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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 novembre 2004, n. 277, recante interventi straordinari per il riordino e il risanamento economico dell'Ente Ordine Mauriziano di Torino.
Ricordo che nella seduta del 22 dicembre 2004 è stata respinta la questione pregiudiziale Fassino ed altri n. 1.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2 del regolamento.
Avverto altresì che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Gianni Mancuso, ha facoltà di svolgere la relazione.
GIANNI MANCUSO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, modificato dal Senato, è volto ad assicurare un riordino giuridico e finanziario dell'Ordine Mauriziano, ente ospedaliero disciplinato dalla XIV disposizione transitoria finale della Costituzione. In particolare, si prevede che la regione Piemonte disciplini con legge regionale la natura giuridica dell'ente ospedaliero costituito dalle strutture sanitarie Umberto I di Torino e dall'Istituto per la ricerca e cura del cancro di Candiolo ed il suo inserimento nell'organizzazione sanitaria regionale. Viene creata la Fondazione Mauriziana con il compito di gestire i beni di proprietà dell'ente - ad eccezione delle strutture ospedaliere e di alcuni beni sabaudi puntualmente individuati dal decreto-legge in esame, affidati ad un'altra fondazione - per la loro valorizzazione nonché per il risanamento della situazione di dissesto finanziario (articolo 2). Vengono poi dettate norme specifiche per la sospensione delle azioni esecutive nei confronti dell'Ente, in attesa dell'avvio delle azioni di risanamento da parte del commissario dell'Ente (articolo 3). In passato si è già fatto ricorso ad un decreto-legge per emanare norme analoghe all'articolo 3 del presente provvedimento, per la sospensione delle azioni esecutive intraprese nei confronti delle aziende policlinico Umberto I e S. Andrea di Roma. Nella premessa del decreto-legge si evidenzia l'urgenza di adottare misure che da un lato garantiscano la prosecuzione dell'attività dell'ordine Mauriziano e dall'altro consentano il tempestivo risanamento finanziario dell'Ente.
Nell'articolo 1, modificato dal Senato, si specifica che l'Ordine Mauriziano di Torino è costituito dall'ospedale Umberto I di Torino e dall'Istituto per la ricerca e cura del cancro di Candiolo, nel rispetto dello statuto dell'ordine e della legislazione in materia. La regione Piemonte definisce con legge la natura giuridica dell'Ente e il suo inserimento nell'ordinamento sanitario della regione, nel rispetto della previsione della XIV disposizione finale della Costituzione. Si ricorda che la XIV disposizione finale della costituzione dispone che l'Ordine Mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge. La disciplina attuativa del disposto costituzionale è rappresenta dalla legge n. 1596 del 1962. Lo statuto vigente dell'Ordine Mauriziano è stato adottato con decreto del ministero dell'interno del 7 dicembre 2003, al fine di adeguare le disposizioni ivi contenute alla normativa generale sul Servizio sanitario nazionale e sull'organizzazione della pubblica amministrazione. I rapporti giuridici e finanziari tra le strutture ospedaliere dell'ordine e la regione Piemonte sono stati oggetto nel tempo di numerosi provvedimenti regionali. Di recente, in seguito all'aggravarsi della situazione economico-finanziaria dell'Ente, sono stati sottoscritti tra regione e Ordine Mauriziano un protocollo di intesa, in data 9 dicembre 2003, ed una successiva convenzione al fine di disciplinare lo svolgimento delle prestazioni sanitarie rese dalle strutture ospedaliere e di risolvere il contenzioso in atto.
Il comma 1 dell'articolo 2 (costituzione della Fondazione Mauriziana) dispone la costituzione della fondazione Ordine Mauriziano con sede in Torino.
Ai sensi del comma 2, a detta fondazione è trasferito il complesso dei beni mobili ed immobili dell'Ente, con la sola esclusione dei presidi ospedalieri menzionati nel precedente articolo 1.
Il comma 3 dispone, altresì, che la fondazione subentri all'Ente in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, ivi compreso il relativo contenzioso e le situazioni creditorie e debitorie, con la sola eccezione dei rapporti di lavoro e dei contratti di somministrazione di beni e servizi concernenti l'esercizio delle attività sanitarie svolte nei presidi ospedalieri. Sono comunque trasferite alla fondazione le obbligazioni pecuniarie sorte in conseguenza delle prestazioni e forniture eseguite fino alla data di entrata in vigore del decreto.
