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COMMISSIONI RIUNITE
VIII (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI) E IX (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di marted́ 18 maggio 2004


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA IX COMMISSIONE GIORGIO BORNACIN

La seduta comincia alle 10,05.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori (AISCAT).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato e sulle prospettive di sviluppo del settore autostradale, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori (AISCAT).
Ricordo che l'indagine, deliberata dalle Commissioni riunite nella seduta del 25 febbraio 2004, è volta ad approfondire le questioni di maggiore rilievo relative al settore autostradale, con particolare riferimento allo stato di attuazione degli investimenti riguardanti la rete autostradale nazionale, inclusi quelli inseriti nei programmi della «legge obiettivo»; alle tendenze in atto verso la liberalizzazione e lo sviluppo della concorrenza; al sistema dei controlli e della vigilanza sui concessionari ed all'utilizzo di nuove tecnologie nella gestione della rete autostradale, anche con riferimento ai sistemi di tariffazione e di pedaggio.
Su tali tematiche e, più in generale, sulle questioni connesse all'assetto del settore autostradale, l'odierna audizione potrà consentire alle Commissioni riunite VIII e IX di acquisire un prezioso contributo di approfondimento e di informazioni.
Do, quindi, la parola al presidente e ai rappresentanti dell'AISCAT oggi presenti, cui porgo il benvenuto anche a nome del presidente della VIII Commissione, onorevole Armani, e dei componenti delle Commissioni trasporti, poste e telecomunicazioni e ambiente, territorio e lavori pubblici.

FABRIZIO PALENZONA, Presidente dell'AISCAT. Innanzitutto vi ringrazio per l'occasione che ci viene offerta.
Vorrei svolgere un'introduzione di carattere generale e poi lasciare la parola al dottor Causin e ai suoi collaboratori, che illustreranno alcuni dati precisi contenuti in un documento redatto dall'AISCAT con il contributo di tutti i concessionari italiani.
Inizierò il mio ragionamento partendo da un fatto che può sembrare personale; infatti, personalmente per circa trent'anni mi sono occupato in queste aule, come soggetto audito, del settore dell'autotrasporto. In una situazione un po' particolare e delicata del settore e dell'AISCAT, nell'ottobre dello scorso anno mi è stato chiesto, da chi ne aveva la competenza, di essere il presidente dell'AISCAT e io ho accettato, perché avevamo maturato una consapevolezza molto importante: nel nostro paese il settore dell'autotrasporto, che ne è una componente essenziale per quanto riguarda la mobilità delle merci,


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non può sopravvivere ed essere competitivo se non si supera un gap infrastrutturale, per il quale le concessionarie italiane possono dare un contributo decisivo al fine di sbloccare nodi fondamentali per fluidificare le interconnessioni tra strada, rotaia e mare. Il protagonista di questo lavoro, insieme agli altri, è il sistema delle infrastrutture stradali, rappresentato dall'AISCAT e dalle concessionarie.
Qui si pone il problema politico principale che sottoponiamo alla vostra attenzione: si tratta del problema di un lavoro congiunto di questa particolare specie di impresa, che sono le concessionarie autostradali che rappresentiamo, che può costituire la chiave di volta per dare un contributo fondamentale alla competitività del sistema Italia. L'AISCAT rappresenta tutte le concessionarie italiane e vuole essere l'interlocutore politico delle istituzioni e dei propri associati sotto il profilo delle strategie e dei servizi da svolgere in modo innovativo.
Noi rappresentiamo un mondo che si è evoluto. Vi sono associate a capitale privato e quotate in borsa, che quindi sono soggette ai vincoli dei mercati finanziari, e altre a capitale pubblico. Sono tutte accomunate da uno stesso obiettivo: quello di fare impresa ed efficienza, consapevoli del ruolo che compete a chi, secondo le leggi volute dal Parlamento, è un concessionario e sa di essere un esercente di pubblico servizio, ma sa anche che ciò è fatto in virtù di leggi che consentono e obbligano il concessionario ad operare sul mercato come privato, contemperando le esigenze pubbliche con quelle di impresa.
L'AISCAT, intesa come coloro che rappresenta e non tanto come associazione, ha un grande passato, nel senso che il più grande sviluppo infrastrutturale del nostro paese è avvenuto ad opera delle concessionarie autostradali, che ovviamente negli anni passati erano pubbliche e che poi la legge ha deciso di privatizzare, pur restando nella continuità. Questo sistema di tecnologie, di esperienza, di ingegneria finanziaria e di project financing ante litteram è patrimonio di questa cultura ed ha portato il suo esempio in tutta Europa. Possiamo citare la Società autostrade, in quanto costituisce il primo esempio dal punto di vista del project financing, che è stata istituita con un sistema di ingegneria finanziaria e di concessioni, esportato in tutta Europa. Questo sistema oggi sopravvive ed è più utile che mai, dal momento che bisogna necessariamente ricorrere al capitale privato per realizzare in tempi rapidi e certi le grandi infrastrutture di cui il paese ha bisogno.
Le concessionarie sono attualmente 24 e sono sia a capitale pubblico che privato. Il sistema nel suo complesso è diverso rispetto al passato: dobbiamo tenere conto di molti elementi che prima erano in secondo piano, tra i quali un diverso sistema istituzionale, la centralità del ruolo delle regioni e di tutti gli enti locali, poiché è giusto che ci sia uno sforzo maggiore per avere il consenso delle comunità locali. Ci sono vari interessi in gioco, quali la sicurezza, i beni culturali, i consumi energetici e l'ambiente, la ricerca sull'infomobilità, sui nuovi sistemi di pedaggiamento e l'infrastrutturazione logistica, che è uno dei fattori principali del sistema di mobilità.
Crediamo profondamente che uno dei gap principali del sistema paese riguardi la mobilità delle persone e delle merci e il sistema stradale è e resterà per sempre prevalente. Se è vero che nel nostro paese il sistema della mobilità nel suo complesso incide per una cifra pari al 29 per cento del prodotto interno lordo, è altrettanto vero che negli altri paesi europei questa cifra è più bassa di almeno 5-6 punti. Su questo comparto abbiamo una capacità di sviluppo e di recupero di competitività che è notevolissima e che deve essere sottoposta all'attenzione del Governo e del Parlamento.
Da questa premessa, che spero sia stata chiara, dobbiamo riuscire ad instaurare un sistema di rapporti con le istituzioni che sia franco e trasparente, basato su dati di fatto e possibilmente scevro dalla demagogia e dal populismo che spesso viene riportato sui giornali.
Dico questo perché è molto importante: siamo ben consapevoli di ragionare in un


