Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 136 del 23/4/2002
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(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2628)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ventura. Ne ha facoltà.

GIACOMO ANGELO ROSARIO VENTURA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il voto favorevole del gruppo di Forza Italia perché, contrariamente a quanto può sembrare ed anche a quanto ho ricavato da alcuni interventi svolti nel corso della discussione di ieri sera, il disegno di legge di conversione al nostro esame non sacrifica la salute dei cittadini di Gela sull'altare dell'occupazione.
In realtà, questo provvedimento concilia perfettamente le normative nazionali e comunitarie poste a garanzia e a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini con l'esigenza di una pronta ed immediata risposta alla tragedia che aveva rischiato di offendere Gela: quella della chiusura dello stabilimento petrolchimico intorno al quale, in via diretta, indiretta o riflessa, ruota la vita di circa ventimila cittadini.
Non mi attarderò a ripetere quale sia il senso di questo decreto-legge perché ne ho già parlato. Tuttavia, mi preme rintuzzare talune considerazioni a dir poco non corrette, sulla base delle informazioni avute, perché bisogna rendere giustizia soprattutto al Ministero dell'ambiente e, se mi consentite, anche a tutto il Governo.
È infondata la preoccupazione che il pet-coke - di Gela o quale che sia - possa arrivare, attraverso un mercato che non esiste, in altri siti nazionali. Il pet-coke è ricavato dal petrolio greggio di Gela e, essendo quest'ultimo di qualità scadente, diventa economicamente apprezzabile estrarlo e lavorarlo proprio per ricavarne i suoi sottoprodotti.
Allo stato grezzo, a prescindere da questo decreto-legge, il pet-coke non può essere utilizzato a causa dei suoi alti valori inquinanti. Il decreto-legge al nostro esame ne consente l'utilizzazione, una volta stabilito che non si tratta di rifiuto, ma di materia da poter riutilizzare, perché la normativa vigente, sia a livello di fonti secondarie (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e decreti ministeriali) sia a livello di fonti primarie (anche di legislazione regionale) stabilisce valori massimi delle emissioni nell'atmosfera che non consentirebbero di lavorare e di utilizzare il pet-coke qualora questo non fosse previamente


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trattato con la tecnologia di cui ho detto ieri sera, vale a dire con il famoso reattore catalitico.
Ecco perché non hanno ragion d'essere le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Vianello e da altri colleghi. La stessa collega che, ieri sera, ha parlato a nome dei Verdi, ha destato la mia curiosità, tant'è che, a un certo punto, mi sono avvicinato a lei per verificare a quale fonte attingesse nel confutare con tanta perentorietà le considerazioni da me fatte in precedenza. Ebbene, ella mi ha fatto leggere - pur con tutto il rispetto - una «noticina», una «cartula» diramata dal WWF nella quale non veniva affermato alcunché di puntuale, rigoroso e documentato relativamente alle considerazioni da me svolte, che erano suffragate, invece, dal Bref, cioè dal documento comunitario che stabilisce quali siano le tecnologie idonee alla bisogna.
Debbo anche dire - ed è osservazione di non poco momento - che le inchieste giudiziarie di Gela, le quali si trascinano almeno da due anni a questa parte (mi è parso inquietante, peraltro, che, dopo due anni, il sequestro sia maturato proprio dopo l'avvento politico, a Gela come nel resto della Sicilia, del centrodestra; ma tant'è), non hanno accertato una sola violazione dei valori di emissione alla luce della legislazione vigente. Quel sequestro è maturato esclusivamente sulla base di fatti formali, in quanto, giustamente (una parola va spesa in favore di quell'autorità giudiziaria), si è ritenuto, con il conforto anche dei giudici superiori, che il cosiddetto decreto Ronchi contenesse una contraddizione, un'aporia, classificando il pet-coke da petrolio, doppiamente e contraddittoriamente, ora come rifiuto, ora come combustibile.
Questa lacuna, questa contraddizione della legge è stata superata, per cui nulla quaestio sulla vicenda di Gela. Va pur detto - e questi sono dati ufficiali, a meno che non si abbiano sospetti sull'illegittimità e sull'illiceità (ma questo rientra negli accertamenti dell'autorità giudiziaria) - che, allo stato, tutti i monitoraggi relativi all'impianto cosiddetto di coking (che lavora il pet-coke) su Gela, che vengono svolti dagli organi pubblici a ciò deputati 365 giorni su 365, non hanno mai rilevato emissioni in contrasto con la normativa vigente in materia. Tutto questo ci induce ad essere convintamente a favore di questo decreto-legge.
Pur non di meno, è motivo di grande soddisfazione, oltre che di conforto, rilevare un sentimento comune già espresso al Senato della Repubblica e qui riconfermato da tutti i gruppi. Infatti, l'occasione emersa in modo così drammatico ed emergenziale ha tuttavia consentito che il caso di Gela entrasse come un caso nazionale nell'opinione pubblica del paese e venisse affrontato come tale in sede politica e dagli organi pubblici e governativi.
Sul caso di Gela ritengo che qualsiasi Governo, lo Stato stesso, abbia l'obbligo, per onorare il suo ruolo di soggetto pubblico, di trattare con eguali criteri, improntati a giustizia sociale, ogni comunità nazionale.
Il caso Gela, certamente, non trova una risposta esaustiva in questo decreto-legge, anzi, è soltanto un segnale del contrario. I prossimi programmi del Governo non potranno non porre mano finalmente ad un intervento organico, sistematico ed esaustivo, affinché questa cittadina, per i meriti che ho ieri sera enunciato, finalmente abbia la possibilità di tornare a definirsi cittadina civile e affinché i suoi abitanti possano convivere con il progresso, alla stessa dovuto, e con il capovolgimento di quella cultura che l'ha bacata negli ultimi anni immeritatamente, perché Gela non è nemmeno stata sede di sodalizi mafiosi prima dell'avvento industriale.
Con questo augurio, ribadisco la volontà del gruppo di Forza Italia di votare a favore ed auspico - in coerenza con gli ordini del giorno e con le note di allarme sollevate anche in commissione da tutti i gruppi - , al di là dei pregiudizi di parte, della settarietà, che purtroppo anche al cospetto di problemi così gravi fa capolino di tanto in tanto, che l'intera Assemblea voti a favore (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vendola. Ne ha facoltà.

NICHI VENDOLA. Signor Presidente, colleghi e colleghe, non sono un tecnico, non sono uno scienziato, non mi intendo assolutamente di processi della chimica e ascolto con un sentimento di invidia talune dichiarazioni che si sentono in questa Assemblea. Ho ascoltato veramente con sincera invidia la sicumera con cui ha parlato il collega di Gela, il collega Ventura. Quello che so e che il collega Ventura dovrebbe sapere, insieme a tutti i colleghi di questa Assemblea, è che su una vicenda come quella del pet-coke il mondo dei tecnici e degli scienziati si divide in due come una mela. Ci sono coloro, stazionanti (spesso diciamo così) presso gli uffici stampa dell'ENI, che sono disposti a presentare gli effetti benefici di straordinaria salubrità del pet-coke, e ci sono coloro che, invece, magari per attitudine catastrofista, per cultura apocalittica, parlano di gravi patologie che l'uso del pet-coke come combustibile può comportare.
Io non sono un tecnico, non sono uno scienziato, ma quello che so, e che tutti i colleghi di quest'aula dovrebbero sapere, è che, ad esempio, i colossi della chimica in Italia, per trent'anni hanno detto, che il cloruro di vinile non faceva male con tanto di certificazione medico-scientifica, e che il CVC era un elemento del paesaggio industriale con cui si doveva convivere. Quello che so, cari colleghi, è che un operaio che si chiama Gabriele Bortolozzo ha cominciato, dentro un grande petrolchimico, anche al di fuori del suo sindacato, in solitudine, un'attività di ricostruzione delle storie di malattia e di morte degli altri operai, uno dopo l'altro. Se voi poteste leggere, negli atti allegati ad importanti processi, le testimonianze che riguardano il calvario di centinaia e centinaia di operai di fabbrica e di cittadini di quartieri su cui insisteva il petrolchimico forse potreste dismettere questa insopportabile saccenza di chi sposa una causa senza avere nessuna certezza scientifica. È come venire in aula a presentare le concentrazioni di antenne e l'inquinamento elettromagnetico come un fatto con cui si debba normalmente convivere!
Cari colleghi, non siamo più nelle condizioni di accettare il rischio ambientale come se fossimo negli anni '60, all'oscuro del carattere straordinariamente acuto della contraddizione ecologica, oggi, nell'universo; all'oscuro degli effetti di devastazione sulla salute dei cittadini e sull'ambiente. Questo era il problema di Gela. La vostra risposta, cari colleghi, mi dispiace perché, dopo, saranno solo lacrime di coccodrillo.
Caro collega Ventura, ti prego di dare uno sguardo, con serenità, alla letteratura sull'impatto ambientale ed ai piani sanitari relativi all'industria chimica. I bollettini dell'ENI sono sempre gli stessi dagli anni '60 ad oggi! Ovunque, siamo stati messi di fronte a straordinari libretti di informazione sulla eccelsa sicurezza, ma non potete raccontarci questo! Non potete raccontarci che i dati sulla mortalità per cancro e per leucemia a Gela sono, tutto sommato, tranquillizzanti. Quei dati sono frutto, come tante volte abbiamo cercato di dire e come tutti voi sapete, di imbrogli, di indici senza indicatori seri e di monitoraggi fatti da chi non ha gli strumenti per farli. Questa è la verità drammatica!
A me è capitato - l'ho raccontato nel corso del dibattito sulle linee generali e mi diverto a raccontarlo nuovamente in dichiarazione di voto -, in un luogo allora centro di un mondo che non esiste più, a Mosca, di contestare i sovietici su ciò che ad est e ad ovest veniva presentato come un gioiello della sicurezza nucleare. Era il 1985, signor Presidente, e tutti quanti dovemmo sorbirci le lezioni di grandi tecnici e scienziati su quel gioiello della sicurezza atomica che si chiamava Chernobyl. Bastò attendere soltanto otto mesi perché la realtà smentisse questo tipo di superstizione scientista a cui, ancora, molti di noi danno credito. C'è un'esperienza, diciamo così, rozzamente scientifica, che consiste nell'esperienza empirica dei cittadini e dei lavoratori che vivono dentro e fuori un determinato impianto ad


