Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 188 del 18/9/2002
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(Aggressione subita da alcuni partecipanti ad una manifestazione per i diritti degli immigrati a Bologna - n. 2-00170)

PRESIDENTE. L'onorevole Grandi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00170 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 2).

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano, ha facoltà di rispondere.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, rispondo oggi 18 settembre 2002 ad una interpellanza presentata il 10 dicembre 2001. Rispondo, a differenza di quello che i governi succedutisi nella legislatura precedente hanno fatto rispetto alla maggior parte delle interpellanze ed interrogazioni proposte in tema di sicurezza e di ordine pubblico.

PIERO RUZZANTE. Non è vero, Presidente!

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. La maggior parte di esse - e sono disponibile a fornire tutte le statistiche - sono rimaste inevase.

PIERO RUZZANTE. Tutto quello che vuole!

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. La manifestazione denominata «Marcia della dignità dei migranti», svoltasi a Bologna il 1o dicembre 2001, è stata indetta dal gruppo consiliare del partito di Rifondazione comunista e da altri sodalizi aderenti al Bologna social forum, per protestare contro le modifiche alla disciplina dell'immigrazione annunciate dal Governo.


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Le 1.500 persone aderenti alla manifestazione si sono radunate alle 14, come previsto, in piazza 20 settembre e percorrendo via Indipendenza hanno raggiunto alle 17 piazza del Nettuno, dove la manifestazione si è conclusa intorno alle 18. Il dispositivo di ordine pubblico predisposto per l'occasione ha comportato l'impiego di un adeguato contingente di uomini della Polizia di Stato, per assicurare l'ordinato svolgimento della manifestazione, come in effetti è avvenuto. Tuttavia, al termine della stessa, in una via del centro cittadino, non situata nelle immediate vicinanze del luogo interessato dalla manifestazione, e in una piazza della periferia bolognese si sono verificate due aggressioni.
Nel primo caso tre giovani, mentre facevano ritorno alla propria abitazione dopo aver partecipato al corteo, venivano avvicinati in via Volturno da un gruppo di cinque, sei ragazzi che li hanno aggrediti, fuggendo subito dopo in direzione di via Galliera. Le pattuglie della Polizia di Stato sono intervenute tempestivamente sul posto ma le dichiarazioni fornite dalle vittime nell'immediatezza del fatto, a causa della loro estrema genericità, non hanno consentito di individuare gli aggressori, che hanno potuto dileguarsi approfittando anche della confusione determinata dalla presenza di molte persone nel centro cittadino. Il giorno seguente gli stessi aggrediti, assistiti da un avvocato, hanno formalizzato la denuncia presso la locale questura e nella circostanza hanno precisato che quasi tutti gli aggressori indossavano giacche tipo bomber e cappelli ben calzati di colore scuro. A questo proposito, preciso che il riferimento alle formazioni estremistiche denominate naziskin è dovuto esclusivamente ad un'ipotesi avanzata dai giornali locali e non a riscontri oggettivi.
Passando al secondo episodio, pochi minuti dopo l'intervento della Polizia di Stato in via Volturno, veniva segnalata alla centrale operativa della questura un'ulteriore aggressione in piazza dell'Unità da parte di tre persone ai danni di un giovane. Anche in questa circostanza l'intervento delle forze dell'ordine era immediato ma, al contrario di quanto avvenuto per il primo episodio, inizialmente l'aggredito non ha collaborato con gli agenti, tanto da rifiutare le generalità. Peraltro, anche dopo essere stato identificato, egli si è rifiutato di sottoporsi a cure mediche e di formalizzare la denuncia, affermando che gli aggressori descritti come naziskin, avevano motivato il loro gesto perché lo avevano ritenuto colpevole di aver tentato di sottrarre ad uno di loro il portafoglio. Qualche giorno dopo il giovane aggredito ha rilasciato un'intervista riportata nella cronaca del quotidiano il Resto del Carlino asserendo di appartenere al gruppo skinheads against racial prejudice e che l'aggressione in argomento poteva essere motivata da fini politici. L'episodio, dagli aspetti poco chiari, è avvenuto 15, 20 minuti dopo l'aggressione di via Volturno in una zona piuttosto lontana dal luogo di svolgimento della manifestazione, alla quale il giovane non avrebbe partecipato.
D'intesa con l'autorità giudiziaria sono in corso indagini volte all'identificazione degli autori delle aggressioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Grandi ha facoltà di replicare.