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sistema che muove interessi colossali e proprio per questo, soprattutto in una sede di massima importanza come questa, bisogna valutare i fatti, le convenienze delle imprese che noi rappresentiamo ma anche e soprattutto del paese e del suo sviluppo.
Il sistema delle concessionarie autostradali, che ha una certa credibilità e un certo know-how, è passato in quest'ultimo periodo da una situazione di blocco delle infrastrutture ad una realtà che sollecita il recupero di questo gap, in un arco temporale minore rispetto all'arco temporale che noi utilizziamo per i nostri investimenti.
Questo è un elemento di delicatezza che non si può non considerare. Il legislatore ha voluto privatizzare il settore, assegnare dei compiti alle concessionarie e investire in tale sistema 16 miliardi di euro su tutto il territorio - cifra che copre la previsione di spesa in un lasso di tempo di 30 anni. È ovvio che questa spesa negli anni può cambiare mentre l'obbligo delle concessionarie è quello di realizzare l'opera, per cui i 16 miliardi di euro nel tempo potrebbero non essere sufficienti ma graverebbe comunque su queste società l'obbligo di realizzare le opere previste.
Non possiamo perderci in demagogie di vario genere e siamo consapevoli dei grandi interessi in gioco, ma dobbiamo essere chiari.
Vorrei partire da un tema che è facile oggetto di critica, ossia la dinamica delle tariffe. Secondo analisi condotte in ambiente universitario, un miliardo di euro di nuovi investimenti autostradali genera le seguenti ricadute: lo 0,12 per cento di produzione interna in più; lo 0,11 per cento di occupazione in più; lo 0,11 per cento del prodotto interno lordo. A ciò deve corrispondere un incremento tariffario medio annuo dello 0,2 per cento, a cui corrisponde un'incidenza sull'inflazione dello 0,6 per cento. Il peso percentuale delle tariffe autostradali sul paniere ISTAT è dello 0,3 per cento. In realtà, al di là di tutta la discussione che c'è stata sui giornali sulle tariffe autostradali, queste incidono molto meno di altre voci estremamente più impattanti e relative a comparti di servizi del genere, che generano un'incidenza maggiore sull'inflazione e una ricaduta minore sull'aumento del livello occupazionale.
Un'ulteriore precisazione merita la questione dell'incidenza degli adeguamenti tariffari sull'inflazione. Si è sempre registrato uno scostamento al ribasso tra il valore della tariffa, incardinato sull'inflazione programmata, rispetto all'inflazione reale. Lo scostamento maturato nel corso degli ultimi dieci anni è il seguente: fatto 100 il valore della tariffa media e dell'inflazione al 95, l'inflazione è cresciuta al 124,1 per cento, la tariffa al 116,5, quindi rincorriamo l'inflazione.
In altre parole, nel corso degli ultimi dieci anni la tariffa media applicata sulla rete autostradale a pedaggio ha perduto più di sette punti percentuali rispetto all'inflazione maturata dall'ISTAT, con ciò - credo - smentendo con dati precisi e reali tutta una serie di affermazioni al riguardo che sono state svolte qui e fuori di qui.
Il nostro riferimento è l'Europa e credo che debba costituire il riferimento per tutti. L'Europa in parte ha copiato il nostro sistema, nel senso che in Francia, Spagna e Portogallo le società concessionarie sono diventate più forti, per certi aspetti, delle nostre, mentre in altri paesi si sta arrivando ora. Per esempio, in Austria una nostra società associata, la Società autostrade, ha vinto un appalto importante. Tutto ciò si basa sulla tariffa, che rappresenta lo strumento per ottenere l'equilibrio del piano finanziario e costituisce la sola fonte dei ricavi necessari per coprire le spese di investimento, gli oneri finanziari, i costi di esercizio, i costi di manutenzione, gli interventi migliorativi durante il periodo della concessione e la remunerazione del capitale investito, visto che si tratta di aziende privatizzate.
Appare evidente, quindi, che la tariffa va posta al riparo da tutte quelle situazioni che possono mettere a rischio l'equilibrio del piano finanziario, altrimenti le concessionarie e il sistema Italia come


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possono fare ricorso ai capitali, che servono ingenti per realizzare le opere in concessione o in project financing, se manca la certezza del riferimento tariffario? Ciò vuol dire non avere la possibilità di fare un piano finanziario equilibrato e di compiere un investimento.
Nel momento in cui sono stabiliti degli accordi contrattuali alla base di opere che durano decine di anni, come si può pensare di poter modificare questi accordi, che secondo noi sono assolutamente dei contratti, in maniera unilaterale? Sarebbe il caos e vi sarebbe l'impossibilità materiale di sopravvivenza del sistema delle concessionarie.
Su questi aspetti va fatta estrema chiarezza. Ancora una volta ci soccorre l'Europa: in Europa il sistema della concessione è un sistema contrattuale, come in Italia. Sennonché in Italia, con tutte le influenze che ci sono state, questo sistema si è irrigidito ed è diventato molto più simile all'appalto, con tutte le sue conseguenze. In Europa, approvata la concessione dopo tutte le istruttorie tecniche, le valutazioni e i conti (che qui sono affidati all'ANAS, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministero dell'economia e delle finanze, al CIPE, eccetera), si firma un contratto che vale ai sensi del codice civile. In tal modo esso viene modificato solo attraverso l'accordo delle parti, altrimenti non si può modificare, perché è un contratto ed è destinato a durare nel tempo.
Inoltre, bisognerebbe eliminare delle rigidità e non crearle. Questa è una mia personale opinione come amministratore pubblico. Sappiamo cosa è capitato e per quale motivo sono state approvate delle leggi che hanno portato a questa situazione. Il sistema della gara al massimo ribasso per opere complesse è sbagliato. Dopodiché, ognuno deve rispettare le leggi, ma tale sistema è sbagliato in assoluto.
Vent'anni fa sono andato in Austria a visitare un comune gemellato con il nostro che stava costruendo un ospedale che valeva molti miliardi. Era un piccolo comune di 30 mila abitanti. Chiesi loro come facevano. La risposta fu che loro predisponevano un progetto blindato che assegnavano a chi volevano e che doveva essere rispettato. Se ciò non avveniva nei tempi, nei modi e nella sostanza, erano previste delle penali che rovinavano l'azienda. Così si realizzano le opere. Se si dà per scontato che tutti gli amministratori sono dei ladri, le opere si realizzano, ma i furti vengono accentuati. Questa è una mia opinione personale.
Soprattutto nel caso delle concessionarie, il fatto della gara costituisce un'anomalia, nel senso che la concessionaria deve essere responsabile degli impegni che si è assunta e deve poterli realizzare con il massimo di efficienza possibile.
Se questi sono i principi che dobbiamo applicare e che vogliamo difendere, certamente le priorità e le scelte che devono fare le concessionarie autostradali sono quelle che vengono dalla direzione politica: dalla «legge obiettivo», dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'ANAS.
Noi diamo un giudizio positivo della «legge obiettivo», ma pensiamo che questa legge vada estesa a tutte le opere stradali e non solo a quelle in essa previste. La mia opinione personale è che certamente va raccolto il più ampio consenso intorno ad opere che hanno una delicatezza e un impatto di grandissimo rilievo sul territorio che attraversano e, quindi, è giusto il coinvolgimento delle comunità locali, delle province, delle regioni e dei comuni, ma è altrettanto giusto che, a fronte di questo sforzo, ci sia poi la possibilità di decidere in modo celere e certo. È anche giusto che si faccia chiarezza una volta per tutte sul fatto che le opere pubbliche non sono come l'INPS.
Mi spiego: non abbiamo adoperato l'INPS per pagare le pensioni con i soldi di chi le versava, ma abbiamo adoperato l'INPS per fare assistenza, che è una cosa nobile. Non possiamo pensare, tuttavia, che le infrastrutture stabilite e i soldi che vengono stanziati poi debbano essere utilizzati per opere, magari necessarie, ma sparse sul territorio che si attraversa. Anche qui va fatta chiarezza e bisogna che ognuno faccia la sua parte. Occorre certezza