Da quanto esposto, si ricava l'intendimento - peraltro dichiarato dal Governo nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (ed emerso nel corso dell'esame al Senato) - di far fronte alla preoccupante situazione finanziaria dell'Ente attraverso un intervento strutturale che, da un lato, salvaguardi la prosecuzione dell'attività sanitaria da parte dell'Ente e, dall'altro, attraverso la costituzione di una apposita fondazione, consenta di perseguire il risanamento economico attraverso l'utilizzazione dei beni già facenti parte del suo patrimonio.
Un emendamento approvato nel corso dell'esame al Senato, integrando il comma 2 dell'articolo in questione, prepone un apposito comitato alla vigilanza sull'attività di gestione della fondazione. Tale comitato è composto da cinque membri, rispettivamente nominati: dal Presidente del Consiglio dei ministri (con funzioni di presidente), dal ministro dell'interno, dal ministro per i beni e le attività culturali, dalla regione Piemonte e dall'Ordine diocesano di Torino. Esso presenta una relazione annuale al Presidente del Consiglio dei ministri, che ne cura la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari; gli oneri per il suo funzionamento sono a carico dell'Ente Ordine Mauriziano.
Lo statuto della fondazione è approvato, ai sensi del successivo comma 7 dell'articolo 2, «con decreto del Ministro dell'interno» da adottarsi «di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per i beni e le attività culturali (...), previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro 30 giorni dall'assegnazione». La previsione del parere parlamentare è stata introdotta da un emendamento approvato nel corso dell'esame al Senato.
Ai sensi del comma 4 dello stesso articolo, la fondazione gestisce il patrimonio ed i beni dell'Ente Ordine Mauriziano di cui entra in possesso ai sensi del comma 2; provvede al risanamento del dissesto finanziario dell'Ente per la somma computata alla data di entrata in vigore del decreto in esame anche mediante la dismissione dei beni dal patrimonio disponibile, nel rispetto delle disposizioni previste dall'articolo 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; conserva e valorizza il patrimonio culturale di sua proprietà nel rispetto delle disposizioni previste dal già citato codice.
Il comma 5, come modificato da un emendamento approvato dal Senato, dispone che la fondazione Ordine Mauriziano partecipi all'atto costitutivo ed approvi lo statuto di un'altra fondazione, alla quale prendono parte il Ministero per i beni e le attività culturali, la regione Piemonte, nonché altri enti pubblici territoriali o altri soggetti pubblici o privati interessati.
Tale costituenda fondazione, finalizzata alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale di pertinenza sabauda, avrà in godimento dalla fondazione Ordine Mauriziano i beni sabaudi indicati in una apposita tabella allegata al decreto-legge. In particolare, si tratta della Palazzina di caccia di Stupinigi, con le relative pertinenze immobiliari, ivi compresa la biblioteca, gli archivi storici, il giardino retrostante, le Esedre ed il padiglione denominato Castelvecchio; del complesso monastico
cistercense di Sant'Antonio di Ranverso, con il complesso edilizio del concentrico e le pertinenze mobiliari ed ambientali per una fascia di 100 metri a partire da quest'ultimo; del complesso monastico cistercense dell'abbazia di Staffarla, con il complesso edilizio del concentrico e le pertinenze mobiliari ed ambientali per una fascia di 100 metri a partire da quest'ultimo.
Il comma 6 dell'articolo in esame assoggetta i terreni del parco naturale di Stupinigi, istituito con la legge della regione Piemonte 14 gennaio 1992, n. 1, all'articolo 45 - prescrizioni di tutela indiretta - del citato codice dei beni culturali e del paesaggio.
Il comma 6-bis, introdotto dal Senato, precisa che viene mantenuto l'uso sacro dell'abbazia di Staffarla, in conformità con la prescrizione dell'articolo 831 del codice civile, ai sensi del quale gli edifici destinati ad esercizio pubblico del culto cattolico non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto di alienazione.
L'articolo 3 - recante provvedimenti urgenti per il risanamento dell'Ordine Mauriziano -, modificato dal Senato, prevede disposizioni straordinarie ed urgenti volte a garantire la gestione della fondazione, anche in relazione alle numerose azioni esecutive promosse dai creditori dell'Ordine Mauriziano.
La relazione di accompagnamento sottolinea, a tale riguardo, che le misure in esame ripropongono, in larga parte, gli istituti già sperimentati in occasione della creazione in azienda ospedaliera, dotata di personalità giuridica pubblica, dell'azienda universitaria Policlinico Umberto I e della struttura ospedaliera Sant'Andrea di Roma.