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alto impatto ambientale. Perché non ci confrontiamo con quel dato di realtà?
Il mio articolo aggiuntivo di ieri, che voi avete bocciato, cari colleghi e care colleghe, era tutt'altro che scontato, banale o pleonastico e, in qualche maniera, segnalava esattamente il problema che sta dietro ciascuna vicenda riguardante le industrie inquinanti e cioè che si finge, e talvolta non si finge neppure, di monitorare il rischio ambientale.
Me lo sono chiesto ieri, con uno stupore ed uno sgomento assolutamente sinceri: siamo nelle condizioni, possiamo permetterci il lusso, ancora oggi, di far finta di nulla rispetto a tali questioni? Inoltre, cari colleghe e colleghi (l'ho detto con qualche enfasi nei confronti di un presidente e di una commissione ambiente che rappresentano veramente, dal mio punto di vista, un pezzo del carattere eccentrico della vita istituzionale), una commissione competente per l'ambiente dovrebbe essere un luogo che ha in custodia, con accanimento e passione, i valori dell'ambientalismo o, perlomeno, i valori della difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini; invece, la nostra Commissione ambiente, e segnatamente il suo presidente, talvolta sembra confondere il ruolo di incarico istituzionale in una delle commissioni più delicate con altri ruoli di altri tempi e di altri mestieri.
Avremmo dovuto discutere in quella sede di quale sia, oggi, il destino generale della chimica, se sia possibile fare un bilancio della storia di questa illusione che è stata l'industrializzazione del Mezzogiorno, un bilancio della vicenda delle cattedrali nel deserto, che hanno lasciato, oggi, a Gela, come a Priolo, Taranto, Brindisi, Manfredonia, non culti e liturgie di sviluppo, bensì soltanto veleni, devastazione ed una lunga coda di licenziati, cassaintegrati, lavoratori in mobilità. Avremmo dovuto discutere di tutto questo e, in particolare, se sia possibile costruire «buona economia», lanciando una sfida che vuol dire ambiente sano; avremmo dovuto discutere se effettivamente si possa costruire un progetto complessivo per il risanamento di Gela.
Ho ascoltato, e vi ringrazio, attestazioni di stima: dico al collega Giuseppe Drago che non ci tengo ad essere iscritto sotto la voce «sensibilità», perché i temi che sollevo vorrei che fossero iscritti nell'agenda della politica, dentro i temi della concretezza e non dentro i temi delle suggestioni culturali. Dato che però accolgo ed apprezzo questo tipo di dichiarazioni, vi invito, colleghi, ed invito in particolare il collega Ventura che è prima intervenuto, a guardare con attenzione al progetto di legge che abbiamo già presentato, progetto che contempla la possibilità di avviare un percorso di bonifica e di riconversione industriale a Gela. Le vostre attestazioni, se rispondevano ad una vera preoccupazione sul futuro ambientale, economico e civile di quel territorio, possono avere occasione di concretizzarsi: operiamo a Gela come già si è agito a Genova e Bagnoli, operiamo a Gela come si opera in tante parti di Europa, e cioè risolviamo anche quel problema legato al degrado e all'obsolescenza di un pezzo di produzione industriale; discutiamo quindi di processi di riconversione, di un Mezzogiorno che non può più essere soltanto destinato a raccogliere quei pezzi di archeologia industriale che furono, già nel nord, elemento di inquinamento e di degrado ambientale (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che esprimerò un voto favorevole al presente decreto-legge. Tuttavia, dico subito che non accetto questo dualismo schematico per cui chi vota a favore è per l'occupazione a Gela ed è contrario ai temi ambientali e chi esprime, in coscienza, un voto contrario, è invece a favore dell'ambiente ed è contro l'occupazione, contro gli operai che hanno manifestato in quel comprensorio. Il mio «sì» riprende, credo in buona fede, le questioni


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complesse che si sono discusse in aula e che, a nostro parere, debbono contenere l'obiettivo del mantenimento dell'occupazione senza dimenticare le questioni ambientali che sono presenti a Gela, come anche in altre realtà industriali.
Riprenderò quindi alcune considerazioni di merito, e pertanto dico subito che il nostro consenso va ad un decreto-legge che, per noi, ha l'obiettivo di chiarire e di ribadire che il pet-coke non è un residuo, non è un rifiuto, non dovrà essere destinato all'abbandono e che quindi il produttore non sarà obbligato ad abbandonarlo. Il pet-coke viene ulteriormente classificato come vero e proprio taglio del petrolio, come combustibile.
Questa è la considerazione centrale che permetterà l'utilizzazione del pet-coke a Gela: lo voglio dire ai tanti che sono intervenuti. Al riguardo, ci meraviglia la posizione assunta dal Governo su un ordine del giorno. Siamo convinti che il pet-coke debba essere utilizzato solo a Gela, perché solo nel petrolchimico di Gela esiste un sistema di protezione ambientale, il sistema SNOX, l'unico in Europa e nel bacino del Mediterraneo a consentire l'utilizzazione del pet-coke senza il rischio di emissioni atmosferiche fortemente inquinanti. Infatti, il sistema SNOX abbatte l'anidride solforosa, gli ossidi di azoto, il biossido d'azoto e le numerose polveri e, quindi, garantisce la sicurezza dal punto di vista della protezione ambientale.
L'altra considerazione è che, finalmente, i lavoratori di Gela potranno lavorare con serenità e allontanare le molte preoccupazioni emerse nei mesi scorsi in ordine alla possibile perdita del posto di lavoro a seguito di una temporanea chiusura dello stabilimento disposta dalla magistratura. A tal proposito, va detto con grande chiarezza che questa temporanea chiusura non è stata disposta a causa della realizzazione di fatti imprevisti ed improvvisi, lesivi della salute dei cittadini, bensì perché è intervenuta una particolare interpretazione del decreto Ronchi che, fin dall'inizio, non abbiamo condiviso.
Credo, allora, che si debba affermare con grande chiarezza che il decreto-legge non è un punto di arrivo, bensì un punto di partenza e ad esso vogliamo associare due linee di iniziativa. La prima è di riproporre con forza i temi del lavoro in Sicilia e nel Mezzogiorno. Negli anni scorsi sono stati compiuti notevoli passi in avanti e vi sono stati confortanti indicatori di una crescita dell'occupazione. Oggi torniamo a registrare nuovi passi indietro e la perdita di posti di lavoro; nel Mezzogiorno la macchina si sta fermando e l'occupazione rallenta.
Accanto ai temi del lavoro vogliamo accostare i temi della protezione ambientale e della sicurezza della salute e, concretamente, per Gela vogliamo avanzare una specifica richiesta. Negli anni scorsi con i governi di centrosinistra si sono definiti i contratti d'area e i patti territoriali per quelle regioni, ma mancano alcuni adempimenti burocratici perché gli stessi possano definitivamente decollare. In questa area si potrebbero ottenere importanti risultati e lo voglio dire al collega Ventura che ieri si è lamentato di qualche inefficienza degli anni scorsi. Egli dimentica e, forse, trascura il fatto che sono stati approntati strumenti che, se deliberati nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, potranno fornire risposte alternative sul piano occupazionale.
Purtroppo, registriamo che tali strumenti, per opera del Governo, stentano a partire e che, addirittura, qualcuno nei mesi scorsi ha rilasciato dichiarazioni tendenti a bloccare i contratti d'area e i patti territoriali: ciò sarebbe grave. Gela (e non soltanto tale città) aspetta questa risposta concreta sul piano occupazionale.
L'altra considerazione è relativa alla questione ambientale. Si è detto che in quel territorio debbono essere effettuati investimenti. Non vogliamo chiedere ulteriori risorse e attendiamo un'azione concreta da parte del Governo. Tuttavia, ci permettiamo di dire che le aree industriali di Gela e le tante altre presenti nella provincia di Siracusa sono state definite ad elevato rischio ambientale. Già negli anni novanta, per questi territori sono