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sui tempi, sui modi e sulla realizzabilità delle opere, sia nell'interesse delle concessionarie che devono realizzarle, sia, soprattutto, nell'interesse del paese.
Per quanto riguarda i controlli, vorrei essere molto chiaro. In Europa c'è un unico livello di controlli. Noi ne abbiamo una quantità infinita. Ciò che conta è partire dall'inizio, fermo restando che tutta l'attività istruttoria deve essere svolta nel modo più approfondito possibile (attraverso i tecnici, l'ANAS, il Ministero con i suoi consulenti, il CIPE, e così via). Dal momento in cui viene firmato il contratto di concessione, occorre solo controllare l'esatta applicazione dello stesso, che deve essere rispettato severamente in tutte le sue parti, ma che deve essere attuato in quanto tale. Tutto il resto è solo disturbo e demagogia. Capisco che non si debba arrivare al contratto se non va bene. Dal momento in cui la firma è stata apposta in calce ad un contratto, che ha seguito tutto l'iter, che spesso dura anche 15 mesi, le incertezze sono finite e si passa quindi alla realizzazione dell'opera. Ci deve essere un organo di controllo che verifichi la puntuale applicazione di quanto stabilito dal contratto e che applichi regole certe in materia di adeguamenti tariffari.
Il nostro è un sistema di concessionarie autostradali che ha una storia, una credibilità e una capacità realizzativa, che oggi è l'elemento decisivo per sbloccare il paese e la sua competitività. Crediamo che questo ruolo ci debba essere riconosciuto e su questa base vogliamo essere al servizio dello Stato, del Governo e delle sue istituzioni, facendo però il nostro mestiere, che è quello di realizzare le opere che siano contemplate da contratti certi, il più severamente applicati e controllati, ma scevri da ogni modifica demagogica, che non ci consentirebbe neppure di cominciare a lavorare.
Con questo spirito, credo che da parte del sistema delle concessionarie italiane ci sia disponibilità ad affrontare i problemi del sistema Italia e del sistema infrastrutturale, perché nessuno meglio delle concessionarie italiane può rispondere a questa fondamentale esigenza del nostro paese.

GIANFRANCO CAUSIN, Segretario generale dell'AISCAT. Abbiamo preparato una serie di slides che distribuiremo agli onorevoli deputati, per illustrare in estrema sintesi i dettagli del settore autostradale. Alcune di queste slides sono state utilizzate dal presidente per esporre, sul piano politico e strategico, la posizione del settore e delle sue associate.
Avete tutti presenti quali sono le difficoltà di comunicazione, la marginalizzazione del paese rispetto al centro dell'Europa e ai grandi traffici del centro e del nord Europa. Sappiamo anche quanto le reti TEN-T che la Commissione europea sta cercando di potenziare siano reti che in qualche misura devono essere assolutamente collegate con il nostro paese, per evitare la sua marginalizzazione e per ridare competitività al nostro sistema.
Il sistema autostradale italiano è partito per primo, con una legge del 1929, e già nel 1955 con la legge Romita e nel 1961 con la legge Zaccagnini si realizzarono una serie di opere che sono l'ossatura portante del nostro sistema trasportistico su strada.
Paesi come la Francia e la Spagna, in ritardo rispetto a noi, negli anni ci hanno abbondantemente superato almeno come regime di costruzione per estensione chilometrica: nella tabella relativa agli indicatori del deficit infrastrutturale, la Spagna ha 9571 chilometri di autostrade. Si tratta di recuperare un deficit infrastrutturale su questo terreno particolarmente importante.
La stessa Commissione europea, quando parla di integrazione dei sistemi e delle altre modalità di trasporto e di riduzione di percentuali del valore trasportato su strada da qui al 2010, riconosce peraltro che il valore assoluto del trasportato su strade e autostrade continuerà a crescere. Se questo deficit non fosse fronteggiato immediatamente, esso tenderebbe a peggiorare nel corso dei prossimi anni.