La norma in esame dispone, al comma 1, che non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti della fondazione per debiti insoluti dell'Ente e che le procedure esecutive pendenti, per le quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da parte dell'Ordine Mauriziano, ovvero la stessa opposizione sia stata rigettata, sono dichiarate estinte dal giudice, con l'inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
Sempre il comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge in esame, alla lettera c), dispone che i pignoramenti eventualmente eseguiti non hanno efficacia e non vincolano la fondazione, la quale ne può disporre per finalità previste dalla legge e dallo statuto. La lettera d) prevede che i debiti insoluti non producono interessi, né sono soggetti a rivalutazione monetaria, mentre la lettera e) stabilisce che il legale rappresentante della fondazione assume le funzioni di commissario straordinario e provvede al ripiano dell'indebitamento pregresso, accertando, a tal fine, la massa attiva e passiva.
La lettera f) del comma 1 dell'articolo 3 del provvedimento in esame dispone che il Ministero dell'interno delibera in merito ai ricorsi presentati dai creditori esclusi, mentre la lettera g) prevede, infine, che il rappresentante della fondazione è autorizzato a procedere, in via transattiva, in merito alle richieste dei creditori.
In base al comma 2 dello stesso articolo, in attesa dell'insediamento dei nuovi organi della fondazione, è nominato, con decreto del Presidente Consiglio dei ministri, un commissario straordinario dell'Ente, per l'esecuzione dei compiti di cui agli articoli 2 e 3, lettere e), f) e g) del decreto-legge in esame.
Il Senato ha disposto, altresì, che il commissario straordinario presenti, entro sei mesi, una dettagliata relazione sulle attività svolte dal comitato di cui all'articolo 2, comma 2. Una volta approvato lo statuto della fondazione, tale relazione dovrà essere presentata annualmente dagli organi statutari competenti al Parlamento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, la vicenda dell'Ordine Mauriziano, nonostante la sua dimensione territoriale fortemente piemontese, è sicuramente importante, poiché riveste anche un rilievo nazionale, per due motivi.
Il primo motivo concerne la circostanza che tale antichissimo Ordine, che affonda le sue radici addirittura al tempo delle crociate, è oggetto della XIV disposizione transitoria della nostra Costituzione; il secondo, invece, riguarda l'importanza delle sue cascine, dei suoi terreni e, soprattutto, di immobili di grandissimo valore storico e artistico, come quelli citati dal relatore: l'abbazia di Staffarda, il complesso monastico di Sant'Antonio di Ranverso e la Palazzina di caccia di Stupinigi. Essi conferiscono a tale Ordine una valenza assolutamente nazionale: infatti, per l'importanza ed il valore dei suoi beni, probabilmente si tratta di uno degli enti di diritto pubblico dotato di un patrimonio immobiliare tra i più elevati d'Europa.
Vorrei segnalare che il sottoscritto si è interessato a tale vicenda presentando, in data 8 aprile 2003, un'interrogazione ai Ministeri dell'interno e dell'economia e delle finanze. Con tale strumento di sindacato ispettivo, si chiedeva se l'ingente disavanzo (attualmente quantificato dalla relazione del Governo in 347 milioni di euro ma che, se non vi fosse stato un intervento del commissario straordinario, avrebbe assunto una dinamica ben più pericolosa) fosse stato determinato, come riportato da notizie di stampa, da una serie importante di assunzioni (tra le 900 e le 1.000), effettuate dalla dirigenza dell'istituto, espressione delle allora forze di Governo (o comunque dell'Ulivo), nel periodo 1998-2000, con intenti elettoralistici (o, quantomeno, in prossimità di scadenze elettorali).
La risposta si fece attendere, nonostante i numerosi solleciti. Un anno dopo, tramite il sottosegretario Balocchi, il Governo rispose in aula - era l'11 maggio 2004 -, fornendo una spiegazione molto chiara. Il rappresentante del Governo affermò che l'interrogazione aveva un suo fondamento e - leggo il resoconto stenografico della seduta - disse: «(....) la relazione elaborata dal commissario evidenzia che tra le cause del dissesto hanno assunto un ruolo fondamentale gli incrementi di spesa del triennio 1998-2000 derivanti dall'aumento della pianta organica, che ha registrato circa 900 assunzioni, e dalla realizzazione di un ambizioso progetto finalizzato alla istituzione delle nuove strutture ospedaliere di cardiologia, riabilitazione ed oncologia. Preciso che il nuovo progetto è stato attuato in mancanza di convenzioni stipulate con la regione Piemonte, il cui concorso finanziario è indispensabile per l'espletamento delle attività socio-sanitarie, e l'ampliamento della pianta organica è stato disposto senza le prescritte autorizzazioni da parte degli organi di vigilanza e del Ministero dell'interno, del Ministero dell'Economia e del Ministero della salute (...)».
