (in generale, degli uccelli migratori di interesse gestionale), relativi all'attività di inanellamento, non sono rappresentati soltanto dai dati di cattura, bensì anche da quelli di ricattura di uccelli già inanellati. Mentre i dati di cosiddetta prima cattura possono essere - e vengono - prodotti ed acquisiti esclusivamente dai titolari di una specifica autorizzazione (ai sensi della legge n. 157 del 1992), i dati di ricattura di un uccello inanellato vengono prodotti da chiunque, da qualsiasi cittadino che, per le ragioni più diverse, prova l'esperienza di un contatto diretto con un uccello inanellato. Per tale ragione, se è vero che le località di inanellamento delle beccacce in Italia sono molto limitate, è altrettanto vero che le località di ricattura di tali uccelli inanellati nel nostro paese sono molto più numerose.

LUIGINO VASCON. Quindi, se ho ben capito, il primo controllo viene effettuato solamente a Castelporziano?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. No, in uno dei volumi (il n. 103 della serie «Biologia e conservazione della fauna») che abbiamo a suo tempo inviato alla Commissione è pubblicata una carta geografica nella quale viene mostrata la distribuzione geografica dei dati di inanellamento della beccaccia in Italia.
Ho citato la tenuta presidenziale di Castelporziano per sottolineare che in questa località si sta svolgendo il progetto più intenso di ricerca sull'ecologia dello svernamento di tale specie, che si basa anche, in maniera significativa, su tecniche di radiotracking, che consentono di descrivere meglio le esigenze ecologiche e l'utilizzo dell'habitat compiuto da questa specie nel corso dell'inverno.

LUIGINO VASCON. Quindi, se ho ben capito...

PRESIDENTE. Onorevole Vascon, non ha già completato la sua domanda?

LUIGINO VASCON. Signor presidente, la prego di avere pazienza: non abbiamo altre occasioni come questa! La prego, quindi, di lasciarmi esprimere.
Innanzitutto, il censimento che viene effettuato dall'INFS a Castelporziano avviene in primavera (quindi, in ripasso) oppure durante il passo autunnale di svernamento?
In secondo luogo, i 375 titolari di autorizzazione ad effettuare il controllo sulla presenza e sulla transitabilità di questi animali dipendono dall'ente, oppure sono dei volontari o degli appartenenti ad associazioni ambientaliste ed ecologiste? Vorrei sapere, inoltre, come queste 375 persone vengono reperite e quale disponibilità offrono.

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Il progetto di Castelporziano per la beccaccia copre l'intero periodo di svernamento della specie (da quando arriva a quando riparte).
Le 375 persone chiamate in causa (che, con i collaboratori, innalzano il totale degli inanellatori) non dipendono direttamente dall'istituto. Ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 157 del 1992, l'istituto coordina le attività di inanellamento in Italia e gestisce una banca dati nazionale centrale. Da un punto di vista amministrativo, le autorizzazioni vengono rilasciate non dall'istituto ma dalle diverse amministrazioni locali, siano esse provinciali o regionali. La legge n. 157 del 1992 non pone alcun limite nei confronti di chi può diventare inanellatore né, tantomeno, può farlo il nostro istituto.
Nell'ambito degli inanellatori italiani sono rappresentate le più ampie categorie professionali, di qualsiasi tipo (noi non andiamo assolutamente a verificare l'appartenenza di queste persone a qualsivoglia associazione). Ciò che facciamo, direi in maniera abbastanza stringente anche a livello internazionale (sono sicuro di questo perché presiedo da dieci anni l'organismo europeo che coordina 38 centri di inanellamento a livello internazionale ed oltre 10 mila inanellatori in tutta Europa),


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consiste nel curare la formazione tecnica di queste persone.
Attualmente, in Italia, per poter sostenere il primo esame di inanellamento è richiesto un periodo molto intenso di attività di campo, da svolgere insieme a due titolari di autorizzazione «A», per almeno due anni. Dopodiché, questi soggetti sostengono un primo esame e, ove lo superino, possono operare con un permesso «C». Ogni qualvolta desiderino passare ad un permesso di categoria superiore, debbono superare un nuovo esame. Nel caso in cui uno di tali soggetti che abbia smesso di operare per un periodo di tre anni, o superiore, desideri riprendere l'attività di inanellamento, deve superare un esame di verifica.
Gli inanellatori italiani operano offrendo gratuitamente la loro attività allo Stato italiano, per il tramite dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, mediamente per 9 mila giornate all'anno. Dal momento che, in media, vengono impiegate circa tre persone in ciascuna sessione di inanellamento, quel dato deve essere moltiplicato per tre; quindi, stiamo parlando di un valore pari ad oltre 20 mila giornate-uomo di rilevamento all'anno.