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Come indicato nella tabella relativa ai ricavi da pedaggio e traffici nei principali paesi europei, la Francia ha 72 miliardi di veicoli-km e 7.771 chilometri, mentre in Italia abbiamo 75,2 miliardi di veicoli-km su 5.593 chilometri, per cui la congestione in Italia è un dato di fatto.
Nelle slides che abbiamo predisposto troverete la dimostrazione che il sistema concessorio è ormai un modello che si sta sviluppando in tutta Europa. Si parla di processi di concentrazione, perché c'è una tendenza alla concentrazione delle singole concessionarie per produrre economie di scala, favorire l'integrazione delle reti, standardizzare i livelli di servizio, disporre di maggiori risorse per la ricerca, recuperare risorse private per finanziare ulteriori processi di sviluppo.
Importanti soggetti in grado di operare a livello internazionale e nazionale sono presenti ovunque: ASF in Francia, Abertis in Spagna, Brisa in Portogallo, Autostrade e SIAS -ASTM in Italia.
Ricordo che già una legge del 1971, che improvvidamente sospese la concessione di nuove autostrade, ebbe il merito di rinforzare il concetto di rete, che nella legge del 1961 aveva affidato alla società autostrade del gruppo IRI un determinato pacchetto di autostrade per ottenere le compensazioni necessarie tra autostrade più o meno redditizie. La legge n. 287 del 1971 unì in capo allo stesso concessionario una serie di concessioni diverse, unificando il piano finanziario e la tariffa di rete.
La nostra documentazione comprende anche un elenco delle 24 società concessionarie, con la data di scadenza della concessione e i chilometri di rete di ciascuna. Molte di queste sono raggruppate nei due gruppi privati più importanti. Una realtà altrettanto importante è quella delle società del nord-est, che sono a prevalente capitale pubblico e che, in funzione di questi processi di aggregazione, hanno costituito Confederazione autostrade, in cui operano.
Per quanto riguarda il mercato e la concorrenza, ne ha parlato già diffusamente il presidente, mentre per ciò che concerne le politiche e le problematiche degli investimenti, il presidente ha parlato dei 16 miliardi di euro di investimenti.
Alla fine del documento troverete, società per società, l'enunciazione degli interventi più importanti che sono in corso di realizzazione o che costituiscono un obbligo di convenzione da parte delle singole società concessionarie. Si tratta di concessioni di tutte le società, che sono peraltro in via di scadenza o di rinnovo. Bisognerà, infatti, rinnovare moltissime convenzioni. Hanno provveduto a rinnovare queste convenzioni sia la Società autostrade (conoscete benissimo il contenuto del IV atto aggiuntivo di Autostrade per l'Italia), sia l'Autostrada del Brennero, che da pochi giorni ha firmato la convenzione con l'ANAS e che è in attesa del decreto interministeriale. In virtù degli impegni di tutte le società, ivi compresi quelli nuovi di Autostrade per l'Italia e quelli della Brennero, si arriva a circa 16 miliardi di euro in termini di impegni di realizzazione. Probabilmente, i 16 miliardi slitteranno in avanti.
Per quanto riguarda la procedura ordinaria e la «legge obiettivo», il settore ha chiesto per tramite dei suoi massimi esponenti che le accelerazioni che la «legge obiettivo» ha determinato per le opere strategiche siano estese, in qualche misura e nei termini in cui il Parlamento lo riterrà opportuno, a tutte le opere da realizzare.
Nella tabella riguardante il sistema approvativo delle opere sono individuate le quattro fasi in cui si articola una concessione: la convenzione, la progettazione, la costruzione e l'esercizio e le fasi successive, ossia il sistema dei controlli che penetra ogni concessione. Da questa tabella si capisce che c'è una grande frammentarietà, che non è sicuro che costituisca una garanzia di efficienza dei controlli e che solo talvolta provoca il duplicarsi di interventi mirati ad altre finalità.
Abbiamo parlato di un ritardo nelle procedure approvative, che è generalizzato proprio perché il sistema dei controlli per quei sistemi è frutto di una legislazione definita emergenziale; infatti nei primi


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anni novanta furono varate determinate leggi anche per ovviare a fenomeni che non avevano niente che fare con l'economia e con la realizzazione di opere pubbliche.
Il sistema approvativo delle opere presenta un caso emblematico, che abbiamo riassunto in una tabella apposita riguardante la Variante di valico. La prima approvazione del progetto da parte dell'ANAS risale al 1992. I lavori sono stati recentemente avviati e, quindi, speriamo che nei tempi previsti la realizzazione vada in porto, perché costituisce una cerniera fondamentale per il sistema di collegamenti tra il nord e il sud del paese.
Il quadro regolatorio in Europa e in Italia è stato anch'esso illustrato dal presidente, mettendo in evidenza la maggiore semplicità presente nei sistemi europei e le rigidità che connotano il nostro paese. La convenzione - ribadisco - è un atto contrattuale.
Per quanto riguarda il pedaggio, esso non è il corrispettivo per un servizio, ma è un sistema di ammortamento dei costi di realizzazione e di gestione di un'opera pubblica. La leva tariffaria ha un ruolo chiave nel finanziamento delle opere e dalla comparazione tra Francia, Spagna, Portogallo e Italia risultano i valori delle tariffe al 1o gennaio 2003 per quanto riguarda i trasporti leggeri e quelli pesanti. Da essi si evince che la tariffa in Italia è la più bassa in Europa, almeno rispetto a questi paesi che hanno autostrade molto avanzate.
Anche le formule tariffarie in Europa e le variazioni tariffarie nel 2003 evidenziano che l'Italia è l'unico paese, tra questi quattro in cui sono presenti reti a pedaggio, legato all'inflazione programmata. Tutti gli altri sono ancorati all'inflazione reale, sia pure con formulazioni diverse, ma è sempre l'inflazione reale che entra nello sviluppo di ogni singola formula.
Già nella formula di price cap vi è una forma di controllo dell'attività del concedente, perché le società che operano in direzione della qualità sono in qualche misura premiate e le altre, che non operano a favore della realizzazione o rallentandola, sono penalizzate sotto il profilo tariffario. Quindi, esistono dei sistemi di controllo interno al sistema contrattuale che, in qualche misura, correggono le affermazioni secondo le quali non c'è alternativa alla leva della concessione. Esistono delle penalizzazioni per i concessionari in funzione dei comportamenti che ogni singolo concessionario attua sulla propria rete.
Per quanto riguarda le tariffe autostradali e l'inflazione, un'apposita tabella dà conto visivamente dell'andamento dell'inflazione e della tariffa, che si trova sempre al di sotto dell'inflazione. La tabella è limitata agli ultimi quattro anni, ma - come ha evidenziato il presidente - il fenomeno è sempre stato dello stesso tipo negli ultimi dieci anni.
Abbiamo già parlato, inoltre, di alcune proposte di modifica del quadro normativo. Rispetto alla «legge obiettivo», è necessario estendere il più possibile le previsioni nei confronti di tutte le opere pubbliche. Le norme funzionali e geometriche sono in via di definizione, però la rete italiana, estesa per 5.600 chilometri, è molto datata, perché ci sono delle progettazioni che risalgono agli anni cinquanta. La formulazione di nuove normative non può essere applicata tout court alla rete esistente, perché per alcune reti più vecchie bisogna prevedere delle deroghe che riescano a tenere conto della situazione storica in cui si trovava l'autostrada italiana.