La risposta, dunque, fu molto chiara, ed altrettanto chiare furono le affermazioni fatte a mezzo stampa da parte del commissario straordinario dell'Ente, il prefetto Anna Maria D'Ascenzo. Quest'ultima rilasciò una dichiarazione che suscitò un certo scalpore: disse che qualcuno si era «mangiato» i soldi e che il caso era peggio di quello Parmalat.
Ho svolto questa introduzione per far capire i termini del problema.
Il provvedimento alla nostra attenzione è sostanzialmente condivisibile ed interviene per porre fine a questo stato di disavanzo. Esso prevede un protagonismo da parte della regione Piemonte per la parte ospedaliera dei due presidi che fanno capo all'Ente. Si tratta di un protagonismo che noi, come gruppo parlamentare della Lega Nord, condividiamo e che non riteniamo sia in contrasto con le previsioni costituzionali. Crediamo, infatti, che esso sia assolutamente in linea con il processo di devoluzione sanitaria già in atto nel nostro ordinamento ed ancor più accentuato dalla riforma costituzionale in discussione.
Rilievi problematici vertono, invece, sugli effetti collaterali di questo dissesto. Ciò soprattutto nei confronti di due categorie che sarebbero, con l'attuale formulazione del decreto-legge, danneggiate rispetto al citato dissesto finanziario, che non è stato causato da tali categorie. Esse sono facilmente individuabili: la prima è rappresentata dai conduttori agricoli, ossia gli affittuari dei beni - cascine e terreni agricoli - da secoli appartenenti all'Ordine Mauriziano, che da generazioni coltivano tali appezzamenti di terreno. Si tratta di generazioni che hanno acquisito la loro professionalità, che hanno speso risorse in opere di miglioria dei fondi e che oggi si trovano in una situazione di incertezza molto forte - lo ripeto, non per colpa loro - rispetto alla dismissione del patrimonio immobiliare, che il nuovo commissario straordinario dovrà porre in essere per ripianare il debito di 347 milioni di euro.
Nel prosieguo dell'analisi di questo provvedimento presenterò proposte emendative o, quanto meno, documenti di indirizzo al Governo, per permettere che gli affittuari di tali fondi agricoli siano tutelati, con la previsione della possibilità di acquistare i fondi che attualmente stanno conducendo (ad esempio, sfruttando gli strumenti previsti per la ricomposizione della proprietà agricola e contadina e facendo intervenire gli organi a ciò oggi preposti - quali l'Ismea -, o prevedendo la possibilità di continuare ancora per un dato periodo di tempo ad affittare tali fondi).
La seconda categoria che viene danneggiata dalle conseguenze di questo dissesto è costituita dalle piccole imprese che hanno fornito una serie di servizi e di beni all'Ordine Mauriziano, sia al settore ospedaliero, sia per quanto riguarda la manutenzione dell'immenso patrimonio immobiliare, che con le procedure previste dall'attuale decreto si troverebbero in una situazione di difficoltà. Infatti, il commissario straordinario avrebbe la possibilità, dopo che il decreto ha bloccato ogni possibilità di interventi pignorativi o di azione legale, di stipulare una transazione con un limite non superiore al 70 per cento di quanto dovuto dall'Ente a queste imprese.
Anche a tale riguardo, tramite una serie di interventi emendativi, il mio gruppo, soprattutto attraverso il sottoscritto, chiederà che il limite del 70 per cento, previsto dall'attuale formulazione del decreto non venga applicato alle imprese che rientrano nei parametri della piccola impresa, perché esse già subiscono il danno di vedere bloccati gli interessi per la restituzione di quanto prestato all'Ordine Mauriziano, ma che sia applicato il cento per cento.
Concludo preannunciando questi interventi emendativi, che eventualmente, per non ostacolare la conversione del decreto-legge, potrebbero tramutarsi anche in atti di indirizzo al Governo. Ritengo importante sottolineare come sia sostanzialmente condivisibile l'impostazione del decreto, volta a salvare tutta la parte sanitaria afferente all'Ente e ad attribuire un ruolo di protagonista alla regione, ma, allo stesso tempo, ritengo che sia assolutamente necessario e utile tutelare anche le ragioni di quei soggetti deboli che si ritrovano a pagare non per colpe loro, come ho spiegato nella parte principale della mia esposizione, ma per una gestione sicuramente poco accorta e distorta da altri elementi, che non sono quelli di una corretta gestione ed utilizzazione dell'immenso patrimonio immobiliare dell'Ente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.