PRESIDENTE. Credo che l'onorevole Vascon abbia completato le sue richieste di approfondimento. La presidenza si rende conto che sono importanti, tuttavia deve tenere presente anche il diritto degli altri deputati ad intervenire.

LUIGINO VASCON. Non ho ancora completato le mie domande, presidente. Stiamo discutendo di un argomento significativo ed interessante: non ritengo lo si possa trattare compiutamente in un tempo così limitato. Il mio intervento è durato soltanto un minuto e mezzo!

PRESIDENTE. Potrà formulare ulteriori domande più avanti, onorevole Vascon.

LUIGINO VASCON. Lei non mi può interrompere, signor presidente: deve lasciarmi il tempo di porre le mie domande! Mi allontano dalla Commissione, così potrà fare come vuole! Ho terminato, signor presidente (Il deputato Vascon abbandona l'aula della Commissione).

LUANA ZANELLA. Allargando l'orizzonte del confronto, vorrei rivolgere alcuni quesiti ai nostri ospiti.
La legge prevede che l'istituto che rappresentano rilasci alle regioni, alle province e agli ATC numerosi pareri in ordine a provvedimenti riguardanti varie materie, tra cui l'applicazione delle deroghe comunitarie e gli abbattimenti di fauna. In base all'esperienza che avete maturato in questi anni, siete in grado di fornire un giudizio in merito alla coerenza degli atti adottati dalle varie amministrazioni rispetto ai pareri espressi?
Inoltre, vorrei sapere se le province e le regioni, cioè i soggetti che debbono adottare e fare applicare le normative, ciascuno nel proprio ambito, abbiano competenze adeguate per relazionarsi con un livello quale il vostro, caratterizzato da un approccio scientifico, e per applicare la tutela costituzionale dell'ambiente e della fauna, che di esso è parte in misura sostanziale.
Per quanto riguarda più specificamente le deroghe, vorrei sapere se siano state applicate a specie protette quali le peppole e i fringuelli. La normativa prevede che questa scelta sia effettuata non a fini ludici, ma in casi eccezionali e con precisi limiti, che ben conoscete. Vorrei sapere se l'utilizzo della deroga sia stato strumentalizzato per allargare le maglie delle possibilità di caccia anche alle specie tutelate.
Infine, se ben ricordo, l'INFS ha sempre sostenuto la necessità che il periodo di caccia terminasse in inverno, precisamente non oltre il 31 gennaio. A vostro giudizio, sono intervenuti mutamenti tali da costituire il presupposto anche per modificare un principio che a me sembra non soltanto condivisibile, ma volto, oggettivamente, a tutelare la fauna?

SILVANO TOSO, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Cercherò di rispondere con ordine a tutte le domande.