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stati approntati ambiziosi piani di risanamento e in essi addirittura si parla di delocalizzazioni, di opere tendenti a ridurre gli scarichi inquinanti, di opere per il monitoraggio ambientale e per la prevenzione della salute.
I governi regionali si sono attivati soltanto negli anni che vanno dal 1992 al 1994. Poi, tutto è rimasto fermo. Nel 2000, con l'ordinanza n. 3072, l'allora ministro dell'interno Enzo Bianco arrivò a commissariare la regione siciliana ed a nominare i prefetti di Caltanissetta e di Siracusa come soggetti attuatori dei piani di risanamento. Ad oggi la regione siciliana, con un atto grave, non ha ancora disposto il trasferimento.
Chiediamo stamani, visto che si è parlato della necessità di dare segnali concreti a Gela ed al Mezzogiorno, la fine dell'inerzia. Oggi più di ieri il Governo non si può permettere una copertura politica e di far continuare un'intollerabile latitanza o, peggio, un'azione parassitaria di abusi da parte della regione siciliana.
Concludo esprimendo il voto favorevole che deve ridare serenità agli operai ed alle loro famiglie. Nel contempo, intendiamo associare questa forte iniziativa politica a Gela e, complessivamente, nel Mezzogiorno con una seria politica dell'occupazione. Infine, tutto ciò va coniugato con una grande azione di risanamento che ristabilisca il diritto ad una diversa e migliore qualità della vita (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge oggi in esame trae origine da situazioni, che hanno assunto anche aspetti drammatici, createsi nell'area di Gela a seguito dell'intervento della magistratura che ha ordinato, lo scorso mese di marzo, il sequestro di due depositi di pet-coke dell'Agip di Gela motivato da infrazioni alle norme sull'ambiente e, in particolare, al decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, cosiddetto decreto Ronchi, in materia di trattamento e gestione dei rifiuti. È evidente la consapevolezza di mettere ordine alla normativa sull'ambiente alla quale è strettamente connessa la salute di tutti. Ci troviamo di fronte ad un caso in cui la mancata applicazione di una norma può creare non solo problemi di gestione, ma anche problemi occupazionali. Infatti, la chiusura degli impianti del petrolchimico ha provocato un grave allarme nella popolazione tutta per il rischio, assai fondato, dei riflessi sull'occupazione.
L'urgenza del provvedimento nasce, quindi, dalla necessità di far riprendere i lavori degli impianti di produzione di Gela che producono pet-coke, sostanza che deriva da processi di raffinazione del greggio che viene, poi, utilizzata come combustibile. Pertanto, l'esigenza di convertire in legge il decreto-legge oggi in esame ha una duplice valenza: superare le problematiche create da Gela e nella popolazione e far chiarezza sulla disciplina relativa al coke da petrolio.
È doveroso sottolineare che la magistratura ha disposto la chiusura del petrolchimico non a seguito del verificarsi di situazioni di pericolo ambientale o di danni alla salute dei cittadini dell'area di Gela, bensì a causa di un'interpretazione del citato decreto Ronchi. Infatti, il sequestro degli impianti deriva dal fatto che il pet-coke è stato considerato come un rifiuto e, quindi, soggetto alle norme che regolano la materia dello smaltimento dello stesso.
Il decreto-legge oggi in esame chiarisce definitivamente il concetto che il pet-coke è un combustibile e non un rifiuto derivante da lavorazione industriale; pertanto non deve essere ricompreso tra quelli previsti nel decreto Ronchi. Esso è in linea anche con le normative europee in quanto all'interno di un documento della Commissione europea il coke da petrolio è definito prodotto di raffineria e combustibile.
Nel frattempo, il Governo ha saputo con tempestività affrontare la situazione di grave emergenza venutasi a creare, ed è


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grazie all'emanazione di questo decreto-legge che la Guardia di finanza ha effettuato il dissequestro dello stabilimento dando possibilità a migliaia di lavoratori di riprendere l'attività.
Durante l'esame al Senato si è modificato il testo e si è giunti a quello al nostro esame, che è più puntuale e sul quale occorrerà, comunque, porre attenzione nella sua applicazione, onde poter garantire la salute dei lavoratori e la salvaguardia dell'ambiente. Certo, qualcuno ha messo in evidenza come il decreto-legge al nostro esame abbia preso in considerazione il problema sotto l'aspetto esclusivamente occupazionale, a scapito di quello ambientale.
Al riguardo, devo sottolineare come l'occupazione, soprattutto di queste proporzioni (si tratta di migliaia di addetti), non sia certo da trascurare ma non ritengo fosse la sola emergenza da affrontare. È vera, invece, la consapevolezza dell'esigenza di affrontare e rivedere alcune normative di natura ambientale, se non vogliamo che fatti analoghi a quelli di Gela si possano ripetere nel tempo. Piuttosto è da rilevare come il problema dell'inquinamento abbia evidenziato l'urgente necessità di rivedere, con particolare attenzione da parte del Parlamento, lo stato di attuazione degli investimenti e degli obiettivi raggiunti dalla realizzazione delle opere previste nei piani di disinquinamento delle zone ad alto rischio ambientale e, quindi, non solo quelle di Gela.
Troppo spesso pensiamo al da farsi e non a quando si è previsto di operare, e, quindi, sarebbe opportuno prendere qualche iniziativa nel merito.
Concludo il mio intervento, dichiarando a nome del gruppo dell'UDC (CCD-CDU) il voto favorevole alla conversione in legge del decreto-legge al nostro esame, sia perché volto a classificare il coke da petrolio sia perché consente subito la ripresa delle lavorazioni del pet-coke in un sistema produttivo nel quale vengono utilizzati impianti per contenere le emissioni nei parametri stabiliti per legge e per il cui controllo esistono, comunque, le autorità competenti. Infine, ma non per questo l'esigenza è meno importante, si ridà lavoro alle migliaia di lavoratori interessati e, finalmente, serenità alle loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Credo che il dibattito che si è svolto in Commissione e in quest'aula abbia chiarito i termini del problema che stiamo affrontando, per chi l'abbia voluto ascoltare al di fuori di forzature dovute alla propria appartenenza politica. È evidente che siamo chiamati a rispondere e a decidere su un provvedimento che è stato dettato da un'emergenza prodotta da un intervento dovuto da parte della magistratura. Vorrei dire al collega che ha parlato prima che è vero che la magistratura ha agito solo sulla base del rispetto di regole formali; non è però vero che questo non corrispondesse - o, perlomeno, noi non lo sappiamo - anche a problemi ambientali. È vero che la magistratura ha agito solo sulla base del rispetto delle leggi esistenti e, purtroppo, ci troviamo di fronte ad un provvedimento che affronta solo questa emergenza e fornisce una risposta ai problemi sociali di oggi, senza affrontare, più in generale, le condizioni sanitarie della zona, le esigenze ambientali e, soprattutto, il futuro, anche occupazionale, dell'area.
Sappiamo tutti con certezza che sussistono tre questioni e vorrei che fossero dei punti fermi. In primo luogo, stiamo parlando di una zona da tempo dichiarata ad alto rischio ambientale, in cui sicuramente tale rischio non deriva solo dall'impianto in questione ma da un insieme di cause e da una condizione di degrado molto forte (credo che nel passato anche il collega Giacomo Angelo Rosario Ventura abbia avuto problemi seri con l'abusivismo che in quell'area raggiunge livelli elevatissimi, anche dal punto di vista, se mi è permesso, dell'inciviltà del fenomeno perché abbiamo una situazione di case e di strade veramente pessima).