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, purtroppo devo dichiararmi non soddisfatto.
Vediamo partitamente le questioni. In primo luogo, è un anno di distanza. Ho sempre avuto stima dell'onorevole Mantovano e quindi non credo che lui abbia mai potuto condividere l'idea che se per caso qualcuno ha sbagliato in passato, ammesso e non concesso che ci fossero stati errori nella distanza di risposta - ed i fatti dimostrano che non è così -, non è questa una buona ragione per continuare a sbagliare. Quindi, credo che questo ragionamento l'onorevole Mantovano lo possa recepire perché, al di là delle diverse collocazioni politiche, serietà vuole che il problema venga affrontato per quello è. Tra l'altro, mi sembra francamente un po' demagogico l'atteggiamento e il giudizio dato rispetto alle vicende della scorsa legislatura.


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Ma veniamo alle questioni più dirette. Le ragioni dell'interpellanza sono nei fatti e partono da una preoccupazione rispetto ad una manifestazione di cui - mi dispiace, onorevole Mantovano - le hanno dato una notizia parziale. Capisco che ogni volta che c'è un'iniziativa di collocazione politica-parlamentare incerta ci può essere la tentazione di attribuirla, ad esempio, a Rifondazione comunista, perché essendo un partito con un gruppo parlamentare può sembrare che la cosa abbia una sua immediata visibilità, ma non è così. Infatti, la manifestazione fu convocata dal Coordinamento dei migranti, che è una delle organizzazioni associative che fa iniziative attorno ai diritti dei diritti degli immigrati. Del resto, anche in tutte le iniziative dei social forum, comprese quelle di Genova e anche dopo, quelle dei migranti sono sempre state uno dei capitoli dell'iniziativa sui diritti degli immigrati. Rifondazione comunista, come altre organizzazioni, compresi anche i Democratici di sinistra di Bologna, avevano partecipato aderendo a questa manifestazione, naturalmente, insieme a tante altre. Quindi, questo non lo dico ad escludere, ma lo dico ad includere, naturalmente, senza voler fare la lista.
La questione dei diritti dei immigrati è un tema di grandissimo rilievo. Del resto, è abbastanza noto che noi pensiamo che la legge che è stata approvata, la Bossi-Fini, sia sbagliata, perché prima ha cercato di affrontare il clima e i problemi posti dall'immigrazione in termini di allarme e poi ha cercato di rispondere con una legge che avrebbe dovuto sistemare i problemi: stiamo vedendo che questo non accade.
Quella iniziativa era molto importante perché era una civilissima manifestazione sui diritti degli immigrati. Il clima politico in cui si è svolta - come, del resto, è stato detto anche dagli organi di polizia che hanno assistito alla manifestazione - era del tutto tranquillo e quindi non c'era nessuna ragione di preoccupazione se non ascoltare la rivendicazione dei diritti e la sottolineatura dei problemi e semmai affrontare le questioni.
Il problema che a questo punto sorge per il Governo, onorevole Mantovano, secondo me, però, va oltre il caso e le questioni - che pure dirò tra un attimo - della singola manifestazione, ma riguardano una risposta politica che non può avere una sorta di sdoppiamento della personalità (per quanto in politica si possa parlare di sdoppiamento della personalità): da un lato, si ritiene che le condizioni debbano essere affrontate da norme che si ritengono più forti e più dure in modo da regolare ma poi quando si affronta un problema di reazione di gruppi di facinorosi, chiaramente di estrema destra (non so dire se siano skinheads: è un compito, l'acquisizione della verità, che dovrebbe essere affrontato gli inquirenti e non sicuramente dal Parlamento), non c'è una risposta adeguata. Se stiamo ai fatti, dopo un anno sentiamo dire che ci sono i dati che erano già stati pubblicati dei quotidiani locali: è stato citato Il Resto del Carlino che ne ha parlato ampiamente, ma anche gli articoli di quotidiani locali; soprattutto, non si capisce quali sono i provvedimenti che vengono presi. Via Volturno non è esattamente una strada lontana dal luogo in cui si è svolta la manifestazione che tra l'altro aveva visto anche un corteo che era passato anche da quelle parti. Stiamo, invece, parlando di un problema che riguarda il diritto di manifestare, le garanzie per la manifestazioni di qualunque tipo (purché siano quelle consentite dal quadro costituzionale) e di conseguenza dobbiamo dire che la capacità di garantire il diritto di manifestare tuttavia non c'è. Infatti, alla fine della stessa giornata, in due episodi che si sono verificati in rapida successione diversi tra di loro, di gravità anche diversa, forse anche di chiarezza diversa, non si è stati però in grado di garantire la legittimità di manifestare e soprattutto la legittimità di tornarsene a casa dopo avere esercitato questo diritto.
L'interrogativo che viene rivolto al Governo è come realizzare il controllo del territorio. Ricordo, ad esempio, che è stato ripreso un argomento - per la verità già proposto da tempo dal centrosinistra - che ha radici molto più antiche e cioè come assicurare una presenza degli organi