AUGUSTO BATTAGLIA. Il provvedimento in esame suscita molte perplessità e il giudizio della nostra parte politica su di esso è negativo.
Indubbiamente è ineludibile affrontare la questione del grave indebitamento dell'Ente Ordine Mauriziano di Torino. Tuttavia, andrebbe meglio approfondito il motivo per cui ciò si è determinato e soprattutto se la soluzione prospettata sia adeguata e, a sua volta, non determini ulteriori difficoltà sia sul versante dell'attività sanitaria svolta dall'Ente Ordine
Mauriziano, sia in relazione a tutta una serie di problematiche di carattere patrimoniale, che sono certamente importanti perché riguardano cittadini ed operatori, dei quali non possiamo non considerare i diritti, le esigenze e le particolari difficoltà che dovranno affrontare.
Il rischio è che una importante istituzione, che ha dato molto alla regione Piemonte e alla città di Torino dal punto di vista della sanità pubblica, possa essere sostanzialmente destrutturata e perdere quella potenzialità e quelle possibilità operative che, invece, ne hanno caratterizzato la storia.
Non ci troviamo di fronte soltanto ad una struttura di assistenza sanitaria, ma ad una struttura che ha saputo erogare prestazioni sanitarie ai cittadini con un bacino di utenza molto esteso e sviluppare le proprie attività anche nel campo dell'alta specializzazione e della ricerca scientifica. Quindi, sebbene si tratti di una situazione localizzata nella regione Piemonte, anche come Parlamento dobbiamo essere attenti alla potenzialità ed alla storia di tale istituto. Quest'ultimo trovava la propria fonte nello stesso dettato costituzionale che rimandava ad una normativa legislativa l'ordinamento e la regolamentazione delle attività svolte dall'Ente.
È indubbio che la regione Piemonte abbia forti responsabilità nella vicenda per la quale oggi si interviene mediante decreto-legge. Bisogna comprendere per quale motivo, ad un certo punto, la regione Piemonte sia venuta meno alle sue responsabilità nella gestione di tale Ente: dal 1999, ad esempio, in violazione dello stesso piano regionale - le attività dell'Ente erano inserite nel piano regionale 1997-1999 - la regione Piemonte ha ritenuto di non rinnovare la convenzione con l'Ente. Inoltre, tale regione ha ritenuto di non dover rimborsare l'attività degli ospedali mauriziani con le modalità e le tariffe proprie della sanità pubblica declassando le attività di tale ordine alla stregua delle case di cura private. Queste ultime rientrano a pieno titolo nelle attività del piano sanitario nazionale, ma chi ha un po' di esperienza di sanità sa che esse hanno un grado di responsabilità diverso: l'ente pubblico affronta molte situazioni che generalmente non costituiscono obbligo per le case di cura private.
Il suddetto declassamento ha portato una serie di conseguenze nelle tariffe pagate all'Ordine Mauriziano e nell'esclusione di tale ordine dai ripiani previsti dalle leggi regionali che dovevano interessare tutta la sanità pubblica. Tali ripiani hanno interessato, ad esempio, altre strutture della regione Piemonte ed altre grandi strutture ospedaliere come il Policlinico di questa città. Abbiamo discusso meno di un mese fa, in occasione dell'esame della legge finanziaria, della situazione di difficoltà della sanità e della carenza finanziaria del sistema. Escludere strutture importanti come l'Ordine Mauriziano dai ripiani della sanità pubblica ha, dunque, aggravato una
situazione già di per sé difficile e ha portato tale Ente ad un indebitamento insostenibile. Questo è il fatto grave che vogliamo sottolineare.
Credo che la regione Piemonte comportandosi nel suddetto modo non abbia reso un buon servizio alla salute dei cittadini ed al Servizio sanitario nazionale.
Certamente si sarebbe potuto affrontare questa situazione senza sottovalutarla, come d'altronde è giusto che sia quando ci sono situazioni di deficit che richiedono interventi sul piano gestionale. Ritengo sia stata sbagliata la strada seguita dalla regione Piemonte, che è stata quella di umiliare questa importante istituzione sanitaria, aggravandone le difficoltà gestionali ed il deficit. Ciò, peraltro, ha portato al disastro odierno, rispetto al quale voi intervenite appunto con un decreto-legge, che, separando la gestione del patrimonio dalla gestione degli ospedali dovrebbe, secondo il vostro punto di vista, riuscire a determinare una situazione più favorevole.