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Sappiamo con certezza che in quest'area, dichiarata da tempo ad alto rischio ambientale, sono stati stanziati dei fondi che sono a disposizione della regione siciliana; si tratta di fondi, probabilmente, insufficienti per il risanamento ambientale dell'area ma che, nonostante ciò, non sono stati ancora impegnati.
Sappiamo con certezza che un'indagine dell'Organizzazione mondiale della sanità ha fatto registrare, in quell'area, per alcune patologie gravi valori significativamente più alti del resto della regione. Anche se non sappiamo se questi valori siano connessi - in tutto, in parte o per niente - all'attività dell'impianto di cui stiamo parlando o anche ad altre cause. È probabile che questi valori, significativamente più alti per alcune patologie e per alcune classi di età e sociali, siano dovuti anche ad altre situazioni di disagio sanitario dell'area, dovute a condizioni igieniche, polverosità, eccetera.
Quindi, pur trovandoci di fronte alla necessità di dover affrontare un'emergenza e, quindi, di non chiudere un impianto che, per quell'area - nella visione della maggior parte della popolazione - rappresenta adesso l'unica speranza di vita dignitosa, consentendo anche di alimentare il dissalatore, avremmo dovuto inquadrare il provvedimento perlomeno all'interno del ragionamento sviluppato negli ordini del giorno presentati dalla maggioranza e dall'opposizione.
Tale ragionamento incardina, essenzialmente, tre elementi. In primo luogo, la necessità di approfondimenti di natura sanitaria sulla situazione dell'area nonché di indagini epidemiologiche e di verifica delle condizioni che determinano questo aumento di patologie e, quindi, delle conseguenti azioni. In secondo luogo, la limitazione del provvedimento esclusivamente alla situazione di Gela. Voglio ricordare che, in Italia, altri impianti hanno scelto strade diverse, utilizzando i procedimenti industriali del cracking per arrivare a combustibili meno inquinanti del pet-coke. Ciò sarebbe possibile anche a Gela ed è vero che in tale località sono stati fatti investimenti significativi, comunque inferiori a quelli realizzati in altre parti d'Italia. D'altra parte, quando non si investe in un impianto, la prospettiva della chiusura è più facile e, in Italia, sono numerosissimi i casi in cui ciò è accaduto. Quindi, avremmo dovuto limitare, con maggiore chiarezza - e questo è il senso degli ordini del giorno accettati dal Governo -, il provvedimento soltanto Gela, al fine di evitare che un combustibile, sicuramente più inquinante di altri, possa essere utilizzato da altre parti.
Quello di considerare quel combustibile un rifiuto o meno non è soltanto un passaggio burocratico. In questo momento, non mi voglio occupare degli aspetti giuridico-formali, dell'azione della magistratura e non voglio neanche avere un'idea forcaiola del rapporto con i gestori di quell'impianto, che rischiavano di subire conseguenze penali per aver considerato quel combustibile in un modo o in un altro.
La verità è che considerare quel combustibile un rifiuto significava, soprattutto, verificare i limiti di emissione non solo per alcune categorie di inquinanti, ma anche per altri inquinanti particolarmente pericolosi, come ad esempio i metalli pesanti, con riferimento ai quali i limiti di emissione dei combustibili sono molto diversi da quelli dei rifiuti. Quindi, la classificazione non era soltanto un passaggio burocratico-formale, ma costituiva un elemento di garanzia per la popolazione.
Infine, in terzo luogo, avremmo dovuto esaminare un decreto-legge, di iniziativa del Governo e trasmessoci dal Senato, che stabiliva limiti temporali per questa azione, specificando per quanto tempo ciò fosse possibile e che avviava un ragionamento che coinvolgesse lo Stato, la regione, il comune, le forze sociali, i sindacati e i cittadini in un piano di risanamento che utilizzasse pienamente i fondi già disponibili, reperisse altre risorse e ottenesse, al tempo stesso, l'effetto di garantire un futuro occupazionale ed economico più solido a Gela, risolvendo anche i problemi sanitari e ambientali che quell'area, con ogni evidenza, ha.


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Sottoscrivo pienamente le considerazioni svolte ieri dal collega Boccia; infatti non so se fosse così incredibile ritenere che i colleghi del Senato potessero riunirsi per qualche altra ora per prendere atto di elementi fortemente migliorativi, che avrebbero potuto essere introdotti in questo provvedimento e che, qui, sono stati accolti soltanto sotto forma di ordini del giorno. In questo caso, vi sarebbe stato un giudizio su tale provvedimento meno negativo di quello che, invece, è necessario esprimere a causa della forma in cui tale decreto-legge è giunto al nostro esame.
Ebbene, ci troviamo di fronte ad un cul-de-sac in cui siamo chiamati ad approvare un brutto provvedimento che affronta un'emergenza reale, senza creare le condizioni per superarla e per risolvere altri gravi problemi gravi di quell'area.
Per questi motivi, come avete visto, il gruppo della Margherita esprimerà posizioni diverse. Tuttavia, io penso che il massimo che si possa concedere a questo provvedimento sia l'astensione dal voto (Applausi dei deputati Giachetti e Marcora).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto contrario della componente dei Verdi su questo provvedimento.
Citerò un passaggio dell'intervento svolto dal relatore nella discussione sulle linee generali, nel quale è stato onestamente sottolineato che la finalità essenziale - queste sono le parole del relatore - sotto un profilo generale è evidente ed è quella di consentire la piena ripresa dell'attività produttiva del petrolchimico di Gela. Quindi, il provvedimento serve soprattutto a trattenere l'ENI nell'isola e a prolungare, come molto giustamente ha detto l'onorevole Vendola nel suo intervento, - per così dire - l'agonia di uno stabilimento che è destinato, fra non molto, a chiudere, a spostare le attività, a delocalizzare, come è avvenuto per altri stabilimenti, per altri petrolchimici. In tal modo, oltre al ricatto occupazionale, si accettano condizioni di rischio accertate per la salute e per l'ambiente, ampliando e amplificando gli effetti perversi di un modo di produzione che ha già fatto vedere quanto può compromettere e abbia compromesso salute e ambiente.
Si ha così l'impressione di sottoporre un'area dalle valenze culturali, storiche ed ambientali stupende, che è stata già martoriata e che avrebbe dovuto aprirsi a ben altra stagione di recupero ambientale e di sviluppo, all'estrema spremitura per tirar fuori tutto ciò che resta dalla popolazione residente, dalla terra, dall'aria, dall'acqua, dal lavoro senza alternative. Ribadisco: tutto ciò che ancora resta. Sì: anche a livello di occupazione a Gela, come a Marghera, come a Taranto, come in tutte le situazioni in cui c'è stata questa sorta di cattedrali nel deserto, abbiamo assistito ad un'inesorabile, progressiva diminuzione della forza lavoro occupata. Il bilancio dell'ENI per l'anno 2000, che presenta un utile di 14 mila miliardi di lire, poco è servito per predisporre quella tecnologia migliore, come richiesto dalla normativa europea, atta a dare inizio ad un vero piano di recupero.
Verifichiamo le inchieste recenti della magistratura. Non è vero che la magistratura abbia sequestrato gli impianti del petrolchimico; sono state, invece, sequestrate soltanto le aree dove è stato stoccato il pet-coke. Il GIP, dopo una campagna durata tutto il 2001, ha verificato una situazione complessiva di illegalità diffusa nel petrolchimico di Gela; sono state contestate alcune violazioni, relative, in primo luogo, alle prescrizioni autorizzative per gli impianti di vacuum, di cracking catalitico e di trattamento delle acque dello stabilimento, per i serbatoi di stoccaggio e per le campagne di monitoraggio.
In secondo luogo, violazione dell'articolo 51 del decreto legislativo n. 22 del 1997 per gli impianti di coking-cracking catalitico, alchilazione, TAS, centrale termoelettrica Claus e attività di incenerimento dei rifiuti. Quindi, il sequestro previsto dal tribunale per le aree di stoccaggio non ha impedito, né impedisce che il