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Per quanto riguarda la coerenza degli atti amministrativi o normativi adottati dalle amministrazioni locali in base ai pareri rilasciati dall'istituto, la situazione è assolutamente varia. In diversi casi, questi pareri sono recepiti in maniera completa; in altri, in maniera parziale; in altri ancora, vengono completamente ignorati. D'altra parte, si tratta di un'attività consultiva di carattere tecnico, che le amministrazioni acquisiscono come parte degli atti propedeutici ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo o normativo. Non sempre abbiamo la conoscenza esatta di come si concludano i procedimenti. A noi, infatti, viene rivolta una proposta e su di essa - ad esempio, su una bozza di delibera - formuliamo il nostro parere; non siamo tenuti a conoscere l'iter successivo e non abbiamo neppure i canali per conoscerlo.
Per quanto riguarda la questione delle strutture tecniche nell'ambito delle amministrazioni delegate dallo Stato alla gestione della fauna selvatica, anche in questo caso la situazione è piuttosto differenziata a seconda delle singole amministrazioni. In alcuni casi, pur non esistendo strutture vere e proprie, vi operano persone dotate di una laurea specifica e di una buona competenza in materia di conservazione della fauna. Si tratta di pochi casi, per la verità; nella maggior parte degli altri, gli uffici che si occupano di questa materia vantano personale dotato di una competenza giuridica o amministrativa ma privo di una specifica competenza tecnico-scientifica.
Voglio ricordare che, in uno dei primi capitoli del documento predisposto dal nostro istituto, in ottemperanza a quanto stabilito dalla stessa legge n. 157 del 1992 riguardo alla omogeneità e congruenza della sua applicazione, richiamammo l'esigenza che le amministrazioni locali si dotassero di servizi tecnici che fungessero da interlocutori, in modo da parlare la stessa lingua sotto il profilo tecnico-scientifico. In particolare, la legge n. 157 del 1992, prevede (se ben ricordo, all'articolo 11) che l'istituto predisponga un documento sui criteri di omogeneità e congruenza che le regioni dovrebbero adottare per applicare la legge. Nei termini previsti dalla norma, l'INFS produsse questo documento, destinato ad essere fatto proprio dai Ministeri dell'ambiente e delle politiche agricole e forestali. Questo secondo passaggio non è mai stato effettuato: in altri termini, noi abbiamo prodotto il documento, ma i ministeri in questione non lo hanno supportato né trasmesso in via ufficiale alle regioni. Peraltro, ne abbiamo pubblicato una parte tra i nostri documenti tecnici e, comunque, lo abbiamo divulgato.
Per quanto attiene al problema delle deroghe ai sensi dell'articolo 9, punto C, della direttiva comunitaria n. 409 del 1979, in virtù dell'approvazione di una legge nazionale che ha introdotto, nell'ambito della disciplina prevista dalla legge n. 157 del 1992, un articolo 19-bis in materia di deroghe, abbiamo svolto un incontro con le regioni presso la sede dell'istituto, proprio per far capire quali fossero le procedure di carattere scientifico e tecnico seguite nell'espressione del parere su questa materia.
Le regioni sono state, quindi, ben edotte sul modo di procedere dell'istituto in questo senso. Alcuni anni fa, una sentenza della Corte di giustizia europea ha stabilito che, purché le deleghe ai sensi del punto C rispettassero tutti i limiti stabiliti dalla direttiva, l'uso della deroga per l'esercizio venatorio fosse ammissibile. Sulla base di tale pronunciamento di carattere giuridico, che non sta a noi discutere, abbiamo chiarito alle regioni quali erano le procedure da noi seguite per stabilire il concetto di piccola quantità (si tratta di una delle norme prescritte per l'applicazione della deroga, ai sensi del punto C dell'articolo 9), ed abbiamo fatto alcuni esempi concreti (come quelli del fringuello e della peppola), viste le pressioni delle regioni rispetto a queste specie.
Abbiamo fornito la consistenza di prelievo possibile, ai sensi di quanto prescritto dalla direttiva, e poi abbiamo ovviamente lasciato che le regioni ripartissero tra di loro tale quota parte a livello nazionale in maniera del tutto autonoma.


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Tale quantità è stata stabilita sulla base di una serie di parametri di carattere biologico, che consistono nella reale captazione dei migratori che arrivano in Italia, nella stima di queste popolazioni che transitano e nel calcolo dell'uno per cento di mortalità annuale, così come stabilito dalla stessa Commissione europea per il calcolo della piccola quantità.