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di polizia sul territorio - diretta, attraverso il poliziotto di quartiere, oppure attraverso le ronde ed altro, naturalmente prevedendo anche misure molto più forti quando i casi lo richiedano - in grado di garantire il diritto dei cittadini alla loro incolumità.
Lo voglio ricordare perché non lontano dalla manifestazione e non lontano da via Volturno c'è la casa di Marco Biagi (lo so molto bene perché abito da quelle parti). La casa di Marco Biagi non è stata controllata prima dell'uccisione del professore mentre dopo la polizia è stata presente davanti al portone - sembrava una beffa - per qualche mese (oggi non c'è più nessuno, del resto ormai non c'è più niente da fare rispetto all'episodio drammatico). Questa è la condizione in cui vengono affrontati molti casi grandi e piccoli, per fortuna in questo caso parliamo di episodi minori.
Vi è, poi, il problema di garantire la circolazione delle forze di polizia preposte e anche degli organi che possono collaborare: penso ai vigili urbani e a quanti altri hanno compiti non di polizia, non di ordine pubblico, ma comunque di ricognizione del territorio, in grado di garantire che non accadano episodi di questo tipo. Deve essere garantito il diritto di manifestare, il diritto di esprimere le proprie opinioni, il diritto di tornare a casa tranquillamente senza subire aggressioni. Aggiungo che le indagini, francamente, danno un esito deludente, evidentemente i compiti di polizia giudiziaria non hanno dato l'esito che potevano dare, forse è stata ritenuta una cosa minore. Occorre attenzione, altrimenti sottovalutando le cose minori poi i nodi si aggrovigliano, qualcuno si sente in diritto di agire liberamente perché tanto non succede nulla, di conseguenza gli episodi possono diventare ancora più gravi. Il nodo che stiamo discutendo non si è risolto affatto, il tema degli immigrati è un nodo del tutto aperto, la cui soluzione sta trovando anche all'interno del Governo non pochi contrasti, come sì può notare dal rinvio della cosiddetta sanatoria per gli immigrati. Di conseguenza, il problema è del tutto naturale, legittimo, comprensibile, e potrebbe essere oggetto - probabilmente nelle prossime settimane - di ulteriori iniziative durante le quali, forse, si confronteranno punti di vista diversi.
Noi continueremo a sostenere il punto di vista dei diritti degli immigrati; faremo sì che, nell'ambito delle regole certe del nostro paese, essi abbiano il diritto di lavorare in pace e non essere ridotti ad una sorta di nuovi servi della gleba, come si rischia attraverso le norme che sono state approvate. Mi riferisco alla legge Bossi-Fini che condiziona la presenza al lavoro a tempo indeterminato; è come dire: «se ti azzardi a dire qualcosa di licenzio», dopodiché l'immigrato viene rimandato a casa.
La legge in oggetto, particolarmente grave, ci conferma che il tema è del tutto aperto. Il Governo deve garantire il diritto di manifestare, deve muovere le forze di polizia, le deve sensibilizzare, deve garantire nelle città (parlo di Bologna perché è accaduto in questa città l'episodio in oggetto, ma la cosa potrebbe riguardare qualunque altra città italiana) che le forze di polizia, gli organi inquirenti, abbiano una più adeguata presenza sul territorio. Questo è l'impegno che avete preso, questa è la scommessa su cui vi siete impegnati, noi rivendichiamo che l'attuiate: è vostra la responsabilità ogni volta che accade qualcosa.

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