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regolare funzionamento della centrale termoelettrica - peraltro, come si sa, parzialmente riconvertita a metano - sia alimentato con il coke. Inoltre, le tecnologie di abbattimento delle polveri della centrale termoelettrica (diversamente da quanto è stato ribadito, purtroppo, anche da rappresentanti dell'opposizione) non sono di certo le migliori possibili e questo provoca un pesante inquinamento da metalli pesanti e da polveri fini. Inoltre, non esiste alcun attestato europeo sul sistema di desolforazione e di denitrificazione applicato a Gela. Il pet-coke tratto dal greggio di Gela è un sottoprodotto delle lavorazioni petrolifere, come è stato ribadito ieri in numerosi interventi: quindi, di fatto è un rifiuto. Esso presenta un elevatissimo contenuto di zolfo con concentrazione attorno al 7-8 per cento, quindi molto inquinante. Infatti, sappiamo che un prodotto a basso tenore di zolfo si aggira attorno ad una percentuale dell'1 per cento, mentre nel documento della Commissione europea si parla del 3 per cento: quindi, siamo ben al di sotto delle percentuali che sono previste con il decreto-legge in discussione. Inoltre, probabilmente si sarebbe dovuto di più pensare ad una diversa riutilizzazione del pet-coke. La frazione del greggio di Gela più pesante e più dannosa per la salute e per l'ambiente si sarebbe potuta impiegare meglio nella produzione di bitume di qualità, consentendo un possibile riutilizzo economico alternativo a quello oggi previsto, e un impiego quale combustibile della frazione più leggera.
Non resta che citare di nuovo il fatto che dal 1990 Gela è stata dichiarata area a rischio, il che presuppone che strumenti di pianificazione e di programmazione debbano essere stati posti in atto per utilizzare, tra l'altro, le risorse poderose che sono state previste anche su Gela. Rispetto alla verifica di come siano state utilizzate le risorse e di che fine abbia fatto l'accordo di programma, va detto che da più parti sentiamo invocare una pianificazione complessiva, un accordo di programma, un risanamento dell'area, senza che si faccia un'analisi onesta e puntuale, invece, del perché gli strumenti che sono stati già pensati e adottati non abbiano avuto esisti positivi: quindi, è inutile che invochiamo per il futuro quello che per il passato non abbiamo potuto utilizzare. Queste sono le domande che noi ci poniamo: perché a Gela non è successo quello che, con molta fatica, per esempio, è potuto accadere a Venezia e a Porto Marghera? Perché, invece, lasciamo tutto alla prospettiva poco lungimirante di scelte produttive, dove noi, la popolazione e le istituzioni continueremo ad assistere ad un realtà ormai in agonia, senza prospettiva e senza futuro?
Quindi, per queste e per tutte le motivazioni che sono state illustrate nel corso dei nostri interventi e della discussione generale, il nostro voto sarà fermamente contrario.

MARIO LANDOLFI. Chiedo di parlare sull'ordine lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, alle 11 è convocata la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Si tratta di una seduta molto importante poiché vi è l'audizione del direttore generale e del presidente della RAI, ma molti commissari sono impegnati in aula per l'approvazione di questo provvedimento. Le volevo chiedere di attivarsi, anche in concerto con la Presidenza del Senato, per giungere ad una sconvocazione della Commissione di vigilanza e per differirne la seduta ad altra data o ad altro orario. Infatti, dal momento che siamo presenti in aula, non possiamo partecipare ai lavori della Commissione.

PRESIDENTE. Onorevole Landolfi, mi scusi se la interrompo, ma la Presidenza ha già interpellato il presidente della Commissione di vigilanza, il quale ha assicurato che non inizierà la seduta fin quando i deputati non saranno in grado di parteciparvi. Quindi, per il momento, la seduta non inizia; in seguito, dopo la votazione


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di questo provvedimento, vedremo se i deputati potranno o meno partecipare ai lavori della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo della Lega nord a questo provvedimento. Si tratta di un voto convinto, in quanto abbiamo preso atto sulla base della discussione avvenuta in Commissione e del comportamento tenuto dal Governo, che questa sicuramente, nella situazione in cui ci troviamo, rappresenta la soluzione migliore. Troppe volte - lo dobbiamo dire senza ipocrisia -, soprattutto per quanto riguarda il Mezzogiorno d'Italia, si sono confusi i problemi occupazionali con la tutela dell'ambiente. Troppe volte questo sottile confine è stato varcato da una parte e dall'altra con estrema confusione e a danno sia della tutela dell'ambiente sia dell'occupazione. Riferendomi ai provvedimenti relativi alla precedente legislatura mi viene in mente, ad esempio, il famoso provvedimento sull'area di Bagnoli: in quell'occasione, il Governo dell'Ulivo, confondendo i problemi occupazionali - che pure in quell'area esistono - e mascherandoli con un intervento ambientale, stanziò centinaia di miliardi per risanare un'area che, a nostro modo di vedere, avrebbe dovuto essere risanata da chi l'aveva inquinata e non certamente attraverso l'erogazione di soldi pubblici, prevedendo inoltre una sanatoria per chi si era reso responsabile di questo scempio.
In fin dei conti, in questo provvedimento non viene previsto nessun onere a carico dello Stato e ciò non è mai stato detto durante la discussione; credo non si tratti di un aspetto secondario. Certamente per Gela ed il suo territorio questa non è la soluzione ottimale, poiché sarebbe stato auspicabile trovare una soluzione che, in via definitiva, eliminasse anche solo il dubbio - purtroppo esistente - che questo impianto sia causa di malattie e di danni ambientali.
Allo stato delle cose, a meno che non si voglia essere ipocriti, questa soluzione non esiste. La soluzione individuata dal Governo consente ai lavoratori di Gela di continuare a lavorare e, in fin dei conti, di utilizzare il pet-coke come se fosse un materiale di produzione, in linea - da questo punto di vista - con le direttive europee.
Ci tranquillizza il fatto che il Governo abbia accettato l'ordine del giorno proposto dalla Lega nord, il quale limita l'utilizzo del pet-coke solo all'impianto di Gela. Ciò non perché Gela meriti di meno rispetto agli altri territori italiani, ma perché è un nostro dovere - certamente dove è possibile - non proporre soluzioni che non diano le migliori garanzie dal punto di vista ambientale.
Pertanto, per Gela in questo momento non esistono alternative. È giusto procedere in tal modo, ma non è altrettanto giusto coinvolgere altri siti del territorio italiano.
Anche da questo punto di vista, il fatto che il Governo abbia accettato il nostro ordine del giorno ci tranquillizza e ci motiva ancora di più ad esprimere un voto favorevole sul provvedimento in esame.
Concludo, signor Presidente, ricordando che per Gela vengono utilizzate le migliori tecnologie mondiali; anche per tale motivo il nostro voto favorevole è ancora più motivato e convinto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vianello. Ne ha facoltà.

MICHELE VIANELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei svolgere preliminarmente la seguente considerazione: nel corso del dibattito, molti colleghi (mi riferisco ai colleghi Ventura, Drago e allo stesso Parolo, intervenuto poco fa) hanno utilizzato un termine sbagliato parlando del suddetto decreto-legge e del dibattito che si è svolto come di un problema di tutela dell'ambiente. Non è così!
Quando si discute dell'impatto del petrolchimico di Gela, ma anche di altri


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impianti, non emerge solo un problema di tutela dell'ambiente. Stiamo, infatti, discutendo del problema di tutelare migliaia di persone, cittadini, operai, tecnici ed impiegati. Stiamo tutelando la salute umana! Non è il vezzo di qualche ambientalista che vuole salvaguardare (e andrebbe fatto) una falda acquifera, un po' di verde ed un mare meraviglioso.
Stiamo sollevando il problema di tutelare la salute di migliaia di cittadini italiani, sia che si parli di Gela, di Mantova, di Marghera o di un qualsiasi luogo nel quale esiste un impianto chimico ed un grande Combinat chimico. Stiamo parlando - lo ripeto - della tutela di migliaia di cittadini italiani: questo è il punto preliminare perché indica anche l'approccio con il quale queste vicende si affrontano.
La seconda considerazione preoccupante, con riferimento, soprattutto, all'intervento del collega Ventura, riguarda il fatto che sembra che la produzione del pet-coke sia una sorta di produzione strategica. Colleghi, non è così! Nessuno considera il pet-coke strategico ai fini del futuro dell'industria chimica italiana poiché è l'ultimo pezzo della catena del valore, in un qualsiasi impianto di produzione chimica. Il pet-coke è uno di quei prodotti che nessuno vuole più; pensare, pertanto, che il futuro di Gela si sviluppi intorno a quest'ultimo ritengo sia - mi si consenta - un errore, da tutti i punti di vista, altro che dare un futuro sereno agli operai di Gela! Sarà un futuro sereno per qualche anno, ma si cominci a pensare alla riconversione perché, altrimenti, si illude la gente!
Gela, inoltre, ha una storia: nel 1990 il Consiglio dei ministri, su istanza della regione siciliana, dichiarò che il territorio di Gela era un'area ad elevato rischio ambientale, perché i livelli di inquinamento del mare e delle falde, le ricerche epidemiologiche sulla popolazione dimostravano che si trattava di un territorio soggetto a grave rischio.
Nel 1995 un decreto del Presidente della Repubblica, firmato all'epoca da Silvio Berlusconi, stanziò, per il risanamento di Gela, 40 miliardi, attribuendoli alla regione Sicilia. Chi, in qualche modo, tratta queste vicende in maniera non episodica sa bene che queste risorse avrebbero dovuto attivarne altre da parte dell'ENI e dell'AGIP per il risanamento dell'intero territorio e per la riconversione di quegli impianti. Dal 1995, nulla è stato compiuto!
Per questa ragione è intervenuta la magistratura, così com'è avvenuto in tante parti d'Italia (chi vi parla infatti conosce bene le vicende di Porto Marghera); la magistratura interviene infatti là dove il potere economico e quello politico sono assenti. In questo caso la magistratura è intervenuta, certo a suo modo, perché, drammatizzando i problemi e non tenendo conto delle vicende occupazionali, ha posto tuttavia il problema, in modo drammatico, costringendo tutti noi ad intervenire.
Vorrei porre il seguente quesito, che non è stato posto nel corso di questo dibattito, rivolgendomi ai colleghi siciliani - siano essi appartenenti all'opposizione o alla maggioranza - e, in particolare, al collega Drago, al collega Ventura, al collega Burtone della Margherita e a Lumia che interverrà successivamente. Questo Parlamento, in particolare la Commissione ambiente, ha recentemente varato un provvedimento, oggi all'esame del Senato, sul quale i colleghi della maggioranza hanno espresso voto favorevole - noi ci siamo astenuti, ma avremmo potuto esprimere voto favorevole - concernente la riconversione ed il recupero delle aree ad alto rischio. Si tratta del problema relativo al disinquinamento dei suoli. La filosofia sottesa a tale provvedimento è quella della riconversione, ovvero di chiedere a soggetti privati di prendersi carico della riconversione di grandi aree inquinate nel passato.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,30).