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Per quanto riguarda la questione della chiusura stagionale del prelievo venatorio, si richiama l'articolo 7.4 della direttiva «Uccelli» n. 79/409/CE, il quale afferma che, in particolare per gli uccelli migratori, gli esemplari che siano impegnati in movimenti di ritorno verso le aree di nidificazione non debbono essere soggetti a prelievo venatorio.
Questo aspetto è stato recentemente curato dalla Commissione europea attraverso uno specifico gruppo di lavoro istituito da parte del comitato ORNIS, e a ciascuno Stato membro è stato richiesto di produrre dati relativi, in particolare, ai due periodi sensibili ai sensi della direttiva, rappresentati, l'uno, dalle fasi di nidificazione e di pendenza e, l'altro, dall'inizio della migrazione di ritorno.
Il nostro istituto, anche prima dell'approvazione della legge n. 157 del 1992, aveva effettuato una serie di analisi mirate a descrivere la stagionalità dei movimenti di ritorno dei migratori attraverso il nostro paese. Analisi più dettagliate sono state prodotte in occasione della richiesta avanzata dalla Commissione, nell'ambito dello Scientific working group ORNIS, ed abbiamo prodotto dati relativi all'Italia che sono stati inseriti nel database già citato. Tali dati sono attualmente pubblicati in un documento intititolato Key concepts of article 74, che è possibile scaricare dal sito della Commissione europea.
Il materiale relativo all'Italia è stato sottoposto l'anno scorso ad un esame critico in base ad una relazione tecnica commissionata dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Nel dicembre 2002, si è tenuto un incontro, organizzato dalla Commissione, nel quale sono stati discussi i dati già forniti per l'Italia e i nuovi dati che venivano proposti a modifica dei primi. La Commissione, a seguito di questo incontro, non ha ritenuto che fosse necessario - o ammissibile - modificare alcuno dei dati fino a quel momento contenuti nella banca dati ORNIS per quanto riguarda l'inizio dei movimenti di ritorno degli uccelli migratori in Italia. Naturalmente, la Commissione e il comitato ORNIS hanno ribadito la possibilità di discutere eventuali aggiornamenti dei contenuti scientifici di questa banca dati, ove questi si basino su dati scientificamente oggettivati.
Per quanto riguarda l'ultima domanda posta, cioè se siano intervenuti mutamenti tali da far ipotizzare delle modifiche, si tratta di aspetti che, evidentemente, le nostre banche dati consentono di monitorare, ma bisogna anche sottolineare che, a livello di correlazione tra uccelli e clima, esiste un'ampia e recente letteratura scientifica che dimostra come, in molti casi, gli uccelli migratori ed anche i migratori cosiddetti di lungo raggio (cioè i transahariani) ritornino nelle aree di nidificazione molto prima, perché le condizioni climatiche in tali aree sono migliori da questo punto di vista in relazione al riscaldamento globale.
Esistono poi lavori pubblicati sulle più famose riviste scientifiche mondiali, come Nature o Science, nei quali si dimostra, per esempio, un anticipo sensibile della data di deposizione del primo uovo in un ampio spettro di migratori transahariani.

LUCA MARCORA. Una prima richiesta riguarda la possibilità di acquisire la relazione (che non è stata diffusa dal ministero) sulla omogeneità e congruenza nell'applicazione della legge n. 157 del 1992 da parte delle regioni.
La seconda richiesta concerne lo stato di attuazione della legge in questione, in quanto la relazione in materia è stata presentata alla fine dell'anno scorso ma si ferma al 1997, quindi riguarda solo i primi cinque anni di applicazione della legge n. 157 del 1992. Vorrei sapere se il ministero


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vi ha incaricato di fornire dati o altri elementi in merito alla seconda parte del decennio trascorso dalla data di entrata in vigore della citata legge. Potete darci notizie che possano far sperare che la relazione verrà presentata in tempi brevi? Questo sarebbe un elemento decisivo rispetto a qualsivoglia ipotesi di modifica della legge in esame. Il primo periodo di applicazione, cioè quello che arriva fino al 1997, è probabilmente il meno ricco di risultati; comunque, manca ancora un lasso temporale troppo ampio perché si possa fornire un giudizio sullo stato di applicazione di tale legge.

SILVANO TOSO, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Per quanto riguarda la sua prima richiesta, mi impegno a far pervenire alla Commissione alcune copie del documento che l'istituto ha prodotto.
Quanto alla seconda domanda, le rispondo negativamente in quanto non siamo stati contattati dal Ministero delle politiche agricole e forestali, né abbiamo notizie in merito ad una relazione concernente il secondo periodo di applicazione della legge n. 157 del 1992.