Francamente mi auguro che nella regione Piemonte, che ha vissuto in questi ultimi anni di gestione sanitaria le difficoltà finanziarie anche delle altre regioni - per certi versi le ha vissute forse più delle altre, perché le scelte operate dalla regione, così come quelle operate dalla regione Lombardia e dalla regione Veneto
(scelte che vanno verso la privatizzazione del settore sanitario), hanno portato un aumento del deficit -, non vi sia qualcuno che pensi che, avvalendosi del patrimonio dell'Ordine Mauriziano - che appartiene alla collettività nazionale, alla città di Torino, alla regione Piemonte -, la regione Piemonte possa risolvere una serie di propri problemi finanziari, dal momento che il deficit della regione Piemonte ha poco a che fare con la vicenda dell'Ordine Mauriziano.
Queste sono le ragioni per le quali non condividiamo la sostanza del provvedimento in esame. Anche se riteniamo che, per la situazione che si è raggiunta, la questione vada comunque affrontata, tuttavia il modo con il quale il Governo ha voluto affrontarla non rappresenta a nostro avviso la strada più efficace, più adeguata e più rispettosa, da una parte della tradizione di questo Ordine, dall'altra del lavoro che queste istituzioni hanno svolto per tanti anni nel nostro territorio per la nostra sanità. Con questo tipo di scelte non si valorizza quello che oggi la sanità ha di positivo, mentre si indebolisce e si dilapida un patrimonio che ha dato tanto al nostro paese, in particolare alla regione Piemonte. Per questi motivi il nostro giudizio sul provvedimento in esame è negativo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Merlo. Ne ha facoltà.
GIORGIO MERLO. Signor Presidente, credo che il decreto al nostro esame sia di particolare importanza non soltanto per la città di Torino e la regione Piemonte, bensì per tutta la realtà nazionale. Infatti esso tocca uno dei capisaldi che storicamente promuove e tutela la sanità, l'assistenza e la gestione del patrimonio artistico ed immobiliare della regione Piemonte. Si tratta di un caposaldo che il Governo, e soprattutto la regione Piemonte, hanno deciso in questi anni di liquidare progressivamente.
Credo quindi che, al di là delle parole del relatore, lastricate di buone intenzioni, vi sia però un obiettivo di fondo, che peraltro verrà svelato nella discussione, che da domani in poi affronteremo entrando nel merito del provvedimento. L'obiettivo è molto semplice, è quello di distruggere definitivamente una realtà, appunto quella dell'Ordine Mauriziano, che attraverso decenni di storia si è contraddistinto per l'attività svolta in più settori.
Credo dunque sia bene conoscere con attenzione, senza propaganda e senza demagogia, qual è stato il ruolo dell'Ordine Mauriziano negli ultimi tempi. Questo per capire di chi sono le responsabilità, perché altrimenti si fa di tutta l'erba un fascio; sembra cioè che sia stata sufficiente una gestione di tre anni per dilapidare un patrimonio di decenni.
Visto che non è così, come tutti sanno, credo sia opportuno, sotto questo profilo, entrare nel merito della tempistica che ha caratterizzato l'Ordine in questi ultimi tempi.
L'Ordine Mauriziano, lo ricordava il relatore, è un ente di diritto pubblico, previsto dalla XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione; svolge la propria attività ed attua i propri fini istituzionali ai sensi della legge n. 1596 del 1962.
Le leggi di riforma sanitaria, a partire dal 1978, hanno sempre ribadito la natura pubblica dell'Ente, la collocazione nell'ambito della sanità pubblica delle prestazioni erogate dagli ospedali mauriziani, nonché la natura obbligatoria del rapporto convenzionale da parte della regione Piemonte (questo è il cuore della questione che, con questo decreto-legge, si intende progressivamente smantellare).
Le stesse leggi di riforma sanitaria hanno sempre fatto salvo l'ordinamento giuridico che regola il funzionamento dell'Ordine, imponendo a quest'ultimo l'applicazione della normativa riguardante le aziende sanitarie locali ed ospedaliere solo in quanto compatibile, proprio per la dovuta salvaguardia della legge speciale regolante l'attività dell'Ordine.
Il Consiglio di Stato ha emesso numerose sentenze che hanno riaffermato, nel corso degli ultimi anni, l'unitarietà dell'Ente,
pur nella pluralità dei compiti affidati, garantendo all'Ordine Mauriziano una tutela derivante dalla configurazione costituzionale e dal ruolo del patronato esercitato dalla Presidenza della Repubblica.