MICHELE VIANELLO. Domando allora a tutti questi colleghi, non in termini provocatori, ma con rispetto, anche nei


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confronti dei colleghi della Lega nord Padania che hanno sostenuto la necessità di una profonda riconversione ecologica, ritenendolo anche un punto che connota la propria identità: chi volete che sia l'imprenditore privato, italiano o straniero, che giunge in una zona quale quella di Gela, dove si dichiara il pet-coke strategico, e la riconverte con proprie risorse?
Vi rendete conto che questo decreto-legge può tagliare fuori Gela dal grande flusso di investimenti privati che, attorno alla riconversione delle aree industriali e chimiche, in virtù di un provvedimento che voi avete voluto, si potrà mettere in movimento?
Vi rendete conto che, insistendo nel ritenere che quello sia il futuro strategico per Gela, voi tagliate fuori questa realtà dal futuro della riconversione dell'industria chimica italiana? Vi rendete conto, colleghi siciliani, che per «giocare» qualche voto nelle elezioni amministrative di Gela, tagliate fuori quella realtà dallo sviluppo? Ve ne rendete conto?
Vi rendete conto che per seguire qualche foglietto che passano gli addetti alle relazioni esterne dell'AGIP si dà il via ad un procedimento che porterà Gela ancora una volta ad essere esclusa dal grande processo di ammodernamento della chimica italiana? Rendetevene conto! Si può cominciare a ragionare in termini strategici tutti insieme, maggioranza ed opposizione, quando si discute di temi così delicati?
Seconda osservazione: si poteva intervenire in modi diversi e vi sarebbe stato anche un nostro voto favorevole. Noi invece ci asterremo su questo provvedimento. Vi sarebbe stato anche il nostro voto favorevole se al Senato si fosse agito in modo diverso, se si fosse cioè affermato che vi era il bisogno di recuperare e salvaguardare, almeno per un certo periodo, l'occupazione di 3 mila unità. È chiaro infatti che nessuno può essere messo sulla strada: lo sappiamo benissimo!
Chi vi parla ha seguito benissimo tutte le vicende della riorganizzazione relativa a Porto Marghera. So quindi quanto pesano tali vicende sulla salute, la vita e la serenità di migliaia di persone. Penso di saperlo bene! Tuttavia vi è modo e modo di affrontare tali vicende.
Si è scelto invece il modo peggiore: si è cioè spiegato che il pet-coke non rappresenta più un rifiuto, bensì un combustibile. Non è vero, mi permetta collega Ventura, che in tal modo si anticipa una direttiva europea in corso di definizione. Non è assolutamente vero, perché in tema di classificazione dei rifiuti e dei combustibili, si lascia sempre, da parte dell'Unione europea, la libertà, per ogni singola nazione, di poterli classificare. Queste infatti sono materie controverse attorno alle quali va la tecnologia che ogni singolo paese riesce, diciamo così, ad affermare.
Non è quindi vero che vi sarà una direttiva che preveda che il pet-coke è un combustibile: si tratta di una emerita sciocchezza, senza offesa per nessuno! Si tratta invece di una tipica vicenda su cui si può decidere. Si è deciso nel modo peggiore! Insisto: in moltissime parti d'Italia diversi industriali adoperano, sì, il pet-coke, ma, a loro spese, hanno promosso, con ingenti risorse, la ricerca per renderlo un combustibile liquido, in tal modo diminuendo l'impatto ambientale. Se si afferma però che il pet-coke sull'intero territorio nazionale diventa un combustibile, è evidente che anche chi ha investito non continuerà a farlo.
Si sceglie la peggior tecnologia possibile, andando contro - questo sì - le direttive dell'Unione europea, che sempre si rifanno alle migliori tecnologie disponibili.
Ma, soprattutto, all'interno di quel decreto-legge - che, se fosse stato formulato diversamente, avrebbe anche potuto ricevere un voto favorevole da parte nostra - non c'è alcun riferimento agli interventi strategici sull'area di Gela: questo è il punto vero. Non c'è alcun richiamo! Capisco che gli ordini del giorno siano stati accettati, ma sul futuro di Gela non si dice assolutamente nulla!

PRESIDENTE. Onorevole Vianello, la prego di concludere.


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MICHELE VIANELLO. Ho concluso, signor Presidente. Allora, inviterei i colleghi ad andare a leggere ciò che soprattutto l'amministratore delegato dell'ENI Mincato ha detto qualche settimana fa ai membri della Commissione Attività produttive quando si è parlato di chimica. Mincato ha spiegato che la chimica non rientra nell'orizzonte strategico dell'ENI, che l'ENI sta uscendo dalla chimica, che sta trovando acquirenti esteri, soprattutto per i grandi impianti. Ma chi volete che all'estero compri il petrolchimico di Gela che è l'ultimo pezzo della catena del valore? Questo è il punto attorno al quale i colleghi della maggioranza devono rispondere. Altro che serenità per le famiglie degli operai di Gela! Si rimanda la catastrofe nel tempo, perché prima o poi il problema dell'uscita dalla chimica, come si pone a Marghera - dove, giustamente, sono preoccupati -, si porrà anche per Gela. Ma se sono preoccupati laddove i processi di ristrutturazione sono avvenuti, laddove le produzioni sono appetibili, laddove ci sono compratori, chi volete si prenda un territorio inquinato, un petrolchimico che è l'ultimo pezzo della catena del valore e, soprattutto, un territorio che vive esclusivamente attorno a quello?
Penso che un'operazione seria avrebbe dovuto consistere in un vero processo di riconversione ed auspico che il Governo lo realizzi: qui non c'è più un problema di maggioranza e opposizione, ma di politiche industriali di un paese civile, serio ed avanzato. Altro che le tecnologie più avanzate: per piacere, non si raccontino storie, nessuno di noi è un bambino. Si pensi seriamente, a partire da oggi, ad un serio processo di riconversione di quei territori (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e del deputato Vendola).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, il dibattito che stiamo svolgendo quest'oggi sul «decreto Gela» mi sembra anche un po' contraddittorio, perché si fanno delle considerazioni giustissime, sia da parte della maggioranza sia da parte di alcuni gruppi dell'opposizione, si danno delle indicazioni e poi, comunque, non si assumono le responsabilità conseguenziali.
Per quel che ci riguarda, noi deputati Socialisti democratici italiani voteremo «no» al disegno di legge di conversione di questo decreto-legge, perché siamo profondamente convinti che, nel momento in cui si discute di un problema che riguarda la salute della gente, dei cittadini, bisogna conseguentemente dare delle risposte e, quindi, portare avanti con molta onestà intellettuale le scelte che si fanno. Certamente non si può essere influenzati né da pressioni - comprensibili quanto si vuole - né tantomeno da quello che potrà essere l'esito delle elezioni amministrative che si terranno il 26 maggio.
Questo decreto-legge - è stato detto a chiare lettere - sopraggiunge in un momento particolare della vita politica e amministrativa di quella realtà siciliana. Ma è anche vero - ed è stato dimostrato con chiarezza - che non vi è, al di là di quelle che possono essere le considerazioni fatte, un piano di riconversione, di ristrutturazione industriale. Noi qui non siamo chiamati ad essere - come sottolineava l'onorevole Vendola - chimici o tecnici, ma a definire se nella realtà di Gela vi siano situazioni di rischio ambientale.
Credo che le considerazioni svolte - non ultime quelle del collega Vianello - rilevino che, in quella realtà, già dal 1990, era presente un grande ed elevato rischio ambientale. Dobbiamo soffermarci su quest'aspetto, al fine di determinare una serie di politiche attive del lavoro e, quindi, di reindustrializzazione di quell'area, per dare certezze ai lavoratori, alla gente di Gela.
Cari colleghi e colleghe, non si può continuare a porre il Mezzogiorno d'Italia di fronte alla scelta tra lavoro, miseria e ambiente. Non credo debba essere questa l'alternativa. Dobbiamo riconoscere, una volta per tutte, con grande onestà e responsabilità, che esistono grandi aree a