GRAZIANO MAZZARELLO. Non è ancora stato definito il decreto?

GIANFRANCO CAUSIN, Segretario generale dell'AISCAT. Il decreto è stato approvato e mi risulta che sia all'esame della Corte dei conti.

GRAZIANO MAZZARELLO. Esso riguarda le autostrade esistenti?

GIANFRANCO CAUSIN, Segretario generale dell'AISCAT. Sì, quello che consente le deroghe per singoli casi deve essere precisato.


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Il project financing è materia che conoscete perfettamente e per la quale vale sempre di più il concetto della necessità di avere un quadro regolatorio definito nelle sue certezze, in modo da poter attrarre capitali per finanziare una massa cospicua di investimenti.
L'ultima parte del documento illustra i piani d'investimento delle singole concessionarie, per un totale di 15.778,3 milioni di euro, che abbiamo arrotondato a 16 mila per comodità.

PRESIDENTE. Vi ringrazio. Do ora la parola ai colleghi che desiderano porre domande.

GRAZIANO MAZZARELLO. Ringrazio tutti i rappresentanti dell'AISCAT per le informazioni e i dettagli che ci hanno fornito, che naturalmente prenderemo in considerazione con la necessaria attenzione.
In questo lavoro vi sono due questioni fondamentali: innanzitutto, la definizione degli interventi per affrontare il gap infrastrutturale, questione che, secondo me, non è risolta dalla «legge obiettivo», perché siamo di fronte ad un elenco grandissimo. Io credo che le priorità vadano viste anche in rapporto ai cambiamenti che si introducono. Ho sentito il commissario europeo De Palacio parlare del progetto relativo alle autostrade del mare, con milioni di autocarri e di tir sui traghetti nel giro di poco tempo. È chiaro che l'intervento, considerate le risorse disponibili, deve essere prioritario in quelle aree in cui esistono realtà particolarmente congestionate.
Non è in discussione il ruolo delle società concessionarie o la loro funzione, ma sono in discussione le regole che abbiamo a disposizione.
Il presidente Palenzona ci chiedeva di non introdurre delle rigidità se vogliamo proseguire sulla strada dello sviluppo e sono d'accordo con lui, ma ho l'impressione che ci sia la necessità di regole più chiare e questa necessità è stata confermata anche dagli interventi che abbiamo ascoltato in Commissione. Mancano regole certe sul sistema tariffario e sulla remunerazione del capitale. Mi è stato comunicato un dato che mi ha impressionato: esiste un ampio spazio discrezionale, nel quale la remunerazione del capitale varia fra le diverse società concessionarie dal 2,47 per cento al 7,18 per cento. Secondo voi c'è una causa che giustifica questo tipo di discrepanza?
Per quel che riguarda le tariffe, può essere vero che esse siano aumentate in misura inferiore rispetto all'inflazione, ma non mi è chiaro un fatto. Se si fosse calcolata in maniera giusta la crescita del traffico, in rapporto all'ultimo intervento di Autostrade per l'Italia, forse le tariffe sarebbero dovute addirittura diminuire, o mi sbaglio?
Ritenete che l'ANAS, inserendosi nel meccanismo del pedaggio, possa potenzialmente entrare in concorrenza con il sistema delle concessionarie e quindi mettere in discussione il ruolo di regolazione che in teoria dovrebbe esercitare?
Per quel che riguarda il sistema sanzionatorio, l'ANAS sostiene di non avere alcun meccanismo valido, perché l'unica sanzione applicabile è la revoca della concessione, per cui mi sembra che i meccanismi di intervento per garantire il rispetto degli impegni siano piuttosto deboli. Anche in questo caso ci sarebbe bisogno di una regolamentazione normativa più precisa e vorrei conoscere la vostra opinione al riguardo.

FRANCESCO STRADELLA. Devo ringraziare i nostri ospiti, soprattutto il presidente dell'AISCAT, che ha svolto un'analisi molto precisa. Non ho domande da farvi, perché credo che le informazioni da voi rese siano basate su dati di fatto e su constatazioni che riguardano la realtà effettiva.
Credo che in un sistema ordinato la necessità delle regole e la puntualità della loro applicazione siano un fatto ineludibile, che non può essere però confuso con il controllo. La nostra generazione è cresciuta con il concetto dello Stato controllore che attraverso un sistema di controllo rigido avrebbe potuto evitare fenomeni di


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irregolarità, ma pensare che un sistema di questo tipo porti ad un maggior rispetto della legge è un errore enorme.
Questa convinzione ha spinto a dare ad una categoria che tutti noi conosciamo e che non nomino un potere enorme e al tempo stesso ha bloccato ogni possibilità di sviluppo. Il presidente Palenzona ci riferiva prima del gemellaggio della sua città con una città austriaca e della sua esperienza positiva, ma ciò che ci ha riferito è ciò che dovrebbe accadere normalmente.
Mi stupisce il fatto che il dottor Causin chieda l'applicazione della «legge obiettivo» a tutte le infrastrutture. Noi chiediamo l'applicazione di una legge sui lavori pubblici che prescinda dal pregiudizio che gli amministratori sono ladri e gli imprenditori sono farabutti, perché questa è l'impostazione della legge Merloni, che nasce come legge di polizia e che funziona come legge regolatrice dei lavori pubblici. Questi sono i vincoli che vi impediscono di essere credibili e che impediscono anche alla politica di essere credibile, perché c'è la malintesa convinzione che chi parla abbia qualcosa da nascondere.
Vi chiedo soltanto, per le vostre funzioni istituzionali - che ritengo importanti dal punto di vista tecnico - e per un tentativo di sviluppare la nostra economia e il nostro paese, che facciate sentire la vostra voce, così come la fanno sentire coloro che la pensano in maniera diversa. Infatti, è necessario che questo paese si doti di strumenti, di legislazione, di controlli e di regole che siano il più possibile vicini all'Europa. Questo è il nostro obiettivo e non quello di diventare la «pecora nera» dell'Europa o il paese europeo in cui la corruzione, la malavita e il comportamento da furbi costituiscano la regola e non l'eccezione.
Se ci darete una mano in questo senso, forse tutti insieme riusciremo a migliorare le situazioni, altrimenti ci troveremo a svolgere delle audizioni su un disastro.