FRANCESCO ONNIS. Ringrazio i rappresentanti dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica per la loro disponibilità e cortesia.
Hanno messo a nostra disposizione i documenti che avevamo richiesto ed hanno risposto in tempi brevi alla mia richiesta che, forse, era un po' sopra le righe e, probabilmente, richiedeva tempi lunghi ai fini della formulazione delle risposte. Sono loro grato per questo; il contributo dell'istituto sarà prezioso, comunque evolveranno i lavori della Commissione e qualunque sarà la volontà legislativa del Parlamento.
Vorrei formulare alcune domande, in quanto la nostra funzione è proprio questa: voi siete qui per fornirci ulteriori elementi di conoscenza e per illuminarci su una tematica e su problemi che non sono semplici, ma certamente coinvolgenti ed anche appassionanti.
Nel corso della precedente seduta, il dottor Spina ha fatto un'affermazione che a mio avviso richiede un approfondimento. A seguito di una richiesta del ministro, il quale - con una lettera che conosciamo - aveva sollecitato un riesame dei tempi del prelievo, in occasione dell'incontro svoltosi a Bruxelles nel dicembre 2002, si era giunti alla conclusione che i tempi già fissati non potevano essere modificati. Lei ha dichiarato, dottor Spina, che non si poteva operare una revisione delle date fornite dall'Italia e riportate nel suddetto documento. Vorrei sapere quando queste date siano state fornite dall'Italia, in quale contesto - ufficiale, immagino - e da chi. Questi elementi di conoscenza ci consentiranno di acquisire ulteriori dati oggettivi, che possono orientarci nella ricerca della strada più giusta per la soluzione del problema in esame.
Inoltre, sia il dottor Spina sia il dottor Toso si sono riferiti ad uno studio svolto dell'Università di Firenze. Il dottor Spina ha affermato che questo studio sarebbe stato commissionato dal ministero. Ho capito bene?

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Sì.

FRANCESCO ONNIS. Si tratta di uno studio ufficialmente richiesto dal Ministero delle politiche agricole e forestali? Vi riferite allo studio elaborato dall'Università di Firenze ed, in particolare, dai professori Paolo Casanova e Anna Memoli?
Vorrei anche sapere se esistano altri studi che confliggano con quello sopra richiamato nell'indicazione delle date; in caso affermativo, quali siano e se tra essi ve ne sia uno (che reputo abbastanza pregevole, anche se si tratta di una mia valutazione, senz'altro opinabile) del dottor Giuseppe Micali, il quale, a quanto mi risulta (vorrei al riguardo una conferma o una smentita), è il componente italiano della FACE.
Dal documento che ci avete consegnato e che, purtroppo, non ho avuto la possibilità


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di consultare, se non nelle sue parti essenziali, vorrei estrapolare, come esempio, il riferimento alla Sardegna, la regione da cui provengo. In tale regione, il totale delle stazioni di inanellamento sarebbe di 163. Il documento riporta anche l'elencazione anno per anno: 12 nel 1991, 18 nel 1992, e così via. Ciò significa che, alle 12 stazioni del 1991, se ne sono aggiunte 18 nel 1992 e 14 nel 1993?
Vorrei anche sapere se, in questo documento, viene riportata la distribuzione, regione per regione, delle stazioni di inanellamento. I territori delle diverse regioni sono molto vasti, in alcuni casi enormi; quindi, al fine di cogliere le implicazioni interessanti dal punto di vista venatorio ed ambientalista, potrebbe essere utile conoscere in quali parti delle regioni si effettuano gli accertamenti, cioè, in sostanza, dove operano le stazioni di inanellamento.