La situazione di grave dissesto finanziario, al centro di questa discussione, risulta originata da vari fattori ed elementi che sono variamente interpretati; tale situazione è già stata evidenziata addirittura nei verbali del collegio dei revisori dei conti per l'esercizio dell'anno 1997, regolarmente inviati ai Ministeri dell'interno e del tesoro. Da questi ultimi si evinceva, tra l'altro, lo stato di conflittualità con la regione Piemonte ed il conseguente disavanzo dell'Ente; fattori che, in qualche modo, si sono accentuati (così sembra) nel corso degli ultimi due anni.
In particolare, nonostante l'Ente sia sempre stato inserito dalla regione Piemonte nei programmi di ripiano dei deficit sanitari, finanziati dallo Stato, a partire dal 1998, come
ricordava prima il collega Battaglia, ne è stato inopinatamente escluso, senza alcuna motivazione inviata all'Ente, anche se nel corso di quegli stessi anni gli ospedali mauriziani hanno erogato prestazioni riconosciute da tutti come eccellenti (soprattutto dalla popolazione piemontese e dalla stessa regione Piemonte), raggiunto alti livelli di qualificazione professionale e coperto settori nei quali la regione Piemonte era da anni in grave ritardo, come nei casi della cardiochirurgia e dell'oncologia.
Sempre a partire dal 1998, l'Ente risulta essere stato rimborsato per le prestazioni pubbliche erogate a favore della regione stessa (è l'elemento di maggiore gravità che, stranamente, nella relazione del relatore non è emerso) come una struttura privata, per cui i due concomitanti fattori, esclusione dal ripiano e rimborsi impropri, hanno determinato lo sbilancio accumulato dall'Ente negli anni 1999 e 2002.
Questo è il motivo per cui, fatta questa rapidissima ricostruzione ed avendo evidenziato questi fatti concreti, è bene capire oggi quale possa essere l'orizzonte che si andrà a definire con l'approvazione di questo decreto-legge.
I fini principali attribuiti all'Ente sono la beneficenza, l'istruzione, il culto, la gestione del patrimonio artistico ed immobiliare, soprattutto l'assistenza sanitaria, esercitata attraverso propri ospedali, collocati nella realtà piemontese. Quest'ultima attività è sempre stata erogata nell'alveo pubblico, tenendo presente le esigenze ed i bisogni della popolazione e della realtà sociale nella quale sono presenti gli ospedali mauriziani e sempre con grande soddisfazione degli utilizzatori delle strutture.
L'Ordine Mauriziano oltretutto - ed è anche questo un elemento oggetto di alcuni emendamenti presentati dal gruppo della Margherita - è uno dei maggiori proprietari terrieri di tutta l'Europa. Quindi, non si tratta soltanto di un soggetto importante a livello regionale e nazionale, ma addirittura a livello europeo.
A seguito del fatto che, ad un certo punto, la regione Piemonte non ha più finanziato adeguatamente le attività dell'Ente, si è determinato un deficit per questo Ordine. Infatti, è vero che oggi esiste una situazione di emergenza, ma è altrettanto vero che tale situazione è stata determinata in un lungo periodo di tempo nel corso del quale si sarebbero potute reperire soluzioni diverse da quelle pensate in questo caso.
In sostanza, attraverso questo decreto-legge, si produce una separazione tra le attività ospedaliere e la proprietà immobiliare dell'Ente. Sulla base di ciò si ripianerà il deficit, ma al tempo stesso la regione Piemonte incasserà, senza aver sostanzialmente mosso un dito in precedenza, gran parte delle risorse dell'Ente, ripianando una parte del proprio deficit finanziario sulla sanità senza aver avuto in questi ultimi anni una strategia precisa diretta alla conservazione di questo importante patrimonio.
Anche a noi premono le ragioni poste alla base di questo decreto, come ad esempio la salvaguardia dei posti di lavoro. Tuttavia, ritengo non si possa non
sottolineare che proprio la situazione determinata in questi anni e in questi ultimi mesi da parte della regione Piemonte e dell'attuale Governo hanno prodotto una vera e propria catastrofe, anche sotto il profilo professionale. Molti reparti hanno dovuto ridurre la propria attività, molti hanno perso importanti professionalità, molti altri hanno dovuto ridurre i propri compiti, causando anche una ricaduta negativa sul sistema delle imprese locali che a questo importante ospedale per la regione Piemonte e per tutto il territorio nazionale facevano riferimento.