MARISA ABBONDANZIERI. Ringrazio i rappresentanti dell'AISCAT, a cominciare dal suo presidente, per la relazione svolta e per il materiale fornito.
Siccome gran parte dell'intervento è stato incentrato sulla questione del ruolo delle concessioni, vorremmo che fosse chiaro che nessuno mette in discussione questo aspetto. Non credo che ci siano state occasioni nelle quali ciò sia stato affermato.
Come faceva presente l'onorevole Mazzarello, i dati forniti sono stati molti, ma l'unico dato che non è stato reso noto è quello relativo al volume del traffico, la cui crescita ha posto il problema di rivedere le tariffe. Su questo terreno non si può dire che ci sia stata demagogia, come il presidente ha più volte detto. Intanto, c'è stata una posizione diversa all'interno dei soggetti preposti a ragionare sulle questioni delle tariffe e, quindi, una serie di soggetti con compiti diversi che, evidentemente, hanno fatto presenti le loro valutazioni (quelle dei NARS, del Ministero, delle associazioni dei consumatori e della politica nella sua concezione più ampia). Tutto si può dire, tranne che la questione si possa bollare con il termine «demagogia», perché non c'è demagogia quando ci si interroga sulle ragioni per cui i pedaggi delle autostrade abruzzesi aumentano improvvisamente in una settimana. C'è una richiesta che deve corrispondere agli elementi che emergono e, in secondo luogo, alle giuste richieste avanzate dai cittadini. Se chi li rappresenta, nel momento in cui solleva un problema, è definito come colui che fa demagogia, credo che allora ognuno fa demagogia e se ne deve assumere la responsabilità.
Ciò che dicevano i rappresentanti dell'ANAS nella scorsa audizione sul sistema dei controlli, per la verità, è l'aspetto più significativo dell'intera questione. Infatti, rispetto alle tariffe si è compiuto un aggiustamento della normativa, i cui frutti saranno esaminati tra qualche anno.
Le concessionarie in questo momento hanno prevalentemente concessioni che scadranno molto in là nel tempo e strumenti con i quali saranno in grado di realizzare nei prossimi anni gli interventi sulla rete viaria italiana. Quindi tra qualche


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anno le concessionarie, per una serie di meccanismi che sono stati messi insieme, dovranno presentare il conto a questo paese, nel senso che dovranno dimostrare di aver realizzato qualcosa e il modo in cui lo hanno fatto.
Ritengo che vi sia un interesse da tutti i punti di vista ad agire nell'ambito delle regole del mercato e con il pieno soddisfacimento del servizio pubblico e, quindi, che tutti lavoreranno per il raggiungimento di questo obiettivo.
La questione relativa al volume del traffico è importante perché è emersa con tutta la sua potenza, forse più di quanto tutti ci aspettavamo, e adesso ne siamo perfettamente consapevoli, come lo siamo del fatto che questo elemento aumenterà anche negli anni a venire. Quindi sulla questione delle tariffe credo che tutti debbano concorrere alla creazione di un giusto equilibrio che guardi sia alla remunerazione del capitale, sia al cittadino.
L'ultima questione, nell'ambito del discorso sul mercato e l'efficienza, riguarda i servizi che le società delle autostrade forniscono. In occasione della nevicata di gennaio e febbraio di quest'anno, abbiamo visto cosa è successo nel settore autostradale ed è chiaro che al cittadino è tornata in mente la questione delle tariffe. Nel momento in cui si parla di efficienza e di impresa, si deve dare prova di efficienza nell'ambito dell'impresa.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi che sono intervenuti. Do ora nuovamente la parola ai rappresentanti dell'AISCAT per le repliche.

FABRIZIO PALENZONA, Presidente dell'AISCAT. È stato citato l'esempio della strada dei parchi e ribadisco la mia opinione per quanto riguarda la demagogia. Se i cittadini e i consumatori si lamentano, non è demagogia, ma è giusto che sia così. Se le istituzioni, i parlamentari e gli enti locali, che conoscono la situazione perché hanno partecipato al processo decisionale, guidano la protesta, allora si tratta di demagogia e di populismo. Infatti, se il cittadino che paga protesta, ha ragione. Tuttavia non accetto la protesta da parte della persona responsabile, che sa che ciò avviene perché lo Stato, non il concessionario, ha effettuato una gara che, per portare a casa centinaia di miliardi, prevedeva l'adeguamento minimo di quella tariffa del 20 per cento annuo. Quella, infatti, è demagogia spicciola, perché si doveva intervenire quando si è approvata quella norma e non cavalcare la protesta. Questa è la mia opinione.
Per quanto riguarda il volume del traffico, come mai nessuno si è preoccupato di ripagare la società del traforo del Monte Bianco, che per tre anni non ha avuto traffico? Come mai in quel caso era rischio di impresa e quando aumenta il traffico, invece, bisogna restituire i soldi? C'è qualcosa che non va: è il problema delle regole. Le regole delle tariffe sono stabilite per tutta la durata della concessione, al termine della quale uno Stato responsabile cambia le regole e procede a nuove concessioni. Ma se lo Stato ha deciso di privatizzare questi settori - e da privato cittadino vi dico che reputo sbagliata la privatizzazione delle autostrade, delle reti ferroviarie e delle reti elettriche -, e se i cittadini investono i propri soldi in queste privatizzazioni sulla base di regole certe, uno Stato serio non cambia quelle regole se non a processo concluso.
Questa è la verità; tutto il resto è pura e semplice strumentalizzazione demagogica. Se poi questa strumentalizzazione viene posta in essere da consulenti i quali, invece di consigliare chi li paga, fanno della demagogia spicciola anche attraverso i mezzi di informazione, è un fatto di una gravità enorme, perché si creano le condizioni per ritardare di molti mesi investimenti vitali per il nostro paese. Questa è demagogia e i cittadini hanno tutte le ragioni di protestare di fronte alla mancanza di servizi.
Ci siamo chiesti come mai l'attenzione esistente sul sistema autostradale non esista per altri tipi di aumenti ben più onerosi per le tasche dei cittadini e per la competitività del nostro sistema, come il petrolio, l'energia, i costi locali. Perché si presta attenzione allo 0,3 per cento di


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incidenza sull'inflazione e non all'aumento di costi relativi a servizi che incidono per il 15 per cento sulla crescita dei prezzi? Il motivo è che ci sono interessi colossali non sempre chiari e che portano a risultati poco trasparenti.