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rischio ambientale per le quali si pone la necessità di intervenire rapidamente attraverso un piano di reindustrializzazione e di programma che stabilisca sia le linee direttive sia i futuri investimenti e le possibilità occupazionali. Diceva bene il collega del gruppo della Margherita: oggi non vi è un piano di questa natura né si intravedono gli strumenti per poter realizzare gli interventi di ristrutturazione e trasformazione industriale. Non vi sono i patti territoriali né i contratti d'area che potevano determinare una riqualificazione industriale compatibile con l'ambiente e creare una serie di economie e di sinergie al fine di rideterminare uno sviluppo compatibile di quell'area. Non si intravedono, perché questo Governo non ha, come scelta prioritaria, l'intervento sui patti territoriali o sui contratti d'area; ha ben altre intenzioni! Quale sarà, dunque, il futuro di questi lavoratori, della gente della Gela? Quale sarà la possibilità occupazionale di un'area già fortemente critica da un punto di vista ambientale, occupazionale e sociale? Ritengo che su ciò si debba riflettere.
Con molta onestà e tranquillità, mi sarei aspettato che anche i colleghi parlamentari della Sicilia avessero posto con fermezza questo problema e che si potesse avviare, in Commissione ambiente, un'indagine approfondita sulle ricadute dal punto di vista sanitario dei cittadini e, in questo Parlamento, un dibattito forte, al fine di determinare le condizioni affinché il Mezzogiorno non venga attanagliato dal binomio occupazione o povertà; un dibattito forte sulla riconversione, sulla riqualificazione, su un progetto industriale che questo Governo non ha, non solo per quanto riguarda il settore della chimica, ma anche per quello della difesa, dell'aeronautica e dell'energia. Su nulla.
Vorrei concludere l'intervento, affermando con forza il nostro «no», non contro i lavoratori di Gela, contro l'occupazione (occorre chiarirlo), ma contro un sistema che continuamente determina condizioni di maggiore povertà, disoccupazione e preoccupazione in quell'area...

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia...

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione, ringraziandola per il tempo in più che, a differenza di altre volte, mi ha concesso.
Cari colleghi e colleghe, riflettiamo. Un passo sbagliato, oggi, può determinare condizioni negative per il futuro e su questo ci assumiamo tutte le responsabilità per lo sviluppo e per le risposte dei cittadini di Gela e del Mezzogiorno d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non ripeto l'invito al rispetto dei tempi, tuttavia un appello a voi: siete a conoscenza dei problemi che oggi abbiamo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piglionica. Ne ha facoltà.

DONATO PIGLIONICA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sarò poco più che telegrafico.

PIETRO ARMANI. A quanto corrisponde il «poco più»?

MICHELE VIANELLO. Ad un telegramma un po' più lungo!

DONATO PIGLIONICA. Mi ha colpito, nel dibattito, la preoccupazione, unanimemente manifestata, che questo provvedimento non apra la porta alla possibilità - che la definizione di combustibile, come è stato abbondantemente detto, potrebbe creare - dell'utilizzo del pet-coke su tutto il territorio nazionale.
È strano, comunque, ragionare nei seguenti termini: a Gela si continui pure ma, beninteso, soltanto a Gela! Questo è un modo per sottolineare, implicitamente, che la lavorazione e l'utilizzo del prodotto non sono scevri da rischi. La situazione potrebbe essere paragonata a quella di chi, venutosi a trovare in una condizione di grave difficoltà finanziaria, invece di essere aiutato a convertire la propria capacità


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produttiva, ottenga una semplice proroga. È evidente che tra uno, due o tre anni la questione si riproporrà!
Ne abbiamo già parlato ieri, in occasione dell'esame degli emendamenti, ma continuo a sottolineare che, a molti anni di distanza dalla dichiarazione dell'area di Gela come zona ad alto rischio di crisi ambientale - che non derivava, in via esclusiva, dalla presenza del petrolchimico, ma da molteplici fattori che, interagendo fra loro, hanno prodotto una sinergia negativa sul territorio - la discussione è avvenuta sulla base non di dati scientifici, ma di depliants dell'ENI o di altri soggetti analoghi.
Siamo ancora in tempo ad aprire una finestra e ad operare un monitoraggio continuo delle emissioni sia sull'ambiente, (investimento che l'ENI deve fare per questi impianti) sia sulla salute della popolazione. A tale proposito, ritengo utile ricordare all'onorevole Drago, il quale ha particolarmente insistito sul registro dei tumori della Sicilia, che, quando si ha intenzione di aprire un osservatorio epidemiologico su un tema specifico, bisogna prima individuare gli obiettivi e definire l'itinerario. Non è di alcuna utilità un generico registro dei tumori: è necessario che studiosi osservino quell'area di Gela che, purtroppo, dal punto di vista statistico, costituisce un ambito sul quale bisogna aprire una finestra di tipo epidemiologico e statistico (ciò potrebbe essere utile anche ad altre aree del territorio nazionale).
Quindi, bisogna che si esca dalla logica emergenziale e che si cominci a delineare una prospettiva diversa, di tipo strutturale. Vi è un piano del 1995 - è stato già detto - a firma Berlusconi e Matteoli - gli attori sono, dunque, i medesimi -, ma è sorprendente che, a sette anni di distanza, si riproponga ancora una soluzione tampone, di corto respiro e non si utilizzino, invece, i punti di partenza contenuti in quel piano per cominciare a delineare un cambiamento strutturale.
Proprio perché siamo attenti alle necessità occupazionali del territorio ci asterremo dal voto, altrimenti questo decreto-legge avrebbe meritato ben altra risposta (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lumia. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE LUMIA. Signor Presidente, ho l'impressione che, con questo decreto-legge, la politica non stia dando una buona prova di sé e che, al contrario, rischi di dare una pessima prova.
Una politica seria avrebbe dovuto riconoscere i limiti dei mancati interventi di questi anni, avrebbe dovuto riconoscere che a Gela non si è operato al meglio e che non sono stati attivati tutti i livelli istituzionali (a partire dalla regione) per migliorare quella realtà e per fare in modo che il diritto al lavoro non venisse contrapposto, in modo artificioso e sbagliato, al diritto all'ambiente, e viceversa.
La politica avrebbe dovuto avere l'umiltà di riconoscere questo errore, il suo limite, ma è distratta sui problemi che riguardano il territorio nazionale - spesso alcune aree sono investite da queste pesanti produzioni della chimica -, distratta, in particolare, sul Mezzogiorno. Presa dall'umiltà, chiedendo scusa, avrebbe dovuto far emergere tecnicamente in questo decreto la necessità di non chiudere questo stabilimento, di farlo continuare a vivere. Nello stesso tempo, la politica avrebbe dovuto dare il meglio di sé alzando il livello qualitativo progettuale, mettendo insieme in quel territorio tutte le migliori energie per tutelare in modo duraturo il diritto al lavoro, associando questa tutela duratura del diritto al lavoro con la necessità di garantire, anche in questo caso in modo permanente, il diritto alla salute e la tutela dell'ambiente. In questo decreto non c'è una parola che vada in questa direzione. In questo decreto la politica non esprime nessun alto livello progettuale di cui il Mezzogiorno ha bisogno. Infatti, il Mezzogiorno ha tutte le energie, tutte le competenze per poter dare il meglio di sé, ma la politica spesso non accompagna questo processo, si divide artificiosamente,