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Rispondo innanzitutto alle domande da lei poste riguardo all'incontro di Bruxelles e al documento che ne è scaturito.
Con il preventivo consenso della Commissione, ho realizzato una traduzione non ufficiale, nel gennaio 2003, su richiesta del direttore dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, professor Spagnesi. Il resoconto della Commissione europea afferma che il 28 agosto 2002 il Ministero delle politiche agricole e forestali italiano ha scritto alla medesima Commissione, chiedendo una revisione di alcune date fornite in un documento, denominato Key concepts of article 74, approvato dal Comitato ORNIS nel 2001. In occasione di un incontro presso gli uffici del ministero, a Roma, in data 11 settembre 2002, la rappresentanza della Commissione ha ricevuto copia di una relazione dell'Università degli studi di Firenze, che forniva elementi di supporto tecnico alle proposte fatte nella lettera del 28 agosto. A mio avviso, questo risponde alla domanda se detta relazione sia stata acquisita, da parte del Ministero delle politiche agricole e forestali, dall'Università di Firenze. La relazione di cui parliamo - di cui ho con me una copia - è stata redatta dal professor Casanova e dalla dottoressa Memoli.
Per quanto riguarda i dati italiani nell'ambito della banca dati ORNIS, essi sono stati prodotti nel corso degli anni in cui si è svolta l'attività dello Scientific working group di ORNIS, in merito al ricordato documento, denominato Key concepts of article 74, cioè tra il 1998 ed il 2001. Tale è il contesto nel quale tali dati sono stati prodotti. Sono stati rispettati parametri di metodologia scientifica e agli esperti di ciascuno Stato membro è stato chiesto di presentare i migliori dati possibili a livello nazionale, relativi, in questo caso, all'inizio della migrazione di ritorno degli uccelli attraverso il territorio del loro Stato.
I parametri che dovevano essere seguiti erano molto chiari: ove si trattasse di paesi membri di rilevante estensione geografica, soprattutto dal punto di vista latitudinale, bisognava prendere in considerazione i primi movimenti nelle latitudini più meridionali, escludendo, evidentemente, i dati assolutamente eccezionali. Nel caso in cui, in un determinato Stato membro, fossero transitate sottospecie, o popolazioni diverse di una stessa specie, gli esperti avrebbero dovuto prendere in considerazione i movimenti della prima tra le sottospecie o popolazioni che in quel territorio fossero transitate in migrazione di ritorno. Per l'Italia, io stesso ho raccolto questi dati, essendo stato incaricato dal Ministero dell'ambiente, a suo tempo. I dati, lo ripeto, sono stati prodotti tra il 1998 e il 2001. Comunque, nel documento specifico, vi è una spiegazione del come, perché e quando questo esercizio è stato svolto, contenuta nel preambolo, il quale, quindi, inserisce tale problema nel contesto relativo alle esigenze poste dalla direttiva comunitaria in materia di uccelli.
Relativamente a quanto da me affermato nella precedente seduta, riferisco le conclusioni della Commissione.
Sulla base degli elementi forniti nel documento prodotto dall'Università di Firenze, sia nella sua versione originale sia in quella aggiornata (distribuita in occasione dell'incontro; proprio durante quest'ultimo l'Università di Firenze produsse


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infatti una nuova versione), come anche delle discussioni svoltesi nel corso dell'incontro, si può concludere - è ciò che afferma la Commissione - che non vi sono nuovi dati scientifici che meritino di determinare, in Italia, una modifica delle date di inizio dei periodi di migrazione prenuziale, né di quelle di termine della riproduzione per le specie di uccelli, di cui all'allegato 2. Questa è la conclusione a cui è giunta la Commissione europea.
In occasione dell'incontro di cui si parla, era presente anche il dottor Micali, che si qualificava come rappresentante della FACE e che non produsse in quell'occasione alcuno studio specifico. In quanto esperto italiano, ho cercato, finché ho potuto e per ciò che sono riuscito a fare, di verificare tutta la bibliografia italiana esistente; attualmente, nell'ambito del documento ORNIS, la bibliografia italiana (potete verificarlo) è una delle più estese a livello europeo. Evidentemente, si tratta di un processo in svolgimento e in continuo, potenziale aggiornamento. La letteratura scientifica viene quindi seguita in tempo reale.
Per quanto riguarda la Sardegna, nella seconda pagina del resoconto si parla della distribuzione geografica dei siti di inanellamento e ricattura presenti nella banca dati italiana, mentre, per quanto riguarda il numero variabile su base annuale di siti attivi in Sardegna, il numero che trovate è quello dei siti che hanno prodotto dati di inanellamento della Sardegna in ciascuno degli anni. Ciò vuol dire che, in anni diversi, nell'ambito del numero di siti indicato, possono essere ampiamente rappresentate le medesime stazioni. In sostanza, non si tratta ogni volta di stazioni che si aggiungono e il totale è appunto di 163 stazioni, così come riportato nella tabella riassuntiva nella colonna relativa al numero totale delle stazioni dal 1982 al 2001.

FRANCESCO ONNIS. Il dottor Spina ha affermato che il dottor Giuseppe Micali si era qualificato come rappresentante della FACE. Anch'io sono in possesso della relazione intitolata «Note sull'incontro del 10 dicembre 2002» e, alla prima pagina, risulta che il dottor Giuseppe Micali ed altri erano presenti in rappresentanza della FACE. In pratica, il dottor Micali non si è soltanto qualificato ma è stato sentito ed ha partecipato all'incontro come rappresentante della FACE.

FERNANDO SPINA, Dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Mi scuso se ho utilizzato un termine non corretto, ma intendevo questo.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,25.