GIAN MARIA GROS-PIETRO, Vicepresidente dell'AISCAT e presidente di Autostrade per l'Italia SpA. Vorrei toccare alcuni aspetti affrontati dall'onorevole Mazzarello. Egli, riferendosi alle dichiarazioni dei rappresentanti dell'ANAS, sosteneva che non esiste un sistema sanzionatorio efficace. Questa è l'eredità della vecchia convenzione del 1997. Nell'atto aggiuntivo che Società autostrade ha firmato nel dicembre del 2002 e che è stato recepito dall'articolo 21 della legge n. 47 del 2004 è previsto un meccanismo di controllo periodico.

MARISA ABBONDANZIERI. L'ANAS sostiene che quell'atto non è ancora entrato in vigore.

GIAN MARIA GROS-PIETRO, Vicepresidente dell'AISCAT e presidente di Autostrade per l'Italia SpA. Sì, perché non è ancora stato registrato dalla Corte dei conti. Questo nuovo meccanismo prevede gli aumenti tariffari in funzione dello stato di avanzamento lavori.
Per il passato non era previsto un meccanismo di questo tipo, ma c'era comunque l'obbligo per le società di compiere le opere. Se, per cause indipendenti dalla nostra volontà, non riusciamo a portare a compimento un'opera nei tempi previsti, la concessionaria si trova a dover realizzare quell'opera a costi più elevati. Il tempo a disposizione per recuperare l'investimento si accorcia e dal nostro punto di vista questo slittamento non è favorevole.
Gli slittamenti registrati sulla vecchia convenzione hanno comportato un aumento di costo delle opere, a parità di tariffe, di un miliardo di euro. Di fronte a questi ritardi, è vero che la società maturerà degli interessi dalle somme accantonate e non spese, ma negli anni successivi si avranno ammortamenti più sostenuti, con un indebito arricchimento degli azionisti attuali rispetto a quelli futuri. Quindi procediamo ad un accantonamento dei fondi che servono a finanziare l'aumento di costo dell'opera a carico degli esercizi in cui lo slittamento è forza maggiore e che poi verranno utilizzati negli esercizi futuri. Con le nuove regole gli aumenti scatteranno in funzione dello stato di avanzamento lavori e riteniamo che questo procedimento sia giusto, così come sono giusti i perfezionamenti introdotti nell'articolo 21, con un affinamento dei parametri qualitativi che tengano conto anche della qualità del servizio.
L'incremento del traffico rimane la principale variabile a rischio della concessionaria. Il sistema autostradale italiano in questo momento è il più contendibile d'Europa, perché si stanno facendo nuove opere con il sistema del project financing, per cui chiunque può concorrere (sulla Brebemi i principali concorrenti erano a guida estera). L'autostrada è un monopolio naturale in cui la concorrenza non si fa all'interno del mercato ma per il mercato, nel momento in cui si indice una gara.
Il nostro paese si sta aprendo a questo sistema di gare. Le remunerazioni del capitale sono diverse da una società all'altra e variano, ovviamente, in funzione del modo in cui le società hanno corso il rischio e dell'efficienza. Cito un dato: dopo la privatizzazione, la Società Autostrade paga un metro di guard rail in acciaio o un metro quadro di pavimentazione meno di quanto lo pagava nel 1997, perché c'è un sistema di gare tra fornitori. Ovviamente, non tutti sono contenti di questo fatto. Ciò spiega anche perché vi sono tanti attacchi a tale sistema.
Però, la redditività del capitale non dipende solo dal risparmio sul guard rail, ma anche dal tipo di opere che si accettano di compiere. Nel comparto autostradale ci sono delle società private, come la nostra, che quando vogliono fare un investimento devono ricorrere al mercato. Il mercato ovviamente - dico una banalità, ma è vera anche se è una banalità - non ha come scopo quello di costruire autostrade.


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Per il mercato va bene lo stesso investire i soldi nella produzione di scarpe piuttosto che in autostrade o nella ricerca del petrolio. Esso esige un rendimento del capitale, che è diverso in funzione del rischio che si corre.
L'utile della Società Autostrade - mi riferisco al bilancio 2002 per non confondere ciò che è successo con le operazioni straordinarie del 2003 - è stato intorno ai 500 milioni di euro. Essa è stata pagata allo Stato italiano (non stiamo parlando di valutazione, ma di un prezzo effettivamente pagato) al momento della privatizzazione poco più di 8 miliardi di euro. Quindi, se fate il conto siamo un po' al di sopra del 5 per cento.
Se si vuole avere dal mercato il denaro, bisogna pagarlo con un rendimento adeguato, altrimenti non si può ottenere. È ovvio che le società a capitale pubblico (che non richiedono denaro al mercato, perché, quando vogliono compiere un investimento aggiuntivo, saranno gli stessi enti pubblici proprietari a fornire il capitale necessario) possono accontentarsi di un rendimento più basso. Però, finché il rendimento sarà inferiore a quello di mercato, non potranno finanziare le opere con il ricorso al capitale di mercato.
L'ultimo aspetto riguarda la nevicata. Secondo l'università di Modena si è trattato della maggiore nevicata degli ultimi centosessant'anni come intensità nel periodo. È vero che era stata preannunciata e, infatti, si era cominciata la salatura dalla sera precedente. Tuttavia, non era previsto un evento così eccezionale. Esso si è verificato alla fine di febbraio. Tra il 1o gennaio e la fine di febbraio la Protezione civile aveva emesso otto avvisi della stessa natura e, quindi, non avremmo potuto interrompere il traffico otto volte in due mesi. La Società Autostrade possiede sessanta veicoli per lo sgombero della neve ogni 100 chilometri della propria rete. La maggiore delle società europee tra quelle citate precedentemente ne ha ventiquattro.
È stato compiuto un intervento immediato con la richiesta ad Isoradio e alla polizia stradale di limitare il traffico a partire da mezzogiorno. Intorno alle 14 si sono verificati i primi intraversamenti di veicoli pesanti. Quando un veicolo pesante si intraversa bloccando una carreggiata, deve essere chiusa anche l'altra per permettere ai mezzi di soccorso di raggiungere il luogo. Quindi, bastano pochi veicoli pesanti intraversati per bloccare completamente il traffico.
I deputati delle Commissioni sanno bene che la stessa nevicata ha provocato fermate più lunghe e grandi nei Pirenei. Nel giro di poche ore noi siamo riusciti a sgomberare l'autostrada. Prima della privatizzazione le fermate per le nevicate erano più frequenti e lunghe.