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giocando una campagna elettorale sulla pelle dei cittadini. Quindi, ancora una volta, si è persa una grandissima occasione.
Cari cittadini di Gela, vivete tranquillamente il vostro momento democratico: l'elezione del sindaco, che si giocherà sulla migliore qualità progettuale che il centrodestra e il centrosinistra sapranno esprimere.
Teniamo lontano, noi classe dirigente nazionale, il gioco strumentale e stupido di chi pensa che si voglia salvare Gela. Gela conosce sulla propria pelle questo linguaggio retorico e demagogico che non ha prodotto niente di buono questi anni. Gela ha bisogno di una classe dirigente molto seria e rigorosa, in grado di individuare tutti i limiti di questi anni e di valutare le risorse che esistono in quella comunità, al fine di fare quello che non si è fatto.
Cosa si sarebbe dovuto fare in questo decreto? Lo hanno detto in modo intelligente e qualificato in diversi interventi. Cito, per il mio gruppo, l'intervento dell'onorevole Vianello. Si sarebbe dovuto predisporre un serio sistema di monitoraggio; sì, perché Gela merita questo, lo merita perché tutti i dati ci dicono che l'incidenza delle patologie cancerogene è elevata. Tutti i dati ci dicono che si sarebbe dovuto predisporre in modo mirato un lavoro serio e qualificato di monitoraggio.
Non si è saputa affrontare una questione specifica che qui è stata posta: il problema dell'emissione dei metalli. Infatti, c'è anche questo effetto collaterale nell'utilizzo del pet-coke, e il sistema SNOX non affronta e non risolve questo problema. Una risposta andava data anche in questo caso. Gela penso meriti una risposta rigorosa, seria, anche specifica, su questa questione. Non si è saputa, anche in questo caso, dare una risposta moderna né si è messo questo territorio nelle condizioni di entrare nel circuito della trasformazione della chimica italiana al fine di essere competitivo, di essere in grado di attrarre le risorse per vivere questa trasformazione non secondo la logica assistenziale o secondo la logica in base alla quale si dà un aiuto in questa fase per poi lasciare scoperta quella successiva. Non si fa neanche alcuna menzione della necessità di produrre uno sforzo forte e qualificato di risanamento, di riqualificazione, di ristrutturazione e riconversione. Per far questo si sarebbero dovute investire le risorse, si sarebbe dovuto chiamare alla sua responsabilità la regione.
Si è provato a fare questo nella passata legislatura; si è ricordato intervento del ministro Bianco per commissariare la regione e richiamare alla responsabilità il livello territoriale, ma - pensate - lo si è dovuto fare - e non si poteva fare diversamente - attraverso un'autorità prefettizia, mentre il livello locale non si è responsabilizzato di fronte al suo compito di progettare in modo serio e rigoroso i propri livelli di legalità e di sviluppo.
In sostanza, abbiamo perso una grande occasione. Gela è una città importante, Gela ha sofferto moltissimo quell'approccio sbagliato di pensare che una modernizzazione senza qualità fosse in grado di elevare i livelli occupazionali e i livelli di legalità.
Oggi abbiamo livelli occupazionali a rischio e livelli di legalità a rischio. Gela merita una politica in grado di tenere insieme il diritto al lavoro ed il diritto alla salute e quando, in modo artificioso e sbagliato, la politica separa il diritto al lavoro dal diritto alla salute non si ha né l'uno né l'altro, ecco perché su questo punto la politica deve essere seria e rigorosa. Il diritto al lavoro, a mio avviso, deve essere garantito e nessuno può assumersi la responsabilità di far ricadere sulle spalle degli operai una contraddizione che si trascina da anni, né tanto meno si può far ricadere sulle spalle dei cittadini una contraddizione sul diritto alla salute che si trascina da anni. Ecco perché questo decreto è un'occasione mancata; ecco perché la politica deve fare in modo che le prossime elezioni comunali non siano un'occasione per strumentalizzare ulteriormente quella comunità; ecco perché la Gela dello sviluppo e della legalità richiede ben altro che nei prossimi mesi, saremo chiamati, a dare e ad offrire.


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PRESIDENTE. Grazie onorevole Lumia.
Scusatemi, onorevoli colleghi, ci sono ancora cinque colleghi che hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Darò a ciascuno un minuto, ma uno soltanto, dopo di che toglierò la parola perché dobbiamo passare alla votazione per l'elezione di due giudici della Corte costituzionale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Strano. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione.

NINO STRANO. Signor Presidente, intervengo per ribadire quanto già emerso dopo la relazione dell'onorevole Scalia e le parole del presidente Armani in ordine alla conversione in legge di questo decreto-legge. La posizione di Alleanza nazionale è favorevole anche se, storicamente, Alleanza nazionale ha manifestato notevoli e forti perplessità sugli insediamenti industriali della chimica italiana in Sicilia.
Occorre, innanzitutto, chiarire un dato: quando il decreto-legge fu adottato dal Governo Berlusconi, il clima elettorale non era ancora quello che si respira in questi giorni. Dunque, la dichiarazione dell'opposizione che il voto di questo decreto-legge sia strumentale alle elezioni comunali è un dato di partenza falso oltre che sbagliato. Vorremmo anche dire che, allora, il Governo agì sotto l'urgenza di un provvedimento di un magistrato che, a seguito del decreto Ronchi, legittimamente, pose in essere il fermo degli stabilimenti generando a Gela e nel comprensorio della Sicilia orientale una grande preoccupazione per l'occupazione; preoccupazione che noi abbiamo eliminato con quel decreto che ha permesso alla gente di ritornare a lavorare.
Dunque il nostro «sì» a questo decreto-legge è fortemente motivato dal dato occupazionale, ma siamo certi che la politica in questa materia appartenga al Governo siciliano, con gli assessori ai beni culturali e all'industria Granata e Noè ma, anche e soprattutto, al Ministro dell'ambiente, onorevole Matteoli, che terrà conto dell'ipotesi di riconversione industriale a tutela dell'ambiente.
Riteniamo che il Governo abbia il dovere, e siamo certi lo farà, di pensare a Milazzo, a Priolo, a Gela come a zone che, contrariamente a quanto fatto dai governi di centrosinistra, non devono essere abbandonate all'incuria ed all'industrializzazione selvaggia ma avviate ad una riconversione che permetterà una valorizzazione di quei siti ...(Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Strano.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giuseppe Gianni. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIANNI. Signor Presidente, essendo stato sindaco di Priolo nel 1994 ed avendo iniziato il procedimento per il risanamento ambientale, vorrei chiarire alcuni punti per evitare demagogia o speculazioni sulle mie dichiarazioni di ieri.
Ho rilevato il problema, signor Presidente, soltanto perché ho capito che il tentativo di strumentalizzazione sul decreto-legge riguardante Gela era facile, innanzitutto perché i colleghi dell'opposizione sembrano aver dimenticato chi ha governato negli ultimi cinque anni.
Ho promosso il procedimento per il piano di risanamento ambientale perché credevo nella possibilità di risanare l'ambiente ed evitare l'insorgere di quelle malattie di cui tutti abbiamo parlato e che io, come medico, per tanti ha curato.
Il decreto-legge su Gela avrebbe potuto essere evitato solo se negli ultimi cinque anni il piano di risanamento ambientale fosse stato attivato anche da quei commissari governativi che furono nominati dal Governo di centrosinistra. Invece, dopo la nomina, tutto rimase come era.
Se il tentativo è quello di addebitare alla campagna elettorale prossima ventura il nostro intervento, ciò rappresenta un errore. Se il problema è invece quello di compiere una riflessione comune generale sull'industrializzazione del Mezzogiorno, termine ormai abusato, allora questo può


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diventare un momento importante, perché sono trascorsi 18 anni da quando diedi inizio, come sindaco di Priolo, al piano di risanamento ambientale. La discussione di oggi può diventare un momento di riflessione e di novità, affinché il Parlamento, al di là delle contrapposizioni ideologiche e politiche, possa finalmente dare una risposta al Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.

GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Pistone, sta bene, la Presidenza lo consente senz'altro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scalia. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE SCALIA. Signor Presidente, anch'io chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Scalia, la Presidenza lo consente senz'altro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misuraca. Ne ha facoltà.

FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, prendo la parola per dire all'onorevole Vianello, esperto in materia ambientale del gruppo dei Democratici di sinistra, che credo abbia ricevuto cattive informazioni. Onorevole Vianello, vorrei che l'onorevole Lumia fosse più chiaro con lei.
Onorevole Lumia, il comune di Gela prima del 2 marzo era amministrato da un sindaco dei Democratici di sinistra, che si è dimesso. Ve lo dovete chiedere voi perché si è dimesso! Quando è scoppiato il caso urgente di Gela, evidentemente il Governo Berlusconi è intervenuto. Io c'ero in mezzo ai lavoratori! L'onorevole Giacomo Ventura c'era! La camera del lavoro c'era! La CGIL c'era! Il comune di Gela è stato commissariato, e sa quando si è deciso di votare? L'8 aprile. Il Governo Berlusconi è intervenuto per i lavoratori.
Non c'è alcuna strumentalizzazione! Si tratta di una falsità che bisogna far presente all'Assemblea! Anzi, bisogna ringraziare il Governo Berlusconi che, con un decreto-legge, è intervenuto perché vi è stato un colpo di mano della magistratura.
Credo di non offendere l'onorevole Vendola se anch'io mi associo alla sua sensibilità per la salute dei cittadini, anzi lo ringrazio per questa solidarietà. Ci saranno, onorevole Vendola, altri appuntamenti per lavorare insieme, e vi ringraziamo se per il Mezzogiorno lavorerete assieme a noi per il risanamento. Non vi è alcuna speculazione politica, ma un giusto ringraziamento ai lavoratori di Gela che hanno scioperato e che hanno rischiato di perdere 3.000 posti di lavoro. La responsabilità è vostra, il Governo Berlusconi ha risposto bene (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

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