Intendo sottolineare altri due aspetti che pesano come un macigno sull'utilità di questo decreto-legge.
L'articolo 1 del presente provvedimento prevede che l'Ente Mauriziano viene conservato quale ente ospedaliero. La maggioranza ha già respinto una questione pregiudiziale che l'opposizione aveva presentato nelle scorse settimane e, sotto questo profilo, ci permettiamo di affermare che è molto singolare che sia una legge regionale a disciplinare una materia prevista dalla Costituzione, introducendo un'anomalia nel nostro sistema.
Purtroppo, in questi ultimi tempi, abbiamo visto leggi ordinarie approvate dal Parlamento invadere principi costituzionali e, in questo caso, è addirittura una legge regionale a disciplinare la materia. Ad esempio, all'articolo 2, si crea la Fondazione Mauriziana che succede all'Ente, al quale trasferisce il suo inestimabile patrimonio; basti citare Stupinigi, Ranverso e Staffarla, con tutti i terreni che circondano tali complessi.
Dunque, con il sistema delle cosiddette scatole cinesi, si passa alla Fondazione per la valorizzazione del patrimonio immobiliare sabaudo, quello dei tre complessi, che viene solo
lasciato in uso. Non vorrei che in questo caso emergesse qualche esperimento di finanza creativa - di cui purtroppo abbiamo avuto tante esperienze -, che tra l'altro verrebbe effettuato in sede regionale e non in sede locale. Il problema riguarda anche ciò che circonda i tre complessi, i quali sono comunque indicati.
Vorrei, quindi, concludere, anche se vi sarebbero ancora molti elementi da sottolineare, cui peraltro credo abbia già fatto riferimento l'onorevole Battaglia. Vorrei terminare con la seguente considerazione, in modo da giustificare la contrarietà del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo alla conversione in legge del decreto in oggetto, qualora non dovesse essere emendato. Infatti, tale provvedimento crea le condizioni per accentuare la confusione sulla natura dell'Ente, scorporandone la tradizionale e costituzionale unitarietà. Inoltre, si mette lo stesso Ente nelle mani della regione, creando le condizioni per la sua cancellazione.
Pertanto, non condividiamo la soluzione giuridica data a questo tema, perché siamo convinti che l'Ordine Mauriziano sia e resti una delle più alte espressioni di antica tradizione di solidarietà messe in campo dalla società torinese e piemontese. Inoltre, si tratta di una delle espressioni attraverso le quali le ricchezze di un grande patrimonio sono state messe a disposizione degli interessi della comunità.
A mio giudizio, sarebbe stato più opportuno che lo Stato, così come proposto dal comune di Torino e da molti parlamentari piemontesi, avesse acquistato lo straordinario patrimonio storico dell'Ordine. Oppure, sarebbe bastato congelare temporaneamente in tempi non sospetti il debito e alienare il patrimonio ordinario - in particolare, mi riferisco agli immobili, ai terreni e alle cascine - ricorrendo contemporaneamente ad un limitato intervento economico da parte del Governo. In entrambi i casi l'Ordine avrebbe potuto continuare a gestire le attività ospedaliere, applicando la recente convenzione, pienamente inserito in un disegno di programmazione sanitaria regionale.
Il Governo e la regione Piemonte hanno invece scelto un'altra via, preferendo imboccare una scorciatoia. Quindi, non è stata reperita alcuna risorsa aggiuntiva per salvare l'Ordine con la conseguente attribuzione, senza alcun onere a loro carico, del patrimonio storico alla fondazione e degli immobili in cui si svolgono attività ospedaliere alla regione.
In conclusione, vorrei porre una domanda, visto che la Casa delle libertà, a giorni alterni, esalta i valori cattolici che, secondo il suo giudizio, caratterizzerebbero l'azione del Governo.
Vorrei sapere dove è finito il principio di sussidiarietà, tante volte sbandierato dei partiti di centrodestra. Inoltre, vorrei sapere perché il ministro dell'interno, Pisanu, e il presidente della regione Piemonte, Ghigo, non si sono ricordati in questo caso che il concetto di pubblico non sempre coincide con quello statale, regionale o comunale.
L'Ordine Mauriziano ha probabilmente rappresentato l'opera di cittadinanza attiva più generosa e straordinaria tra quelle che si possono annoverare nella storia del nostro paese: per questo non capiamo i motivi per i quali oggi il Governo di centrodestra debba decretarne la fine.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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