PRESIDENTE. Prima di dare nuovamente la parola all'onorevole Mazzarello, osservo che non vorrei che il dibattito vertesse sui fenomeni meteorologici verificatisi qualche mese fa, sui quali abbiamo svolto audizioni ad hoc. Infatti, non sono le nevicate eccezionali che mi preoccupano, ma ben altro.

GRAZIANO MAZZARELLO. Vorrei porre tre domande rapidissime. Lei ha detto che le nuove convenzioni prevedono degli adeguamenti. Sono adeguamenti rispetto a ciò che accade sia da una parte sia dall'altra? Mi spiego: a proposito di velocità di interventi, ho visto che per alcuni interventi (come l'atto aggiuntivo per il passante di Mestre) la data di stipula risale al 2002 o al 2003, ma siamo sempre in attesa del decreto interministeriale di approvazione. Questi sono i tempi. Quelli indicati dal presidente Palenzona sono più ristretti, ma in realtà dovrebbero essere tempi lunghi. In questo caso ci sarà un adeguamento della convenzione in rapporto a questi ritardi oppure no?
Quanto ha detto lei, dottor Gros-Pietro, a proposito della remunerazione del capitale è la posizione ufficiale dell'AISCAT? L'AISCAT sostiene che la diversa remunerazione del capitale dipende da fattori oggettivi e quindi va bene così?
Infine, c'è un caso di diminuzione del traffico, salvo quello eclatante del valico? Qualcuno di noi ha il sospetto che i dati relativi al traffico vengano un po' abbassati


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nel momento in cui si deve stipulare la convenzione. Oltre al Monte Bianco si è mai registrata in Italia una forte diminuzione del traffico (che costituisce un rischio) e, quindi, un peso importante per la società concessionaria in termini di introiti?

GIAN MARIA GROS-PIETRO, Vicepresidente dell'AISCAT e presidente di Autostrade per l'Italia SpA. Secondo le nostre verifiche di controllo di gestione, ogni tanto si registrano casi di diminuzione del traffico; si tratta soprattutto di piccole diminuzioni e non di arresto completo come nel caso del Monte Bianco. Le diminuzioni si riferiscono soprattutto ai tratti autostradali in cui sono in corso dei lavori. Quando ci sono dei lavori importanti, il traffico può diminuire sensibilmente.
Per quanto riguarda la revisione della convenzione cui lei si riferiva, confermo che nei nostri contatti con l'ANAS prevediamo l'entrata in vigore di una normativa secondo la quale gli aumenti di tariffe legati ad investimenti scattano in funzione dello stato di avanzamento degli investimenti stessi. Abbiamo ottenuto delle riunioni con l'ANAS perché si è verificato, lavorando insieme, che tutti i ritardi sono dovuti ad ostacoli esterni che, se vengono individuati per tempo, possono essere superati più rapidamente agendo congiuntamente con l'ANAS. L'interesse comune, quindi, è quello di superare questi ostacoli.
Lei faceva un riferimento preciso al passante di Mestre. Il passante di Mestre, se non ricordo male, sarà realizzato dall'ANAS con finanziamento pubblico. Successivamente esso sarà trasferito alle concessionarie autostradali. Per adesso è previsto un certo ammontare. Immagino che, se il prezzo di carico a cui il realizzatore pubblico trasferirà agli operatori privati sarà diverso da quello previsto, può darsi che ci sarà un cambiamento della convenzione. Per adesso, non è previsto nulla.

FERDINAND WILLEIT, Vicepresidente dell'AISCAT e presidente di Autostrada del Brennero SpA. Il presidente si è vestito per un momento anche da privato cittadino ed io vorrei partire da questo punto. Io sono anche presidente di Autostrada del Brennero e la mia società è rimasta tra le poche società per azioni a capitale pubblico.
Abbiamo trovato un giusto equilibrio con la privatizzazione, perché secondo me è giusto che un po' di pubblico rimanga nel sistema autostradale italiano. Ho incontrato un anno fa il presidente dell'Autorità suprema della Baviera, il quale si è complimentato con noi per la nostra autostrada, che ha una lunghezza di 314 chilometri ed una manutenzione perfetta e questo è un onore per noi e per l'Italia.
Anche noi abbiamo avuto problemi con l'ANAS sulle tariffe. Stiamo discutendo il nuovo atto aggiuntivo e abbiamo proposto una previsione bassa sul volume del traffico, non per lucrare, ma perché i cittadini non vogliono un ulteriore congestionamento della linea stradale. Quindi ci stiamo impegnando per trasferire gran parte del traffico commerciale su rotaia. Siamo anche soci di riferimento della RTC (Rail traction company), con una quota di quasi il 50 per cento del capitale. Abbiamo ogni settimana più di cento treni merci che vanno da Verona a Monaco. Abbiamo dimostrato in tre anni di attività che è possibile migliorare la situazione.
Il commissario europeo de Palacio ha citato l'asse del Brennero come unico esempio in Europa di una vera privatizzazione, non per una capacità particolare nostra ma per necessità e per necessità continueremo lungo questo percorso. La difficoltà maggiore è stata quella di trovare i locomotori, perché in Italia c'era un monopolio assoluto. Abbiamo trovato 8 locomotive della Siemens, destinate alla Polonia, che sono state collaudate dal CESIFER.
Le società concessionarie possono fare molto in base alla nuova normativa; il core business rimarrà sempre la rete stradale, ma abbiamo uno spazio più ampio entro il quale muoverci. Nel nuovo atto aggiuntivo, che prevede la concessione fino al 2014, è indicato un intervento per la


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galleria del Brennero di 550 milioni di euro. Abbiamo concordato con l'ANAS un piano economico-finanziario fino al 2045, ma nel 2014 ci sarà una nuova gara. Abbiamo previsto ulteriori 1.500 milioni di euro per le infrastrutture ferroviarie da Verona fino al Brennero.
Ribadisco che un po' di pubblico nell'ambito del privato non è dannoso e il percorso lo si può fare insieme, pur essendo per certi aspetti concorrenti.
Un'altra novità riguarda il telepedaggio dinamico, che è stato realizzato con una tecnica molto semplice. Per concludere, ritengo che con ulteriori aggiustamenti nel settore autostradale in Italia si potranno realizzare le grandi opere.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per il loro utile contributo. Autorizzo la pubblicazione del documento presentato dai rappresentanti dell'AISCAT in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,40.

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